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Edificio Montedoria

Architetture di Giò PontiEdifici per uffici di MilanoErrori di compilazione del template Interprogetto - template vuotoPagine con mappe

L’edificio “Montedoria” è un edificio per uffici di Milano, sito in viale Andrea Doria, all'angolo con le vie Macchi e Pergolesi. Costruito dal 1968 al 1971, fu l'ultimo edificio milanese progettato da Gio Ponti.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Edificio Montedoria (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Edificio Montedoria
Viale Andrea Doria, Milano Municipio 2

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Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.48547 ° E 9.20884 °
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Indirizzo

Viale Andrea Doria 9
20124 Milano, Municipio 2
Lombardia, Italia
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Luoghi vicini

Cascina Pozzobonelli
Cascina Pozzobonelli

La Cascina Pozzobenelli era una cascina di Milano risalente al XV secolo. Dell'originario complesso sorto in aperta campagna rimangono oggi pochi resti inclusi nel tessuto urbano nei pressi della Stazione Centrale. La cascina fu costruita come residenza di campagna da Gian Giacomo Pozzobonelli in epoca sforzesca. I terreni furono acquistati negli anni sessanta del Quattrocento e su di essi venne dato inizio alla costruzione della villa che nacque forse sul luogo di un preesistente convento. Nella stessa epoca la potente famiglia dei Pozzobonelli, feudatari di Arluno, faceva edificare, sempre in forme rinascimentali di stampo bramantesco, il Palazzo Pozzobonelli-Isimbardi in Via dei Piatti (attuale civico 4) e il Palazzo Pozzobonelli nel comune di Vermezzo. La cascina era costituita da un fabbricato a pianta rettangolare con due ampi cortili e vasti saloni; al di sotto si trovavano due ampie cripte semi interrate di otto volte ciascuna sostenute da colonne con capitelli rozzi e difformi. L'ampiezza delle cripte e dei saloni al piano terreno suggeriscono che la costruzione del fabbricato fosse iniziata con una certa larghezza di mezzi ma che poi non sia stata portata a termine. Dal lato nord, attraverso una porta incorniciata di terracotta con semplice decorazioni, si dipartiva un portichetto a dieci arcate, terminante con una cappella ottagonale, unica parte dell'edificio giunta fino a noi insieme a un breve tratto del portichetto. Il declino della proprietà cominciò con la morte del cardinale Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano, avvenuta nel 1783. la gran parte del complesso fu demolita in più riprese fra il 1898, con l'apertura del viale Andrea Doria, ed il 1907, anno di inizio della costruzione dell'attuale Stazione Centrale. Attualmente è visibile, dal lato sud di Piazza Luigi di Savoia, l'originaria cappella della villa, con parte del portico che la collegava al palazzo. Il portico presenta colonne in pietra con capitelli a motivi vegetali, che sorreggono quattro delle dieci originarie arcate a tutto sesto in cotto. La cappella presenta tre absidi semicilindriche, sormontate da un tamburo ottagonale aperto da oculi e concluso dalla lanterna. L'architettura dell'edificio rimanda ai modi di Donato Bramante, ed in particolare al tiburio di Santa Maria delle Grazie. All'interno dell'oratorio e sulle mura del portico sono presenti graffiti a monocromo, molto deperiti. Carlo Fumagalli, Diego Sant'Ambrogio, Luca Beltrami, La cascina Pozzobonelli nei Corpi Santi di Porta Orientale, in Reminiscenze di storia ed arte nel suburbio e nella città di Milano, Milano, Tipografia Pagnoni, 1891. Sylvia Ponticelli Righini, Nuove indagini sulla cascina Pozzobonelli a Milano, in Arte Lombarda, n. 86/87, 1988, pp. 114-126 (archiviato dall'url originale il 28 aprile 2014). Guida d'Italia, Milano, Edizioni Touring Club Italiano, Milano 2005. M.C. Passoni, J. Stoppa, Il tardogotico e il rinascimento, in "Itinerari di Milano e provincia", Provincia di Milano, MIlano, 2000 scheda architettonica del SIRBeC - Sistema Informativo dei Beni Culturali della Regione Lombardia, Milano, 2011. Ville e palazzi di Milano Rinascimento lombardo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cascina Pozzobonelli

Memoriale della Shoah
Memoriale della Shoah

Il memoriale della Shoah è un'area museale di Milano dedicata al ricordo delle vittime dell'olocausto in Italia. È ubicata sotto la stazione centrale, a piano strada, di fronte al palazzo delle ex regie poste, ed è stata ideata con lo scopo di « [...] realizzare un luogo di memoria e un luogo di dialogo e incontro tra religioni, etnie e culture diverse...» che si estende su una superficie di 7.060 m², per la maggior parte al piano terreno.Dal cosiddetto "binario 21", al quale in precedenza erano caricati e scaricati solo i treni postali, centinaia di ebrei, partigiani e deportati politici venivano caricati su vagoni bestiame diretti ai campi di Auschwitz–Birkenau, Mauthausen, Bergen-Belsen, Ravensbrück, Flossenbürg, Fossoli e Bolzano. Si conosce il numero dei convogli RSHA partiti dal binario 21, che furono 20 (12 di soli ebrei, 5 di politici e 3 di misti); si hanno invece solo dati frammentati circa i deportati, ad esempio è certo che in un convoglio partito nel gennaio 1944 si trovavano 605 passeggeri, dei quali si conosce anche la sorte. Il memoriale, promosso dalla Fondazione Memoriale della Shoah, presieduta da Ferruccio de Bortoli, è stato inaugurato il 27 gennaio 2013. la carica di presidente è poi passata nel marzo 2018 ad uno dei principali promotori dell'istituzione del memoriale, di cui era vicepresidente fin dalla fondazione, Roberto Jarach, figlio di Guido Jarach e nipote di Federico Jarach, note figure della imprenditoria industriale italiana e della comunità ebraica milanese, tra i fondatori di Assolombarda e della Federazione delle industrie metallurgiche (l’attuale Federmeccanica). A causa delle leggi razziali la famiglia fu costretta a cedere la sua azienda, le Rubinetterie Riunite, all’Edison, di cui non rientrò più in possesso neanche alla fine della guerra. La famiglia, scampata all'eccidio nazista di Meina si rifugiò in Svizzera dove, nel 1944, nacque Roberto.

Corso Buenos Aires
Corso Buenos Aires

Corso Buenos Aires è un'importante strada commerciale di Milano, con oltre 350 punti vendita di vari tipi di merce, un fatturato quotidiano complessivo tra i più alti al mondo e una media di centomila persone ogni giorno che vi transitano. Sviluppandosi in oltre 1600 metri, con orientamento nord-sud, si attesta come una delle passeggiate commerciali più lunghe d'Europa. La sua conformazione ricorda la tipologia americana, soprattutto la Fifth Avenue di New York. La strada si estende da porta Venezia in piazza Oberdan, proseguimento rettilineo di Corso Venezia, fino a piazzale Loreto. L'intero corso Buenos Aires fa parte del Municipio 3. La strada, che si sviluppa interamente all'esterno della cinta delle mura spagnole, venne realizzata urbanizzando il primo tratto della strada maestra che si dipartiva dall'allora porta Orientale, fiancheggiando a sinistra l'area del vecchio Lazzaretto, reso celebre dal romanzo I promessi sposi, e a destra la chiesa di Santa Francesca Romana, costruita fuori le mura, per arrivare a Monza. Al posto del Lazzaretto, a partire dagli anni della sua demolizione (1882-1890), sorse un quartiere popolare ad alta densità abitativa, che nella forma riprende lo schema delle lottizzazioni operate dalla Banca di Credito Italiano, acquirente della struttura. Il nome della via era inizialmente corso Loreto e derivava il suo nome dalla chiesa di Santa Maria di Loreto (secolo XVI) costruita sulla strada maestra in un'area oggi ubicata a piazza Argentina tra le vie Annibale Caretta e Giuseppe Pecchio. La chiesa fu trasformata in abitazioni civili (fine Settecento), quindi demolita completamente nel 1914. Successivamente la via fu rinominata corso Buenos Aires nel 1906 in occasione dell'Esposizione universale, e spesso riportata sulle mappe d'epoca anche con il nome corso Buenos Ayres. La decisione venne presa, pur tra alcune critiche, dal sindaco Ettore Ponti per promuovere un'immagine internazionale della città, intitolando all'Argentina la via e ovviamente piazzale Argentina, mentre al Perù venne dedicato piazzale Lima. Tali toponimi commemoravano il legame con i due paesi sudamericani, meta di una massiccia emigrazione italiana: oltre cinque milioni di persone dal 1881 al 1911. Sul lato occidentale del corso si estende il quartiere popolare, in prossimità della Stazione Centrale, mentre sul lato orientale sorge un quartiere benestante della borghesia milanese. Un tempo la via era attraversata dal viadotto dalle ferrovie della vecchia stazione centrale che correvano su tutto viale Regina Elena (l'attuale viale Tunisia), definitivamente soppresse nel 1931 con l'inaugurazione dell'attuale Stazione Centrale. Nel corso dell'Ottocento corso Buenos Aires divenne il collegamento privilegiato fra Milano e Monza, mantenendo questo ruolo fino ancora a dopo la realizzazione di viale Zara e viale Fulvio Testi, avvenuta negli anni dieci. Vicino al vecchio Lazzaretto aveva sede il primo capolinea della vecchia ippovia Milano-Monza, inaugurata nel luglio del 1876, che già nel novembre dell'anno successivo sarebbe stato spostato a largo San Babila.. Il servizio venne poi elettrificato per la fine del 1900. Fu smantellato e trasferito quando a partire dal 2 marzo 1958 dovettero cominciare gli scavi per la realizzazione della prima linea della metropolitana, che ancora oggi lo percorre in sotterranea per tutta la sua lunghezza, servendolo nelle fermate di Porta Venezia, Lima e Loreto. Ulteriori linee sotterranee del trasporto pubblico arrivano negli anni successivi, intersecandosi con la sopracitata M1, prima negli anni Sessanta con il primo tratto della M2 da piazza Caiazzo a Cascina Gobba, scavando la fermata Loreto sotto piazza Argentina, poi con il Passante ferroviario e lo scavo della stazione, prima di capolinea e poi transito (a mano a mano che la galleria venne completata) di Milano Porta Venezia, realizzata sotto piazzale Oberdan. Il corso è stato recentemente riqualificato con la pavimentazione in pietra dei marciapiedi precedentemente in bitume. Una più recente trasformazione è in corso, a luglio 2023, con il posizionamento di cordoli in pietra lungo le due corsie ciclabili monodirezionali (una per senso di marcia), precedentemente solo dipinte sull’asfalto per gran parte della via e l’eliminazione di tutti i posti auto, ad eccezione dei posteggi di carico e scarico; nel corso degli anni successivi, il progetto prevede una trasformazione più sostanziale, con l’allargamento del marciapiede su entrambi i lati del corso e la ripavimentazione delle utilizzate corsie ciclabili con asfalto. Sul lato sinistro: al n. 1 Palazzo Luraschi, detto dei Promessi Sposi al n. 19 un edificio in stile neoclassico, risalente a fine Settecento al n. 75 un edificio per abitazioni, costruito dal 1927 al 1928 su progetto di Fausto Franco e F. Fumagalli al n.33 è collocato il Teatro Puccini, attuale sede della compagnia teatrale del Teatro dell'Elfo Sul lato destro: all'angolo con le vie Broggi e Redi il Palazzo Argentina, costruito dal 1947 al 1949 su progetto di Piero Bottoni e Guglielmo Ulrich all'angolo con via Piccinni un edificio per uffici, abitazioni e supermercato, costruito nel 1970 su progetto dello studio BBPR Porta Venezia Lima Loreto Stazione di Porta Venezia Giovanni Cornolò, Fuori porta in tram. Le Tranvie extraurbane milanesi 1876-1980, Parma, Ermanno Albertelli Editore, 1980, ISBN non esistente, SBN IT\ICCU\SBL\0312057. Maurizio Grandi, Attilio Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Zanichelli, 1980. ISBN 8808052109. Piazzale Loreto Corso Venezia Giardini pubblici di Porta Venezia Porta Venezia (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su corso Buenos Aires Servizi commerciali del Corso, su corsobuenosaires.net. URL consultato il 26 maggio 2019 (archiviato dall'url originale il 28 novembre 2018). Come in un film, la Repubblica, su milano.repubblica.it. Corso Buenos Aires a Milano raccontato da Maurizio Cucchi, su raiplaysound.it, 24 dicembre 2017. URL consultato il 9 gennaio 2022.

Santuario di San Camillo de Lellis (Milano)
Santuario di San Camillo de Lellis (Milano)

Il santuario di San Camillo De Lellis o della Madonna della Salute è un luogo di culto cattolico di Milano che si trova nell'omonima piazza all'angolo fra via Boscovich e via Lepetit, nel Municipio 3; la chiesa, affidata ai chierici regolari ministri degli infermi, rientra all'interno del territorio della parrocchia di San Gregorio Magno, appartenente al decanato Venezia, nella zona pastorale I dell'arcidiocesi di Milano. Nel 1594 Padre Camillo de Lellis e alcuni suoi religiosi giunsero a Milano su chiamata dell'arcivescovo Gaspare Visconti per servire i malati dell'Ospedale Ca' Granda. I Crociferi, come venivano allora chiamati (oggi detti popolarmente camilliani), dopo oltre duecento anni di presenza nella città, dedicata prevalentemente all'assistenza nelle case dei malati agonizzanti, con le soppressioni napoleoniche furono costretti a lasciare Milano nel 1800. Vi ritornarono però nel 1896 su chiamata del beato cardinale Andrea Carlo Ferrari. Poiché non fu possibile rientrare in possesso della propria chiesa, da essi costruita nel XVIII secolo in via Durini (Santa Maria della Sanità) e nel frattempo affidata al clero secolare, decisero di costruire in via Boscovich una chiesa dedicata nuovamente alla Madonna della Salute, su progetto dell'architetto mons. Spirito Maria Chiappetta. Il 1º gennaio 1900 lo stesso cardinal Ferrari benedisse la prima pietra. L'inaugurazione avvenne il 15 luglio 1912 e la consacrazione solenne il 30 ottobre 1937 dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Edificato in stile neogotico, il santuario si presenta intonacato nella parte superiore e a mattoni a vista nella parte inferiore. Al centro della facciata si trova una guglia–campanile in mattoni, con contrafforti e nicchie in marmo bianco. In mattoni anche il portale, il pronao, le grandi finestre a trifora con colonnine e i rosoni in marmo botticino. La costruzione centrale con le quattro guglie, gli specchi ad archetti ricorrenti in cemento bianco, presenta un'elegante armonia. Sulle mensole esterne si trovano sei statue in marmo di Carrara, opere dell'artigiano Mario Pelletti. L'interno a tre navate è illuminato da un gioco cromatico con figure di Santi, simboli e decorazioni delle centoventitré vetrate del pittore Eugenio Cisterna. Nell'ampia vetrata delle tribune e nell'apoteosi del suo altare vi è rappresentato San Camillo. La navata centrale si presenta ampia e slanciata verso l'alto mentre quelle laterali sono più strette, sopra le quali vi sono eleganti tribune con parapetti a traforo, sovrastati da trifore con ricami a ventaglio. Le dodici colonne in marmo rosa del Garda, che vanno concentrandosi simmetricamente nel tiburio che incornicia la vetrata policroma della Madonna della Salute, poggiano su basamenti ottagonali che terminano con capitelli differenti in gesso, da cui partono nervature sottili e slanciate che si intrecciano nella volta moltiplicandosi e diramandosi. Sui muri perimetrali vi è la Via Crucis lignea, con più di 500 figure scolpite da fratel Annibale Pagnoni degli Artigianelli di Monza. A destra si trova l'altare della Madonna del Carmelo e, di fronte, quello di San Giuda Taddeo. Più al centro, a destra, è presente l'altare di San Camillo e, a sinistra, quello del Sacro Cuore. Il moderno altare maggiore si trova in un'ampia abside, dove si trova in alto la Cappella della Madonna della Salute con un gotico altare in legno dorato. Sulle due tribune ai lati dell'abside trova luogo l'organo a canne Tamburini opus 312, costruito nel 1952. Lo strumento è a trasmissione elettropneumatica ed il suo materiale fonico è racchiuso all'interno di due casse espressive indipendenti; la sua consolle è mobile indipendente ed è situata a pavimento nella navata; essa dispone di due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. Di seguito la disposizione fonica: Ferruccio Valente, I Padri Camilliani a Milano: note storiche, Verona, Tipografia Camilliana, 1912, ISBN non esistente (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014). Mario Vanti, I Camilliani, il Manzoni e la peste del 1630, Milano, L'apostolato camilliano, 1930, ISBN non esistente. Catalogo degli organi costruiti dalla Pontificia fabbrica d'organi Comm. Giovanni Tamburini, dal 1893 al 1973, Castelnuovo d'Asti, ISBS, 1977, ISBN non esistente. Gianfranco Radice, I Cardinali Ferrari e Schuster e altri Grandi nella cronaca domestica dei Crociferi o Camilliani edificatori in Milano di Santa Maria della Sanità (PDF), Milano, Centro Stampa Cami, 1990, ISBN non esistente. URL consultato il 20 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 18 settembre 2013). Maurizio de Filippis, Elisabetta Zanarotti Tiranini, San Camillo de Lellis e l'Ordine dei Ministri degli Infermi nella storia della Chiesa di Milano, Milano, Ares, 2009 (stampa 2010), ISBN 978-88-8155-486-7. Chiara Giacobelli, 1001 monasteri e santuari in Italia da visitare almeno una volta nella vita, Milano, Newton Compton Editori, 2013, ISBN 88-541-4141-0. Olivari Stefano & Giulia Brasca, Milano 360°, Locarno, OlliService Multimedia, 2015, ISBN 88-940430-8-8. Wikibooks contiene testi o manuali su santuario di San Camillo de Lellis Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su santuario di San Camillo de Lellis Pagina ufficiale Santuario San Camillo De Lellis Parrocchia S. Camillo De Lellis, su to.chiesadimilano.it. URL consultato l'11 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014). Santuario della Madonna della Salute, su agendamilano.com. URL consultato l'11 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 6 dicembre 2013). Santuario di San Camillo de Lellis, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.