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Chiesa di San Giovanni Battista (Verona)

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Chiesa di San Giovanni Battista Ca' di David (2)
Chiesa di San Giovanni Battista Ca' di David (2)

La chiesa di San Giovanni Battista è la parrocchiale di Cadidavid, frazione di Verona, in provincia e diocesi di Verona; fa parte del vicariato di Verona Sud.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Giovanni Battista (Verona) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Giovanni Battista (Verona)
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San Giovanni Battista

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37135 Verona, Sud
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Chiesa di San Giovanni Battista Ca' di David (2)
Chiesa di San Giovanni Battista Ca' di David (2)
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Luoghi vicini

Forte Tomba
Forte Tomba

Forte Tomba, chiamato originariamente Werk Stadion, è una fortificazione posta a sud di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del secondo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1859 e 1866. La struttura fortificata fu realizzata tra 1860 e 1861 e i lavori furono diretti dall’Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. Nei primi anni cinquanta del Novecento, per dare lavoro ai disoccupati, vennero completamente spianate le opere di terra del forte, colmando il fosso, mentre negli anni seguente venne sventrato il ridotto per rettificare la strada proveniente da Ostiglia; infine lo stato di conservazione del forte è ulteriormente peggiorata negli anni novanta, quando fu costruito lo svincolo della tangenziale Sud. Il forte venne intitolato al feldmaresciallo Philipp von Stadion. Il forte, a tracciato poligonale (un sistema poligonale misto tipico della scuola fortificatoria neotedesca) con ridotto centrale, era collocato in aperta campagna, circa 700 metri oltre il borgo di Tomba. Era situato a cavaliere della strada postale per Ostiglia, che obbligava ad aggirarlo, prendendola con tiri d'infilata e di fianco. Faceva sistema con il forte Azzano, sull'ala destra, mentre sull'ala sinistra, assente il quinto forte di prima linea presso la riva dell'Adige, incrociava i tiri delle nuove artiglierie da fortezza con il forte San Michele, sulla riva sinistra. L'intervallo tra il forte e l'Adige era presidiato, in seconda linea, dalla torre Tombetta e dal forte Santa Caterina. Si trattava del forte maggiormente armato della prima linea, e le sue artiglierie da fortezza battevano di fronte e di fianco le strade provenienti da Ostiglia e da Legnago e il corso discendente dell'Adige, esercitando una potente azione di combattimento contro le operazioni nemiche di passaggio dell'Adige o di investimento della piazzaforte da sud. Il forte Tomba è simile, per impianto architettonico e caratteristiche tecnico-logistiche, ai forti Lugagnano e Dossobuono ma se ne distingue, tuttavia, per le maggiori dimensioni d'insieme: il fronte di gola misura infatti 232 metri, rispetto ai 200/204 metri degli altri due forti. L'ingresso al forte fu risolto dal progettista con una disposizione complessa, coordinata al doppio recinto di sicurezza interno. Nel terrapieno del fronte di gola rettilineo era inserita un'opera casamattata, alla quale era innestata la caponiera di gola, per artiglieria e fucileria, che difendeva l'accesso. La strada di accesso si sdoppiava quindi davanti alla caponiera arrotondata, in direzione dei due portali laterali, simmetrici, preceduti dal ponte levatoio. Dai due portali ad arco si accedeva al piazzale interno, sotto il tiro dei fucilieri. Al centro del forte si elevava, su due piani e con copertura casamattata, il ridotto a corpo lineare, piegato sul tracciato a lunetta, con raccordi d'angolo arrotondati. Lungo il cortile interno del ridotto, al centro della facciata, sporgeva un corpo su pianta trapezoidale contenente la scala e i servizi igienici. Sui due piani, nei locali a volta, erano disposti i ricoveri per la numerosa guarnigione e le varie funzioni logistiche, che rendevano l'opera autosufficiente. Il fronte principale del ridotto era ordinato per la difesa, su ogni piano, con galleria perimetrale a feritoie per fucilieri. Sul fronte secondario, concavo, il cortile era chiuso da un muro rettilineo di sicurezza. Nel mezzo, ai lati del passaggio per l'accesso al cortile, altri due muri paralleli si collegavano alle casematte del fronte di gola, delimitando un ulteriore compartimento di sicurezza. Il tutto formava un doppio recinto a feritoie che, assieme alle gallerie per fucilieri del fronte principale, assicurava la difesa progressiva dell'opera. Inoltre tre pozzi per le riserve d'acqua erano collocati agli angoli del piazzale interno, in nicchie casamattate. Attorno al ridotto, il grande terrapieno si elevava sull'impianto a lunetta pentagonale, e copriva in aderenza anche l'intero fronte di gola. Le postazioni di combattimento per l'artiglieria da fortezza, a cielo aperto, erano protette da numerose traverse, in parte casamattate. All'esterno, completavano l'opera la scarpa a pendenza naturale, rivestita dal muro aderente solo in corrispondenza delle tre caponiere. Dall'esterno, verso il fronte principale, si percepiva l'architettura di terra, con masse dai profili ben modellati dalla geometria del defilamento, mentre le opere murarie erano completamente sottratte alla vista. Nel fronte di gola, secondo un modello classico, spiccavano i portali monumentali, inseriti nelle severe membrature murarie. Nel nucleo del forte il ridotto assumeva duplice fisionomia: fortificatoria, nel prospetto esterno, convesso, con la serrata sequenza di feritoie su due ordini; quasi civile, nel prospetto concavo interno, che affacciava sulla corte, con la successione di bifore a sesto ribassato. Una rarità costruttiva la si incontrava nelle poterne principali, coperte da volte di laterizio a gradoni discendenti e con il tratto terminale a volta gotica. Ciottoli e listati di laterizio (come nella tradizione costruttiva del medioevo veronese) rivestivano i muri di controscarpa, mentre il tufo di Verona rivestiva gli altri edifici del forte, conferendogli un aspetto di straordinaria saldezza. L'armamento della fortificazione consisteva in: 6 cannoni ad anima rigata da 9 cm a retrocarica 6 cannoni ad anima liscia da 9,5 cm ad avancarica 20 cannoni di diverso calibro ad anima liscia 2 mortai Riserve di munizioni: 52 500 kg di polveri. Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 375 fanti 72 artiglieri Era inoltre possibile disporre un presidio di emergenza di 616 uomini. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona

Forte Cà Vecchia
Forte Cà Vecchia

Forte Cà Vecchia, conosciuto anche con il nome di forte Garofalo dall’omonima corte agricola presente nelle vicinanze, e chiamato originariamente Werk Cà Vecchia, è stata una fortificazione posta a sud di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del secondo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1859 e 1866. La struttura fortificata fu realizzata nel 1866 e i lavori furono diretti dall’Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. Il forte è stato completamente demolito e spianato, e il sito originario è stato occupato dalle sedi stradali dell'Autostrada A4 e della tangenziale sud. Si tratta di un forte semipermanente di grandi dimensioni, a tracciato composito, poligonale e bastionato; si trovava in aperta campagna, in prossimità della corte Ca' Vecchia, accanto alla riva dell'Adige. Il forte è del tutto simile, per impianto architettonico e caratteristiche tecnico-logistiche, al forte Cà Bellina, distinguendosi solamente per il tracciato e per le maggiori dimensioni; il lato di base del fronte di gola misura 220 metri, contro i 173 metri del forte di riva sinistra. Esso stabiliva il caposaldo terminale, a oriente, del campo trincerato di riva destra. Situato nella posizione già individuata nel 1860 per il quinto forte della linea avanzata, faceva sistema sull'ala destra con il forte Tomba, e sulla sinistra incrociava i tiri con il forte San Michele, situato sulla riva opposta del fiume. L'abitato di San Giovanni Lupatoto, a 2 300 metri dal forte, era soggetto al fronte principale di combattimento. Le sue artiglierie da fortezza battevano, di fronte e di fianco, le strade provenienti da Ostiglia, Legnago, Albaredo e il corso discendente dell'Adige, esercitando una potente azione di fuoco contro le operazioni nemiche di passaggio del fiume, o di investimento della piazzaforte da sud. Una strada militare si dirigeva verso il fronte di gola del forte ed entrava nella piazza d'armi trincerata; due rampe portavano al piano del fosso asciutto, nel quale si ergeva la palizzata a tracciato bastionato, ordinata per la difesa di fucileria. Nei fianchi erano inseriti i passaggi d'ingresso, entrati nel recinto bastionato d'ingresso si imboccava la lunga poterna, a struttura lignea blindata, che metteva in comunicazione con il piazzale interno e terminava nella caponiera maggiore. La poterna era protetta da un rilevato che divideva in due parti il piazzale, con funzione di defilamento dai tiri nemici provenienti da un fianco. I ricoveri per la guarnigione erano inseriti sotto il terrapieno mentre un terzo ricovero era collocato sotto il terrapieno del fronte di gola, sull'esterno della cortina, protetto dall'antistante palizzata difensiva. Il corpo di guardia, sempre a struttura lignea blindata, era invece situato al piede del terrapieno. L'opera principale da combattimento, formata dal terrapieno, si elevava sull'impianto. Sul lato di gola, il rilevato rettilineo del paradorso proteggeva l'interno del forte contro i tiri nemici di rovescio; la sommità del tratto centrale era munita di parapetto per fucilieri. Ogni postazione d'artiglieria, a cielo aperto, era protetta da traverse: quelle del fronte principale erano dotate di ricovero blindato per i serventi ai pezzi, e di riservette giornaliere per le polveri. Quattro traverse di maggiori dimensioni, edificate con struttura muraria, contenevano le polveriere. La scarpa esterna del terrapieno scendeva al livello del fosso, dove era infissa la palancata perimetrale per ostacolare l'assalto. Tre caponiere fiancheggiavano il fosso; due di esse, a struttura blindata, sporgevano dai fianchi ed erano ordinate per fucilieri. A queste si accedeva, dal piazzale interno, attraverso due poterne blindate. La caponiera maggiore era di muratura, con la sola copertura blindata: essa era probabilmente ordinata anche per la difesa d'artiglieria, e vi conduceva la lunga poterna mediana, che collegava l'ingresso del forte, il piazzale e i ricoveri. Sul fronte di gola il paradorso separava dal resto del forte i due bastioni collaterali. Dal ricovero blindato inserito sotto la cortina di gola, per mezzo delle rampe laterali, gli artiglieri accedevano alle postazioni. La funzione delle bocche da fuoco dei bastioni era duplice: di fiancheggiamento, incrociando i tiri verso il centro; di combattimento, con i pezzi puntati verso l'aperta campagna, anche in concorso con i fianchi del forte. Al livello del fossato, il terrapieno dei bastioni era presidiato dalla palizzata. Insieme al fronte di gola, i due bastioni e il ricovero, separati dal forte, costituivano il ridotto dell'opera. L'armamento della fortificazione consisteva in: 4 cannoni ad anima rigata da 15 cm a retrocarica 5 cannoni ad anima rigata da 9,5 cm ad avancarica 22 cannoni di diverso calibro ad anima liscia Riserve di munizioni: 28 000 kg di polveri. Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 150 fanti 30 artiglieri Era inoltre possibile disporre un presidio di emergenza di 200 uomini. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona Andreas Tunkler

Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù (Verona)
Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù (Verona)

La chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù è un luogo di culto cattolico che sorge nel quartiere di Borgo Roma a Verona; si tratta di una chiesa parrocchiale facente parte del vicariato di Verona Sud nell'omonima diocesi, affidata ai carmelitani scalzi. Il 26 aprile 1938 fu elevata alla dignità di basilica minore, mentre nel 1967 il vescovo di Verona Giuseppe Carraro costituì la Basilica-Santuario teresiano. La chiesa, inizialmente dedicata alla Sacra Famiglia, venne realizzata per la maggior parte delle opere tra il 1901 e il 1904, per cui già il 15 gennaio 1905 il vescovo di Verona Bartolomeo Bacilieri inaugurò l'edificio. Nel 1925 ci furono ulteriori lavori che portarono all'installazione di marmi, mosaici, sculture e pitture degli artisti Francesco Perotti e Ferruccio Martinelli. Più lunghi furono invece i lavori di edificazione di otto cappelle laterali, che si protrassero dal 1921 al 1964: su un lato furono posizionati il battistero e gli altari del Sacro Cuore, della Madonna del Carmine e del Crocifisso, mentre sul lato opposto vennero eretti gli altari di Sant'Antonio, di Santa Teresa, dei Santi Teresa e Giovanni e del Bambino di Praga. Inoltre negli stessi anni Piero Bargellini raffigurò Il trionfo del Carmelo in un'imponente opera pittorica che interessò la controfacciata della chiesa, inaugurata il 20 settembre 1931. Al secondo dopoguerra risalgono invece la costruzione del campanile (1955) e il completamento della facciata, che venne rivestita in mattoni di laterizio facciavista (1968). Il tempio neogotico è caratterizzato da una facciata a salienti a cui si accede tramite uno spazioso sagrato; essa è completamente rivestita in mattoni di laterizio ed è orientata verso nord-ovest. Al centro del prospetto si apre un grande portale strombato d'ingresso, concluso ad arco acuto, sormontato da una altrettanto ampia trifora che insieme alle due monofore poste ai lati del portale illumina lo spazio interno. A coronare l'edificio una cornice ad archetti pensili e cinque pinnacoli ad aumentare lo slancio verticale della facciata. Ancora più slanciato è il campanile, situato lungo il fianco meridionale dell'edificio chiesastico: a base quadrata, con lungo fusto, cella campanaria in cui si aprono grandi bifore e conclusa da una copertura a cuspide in metallo e vetro. Sempre sul lato meridionale, inoltre, si sviluppa il complesso conventuale con chiostro. La pianta della chiesa è ad aula a navata unica, con presbiterio di dimensioni ridotte e rialzato di due gradini rispetto al resto dello spazio interno, concluso inoltre con un coro semicircolare, oltre il quale si trova la sagrestia. Come anticipato lungo l'aula si trovano otto cappelle: sul lato sinistro si trovano il battistero e gli altari del Sacro Cuore, della Madonna del Carmine e del Crocifisso; sul lato destro gli altari di Sant'Antonio, di Santa Teresa, dei Santi Teresa e Giovanni e del Bambino di Praga. Ai lati del presbiterio, invece, si trovano due ambiente su cui si sovrappone una tribuna con loggia. Lo spazio interno si contraddistingue, come campanile e facciata, da una slanciata verticalità e da forme neogotiche, con una luce soffusa che entra nell'aula attraverso monofore, bifore e trifore poste in alto sulla pareti. I prospetti interni, scanditi da snelle lesene, sono decorati da marmi policromi, pitture, mosaici, sculture e vetrate artistiche; particolarmente lodevole è la decorazione della controfacciata, completamente coinvolta nel grande affresco Apoteosi del Carmelo opera del pittore fiorentino Piero Bargellini. L'aula è coperto da una volta a botte a profilo acuto, con unghie laterali e costolonature trasversali, mentre il presbiterio è coperto da una volta a crociera con costoloni diagonali, con ogni vela decorata da affreschi raffiguranti gli evangelisti. Il coro è invece coperto da un catino con cinque vele con nervature convergenti verso la sommità. Tutte queste coperture sono realizzate in incannucciato collegato a centine in legno, con una finitura in intonaco dipinto da cornici policrome e raffigurazioni di santi. Archivio storico della curia diocesana di Verona (a cura di), Cenni storici sulle chiese parrocchiali della diocesi di Verona (PDF), Verona, Archivio storico Curia Diocesana, 2015, SBN IT\ICCU\VIA\0292237. URL consultato il 10 aprile 2020 (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2020). Breve storia del santuario-basilica di S. Teresa del Bambino Gesù in Verona (Tombetta), Verona, Tipografia operaia, 1939, SBN IT\ICCU\VIA\0069334. Verona Monumenti di Verona Chiese di Verona Diocesi di Verona Parrocchie della diocesi di Verona Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul santuario di Santa Teresa di Gesù Bambino Sito ufficiale, su santateresaverona.it. URL consultato il 17 aprile 2020.

Canale Camuzzoni
Canale Camuzzoni

Il canale Camuzzoni è un canale artificiale, costruito alla fine del 1800 su progetto dell'ingegnere Enrico Carli, presso la città di Verona. Prende il nome da Giulio Camuzzoni, secondo sindaco della città e promotore della costruzione. È uno dei 3 canali veronesi insieme al Canale Milani e al Canale Biffis. Già a partire dal 1776 a Verona fu proposta la costruzione di un canale a sud dell'Adige. Ad occuparsene per primi sono l'architetto Adriano Cristofali e l'ingegnere Simone Bombieri. Il progetto, che non si discosta di molto da quello che verrà poi realizzato più di un secolo dopo, prevede un diversivo per il fiume Adige che staccandosi dal Chievo prosegue a sud della città, rientrando nel fiume nella località Colombarola. Lo scopo di questa opera era esclusivamente a difesa della città, minacciata dalle frequenti inondazioni dell'Adige. Precedentemente erano stati proposti altri sistemi per preservare la città dalle piene che consistevano in sfoghi e tagli del corso del fiume e che presentavano molte perplessità, il progetto di Cristofali era, invece, il primo a prevedere una soluzione quantomeno definitiva ed efficace. L'architetto Cristofali, oltre al progetto, produsse anche un dettagliato preventivo di spese che faceva capire che le difficoltà maggiori, per la realizzazione dell'opera, fossero finanziarie più che tecniche. La cifra totale che Cristofali indica per il compimento dell'opera è pari a: due milioni cinquemilla ottocento settanta quatro ducati d'argento. Tale indicazione si può trovare su di una mappa del 23 novembre 1779. Dopo un attento esame delle autorità cittadine il progetto fu così accantonato per motivi esclusivamente finanziari e venne deciso di abbandonare tale progetto e di ripiegare sull'otturazione di alcune fenditure sull'argine del fiume in cui poteva esondare; soluzione assai più economica. Le cronache del tempo riportano che all'architetto Cristofali rimase comunque la soddisfazione di vedersi rifuse le spese per il progetto: trentaquattro zecchini. Se per il progetto del Cristofali del XVIII secolo lo scopo prioritario dell'opera fu la salvaguardia della città dalle piene dell'Adige, verso la fine del XIX secolo vengono a crearsi ulteriori motivazioni. Fino al 1866, Verona era stata sottoposta alla rigida dominazione austriaca e alle sue servitù militari, che avevano provocato un rallentamento nella sua economia ed in particolare nello sviluppo industriale. Intorno al 1870 Verona non aveva ancora conosciuto la cosiddetta rivoluzione industriale che era invece sbocciata nelle altre città europee, la popolazione era per lo più impiegata nel settore agricolo e di piccola attività manifatturiera. Il sindaco di allora, Giulio Camuzzoni, si fece quindi carico di rafforzare la produttività veronese. L'ostacolo più grosso fu rappresentato dalla mancanza di una forza motrice in grado di far funzionare i macchinari industriali, essendo infatti la zona priva di giacimenti di carbone da utilizzare per le macchine a vapore. Da qui la proposta dell'ingegner Enrico Carli della costruzione di un canale industriale in grado di portare forza motrice verso la nascente zona industriale di Basso Acquar'. La motivazione industriale si aggiunse così a quella storica di salvare la città dalle inondazioni, tornata di attualità dopo la disastrosa inondazione del 1882. Nel 1870 prese l'avvio l'iniziativa della locale camera di commercio per la realizzazione di un canale industriale allo scopo di portare forza motrice al canapificio in costruzione nella zona di Porto San Pancrazio. Vennero redatti due progetti, con il contributo di 500 lire del comune (pari a metà del costo), da parte degli ingegneri Zanella e Gottardi. Nessuna delle proposte fu però accolta, in quanto la potenza resa fu giudicata modesta rispetto alla spesa preventivata per l'opera. Fu allora il sindaco della città, Giulio Camuzzoni, a incaricare nel 1872 l'ingegnere Enrico Carli di progettare il canale. Dopo soli 4 mesi il progetto viene terminato. Questo prevede la costruzione di un canale artificiale capace di generare 1250 cv di forza motrice a un costo di 500.000 lire di allora. Dopo un lungo dibattito interno al consiglio comunale, dove il progetto viene modificato portando a 1580 CV la forza motrice, viene approvato nel 1874. Grazie all'elevata potenza che offriva il canale, il costo unitario per cavallo di forza motrice prodotta era relativamente basso e questo, nelle intenzioni dei promotori, avrebbe attirato imprenditori e capitali. Ulteriori vantaggi del progetto del Carli erano la costante portata e caduta dell'acqua e la possibilità di navigazione del canale. Oltre al progetto di Carli furono presentate anche le proposte dell'ing. Carlo Donatoni (con presa tra Chievo e forte San Procolo che sarebbe poi transitato nei fossati intorno alle mura cittadine con una potenza di 877 cv.) e degli ingegneri Filippo Messedaglia e Ferdinando Benini (per una potenza di 881 cv.). Fattore decisivo perché la scelta ricadesse sul progetto di Carli fu l'appoggio delle autorità militari. Contro il progetto si schierò un nutrito gruppo di oppositori che vedevano in esso una minaccia all'agricoltura e auspicavano tutt'al più ad uno sviluppo delle piccole industrie. Per placare le opposizioni, il progetto venne rivisto dallo stesso Carli che ne cambiò parzialmente il tracciato e aggiunse due canali per l'irrigazione, uno con presa d'acqua a nord della città, uno con presa a sud e chiamato canale Giuliari dal nome del conte che prese l'iniziativa del progetto. Il 26 settembre 1881 il comune di Verona concluse l'accordo con le due società appaltatrici dei lavori: la Società Veneta della Costruzioni e la Compagnia generale delle acque per l'estero (società con sede a Parigi e già appaltatrice dei lavori di costruzione dell'acquedotto di Venezia). A causa dell'alluvione del 1882, i lavori subirono dei ritardi. Nel 1885 il canale viene terminato con un ulteriore aumento dei CV prodotti a 3200 per un costo di 3.000.000 di lire e nel 1887 viene reso operativo dopo 15 anni dall'inizio dei lavori. Nel frattempo però, l'industria manifatturiera inizia a fallire e il canale rimane completamente inutilizzato fino al 1889, anno in cui Pasquale Crespi, fratello dell'imprenditore Benigno Crespi, compra una piccola parte dei CV prodotti per costruire un opificio che chiuderà entro la fine del secolo. Il canale torna ad essere inutilizzato fino al 1920, quando le prime vere industrie si stabiliscono nella periferia sud di Verona. Queste sono le Cartiere Fedrigoni, il Cotonificio veneziano e i Mulini Consolaro. Per soddisfare le nuove e maggiori richieste di energia viene aumentata la portata, ottenuta attraverso il ponte Diga Chievo ideato dall'ing. Gaetano Rubinelli nel 1920 e portato a termine nel 1923. Il fotografo veronese Moritz Lotze ha documentato le fasi della costruzione dell'opera: AA.VV., Il canale Camuzzoni, Consorzio canale industriale Giulio Camuzzoni. ISBN non esistente Michela Morgante, Il canale e la città, Cierre 2006, ISBN 8883143523. Ingegneria idraulica Energia idroelettrica Storia di Verona Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Canale Camuzzoni

Fiera di Verona
Fiera di Verona

La fiera di Verona è un complesso di padiglioni ed edifici a destinazione fieristica e congressuale che sorge nel quartiere di Borgo Roma a Verona. Il complesso ha una superficie totale di 309000 m² di cui 152000 m² di superficie espositiva coperta divisi tra 13 padiglioni. Le fiere a Verona sono testimoniate fin dal IX secolo. Degna di nota quella a cadenza annuale istituita nel 1632 dal podestà Andrea Cornaro per rilanciare l'economia cittadina dopo la terribile peste del 1630, che veniva organizzata presso la centrale piazza Bra. Le strutture tuttavia erano in legno e furono più volte distrutte da incendi, in particolare quello del 28 ottobre 1712 convinse le autorità cittadine a costruire una fiera in muratura, che sarebbe stata la prima in Italia. Fu così che nel 1722 iniziò la costruzione della fiera di Muro presso il Campo Marzio nel quartiere di Veronetta, conclusa nel dicembre 1723 e dotata di ben 124 botteghe. Le strutture edilizie della fiera furono tuttavia abbandonate gradualmente a partire dall'età napoleonica e quindi completamente demolite nel corso del XIX secolo. La storia contemporanea della fiera di Verona ha origine nell'ottobre del 1897, quando l'amministrazione comunale organizzò una prima edizione sperimentale di quella che sarebbe diventata la Fieracavalli. L'evento, che si tenne in piazza Cittadella, fu un successo e l'amministrazione comunale decise di renderlo semestrale. Per ospitare la fiera l'anno successivo fu pertanto necessario individuare un luogo idoneo dove poter installare un sufficiente numero di scuderie: inizialmente si pensò di utilizzare gli orti del barone Weil-Wess, situati sul retro del suo palazzo prospiciente l'attuale corso Porta Nuova, ma alla fine si optò per gli orti di Biadego, da alcuni anni entrata nelle proprietà comunali, posta subito al di fuori delle mura comunali di Verona, tra il fiume Adige e l'attuale via del Pontiere. Il 28 dicembre 1897 il Consiglio Comunale approvò il piano per la costruzione del nuovo campo fiera, che prevedeva: la demolizione di parte dei fabbricati di un convento per creare un nuovo accesso e la costruzione di 27 scuderie e di tutti i servizi necessari. Visto il sempre maggior successo della fiera nel corso degli anni successivi furono realizzate ulteriori grandi scuderie tanto che nel 1902 la capacità delle stesse era salita a 730 cavalli. Con la continua crescita della fiera divenne urgente la costruzione di un nuovo ingresso lungo l'attuale via del Pontiere, ancora esistente. L'Amministrazione guidata da Eugenio Gallizioli incaricò nel 1914 l'ingegnere Alfonso Modonesi, direttore dell'ufficio tecnico comunale, di redigere un progetto, approvato immediatamente dal Consiglio Comunale ma che, tuttavia, rimase momentaneamente sulla carta. Nel 1926 l'Amministrazione ripropose il progetto di Modonesi, che venne approvato e subito appaltato, tanto che i lavori del primo lotto si conclusero nel novembre 1927, anno in cui la Fiera Cavalli fu riconosciuta tramite regio decreto come Fiera Nazionale dell'Agricoltura. Con la fine dei lavori del primo lotto venne immediatamente appaltato il corpo di destra dell'ingresso, che venne completato nell'agosto 1928. Nel 1930 la Fiera, che era cresciuta tanto da estendersi in tutta l'area, comprese via Pallone, piazza Bra e piazza Cittadella, era ormai gestita con difficoltà dal Comune, così venne posta sotto la gestione di un Ente Autonomo dedicato. Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti alleati causarono molti danni alle strutture della fiera, così nel 1948 fu definitivamente trasferita nella nuova Zona Agricolo-Industriale (ZAI) a sud della città, guadagnando nuovi spazi e infrastrutture che avrebbero consentito un più razionale sviluppo della sede fieristica. L'istituzione della ZAI era infatti stata pianificata in quegli anni ed al suo interno era immediatamente disponibile un'ampia area di circa 200000 m², dove sorgevano le strutture della caserma Crippa e dell'autocentro militare che erano state quasi completamente distrutte durante la guerra e il cui terreno era stato richiesto in concessione dal Comune al demanio militare. Tra gli altri aspetti positivi che furono valutati nell'individuazione di quest'area vi furono la vicinanza alla stazione di Verona Porta Nuova, l'ubicazione lungo il rettifilo che andava dal previsto casello dell'autostrada Milano-Venezia fino al centro della città, l'ampia disponibilità di vie d'accesso e la posizione centrale nella nascente Zona Agricolo-Industriale. Il quartiere fieristico venne così ideato in maniera organica con la ZAI, anche dal punto di vista urbanistico e architettonico, grazie al coordinamento dell'ufficio comunale che stava pianificando la ricostruzione della città nel dopoguerra. Il progetto di sistemazione generale della fiera fu redatto dall'architetto Plinio Marconi con il supporto degli ingegneri Italo Avanzini e Giuseppe Palatini, sulla base delle esigenze suggerite dall'allora presidente dell'ente autonomo della fiera, l'avvocato Antonio Alberti: tra i principali obiettivi posti vi era quello di potere usufruire delle strutture anche nei periodi al di fuori delle fiere ed estenderne quindi la funzionalità a tutto l'anno. L'attuazione del nuovo quartiere si sarebbe dovuto svolgere per gradi, tuttavia l'urgenza della ricostruzione e la scarsa attenzione per un contesto che, al tempo, era periferico, portarono all'edificazione disorganica di diversi padiglioni senza una caratterizzazione precisa. L’unico elemento che spicca è il l'Agricenter, poi ridenominato Palaexpo, costruito tra il 1985 e il 1988 sul fronte di viale del Lavoro, che con la sua grossa mole e con la torre per uffici condiziona la vista principale della fiera dal lato della città. Un tentativo di trasformare il fronte principale fu affrontato dall'architetto Aldo Rossi nel 1996, che propose un nuovo blocco contenente un padiglione e un'aula congressuale collocato lungo l'asse dell'Agricenter, con quest'ultimo che veniva connesso alla città tramite ponti pedonali che avrebbero dovuto attraversare viale del Lavoro. Il progetto, dall'aspetto monumentale, rimase tuttavia su carta. Agli inizi degli anni duemila l'ente Fiera decise di ristrutturare la sua sede attuale, affidando il progetto allo studio GMP di Amburgo che nel 2004 consegnò il masterplan dell'intera area, che si era nel frattempo ampliata con l'acquisizione di ulteriori lotti. Furono tuttavia costruiti solo i primi due padiglioni, disegnati secondo nuovi standard qualitativi, e il progetto complessivo non fu portato a termine. Tra il 2018 e il 2020 fu infine riqualificato l'ingresso Re Teodorico, utilizzato come accesso per le manifestazioni che non coinvolgono l'intera fiera, su progetto dello studio Maffeis Engineering che ha previsto la sistemazione della piazza d'accesso, coperta con nuove pensiline dalle forme organiche, eventualmente estensibile all'intero quartiere. Nel 2017 l'ente autonomo si trasformò in Veronafiere S.p.A., società avente come obbiettivo quello di rappresentare una piattaforma di promozione a livello internazionale. Nel tempo è così riuscita a presidiare i mercati mondiali attraverso una rete di 60 delegati, la società Veronafiere do Brasil, gli uffici permanenti a Shanghai e a Il Cairo, e le proprie rassegne internazionali che si svolgono negli Stati Uniti, Brasile, Russia, Cina, Nord Africa, Medio Oriente e Australia. Il quartiere fieristico, racchiuso all'interno di un grande isolato, copre una superficie totale di 309000 m², di cui 152000 m² di superficie espositiva coperta divisi tra 13 padiglioni e 157000 m² di superficie scoperta, eventualmente adibibile a esposizioni. Sono disponibili oltre 10000 posti auto e l'accessibilità è garantita da sette porte d'accesso, le principali rinominate ingresso Cangrande, ingresso San Zeno e ingresso Re Teodorico. L'Agricenter, in seguito rinominato Palaexpo, è stato edificato tra il 1985 e il 1988 lungo il fronte di viale del Lavoro. Con la sua grande mole occupa uno spazio grossomodo rettangolare di 305 × 45 metri, per una superficie di circa 30000 m² e una volumetria di circa 300000 m³. La fiera di Verona, per rimanere centrale per il mondo rurale e continuare a essere interprete delle sue esigenze, realizzò il "Centro Permanente Internazionale dell'Agricoltura", che aveva l'obiettivo di proiettare l'agricoltura verso il futuro. Questo proposito veniva perseguito attraverso l'inserimento di tre elementi all'interno di questa grande struttura: il centro congressi, in cui collocare dibattiti, convegni e seminari; il centro mercantile, in cui alternare le esposizioni e le contrattazioni dei prodotti agroalimentari; il sistema informativo, aveva infatti sede nell'Agricenter una banca dati e relativi servizi che consentivano agli operatori di rimanere aggiornati in tempo reale sulle quotazioni dei prodotti nei principali mercati. Nel 2004 lo studio GMP di Amburgo è stato incaricato di redigere un masterplan del quartiere, che prevedeva una ristrutturazione e ampliamento per fasi successive in modo da garantire la continuità delle manifestazioni fieristiche. Lo scopo del progetto era quello di modernizzare le strutture e potenziare la possibilità di allestire più eventi contemporaneamente, oltre che a migliorare l'attrattività e l'aspetto generale del quartiere. Il progetto si svolgeva principalmente verso sud, dove dovevano essere realizzati due nuovi ingressi, est e ovest, da affiancarsi allo storico ingresso situato a nord, nei pressi del palazzo per uffici. Dall'ingresso est sarebbe partita una lunga galleria coperta su cui si sarebbero attestati i nuovi padiglioni. Due padiglioni speciali erano inoltre previsti in prossimità dell'ingresso nord, coperto con una volta a botte e destinato a manifestazioni speciali, e dell'ingresso ovest, coperto da una vasta cupola e destinato a eventi fieristici, sportivi, politici e di intrattenimento. Anche l'ingresso nord sarebbe stato sottoposto a un intervento di riqualificazione, in particolare l'Agricenter sarebbe stato rivestito in modo da diventare un grande pannello per pubblicità alla base del quale, verso viale del Lavoro, era prevista un'ampia vasca d'acqua. Di questo complesso masterplan vennero tuttavia realizzati solo due padiglioni, ultimati nel 2006. I due padiglioni, comprensivi di una galleria di servizio, occupano una superficie di 20000 m² e sono coperti da ampie travi metalliche per consentire, con le loro ampie luci, la massima libertà di allestimento degli spazi. I padiglioni hanno inoltre la possibilità, a seconda delle esigenze, di essere illuminati con luce naturale oppure di essere completamente oscurati. Nel 2018 è stata commissionata a Maffeis Engineering la riqualificazione dell'ingresso Re Teodorico, che viene usualmente utilizzato per manifestazioni di richiamo ma che interessano solamente la porzione sud del quartiere fieristico. L'elemento principale è una grande copertura formata da pensiline dalle forme organiche di 6700 m², terminata nel 2020, che diventa un elemento fortemente riconoscibile da utilizzare sia come percorso coperto verso i padiglioni sia come luogo di incontro e sosta per i visitatori, eventualmente estensibile all'intero quartiere. Le pensiline sono composte da pilastri d'acciaio che si ramificano per sostenere la copertura, caratterizzata da cuscini in etilene tetrafluoroetilene (ETFE), un materiale versatile, trasparente e autopulente: il suo utilizzo ha conferito leggerezza e trasparenza alla copertura, oltre che un certo dinamismo grazie alla scelta di utilizzare differenti gradazioni di opacità. Le principali manifestazioni fieristiche includono: Fieragricola: rassegna internazionale di agricoltura Fieracavalli: dal 1898 punto di riferimento dei prodotti di allevamento equino Marmomac: fiera dedicata alle aziende del settore lapideo Vinitaly: salone internazionale del vino e dei distillati Samoter: salone dedicato al mondo delle macchine per costruzioni Negli anni i prodotti sono aumentati e includono anche manifestazioni quali ArtVerona (fiera d'arte moderna e contemporanea), Elettroexpo (fiera dell'elettronica, dell'informatica e del radioamatore), Enolitech (salone delle tecniche per la viticoltura, l'enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie), Innovabiomed (al servizio dell'industria biomedicale), JOB&Orienta (salone dell'orientamento, della scuola, della formazione e del lavoro), Model Expo Italy (fiera del modellismo statico, dinamico e del gioco), Motor Bike Expo (fiera della moto personalizzata), Progetto Fuoco (mostra biennale sul riscaldamento a legna, pellet e biomasse), Sol&Agrifood (salone dell'olio extravergine di oliva e dell'agroalimentare di qualità) e diversi altre. Il nuovo quartiere della fiera di Verona (PDF), Verona, Ente autonomo per le fiere dell'agricoltura e dei cavalli, 1947, ISBN non esistente. Marzia Guastella, Laura Bonadiman e Giorgia Negri, Verso Sud, in ArchitettiVerona, vol. 02, n. 121, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, aprile/giugno 2020, pp. 76-79. Stefano Lodi, La Fiera di «muro» nel Campo Marzio di Verona, in ArchitettiVerona, vol. 02, n. 117, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, aprile/giugno 2019, pp. 54-59. Volkwin Marg, Nuova fiera di Verona: il progetto, in ArchitettiVerona, vol. 01, n. 78, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, gennaio/aprile 2007, pp. 12-21. Alberto Vignolo, Oltre il recinto. Opportunità e limiti dell'organismo fieristico, in ArchitettiVerona, vol. 01, n. 78, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, gennaio/aprile 2007, pp. 30-33. Alberto Vignolo, Fiera. Una problematica centralità, in ArchitettiVerona, vol. 02, n. 84, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, maggio/agosto 2009, pp. 73-74. Verona Fiera di Muro Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fiera di Verona Sito ufficiale Veronafiere, su veronafiere.it.

Forte Azzano
Forte Azzano

Forte Azzano, chiamato originariamente Werk Neu Wratislaw, è una fortificazione posta a sud di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del secondo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1859 e 1866. La struttura fortificata fu realizzata tra 1860 e 1861 e i lavori furono diretti dall’Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. Il forte era intitolato al conte Johann Wratislaw von Mittrowitz, capo di Stato Maggiore d'Armata sotto Radetzky tra 1848 e 1849. Il forte, a tracciato poligonale (un sistema poligonale misto tipico della scuola fortificatoria neotedesca) con ridotto centrale, è situato in aperta campagna ed equidistante dai forti Dossobuono e Tomba, con i quali faceva sistema incrociando i tiri. Sebbene fosse dotato di minore armamento rispetto agli altri forti di prima linea, presidiava la campagna tra Dossobuono e Ca' di David. Le sue artiglierie da fortezza, oltre a battere di fronte e di fianco la ferrovia proveniente da Mantova, esercitavano una potente azione di combattimento sulla pianura, contro tentativi nemici condotti da meridione, dopo il forzamento del medio Mincio. Il forte Azzano è simile, per impianto architettonico e caratteristiche tecnico-logistiche, ai forti Lugagnano e Dossobuono, se ne distingue tuttavia per le dimensioni d'insieme leggermente inferiori (il fronte di gola misura 183 metri, rispetto ai 200/204 metri dei due forti precedenti), di conseguenza è minore l'estensione del ridotto e il paradorso sul fronte di gola è disposto diversamente. L'ingresso al forte fu risolto dal progettista con una disposizione complessa, coordinata al doppio recinto di sicurezza interno. Nel terrapieno del fronte di gola rettilineo è inserita un'opera casamattata, alla quale è innestata la caponiera di gola, per artiglieria e fucileria, che difendeva l'accesso. La strada di accesso si sdoppia quindi davanti alla caponiera arrotondata, in direzione dei due portali laterali, simmetrici, preceduti dal ponte levatoio. Dai due portali ad arco si accede al piazzale interno, sotto il tiro dei fucilieri. Al centro del forte si eleva, su due piani e con copertura casamattata, il ridotto a corpo lineare, piegato sul tracciato a lunetta, con raccordi d'angolo arrotondati. Lungo il cortile interno del ridotto, al centro della facciata, sporge un corpo su pianta trapezoidale che contiene la scala e i servizi igienici. Sui due piani, nei locali a volta, sono disposti i ricoveri per la numerosa guarnigione e le varie funzioni logistiche, che rendevano l'opera autosufficiente. Il fronte principale del ridotto è ordinato per la difesa, su ogni piano, con galleria perimetrale a feritoie per fucilieri. Sul fronte secondario, concavo, il cortile è chiuso da un muro rettilineo di sicurezza. Nel mezzo, ai lati del passaggio per l'accesso al cortile, altri due muri paralleli si collegano alle casematte del fronte di gola, delimitando un ulteriore compartimento di sicurezza. Il tutto forma un doppio recinto a feritoie che, assieme alle gallerie per fucilieri del fronte principale, assicurava la difesa progressiva dell'opera. Inoltre tre pozzi per le riserve d'acqua sono collocati agli angoli del piazzale interno, in nicchie casamattate. Attorno al ridotto, il grande terrapieno si eleva sull'impianto a lunetta pentagonale, e copre in aderenza anche l'intero fronte di gola. Le postazioni di combattimento per l'artiglieria da fortezza, a cielo aperto, sono protette da numerose traverse, in parte casamattate. All'esterno, completavano l'opera la scarpa a pendenza naturale, rivestita dal muro aderente solo in corrispondenza delle tre caponiere. Dall'esterno, verso il fronte principale, si percepisce l'architettura di terra, con masse dai profili ben modellati dalla geometria del defilamento, mentre le opere murarie sono completamente sottratte alla vista. Nel fronte di gola, secondo un modello classico, spiccano i portali monumentali, inseriti nelle severe membrature murarie. Nel nucleo del forte il ridotto assume duplice fisionomia: fortificatoria, nel prospetto esterno, convesso, con la serrata sequenza di feritoie su due ordini; quasi civile, nel prospetto concavo interno, che affaccia sulla corte, con la successione di bifore a sesto ribassato. Una rarità costruttiva la si incontra nelle poterne principali, coperte da volte di laterizio a gradoni discendenti e con il tratto terminale a volta gotica. Ciottoli e listati di laterizio (come nella tradizione costruttiva del medioevo veronese) rivestono i muri di controscarpa, mentre il tufo di Verona riveste gli altri edifici del forte, conferendogli un aspetto di straordinaria saldezza. L'armamento della fortificazione consisteva in: 5 cannoni ad anima rigata da 9 cm a retrocarica 3 cannoni ad anima rigata da 9,5 cm ad avancarica 22 cannoni di diverso calibro ad anima liscia Riserve di munizioni: 52 500 kg di polveri. Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 300 fanti 68 artiglieri Era inoltre possibile disporre un presidio di emergenza di 400 uomini. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona