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Ponte Molino

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Ponte Molino, Padua, Italy. Pic 01
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Il Ponte Molino o Ponte dei Molini è un ponte di Padova che attraversa il Tronco Maestro, ramo del fiume Bacchiglione. La costruzione è databile alla tarda età repubblicana ed è uno dei più antichi manufatti ad essere attraversati da mezzi di trasporto. Nell'accesso meridionale del ponte, si innalza Porta Molino.

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Ponte Molino
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Ponte Molino

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Porta Molino
Porta Molino

La Porta Molino o Porta dei Molini era il principale dei quattro accessi regales che si aprivano nella cinta muraria medievale di Padova. Affacciata verso settentrione, si innalza al termine del romano Ponte Molino che attraversa il ramo del Bacchiglione chiamato Tronco Maestro dove sino 1884 funzionarono trentatré ruote di altrettanti mulini montati su barche, da cui la porta ed il ponte traggono il nome. Alta quasi 26 metri, venne eretta in pietra e cotto nel XIII secolo, fu pensata come accesso solenne alla stra' regia o stra' maggiore (ora via Dante), la via più importante di Padova. Il torrione si innalza esteriormente su una sorta di arco trionfale romanico in pietra (decorato pure da una coppia di leoncini) mentre all'interno si succedono due arcate (la più ampia e suggestiva è a sesto acuto) che permettevano di azionare le macchine di difesa, tra cui i grandi battenti incardinati negli alloggiamenti in pietra ancora visibili. Interessante l'accesso barocco al torrione superiore, costruzione del XVII secolo accostata alla facciata interna, sulla sinistra. Ai lati si dipanano brani delle mura comunali, che verso ponente proseguono per via del Casin Rosso. L'accesso pedonale è frutto di interventi ottocenteschi. Alla fine dell'Ottocento la parte superiore della porta fu utilizzata come vasca d'accumulo per la prima rete di distribuzione dell'acqua potabile in città. È probabilmente falsa (anche se accreditata da una lapide di Carlo Leoni) la diceria secondo cui Galileo Galilei, nel suo periodo padovano, avrebbe utilizzato la porta come osservatorio astronomico.

Basilica del Carmine (Padova)
Basilica del Carmine (Padova)

La Basilica del Carmine, chiamata anche i Carmini, è un luogo di culto cattolico di Padova. Di origine medievale, è situata nell'area un tempo chiamata Isola di San Giacomo e si affaccia su uno spazio anticamente destinato a sagrato e a cimitero, oggi divenuto piazza Francesco Petrarca. La chiesa, fondata nel XIII secolo, nel XIV secolo divenne parte di un grande complesso religioso dell'Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo. L'ordine religioso resse il complesso sino al 1806. Nel 1810, avvenuta la soppressione dell'antica chiesa di San Giacomo, la chiesa del Carmine ne assorbì il titolo parrocchiale passando quindi alla ragione del clero secolare. Il complesso conventuale, ancora esistente, è stato adibito ad usi diversi. La chiesa, sino al 1868, era meta di un voto pubblico che si compiva solennemente - il 12 ottobre - dal 1576: l'immagine della Madonna di dietro Corte, detta anche Madonna dei Lumini, è legata ai fatti miracolosi che accaddero a Padova nell'imperversare della furiosa peste nel 1575-1576. La figura è ancora venerata dai padovani e viene invocata per la salubrità di Padova e del suo territorio. Nel 1914 Pio X l'ha dichiarata Santuario. Nell'ottobre del 1960 papa Giovanni XXIII l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La Basilica è sede di una delle più estese e popolose parrocchie della città. Accanto alla Basilica si trova la Scuola del Carmine. La chiesa fu principiata nel 1212, su stimolo della Comunità padovana, e affidata ad una comunità di monache benedettine. Venne costruita in un'area a contatto con l'importante e vivace centro molitorio di Padova, posto in prossimità di Ponte Molino, e fu dedicata alla Purificazione della Vergine. Nell'ottobre 1300 la chiesa fu assegnata all'ordine dei Carmelitani, che ne mutarono il titolo dedicandola alla Beata Vergine del Carmelo. Lavori avvennero per tutto il XIV secolo e il XV secolo. La costruzione venne più volte ampliata e restaurata nel corso dei secoli: la facciata attuale, incompiuta, risale al Settecento. Con l'ondata delle soppressioni napoleoniche il tempio venne strappato ai Carmelitani e consegnato al clero diocesano. Dopo il 1810 molti arredi della chiesa di San Giacomo, poi demolita, confluirono nella chiesa del Carmine, che divenne parrocchiale assorbendo l'antico titolo di San Giacomo. La chiesa ha subito gravi danni durante le guerre mondiali, probabilmente perché situata non lontano dalla stazione ferroviaria e dall'acquedotto. Alcuni degli avvenimenti che hanno caratterizzato la fabbrica nei secoli: Nel 1212 viene fondata la chiesa regolare. Nel 1300, il 3 ottobre, viene affidata ai Carmelitani, che la inseriscono in un grande complesso conventuale. Nel 1446 la chiesa è consacrata. Nel 1491 si verifica il crollo del tetto a causa di una nevicata e di un terremoto. Nel 1523 vengono completati i lavori di allargamento della navata, con la riedificazione delle fiancate mosse dalla cappelle laterali absidate. Nel 1696 un terremoto danneggia nuovamente la copertura della navata. Nel 1800, durante uno spettacolo pirotecnico fatto in onore della visita di Pio VII, la cupola brucia completamente. Nel 1810 la chiesa diventa parrocchiale, assumendo il titolo che era di san Giacomo. Nella chiesa entrano opere d'arte e culti della precedente comunità parrocchiale. Nella notte del 29 dicembre 1917 una bomba incendiaria, lanciata da un bombardiere tedesco, colpisce la cupola sprigionando un violento incendio. Nel 1944 la cupola è danneggiata da un bombardamento, evento ricordato in una targa posta sulla facciata. Nella chiesa si trovano illustri sepolture, tra cui: Babone Naldi, condottiero fiorentino, che è raffigurato vestito in armatura al centro della controfacciata; Tiberio Deciani, giureconsulto udinese; Antonio Cappuccio, grammatico spoletino; Pietro Trapolino, filosofo e commentatore d'Aristotele; Bartolomeo Zacco , legista; Ludovico Giustachini, legista e fondatore dell'Accademia degli Speranti. Dal 1576 sull'altare maggiore della chiesa dei Carmini si trova un affresco di Stefano dall'Arzere strappato da una casa di proprietà Salvazzi che si trovava dietro le mura della Corte Capitaniato. La sua presenza in questa chiesa si deve alla devozione dei padovani nei confronti della Vergine e ad un fatto miracoloso accorso nell'estate del 1576: mentre a Padova imperversava la peste, Maria apparve in sogno sia al provinciale dei Carmelitani Felice Zuccoli che al Capitanio Alvise Zorzi annunciando loro la fine della pestilenza. La Vergine chiese che la sua figura venerata nell'immagine di dietro Corte venisse portata alla chiesa dei Carmini. Dopo preghiere e digiuni, e l'assenso delle autorità, si procedette al distacco dell'affresco che avvenne con gran meraviglia per via della facilità con cui si compì l'operazione. L'immagine venne posta su un altare posticcio in corte del Capitanio. La sera del 12 ottobre 1576, un imponente corteggio, composto dai rettori veneti, dalle autorità civiche e religiose, portarono l'immagine alla chiesa dei Carmelitani alla luce di torce, candele e lumini. Dopo la grande processione cessarono le morti il contagio sparì. La processione per affidare la salute di Padova e del suo territorio si compì ogni anno, in quella data, sino al 1868. In seguito il culto si ristrinse nella sola chiesa. Alla Madonna detta spesso "dei lumini" viene offerta tuttora molta cera. L'attuale sistemazione dell'altare, di Antonio Noale, risale all'anno 1824. Per rinnovare la filiale devozione della città alla Vergine, il vescovo Elia dalla Costa, il 16 ottobre 1927, pose una corona d'oro sulla miracolosa immagine. Pio X decretava, nel 1914, l'elevazione a Santuario della chiesa e nel 1960 Giovanni XXIII la elevava a Basilica Minore. Oggi il culto della Madonna di dietro Corte vive all'interno della comunità parrocchiale, che festeggia il 12 ottobre con solenni liturgie. La devozione civica all'immagine è di fatto assai affievolita. La porta principale, che fu fatta nel 1412, ha battenti in legno decorati a formelle quadrate con intaglio a foglia d'acanto. Il portale, invece, fu completato nel 1737 ed è dominato da tre statue, opera di Tommaso Bonazza (1736). Molto interessante è il sistema di cappelle estradossate che anima le pareti laterali esterne dell'edificio, rendendolo simile al progetto brunelleschiano (mai realizzato) per Santo Spirito a Firenze e alla chiesa di San Benedetto a Ferrara di Biagio Rossetti. Tale sistema fu pensato da Lorenzo da Bologna nell'ambito della ricostruzione della chiesa dopo il 1491 e rappresenta uno degli esempi pionieristici dell'architettura rinascimentale nell'entroterra veneto. A fianco della basilica, sulla sinistra, ci sono targhe commemorative dei parrocchiani caduti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Nel piazzale antistante la basilica, si erge una statua di Francesco Petrarca. L'interno è ad unica navata con possenti archi che reggono la cupola, rifatta nel primo dopo guerra, dopo le distruzioni della prima guerra mondiale. In controfacciata si può ammirare la Annunciazione di Dario Varotari. Le due acquasantiere in prossimità dell'ingresso sono di Giovanni Bonazza. Sull'altare maggiore, cui si accede tramite una scalinata, c'è l'immagine della "Madonna di dietro Corte". Nel paliotto è presente un bassorilievo settecentesco che raffigura l'Ultima Cena, mentre sul parapetto dell'organo a sinistra Storie dell'immagine della Madonna del Carmine di Battista Bissoni. L'abside è adornato con fastose decorazioni di Antonio Noale. Le pareti in alto sono ricoperte con grandi tele con Santi e fatti dell'Ordine Carmelitano e con Storie dell'Antico Testamento, opere di artisti di metà del XVII secolo. Il recente restauro delle pareti della navata centrale ha portato alla luce tondi affrescati di stile rinascimentale che rappresentano alcuni Profeti (tra i quali spicca per fattura un michelangiolesco Mosè) e Sibille dell'antichità. All'interno di una delle Cappelle alla destra della navata centrale c'è la statua della Madonna del Carmine che viene portata tradizionalmente in processione lungo le vie del quartiere ogni anno, il 16 luglio. All'interno delle nicchie laterali sono appesi alcuni ex voto per grazie ricevute. Altri opere di interesse all'interno della basilica sono: Statue realizzate da Giovanni Bonazza, presenti sul terzo altare a destra; la pala d'altare del sesto altare a destra, che raffigura la Madre degli Zebedei davanti a Cristo, lavoro del Padovanino; Monumento funebre di Tiberio Deciani, giurista insigne, sculture di Francesco Segala, addossato al pilastro destro di sostegno della cupola; sagrestia progettata da Lorenzo da Bologna. Il pavimento della basilica è in marmi policromi. Dalla chiesa proviene il Polittico de Lazara di Francesco Squarcione, oggi al Museo Civico di Padova. Adiacente alla basilica, a fianco della Scoletta del Carmine, sorge un chiostro cinquecentesco. Nella campata coperta dalla cupola, si trovano due cantorie lignee gemelle, entrambe costruite nel XVIII secolo, sopra le quali si trovano due casse barocche d'organo; mentre quella di sinistra è vuota (l'organo ivi collocato, costruito da Gaetano Callido, è stato spostato nella chiesa di San Michele Arcangelo a Ballò nel 1933), quella di destra ospita un organo costruito nel 1877 da Giovanni Battista De Lorenzi. Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica, ha un'unica tastiera e pedaliera, per un totale di 29 registri. Accanto alla chiesa si trova la Scuola del Carmine, già sede dell'omonima confraternita, decorata da affreschi di Giulio Campagnola, Domenico Campagnola, Girolamo Tessari e Stefano dall'Arzare. Cesira Gasparotto, S. Maria del Carmine di Padova, Tipografia Antoniana, Padova, 1955 Fausto Musante, Curiosando per Padova, E.N.Gi. M.,Padova, 1983 Gli affreschi della Scoletta del Carmine, La Garangola, Padova, 1988 Guida d'Italia (serie Guide Rosse) - Veneto, Touring Club Italiano, ISBN 88-365-0441-8, pp. 470–471 Angelo Bartuccio, La chiesa di Santa Maria del Carmine e l'architettura quattrocentesca da Firenze a Padova, Tesi di laurea triennale, 2016 Diocesi di Padova Architettura barocca Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica del Carmine

Chiesa di Sant'Agnese (Padova)
Chiesa di Sant'Agnese (Padova)

La chiesa di Sant'Agnese è un edificio di origine medievale che fu luogo di culto sino al 1927. Si affaccia sulla Stra' Maggiore ora via Dante Alighieri a Padova. Fu parrocchiale, poi rettoria dipendente dalla chiesa di San Nicolò. Utilizzata come autorimessa sino alla fine degli anni novanta del Novecento. Ristrutturata, è ora una galleria d'arte contemporanea. Della chiesa si hanno notizie sin dal XII secolo. Menzionata in documenti del 1202, acquisì il titolo di parrocchiale. La struttura, forse duecentesca, subì lavori di restauro ed ampliamento dagli inizi del XVI secolo. In seguito alla riorganizzazione delle parrocchie attuata dopo l'emanazione delle leggi ecclesiastiche napoleoniche, agli inizi dell'Ottocento, la chiesa perse il titolo parrocchiale e il suo territorio fu assorbito dalla parrocchia di San Nicolò. Divenne rettoria che sopravvisse sino al 1927 quando si chiuse al culto. Portate le opere d'arte a San Nicolò e al palazzo episcopale, nel 1949 fu sconsacrata dal Vescovo Agostini e ceduta a privati ed in seguito trasformata in autorimessa Dante fino agli anni '80. Con la chiusura dell’attività, la chiesa versò per anni in stato di degrado. Oggi la chiesa di Sant'Agnese dopo otto anni di restauro è stata riaperta al pubblico (marzo 2023) ed è un centro per l'arte e la cultura, nonché la sede della Fondazione Alberto Peruzzo. La navata è oggi uno spazio dedicato a mostre temporanee, mentre la sacrestia ospita una selezione della collezione permanente della Fondazione. Al piano inferiore, nell’Ipogeo, è presente un’area storica permanente che raccoglie una serie di reperti ritrovati nel corso dei restauri – tra cui importanti frammenti d’affresco del Trecento (ancora in fase di studio da parte della Soprintendenza), alcuni sepolcri e un tratto di strada romana in basoli di trachite. Il progetto architettonico del restauro a cura dello studio Borchia di Padova ha ricevuto, in occasione dell'11 edizione della Biennale Internazionale Barbara Capocchin, Menzione d'onore Premio Regionale in quanto riconosciuto come un esempio corretto per un intervento nel centro della città di Padova. Nella chiesa è sepolto l'abate Gasparo Patriarchi che nel 1775 compilò il Vocabolario Veneziano e Padovano. La chiesa si innalza con la facciata - orientata a levante - verso la Stra' Maggiore (odierna Via Dante), mentre la fiancata a settentrione, dove si aprono alcune finestre alla palladiana, si allunga verso via sant'Agnese: un tempo vi si addossava un portico, poi demolito. Il portale d'ingresso in facciata è una deperita opera di Giammaria Mosca, lavoro su pietra tenera dei primissimi anni del XVI secolo. Sopra sta una nicchietta con la statua della titolare. Fino al XVI secolo tutta la facciata era decorata a fresco, successivamente in una nuova fase di ammodernamento gli affreschi furono staccati e impiegati come materiale di riempimento tra due livelli di pavimento. Più di 5000 frammenti vennero ritrovati nel sottosuolo e la ricomposizione, ha permesso di ricostruire, seppure parzialmente, alcune parti di architettura illusionistica, panneggi, aureole, capelli e mani, che comparati a livello stilistico con frammenti hanno rivelato la notevole qualità esecutiva e la stringente affinità stilistica con la pittura di Guariento, al quale sono state attribuite per la prima volta anche le pareti della Cappella Carrarese e l’abside della chiesa degli Eremitani a Padova. Il prezioso il campanile, originale e rimasto integro assieme alla navata della chiesa durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale del 1944 è un esempio straordinario di costruzione romanica del XIII secolo. Dopo il XVI secolo all'interno dell'edificio sacro (lungo 15 metri e largo 7) vennero apportate delle modifiche gli apparati decorativi. Vi erano alcuni grandi teleri di Francesco Minorello raffiguranti le storie della santa titolare ora esposti al Palazzo Episcopale. C'era pure la pregevole pala d'altare di Giandomenico Tiepolo Sacra Famiglia con le Sante Francesca Romana ed Eurosia poi portata a San Nicolò; sugli altri altari vi erano lavori di Giulio Cirello. Nella chiesa c'era pure un antico organo, ampliato secondo i canoni ceciliani da Domenico Malvestio: fu inaugurato da Oreste Ravanello e Luigi Bottazzo nell'agosto del 1899. Oggi si trova nella parrocchiale di Valle San Giorgio, a Baone. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Giuseppe Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Editoriale Programma AA.VV., Padova, Medoacus Fondazione Alberto Peruzzo, Una nuova Sant'Agnese. Il recupero di una chiesa del XII secolo e un nuovo centro per l’arte, Skira editore, 2022 Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Fondazione Alberto Peruzzo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Agnese

Chiesa del Beato Antonio Pellegrino
Chiesa del Beato Antonio Pellegrino

La chiesa del Beato Antonio Pellegrino è un edificio religioso di origine rinascimentale che si erge in contrà san Giacomo, ora via Beato Pellegrino a Padova. La chiesa, già delle monache benedettine, conservava le spoglie del beato Antonio Manzoni detto "il Pellegrino" poste oggi alla chiesa dell'Immacolata. Ora è chiesa officiata dalla comunità romena di rito romano. Il complesso monastico di cui faceva parte, dopo essere stato utilizzato come nosocomio, è ora in buona parte occupato dall'Università degli Studi di Padova. La chiesa nacque con il contiguo monastero a seguito dell'ingresso in città delle monache benedettine di Santa Maria di Porciglia che ebbero il cenobio distrutto per motivi bellici nel 1509. Portarono nella loro nuova sede anche il corpo del beato Antonio Manzoni "Pellegrino". Chiesa e monastero sorsero su progetto del nobile Vincenzo Dotto. A seguito delle soppressioni napoleoniche e dell'allontanamento delle benedettine, le strutture monastiche furono utilizzate prima come caserma ed in seguito (1838) come ospizio, subendo così un radicale restauro nel 1943 quando furono abbellite in stile neoromanico. La chiesa fa ancora parte della Casa di Ricovero per Anziani (IRA) ed è officiata dalla comunità romena di rito romano. Tra la notte del 24 e 25 ottobre 1993 la chiesa è sta depredata di alcune importanti opere d'arte. Una delle tele rubate, attribuita a Palma il Giovane è stata recuperata nel giugno 2014. La chiesa un tempo aveva la facciata caratterizzata da un portico, poi demolito per dare continuità alle vicine strutture. Attualmente si presenta in una veste neoromanica alquanto goffa, si affaccia direttamente sulla via, con facciata rivolta a meridione e decorata da archetti e bifore di varie dimensioni. L'abside conserva forse il suo aspetto cinquecentesco, coperta da una mezza calotta a piombo. L'aspetto tardorinascimentale, alterato dalla spoliazione di età napoleonica e dai successivi interventi, è leggibile nella sobria architettura bisognosa di interventi di ripristino e pulizia. L'aula è illuminata da oculi e voltata a crociera, conserva in controfacciata il vecchio coro pensile e dietro al grande altare maggiore è posta una tela raffigurante L'Assunta con Santi, che il Rossetti attribuiva incertamente al Palma il Giovane. Nella chiesa si conserva pure una tempera cinquecentesca raffigurante Il Beato Pellegrino che fa l'elemosina. In una delle due cappelle laterali era esposto, su un altare, il corpo del Beato Antonio "Pellegrino". Sull'ampia cantoria in controfacciata, già coro pensile delle benedettine, si trova l'organo a canne, costruito nel 1850 riutilizzando del materiale fonico settecentesco ed un precedente strumento di Angelo Agostini (1840). L'organo, a trasmissione integralmente meccanica, con un'unica tastiera di 50 note ed una pedaliera a leggio di 17 costantemente unita al manuale, è racchiuso entro una semplice cassa lignea con mostra composta da canne non suonanti. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova MDCCLXXX Stamperia del Seminario Alberto Sabatini, L'organo nella chiesa del Beato Pellegrino a Padova e l'attività di Angelo Agostini, Armelin Editore, 2003, Padova. Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori AA.VV., Padova, Medoacus Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa del Beato Antonio Pellegrino

Chiesa di San Nicolò (Padova)
Chiesa di San Nicolò (Padova)

La chiesa di San Nicolò è un edificio religioso di origine alto-medievale che si affaccia sul Selciato San Nicolò a Padova. Parrocchia almeno dal 1178, è ancora retta dal clero secolare della Diocesi di Padova. Ha come sussidiaria la rettoria di Santa Lucia e per un periodo quella di Sant'Agnese in Stra' Maggiore, chiusa al culto nel XX secolo. La Chiesa di San Nicolò è sicuramente da annoverare tra quelle più antiche della città se non tra le prime ad essere dedicate a San Nicola di Mira, probabilmente prima dell'arrivo delle reliquie nella città di Bari (1087). Alcuni scavi archeologici hanno confermato che la costruzione ha origine ben anteriore al 1088, anno in cui il Vescovo di Padova Milone donò la chiesa alle Monache di San Pietro. In un documento del 1178 il Vescovo Gerardo la cita tra le parrocchie della città. La chiesa subì rimaneggiamenti ed adeguamenti, sostanziali quelli del XIV secolo (1305) epoca in cui si inserì nel circuito della Reggia Carrarese. Nella visita pastorale del 1546 la chiesa era dotata di ben 11 altari, alcuni appartenenti ad alcune famiglie dell'aristocrazia padovana che ebbero speciali diritti sulla chiesa, come i Forzatè e i Sala (dal secolo XII, o dall'epoca carrarese). Nel seicento e nel settecento la chiesa subì vari adeguamenti architettonici che alterarono il primitivo aspetto medievale. Nell'Ottocento fu ripristinato il campanile. Sulla scia del Vaticano II (dal 1966 al 1971) la chiesa subì un lungo lavoro di restauro che si propose di riportare la struttura alle fattezze originali eliminando la gran parte del ricco patrimonio artistico di età barocca. Nella chiesa sono sepolti Giordano e Marco Forzatè ed altri componenti della famiglia padovana. Il Valery segnalava la sepoltura del Barone d'Hancarville. La Chiesa si affaccia su uno spazio utilizzato come arie cimiteriale sino all'età napoleonica. L'edificio, orientato levante-ponente è assai complesso perché circondato da una serie di costruzioni del XIII e XIV secolo. Sulla facciata decorata da archetti gotici si apre un rosone. Sporge la cappella Forzatè (1367) collegata con un'arcata al campanile gotico. Sotto l'arcata, il portale maggiore lombardesco, della seconda metà del Quattrocento, con la raffigurazione di San Nicola mitrato, il Padre Eterno e ai lati, L'Annunciazione. Sul fianco destro un complesso paramento murario gotico, decorato da arcatelle gotiche e da pitture araldiche è sovrastato da abitazioni di età medievale, come il fianco sinistro addossato al trecentesco palazzo Montorsi. Sull'intero edificio si susseguono decorazioni, stemmi e raffigurazioni araldiche. L'edicola votiva quattrocentesca che si addossava al campanile è stata demolita nel ottocento. L'interno è caratterizzato da una certa asimmetria, accentuata della quarta navata che si apre verso meridione. Arcate di varie dimensioni ed ampiezza rendono l'ambiente suggestivo. Il soffitto voltato risale al XIV secolo. Sulla cappella a destra, una pala raffigurante Sant'Agnese e proveniente dall'omonima chiesa. Nella cappella successiva è ospitato il fonte battesimale cinquecentesco, sul retro l'imponente deposito in marmo rosso veronese di Giordano e Marco Forzatè, sovrastato da un pregevole trittico rinascimentale, con cornice originale (sono raffigurati i Santi Leonardo e Giacomo con al centro la Vergine ed il Bambino) opera di un artista di scuola padovana legato al Bellini e al Parisati. Proseguendo si incontra la bella tela firmata da Giandomenico Tiepolo e datata 1777 raffigurante la Sacra Famiglia con le Sante Francesca Romana ed Eurosia, sino al 1966 pala dell'altar maggiore (l'angelo di sinistra è un'aggiunta del pittore Giovanbattista Mingardi). Il cancello di bronzo che un tempo chiudeva l'accesso al presbiterio è opera di Jacopo Gabano (1747), a cui probabilmente si doveva tutto l'impianto dell'altar maggiore. Segue poi un grande pannello ligneo lavorato ad altorilievo raffigurante San Giovanni nel deserto, San Francesco stigmatizzato, la bilocazione di Sant'Antonio e San Bernardino che guarisce un re. Nella chiesa sono presenti altri tre pannelli del genere e probabilmente decoravano gli scanni del presbiterio. Lungo le pareti i resti dei paliotti dei vecchi altari eliminati durante il restauro degli anni '60. L'abside, ripristinata, reca tracce di affreschi quattrocenteschi. La Madonna col Bambino in terracotta posta sulla destra secondo alcuni è attribuibile al lavoro di Giovanni da Pisa. L'altare è stato ricavato dalla mensa del vecchio altare barocco. Sul catino, frammenti di arredo liturgico di età romanica ed affresco quattrocentesco. Sotto, sedili e sede liturgica degli anni '70. Segue l'altare del Santissimo Sacramento ricavato dal vecchio tabernacolo. Si incontra poi una tavola raffigurante San Liberale per alcuni riferibile a Jacopo Parisati. Seguono poi alcuni lacerti di affresco (Crocifissione e Storie del Battista), lavoro di Gerardino da Reggio commissionato da Marco Forzatè nel 1374. Un esempio di arte contemporanea sono le 14 stazioni della Via Crucis, eseguite dall’artista padovano Paolo De Poli in rame smaltato nel 1968. Su una mensola in controfacciata, si trova l'organo a canne Mascioni opus 557, costruito nel 1941 in sostituzione di un precedente organo Pugina del XIX secolo e nel 1997, nell'ambito di un restauro, collocato nell'attuale posizione. Lo strumento, a trasmissione elettrica, ha due tastiere di 58 note ciascuna ed una pedaliera concavo-radiale di 30. La mostra, con cassa lignea limitata al basamento, è ceciliana, con più cuspidi composte da canne di principale; la consolle mobile indipendente è situata nella navata laterale di sinistra. Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Nicolò a Padova S. Nicolò in Padova S. Nicolò, su Chiesa di Padova, 22 dicembre 2022. URL consultato il 4 ottobre 2023.

Teatro Verdi (Padova)
Teatro Verdi (Padova)

Il Teatro Nuovo oggi Teatro Verdi è il principale teatro padovano. L'edificio, commissionato da una società di nobili padovani, venne realizzato dall'architetto padovano Giovanni Gloria su progetto dell'architetto Antonio Cugini di Reggio. Nel 1751 venne inaugurato con un melodramma di Metastasio e fu chiamato "Teatro Nuovo e della Nobiltà". Nel 1847 fu ristrutturato al suo esterno da Antonio Monte su disegno di Giuseppe Jappelli. Nel 1884 fu rimodernato internamente dall'architetto milanese Achille Sfondrini che aveva progettato il Teatro dell'Opera di Roma. La volta, che rappresenta la Danza delle Ore fu dipinta da Pietro Paoletti e rifatta successivamente da Giacomo Casa. L'inaugurazione avvenne l'8 giugno 1884 con l'attuale nome. Le musiche per l'apertura del teatro rimodernato sono dovute al musicista patavino Angelo Tessaro. Originariamente il Teatro era affiancato dallo stretto vicolo dei Subiotti; dal 1958 questo assetto venne sconvolto con l'apertura di Corso Milano. Vennero inoltre demolite alcune case addossate all'edificio, rivelando tre grandi finestre ogivali che servivano a dare luce al palcoscenico. Il Verdi è la sede operativa del Teatro Stabile del Veneto e sede del terzo anno dell'Accademia Teatrale "Carlo Goldoni". In passato è stato sede unica dell'Accademia d'Arte drammatica "Palcoscenico". Carmelo Alberti (a cura di), Il Teatro Verdi di Padova 1992-2010. Storia, cronache e immagini (PDF), Venezia, Marsilio, 2010, ISBN 978-88-317-08425. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Verdi https://padova.italiani.it/scopricitta/il-teatro-verdi-di-padova-nel-teatro-stabile-del-veneto/ Sito ufficiale, su teatrostabileveneto.it. (EN) Teatro Verdi, su Structurae.