place

Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù (Verona)

Basiliche del VenetoChiese dedicate a santa Teresa di LisieuxChiese della diocesi di VeronaChiese di VeronaPagine con mappe
Santuari cattolici della provincia di Verona
Chiesa della Tombetta
Chiesa della Tombetta

La chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù è un luogo di culto cattolico che sorge nel quartiere di Borgo Roma a Verona; si tratta di una chiesa parrocchiale facente parte del vicariato di Verona Sud nell'omonima diocesi, affidata ai carmelitani scalzi. Il 26 aprile 1938 fu elevata alla dignità di basilica minore, mentre nel 1967 il vescovo di Verona Giuseppe Carraro costituì la Basilica-Santuario teresiano. La chiesa, inizialmente dedicata alla Sacra Famiglia, venne realizzata per la maggior parte delle opere tra il 1901 e il 1904, per cui già il 15 gennaio 1905 il vescovo di Verona Bartolomeo Bacilieri inaugurò l'edificio. Nel 1925 ci furono ulteriori lavori che portarono all'installazione di marmi, mosaici, sculture e pitture degli artisti Francesco Perotti e Ferruccio Martinelli. Più lunghi furono invece i lavori di edificazione di otto cappelle laterali, che si protrassero dal 1921 al 1964: su un lato furono posizionati il battistero e gli altari del Sacro Cuore, della Madonna del Carmine e del Crocifisso, mentre sul lato opposto vennero eretti gli altari di Sant'Antonio, di Santa Teresa, dei Santi Teresa e Giovanni e del Bambino di Praga. Inoltre negli stessi anni Piero Bargellini raffigurò Il trionfo del Carmelo in un'imponente opera pittorica che interessò la controfacciata della chiesa, inaugurata il 20 settembre 1931. Al secondo dopoguerra risalgono invece la costruzione del campanile (1955) e il completamento della facciata, che venne rivestita in mattoni di laterizio facciavista (1968). Il tempio neogotico è caratterizzato da una facciata a salienti a cui si accede tramite uno spazioso sagrato; essa è completamente rivestita in mattoni di laterizio ed è orientata verso nord-ovest. Al centro del prospetto si apre un grande portale strombato d'ingresso, concluso ad arco acuto, sormontato da una altrettanto ampia trifora che insieme alle due monofore poste ai lati del portale illumina lo spazio interno. A coronare l'edificio una cornice ad archetti pensili e cinque pinnacoli ad aumentare lo slancio verticale della facciata. Ancora più slanciato è il campanile, situato lungo il fianco meridionale dell'edificio chiesastico: a base quadrata, con lungo fusto, cella campanaria in cui si aprono grandi bifore e conclusa da una copertura a cuspide in metallo e vetro. Sempre sul lato meridionale, inoltre, si sviluppa il complesso conventuale con chiostro. La pianta della chiesa è ad aula a navata unica, con presbiterio di dimensioni ridotte e rialzato di due gradini rispetto al resto dello spazio interno, concluso inoltre con un coro semicircolare, oltre il quale si trova la sagrestia. Come anticipato lungo l'aula si trovano otto cappelle: sul lato sinistro si trovano il battistero e gli altari del Sacro Cuore, della Madonna del Carmine e del Crocifisso; sul lato destro gli altari di Sant'Antonio, di Santa Teresa, dei Santi Teresa e Giovanni e del Bambino di Praga. Ai lati del presbiterio, invece, si trovano due ambiente su cui si sovrappone una tribuna con loggia. Lo spazio interno si contraddistingue, come campanile e facciata, da una slanciata verticalità e da forme neogotiche, con una luce soffusa che entra nell'aula attraverso monofore, bifore e trifore poste in alto sulla pareti. I prospetti interni, scanditi da snelle lesene, sono decorati da marmi policromi, pitture, mosaici, sculture e vetrate artistiche; particolarmente lodevole è la decorazione della controfacciata, completamente coinvolta nel grande affresco Apoteosi del Carmelo opera del pittore fiorentino Piero Bargellini. L'aula è coperto da una volta a botte a profilo acuto, con unghie laterali e costolonature trasversali, mentre il presbiterio è coperto da una volta a crociera con costoloni diagonali, con ogni vela decorata da affreschi raffiguranti gli evangelisti. Il coro è invece coperto da un catino con cinque vele con nervature convergenti verso la sommità. Tutte queste coperture sono realizzate in incannucciato collegato a centine in legno, con una finitura in intonaco dipinto da cornici policrome e raffigurazioni di santi. Archivio storico della curia diocesana di Verona (a cura di), Cenni storici sulle chiese parrocchiali della diocesi di Verona (PDF), Verona, Archivio storico Curia Diocesana, 2015, SBN IT\ICCU\VIA\0292237. URL consultato il 10 aprile 2020 (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2020). Breve storia del santuario-basilica di S. Teresa del Bambino Gesù in Verona (Tombetta), Verona, Tipografia operaia, 1939, SBN IT\ICCU\VIA\0069334. Verona Monumenti di Verona Chiese di Verona Diocesi di Verona Parrocchie della diocesi di Verona Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul santuario di Santa Teresa di Gesù Bambino Sito ufficiale, su santateresaverona.it. URL consultato il 17 aprile 2020.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù (Verona) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù (Verona)
Via Molinara, Verona Borgo Roma

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Collegamenti esterni Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù (Verona)Continua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.41832 ° E 10.98656 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Santuario di Santa Teresa di Gesù Bambino

Via Molinara
37134 Verona, Borgo Roma
Veneto, Italia
mapAprire su Google Maps

linkWikiData (Q3950111)
linkOpenStreetMap (138846083)

Chiesa della Tombetta
Chiesa della Tombetta
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Forte Porta Nuova
Forte Porta Nuova

Forte Porta Nuova, originariamente chiamato Werk Clam, è stata una fortificazione posta a sud di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del primo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1848 e 1856. Il forte fu realizzato tra 1848 e 1850 e completato del muro distaccato alla Carnot e di tre caponiere nel 1859; i lavori furono seguiti dal direttore dell'Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona, il maggiore Conrad Petrasch. Intitolato al conte Eduard Clam-Gallas, luogotenente feldmaresciallo e comandante di brigata sotto Josef Radetzky durante la campagna del 1848-1849, il forte venne completamente spianato e demolito dopo la prima guerra mondiale. Il forte è a tracciato poligonale con ridotto centrale e ridotto di gola. L'impianto, asimmetrico a semiottagono allungato, faceva sistema con i forte Palio e la torre Tombetta, con la quale formava il cardine orientale, sull'Adige, dello schieramento fortificato. La sua posizione, già individuata nei progetti di Franz von Scholl, era di speciale importanza: il forte era infatti situato a 1 100 metri da porta Nuova, all'inizio del lungo viale alberato e al centro della congiunzione tra la strada proveniente da Mantova e la strada proveniente da Legnago, entrambe prese d'infilata dalle artiglierie dei suoi fianchi. Inoltre batteva la campagna antistante tra Santa Lucia, Tomba, Tombetta e le numerose strade campestri convergenti verso porta Nuova. Anche dopo la costruzione del secondo campo trincerato nel 1861, il forte mantenne compiti difensivi e di sicurezza, nel dominio dell'ampio settore sul rovescio dei forti Dossobuono, Azzano e Tomba. Il ridotto centrale è a segmento di torre cilindrica su un solo piano, con copertura terrapienata disposta a piattaforma per l'artiglieria; anche al piano terra, in casamatta, potevano essere collocate artiglierie. Con i successivi lavori di rafforzamento e ampliamento furono costruiti due tratti di muro convergenti, a delimitare il cortile di sicurezza, che collegavano la semitorre al grande ridotto di gola casamattato, su pianta cruciforme, in parte sporgente al centro del fronte di gola, con funzione di caponiera difensiva. Sui due fianchi contrapposti, in ampliamento, vennero inserite batterie a doppio ordine di fuoco, in casamatta e a cielo aperto. Anche il nuovo fronte di gola, con i muri a tracciato spezzato, era ordinato per la difesa d'artiglieria. In posizioni simmetriche, rispetto al ridotto di gola, erano inseriti i due portali di ingresso al forte, ciascuno con l'antistante ponte levatoio. Procedendo verso il piazzale maggiore si scorgevano gli ingressi delle due poterne. Nel cortile di sicurezza, tra i due ridotti, era situato il pozzo per la riserva d'acqua. Il terrapieno semiottagonale allungato, con le postazioni d'artiglieria, era difeso sul fondo del fossato asciutto dal muro distaccato alla Carnot, con le tre caponiere per il fiancheggiamento d'artiglieria. Le due poterne, in diretta corrispondenza con le caponiere laterali, mettevano in comunicazione il piazzale interno del forte con il cammino di ronda lungo il muro alla Carnot, ordinato per fucilieri, e con la caponiera centrale. L'armamento della fortificazione consisteva in: 14 bocche da fuoco Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 70 uomini Luigi Battizocco, Forte di Porta Nuova, in Verona militare: studio storico militare, Verona, H. F. Münster, 1877, p. 91, SBN IT\ICCU\RML\0110150. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona

Fiera di Verona
Fiera di Verona

La fiera di Verona è un complesso di padiglioni ed edifici a destinazione fieristica e congressuale che sorge nel quartiere di Borgo Roma a Verona. Il complesso ha una superficie totale di 309000 m² di cui 152000 m² di superficie espositiva coperta divisi tra 13 padiglioni. Le fiere a Verona sono testimoniate fin dal IX secolo. Degna di nota quella a cadenza annuale istituita nel 1632 dal podestà Andrea Cornaro per rilanciare l'economia cittadina dopo la terribile peste del 1630, che veniva organizzata presso la centrale piazza Bra. Le strutture tuttavia erano in legno e furono più volte distrutte da incendi, in particolare quello del 28 ottobre 1712 convinse le autorità cittadine a costruire una fiera in muratura, che sarebbe stata la prima in Italia. Fu così che nel 1722 iniziò la costruzione della fiera di Muro presso il Campo Marzio nel quartiere di Veronetta, conclusa nel dicembre 1723 e dotata di ben 124 botteghe. Le strutture edilizie della fiera furono tuttavia abbandonate gradualmente a partire dall'età napoleonica e quindi completamente demolite nel corso del XIX secolo. La storia contemporanea della fiera di Verona ha origine nell'ottobre del 1897, quando l'amministrazione comunale organizzò una prima edizione sperimentale di quella che sarebbe diventata la Fieracavalli. L'evento, che si tenne in piazza Cittadella, fu un successo e l'amministrazione comunale decise di renderlo semestrale. Per ospitare la fiera l'anno successivo fu pertanto necessario individuare un luogo idoneo dove poter installare un sufficiente numero di scuderie: inizialmente si pensò di utilizzare gli orti del barone Weil-Wess, situati sul retro del suo palazzo prospiciente l'attuale corso Porta Nuova, ma alla fine si optò per gli orti di Biadego, da alcuni anni entrata nelle proprietà comunali, posta subito al di fuori delle mura comunali di Verona, tra il fiume Adige e l'attuale via del Pontiere. Il 28 dicembre 1897 il Consiglio Comunale approvò il piano per la costruzione del nuovo campo fiera, che prevedeva: la demolizione di parte dei fabbricati di un convento per creare un nuovo accesso e la costruzione di 27 scuderie e di tutti i servizi necessari. Visto il sempre maggior successo della fiera nel corso degli anni successivi furono realizzate ulteriori grandi scuderie tanto che nel 1902 la capacità delle stesse era salita a 730 cavalli. Con la continua crescita della fiera divenne urgente la costruzione di un nuovo ingresso lungo l'attuale via del Pontiere, ancora esistente. L'Amministrazione guidata da Eugenio Gallizioli incaricò nel 1914 l'ingegnere Alfonso Modonesi, direttore dell'ufficio tecnico comunale, di redigere un progetto, approvato immediatamente dal Consiglio Comunale ma che, tuttavia, rimase momentaneamente sulla carta. Nel 1926 l'Amministrazione ripropose il progetto di Modonesi, che venne approvato e subito appaltato, tanto che i lavori del primo lotto si conclusero nel novembre 1927, anno in cui la Fiera Cavalli fu riconosciuta tramite regio decreto come Fiera Nazionale dell'Agricoltura. Con la fine dei lavori del primo lotto venne immediatamente appaltato il corpo di destra dell'ingresso, che venne completato nell'agosto 1928. Nel 1930 la Fiera, che era cresciuta tanto da estendersi in tutta l'area, comprese via Pallone, piazza Bra e piazza Cittadella, era ormai gestita con difficoltà dal Comune, così venne posta sotto la gestione di un Ente Autonomo dedicato. Durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti alleati causarono molti danni alle strutture della fiera, così nel 1948 fu definitivamente trasferita nella nuova Zona Agricolo-Industriale (ZAI) a sud della città, guadagnando nuovi spazi e infrastrutture che avrebbero consentito un più razionale sviluppo della sede fieristica. L'istituzione della ZAI era infatti stata pianificata in quegli anni ed al suo interno era immediatamente disponibile un'ampia area di circa 200000 m², dove sorgevano le strutture della caserma Crippa e dell'autocentro militare che erano state quasi completamente distrutte durante la guerra e il cui terreno era stato richiesto in concessione dal Comune al demanio militare. Tra gli altri aspetti positivi che furono valutati nell'individuazione di quest'area vi furono la vicinanza alla stazione di Verona Porta Nuova, l'ubicazione lungo il rettifilo che andava dal previsto casello dell'autostrada Milano-Venezia fino al centro della città, l'ampia disponibilità di vie d'accesso e la posizione centrale nella nascente Zona Agricolo-Industriale. Il quartiere fieristico venne così ideato in maniera organica con la ZAI, anche dal punto di vista urbanistico e architettonico, grazie al coordinamento dell'ufficio comunale che stava pianificando la ricostruzione della città nel dopoguerra. Il progetto di sistemazione generale della fiera fu redatto dall'architetto Plinio Marconi con il supporto degli ingegneri Italo Avanzini e Giuseppe Palatini, sulla base delle esigenze suggerite dall'allora presidente dell'ente autonomo della fiera, l'avvocato Antonio Alberti: tra i principali obiettivi posti vi era quello di potere usufruire delle strutture anche nei periodi al di fuori delle fiere ed estenderne quindi la funzionalità a tutto l'anno. L'attuazione del nuovo quartiere si sarebbe dovuto svolgere per gradi, tuttavia l'urgenza della ricostruzione e la scarsa attenzione per un contesto che, al tempo, era periferico, portarono all'edificazione disorganica di diversi padiglioni senza una caratterizzazione precisa. L’unico elemento che spicca è il l'Agricenter, poi ridenominato Palaexpo, costruito tra il 1985 e il 1988 sul fronte di viale del Lavoro, che con la sua grossa mole e con la torre per uffici condiziona la vista principale della fiera dal lato della città. Un tentativo di trasformare il fronte principale fu affrontato dall'architetto Aldo Rossi nel 1996, che propose un nuovo blocco contenente un padiglione e un'aula congressuale collocato lungo l'asse dell'Agricenter, con quest'ultimo che veniva connesso alla città tramite ponti pedonali che avrebbero dovuto attraversare viale del Lavoro. Il progetto, dall'aspetto monumentale, rimase tuttavia su carta. Agli inizi degli anni duemila l'ente Fiera decise di ristrutturare la sua sede attuale, affidando il progetto allo studio GMP di Amburgo che nel 2004 consegnò il masterplan dell'intera area, che si era nel frattempo ampliata con l'acquisizione di ulteriori lotti. Furono tuttavia costruiti solo i primi due padiglioni, disegnati secondo nuovi standard qualitativi, e il progetto complessivo non fu portato a termine. Tra il 2018 e il 2020 fu infine riqualificato l'ingresso Re Teodorico, utilizzato come accesso per le manifestazioni che non coinvolgono l'intera fiera, su progetto dello studio Maffeis Engineering che ha previsto la sistemazione della piazza d'accesso, coperta con nuove pensiline dalle forme organiche, eventualmente estensibile all'intero quartiere. Nel 2017 l'ente autonomo si trasformò in Veronafiere S.p.A., società avente come obbiettivo quello di rappresentare una piattaforma di promozione a livello internazionale. Nel tempo è così riuscita a presidiare i mercati mondiali attraverso una rete di 60 delegati, la società Veronafiere do Brasil, gli uffici permanenti a Shanghai e a Il Cairo, e le proprie rassegne internazionali che si svolgono negli Stati Uniti, Brasile, Russia, Cina, Nord Africa, Medio Oriente e Australia. Il quartiere fieristico, racchiuso all'interno di un grande isolato, copre una superficie totale di 309000 m², di cui 152000 m² di superficie espositiva coperta divisi tra 13 padiglioni e 157000 m² di superficie scoperta, eventualmente adibibile a esposizioni. Sono disponibili oltre 10000 posti auto e l'accessibilità è garantita da sette porte d'accesso, le principali rinominate ingresso Cangrande, ingresso San Zeno e ingresso Re Teodorico. L'Agricenter, in seguito rinominato Palaexpo, è stato edificato tra il 1985 e il 1988 lungo il fronte di viale del Lavoro. Con la sua grande mole occupa uno spazio grossomodo rettangolare di 305 × 45 metri, per una superficie di circa 30000 m² e una volumetria di circa 300000 m³. La fiera di Verona, per rimanere centrale per il mondo rurale e continuare a essere interprete delle sue esigenze, realizzò il "Centro Permanente Internazionale dell'Agricoltura", che aveva l'obiettivo di proiettare l'agricoltura verso il futuro. Questo proposito veniva perseguito attraverso l'inserimento di tre elementi all'interno di questa grande struttura: il centro congressi, in cui collocare dibattiti, convegni e seminari; il centro mercantile, in cui alternare le esposizioni e le contrattazioni dei prodotti agroalimentari; il sistema informativo, aveva infatti sede nell'Agricenter una banca dati e relativi servizi che consentivano agli operatori di rimanere aggiornati in tempo reale sulle quotazioni dei prodotti nei principali mercati. Nel 2004 lo studio GMP di Amburgo è stato incaricato di redigere un masterplan del quartiere, che prevedeva una ristrutturazione e ampliamento per fasi successive in modo da garantire la continuità delle manifestazioni fieristiche. Lo scopo del progetto era quello di modernizzare le strutture e potenziare la possibilità di allestire più eventi contemporaneamente, oltre che a migliorare l'attrattività e l'aspetto generale del quartiere. Il progetto si svolgeva principalmente verso sud, dove dovevano essere realizzati due nuovi ingressi, est e ovest, da affiancarsi allo storico ingresso situato a nord, nei pressi del palazzo per uffici. Dall'ingresso est sarebbe partita una lunga galleria coperta su cui si sarebbero attestati i nuovi padiglioni. Due padiglioni speciali erano inoltre previsti in prossimità dell'ingresso nord, coperto con una volta a botte e destinato a manifestazioni speciali, e dell'ingresso ovest, coperto da una vasta cupola e destinato a eventi fieristici, sportivi, politici e di intrattenimento. Anche l'ingresso nord sarebbe stato sottoposto a un intervento di riqualificazione, in particolare l'Agricenter sarebbe stato rivestito in modo da diventare un grande pannello per pubblicità alla base del quale, verso viale del Lavoro, era prevista un'ampia vasca d'acqua. Di questo complesso masterplan vennero tuttavia realizzati solo due padiglioni, ultimati nel 2006. I due padiglioni, comprensivi di una galleria di servizio, occupano una superficie di 20000 m² e sono coperti da ampie travi metalliche per consentire, con le loro ampie luci, la massima libertà di allestimento degli spazi. I padiglioni hanno inoltre la possibilità, a seconda delle esigenze, di essere illuminati con luce naturale oppure di essere completamente oscurati. Nel 2018 è stata commissionata a Maffeis Engineering la riqualificazione dell'ingresso Re Teodorico, che viene usualmente utilizzato per manifestazioni di richiamo ma che interessano solamente la porzione sud del quartiere fieristico. L'elemento principale è una grande copertura formata da pensiline dalle forme organiche di 6700 m², terminata nel 2020, che diventa un elemento fortemente riconoscibile da utilizzare sia come percorso coperto verso i padiglioni sia come luogo di incontro e sosta per i visitatori, eventualmente estensibile all'intero quartiere. Le pensiline sono composte da pilastri d'acciaio che si ramificano per sostenere la copertura, caratterizzata da cuscini in etilene tetrafluoroetilene (ETFE), un materiale versatile, trasparente e autopulente: il suo utilizzo ha conferito leggerezza e trasparenza alla copertura, oltre che un certo dinamismo grazie alla scelta di utilizzare differenti gradazioni di opacità. Le principali manifestazioni fieristiche includono: Fieragricola: rassegna internazionale di agricoltura Fieracavalli: dal 1898 punto di riferimento dei prodotti di allevamento equino Marmomac: fiera dedicata alle aziende del settore lapideo Vinitaly: salone internazionale del vino e dei distillati Samoter: salone dedicato al mondo delle macchine per costruzioni Negli anni i prodotti sono aumentati e includono anche manifestazioni quali ArtVerona (fiera d'arte moderna e contemporanea), Elettroexpo (fiera dell'elettronica, dell'informatica e del radioamatore), Enolitech (salone delle tecniche per la viticoltura, l'enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie), Innovabiomed (al servizio dell'industria biomedicale), JOB&Orienta (salone dell'orientamento, della scuola, della formazione e del lavoro), Model Expo Italy (fiera del modellismo statico, dinamico e del gioco), Motor Bike Expo (fiera della moto personalizzata), Progetto Fuoco (mostra biennale sul riscaldamento a legna, pellet e biomasse), Sol&Agrifood (salone dell'olio extravergine di oliva e dell'agroalimentare di qualità) e diversi altre. Il nuovo quartiere della fiera di Verona (PDF), Verona, Ente autonomo per le fiere dell'agricoltura e dei cavalli, 1947, ISBN non esistente. Marzia Guastella, Laura Bonadiman e Giorgia Negri, Verso Sud, in ArchitettiVerona, vol. 02, n. 121, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, aprile/giugno 2020, pp. 76-79. Stefano Lodi, La Fiera di «muro» nel Campo Marzio di Verona, in ArchitettiVerona, vol. 02, n. 117, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, aprile/giugno 2019, pp. 54-59. Volkwin Marg, Nuova fiera di Verona: il progetto, in ArchitettiVerona, vol. 01, n. 78, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, gennaio/aprile 2007, pp. 12-21. Alberto Vignolo, Oltre il recinto. Opportunità e limiti dell'organismo fieristico, in ArchitettiVerona, vol. 01, n. 78, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, gennaio/aprile 2007, pp. 30-33. Alberto Vignolo, Fiera. Una problematica centralità, in ArchitettiVerona, vol. 02, n. 84, Verona, Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona, maggio/agosto 2009, pp. 73-74. Verona Fiera di Muro Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fiera di Verona Sito ufficiale Veronafiere, su veronafiere.it.

Campo di aviazione di Verona-Tombetta
Campo di aviazione di Verona-Tombetta

Il campo di aviazione di Verona-Tombetta fu uno dei primi aeroporti d'Italia, il primo aeroporto di Verona fino ai primi anni venti. Verso la fine del 1914, si costituì il primo campo di Verona situato a Tombetta. Il campo era situato di fronte al santuario di Santa Teresa di Gesù Bambino tra le attuali via Scuderlando e viale Agricoltura. Era delimitato a nord dalla Stazione di Verona Porta Nuova e dalla linea ferroviaria per Trento, a sud dall'attuale Via Mantovana, ad ovest dalle attuali Via Guerrieri - Via Albere ed ad est dall'attuale Via Aeroporto. Vi fu costruito un hangar tipo Gioia e una piccola casermetta ad uso officina, con la truppa alloggiata nel Forte Porta Nuova. Nell'agosto-settembre si mise mano a diverse altre costruzioni di hangars. Nell'agosto-settembre vennero costruiti di hangars, tanto nella pista di Tombetta quanto nella Piazza d'Armi, prossima alla Stazione di Verona Porta Nuova e confinante con l'altro campo. Verso la fine del 1916 il campo poteva ospitare 6 o 7 squadriglie. La pista da volo era in terra battuta. L'aeroporto fu impiegato per tutto il conflitto ed ospitò numerosi reparti. Il campo ospitò anche dei reparti francesi dislocati lungo il perimetro adiacente allo stradone Santa Lucia. Francesi e inglesi installarono sul campo importanti depositi e riserve per la loro aviazione contribuendo alla decisione del Comando supremo militare italiano di spostare alcuni reparti sui campi vicini di Ganfardine (poi aeroporto di Verona-Villafranca) e dell'aviosuperficie di Ca' degli Oppi. Il 20 giugno 1917 venne bombardato da una squadriglia aerea austriaca partita dall'aeroporto militare di Gardolo nel Trentino. Quando, nel maggio del 1918 i reparti di stanza a Piazza d'Armi furono trasferiti, Tombetta rimase il campo di aviazione principale di Verona ospitando oltre alla 6ª Squadriglia una sezione per la difesa aerea della città (1ª Sezione difesa su Savoia-Pomilio SP.3) fino al 12 ottobre. Il campo di Piazza d'Armi, chiamato dai francesi "Porta Nuova" fu demolito agli inizi degli anni '20 per l'edificazione dei quartieri delle Golosine, di Borgo Roma e del polo fieristico della "ZAI" (acronimo per "Zona Agricolo Industriale"). I Reparti dell'aviazione italiana nella Grande Guerra, AM Ufficio Storico - Roberto Gentilli e Paolo Varriale, 1999 Verona Borgo Roma Santuario di Santa Teresa di Gesù Bambino Forte Porta Nuova Stazione di Verona Porta Nuova La squadriglia, su Verona Volat, http://www.veronavolat.it. URL consultato il 2 aprile 2021.

Sistema difensivo di Verona
Sistema difensivo di Verona

Il sistema difensivo di Verona è un imponente complesso militare, logistico e infrastrutturale costituito da cinte murarie, bastioni, forti, campi trincerati, magazzini e caserme, realizzato tra il 1814 e il 1866 durante la dominazione asburgica, che fece della città veneta, perno del cosiddetto "Quadrilatero", uno dei punti di forza del sistema strategico dell'Impero. La Verona austriaca divenne così piazzaforte d'armata, ovvero un centro che poteva rifornire l'intera guarnigione imperiale presente nel Regno Lombardo-Veneto, composta all'incirca da 100000 soldati.Nello spazio urbano sono visibili ancora oggi opere monumentali che formano un repertorio di quasi 2000 anni di storia dell'arte fortificatoria, motivo per cui la città è stata decretata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO; tuttora restano imponenti gli avanzi della città fortificata romana, il perimetro della città murata scaligera con i suoi castelli, la struttura della fortezza veneta, oltre che la finale disposizione della piazzaforte asburgica. La cinta magistrale, nel suo assetto definitivo, ha uno sviluppo di oltre 9 km e occupa quasi 100 ha di superficie con le sue opere: cortine, torri, rondelle, bastioni, fossati, terrapieni e spalti. Infine nel territorio circostante, situati nella campagna pianeggiante o sulle colline delle Torricelle, 31 forti (19 dei quali ancora esistenti) formavano l'ultimo e più moderno sistema cittadino, l'imponente difesa avanzata della piazzaforte asburgica.Il rafforzamento delle difese fu graduale, attuato per fasi. Dal 1832 al 1842 fu ristrutturata la cinta magistrale, in risposta alla destabilizzazione del quadro politico europeo, che ebbe il suo apice nel 1830 con i moti liberali e la Rivoluzione di luglio a Parigi. Dal 1837 al 1843 furono costruite le fortificazioni collinari e i forti avanzati di pianura, i primi per impedire manovre di aggiramento a settentrione, i secondi per risolvere alcune carenze tattiche e difensive della cortina muraria. Nel 1848, evidenziata con la battaglia di Santa Lucia l'importanza tattica di dominare il lungo terrazzamento naturale che si dipana a ovest di Verona, iniziò la costruzione di una prima linea di forti militari distaccati, che furono poi completati con opere permanenti in muratura entro il 1856. Tra il 1859 e 1861 furono costruiti i forti del secondo campo trincerato, a maggiore distanza dalla città in modo da togliere efficacia alle nuove artiglierie, dotate di più ampia gittata; e infine, nel 1866, questo secondo campo trincerato fu completato con due ulteriori forti in stile semipermanente, a causa dell'imminenza della terza guerra d'indipendenza italiana. Le costruzioni militari austriache rappresentano «l'episodio saliente dell'arte a Verona del XIX secolo. Nessun'altra opera di pittura, scultura o architettura regge al confronto dell'importanza della mole e della vastità dei riferimenti con il paesaggio e con la storia». L'Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona, infatti, si dimostrò rispettoso delle preesistenti mura comunali, scaligere e veneziane, integrandole nel nuovo sistema fortificatorio e aggiornandole in base alle nuove scoperte e necessità di ambito militare. Quando dovette realizzare nuove fabbriche, invece, si confrontò con l'architettura romanica veronese, adeguando in questo modo i materiali da costruzione, il loro uso e le scelte di carattere formale e decorativo al contesto cittadino.