place

Torre Solferino

Architetture di TorinoGrattacieli di TorinoPagine con mappePalazzi di Torino
Torre solferino
Torre solferino

La Torre Solferino, nota anche con il nome di «casa alta», è uno dei principali edifici residenziali multipiano di Torino, che sorge nell'omonima piazza del centro storico. Rappresenta il terzo dei grandi interventi operati nel centro storico del capoluogo piemontese nell'immediato dopoguerra. Il progetto presentato dall'architetto Gualtiero Casalegno e costruito dall'impresa del Cav. Orlando Cravotto nel 1949, fu il frutto di uno studio sulla base di progetti presentati per il concorso bandito nel 1946 dal Comune di Torino per la risistemazione urbanistica di piazza Solferino, a seguito della devastazione causata dal bombardamento occorso all'isolato compreso tra via Pietro Micca e via Santa Teresa. La giuria composta da eminenti figure di esperti torinesi, tra cui Gino Levi-Montalcini ed Eugenio Mollino, non assegnò il primo premio, ma soltanto il secondo e il terzo, rispettivamente al progetto del duo Bordogna-Psacharopulo e ad Annibale Rigotti. I progetti furono comunque acquistati dal Comune di Torino e consentirono all'amministrazione municipale di definire il nuovo piano regolatore dell'area con l'affidamento dei lavori a Gualtiero Casalegno che, nello stesso periodo era impegnato in altri progetti tra cui il singolare palazzo curvilineo di corso Massimo d'Azeglio 76 e la nuova sede amministrativa delle Cartiere Burgo in corso Matteotti. Nel settembre 2015 il breve tratto di porticato verso piazza Solferino è stato intitolato dal Comune di Torino al presentatore televisivo Enzo Tortora. L'edificio, completato nel 1952, si presenta in tutto il suo candore affacciandosi sul profilo della piazza e la scelta della finitura a intonaco chiaro le conferisce un inaspettato slancio, malgrado i 15 piani e i 50 metri d'altezza. Il basamento ripropone il tema del portico con ampi locali commerciali, svelando l'intento di dialogare con la vocazione commerciale dell'adiacente via Pietro Micca; nell'androne di ingresso del palazzo è presente una grande fotografia che raffigura il palazzo precedente, subito dopo i bombardamenti del 1942. Orientato perpendicolarmente all'asse dell'antistante via Cernaia, il prospetto principale è caratterizzato da un ritmo che scandisce i piani alternando finestre «a nastro» ad ampi terrazzi con vetrate che si affacciano sulla piazza, mentre le facciate laterali e quella posteriore presentano un disegno e altezze differenti, in raccordo agli edifici circostanti. L'ultimo piano prevede un attico sviluppato su due livelli, con un tetto pensile da cui si gode di un'ampia panoramica sul centro storico torinese. P. Viotto, Il concorso per la sistemazione di piazza Solferino, in «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino», 4, aprile, 1947, pp. 113-119 Costruzioni moderne a Torino: la Casa Alta, tra la vecchia via Pietro Micca e la nuova via Botero; il Palazzo Gualca-Sire in corso Duca degli Abruzzi; il Palazzo Santa Margherita in via Promis, in «Edilizia Moderna», 52, giugno, 1954, pp. 55-64 Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Lindau, Torino 1995 , pp. 136-137 Costruzioni di Torino più alte Piazza Solferino Via Pietro Micca Torre XX Settembre Casa Saiba Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre Solferino Scheda su MuseoTorino.it

Estratto dall'articolo di Wikipedia Torre Solferino (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Torre Solferino
Galleria Enzo Tortora, Torino Centro

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Torre SolferinoContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.070221 ° E 7.678349 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Galleria Enzo Tortora 21 bis/A
10121 Torino, Centro
Piemonte, Italia
mapAprire su Google Maps

Torre solferino
Torre solferino
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Teatro Vittorio Alfieri (Torino)
Teatro Vittorio Alfieri (Torino)

Il teatro Vittorio Alfieri è un teatro di Torino, uno dei maggiori insieme al Regio e al Carignano. Si trova in piazza Solferino, e ospita regolari stagioni di prosa. Fu costruito su progetto dell'architetto Lorenzo e suo figlio Barnaba Panizza, quindi inaugurato nel 1855. Tuttavia, rimase presto distrutto da un incendio il 5 gennaio 1858, e fu quindi celermente ricostruito nello stesso anno. Re-inaugurato il 22 agosto 1860, subì altri incendi nel 1863, nel 1868 e nel 1927, ma sempre ricostruito seguendo i disegni originari. Il teatro fu poi parzialmente colpito dalle incursioni aeree del 20 novembre e 8 dicembre 1942, durante la seconda guerra mondiale. Ristrutturato nel 1949, fu ampliata la platea e furono annesse le due attuali gallerie. L'ultima ristrutturazione dell'edificio avvenne nel 2002. Alla sua destra, all'angolo con Via Cernaia, si può ammirare anche la facciata ottocentesca della casa progettata e abitata dallo stesso Panizza. Inizialmente fu adibito a rappresentazioni liriche ed equestri grazie alla notevole capienza (2.000 spettatori). In seguito divenne la destinazione preferita per le rappresentazioni di prosa. Nel 1882 vi fu la prima assoluta de Il sortilegio, di Antonio Scontrino, nel 1888 di La Mandragola di Achille Graffigna, mentre nel 1909 di Capitan Fracassa di Mario Pasquale Costa; nel 1922 fu la volta di Scugnizza. Nel 1950 avviene la prima assoluta di Otto Schnaffs di Sandro Fuga diretta da Oliviero De Fabritiis nell'ambito di un cartellone che nello stesso anno vedeva le prime di Simon Boccanegra di Verdi diretto da Franco Ghione con Mirto Picchi, Carlo Tagliabue e Tancredi Pasero, Pelléas et Mélisande (opera) di Debussy, La sposa venduta di Smetana diretta da Ghione con Alvinio Misciano ed Ettore Bastianini, La traviata diretta da De Fabritiis con Giacinto Prandelli ed Ugo Savarese e Lohengrin (opera) con Rosanna Carteri, Gino Penno, Tagliabue e Pasero. Nel 1951 vi furono rappresentate le prime di La forza del destino diretta da De Fabritiis con Jolanda Gardino, Mario Filippeschi, Paolo Silveri, Saturno Meletti e Pasero, Boris Godunov (opera) con Boris Christoff, Giorgio Tozzi e Raffaele Arié, L'Arlesiana (opera) con Giulietta Simionato, Agostino Lazzari e Piero Guelfi, La bohème diretta da Gianandrea Gavazzeni con Giuseppe Campora e Bastianini e Falstaff (Verdi) diretta da Gavazzeni con Miriam Pirazzini, Mariano Stabile (cantante) e Renato Capecchi e nel 1953 Margherita da Cortona di Licinio Refice diretta dal compositore con Elisabetta Barbato, Renata Scotto ed Ugo Novelli e Rigoletto con Prandelli, Savarese e Tozzi, Andrea Chénier (opera) diretto da Gavazzeni con Bastianini e Novelli, Manon Lescaut diretta da Gavazzeni con Clara Petrella e La figlia di Madame Angot di Charles Lecocq. Dagli anni cinquanta la programmazione degli spettacoli fu curata da Giuseppe Erba, tenace pioniere e straordinario impresario teatrale e culturale torinese che caratterizzò gli spettacoli dell'Alfieri in termini di qualità e varietà, affiancando alla prosa eccezionali interpreti del jazz come Louis Armstrong, Duke Ellington, Miles Davis o Dizzie Gillespie, esplorando il teatro classico grazie a una feconda unione con Vittorio Gassman, ospitando rivista e operetta e offrendo il suo palco a personaggi quali Erminio Macario, Wanda Osiris, Renato Rascel, Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, Carlo Dapporto, Gino Bramieri, Giorgio Gaber, Gigi Proietti e molti altri. Sino ad oggi è stato gestito dalla Compagnia Torino Spettacoli; fanno parte del circuito anche il teatro Erba e il teatro Gioiello. Dal settembre 2022 il Teatro Alfieri e il Teatro Gioiello sono gestiti da Fabrizio di Fiore con la “FdF Gestioni Attività Teatrali”. La direzione artistica è affidata a Luciano Cannito. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Vittorio Alfieri Torino Spettacoli, su torinospettacoli.com.

Chiesa di San Giuseppe (Torino)
Chiesa di San Giuseppe (Torino)

La chiesa di San Giuseppe è una delle chiese di Torino, sita in via Santa Teresa 22, fra via dei Mercanti e via San Francesco di Assisi. Non va confusa con la chiesa del Patrocinio di San Giuseppe di via Biglieri 7 nel quartiere Nizza Millefonti. La chiesa venne costruita ristrutturando la vecchia chiesa del Monastero delle Madri del Santissimo Crocifisso. La nuova chiesa fu opera dell'architetto Carlo Emanuele Lanfranchi ed i lavori ebbero inizio verso il 1681, dopo che i Ministri degli Infermi si erano stabiliti in città. Ha pianta a croce latina e stile barocco. Sul transetto cupola con lanternino cilindrico. Gli affreschi originali di Giovanni Battista Alberoni sulla facciata, simulanti finte architetture, vennero cancellati nel 1854 e la facciata venne rifatta nel 1909 dall'architetto Giuseppe Ferrari d'Orsara. All'interno si possono ammirare la pala dell'altar maggiore di Sebastiano Taricco Transito di San Giuseppe e la tela San Camillo con la Vergine del Milocco. Da notare due belle statue, La Maddalena e San Giovanni Battista. L'altare maggiore, voluto da Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, risale al 1696. Roberto Dinucci, Guida di Torino, Edizioni D'Aponte, Torino Marziano Bernardi, Torino - Storia e Arte, Edizioni d'Arte Fratelli Pozzo, Torino, 1975 Edifici di culto a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giuseppe Piemontesacro-Chiesa di San Giuseppe –Torino, su piemontesacro.it. Comunità Madia, su sites.google.com. URL consultato l'8 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2016).

Via Pietro Micca
Via Pietro Micca

Via Pietro Micca è una delle vie storiche del Centro storico di Torino. Ha inizio in piazza Castello e termina in piazza Solferino. Fu costruita nel periodo 1885-1897, in obliquo rispetto al reticolato viario, diventando così una delle prime vie a rompere la scacchiera tipica del Quadrilatero Romano; a causa del suo disegno fu soprannominata la Diagonale. La matrice architettonica della via è lo stile eclettico; fu intitolata a Pietro Micca, nome attribuito al soldato dell'esercito sabaudo ritenuto autore dell'esplosione in una delle gallerie che correvano sotto la Cittadella militare, provocata per impedire l'invasione delle truppe francesi durante l'assedio di Torino del 1706. Fu progettata nel 1885, tagliando in diagonale lo schema a pianta romana del centro cittadino, nel complesso di un più ampio intervento di risanamento che interessò una parte cospicua del Quadrilatero romano. Gli isolati tra piazza Castello e piazza Solferino, prima del 1885, erano ancora di impianto medievale, edificati senza alcuna normativa edilizia o urbanistica, il che rendeva difficile la circolazione e impediva un ricircolo regolare di aria e il passaggio di luce: le condizioni igieniche non erano, quindi, delle migliori. Il consiglio comunale, su particolare impulso di Ernesto Balbo Bertone di Sambuy, già nel 1876 aveva proposto uno sventramento diagonale, concretizzatosi l'anno successivo in un piano degli ingegneri Petrino, Boella e Reycend, poi ripreso (1881-1882) da Giuseppe Tonta. Contemporaneamente fu istituita una Commissione e il 9 gennaio 1882 furono designati dal sindaco, conte Luigi Ferraris, come membri, i consiglieri Alessandro Antonelli, Bollati, Ernesto Balbo Bertone di Sambuy, Carlo Ceppi, Desiderato Chiaves, Favale, Amedeo Peyron e Rossi. Mentre la Commissione fissava alcuni orientamenti di massima, veniva costituita al suo interno una Sottocommissione, composta da Carlo Ceppi, Giovanni Battista Ferrante e Giacomo Soldati, incaricata di studiare il piano di risanamento. Frutto delle numerose riunioni della Sottocommissione fu una complessa ed articolata relazione che venne esposta da Ferrante alla Commissione nel corso della riunione del 17 gennaio 1884. La relazione affrontava innanzitutto le questioni relative all'opportunità di aprire vie diagonali o curvilinee ed alla necessità di nuovi portici o passaggi coperti. La Sottocommissione rispondeva in modo affermativo a tali quesiti preliminari. Si riteneva che le vie diagonali avessero il pregio di accorciare le distanze di percorrenza fra due punti distinti della città e che vivacizzassero la monotonia di un impianto urbanistico rigorosamente a scacchiera; inoltre si stimava che i residui di aree risultanti dal taglio diagonale delle vie, anche se troppo esigui per l'edificazione, potessero essere destinati alla sistemazione di aiuole, chioschi e simili; la planimetria degli appartamenti - si precisava ancora - non ne avrebbe risentito, purché si avesse avuto l'accortezza di «riportare lo sbieco» su scale, stanzini di passaggio, anditi. Analoghe considerazioni erano svolte a favore delle vie curvilinee. Riguardo ai portici, o in alternativa alle gallerie vetrate, la Sottocommissione esprimeva parere favorevole, ritenendo che il vantaggio che offrivano nelle giornate di pioggia e neve e l'alto reddito fornito dai negozi che ivi si affacciavano avrebbero compensato i loro difetti di costo e di imperfetta illuminazione. Permasero comunque dubbi nella Commissione sull'effettiva utilità della diagonale, ma non sulla necessità di effettuare il risanamento attraverso demolizioni e ricostruzioni, vero oggetto degli interventi. I tagli progettati furono estesi a tutto il centro, con priorità al rione San Tommaso e presso la via IV Marzo. Al momento dell'approvazione del primo lotto, a novembre del 1884, non era ancora compresa la via diagonale. Dopo una serie di vicende burocratiche riguardo alle espropriazioni e all'approvazione dei progetti, il Comune di Torino diede il via libera ad una serie di interventi - classificati in tre categorie secondo l'ordine d'importanza - che interessavano il centro della città. Via Pietro Micca apparteneva solo in parte (testate) alla prima categoria. Poco dopo, il 15 gennaio 1885, fu approvata dallo Stato italiano la cosiddetta "Legge per Napoli", che permetteva l'accesso ad agevolazioni per il risanamento dei centri antichi degradati anche ad altri Comuni e stabiliva parametri economici unitari per gli esproprii. Torino aderì immediatamente e presentò appena tre giorni dopo i progetti, con la diagonale considerata di seconda categoria. Il 13 marzo 1885, il Consiglio comunale approvava la costruzione dei due isolati estremi della diagonale, stabilendone di fatto l'esecuzione. L'insieme delle opere, ormai definito, si concretizzò in un nuovo piano, denominato "piano Velasco" dal nome dell'ingegnere capo della Città. Sorsero allora vivaci proteste da parte dei commercianti e possidenti del centro, con il fine non celato di alzare le quote degli esproprii; con la mancata applicazione dei parametri della Legge per Napoli a favore di una stima sui prezzi medi delle aree interessate, le proteste furono superate e i lavori poterono iniziare nel 1886 con le testate della via, dopodiché si procedette alla costruzione delle parti centrali, escluse dalla Legge per Napoli perché considerate di seconda categoria. Per l'edificazione furono fatti accordi fra Città e privati costruttori, fra i quali spiccarono i Maggia ed i Delleani. In mancanza di un accordo, sarebbe stata la Città stessa a costruire a sue spese. Il primo lotto, su piazza Castello, fu edificato dalla Città nel 1891 e venduto poco dopo a Maggia.Via Pietro Micca fu aperta al pubblico nel maggio del 1897. Costò alla Città 6.774.600 lire. Il processo di risanamento del vecchio quadrilatero romano continuò tuttavia fino agli anni '30 del Novecento, nelle vie adiacenti, portando il segno dell'evoluzione dell'architettura, dal Liberty al Novecento. I palazzi e, in particolare, i porticati del lato settentrionale della via, furono finanziati e destinati a residenze di lusso e negozi. Architetti furono Carlo Ceppi, Silvio Scacchetti, Giuseppe Tonta e Costantino Gilodi; questi ultimi furono autori delle palazzate con testata su piazza Castello e piazza Solferino. Il Palazzo Fiorina, concepito nel 1860 e finanziato dalla ricca famiglia Fiorina, è la naturale terminazione occidentale della via, all'incrocio con via Botero e la parte settentrionale di piazza Solferino; si tratta di un condominio rossiccio a tre piani, con ricche decorazioni tra il liberty e il tardo-barocco, più elegantissimi porticati con capitelli neoclassici. Fu sede dell'hotel omonimo, mentre sotto i portici nacque la storica libreria "Slavia", a cura di Alfredo Polledro, poi rinominata "Petrini" nel 1872 e sede d'incontri di illustri letterati, come Edmondo De Amicis, Zino Zini e Piero Gobetti, oggi diventata Torre di Abele. All'angolo con via Botero, storico fu il bar-birreria "Voigt" (oggi Norman bar), dove fu costituita, nel 1906, la squadra del Torino Football Club. Poco più in là, al numero 10 di via Pietro Micca, abitò, nei suoi ultimi anni, lo scrittore De Amicis. Sul lato opposto, i bombardamenti della seconda guerra mondiale distrussero un palazzo neobarocco di Gilodi, poi rimpiazzato dall'attuale Torre Solferino, all'incrocio con piazza Solferino. A Carlo Ceppi si deve la progettazione del Palazzo Bellia, che si trova alla confluenza con il lato settentrionale di via San Tommaso, uno dei più begli esempi di architettura dell'eclettismo a Torino. Nel cantiere furono utilizzate per la prima volta a Torino travi in calcestruzzo armato (1894-95). La chiesa di San Tommaso, antecedente (1584) alla creazione della via, possedeva, prima del 1886, una pianta a croce latina, il che la rendeva ostacolo alla realizzazione della via: nei primi progetti fu proposto l'abbattimento, ma in seguito il Comune deliberò che la facciata della parrocchia arretrasse di otto metri. L'architetto Carlo Ceppi, che si era opposto all'iniziale progetto di demolizione della chiesa, provvide alla sua trasformazione. In occasione delle manifestazioni per il bicentenario e il tricentenario dell'assedio di Torino del 1706, via Pietro Micca ha ospitato i caroselli e le sfilate in costume. Inoltre, la via è teatro delle sfilate cittadine per la festa di San Giovanni con Gianduja e Giacometta. Alberto Massaia, Bruno Sarzotti, Aspetti giuridico-amministrativi ed urbanistico-architettonici della estensione della Legge di Napoli n. 2892 del 1885. Un caso singolare: via Pietro Micca a Torino, in "Bollettino Storico - bibliografico Subalpino", Primo semestre, 1991, pp. 115-171. Renzo Rossotti, Le Strade di Torino, pp.370-372, 1995, Newton Compton. Dove, Come, Quando - Guida di Torino '98-99, Torino, Gruppi di Volontariato Vincenziano, 1997 Torino nell'Ottocento e nel Novecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi napoleonici, a cura di Paolo Scarzella, Torino 1995, pp. 6-39. Costantino Gilodi ingegnere architetto a Torino e in Valsesia tra Eclettismo e Belle Epoque, a cura di Enrica Ballarè, Borgosesia, 2018. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Via Pietro Micca

Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Torino)
Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Torino)

Il Palazzo della Banca Commerciale Italiana è un edificio storico di Torino che occupa l'angolo fra la via dell'Arsenale e la via Santa Teresa. Fu completato nel 1901 su progetto dell'ingegner architetto Angelo Santonè (1852-1908) come sede delle filiale torinese della Banca Commerciale Italiana. La via dell'Arsenale nasce nel 1659 quando Carlo Emanuele II ordina di trasferire le fonderie dei cannoni e le relative dipendenze dalla zona del Castello intorno alla strada che si prolungava oltre la via San Tommaso: il nuovo tratto prese quindi il nome di via dell'Arsenale. L'edificio viene poi sostituito sotto Carlo Emanuele III da una piccola cittadella militare dedicata alla produzione di armi il cui progetto viene approvato nel 1736. La via rimane chiusa da una cancellata di ferro che viene rimossa nel 1847; nonostante l'apertura la via rimane però isolata dal tessuto cittadino per molti anni e risulta occupata da residenze di famiglie aristocratiche a cui si aggiungono i primi palazzi degli istituti bancari (Banca Nazionale del Regno, 1858, poi Banca d'Italia dal 1893) e di imprese di servizi (Società Elettrica Alta Italia, Poste e Telegrafo, Società Italiana per il Gaz, Unione tipografica editrice). Si venne quindi a creare una sorta di quartiere finanziario esteso fino alla parallela via XX Settembre nel quale la Banca Commerciale Italiana (fondata a Milano nel 1894) decide di insediare la propria filiale torinese dopo avere rilevato nel 1897 il torinese Credito Industriale; gli spazi del Credito Industriale si rivelano però insufficienti e nel 1898 la direzione della Banca Commerciale procede quindi all'acquisto di due edifici di proprietà degli eredi Caramagna e di uno di proprietà dei marchesi Pallavicino Mossi al numero 9 di via Santa Teresa. Acquisiti i terreni, la proprietà della Banca affida all'architetto Angelo Santonè la progettazione di un unico edificio a tre piani fuori terra che prenderà il posto degli edifici che vengono demoliti. Santonè progetta un edificio a due ordini che mantiene la signorilità degli antichi palazzi gentilizi della zona e dispone l'ingresso principale a smusso sull'angolo delle due vie coronandolo con un balcone d'onore sorretto da due cariatidi opera dello scultore torinese Cesare Reduzzi (1857-1911). I due piani principali seguono l'ordine corinzio architravato e sono ricchi di colonne e lesene. Palazzo del Credito Italiano in Torino, in L'Architettura Italiana, Anno III, n. 6, Torino, C. Crudo & C., Marzo 1908, pp. 21-22. Commemorazione dell'Ingegnere-Architetto Angelo Santonè, in L'Architettura Italiana, Anno IV, n. 1, Torino, C. Crudo & C., Ottobre 1908, pp. 1-7. Grosso, Roberto, Via dell'Arsenale e la sede torinese della Banca Commerciale Italiana (PDF), n. 1, Milano, Banca commerciale italiana, 1995, pp. 1-7. Ville e palazzi di Torino Eclettismo (arte) Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Messina) Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo della Banca Commerciale Italiana