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Chiesa di San Fermo (Padova)

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Chiesa dei Santi Fermo e Rustico (Padova) 01
Chiesa dei Santi Fermo e Rustico (Padova) 01

La chiesa dei Santi Fermo e Rustico, meglio conosciuta come chiesa di San Fermo, è un edificio religioso di origine altomedievale che si affaccia su via San Fermo a Padova. È da annoverare tra le più antiche della città. Già parrocchia, divenne per un periodo assoggetta alla parrocchia di San Leonardo; ora è chiesa sussidiaria alla basilica del Carmine, officiata nei giorni di precetto dalla comunità cattolica srilankese. Attualmente è priva di tutte le opere e degli arredi.

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Chiesa di San Fermo (Padova)
Riviera dei Mugnai, Padova Arcella

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Chiesa di San Fermo

Riviera dei Mugnai
35139 Padova, Arcella
Veneto, Italia
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Chiesa dei Santi Fermo e Rustico (Padova) 01
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Luoghi vicini

Porta Molino
Porta Molino

La Porta Molino o Porta dei Molini era il principale dei quattro accessi regales che si aprivano nella cinta muraria medievale di Padova. Affacciata verso settentrione, si innalza al termine del romano Ponte Molino che attraversa il ramo del Bacchiglione chiamato Tronco Maestro dove sino 1884 funzionarono trentatré ruote di altrettanti mulini montati su barche, da cui la porta ed il ponte traggono il nome. Alta quasi 26 metri, venne eretta in pietra e cotto nel XIII secolo, fu pensata come accesso solenne alla stra' regia o stra' maggiore (ora via Dante), la via più importante di Padova. Il torrione si innalza esteriormente su una sorta di arco trionfale romanico in pietra (decorato pure da una coppia di leoncini) mentre all'interno si succedono due arcate (la più ampia e suggestiva è a sesto acuto) che permettevano di azionare le macchine di difesa, tra cui i grandi battenti incardinati negli alloggiamenti in pietra ancora visibili. Interessante l'accesso barocco al torrione superiore, costruzione del XVII secolo accostata alla facciata interna, sulla sinistra. Ai lati si dipanano brani delle mura comunali, che verso ponente proseguono per via del Casin Rosso. L'accesso pedonale è frutto di interventi ottocenteschi. Alla fine dell'Ottocento la parte superiore della porta fu utilizzata come vasca d'accumulo per la prima rete di distribuzione dell'acqua potabile in città. È probabilmente falsa (anche se accreditata da una lapide di Carlo Leoni) la diceria secondo cui Galileo Galilei, nel suo periodo padovano, avrebbe utilizzato la porta come osservatorio astronomico.

Chiesa di Sant'Agnese (Padova)
Chiesa di Sant'Agnese (Padova)

La chiesa di Sant'Agnese è un edificio di origine medievale che fu luogo di culto sino al 1927. Si affaccia sulla Stra' Maggiore ora via Dante Alighieri a Padova. Fu parrocchiale, poi rettoria dipendente dalla chiesa di San Nicolò. Utilizzata come autorimessa sino alla fine degli anni novanta del Novecento. Ristrutturata, è ora una galleria d'arte contemporanea. Della chiesa si hanno notizie sin dal XII secolo. Menzionata in documenti del 1202, acquisì il titolo di parrocchiale. La struttura, forse duecentesca, subì lavori di restauro ed ampliamento dagli inizi del XVI secolo. In seguito alla riorganizzazione delle parrocchie attuata dopo l'emanazione delle leggi ecclesiastiche napoleoniche, agli inizi dell'Ottocento, la chiesa perse il titolo parrocchiale e il suo territorio fu assorbito dalla parrocchia di San Nicolò. Divenne rettoria che sopravvisse sino al 1927 quando si chiuse al culto. Portate le opere d'arte a San Nicolò e al palazzo episcopale, nel 1949 fu sconsacrata dal Vescovo Agostini e ceduta a privati ed in seguito trasformata in autorimessa Dante fino agli anni '80. Con la chiusura dell’attività, la chiesa versò per anni in stato di degrado. Oggi la chiesa di Sant'Agnese dopo otto anni di restauro è stata riaperta al pubblico (marzo 2023) ed è un centro per l'arte e la cultura, nonché la sede della Fondazione Alberto Peruzzo. La navata è oggi uno spazio dedicato a mostre temporanee, mentre la sacrestia ospita una selezione della collezione permanente della Fondazione. Al piano inferiore, nell’Ipogeo, è presente un’area storica permanente che raccoglie una serie di reperti ritrovati nel corso dei restauri – tra cui importanti frammenti d’affresco del Trecento (ancora in fase di studio da parte della Soprintendenza), alcuni sepolcri e un tratto di strada romana in basoli di trachite. Il progetto architettonico del restauro a cura dello studio Borchia di Padova ha ricevuto, in occasione dell'11 edizione della Biennale Internazionale Barbara Capocchin, Menzione d'onore Premio Regionale in quanto riconosciuto come un esempio corretto per un intervento nel centro della città di Padova. Nella chiesa è sepolto l'abate Gasparo Patriarchi che nel 1775 compilò il Vocabolario Veneziano e Padovano. La chiesa si innalza con la facciata - orientata a levante - verso la Stra' Maggiore (odierna Via Dante), mentre la fiancata a settentrione, dove si aprono alcune finestre alla palladiana, si allunga verso via sant'Agnese: un tempo vi si addossava un portico, poi demolito. Il portale d'ingresso in facciata è una deperita opera di Giammaria Mosca, lavoro su pietra tenera dei primissimi anni del XVI secolo. Sopra sta una nicchietta con la statua della titolare. Fino al XVI secolo tutta la facciata era decorata a fresco, successivamente in una nuova fase di ammodernamento gli affreschi furono staccati e impiegati come materiale di riempimento tra due livelli di pavimento. Più di 5000 frammenti vennero ritrovati nel sottosuolo e la ricomposizione, ha permesso di ricostruire, seppure parzialmente, alcune parti di architettura illusionistica, panneggi, aureole, capelli e mani, che comparati a livello stilistico con frammenti hanno rivelato la notevole qualità esecutiva e la stringente affinità stilistica con la pittura di Guariento, al quale sono state attribuite per la prima volta anche le pareti della Cappella Carrarese e l’abside della chiesa degli Eremitani a Padova. Il prezioso il campanile, originale e rimasto integro assieme alla navata della chiesa durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale del 1944 è un esempio straordinario di costruzione romanica del XIII secolo. Dopo il XVI secolo all'interno dell'edificio sacro (lungo 15 metri e largo 7) vennero apportate delle modifiche gli apparati decorativi. Vi erano alcuni grandi teleri di Francesco Minorello raffiguranti le storie della santa titolare ora esposti al Palazzo Episcopale. C'era pure la pregevole pala d'altare di Giandomenico Tiepolo Sacra Famiglia con le Sante Francesca Romana ed Eurosia poi portata a San Nicolò; sugli altri altari vi erano lavori di Giulio Cirello. Nella chiesa c'era pure un antico organo, ampliato secondo i canoni ceciliani da Domenico Malvestio: fu inaugurato da Oreste Ravanello e Luigi Bottazzo nell'agosto del 1899. Oggi si trova nella parrocchiale di Valle San Giorgio, a Baone. Giovambattista Rossetti, Descrizione delle pitture, sculture, ed architetture di Padova, in Padova 1780 Stamperia del Seminario Giannantonio Moschini, Guida per la città di Padova, Atesa editrice AA.VV., Padova Basiliche e chiese, Neri Pozza Editore Giuseppe Toffanin, Le strade di Padova, Newton e Compton Editori Giuseppe Toffanin, Cento chiese padovane scomparse, Editoriale Programma AA.VV., Padova, Medoacus Fondazione Alberto Peruzzo, Una nuova Sant'Agnese. Il recupero di una chiesa del XII secolo e un nuovo centro per l’arte, Skira editore, 2022 Chiese di Padova Diocesi di Padova Monumenti di Padova Fondazione Alberto Peruzzo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Sant'Agnese

Basilica del Carmine (Padova)
Basilica del Carmine (Padova)

La Basilica del Carmine, chiamata anche i Carmini, è un luogo di culto cattolico di Padova. Di origine medievale, è situata nell'area un tempo chiamata Isola di San Giacomo e si affaccia su uno spazio anticamente destinato a sagrato e a cimitero, oggi divenuto piazza Francesco Petrarca. La chiesa, fondata nel XIII secolo, nel XIV secolo divenne parte di un grande complesso religioso dell'Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo. L'ordine religioso resse il complesso sino al 1806. Nel 1810, avvenuta la soppressione dell'antica chiesa di San Giacomo, la chiesa del Carmine ne assorbì il titolo parrocchiale passando quindi alla ragione del clero secolare. Il complesso conventuale, ancora esistente, è stato adibito ad usi diversi. La chiesa, sino al 1868, era meta di un voto pubblico che si compiva solennemente - il 12 ottobre - dal 1576: l'immagine della Madonna di dietro Corte, detta anche Madonna dei Lumini, è legata ai fatti miracolosi che accaddero a Padova nell'imperversare della furiosa peste nel 1575-1576. La figura è ancora venerata dai padovani e viene invocata per la salubrità di Padova e del suo territorio. Nel 1914 Pio X l'ha dichiarata Santuario. Nell'ottobre del 1960 papa Giovanni XXIII l'ha elevata alla dignità di basilica minore. La Basilica è sede di una delle più estese e popolose parrocchie della città. Accanto alla Basilica si trova la Scuola del Carmine. La chiesa fu principiata nel 1212, su stimolo della Comunità padovana, e affidata ad una comunità di monache benedettine. Venne costruita in un'area a contatto con l'importante e vivace centro molitorio di Padova, posto in prossimità di Ponte Molino, e fu dedicata alla Purificazione della Vergine. Nell'ottobre 1300 la chiesa fu assegnata all'ordine dei Carmelitani, che ne mutarono il titolo dedicandola alla Beata Vergine del Carmelo. Lavori avvennero per tutto il XIV secolo e il XV secolo. La costruzione venne più volte ampliata e restaurata nel corso dei secoli: la facciata attuale, incompiuta, risale al Settecento. Con l'ondata delle soppressioni napoleoniche il tempio venne strappato ai Carmelitani e consegnato al clero diocesano. Dopo il 1810 molti arredi della chiesa di San Giacomo, poi demolita, confluirono nella chiesa del Carmine, che divenne parrocchiale assorbendo l'antico titolo di San Giacomo. La chiesa ha subito gravi danni durante le guerre mondiali, probabilmente perché situata non lontano dalla stazione ferroviaria e dall'acquedotto. Alcuni degli avvenimenti che hanno caratterizzato la fabbrica nei secoli: Nel 1212 viene fondata la chiesa regolare. Nel 1300, il 3 ottobre, viene affidata ai Carmelitani, che la inseriscono in un grande complesso conventuale. Nel 1446 la chiesa è consacrata. Nel 1491 si verifica il crollo del tetto a causa di una nevicata e di un terremoto. Nel 1523 vengono completati i lavori di allargamento della navata, con la riedificazione delle fiancate mosse dalla cappelle laterali absidate. Nel 1696 un terremoto danneggia nuovamente la copertura della navata. Nel 1800, durante uno spettacolo pirotecnico fatto in onore della visita di Pio VII, la cupola brucia completamente. Nel 1810 la chiesa diventa parrocchiale, assumendo il titolo che era di san Giacomo. Nella chiesa entrano opere d'arte e culti della precedente comunità parrocchiale. Nella notte del 29 dicembre 1917 una bomba incendiaria, lanciata da un bombardiere tedesco, colpisce la cupola sprigionando un violento incendio. Nel 1944 la cupola è danneggiata da un bombardamento, evento ricordato in una targa posta sulla facciata. Nella chiesa si trovano illustri sepolture, tra cui: Babone Naldi, condottiero fiorentino, che è raffigurato vestito in armatura al centro della controfacciata; Tiberio Deciani, giureconsulto udinese; Antonio Cappuccio, grammatico spoletino; Pietro Trapolino, filosofo e commentatore d'Aristotele; Bartolomeo Zacco , legista; Ludovico Giustachini, legista e fondatore dell'Accademia degli Speranti. Dal 1576 sull'altare maggiore della chiesa dei Carmini si trova un affresco di Stefano dall'Arzere strappato da una casa di proprietà Salvazzi che si trovava dietro le mura della Corte Capitaniato. La sua presenza in questa chiesa si deve alla devozione dei padovani nei confronti della Vergine e ad un fatto miracoloso accorso nell'estate del 1576: mentre a Padova imperversava la peste, Maria apparve in sogno sia al provinciale dei Carmelitani Felice Zuccoli che al Capitanio Alvise Zorzi annunciando loro la fine della pestilenza. La Vergine chiese che la sua figura venerata nell'immagine di dietro Corte venisse portata alla chiesa dei Carmini. Dopo preghiere e digiuni, e l'assenso delle autorità, si procedette al distacco dell'affresco che avvenne con gran meraviglia per via della facilità con cui si compì l'operazione. L'immagine venne posta su un altare posticcio in corte del Capitanio. La sera del 12 ottobre 1576, un imponente corteggio, composto dai rettori veneti, dalle autorità civiche e religiose, portarono l'immagine alla chiesa dei Carmelitani alla luce di torce, candele e lumini. Dopo la grande processione cessarono le morti il contagio sparì. La processione per affidare la salute di Padova e del suo territorio si compì ogni anno, in quella data, sino al 1868. In seguito il culto si ristrinse nella sola chiesa. Alla Madonna detta spesso "dei lumini" viene offerta tuttora molta cera. L'attuale sistemazione dell'altare, di Antonio Noale, risale all'anno 1824. Per rinnovare la filiale devozione della città alla Vergine, il vescovo Elia dalla Costa, il 16 ottobre 1927, pose una corona d'oro sulla miracolosa immagine. Pio X decretava, nel 1914, l'elevazione a Santuario della chiesa e nel 1960 Giovanni XXIII la elevava a Basilica Minore. Oggi il culto della Madonna di dietro Corte vive all'interno della comunità parrocchiale, che festeggia il 12 ottobre con solenni liturgie. La devozione civica all'immagine è di fatto assai affievolita. La porta principale, che fu fatta nel 1412, ha battenti in legno decorati a formelle quadrate con intaglio a foglia d'acanto. Il portale, invece, fu completato nel 1737 ed è dominato da tre statue, opera di Tommaso Bonazza (1736). Molto interessante è il sistema di cappelle estradossate che anima le pareti laterali esterne dell'edificio, rendendolo simile al progetto brunelleschiano (mai realizzato) per Santo Spirito a Firenze e alla chiesa di San Benedetto a Ferrara di Biagio Rossetti. Tale sistema fu pensato da Lorenzo da Bologna nell'ambito della ricostruzione della chiesa dopo il 1491 e rappresenta uno degli esempi pionieristici dell'architettura rinascimentale nell'entroterra veneto. A fianco della basilica, sulla sinistra, ci sono targhe commemorative dei parrocchiani caduti nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Nel piazzale antistante la basilica, si erge una statua di Francesco Petrarca. L'interno è ad unica navata con possenti archi che reggono la cupola, rifatta nel primo dopo guerra, dopo le distruzioni della prima guerra mondiale. In controfacciata si può ammirare la Annunciazione di Dario Varotari. Le due acquasantiere in prossimità dell'ingresso sono di Giovanni Bonazza. Sull'altare maggiore, cui si accede tramite una scalinata, c'è l'immagine della "Madonna di dietro Corte". Nel paliotto è presente un bassorilievo settecentesco che raffigura l'Ultima Cena, mentre sul parapetto dell'organo a sinistra Storie dell'immagine della Madonna del Carmine di Battista Bissoni. L'abside è adornato con fastose decorazioni di Antonio Noale. Le pareti in alto sono ricoperte con grandi tele con Santi e fatti dell'Ordine Carmelitano e con Storie dell'Antico Testamento, opere di artisti di metà del XVII secolo. Il recente restauro delle pareti della navata centrale ha portato alla luce tondi affrescati di stile rinascimentale che rappresentano alcuni Profeti (tra i quali spicca per fattura un michelangiolesco Mosè) e Sibille dell'antichità. All'interno di una delle Cappelle alla destra della navata centrale c'è la statua della Madonna del Carmine che viene portata tradizionalmente in processione lungo le vie del quartiere ogni anno, il 16 luglio. All'interno delle nicchie laterali sono appesi alcuni ex voto per grazie ricevute. Altri opere di interesse all'interno della basilica sono: Statue realizzate da Giovanni Bonazza, presenti sul terzo altare a destra; la pala d'altare del sesto altare a destra, che raffigura la Madre degli Zebedei davanti a Cristo, lavoro del Padovanino; Monumento funebre di Tiberio Deciani, giurista insigne, sculture di Francesco Segala, addossato al pilastro destro di sostegno della cupola; sagrestia progettata da Lorenzo da Bologna. Il pavimento della basilica è in marmi policromi. Dalla chiesa proviene il Polittico de Lazara di Francesco Squarcione, oggi al Museo Civico di Padova. Adiacente alla basilica, a fianco della Scoletta del Carmine, sorge un chiostro cinquecentesco. Nella campata coperta dalla cupola, si trovano due cantorie lignee gemelle, entrambe costruite nel XVIII secolo, sopra le quali si trovano due casse barocche d'organo; mentre quella di sinistra è vuota (l'organo ivi collocato, costruito da Gaetano Callido, è stato spostato nella chiesa di San Michele Arcangelo a Ballò nel 1933), quella di destra ospita un organo costruito nel 1877 da Giovanni Battista De Lorenzi. Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica, ha un'unica tastiera e pedaliera, per un totale di 29 registri. Accanto alla chiesa si trova la Scuola del Carmine, già sede dell'omonima confraternita, decorata da affreschi di Giulio Campagnola, Domenico Campagnola, Girolamo Tessari e Stefano dall'Arzare. Cesira Gasparotto, S. Maria del Carmine di Padova, Tipografia Antoniana, Padova, 1955 Fausto Musante, Curiosando per Padova, E.N.Gi. M.,Padova, 1983 Gli affreschi della Scoletta del Carmine, La Garangola, Padova, 1988 Guida d'Italia (serie Guide Rosse) - Veneto, Touring Club Italiano, ISBN 88-365-0441-8, pp. 470–471 Angelo Bartuccio, La chiesa di Santa Maria del Carmine e l'architettura quattrocentesca da Firenze a Padova, Tesi di laurea triennale, 2016 Diocesi di Padova Architettura barocca Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica del Carmine

Palazzo Zuckermann
Palazzo Zuckermann

Palazzo Zuckermann è un imponente edificio padovano, che si trova in Corso Garibaldi 33, in contiguità con l'edificio delle Poste Centrali. Per più di vent'anni una parte dei suoi locali è stata adibita a posto telefonico pubblico. Attualmente fa parte del complesso dei Musei Civici di Padova ed ospita al piano terra e al primo piano il Museo di Arti Applicate. Il secondo piano è invece sede del nuovo allestimento del Museo Bottacin. Risale ai primi anni del novecento la modifica del sistema viario urbano di Padova, con l'apertura del "rettifilo" che collega il centro della città con la stazione ferroviaria. Il piano regolatore edilizio approvato nel 1868 prevedeva l'espansione urbanistica verso nord rispetto al centro storico, con demolizioni e ricostruzioni degli edifici che allora seguivano la curva del canale navigabile, attualmente interrato, e che avrebbero fatto spazio all'ampio rettilineo destinato a diventare l'arteria principale della città. Oggi il rettilineo prende il nome di Corso Garibaldi e, più a nord, di Corso del Popolo. Su questa arteria principale si sarebbero affacciate nuove costruzioni in scala architettonica dominante rispetto a quelle preesistenti: le loro facciate scenografiche e le dimensioni monumentali avrebbero dovuto conferire alla città una immagine di maggior rappresentanza e di progresso. Progressista era il committente dell'edificio, il cavalier Enrico Zuckermann, che era titolare della Zedapa, azienda di minuterie metalliche. La Zedapa, che si trovava nei pressi della stazione ferroviaria, era un'industria all'avanguardia dal punto di vista tecnologico; Zuckermann si era reso famoso anche per la tipologia innovativa del contratto di lavoro: in aggiunta alla paga base dei dipendenti, tale contratto prevedeva infatti un premio in caso di aumento degli utili dell'azienda. Nel 1912 l'imprenditore inoltrò agli uffici tecnici comunali la domanda per la costruzione proprio in concomitanza con l'inizio dei lavori per l'attiguo palazzo delle Poste. Gli ingegneri Gino Farini e Alessandro Peretti, autori rispettivamente dei due progetti, avevano sottoscritto un accordo preliminare per delimitare rigorosamente i confini e per evitare che la convivenza fianco a fianco delle due ditte costruttrici ostacolasse l'avanzamento dei lavori. L'edificio, costruito tra il 1912 e il 1914 su disegni dell'architetto milanese Filippo Arosio, fu portato a termine dall'impresa padovana Benetazzo. In un primo momento l'opinione pubblica cittadina non ritenne opportuno esprimersi sull'opera, in quanto proprietà privata di un non concittadino; una volta ultimata, tuttavia, la costruzione fu elogiata dalla stampa per l'eleganza delle decorazioni esterne, per la luce che gli interni ricevevano dalle numerose finestre e per la signorilità dell'insieme. Il palazzo si presenta come un blocco di tipo ottocentesco, ma la facciata presenta un'abbondanza di elementi neoclassici, voluti espressamente dal committente in funzione monumentalistica, e una serie di richiami allo stile liberty in voga nell'epoca. Dall'entrata principale al piano terra si può accedere al cortile nel quale sono presenti resti delle vecchie mura della città. Attraverso una scala in marmo di Carrara, illuminata da un ampio lucernario e da una vetrata a tre archi, si accede al piano nobile che ospita il Museo di Arti Applicate. Attraverso una scala più piccola si raggiunge il secondo piano e il Museo Bottacin. Il sottotetto è adibito attualmente a magazzino e presenta alle pareti una serie di pitture murali che rappresentano scene di attività sportive, eseguite da un gruppo di militari statunitensi. Nell'immediato dopoguerra gli ambienti erano stati infatti a disposizione dell'esercito americano che li aveva adibiti a palestra, oltre ad aver installato una stazione radio sul terrazzo dell'edificio. Nel 1953 il palazzo fu acquistato dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, che vi collocò gli uffici dell'Azienda Telefonica di Stato. Nel 1985 andò in uso alle Poste e Telegrafi e fu oggetto di un approfondito restauro, prima dell'attuale destinazione a museo. Il museo custodisce più di duemila opere d'artigianato artistico, dal medioevo all'età contemporanea. Sono di particolare interesse le collezioni di ceramiche, risalenti al Cinquecento, e gli arredi, con mobili intarsiati del Settecento. Sono esposti anche oggetti d'uso quotidiano, come i capi d'abbigliamento maschile e femminile del Settecento e Ottocento, con vari accessori e i gioielli. Il museo custodisce le collezioni donate nel 1865 dal numismatico Nicola Bottacin. Sono esposte monete greche, monete e medaglioni romani e bizantini; il percorso storico prosegue con le monete dell'epoca medievale, fino al Rinascimento, all'Italia e ai nostri giorni. Particolarmente curata la sezione riguardante l'emissione di monete nell'area veneta, e la medaglistica con opere di Giovanni Cavino. Tra le opere d'arte, sono esposti dipinti e sculture, tra cui è di rilievo il Busto del doge Paolo Renier, del Canova; sono presenti anche armi antiche e cimeli dell'arciduca Massimiliano d'Asburgo, amico del Bottacin. Barbara Caldari, Padova - Palazzi Storici delle Poste italiane. Edizione a cura delle Poste Italiane, 1998. Carlo Kunz, Il Museo Bottacin, in RIN, Milano, 1897. Lionello Puppi, Fulvio Zuliani (a cura di), Padova. Case e palazzi, Neri Pozza, Vicenza 1977. Wikisource contiene una pagina dedicata a Museo Bottacin Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Zuckermann Sito ufficiale, su padovacultura.padovanet.it. Il museo nel sito del Comune di Padova, su comune.padova.it.