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Stadio Euganeo

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Stadio Euganeo Tribuna Est
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Lo stadio Euganeo è un impianto sportivo di Padova adibito prevalentemente alla pratica del calcio. In termini di capienza, costituisce la maggior arena scoperta della città e della relativa provincia, nonché il secondo impianto sportivo del Veneto dopo il Bentegodi di Verona. Inaugurato nel 1994, ha ospitato da allora, gli incontri interni del Padova, maggiore club calcistico cittadino, nonché manifestazioni internazionali di atletica leggera e rugby e diversi eventi extrasportivi quali grandi concerti musicali. Nel gennaio del 2021 sono iniziati i lavori volti a eliminare la pista di atletica e a costruire a ridosso del campo da calcio la nuova curva Sud, al cui interno troverà posto un'area polifunzionale comprendente due palazzetti dello sport. L'amministrazione comunale padovana cominciò a valutare l'idea di costruire un nuovo stadio allorché il maggior club calcistico cittadino tornò in Serie B nel 1987: il vecchio stadio Silvio Appiani era infatti ormai obsolescente e una sua ristrutturazione appariva di difficile attuazione. Il progetto originale di Gino Zavanella (per uno stadio da 48.000 posti con quattro tribune tutte coperte) venne mutuato da quello proposto precedentemente per l'edificazione dello Stadio delle Alpi di Torino, scartato in favore di un altro bozzetto realizzato dallo studio Hutter. I lavori di costruzione dell'Euganeo iniziarono il 2 dicembre 1989 con la posa della prima pietra in via Due Palazzi. Nel 1992, con i lavori che procedevano a rilento, l'assessore allo sport del comune di Padova Sergio Verrecchia, sostenitore del progetto. Lo stadio non era ancora stato ultimato quando nel 1994 il Padova vi disputò la sua prima partita in Serie A: erano ancora assenti le coperture delle gradinate e la curva Sud. Nel 1998 i lavori ripresero con alcune modifiche dal progetto originale, per concludersi nella stagione 1999-2000, con il Padova in Serie C2, quando venne inaugurata la curva Sud destinata ai tifosi del Padova. Lo stadio fu inaugurato il 19 giugno 1994 con un'amichevole tra il Padova della stagione 1993-1994 e una selezione di vecchie glorie biancoscudate al cospetto dell'allora sindaco Flavio Zanonato e del segretario del PPI nel Veneto Rosy Bindi. Il 10 luglio si tenne la prima manifestazione ufficiale con l'8ª edizione del Meeting Città di Padova di atletica leggera. Il 14 agosto fu organizzata una seconda amichevole contro la Juventus terminata 0-0. La prima partita ufficiale fu la sfida di Coppa Italia contro l'Inter del 31 agosto, terminata con la vittoria dei nerazzurri per 3-0. Dal 2011 si iniziò a ipotizzare la riqualificazione dell'impianto con l'eliminazione della pista di atletica e l'avvicinamento delle curve al campo di gioco, nonché i lavori necessari per migliorarne l'accessibilità. A tali scopi furono formulati diversi progetti, uno dei quali prevedeva la costruzione di una nuova curva Sud a ridosso del campo e l'istituzione di una nuova linea tramviaria che collegasse lo stadio col centro città. Nel settembre 2018 fu inaugurato il ristrutturato Stadio Daciano Colbachini, che per l'occasione tornò a ospitare il Meeting Città di Padova. Si rese così superflua la pista di atletica dell'Euganeo, e fu quindi dato il via al progetto per la ristrutturazione dello stadio che prevede l'eliminazione della pista stessa e il graduale avvicinamento degli spalti al campo. La prima fase consiste nella costruzione della nuova curva Sud, che ospiterà 3 200 spettatori, con gradinate sensibilmente avvicinate al campo (6 metri di distanza), e che al suo interno ospiterà un'ampia struttura indoor comprendente due campi da gioco polivalenti e tribune da 2 000 spettatori complessivi. Il contratto di appalto fu firmato nel dicembre 2020 e il mese dopo ebbero inizio i lavori, con la consegna prevista per la fine del 2021. I problemi legati alla pandemia di COViD-19 e altri che si presentarono in corso d'opera fecero ritardare la consegna dei lavori e aumentare sensibilmente i costi. A lavori non ultimati, nel novembre 2022 fu disposto il sequestro preventivo del cantiere per irregolarità commesse dall'impresa appaltatrice nel corso della gara d'appalto e nel successivo subappalto dei lavori. Fu quindi rescisso il contratto con la ditta appaltatrice e per riprendere i lavori si rese necessario un nuovo appalto, subordinato allo stato di consistenza dell’opera al momento del sequestro presentato dalla vecchia ditta appaltatrice. Nacquero tensioni al riguardo e l'opera rimase incompiuta a lungo. Il campo di calcio misura 105 metri di lunghezza per 68 di larghezza. L'impianto dispone di amplificazione sonora, barriere protezione porte, telone protezione campo, impianto di illuminazione, palestre per preriscaldamento, impianto TV a circuito chiuso interno, parcheggi per giocatori e arbitri e aveva una pista d'atletica regolamentare, parzialmente eliminata. Gli spettatori distano al massimo 180 metri dal campo di calcio. Lo stadio è situato nelle immediate vicinanze della tangenziale ovest della città, a circa: 5 km dalla stazione centrale 2 km dall'uscita di Padova Ovest dell'autostrada A4 50 km dall'Aeroporto di Venezia 63 km dall'Aeroporto di Treviso 92 km dall'Aeroporto di Verona La capacità dello Stadio Euganeo era inizialmente di 32.420 posti (di cui 84 per la stampa), che furono ridotti a seguito del Decreto Pisanu del 2007 contro la violenza negli stadi. Il 27 giugno 2007, il Calcio Padova annunciò la riduzione della capienza a 7.492 posti, in conformità alla Determinazione n. 31 del 2007 emanata dall'Osservatorio Nazionale sulle manifestazioni a carattere sportivo del Ministero degli Interni, che prevede l'adeguamento alle norme anti-violenza per "gli impianti sportivi del gioco del calcio che hanno capienza superiore a 7.500 spettatori". Precedentemente la capienza era già stata ridotta a 9.981 posti. Nella stagione 2008-2009, la capienza per le partite di calcio fu portata a 17.000 spettatori, grazie all'adeguamento al decreto Pisanu (tornelli, posti nominativi, telecamere interne ecc.), e in seguito a 18.236. Per le partite riguardanti altri sport, la capienza massima era quella effettiva di 32.420 posti; lo stadio era pieno in ogni ordine di posti in occasione della partita di rugby Italia-Australia giocata l'8 novembre 2008. Si prevede che alla fine dei lavori di ristrutturazione iniziati nel 2021 la capienza sarà portata a 25.500 posti. Il totale originario di 32.420 posti a sedere era suddiviso nel seguente modo: Poltrone: 591 Tribuna Ovest: 7.047 Tribuna Est: 7.950 Gradinata Ovest: 5.056 Gradinata Est: 5.056 Curva Sud locali: 3.318 Curva Nord ospiti: 3.318 Tribuna Stampa: 84 Il Padova ha disputato all'Euganeo le partite casalinghe di campionato a partire dal 1994, anno in cui fu festeggiato il ritorno in Serie A dopo 32 anni nelle serie inferiori. La prima partita di campionato sul nuovo terreno fu quella della stagione di Serie A 1994-1995, che l'11 settembre 1994 oppose i biancoscudati al Parma, terminata con la vittoria degli ospiti per 3 a 0. Dal 1994 al 1999, gli ultras del Padova seguirono le partite dalla Tribuna sud-est, da qualche anno rinominata Tribuna Fattori in onore dello storico radiocronista della squadra Gildo Fattori. Nel 1999 venne completata la costruzione della Curva Sud e gli ultras vi si trasferirono. Quando nel 2009 il Padova tornò in Serie B, l'adeguamento dell'impianto ad una capienza superiore permise loro di tornare definitivamente alla Fattori, dove la visuale è molto migliore rispetto alla Curva Sud ed il prezzo ridotto rispetto alla Tribuna Est. Dal 2006, all'interno dello stadio si è trasferita la sede del Padova, assieme a quella del comitato regionale del Coni, dell'Aia Padova della Federazione Ginnastica d'Italia Veneto e molte altre. Il 29 gennaio 2010, a cento anni esatti dalla fondazione del Padova, è stato inaugurato all'interno dello stadio il museo dedicato alla società. Durante la stagione 2014-2015, complice l'esclusione del Calcio Padova dai campionati di Lega Pro e Serie D, l'Euganeo diventa la nuova casa della Biancoscudati Padova e dell'Atletico San Paolo Padova, entrambe militanti in Serie D. Tuttavia il San Paolo vi aveva disputato anche una partita del campionato di Serie D 2010-2011, in attesa che venisse adeguato alle norme della Serie D lo Stadio Plebiscito. Lo stadio Euganeo è stato sede di un incontro amichevole della nazionale di calcio dell'Italia, disputato il 30 marzo 2005 contro l'Islanda e terminato con il punteggio di 0-0. Il 20 novembre 2010, si è tenuta la partita Italia-Stati Uniti valida per la qualificazione al Campionato mondiale femminile di calcio 2011, vinta dalle statunitensi 1-0. Il 13 aprile 2011, si è svolta la partita amichevole dell'Under 21 Italia-Russia, finita 2-0 per gli azzurrini. Il 25, 27 e 30 marzo 2016 all'Euganeo si sono tenute tre sfide valide per l'Elite round del Campionato europeo di calcio Under-19 2016. In due di queste sfide l'Italia Under-19 ha sfidato Israele e Svizzera. La terza sfida ha visto contrapposte Israele e Svizzera. In passato hanno giocato all'Euganeo anche il Cittadella, nelle stagioni 2000-2001 e 2001-2002 in Serie B, il Treviso, che vi disputò le prime partite in casa della stagione 2005-2006 in Serie A, e il Lecco, che vi disputò la prima partita della stagione 2023-2024 di Serie B contro il Catanzaro. La prima manifestazione ufficiale tenutasi allo stadio fu il 10 luglio 1994 il Meeting Città di Padova di atletica leggera, organizzato dalla locale società sportiva Assindustria. Questo evento, che si era tenuto in precedenza allo Stadio Daciano Colbachini nel quartiere Arcella, si svolge ogni anno e viene ritenuto uno dei più importanti in Italia, con la partecipazione di alcuni atleti di primo piano del panorama internazionale. Nel 2018 il meeting ritornò al Colbachini dopo la ristrutturazione di questo impianto. L'8 novembre 2008 vi fu disputato il test match di rugby tra le nazionali di Italia e Australia. Per la prima volta il grande rugby era approdato all'Euganeo: l'incontro, terminato 30-20 in favore degli ospiti, fece registrare per la prima volta il tutto esaurito sugli spalti. Un altro importante test match fu disputato all'Euganeo il 22 novembre 2014 in occasione del Tour della Nazionale del Sudafrica davanti a 32.000 spettatori. L'incontro si chiuse con la vittoria del Sudafrica sull'Italia per 22-6. Nel novembre 2016 si è disputato l'incontro Italia-Tonga di Rugby, seguito un anno dopo (25 novembre 2017) da un test match con la nazionale Sudafricana in occasione dei Credit Agricole Cariparma test match 2017. Infine, il 17 Novembre 2018 si è disputato il secondo dei Cattolica test match 2018 tra l'Italia e l'Australia, finito 26-7 in favore degli ospiti. A partire dal 2000 l'impianto ha ospitato diversi concerti musicali. Il primo artista a riempire lo stadio è stato Luciano Ligabue l'8 settembre 2000. Dal 2004, nel settore nord dei parcheggi dello stadio ha luogo in estate tra giugno e luglio lo Sherwood Festival, organizzato dall'emittente padovana Radio Sherwood. L'evento dura circa un mese e ospita concerti musicali di artisti di richiamo internazionale, rappresentazioni teatrali, dibattiti ecc. Oltre ad alcuni bar e ristoranti, sono presenti al festival un secondo palco per eventi minori, varie attività commerciali, una pista da ballo ed altre attrazioni. Una volta costruito, l'Euganeo suscitò ben presto polemiche negli ambienti della tifoseria padovana che riteneva il nuovo impianto molto meno fruibile rispetto al vecchio Stadio Appiani, facile da raggiungere in quanto situato nel centro cittadino, nonché capace di offrire una ben migliore visibilità dagli spalti, direttamente affacciati sui bordi del terreno di gioco. La struttura è stata giudicata esteticamente brutta, scomoda e poco funzionale: tra le problematiche più frequentemente sollevate vi è la scarsa visibilità dagli spalti (e in particolare dalle curve), assai distanti dal campo per via della pista di atletica e della conformazione complessiva dell'arena, a pianta rettangolare. Inoltre la struttura in cemento levigato dei gradoni rende gli stessi scivolosi, specialmente a seguito delle gelate invernali. Gli ultras di casa, trovando particolarmente scomoda la curva sud dello stadio, hanno infine deciso di lasciarla e di occupare il settore inferiore della tribuna laterale sud-est. Oggetto di contestazioni è stata anche (come già accennato) la presenza della pista di atletica in uno stadio di tali dimensioni e in assenza di manifestazioni di grandi richiamo: a tal riguardo il meeting Città di Padova, a ingresso gratuito, attirava poche migliaia di spettatori (appena 6.000 nell'edizione del 2011). Un'altra pecca dell'impianto è la collocazione decentrata: la lontananza dell'Euganeo dal centro cittadino rende l'impianto difficile da raggiungere, complice anche l'assenza di servizi di trasporto pubblico dedicati (la fermata d'autobus più vicina si trova a circa 2 km.). Il 3 dicembre 2011, durante la partita tra Padova e Torino, si verificarono problemi all'impianto di illuminazione dello stadio fino al completo blackout al 31° del secondo tempo, con lo spegnimento anche delle luci di emergenza, che determinarono la sospensione della gara, poi conclusa undici giorni dopo.. Furono date contrastanti versioni sull'origine del guasto (società e comune affermarono che il problema fu causato da un guasto ad una cabina esterna ma ENEL smentì). Un'indagine strutturale condotta nel luglio 2012 riscontrò diversi difetti relativi alla costruzione e all'incuria dello stadio. Emersero in particolare preoccupanti crepe sui muri, l'intonaco che si scrostava, il distacco di molti pannelli dei controsoffitti, la comparsa di muffa e stalattiti dovute all'umidità. L'indagine mise in luce anche alcune carenze igieniche, come la mancanza di pulizia del guano che si depositava sui pavimenti delle tribune. Meeting Città di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio Euganeo (EN) Stadio Euganeo, su Structurae. Lo Stadio Euganeo, su padovacalcio.it. Lo Stadio Euganeo, su studiogau.it. Lo Stadio Euganeo, su padovanet.it. Lo Stadio Euganeo, su stadiumguide.com.

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Chiesa di San Giovanni di Verdara
Chiesa di San Giovanni di Verdara

La chiesa di San Giovanni di Verdara è un edificio di origine medievale che fu luogo di culto sino al 1866. Si affaccia su contrà Verdara, ora via San Giovanni di Verdara a Padova. Fu per secoli la chiesa del vicino monastero dei canonici regolari lateranensi e grande centro artistico della città. Oggi l'antica struttura, con gli annessi edifici monastici, è ospedale militare. La chiesa sorse agli inizi del XIII secolo - già esistente nel 1219 - come edificio di culto di un cenobio di monaci benedettini albi: questo priorato, sorto in una zona della città "viridaria" caratterizzata dalla rigogliosa vegetazione, era per questo denominato "in viridario" poi "di Verdara". Il monastero si fece centro religioso rilevante tra il XIV secolo ed il XV secolo ed i monaci ingrandirono ed ampliarono la chiesa e gli edifici annessi. Nel 1431 papa Eugenio IV consegnò a commenda tutto il monastero al nipote cardinale Antonio Correr, vescovo di Ostia che la affidò nel 1436 ad una fiorente comunità di canonici regolari lateranensi che intrapresero una ampia campagna di restauro affidando i lavori a Lorenzo da Bologna e Giuliano da Porlezza. Tra il 1519 e il 1527 fu la residenza di Pietro Martire Vermigli e di Reginald Pole. Nel 1566 acquisì il titolo di abbazia. Tra il XV e XVII secolo i canonici raccolsero importanti opere artistiche e librarie tra cui il fondo di Pietro Montagnana, sviluppando una delle più importanti collezioni di stampo rinascimentale che richiamarono l'attenzione di umanisti del calibro di Pietro Bembo, assiduo frequentatore del complesso. Il "museo" di San Giovanni di Verdara divenne una delle attrazioni principali della città tra il XVI ed il XVIII secolo, soprattutto dopo il lavoro dell'Abate Ascanio Varese che aggiunse alla raccolta la ricca collezione di Marco Mantova Bonavides, confluita nel monastero nel 1711. Alla cura contribui incessantemente pure Ludovico Antonio Muratori, attento catalogatore della biblioteca. Nel 1783 la Repubblica di Venezia soppresse l'ordine dei Canonici Lateranensi. La collezione dei religiosi divenne fondo del successivo Museo Civico mentre il resto fu convogliato presso la Biblioteca nazionale Marciana. La chiesa continuò ad essere officiata da sacerdoti secolari che ne mantennero l'arredo, mentre nelle strutture monastiche si installò la Ca' di Dio (brefotrofio) che lasciò spazio - dopo una breve occupazione dei piaristi - a tremila soldati austriaci con i loro duecento cavalli che vi crearono caserma nel 1847. La chiesa fu officiata sino al 1866 dall'ordine dei Gesuiti, che aveva acquistato il complesso nel 1852 e lo aveva trasformato in un convitto maschile. Poi le strutture vennero occupate ed in seguito espropriate dalla nuova amministrazione italiana ed il complesso fu trasformato in ospedale militare. La chiesa a tre navate fu progressivamente suddivisa in strutture funzionali all'attività ospedaliera. Attualmente la chiesa fa parte integrante del comprensorio della caserma "De Bertolini" dell'Esercito Italiano, presso la quale ha sede il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Padova. Le numerose opere d'arte che decoravano la chiesa sono oggi in gran parte esposte presso i Musei Civici agli Eremitani Lo straordinario monumento, di fondamentale importanza per la storia artistica della città e dello sviluppo del gusto rinascimentale nell'Italia settentrionale, facendo oggi parte di un sedime militare, non è visitabile, pur rimanendo la facciata parzialmente visibile dall'antistante via San Giovanni di Verdara. Nella chiesa furono sepolti illustri personaggi quali Andrea Briosco, Lazzaro Bonamico, Giovanni Calfurnio, Giovanni da Cavino, Luca Ferrari, Domenico Senno. Sulla facciata a salienti, rivolta a levante, si scorgono ancora le aperture gotiche, tra cui il bel rosone decorato da archetti polilobati; il resto dell'impianto architettonico è successivo, forse seicentesco. Sull'arcata sopra il portale maggiore stava un affresco di Giacomo Ceruti raffigurante "la Vergine con san Giuseppe e San Giovanni", mentre sulla sinistra stava il monumento sepolcrale di Andrea Briosco con tondo bronzeo recante l'effigie dell'artista (disperso dopo il 1797) e memoriale dettata dal Canonico Girolamo Negri. Le fiancate sono mosse da numerosi e profondi archetti ciechi che denotano il carattere di una costruzione gotica, del XIV o XV secolo. L'abside rivolta a ponente sporge notevolmente dall'edificio e si conclude in pianta poligonale. A fianco sorge la base del campanile quasi del tutto atterrato dopo il 1866. A meridione si elevano le strutture monastiche ancora ben conservate caratterizzate dai due chiostri monumentali. L'interno della chiesa a tre navate aperte da ariose arcate, era ricco d'opere d'arte: su un altare era collocata la mirabile scultura raffigurante "la Vergine Addolorata col Cristo morto e putto dolente" di Antonio Bonazza (ora esposta ai musei civici) su l'altare di San Patrizio preziosa tela di Giovambattista Tiepolo "San Patrizio Vescovo nell'atto di sanare un infermo" ora presso la pinacoteca civica. Due monumentali sepolcri rinascimentali ora collocati nel Chiostro del Noviziato alla Basilica di Sant'Antonio arricchivano la chiesa: il più antico, dedicato a Giovanni Calfurnio, opera di Antonio Minello e dirimpetto, quello a Lazzaro Bonamico, eretto su modello di Andrea Palladio ed impreziosito dal busto bronzeo dell'umanista opera di Danese Cattaneo (l'originale esposto ora al Museo Civico di Bassano). Numerose le tavole e le tele: Pietro Bacchi da Bagnara, Stefano dall'Arzare, Pietro Ricchi, Alessandro Varotari. Il Rossetti ricorda che sull'altare del Santissimo "sta tabernacolo di Ebano, arricchito di pietre preziose del secondo genere che merita d'essere veduto". Se con la soppressione del 1783 le Canoniche di Verona e Bergamo ebbero i beni finiti all'incanto, il Senato della Repubblica ebbe per quella di Padova particolare zelo nel conservare la grandiosa collezione che i religiosi per secoli arricchirono: oltre la biblioteca, v'era la prestigiosa raccolta di "ritratti di uomini illustri, in metallo, in marmo, in avorio ed in cera", una ricca collezione di avori antichi e di bronzi, sia antichi che moderni, una considerevole pinacoteca e infine "vasi antichi, idoli e simulacri di molte e varie nazioni antiche e moderne, e moltissimi cammei e pietre intagliate; lucerne ed urne sepolcrali; pesi e sigilli antichi, degli alti e bassi tempi. V'ha altresì buon numero di minerali, fossili e crostacei, coralli e frutti marini,...stromenti matematici, astronomici ed ottici; ed una doviziosa raccolta di medaglie...". Una collezioni di stampo antiquariale, tanto in voga nell'Italia barocca. Tra i busti di cera spiccava quello del Tiziano "della più squisita manifattura" e tra le tele la Cena di Emmaus del Piazzetta (ora a Cleveland) ed opere di Girolamo Forabosco e Andrea Vicentino. L'apice delle raccolta si ebbe nel 1711 quando vi confluì la cinquecentesca collezione di Marco Mantova Bonavides magistralmente amministrata dall'abate Ascanio Varese (1726) coadiuvato alla biblioteca da Ludovico Antonio Muratori. Alvise Tiepolo nel ruolo di "Aggiunto sopra li monasteri" curò la gestione dei beni dopo la soppressione, affiancato da Paolo Rucolini bibliotecario della Pubblica di Padova e dall'abate Jacopo Marelli bibliotecario della Marciana di Venezia, opera conclusa il 16 gennaio 1784. I beni più preziosi delle biblioteca furono portati alla Marciana e gli altri restarono alla città di Padova confluendo nelle raccolte della Biblioteca universitaria di Padova, mentre "La parte Antiquaria...è da unirsi alle statue antiche, e famose, che si trovano nell'Atrio della Libreria di S. Marco, alle quali molto bene si uniformano queste cose di Antiquaria, essendo fra esse anco una raccolta di medaglie Greche e Romane, delle quali era desiderabile che si potesse averne qualche collezione a S. Marco...". Il rimanente restò a Padova, al Museo di Storia Naturale o Museo Pubblico, costituito già dal 1736, al Gabinetto di Fisica e alla Specola, mentre le "Pitture e Sculture...alla Città stessa di Padova col dovere di conservarle..." primitivo nucleo dell'attuale Museo Civico agli Eremitani. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Giuseppe Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Editoriale Programma AA.VV., Padova, Medoacus Giovanna Luisa Ravagnan, Le collezioni di San Giovanni di Verdara Chiara Frison, "Da Padova a Venezia. L'ultimo catalogo dei manoscritti della biblioteca di S. Giovanni in Verdara (ms. Biblioteca Nazionale Marciana, It XI 323 (=7107)" in "Dialogo. Studi in memoria di Angela Caracciolo Aricò", Venezia, Centro di Studi Medioevali e Rinascimentali "E.A.Cicogna", 2017, pp. 189-224. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Giovanni di Verdara

Porta Savonarola
Porta Savonarola

Porta Savonarola è una delle otto porte di accesso delle mura cinquecentesche della città di Padova. Il progettista fu Giovanni Maria Falconetto che, non essendo un ingegnere militare, si concentrò maggiormente sulla bellezza formale dell'edificio, ma non trascurando la sua funzione primaria, quella difensiva. La costruzione di Porta Savonarola venne iniziata nel 1528 e conclusa nel 1530, per completare il progetto di fortificazione delle città di Padova da parte della Repubblica Veneta. Porta Savonarola è la porta Nord-Ovest delle mura, oggi all'incrocio tra via Vicenza, via Savonarola e corso Milano. Durante e dopo gli anni della Guerra della Lega di Cambrai, la Serenissima si fece promotrice di una serie di iniziative architettoniche quali la costruzione delle mura di Padova, essendo l'ultima città della Repubblica da difendere. Il progetto contava di edificare 8 porte di accesso alla città; il numero è esiguo perché la struttura della porta è un punto assai debole. L'opera di fortificazione prende avvio nel 1509 e a concludere l'impresa fu Giovanni Maria Falconetto con l'ultimazione di Porta Savonarola realizzata nel 1528 e finita nel 1530. Porta Savonarola presenta due ingressi: uno verso l'esterno (ovest), che un tempo dava verso le compagne, l'altro verso l'interno (est) che si affacciava alla città. Porta Savonarola presenta una pianta rettangolare esterna. L'interno è caratterizzato un ambiente ottagonale con nicchie semicircolari inquadrate da una semplice cornice e una volta di copertura a spicchi. Dall'estradosso della volta di copertura è possibile raggiungere il sottotetto tramite una scala ricavata nello spessore della muratura. Porta Savonarola è realizzata sul modello dell'arco di trionfo romano. La facciata esterna (ovest) della porta è tripartita verticalmente e posa su una base scarpata. Sono presenti quattro colonne di ordine composito in pietra d'Istria poste sopra un piedistallo che risaltano rispetto alla muratura scura in trachite. Negli angoli in basso ci sono due porte, quella di destra in origine era aperta e riservata all'accesso pedonale, ora chiusa. La figura di Marte campale tra le fiamme è rappresentata in chiave all'arco della porta di accesso alla città. Nella volta dell'arcata del portone di accesso alla città sopra le due porte sono scolpiti in altorilievo due clipei in trachite raffiguranti in pietra d'Istria Bacco e Pomona (o Cerere, divinità della fertilità rurale) in pietra d'Istria. Il piano attico è decorato con due stemmi celebrativi delle casate della città e il Leone Marciano. Quest'ultimo venne distrutto insieme agli stemmi della Serenissima dai Francesi nel 1797, poi nel 1928 furono ricostruiti. Venne anche demolita l'ultima arcata del ponte levatoio che successivamente viene sostituito negli anni Trenta del Novecento con una passerella in legno. La facciata interna (est) è simile a quella esterna: è anch'essa tripartita verticalmente, ma presenta solo le colonne laterali in pietra d'Istria. I clipei raffigurano Medoacus (divinità fluviale rappresentante il fiume che passa all'interno della città) e Minerva (protettrice della città). Nella chiave di volta dell'arco della porta di accesso alle campagne è raffigurata la fenice personificata. Anche questo piano attico è decorato dagli stemmi della città e al centro si trova una grande iscrizione che ricorda il doge Andrea Gritti con la data del 1530. Falconetto riprende dalla Porta Aurea di Ravenna, con il valore di una citazione, il motivo dei grandi clipei sui due fronti della grande porta Savonarola del 1530, firmata e datata, articolata con fornice centrale e due porticine laterali fiancheggiate da due semicolonne, dove pone al secondo ordine i clipei copiati dalla porta ravennate, ornati dai busti delle divinità tutelari la città, sul tipo della porta di Augusto a Rimini. Insiste su questo schema di porte ad atrio coperto, unico fornice con aperture laterali più piccole anche nella porta San Giovanni del 1528, anch'essa firmata. Giovanni Maria Falconetto utilizza un sistema decorativo di fronti e fregi aderenti ai modelli antichi che si lega allo sviluppo architettonico del periodo, tramite questo usufruisce dell'ordine architettonico come strumento compositivo dell'intero edificio. Rispetto alle altre porte cinquecentesche Falconetto prende solo l'allineamento alla cortina delle mura, dalle architetture dell'epoca crea una elaborazione formale con la supremazia della bellezza formale rispetto alla funzionalità difensiva. Lo spazio interno è di difficile gestione militare: si ispira allo studiolo di Varrone presso Cassino, stesso modello per l'Odeo Cornaro, ulteriore dimostrazione del fatto che Falconetto non è un ingegnere militare ma un architetto che ha poco interesse per la funzione difensiva dell'edificio. Le scelte architettoniche del Falconetto possono essere interpretate secondo la concezione Albertiana della città come grande casa: Porta San Giovanni (Padova) Mura di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Savonarola Sito dell'associazione "Comitato Mura di Padova", su muradipadova.it.

Chiesa del Beato Antonio Pellegrino
Chiesa del Beato Antonio Pellegrino

La chiesa del Beato Antonio Pellegrino è un edificio religioso di origine rinascimentale che si erge in contrà san Giacomo, ora via Beato Pellegrino a Padova. La chiesa, già delle monache benedettine, conservava le spoglie del beato Antonio Manzoni detto "il Pellegrino" poste oggi alla chiesa dell'Immacolata. Ora è chiesa officiata dalla comunità romena di rito romano. Il complesso monastico di cui faceva parte, dopo essere stato utilizzato come nosocomio, è ora in buona parte occupato dall'Università degli Studi di Padova. La chiesa nacque con il contiguo monastero a seguito dell'ingresso in città delle monache benedettine di Santa Maria di Porciglia che ebbero il cenobio distrutto per motivi bellici nel 1509. Portarono nella loro nuova sede anche il corpo del beato Antonio Manzoni "Pellegrino". Chiesa e monastero sorsero su progetto del nobile Vincenzo Dotto. A seguito delle soppressioni napoleoniche e dell'allontanamento delle benedettine, le strutture monastiche furono utilizzate prima come caserma ed in seguito (1838) come ospizio, subendo così un radicale restauro nel 1943 quando furono abbellite in stile neoromanico. La chiesa fa ancora parte della Casa di Ricovero per Anziani (IRA) ed è officiata dalla comunità romena di rito romano. Tra la notte del 24 e 25 ottobre 1993 la chiesa è sta depredata di alcune importanti opere d'arte. Una delle tele rubate, attribuita a Palma il Giovane è stata recuperata nel giugno 2014. La chiesa un tempo aveva la facciata caratterizzata da un portico, poi demolito per dare continuità alle vicine strutture. Attualmente si presenta in una veste neoromanica alquanto goffa, si affaccia direttamente sulla via, con facciata rivolta a meridione e decorata da archetti e bifore di varie dimensioni. L'abside conserva forse il suo aspetto cinquecentesco, coperta da una mezza calotta a piombo. L'aspetto tardorinascimentale, alterato dalla spoliazione di età napoleonica e dai successivi interventi, è leggibile nella sobria architettura bisognosa di interventi di ripristino e pulizia. L'aula è illuminata da oculi e voltata a crociera, conserva in controfacciata il vecchio coro pensile e dietro al grande altare maggiore è posta una tela raffigurante L'Assunta con Santi, che il Rossetti attribuiva incertamente al Palma il Giovane. Nella chiesa si conserva pure una tempera cinquecentesca raffigurante Il Beato Pellegrino che fa l'elemosina. In una delle due cappelle laterali era esposto, su un altare, il corpo del Beato Antonio "Pellegrino". Sull'ampia cantoria in controfacciata, già coro pensile delle benedettine, si trova l'organo a canne, costruito nel 1850 riutilizzando del materiale fonico settecentesco ed un precedente strumento di Angelo Agostini (1840). L'organo, a trasmissione integralmente meccanica, con un'unica tastiera di 50 note ed una pedaliera a leggio di 17 costantemente unita al manuale, è racchiuso entro una semplice cassa lignea con mostra composta da canne non suonanti. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova MDCCLXXX Stamperia del Seminario Alberto Sabatini, L'organo nella chiesa del Beato Pellegrino a Padova e l'attività di Angelo Agostini, Armelin Editore, 2003, Padova. Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori AA.VV., Padova, Medoacus Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa del Beato Antonio Pellegrino

Chiesa di Sant'Antonio di Vienna
Chiesa di Sant'Antonio di Vienna

La chiesa di Sant'Antonio Abate, conosciuta come chiesa di Sant'Antonio di Vienna, è un edificio religioso medievale che si erge in contrà Savonarola, a Padova. La costruzione fa parte del Collegio San Marco, una struttura adattata nel 1771 all'accoglienza degli studenti universitari, e precedentemente usata come monastero prima dai Canonici di Sant'Antonio di Vienne e in seguito dai Canonici Renani. Oggi è la cappella della sede legale del Collegio universitario don Nicola Mazza che nel 1953 ha riaperto il Collegio San Marco come propria prima residenza. Ricorda il Portenari che "l'ordine degli hospitalarij di S. Antonio di Vienna" fondarono "in contrada della Savonarola l'hospitale di S. Antonio da Vienna, edificandovi anco un monastero e una chiesa ad honore dell'istesso santo". Era forse il principio del XIII secolo. In seguito la chiesa e il monastero passarono ai Canonici Renani che restaurarono nel 1570 l'intero complesso, erigendo il porticato che si affaccia sulla via. Con le soppressione dei conventini del 1769 i vari edifici furono adattati a collegio destinato agli studenti disagiati dello Studio. Il Collegio San Marco fu chiuso con l'arrivo delle truppe francesi nel 1797 che lo ridussero a caserma. La chiesa fu chiusa al culto e l'intero complesso, di proprietà militare, divenne caserma del VII reggimento degli Alpini e danneggiato dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. In seguito il Collegio San Marco venne riaperto come prima residenza del Collegio don Nicola Mazza che ancora vi ha sede legale. La chiesa, radicalmente restaurata negli anni cinquanta del Novecento, è officiata come cappella del collegio. La facciata, rivolta a mezzogiorno, s'innalza verso via Savonarola. È preceduta da un portico a serliana cinquecentesco, mentre è asseribile al Settecento il portale a tutto sesto che si apre sulla gotica muratura del XIII-XIV secolo, mossa da lesene e archetti pensili e alleggerita da un grande rosone. La vetrata inserita in tale rosone è stata eseguita nel 2005 da Franco Corradini. Le grate accanto al portale servivano forse alla distribuzione della carità. Il fianco destro, lungo via Collegio San Marco, mostra le spiccate caratteristiche gotiche, come lesene e archetti pensili, slanciate monofore decorate da archetti in pietra trilobati. L'abside, suggestiva, è poligonale e aperta sempre da monofore. Accanto al fianco sinistro, verso la facciata, si erge il Collegio San Marco, mentre verso l'abside una sacrestia pure gotica. L'interno è a navata unica, luminoso e ampio, coperto da capriate, mentre l'abside è voltata a ombrello, con costoloni molto marcati di sapore francese, raro caso in Veneto. Sulla sinistra dell'altar maggiore si apre la sacrestia. Imponente il Sant'Antonio Abate raffigurato in proporzioni giganti sulla parete dell'abside. Lungo le pareti si susseguono brani di affresco, alcuni attribuibili ad Altichiero da Zevio ed altri a Jacopo da Verona o ad un suo allievo. Bellissima la Crocifissione con offerente. Non reca opere di importante valore se non un dossale ligneo quattrocentesco e un angelo ligneo barocco. Secondo Paola Tosetti Grandi, prima delle spoliazioni napoleoniche, la chiesa era dotata di arredo barocco risalente alla ristrutturazione del complesso monastico del 1570. Fra questi, Tosetti Grandi ricorda in particolare un coro ligneo, sostenuto da tre archi su colonne, che seguiva il controportale. Inoltre, menziona una pala che decorava l'altar maggiore e due altari che abbellivano i lati della navata. L'abside ospitava una pala d'altare dipinta da Francesco Zanella raffigurante Sant'Antonio Abate, Sant'Agostino e Arcangelo Canetoli, che è oggi conservata nei magazzini del museo civico di Padova. In origine questa era racchiusa in una cornice di pietra di Custoza e sovrastata da un crocifisso di legno. Sul lato destro della navata si trovava un altare dedicato all'Addolorata, decorato da una pala. Sulla sinistra, un altare dedicato a Sant'Antonio Abate ospitante, oltre ad un ritratto del santo, anche un ritratto di Canetoli, attribuito ad un autore veneto, oggi conservato nei magazzini del Museo Antoniano. Infine, Tosetti Grandi riporta che all'interno della sacrestia si trovava una pala d'altare dedicata a Sant'Osvaldo martire, di scuola veneziana. Sulla moderna cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne, costruito nel 2007 dalla ditta organaria codroipese Zanin. Lo strumento si ispira alla tradizione tedesca del XVIII secolo, sia per le caratteristiche foniche, sia per l'estetica. La trasmissione è integralmente meccanica, e la consolle, a finestra, ha due testiere di 56 note ciascuna e una pedaliera dritta di 30 note. I registri sono 25, per un totale di 1626 canne. La cassa lignea, con decorazioni dorate, è dotata di due torri laterali e da una più piccola centrale, unite da due ali di canne; il positivo tergale, invece, è costituito da due torri e una facciata centrale a cuspide. Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Collegio San Marco Collegio universitario don Nicola Mazza Organo della chiesa di Sant'Antonio di Vienna a Padova Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Sant'Antonio di Vienna a Padova L'organo a canne, su organday.altervista.org.

Chiesa di San Benedetto Vecchio
Chiesa di San Benedetto Vecchio

La chiesa di San Benedetto abate chiamata da secoli chiesa di San Benedetto Vecchio (per non confonderla con la vicina chiesa di San Benedetto Novello) è un edificio di origine medievale che si affaccia su Riviera San Benedetto, verso il Bacchiglione, a Padova. L'edificio sorse con l'annesso monastero benedettino per volere del beato Girolamo Forzatè. Come narra il Portenari, la chiesa di San Benedetto sarebbe sorta per volere di Girolamo Forzatè nel 1195 con il monastero benedettino "in distinti claustri e domicilij pose monaci e monache, e lo governò santamente con titolo di Priore per alquanti anni" (A. Portenari, 1623, pag. 471) e a confermare la data di fondazione si aggiungono gli Annales Patavini e i Libri Regiminum Padue. Alcuni documenti ricordano che il monastero fu fondato in prossimità di un ospitales. Il monastero doppio, con comunità femminile guidata da una badessa e quella maschile capeggiata dal priore, in seguito alla morte del fondatore (1248) fu destinato alle sole monache, mentre i monaci costruirono poco distante una nuova sede con chiesa, San Benedetto Novello (1262). Ricordano le fonti che la chiesa, consacrata il 31 agosto 1222, originariamente si poneva al centro del monastero, a divisione della parte maschile e femminile. Dopo la scissione, il monastero fiorì ampiamente, tanto che tra il 1356 e il 1397 vi fu badessa Anna Buzzaccarini, cognata del Principe di Padova Francesco il Vecchio che fece adornare le strutture riccamente, a proprie spese. Dopo Anna, seguì la figura di Orsola Buzzaccarini che donò la chiesa e il monastero di Sant'Orsola (1402) ai Francescani dell'Osservanza mentre, alcuni decenni dopo, vi giunse una giovane educanda, Caterina Cornaro, dove ricette educazione sino all'età di quattordici anni. La chiesa rimase inalterata sino al 1612 quando la badessa Aurora da Camposampiero promosse lavori di adeguamento, probabilmente a seguito delle riforme liturgiche del Concilio di Trento. Si cambiò l'orientamento e la facciata, prima posta verso ponente, fu rivolta verso levante dove originariamente era posto il presbiterio. Il Portenari ricorda che attorno al 1620 fu "ridotta in bellissima forma, e vagamente ornata". Il 3 luglio 1628 il cardinale Pietro Valier in visita pastorale la trova "bene tecta, ampla et alba". Nei decenni seguenti la costruzione fu arricchita e adornata di nuove opere ed altari. Con le legislazioni ecclesiastiche napoleoniche del 1810 il monastero benedettino fu soppresso e trasformato in caserma d'artiglieria mentre la chiesa assunse il titolo di parrocchiale, assorbendo quello della chiesa di San Leonardo. Agli inizi del XX secolo l'edificio subì numerosi interventi di restauro, ma l'11 marzo 1944 fu colpito dalle bombe alleate che devastarono la struttura e distrussero numerose opere d'arte, tra cui il ciclo delle storie dell'Apocalisse di Giusto de' Menabuoi. Nel primo dopoguerra si avviarono i restauri che favorirono il recupero dell'aspetto romanico. Oggi in continuità con i decreti napoleonici la chiesa è parrocchiale affidata al clero secolare della diocesi di Padova. Accanto alla chiesa si erge la caserma "Prandina" che insiste su quello che era il monastero delle benedettine. Nella chiesa è sepolta Giustiniana Wynne. La facciata, che è preceduta da un ampio sagrato alberato (anticamente era pavimentato), si erge verso levante. L'aspetto attuale si deve ai lavori attuati nel XVII secolo, sulla parete occupata sino al XVI secolo dall'abside della chiesa. È di ordine composito e rispetta i raffinati stilemi manieristici in voga in città sin dalla seconda metà del cinquecento ricollegandosi ai lavori di Dario Varotari. Si eleva su due registri, tutti ritmati da sottili paraste terminate da raffinati capitelli tuscanici (in basso) e ionici. Sopra, un attico coronato da statue sulla quale, al centro, poggia un timpano. Si apre un unico portale timpanato e ai lati, due nicchie e due finestre, come in alto, dove campeggiano quattro aperture quadrangolari. Al centro del timpano è posto un altorilievo raffigurante il Padre Eterno, che si collega con il sottostante San Benedetto in gloria, sempre ad altorilievo. Nel dipinto del Padovanino che ritrae il beato Forzatè, posto all'interno della chiesa, è ritratto l'edificio prima dei lavori di costruzione della facciata. Sulla sinistra, rispetto alla facciata, si apre un vicolo che permette la visione della fiancata romanica della chiesa, aperta da monofore e ritmata da archetti pensili. Sul retro, anche se occultata da edifici e dal campanile, è possibile scorgere la vecchia facciata romanica della chiesa, ingentilita da bifore e da arcatelle ceche. L'attuale aspetto slanciato, aperto da quattro monofore e tamburo coperto da cupolino a cipolla è settecentesco, ma si eleva sulla canna del campanile medievale, già coperto da una cuspide conica e aperto da bifore. Varcata la porta d'ingresso, si accede ad suggestivo interno suddiviso in tre navi, convergente verso il monumentale altare maggiore. Dopo i lavori di restauro post-bellici, predomina il caldo colore del cotto, ritmato dalla arcate a tutto sesto sostenute da pilastri e da arcatelle ceche romaniche decorate dalle cromie dello stemma della città di Padova che pure si ritrova ritmicamente raffigurato a fresco lungo le pareti. La navata centrale è coperta a capriate lignee, mentre le navate laterali sono voltate a crociera. La grandiosa macchina barocca dell'altar maggiore, opera (1663) di Girolamo Galeazzo Veri, poggia sulla vecchia controfacciata romanica. La quasi quinta architettonica, elaborata sulle cromie marmoree del bianco e del nero è ingentilita da sette statue di santi benedettini e padovani di Tommaso Allio e dalla grande pala di Alessandro Maganza raffigurante La Trasfigurazione. Notevolissimo il tabernacolo, coronato da una elegante turba angelica. In alto, sulle pareti dove sono state portate alla luce le arcate romaniche tamponate sono posti tre teleri tra cui Mosè che fa scaturire le acque di Alessandro Varotari (donata nel settecento dal conte Girolamo Dotto) e Gesù Cristo con Apostoli dispensa il pane alle turbe affamate di Francesco Minorello. Sopra agli stalli lignei che percorrono le pareti sono poste quattordici statue gotiche in terracotta che forse già decoravano il pontile della chiesa, atterrato nel seicento. Sulla cappella accanto al presbiterio, decorata a fresco nel settecento, è posta la bella pala di Domenico Robusti raffigurante Gesù Cristo in aria, san Pietro che detta lo evangelio a san Marco, e più sotto i santi Girolamo, Domenico e Tecla opera commissionata dal patrizio Marco Querini. Un tempo la cappella era riservata alle monache, che seguivano la messa dalla larga grata che si affaccia sull'altare. Sull'altare lungo la navata è posto, rivestito delle insegne pontificali, il corpo incorrotto del beato Giordano Forzatè, sovrastato da una pala che lo raffigura mentre traccia sul terreno la pianta del monastero, opera di Alessandro Varotari. Sui tre altari barocchi posti lungo la navata laterale, sono collocate interessanti opere, di Pietro Damini la pala raffigurante il Transito di san Benedetto, di Luca da Reggio quella raffigurante la Vergine di Loreto sopra sant'Elena Imperatrice (proveniente dalla demolita chiesa di San Leonardo) e un San Gerolamo della cerchia di Giulio Campagnola. Il fonte battesimale, accanto all'ingresso, sembra poggiare sopra un'ara sacrificale di età romana. Sopra, una piccola tela secentesca raffigura il battesimo di Cristo. Accanto alla porta di ingresso resti di affreschi del XIII secolo tra cui una rara deposizione. Le visite pastorali effettuate tra il XVII e XVIII secolo danno la possibilità di delineare l'andamento liturgico-musicale della chiesa di quei tempi in modo abbastanza esauriente: alle monache era possibile seguire le funzioni solo dalla cappella con grata verso il presbiterio (la cappella della navata destra) oppure cantare dalla cantoria posta in controfacciata, nascoste da tende. Nel 1657 il vescovo notò alcuni accesi scontri all'interno della comunità composta da 46 religiose, diverbi provocati da alcune monache (Speronella Speroni e Faustina Stefani) irrequiete "di fronte al dovere cantare e suonare l'organo". Più lapidario fu il vescovo Giorgio Cornaro nel 1717, dove decretò che il canto fosse "canto fermo, monastico e divoto per lodare Dio non per vanità e compiacenza, con perdita di merito e forse con aggravio di demerito" e proibì quindi "ogni sorta di canto figurato, ogni strumento musicale in coro eccetto l'organo e la spinetta, per il tuono delle voci" riservandosi il compito di nominare il maestro di musica delle monache. Dall'opera Arte Organaria di Costanzo Antegnati sappiamo che nella chiesa di San Benedetto Vecchio si trovava uno strumento di Giovan Battista Antegnati, costruito tra il 1536 e il 1539, organo di cui non permangono altre sostanziose documentazioni. Solo in un contratto del 1899 si ritorna a parlare distintamente dell'organo, quando i Fabbricieri stipularono accordi con i Malvestio per il restauro di un organo, di cui non si conoscono le caratteristiche, già presente in cantoria. Costruito negli anni cinquanta del XX secolo dalla ditta organaria Fabbrica Organi Ruffatti, l'attuale organo trova posto sulla cantoria in controfacciata e sostituisce un precedente strumento Ruffatti, distrutto dal bombardamento del 1944. Lo strumento, a trasmissione integralmente elettrica, è costituito da un unico corpo, con cassa limitata al basamento e mostra formata da canne di principale disposte a palizzata. La sua consolle dispone di due tastiere di 61 note ciascuna ed una pedaliera concavo-radiale di 32, con i comandi dei registri, delle unioni e degli accoppiamenti a placchetta. Al centro del chiostro che si innalzava accanto alla navata destra della chiesa cresceva il corniolo nato, secondo le cronache, dal bastone che il beato Giordano Forzatè utilizzò per tracciare sul terreno le dimensioni del monastero. La pianta dai poteri miracolosi, era tanto portentosa che i suoi frutti erano dispensati ai febbricitanti e quando doveva morire una delle monache o un componente della casa Capodilista (discendenti dal beato fondatore) un ramo di questa si seccava. Dopo la soppressione del monastero il corniolo fu sradicato e trasportato sino in contrà San Daniele e piantato nel giardino di Palazzo Capodilista dove ancora sopravvive rigoglioso con i suoi presunti ottocento e più anni. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova MDCCLXXX Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori AA.VV., Padova, Medoacus Chiese di Padova Diocesi di Padova Ordine di San Benedetto Beato Giordano Forzatè Wikibooks contiene testi o manuali su disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Benedetto Vecchio La chiesa, su portedilo.it. L'organo a canne, su flickr.com. Immagine aerea della chiesa con l'antica facciata romanica (JPG), su sinemodo.it. URL consultato il 1º settembre 2012 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).

Basilica del Carmine (Padova)
Basilica del Carmine (Padova)

La Basilica del Carmine, chiamata anche i Carmini, è un luogo di culto cattolico di Padova. Di origine medievale, è situata nell'area un tempo chiamata Isola di San Giacomo e si affaccia su uno spazio anticamente destinato a sagrato e a cimitero, oggi divenuto piazza Francesco Petrarca. La chiesa, fondata nel XIII secolo, nel XIV secolo divenne parte di un grande complesso religioso dell'Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo. L'ordine religioso resse il complesso sino al 1806. Nel 1810, avvenuta la soppressione dell'antica chiesa di San Giacomo, la chiesa del Carmine ne assorbì il titolo parrocchiale passando quindi alla ragione del clero secolare. Il complesso conventuale, ancora esistente, è stato adibito ad usi diversi. La chiesa, sino al 1868, era meta di un voto pubblico che si compiva solennemente - il 12 ottobre - dal 1576: l'immagine della Madonna di dietro Corte, detta anche Madonna dei Lumini, è legata ai fatti miracolosi che accaddero a Padova nell'imperversare della furiosa peste nel 1575-1576. La figura è ancora venerata dai padovani e viene invocata per la salubrità di Padova e del suo territorio. Nel 1914 Pio X l'ha dichiarata Santuario. Nell'ottobre del 1960 papa Giovanni XXIII l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La Basilica è sede di una delle più estese e popolose parrocchie della città. Accanto alla Basilica si trova la Scuola del Carmine. La chiesa fu principiata nel 1212, su stimolo della Comunità padovana, e affidata ad una comunità di monache benedettine. Venne costruita in un'area a contatto con l'importante e vivace centro molitorio di Padova, posto in prossimità di Ponte Molino, e fu dedicata alla Purificazione della Vergine. Nell'ottobre 1300 la chiesa fu assegnata all'ordine dei Carmelitani, che ne mutarono il titolo dedicandola alla Beata Vergine del Carmelo. Lavori avvennero per tutto il XIV secolo e il XV secolo. La costruzione venne più volte ampliata e restaurata nel corso dei secoli: la facciata attuale, incompiuta, risale al Settecento. Con l'ondata delle soppressioni napoleoniche il tempio venne strappato ai Carmelitani e consegnato al clero diocesano. Dopo il 1810 molti arredi della chiesa di San Giacomo, poi demolita, confluirono nella chiesa del Carmine, che divenne parrocchiale assorbendo l'antico titolo di San Giacomo. La chiesa ha subito gravi danni durante le guerre mondiali, probabilmente perché situata non lontano dalla stazione ferroviaria e dall'acquedotto. Alcuni degli avvenimenti che hanno caratterizzato la fabbrica nei secoli: Nel 1212 viene fondata la chiesa regolare. Nel 1300, il 3 ottobre, viene affidata ai Carmelitani, che la inseriscono in un grande complesso conventuale. Nel 1446 la chiesa è consacrata. Nel 1491 si verifica il crollo del tetto a causa di una nevicata e di un terremoto. Nel 1523 vengono completati i lavori di allargamento della navata, con la riedificazione delle fiancate mosse dalla cappelle laterali absidate. Nel 1696 un terremoto danneggia nuovamente la copertura della navata. Nel 1800, durante uno spettacolo pirotecnico fatto in onore della visita di Pio VII, la cupola brucia completamente. Nel 1810 la chiesa diventa parrocchiale, assumendo il titolo che era di san Giacomo. Nella chiesa entrano opere d'arte e culti della precedente comunità parrocchiale. Nella notte del 29 dicembre 1917 una bomba incendiaria, lanciata da un bombardiere tedesco, colpisce la cupola sprigionando un violento incendio. Nel 1944 la cupola è danneggiata da un bombardamento, evento ricordato in una targa posta sulla facciata. Nella chiesa si trovano illustri sepolture, tra cui: Babone Naldi, condottiero fiorentino, che è raffigurato vestito in armatura al centro della controfacciata; Tiberio Deciani, giureconsulto udinese; Antonio Cappuccio, grammatico spoletino; Pietro Trapolino, filosofo e commentatore d'Aristotele; Bartolomeo Zacco , legista; Ludovico Giustachini, legista e fondatore dell'Accademia degli Speranti. Dal 1576 sull'altare maggiore della chiesa dei Carmini si trova un affresco di Stefano dall'Arzere strappato da una casa di proprietà Salvazzi che si trovava dietro le mura della Corte Capitaniato. La sua presenza in questa chiesa si deve alla devozione dei padovani nei confronti della Vergine e ad un fatto miracoloso accorso nell'estate del 1576: mentre a Padova imperversava la peste, Maria apparve in sogno sia al provinciale dei Carmelitani Felice Zuccoli che al Capitanio Alvise Zorzi annunciando loro la fine della pestilenza. La Vergine chiese che la sua figura venerata nell'immagine di dietro Corte venisse portata alla chiesa dei Carmini. Dopo preghiere e digiuni, e l'assenso delle autorità, si procedette al distacco dell'affresco che avvenne con gran meraviglia per via della facilità con cui si compì l'operazione. L'immagine venne posta su un altare posticcio in corte del Capitanio. La sera del 12 ottobre 1576, un imponente corteggio, composto dai rettori veneti, dalle autorità civiche e religiose, portarono l'immagine alla chiesa dei Carmelitani alla luce di torce, candele e lumini. Dopo la grande processione cessarono le morti il contagio sparì. La processione per affidare la salute di Padova e del suo territorio si compì ogni anno, in quella data, sino al 1868. In seguito il culto si ristrinse nella sola chiesa. Alla Madonna detta spesso "dei lumini" viene offerta tuttora molta cera. L'attuale sistemazione dell'altare, di Antonio Noale, risale all'anno 1824. Per rinnovare la filiale devozione della città alla Vergine, il vescovo Elia dalla Costa, il 16 ottobre 1927, pose una corona d'oro sulla miracolosa immagine. Pio X decretava, nel 1914, l'elevazione a Santuario della chiesa e nel 1960 Giovanni XXIII la elevava a Basilica Minore. Oggi il culto della Madonna di dietro Corte vive all'interno della comunità parrocchiale, che festeggia il 12 ottobre con solenni liturgie. La devozione civica all'immagine è di fatto assai affievolita. La porta principale, che fu fatta nel 1412, ha battenti in legno decorati a formelle quadrate con intaglio a foglia d'acanto. Il portale, invece, fu completato nel 1737 ed è dominato da tre statue, opera di Tommaso Bonazza (1736). Molto interessante è il sistema di cappelle estradossate che anima le pareti laterali esterne dell'edificio, rendendolo simile al progetto brunelleschiano (mai realizzato) per Santo Spirito a Firenze e alla chiesa di San Benedetto a Ferrara di Biagio Rossetti. Tale sistema fu pensato da Lorenzo da Bologna nell'ambito della ricostruzione della chiesa dopo il 1491 e rappresenta uno degli esempi pionieristici dell'architettura rinascimentale nell'entroterra veneto. A fianco della basilica, sulla sinistra, ci sono targhe commemorative dei parrocchiani caduti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Nel piazzale antistante la basilica, si erge una statua di Francesco Petrarca. L'interno è ad unica navata con possenti archi che reggono la cupola, rifatta nel primo dopo guerra, dopo le distruzioni della prima guerra mondiale. In controfacciata si può ammirare la Annunciazione di Dario Varotari. Le due acquasantiere in prossimità dell'ingresso sono di Giovanni Bonazza. Sull'altare maggiore, cui si accede tramite una scalinata, c'è l'immagine della "Madonna di dietro Corte". Nel paliotto è presente un bassorilievo settecentesco che raffigura l'Ultima Cena, mentre sul parapetto dell'organo a sinistra Storie dell'immagine della Madonna del Carmine di Battista Bissoni. L'abside è adornato con fastose decorazioni di Antonio Noale. Le pareti in alto sono ricoperte con grandi tele con Santi e fatti dell'Ordine Carmelitano e con Storie dell'Antico Testamento, opere di artisti di metà del XVII secolo. Il recente restauro delle pareti della navata centrale ha portato alla luce tondi affrescati di stile rinascimentale che rappresentano alcuni Profeti (tra i quali spicca per fattura un michelangiolesco Mosè) e Sibille dell'antichità. All'interno di una delle Cappelle alla destra della navata centrale c'è la statua della Madonna del Carmine che viene portata tradizionalmente in processione lungo le vie del quartiere ogni anno, il 16 luglio. All'interno delle nicchie laterali sono appesi alcuni ex voto per grazie ricevute. Altri opere di interesse all'interno della basilica sono: Statue realizzate da Giovanni Bonazza, presenti sul terzo altare a destra; la pala d'altare del sesto altare a destra, che raffigura la Madre degli Zebedei davanti a Cristo, lavoro del Padovanino; Monumento funebre di Tiberio Deciani, giurista insigne, sculture di Francesco Segala, addossato al pilastro destro di sostegno della cupola; sagrestia progettata da Lorenzo da Bologna. Il pavimento della basilica è in marmi policromi. Dalla chiesa proviene il Polittico de Lazara di Francesco Squarcione, oggi al Museo Civico di Padova. Adiacente alla basilica, a fianco della Scoletta del Carmine, sorge un chiostro cinquecentesco. Nella campata coperta dalla cupola, si trovano due cantorie lignee gemelle, entrambe costruite nel XVIII secolo, sopra le quali si trovano due casse barocche d'organo; mentre quella di sinistra è vuota (l'organo ivi collocato, costruito da Gaetano Callido, è stato spostato nella chiesa di San Michele Arcangelo a Ballò nel 1933), quella di destra ospita un organo costruito nel 1877 da Giovanni Battista De Lorenzi. Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica, ha un'unica tastiera e pedaliera, per un totale di 29 registri. Accanto alla chiesa si trova la Scuola del Carmine, già sede dell'omonima confraternita, decorata da affreschi di Giulio Campagnola, Domenico Campagnola, Girolamo Tessari e Stefano dall'Arzare. Cesira Gasparotto, S. Maria del Carmine di Padova, Tipografia Antoniana, Padova, 1955 Fausto Musante, Curiosando per Padova, E.N.Gi. M.,Padova, 1983 Gli affreschi della Scoletta del Carmine, La Garangola, Padova, 1988 Guida d'Italia (serie Guide Rosse) - Veneto, Touring Club Italiano, ISBN 88-365-0441-8, pp. 470–471 Angelo Bartuccio, La chiesa di Santa Maria del Carmine e l'architettura quattrocentesca da Firenze a Padova, Tesi di laurea triennale, 2016 Diocesi di Padova Architettura barocca Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica del Carmine

Stazione di Padova Campo Marte
Stazione di Padova Campo Marte

La stazione di Padova Campo Marte era una stazione ferroviaria di Padova, situata sulla linea Padova-Bologna, che collegava la città veneta all'Emilia-Romagna, a Rovigo, Ferrara ed al sud Italia. Era posta lungo Corso Australia, una delle tangenziali cittadine, nonché vicino all'aeroporto. La stazione è comandata dal Dirigente Movimento di Padova, dal momento che Campo Marte è stata integrata nell'ACC di Padova. Prima del 1970 la stazione era così costituita: Cabina A: ACI ad 80 leve e serratura centrale con chiavi di risulta, lato Padova; Cabina B: ACI a 15 leve e serratura centrale con chiavi di risulta, lato Bologna; PG Montà: apparato a filo a 5 leve, nelle vicinanze del Deposito Locomotive. I deviatoi erano interamente a mano con fermascambi a chiave, mentre il segnalamento, prima del 1967, era ad ala con manovra idrodinamica e successivamente luminoso con luci sovrapposte. Successivamente, dal 1970 fino agli anni 2000 la stazione ebbe in dotazione un ACEI tipo OMS2, con due posti di movimento, dotati di serratura centrale con chiavi di risulta, di cui il B, venne dismesso, centralizzando tutto il lato Bologna. La stazione era raccordata alla omonima Squadra Rialzo che si occupava delle riparazioni sia di carri merci che di vetture passeggeri della divisione Trasporto regionale del Veneto. Tutti i fabbricati sono attualmente in stato di abbandono se non già demoliti. L'impianto viene utilizzato come bivio per i raccordi utilizzati dai treni merci da e per Bologna in direzione del gruppo scambi Montà (sulla linea per Milano) e gruppo scambi Altichiero (sul tronco comune alle linee per Bassano e per Calalzo). Padova Sistema Ferroviario Metropolitano Regionale

Chiesa di San Benedetto Novello
Chiesa di San Benedetto Novello

La chiesa di San Benedetto Novello è un edificio religioso di origine medievale che si erge verso Riviera San Benedetto, a Padova. Sorse con il contiguo cenobio per ospitare la comunità benedettina maschile fuoriuscita dal monastero "doppio" di San Benedetto Vecchio, anche se poi passò agli Olivetani. Oggi, chiesa e monastero titolato alla Visitazione di Santa Maria, appartengono ad una comunità di monache di clausura. La chiesa con il monastero (a priorato) furono principiati nel 1262 dalla comunità maschile fuoriuscita dal vicinissimo monastero benedettino "doppio" di San Benedetto (che era stato fondato dal beato Giordano Forzatè nel 1195) a causa dei contrasti di natura economica che sorsero con la comunità femminile. I monaci "albi" (così chiamati per la cocolla di colore chiaro che indossavano secondo le indicazioni del fondatore Giordano) dedicarono la chiesa a san Benedetto che fu definito "Novello" per distinguerlo da quello "Vecchio" che si trovava poco distante. La consacrazione avvenne il 6 marzo 1267, celebrata dal vescovo Giovanni Battista Forzatè. La decadenza del cenobio iniziò verso il XV secolo, tanto che fu in seguito ridotto a commenda. Nel 1441 papa Eugenio IV lo conferì al canonico Francesco del Legname che lo arricchì di beni, tra cui una cospicua biblioteca, e nel 1442 lo cedette agli Olivetani. Questi elevarono il priorato ad abbazia (il primo abate fu Ognibene Savonarola) e ricostruirono prima i chiostri (1504) sui progetti di Antonio e Giovanni Ferrarese e poi, nel 1567, per volere dell'abate Ippolito Calza, la chiesa abbaziale, che sorse su progetto di Francesco da Trevigi. Gli Olivetani ressero ed arricchirono l'abbazia sino al 1797 quando, con la caduta della Repubblica di Venezia, furono espulsi. Riammessi nel 1800 persero il monastero definitivamente nel 1810, quando finì alienato in seguito alle legislazioni ecclesiastiche napoleoniche. Per un periodo lo acquistò la famiglia Zugno che ne fece case ed abitazioni. La chiesa subì abbandono e demolizioni. L'intero complesso risorse verso la fine del Ottocento quando fu occupato da una comunità di monache di clausura. La chiesa venne ripristinata e riconsacrata nel 1894. Nella chiesa furono sepolti illustri personaggi: l'astronomo e matematico Geminiano Montanari, il "gran professore di sacri canoni" Sigismondo Brunello, il teologo Marco Negro vescovo della diocesi di Ossero (†1485). Il monastero ospitò nel 1457 Enea Silvio Piccolomini e per un breve periodo pure il poeta Torquato Tasso. Chiese di Padova Diocesi di Padova Ordine benedettino Olivetani Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dell'ex Monastero della Visitazione