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Palazzo Pathé

Architetture moderniste di MilanoPagine con mappePalazzi di Milano

Il Palazzo Pathé, noto anche come Casa Felisari, è un edificio storico di Milano situato in via Luigi Settembrini n. 11. Il palazzo venne eretto verso il 1910 secondo il progetto dell'architetto Giulio Ulisse Arata. Ha ospitato per vari anni la sede della filiale italiana della società cinematografica francese Pathé. L'edificio è stato sottoposto a un restauro delle facciate tra il 2017 e il 2018. L'edificio occupa un lotto d'angolo all'incrocio tra la via Luigi Settembrini e la via Ruggero Boscovich nel centro di Milano, a poca distanza dalla stazione di Milano Centrale. Il palazzo presenta uno stile liberty dalle influenze medievaleggianti. Le facciate sono realizzate in mattoni a vista e sono caratterizzate da mosaici e decorazioni in cemento. Gli elaborati ferri battuti delle inferriate e dei cancelli sono opera di Alessandro Mazzucotelli. Ville e palazzi di Milano Liberty milanese Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Pathé

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo Pathé (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Palazzo Pathé
Via Luigi Settembrini, Milano Loreto

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Via Luigi Settembrini 11
20124 Milano, Loreto
Lombardia, Italia
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Luoghi vicini

Chiesa di San Gregorio Magno (Milano)
Chiesa di San Gregorio Magno (Milano)

La chiesa di San Gregorio Magno è un luogo di culto cattolico della città di Milano, situato all'incrocio tra via San Gregorio e via Ludovico Settala, nel Municipio 3, sede dell'omonima parrocchia del decanato Venezia della zona pastorale I dell'arcidiocesi di Milano. L'attuale edificio sorge all'esterno del perimetro dell'antico Lazzaretto: una chiesa dedicata a San Gregorio Magno era stata ivi costruita nel XIX secolo: questa, in ottemperanza alle disposizioni napoleoniche, era fatta di materiali non duraturi quali stucco e legno e caratterizzata da ampie vetrate; la chiesa serviva il cimitero di San Gregorio, già in precedenza fossa di sepoltura per i morti del Lazzaretto, che si estendeva alla spalle dell'edificio e che fu poi demolito alla fine dell'Ottocento.. Nel 1903 si decise di sostituire la preesistente chiesa con una nuova in muratura e il progetto venne affidato all'architetto Solmi che si avvalse della collaborazione degli architetti De Micheli e Poelli; la costruzione si protrasse per cinque anni, terminando nel 1908. Nel 1943, come gran parte della città, anche la chiesa di San Gregorio subì gli effetti dei bombardamenti alleati. Il tetto fu distrutto da una bomba incendiaria nell’agosto di quell’anno, ma la struttura portante rimase intatta. La chiesa fu riaperta al culto dopo lo sgombero delle macerie e fu riparata alla fine del conflitto. La chiesa di San Gregorio Magno è situata all'angolo fra la via omonima e via Ludovico Settala, che corre lungo il suo fianco destro. L'esterno dell'edificio è in stile neoromanico, con paramento murario in mattoncini rossi ed elementi decorativi in pietra grigia ed elementi decorativi tipici del romanico lombardo. La facciata è a salienti e sporge in avanti rispetto al corpo dell'aula; sulla parte anteriore, essa presenta ai lati due alte monofore a tutto sesto e al centro, al di sotto del rosone circolare, un protiro poggiante su colonnine, sotto il quale si trova il portale maggiore, sormontato da una lunetta a mosaico raffigurante San Gregorio Magno. Alle spalle della chiesa, in posizione centrale, sorge il campanile a torre, anch'esso caratterizzato da paramento murario bicromo in pietra e cotto. A pianta quadrata, ospita all'interno della cella, che si apre sull'esterno con una monofora su ciascun lato, un concerto di cinque campane in Re♭3, realizzato da Luigi e Giorgio Ottolina di Seregno nel secondo dopoguerra. L'interno della chiesa di San Gregorio Magno è a navata unica senza transetto ed abside poco sporgente, in stile neogotico con elementi liberty. Lungo le pareti laterali della navata, che è coperta con un soffitto a doppio spiovente sorretto da archi a sesto acuto ed è illuminata da piccoli rosoni circolari, si aprono diverse cappelle, sette per ogni lato. Nella prima cappella di destra, sopra l'altare marmoreo, si trova un Crocifisso ligneo dell'epoca di Carlo Borromeo (XVI secolo); la seconda cappella di destra è dedicata a santa Chiara d'Assisi, raffigurata nella pala d'altare, mentre nella terza vi sono il dipinto con il Sacro Cuore di Gesù e un paliotto con l'Ultima Cena; la quarta cappella di destra è priva di altare e al centro di essa si trova un gruppo scultoreo in marmo raffigurante San Giuseppe e Gesù Fanciullo. Nella prima cappella di sinistra dall'ingresso vi è una statua di San Gregorio Magno orante opera di Achille Alberti; nella seconda, dedicata alla Vergine Addolorata, vi sono le reliquie dei santi martiri Celestino e Innocente; nella terza cappella, sull'altare, vi è una tela raffigurante la Vergine col Bambino tra i santi Ambrogio e Carlo; la quarta, invece, è priva di altare ed ospita una statua della Madonna in trono con Gesù Bambino. Le restanti cappelle di ciascun lato sono adibite ad ingressi laterali (quinte cappelle) e penitenzieria (seste e settime cappelle). Nella parete fondale della navata, decorata con un dipinto a tempera di Luigi Morgari raffigurante la Crocifissione (al centro), la Redenzione delle anime purganti (a sinistra) e la Resurrezione dei morti (a destra), si aprono tre archi a sesto acuto: quello centrale, più largo, collega l'aula con l'abside; quest'ultima è a pianta quadrangolare ed è interamente occupata dal presbiterio, rialzato di alcuni gradini rispetto al resto della chiesa, con arredi in marmo bianco; nella cappella alla sua destra vi è il tabernacolo, mentre quella alla sua sinistra è adibita a battistero. Nella sagrestia sono custoditi vari oggetti appartenuti a san Carlo Borromeo. Nell'abside, a ridosso della parete fondale, si trova l'organo a canne della chiesa, costruito dalla ditta Balbiani-Vegezzi Bossi nel 1970. Lo strumento è a trasmissione elettrica e conta 42 registri; esso è racchiuso interamente all'interno di una cassa con mostra ceciliana composta da canne di principale disposte in due cuspidi laterali convergenti verso il centro. La consolle, indipendente, è anch'essa situata nell'abside e dispone di due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. Oscar P. Melano; Rosanna Veronesi, Milano Liberty: il decorativo eclettico, Milano, Ugo Mursia Editore, 1991, ISBN non esistente. Maria Teresa Fiorio (a cura di), Le chiese di Milano, Milano, Electa, 2006, ISBN 88-370-3763-5. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Gregorio Magno a Milano Parrocchia S. Gregorio Magno, su sangregoriomilano.it. URL consultato il 26 aprile 2014.

Santuario di San Camillo de Lellis (Milano)
Santuario di San Camillo de Lellis (Milano)

Il santuario di San Camillo De Lellis o della Madonna della Salute è un luogo di culto cattolico di Milano che si trova nell'omonima piazza all'angolo fra via Boscovich e via Lepetit, nel Municipio 3; la chiesa, affidata ai chierici regolari ministri degli infermi, rientra all'interno del territorio della parrocchia di San Gregorio Magno, appartenente al decanato Venezia, nella zona pastorale I dell'arcidiocesi di Milano. Nel 1594 Padre Camillo de Lellis e alcuni suoi religiosi giunsero a Milano su chiamata dell'arcivescovo Gaspare Visconti per servire i malati dell'Ospedale Ca' Granda. I Crociferi, come venivano allora chiamati (oggi detti popolarmente camilliani), dopo oltre duecento anni di presenza nella città, dedicata prevalentemente all'assistenza nelle case dei malati agonizzanti, con le soppressioni napoleoniche furono costretti a lasciare Milano nel 1800. Vi ritornarono però nel 1896 su chiamata del beato cardinale Andrea Carlo Ferrari. Poiché non fu possibile rientrare in possesso della propria chiesa, da essi costruita nel XVIII secolo in via Durini (Santa Maria della Sanità) e nel frattempo affidata al clero secolare, decisero di costruire in via Boscovich una chiesa dedicata nuovamente alla Madonna della Salute, su progetto dell'architetto mons. Spirito Maria Chiappetta. Il 1º gennaio 1900 lo stesso cardinal Ferrari benedisse la prima pietra. L'inaugurazione avvenne il 15 luglio 1912 e la consacrazione solenne il 30 ottobre 1937 dal cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Edificato in stile neogotico, il santuario si presenta intonacato nella parte superiore e a mattoni a vista nella parte inferiore. Al centro della facciata si trova una guglia–campanile in mattoni, con contrafforti e nicchie in marmo bianco. In mattoni anche il portale, il pronao, le grandi finestre a trifora con colonnine e i rosoni in marmo botticino. La costruzione centrale con le quattro guglie, gli specchi ad archetti ricorrenti in cemento bianco, presenta un'elegante armonia. Sulle mensole esterne si trovano sei statue in marmo di Carrara, opere dell'artigiano Mario Pelletti. L'interno a tre navate è illuminato da un gioco cromatico con figure di Santi, simboli e decorazioni delle centoventitré vetrate del pittore Eugenio Cisterna. Nell'ampia vetrata delle tribune e nell'apoteosi del suo altare vi è rappresentato San Camillo. La navata centrale si presenta ampia e slanciata verso l'alto mentre quelle laterali sono più strette, sopra le quali vi sono eleganti tribune con parapetti a traforo, sovrastati da trifore con ricami a ventaglio. Le dodici colonne in marmo rosa del Garda, che vanno concentrandosi simmetricamente nel tiburio che incornicia la vetrata policroma della Madonna della Salute, poggiano su basamenti ottagonali che terminano con capitelli differenti in gesso, da cui partono nervature sottili e slanciate che si intrecciano nella volta moltiplicandosi e diramandosi. Sui muri perimetrali vi è la Via Crucis lignea, con più di 500 figure scolpite da fratel Annibale Pagnoni degli Artigianelli di Monza. A destra si trova l'altare della Madonna del Carmelo e, di fronte, quello di San Giuda Taddeo. Più al centro, a destra, è presente l'altare di San Camillo e, a sinistra, quello del Sacro Cuore. Il moderno altare maggiore si trova in un'ampia abside, dove si trova in alto la Cappella della Madonna della Salute con un gotico altare in legno dorato. Sulle due tribune ai lati dell'abside trova luogo l'organo a canne Tamburini opus 312, costruito nel 1952. Lo strumento è a trasmissione elettropneumatica ed il suo materiale fonico è racchiuso all'interno di due casse espressive indipendenti; la sua consolle è mobile indipendente ed è situata a pavimento nella navata; essa dispone di due tastiere di 61 note ciascuna e pedaliera concavo-radiale di 32 note. Di seguito la disposizione fonica: Ferruccio Valente, I Padri Camilliani a Milano: note storiche, Verona, Tipografia Camilliana, 1912, ISBN non esistente (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014). Mario Vanti, I Camilliani, il Manzoni e la peste del 1630, Milano, L'apostolato camilliano, 1930, ISBN non esistente. Catalogo degli organi costruiti dalla Pontificia fabbrica d'organi Comm. Giovanni Tamburini, dal 1893 al 1973, Castelnuovo d'Asti, ISBS, 1977, ISBN non esistente. Gianfranco Radice, I Cardinali Ferrari e Schuster e altri Grandi nella cronaca domestica dei Crociferi o Camilliani edificatori in Milano di Santa Maria della Sanità (PDF), Milano, Centro Stampa Cami, 1990, ISBN non esistente. URL consultato il 20 ottobre 2013 (archiviato dall'url originale il 18 settembre 2013). Maurizio de Filippis, Elisabetta Zanarotti Tiranini, San Camillo de Lellis e l'Ordine dei Ministri degli Infermi nella storia della Chiesa di Milano, Milano, Ares, 2009 (stampa 2010), ISBN 978-88-8155-486-7. Chiara Giacobelli, 1001 monasteri e santuari in Italia da visitare almeno una volta nella vita, Milano, Newton Compton Editori, 2013, ISBN 88-541-4141-0. Olivari Stefano & Giulia Brasca, Milano 360°, Locarno, OlliService Multimedia, 2015, ISBN 88-940430-8-8. Wikibooks contiene testi o manuali su santuario di San Camillo de Lellis Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su santuario di San Camillo de Lellis Pagina ufficiale Santuario San Camillo De Lellis Parrocchia S. Camillo De Lellis, su to.chiesadimilano.it. URL consultato l'11 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 12 maggio 2014). Santuario della Madonna della Salute, su agendamilano.com. URL consultato l'11 maggio 2014 (archiviato dall'url originale il 6 dicembre 2013). Santuario di San Camillo de Lellis, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Cimitero di San Gregorio
Cimitero di San Gregorio

Il Cimitero di San Gregorio, detto anche Foppone di San Gregorio o anche di Porta Orientale, era uno dei cinque cimiteri cittadini, collocato fuori l'attuale Porta Venezia a Milano ed in seguito soppresso con l'apertura del Monumentale. Doveva il nome all'attigua chiesa di San Gregorio che tuttora sorge sull'omonima via, non distante dal corso Buenos Aires. Aveva un perimetro a forma di pentagono irregolare: si estendeva a nord-ovest del Lazzaretto di Milano, l'entrata principale era sulla via San Gregorio, oltre all'attuale piazza Cincinnato copriva porzioni delle attuali vie Lodovico Settala e Benedetto Marcello e chiudeva ad angolo le mura settentrionali sull'attuale via Ruggero Boscovich. Il cimitero viene inoltre menzionato nel capitolo XXXI de I promessi sposi di Alessandro Manzoni, dove l'autore rammenta un allora tradizionale omaggio dei cittadini milanesi ai morti di peste in occasione di una delle feste della Pentecoste. Il campo sorse come cimitero di campagna, sottoposto alla cura di un Sodalizio, con una cappella e un oratorio proprio. Nella peste manzoniana del 1630 che afflisse Milano il cimitero accolse parte delle vittime per poi, in seguito, essere destinato a più vasto luogo di sepoltura e a ossario. Il prete Salvatore Vitali, sardo, giunto a Milano alcuni anni dopo la peste, nel suo Theatrum triumphale Mediotanensis Urbis Magnalium annalistica proportione digestum (1642) descrive con parole tetre lo stato del cimitero: «Vidi, egli scrive, in questo campo cadaveri sopra cadaveri, miserevoli casse scoperchiate, ossa in grande quantità qua e là disperse, e vaste fosse aperte; era cosa orribile a vedersi!» Quelle ossa che imbiancavano il campo appartenevano ai morti della peste, che dopo non molti anni, smosse, erano tornate sopra terra, e non ebbero sepoltura che nel 1723. In quell'anno, infatti, il Sodalizio dell'Orazione e Morte addetto alla cura del cimitero fece costruire il portico innanzi alla chiesa di San Gregorio, e qui diede nuova sepoltura a quelle ossa viste dal Vitali. Abolite le sepolture nelle chiese, il cimitero fu aperto alla comune inumazione nel 1788; i lavori per la realizzazione del nuovo cimitero vennero condotti in grande economia, tanto da necessitare negli anni successivi di continui lavori di consolidamento e ripristino prevalentemente della cinta muraria, famosa in Milano per essere soggetta a piccoli crolli dovuti piogge. La così poco solida recinzione venne un po' per volta ricostruita nella sua integrità e nel 1857 venne innalzata fino a 3,85 m, in modo da potervi collocare un maggior numero di lapidi. Nel 1866, con l'apertura del Monumentale, il cimitero di San Gregorio venne prima destinato ad accogliere i morti del comune dei Corpi Santi, poi, unificatisi i due enti territoriali in un unico comune (appunto Milano) nel 1873, il cimitero venne riaperto ad accogliere i morti locali. Chiuso poi definitivamente il 31 agosto 1883, il cimitero venne svuotato; i corpi rinvenuti vennero spostati al Monumentale e l'odierna area accoglie strade ed edifici vari. Nel cimitero di San Gregorio trovarono sepoltura illustri personalità fra le quali si possono citare: Maria Teresa Agnesi (1720- 1795) compositrice, musicista, poetessa Luigi de Baillou (1736-1804), musicista, direttore del teatro alla Scala Leopoldo Pollack (1751-1806), architetto Andrea Appiani (1754-1817), pittore Carlo Porta (1775-1821), poeta Salvatore Viganò (1769-1821), ballerino e coreografo Ambrogio Minoja (1752-1825), compositore e clavicembalista Ferdinando Bubna (1768-1825), generale austriaco Grazioso Rusca (1757-1829), scultore ticinese Francesco Mengotti (1749-1830), economista e uomo politico Giuseppe Longhi (1766-1831), incisore e pittore Francesco Pezzi (1780-1831), giornalista Luigi Sacco (1769-1836), medico Giovanni Migliara (1785-1837), pittore Angelo Monticelli (1778-1837), pittore Antonio Caccianino (1764-1838), matematico Annibale Omodei (1779-1840), medico Carlo Amati (1776-1852), architetto Cherubino Cornienti (1816-1860), pittore Mauro Conconi (1815-1860), pittore Giovanni Silvestri (1778-1855), editore Forcella, Vincenzo, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, Milano, Tip. Bortolotti di G. Prato, 1889, ISBN non esistente. Ospitato su archive.org. Tedeschi, Carlo, Origini e vicende dei cimiteri di Milano e del servizio mortuario, Milano, Giacomo Agnelli, 1899, ISBN non esistente. Ospitato su braidense.it. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su cimitero di San Gregorio

Cascina Pozzobonelli
Cascina Pozzobonelli

La Cascina Pozzobenelli era una cascina di Milano risalente al XV secolo. Dell'originario complesso sorto in aperta campagna rimangono oggi pochi resti inclusi nel tessuto urbano nei pressi della Stazione Centrale. La cascina fu costruita come residenza di campagna da Gian Giacomo Pozzobonelli in epoca sforzesca. I terreni furono acquistati negli anni sessanta del Quattrocento e su di essi venne dato inizio alla costruzione della villa che nacque forse sul luogo di un preesistente convento. Nella stessa epoca la potente famiglia dei Pozzobonelli, feudatari di Arluno, faceva edificare, sempre in forme rinascimentali di stampo bramantesco, il Palazzo Pozzobonelli-Isimbardi in Via dei Piatti (attuale civico 4) e il Palazzo Pozzobonelli nel comune di Vermezzo. La cascina era costituita da un fabbricato a pianta rettangolare con due ampi cortili e vasti saloni; al di sotto si trovavano due ampie cripte semi interrate di otto volte ciascuna sostenute da colonne con capitelli rozzi e difformi. L'ampiezza delle cripte e dei saloni al piano terreno suggeriscono che la costruzione del fabbricato fosse iniziata con una certa larghezza di mezzi ma che poi non sia stata portata a termine. Dal lato nord, attraverso una porta incorniciata di terracotta con semplice decorazioni, si dipartiva un portichetto a dieci arcate, terminante con una cappella ottagonale, unica parte dell'edificio giunta fino a noi insieme a un breve tratto del portichetto. Il declino della proprietà cominciò con la morte del cardinale Giuseppe Pozzobonelli, arcivescovo di Milano, avvenuta nel 1783. la gran parte del complesso fu demolita in più riprese fra il 1898, con l'apertura del viale Andrea Doria, ed il 1907, anno di inizio della costruzione dell'attuale Stazione Centrale. Attualmente è visibile, dal lato sud di Piazza Luigi di Savoia, l'originaria cappella della villa, con parte del portico che la collegava al palazzo. Il portico presenta colonne in pietra con capitelli a motivi vegetali, che sorreggono quattro delle dieci originarie arcate a tutto sesto in cotto. La cappella presenta tre absidi semicilindriche, sormontate da un tamburo ottagonale aperto da oculi e concluso dalla lanterna. L'architettura dell'edificio rimanda ai modi di Donato Bramante, ed in particolare al tiburio di Santa Maria delle Grazie. All'interno dell'oratorio e sulle mura del portico sono presenti graffiti a monocromo, molto deperiti. Carlo Fumagalli, Diego Sant'Ambrogio, Luca Beltrami, La cascina Pozzobonelli nei Corpi Santi di Porta Orientale, in Reminiscenze di storia ed arte nel suburbio e nella città di Milano, Milano, Tipografia Pagnoni, 1891. Sylvia Ponticelli Righini, Nuove indagini sulla cascina Pozzobonelli a Milano, in Arte Lombarda, n. 86/87, 1988, pp. 114-126 (archiviato dall'url originale il 28 aprile 2014). Guida d'Italia, Milano, Edizioni Touring Club Italiano, Milano 2005. M.C. Passoni, J. Stoppa, Il tardogotico e il rinascimento, in "Itinerari di Milano e provincia", Provincia di Milano, MIlano, 2000 scheda architettonica del SIRBeC - Sistema Informativo dei Beni Culturali della Regione Lombardia, Milano, 2011. Ville e palazzi di Milano Rinascimento lombardo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cascina Pozzobonelli

Piscina Cozzi
Piscina Cozzi

La piscina comunale coperta Roberto Cozzi è una struttura sportiva coperta sita a Milano, in via Tunisia, inaugurata il 3 maggio 1934. Prima piscina interamente coperta in Italia, è opera dell'ingegnere e architetto Luigi Lorenzo Secchi (1899-1992) che aveva edificato pochi anni prima l'impianto scoperto della Piscina Romano. La piscina è intitolata al militare milanese medaglia d'oro al valor militare Roberto Cozzi (1893-1918). Oggi la struttura è centro federale della Federazione Italiana Nuoto. La costruzione della piscina coperta Cozzi fu promessa nel luglio 1929 dall'allora Podestà di Milano Giuseppe De Capitani d'Arzago durante la cerimonia di inaugurazione della piscina scoperta Romano. Per volere del podestà Marcello Visconti di Modrone, succeduto a Capitani, a quello stesso 1929 risalgono i primi progetti della nuova struttura che sarebbe diventata la più grande piscina coperta d'Europa di quei tempi, superando nell'ampiezza dei saloni e delle vasche le piscine Hallenschwimmbad di Berlin-Mitte in Germania e dell'isola Margherita di Budapest in Ungheria. La progettazione e la direzione dei lavori furono affidate all'architetto Luigi Secchi, allora Capo della Sezione Speciale Fabbricati ed Impianti Sportivi dell'Ufficio tecnico del Comune di Milano. Secchi era in quegli anni particolarmente attivo: nel 1933 era impegnato nella direzione di importanti lavori pubblici a Milano fra i quali il mercato rionale coperto di viale Monza, i campi sportivi di via Pascal e di via Fedro, la piscina comunale di via Cambini e le scuole pubbliche di piazza Leonardo da Vinci e di via Monte Velino. Il progetto della Cozzi fu il lavoro più gratificante e impegnativo che il Secchi definì come frutto di «architettura funzionale». L'impianto venne sviluppato su 4 800 mq di superficie a lato del nuovo viale (allora viale Regina Elena, oggi viale Tunisia) ricavato dalla demolizione del viadotto ferroviario che collegava la vecchia Stazione Centrale al Bivio Acquabella: l'area fu scelta perché centralissima e posta all'interno della direttrice di massimo sviluppo della città; l'area era inoltre servita dalla nuova Stazione Centrale, dai treni elettrici delle Varesine e da numerose linee tranviarie, rendendo facilmente raggiungibile l'impianto dalla gran parte dei quartieri cittadini e dai turisti che gravitavano su Milano. Essendo inoltre l'area relativamente libera da vincoli di piano regolatore, fu possibile ricavare ampi posteggi limitrofi alla piscina in grado di ospitare 400 automobili e di predisporre larghe aree verdi intorno all'impianto. Altro pregio della località scelta era la disposizione dell'asse maggiore da Nord a Sud, orientamento che favoriva l'insolazione all'interno dell'impianto per molte ore durante la giornata, dando agli ambienti «una nota gaia e festosa all'interno» I lavori di scavo cominciarono il 23 ottobre 1933 e l'impianto venne costruito in 194 giorni, di cui solo 63 immuni da pioggia e gelo; le condizioni climatiche resero particolarmente complessa la costruzione della struttura per la quale fu necessario, a causa del gelo, dotare il cantiere di impianti di produzione e distribuzione d'acqua calda per consentire il getto dei calcestruzzi. L'inaugurazione dell'impianto avvenne il 3 maggio 1934, in concomitanza con i Littoriali dello sport di quell'anno, solennemente aperti all'Arena e le cui gare di nuoto si svolsero nella nuova piscina. Luigi L. Secchi, La nuova piscina comunale coperta "Roberto Cozzi", in Città di Milano: bollettino municipale mensile di cronaca amministrativa e di statistica, Anno 50°, 1934-XII, fasc. 5, Milano, Stucchi, Ceretti e C., pp. 217-224. Luigi L. Secchi, La Piscina Comunale coperta "Roberto Cozzi" in Milano, in Il Politecnico, Anno LXXXIII, N. 9, Milano, Vallardi, settembre 1935, pp. 490-539. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla piscina Cozzi Istituto Luce, Littoriali dell'anno XII: Littoriali dello sport a Milano., Istituto Luce, maggio 1934, a 3 min 37 s. Daniele Garnerone, Piscina coperta Roberto Cozzi, su Lombardia Beni Culturali, http://www.lombardiabeniculturali.it, 2005.