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Via Pietro Micca

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Via Pietro Micca è una delle vie storiche del Centro storico di Torino. Ha inizio in piazza Castello e termina in piazza Solferino. Fu costruita nel periodo 1885-1897, in obliquo rispetto al reticolato viario, diventando così una delle prime vie a rompere la scacchiera tipica del Quadrilatero Romano; a causa del suo disegno fu soprannominata la Diagonale. La matrice architettonica della via è lo stile eclettico; fu intitolata a Pietro Micca, nome attribuito al soldato dell'esercito sabaudo ritenuto autore dell'esplosione in una delle gallerie che correvano sotto la Cittadella militare, provocata per impedire l'invasione delle truppe francesi durante l'assedio di Torino del 1706. Fu progettata nel 1885, tagliando in diagonale lo schema a pianta romana del centro cittadino, nel complesso di un più ampio intervento di risanamento che interessò una parte cospicua del Quadrilatero romano. Gli isolati tra piazza Castello e piazza Solferino, prima del 1885, erano ancora di impianto medievale, edificati senza alcuna normativa edilizia o urbanistica, il che rendeva difficile la circolazione e impediva un ricircolo regolare di aria e il passaggio di luce: le condizioni igieniche non erano, quindi, delle migliori. Il consiglio comunale, su particolare impulso di Ernesto Balbo Bertone di Sambuy, già nel 1876 aveva proposto uno sventramento diagonale, concretizzatosi l'anno successivo in un piano degli ingegneri Petrino, Boella e Reycend, poi ripreso (1881-1882) da Giuseppe Tonta. Contemporaneamente fu istituita una Commissione e il 9 gennaio 1882 furono designati dal sindaco, conte Luigi Ferraris, come membri, i consiglieri Alessandro Antonelli, Bollati, Ernesto Balbo Bertone di Sambuy, Carlo Ceppi, Desiderato Chiaves, Favale, Amedeo Peyron e Rossi. Mentre la Commissione fissava alcuni orientamenti di massima, veniva costituita al suo interno una Sottocommissione, composta da Carlo Ceppi, Giovanni Battista Ferrante e Giacomo Soldati, incaricata di studiare il piano di risanamento. Frutto delle numerose riunioni della Sottocommissione fu una complessa ed articolata relazione che venne esposta da Ferrante alla Commissione nel corso della riunione del 17 gennaio 1884. La relazione affrontava innanzitutto le questioni relative all'opportunità di aprire vie diagonali o curvilinee ed alla necessità di nuovi portici o passaggi coperti. La Sottocommissione rispondeva in modo affermativo a tali quesiti preliminari. Si riteneva che le vie diagonali avessero il pregio di accorciare le distanze di percorrenza fra due punti distinti della città e che vivacizzassero la monotonia di un impianto urbanistico rigorosamente a scacchiera; inoltre si stimava che i residui di aree risultanti dal taglio diagonale delle vie, anche se troppo esigui per l'edificazione, potessero essere destinati alla sistemazione di aiuole, chioschi e simili; la planimetria degli appartamenti - si precisava ancora - non ne avrebbe risentito, purché si avesse avuto l'accortezza di «riportare lo sbieco» su scale, stanzini di passaggio, anditi. Analoghe considerazioni erano svolte a favore delle vie curvilinee. Riguardo ai portici, o in alternativa alle gallerie vetrate, la Sottocommissione esprimeva parere favorevole, ritenendo che il vantaggio che offrivano nelle giornate di pioggia e neve e l'alto reddito fornito dai negozi che ivi si affacciavano avrebbero compensato i loro difetti di costo e di imperfetta illuminazione. Permasero comunque dubbi nella Commissione sull'effettiva utilità della diagonale, ma non sulla necessità di effettuare il risanamento attraverso demolizioni e ricostruzioni, vero oggetto degli interventi. I tagli progettati furono estesi a tutto il centro, con priorità al rione San Tommaso e presso la via IV Marzo. Al momento dell'approvazione del primo lotto, a novembre del 1884, non era ancora compresa la via diagonale. Dopo una serie di vicende burocratiche riguardo alle espropriazioni e all'approvazione dei progetti, il Comune di Torino diede il via libera ad una serie di interventi - classificati in tre categorie secondo l'ordine d'importanza - che interessavano il centro della città. Via Pietro Micca apparteneva solo in parte (testate) alla prima categoria. Poco dopo, il 15 gennaio 1885, fu approvata dallo Stato italiano la cosiddetta "Legge per Napoli", che permetteva l'accesso ad agevolazioni per il risanamento dei centri antichi degradati anche ad altri Comuni e stabiliva parametri economici unitari per gli esproprii. Torino aderì immediatamente e presentò appena tre giorni dopo i progetti, con la diagonale considerata di seconda categoria. Il 13 marzo 1885, il Consiglio comunale approvava la costruzione dei due isolati estremi della diagonale, stabilendone di fatto l'esecuzione. L'insieme delle opere, ormai definito, si concretizzò in un nuovo piano, denominato "piano Velasco" dal nome dell'ingegnere capo della Città. Sorsero allora vivaci proteste da parte dei commercianti e possidenti del centro, con il fine non celato di alzare le quote degli esproprii; con la mancata applicazione dei parametri della Legge per Napoli a favore di una stima sui prezzi medi delle aree interessate, le proteste furono superate e i lavori poterono iniziare nel 1886 con le testate della via, dopodiché si procedette alla costruzione delle parti centrali, escluse dalla Legge per Napoli perché considerate di seconda categoria. Per l'edificazione furono fatti accordi fra Città e privati costruttori, fra i quali spiccarono i Maggia ed i Delleani. In mancanza di un accordo, sarebbe stata la Città stessa a costruire a sue spese. Il primo lotto, su piazza Castello, fu edificato dalla Città nel 1891 e venduto poco dopo a Maggia.Via Pietro Micca fu aperta al pubblico nel maggio del 1897. Costò alla Città 6.774.600 lire. Il processo di risanamento del vecchio quadrilatero romano continuò tuttavia fino agli anni '30 del Novecento, nelle vie adiacenti, portando il segno dell'evoluzione dell'architettura, dal Liberty al Novecento. I palazzi e, in particolare, i porticati del lato settentrionale della via, furono finanziati e destinati a residenze di lusso e negozi. Architetti furono Carlo Ceppi, Silvio Scacchetti, Giuseppe Tonta e Costantino Gilodi; questi ultimi furono autori delle palazzate con testata su piazza Castello e piazza Solferino. Il Palazzo Fiorina, concepito nel 1860 e finanziato dalla ricca famiglia Fiorina, è la naturale terminazione occidentale della via, all'incrocio con via Botero e la parte settentrionale di piazza Solferino; si tratta di un condominio rossiccio a tre piani, con ricche decorazioni tra il liberty e il tardo-barocco, più elegantissimi porticati con capitelli neoclassici. Fu sede dell'hotel omonimo, mentre sotto i portici nacque la storica libreria "Slavia", a cura di Alfredo Polledro, poi rinominata "Petrini" nel 1872 e sede d'incontri di illustri letterati, come Edmondo De Amicis, Zino Zini e Piero Gobetti, oggi diventata Torre di Abele. All'angolo con via Botero, storico fu il bar-birreria "Voigt" (oggi Norman bar), dove fu costituita, nel 1906, la squadra del Torino Football Club. Poco più in là, al numero 10 di via Pietro Micca, abitò, nei suoi ultimi anni, lo scrittore De Amicis. Sul lato opposto, i bombardamenti della seconda guerra mondiale distrussero un palazzo neobarocco di Gilodi, poi rimpiazzato dall'attuale Torre Solferino, all'incrocio con piazza Solferino. A Carlo Ceppi si deve la progettazione del Palazzo Bellia, che si trova alla confluenza con il lato settentrionale di via San Tommaso, uno dei più begli esempi di architettura dell'eclettismo a Torino. Nel cantiere furono utilizzate per la prima volta a Torino travi in calcestruzzo armato (1894-95). La chiesa di San Tommaso, antecedente (1584) alla creazione della via, possedeva, prima del 1886, una pianta a croce latina, il che la rendeva ostacolo alla realizzazione della via: nei primi progetti fu proposto l'abbattimento, ma in seguito il Comune deliberò che la facciata della parrocchia arretrasse di otto metri. L'architetto Carlo Ceppi, che si era opposto all'iniziale progetto di demolizione della chiesa, provvide alla sua trasformazione. In occasione delle manifestazioni per il bicentenario e il tricentenario dell'assedio di Torino del 1706, via Pietro Micca ha ospitato i caroselli e le sfilate in costume. Inoltre, la via è teatro delle sfilate cittadine per la festa di San Giovanni con Gianduja e Giacometta. Alberto Massaia, Bruno Sarzotti, Aspetti giuridico-amministrativi ed urbanistico-architettonici della estensione della Legge di Napoli n. 2892 del 1885. Un caso singolare: via Pietro Micca a Torino, in "Bollettino Storico - bibliografico Subalpino", Primo semestre, 1991, pp. 115-171. Renzo Rossotti, Le Strade di Torino, pp.370-372, 1995, Newton Compton. Dove, Come, Quando - Guida di Torino '98-99, Torino, Gruppi di Volontariato Vincenziano, 1997 Torino nell'Ottocento e nel Novecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi napoleonici, a cura di Paolo Scarzella, Torino 1995, pp. 6-39. Costantino Gilodi ingegnere architetto a Torino e in Valsesia tra Eclettismo e Belle Epoque, a cura di Enrica Ballarè, Borgosesia, 2018. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Via Pietro Micca

Estratto dall'articolo di Wikipedia Via Pietro Micca (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Via Pietro Micca
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Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Torino)
Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Torino)

Il Palazzo della Banca Commerciale Italiana è un edificio storico di Torino che occupa l'angolo fra la via dell'Arsenale e la via Santa Teresa. Fu completato nel 1901 su progetto dell'ingegner architetto Angelo Santonè (1852-1908) come sede delle filiale torinese della Banca Commerciale Italiana. La via dell'Arsenale nasce nel 1659 quando Carlo Emanuele II ordina di trasferire le fonderie dei cannoni e le relative dipendenze dalla zona del Castello intorno alla strada che si prolungava oltre la via San Tommaso: il nuovo tratto prese quindi il nome di via dell'Arsenale. L'edificio viene poi sostituito sotto Carlo Emanuele III da una piccola cittadella militare dedicata alla produzione di armi il cui progetto viene approvato nel 1736. La via rimane chiusa da una cancellata di ferro che viene rimossa nel 1847; nonostante l'apertura la via rimane però isolata dal tessuto cittadino per molti anni e risulta occupata da residenze di famiglie aristocratiche a cui si aggiungono i primi palazzi degli istituti bancari (Banca Nazionale del Regno, 1858, poi Banca d'Italia dal 1893) e di imprese di servizi (Società Elettrica Alta Italia, Poste e Telegrafo, Società Italiana per il Gaz, Unione tipografica editrice). Si venne quindi a creare una sorta di quartiere finanziario esteso fino alla parallela via XX Settembre nel quale la Banca Commerciale Italiana (fondata a Milano nel 1894) decide di insediare la propria filiale torinese dopo avere rilevato nel 1897 il torinese Credito Industriale; gli spazi del Credito Industriale si rivelano però insufficienti e nel 1898 la direzione della Banca Commerciale procede quindi all'acquisto di due edifici di proprietà degli eredi Caramagna e di uno di proprietà dei marchesi Pallavicino Mossi al numero 9 di via Santa Teresa. Acquisiti i terreni, la proprietà della Banca affida all'architetto Angelo Santonè la progettazione di un unico edificio a tre piani fuori terra che prenderà il posto degli edifici che vengono demoliti. Santonè progetta un edificio a due ordini che mantiene la signorilità degli antichi palazzi gentilizi della zona e dispone l'ingresso principale a smusso sull'angolo delle due vie coronandolo con un balcone d'onore sorretto da due cariatidi opera dello scultore torinese Cesare Reduzzi (1857-1911). I due piani principali seguono l'ordine corinzio architravato e sono ricchi di colonne e lesene. Palazzo del Credito Italiano in Torino, in L'Architettura Italiana, Anno III, n. 6, Torino, C. Crudo & C., Marzo 1908, pp. 21-22. Commemorazione dell'Ingegnere-Architetto Angelo Santonè, in L'Architettura Italiana, Anno IV, n. 1, Torino, C. Crudo & C., Ottobre 1908, pp. 1-7. Grosso, Roberto, Via dell'Arsenale e la sede torinese della Banca Commerciale Italiana (PDF), n. 1, Milano, Banca commerciale italiana, 1995, pp. 1-7. Ville e palazzi di Torino Eclettismo (arte) Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Messina) Palazzo della Banca Commerciale Italiana (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo della Banca Commerciale Italiana

Chiesa di San Giuseppe (Torino)
Chiesa di San Giuseppe (Torino)

La chiesa di San Giuseppe è una delle chiese di Torino, sita in via Santa Teresa 22, fra via dei Mercanti e via San Francesco di Assisi. Non va confusa con la chiesa del Patrocinio di San Giuseppe di via Biglieri 7 nel quartiere Nizza Millefonti. La chiesa venne costruita ristrutturando la vecchia chiesa del Monastero delle Madri del Santissimo Crocifisso. La nuova chiesa fu opera dell'architetto Carlo Emanuele Lanfranchi ed i lavori ebbero inizio verso il 1681, dopo che i Ministri degli Infermi si erano stabiliti in città. Ha pianta a croce latina e stile barocco. Sul transetto cupola con lanternino cilindrico. Gli affreschi originali di Giovanni Battista Alberoni sulla facciata, simulanti finte architetture, vennero cancellati nel 1854 e la facciata venne rifatta nel 1909 dall'architetto Giuseppe Ferrari d'Orsara. All'interno si possono ammirare la pala dell'altar maggiore di Sebastiano Taricco Transito di San Giuseppe e la tela San Camillo con la Vergine del Milocco. Da notare due belle statue, La Maddalena e San Giovanni Battista. L'altare maggiore, voluto da Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, risale al 1696. Roberto Dinucci, Guida di Torino, Edizioni D'Aponte, Torino Marziano Bernardi, Torino - Storia e Arte, Edizioni d'Arte Fratelli Pozzo, Torino, 1975 Edifici di culto a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Giuseppe Piemontesacro-Chiesa di San Giuseppe –Torino, su piemontesacro.it. Comunità Madia, su sites.google.com. URL consultato l'8 maggio 2013 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2016).

Chiesa di San Tommaso (Torino)
Chiesa di San Tommaso (Torino)

La chiesa di San Tommaso apostolo è un luogo di culto cattolico di Torino, situato nel cuore del suo centro storico, all'incrocio tra Via Pietro Micca, Via San Tommaso e Via Monte di Pietà. La chiesa è uno degli edifici di culto più antichi della città. Eretta probabilmente nell'XI secolo, viene menzionata per la prima volta in documenti del 1115, e nel 1351 il rettore era Pietro Della Rovere. Attorniata da tre piccoli cimiteri, si trovava tra quelle che erano al tempo la 'via dei due boui' e la 'via della barra di ferro'. Crollò e venne ricostruita una prima volta nel 1447, poi a partire dal 1584, poiché da quasi cent'anni risultava inagibile. I Frati Minori Osservanti, che avevano perso la parrocchia di Santa Maria degli Angeli nel 1536 e si erano sistemati a San Tommaso nel 1542, rilevarono la cura della parrocchia nel 1575. Il 9 Luglio 1545 papa Papa Paolo III aveva emesso una bolla che definiva la convenzione tra i Frati ed il canonico Buschetti. I Frati presero ufficialmente possesso della parrocchia il 18 Agosto 1576. Nel 1584 avviarono la ricostruzione del nuovo edificio e la prima pietra fu posato il 19 giugno da Carlo Emanuele I di Savoia. L'edificio venne consacrato l'8 maggio 1621, ma nel 1698 fu danneggiato da uno scoppio in una vicina polveriera. Nel 1703 il cantiere fu affidato ad Agostino Rama, che iniziò la costruzione della cupola, rivestita in piombo nel 1831. Il convento fu soppresso nel 1801 dal governo napoleonico e poi dopo il ritorno dei Savoia, restaurato ed ingrandito fino ad occupare un intero isolato ed ospitare circa cento frati. Il convento fu poi soppresso definitivamente con la Legge Rattazzi Alla fine dell'Ottocento, dovendo costruire la nuova diagonale di Via Pietro Micca, il comune di Torino decretò la soppressione della chiesa e la sua distruzione, poiché situata al centro del tracciato della strada. L'edificio si salvò per volere dell'architetto Carlo Ceppi, che stava progettando il tracciato della nuova arteria: nel 1895 la navata venne demolita e, su modello della Basilica di Santa Maria della Salute di Venezia, costruito il nuovo avancorpo. La pianta passò così da croce latina a croce greca, e sulla nuova facciata ricurva furono collocate le statue di San Francesco e Sant'Antonio, rimosse dalla facciata precedente. I lavori terminarono nel 1897. Dell'antica chiesa, dopo la ricostruzione, rimangono l'abside, il transetto, il campanile e l'altare. Chiesa molto amata dai torinesi, venne visitata assiduamente dai grandi santi sociali di Torino, come San Giuseppe Benedetto Cottolengo e San Giuseppe Cafasso. Parrocchiani furono i servi di Dio fra Leopoldo Musso e Angela Catterina Lucia Bocchino e Paolo Pio Perazzo, le cui spoglie riposano nella chiesa. Nel 2013 la parrocchia fu soppressa e la chiesa annessa al Duomo di Torino. L'avancorpo della chiesa, costruito nel 1895 su progetto dell'architetto torinese Carlo Ceppi in sostituzione della demolita navata, è semicircolare con deambulatorio. All'esterno, è caratterizzato, nella parte inferiore, dal portale, situato al centro, con ricca cornice e frontone in marmo e, in quella superiore, da tre finestre ellittiche intervallate da volute sormontate da guglie barocche. La cupola, posta immediatamente oltre l'avancorpo, possiede sia il tamburo, con finestre circolari, sia la lanterna, sormontata da una croce in ferro. Alla sua destra, il campanile. L'interno della chiesa, interamente affrescato, è costituito dalla crociera coperta dalla cupola, intorno alla quale vi sono i due bracci del transetto, ognuno costituito da una campata a pianta quadrata coperta con volta a botte lunettata, dall'abside semicircolare e dall'avancorpo, anch'esso semicircolare, intorno al quale corre il deambulatorio. Le cappelle ai lati dell'altar maggiore sono opera dell'architetto messinese Francesco Martinez, pronipote di Filippo Juvarra. L'altare maggiore fu rinnovato nel 1838 utilizzando i marmi del precedente altare seicentesco. Il pulpito fu realizzato in legno di noce dall'ebanista Carlo Maria Ugliengo nel 1724. Sulla cantoria in controfacciata, si trova l'organo a canne, costruito nel 1889 da Carlo Vegezzi-Bossi riutilizzando la cassa e parte del materiale fonico del precedente organo Serassi. Lo strumento, racchiuso entro una cassa sobriamente decorata con dorature, con mostra composta da 33 canne di principale disposte in cuspide unica, possiede due consolle, entrambe con due tastiere di 58 note ciascuna e pedaliera di 30 note: una in cantoria, a trasmissione pneumatica, con pedaliera dritta; una nei pressi del presbiterio, a trasmissione elettrica, con pedaliera concava. Ferrero Giuseppe, Sotto il campanile di san Tommaso Apostolo in Torino, 2000, Torino. Arcidiocesi di Torino San Tommaso apostolo Barocco piemontese Via Pietro Micca Edifici di culto in Torino Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Tommaso Scheda della chiesa sul sito visitatorino.com, su visitatorino.com. URL consultato il 15 ottobre 2012 (archiviato dall'url originale il 13 novembre 2012). L'organo a canne (PDF), su vegezzi-bossi.com. URL consultato il 15 ottobre 2012 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).

Chiesa di Santa Teresa (Torino)
Chiesa di Santa Teresa (Torino)

La chiesa di Santa Teresa è un edificio religioso di Torino, in stile barocco, sito in Via Santa Teresa, perpendicolarmente e non lontano da Piazza San Carlo. La chiesa fu costruita per i padri carmelitani su iniziativa della Madama Reale Cristina di Francia nel 1642, nell'ambito del nuovo ampliamento della città; sembra infatti che nel cantiere venissero utilizzate le pietre dell'adiacente Porta Marmorea, una delle quattro porte di epoca romana. Il progetto viene tradizionalmente attribuito ad Andrea Costaguta, anch'egli carmelitano, molto legato alla casa regnante sabauda, che portò la fabbrica quasi a completamento, sostituito dal confratello Alessandro Valperga. La facciata è del 1764 e fu donata dall’Arcivescovo di Torino Cardinale Giambattista Roero di Pralormo, il cui stemma adorna la facciata e il cui monumento funebre si trova all’interno. Il cardinale è menzionato nella dedicata sulla facciata. La chiesa subì rilevanti danni dai bombardamenti del 1943, la facciata rischiò di staccarsi e parte del tetto venne distrutto provocando danni all'interno tra cui una delle due porte intarsiate dal celebre ebanista Pietro Piffetti. Gli eventi bellici sono inoltre responsabili della distruzione degli edifici attigui, poi ricostruiti nel secondo dopoguerra. La facciata fu realizzata nel 1764 su progetto di CARLO FILIPPO ALIBERTI. L’ordine inferiore è scandito da paraste laterali e quattro colonne con capitelli compositi ai lati del portale d’ingresso con timpano a lunetta ornato da festoni. Nell’ordine superiore prosegue la ripartizione per mezzo di colonne e paraste e tra le colonne ai lati del finestrone sono inserite le statue della Religione a sinistra e della Carità a destra. L'interno è a croce latina con un’unica navata e sei cappelle laterali scandite da paraste scanalate con capitelli corinzi dorati, intercomunicanti tra loro per mezzo di porte con battenti in legno intarsiato e sormontate da cupolette con oculo centrale, quasi tutte decorate ad affresco. Le pareti laterali delle arcate delle cappelle presentano attualmente decorazioni a finto marmo su cui sono applicate decorazioni floreali. Addossati alle paraste che separano le Cappelle sono collocati dei magnifici confessionali in legno intagliato. È in legno intagliato anche il pulpito con baldacchino, posto sulla destra, al fondo della navata. In controfacciata, sopra al portale è collocato l’organo a canne all’interno di una magnifica cassa intagliata in stile tardo-barocco con ornati dorati su fondo bianco. La prima a sinistra è la Cappella di Sant’Anna, già di San Giusto, riedificata nel 1769 su progetto di GIOVANNI TOMMASO PRUNOTTO da FRANCESCO VANOGLIO e modificata nel 1939. Sull'altare in marmo, tra le colonne con capitelli compositi che sostengono un timpano arcuato interrotto, è collocata la tela settecentesca di VITTORIO AMEDEO RAPOUS raffigurante i Santi Anna e Gioacchino con Maria Bambina. Nella nicchia sulla parete sinistra è collocato il fonte battesimale in marmo del 1744. La successiva è la Cappella intitolata dal 1826 alle Anime Purganti e alla Madonna del Carmine, già di San Giuseppe. Eretta tra il 1685-’88 su progetto di ALESSANDRO VALPERGA, fu decorata da pitture non più esistenti di GIOVANNI ANTONIO BURRINI per quanto riguarda le figure e di TOMMASO ALDROVANDINI per le quadrature e da marmi e sculture di GIUSEPPE CARLONE e GIACOMO VIANELLO. Sull'altare in marmo del 1688 vi è la statua in legno dorato del 1726 che rappresenta la Madonna col Bambino, collocata in una teca. Sulla parete destra è la tela seicentesca di BARTOLOMEO CARAVOGLIA raffigurante Santa Teresa d’Avila. La terza Cappella a sinistra è quella del Crocifisso, edificata nel 1677 su progetto di ALESSANDRO VALPERGA, realizzata da GIUSEPPE SALA e affrescata da GIOVANNI PAOLO RECCHI. Il Crocifisso sull'altare in marmo del XVII secolo è attribuito a STEFANO MARIA CLEMENTE. Ai lati, nelle nicchie tra le colonne tortili, sono presenti le statue della Madonna e di San Giovanni Battista. Sulle pareti laterali sono presenti gli episodi della Flagellazione e della Caduta di Gesù. Nel transetto sinistro è la Cappella di San Giuseppe progettata tra il 1733-’35 da FILIPPO JUVARRA per volere di Carlo Emanuele III. Lo stesso altare fu ideato da F. JUVARRA e realizzato da suo nipote, SIMONE MARTINEZ MARTINEZ che realizzò il gruppo in marmo bianco che raffigura San Giuseppe in gloria con Gesù Bambino (1736), coronato dalle statue allegoriche della Fede a destra e della Carità a sinistra, in asse con le sottostanti colonne più esterne (sei in totale con capitelli compositi). La volta a botte fu decorata ad affresco da CORRADO GIAQUINTO con la Gloria di San Giuseppe. Sulle pareti laterali sono presenti due pale di C. GIAQUINTO che illustrano il Riposo durante la Fuga in Egitto ed il Transito di Giuseppe (1735-’39) e due porte intarsiate da PIETRO PIFFETTI nel 1745 con legni pregiati, avorio e madreperla. Accanto ad esse sono due grandiosi ceri intagliati e dorati. La cupola, all’incrocio con il transetto, fu decorata nel 1820 da LUIGI VACCA che vi raffigurò la Gloria di Santa Teresa e di San Giovanni della Croce e gli Evangelisti nei pennacchi. Al centro del presbiterio si trova l'altare maggiore del 1681, ma rimaneggiato nel 1844; il paliotto in stucco raffigura l'Immacolata entro estrosi ornati ad intreccio. Tra le colonne a spirale dell’altare è la pala con la Trasverberazione di Santa Teresa d’Avila, opera del 1640 attribuita a GUGLIELMO CACCIA detto il MONCALVO. RODOLFO MORGARI nel 1878 dipinse ad affresco sulla volta a botte del coro, divisa in due campate, la Transverberazione e la Morte di Santa Teresa. Sulle pareti laterali sono collocate tele raffiguranti la Visione mistica di San Giovanni della Croce di anonimo del 1675 ca., Elia rapito sul carro di fuoco di CHARLES DAUPHIN (1675 ca.), l'Adorazione dei pastori e l'Adorazione dei Magi di GIOVANNI ANTONIO MARI (1716). Nel transetto destro è l'Altare della Sacra Famiglia, realizzato fra il 1715-’18 su progetto di FILIPPO JUVARRA. Il basamento dell’altare segue l’andamento sinusoidale della balaustra. Sui gradini poggia la mensa costituita da un'urna bronzea ottocentesca con ai lati due Putti in marmo bianco e verso l’esterno partiture in marmi rossi e verdi profilati di giallo. Il secondo ordine di basamento in marmo porta due tronchi di colonnine scanalate, supporto per i due Angeli adoranti in marmo bianco. Due colonne in marmo per parte fiancheggiano la pala centinata raffigurante la Sacra Famiglia di SEBASTIANO CONCA. L’architrave incompleto consta nel frontone triangolare spezzato; sugli spioventi divergenti stanno le statue della Fede a sinistra e della Carità a destra, opera di CARLO ANTONIO TANTARDINI. Gli spioventi convessi incorniciano lo Stemma dei Tana contornato da quattro Putti. L’affresco della volta a botte fu eseguito nel 1878 da RODOLFO MORGARI e rappresenta l'Apparizione dell’Angelo a San Giuseppe; sulle pareti laterali sono disposte le tele che rappresentano la Disputa di Gesù con i dottori e la Fuga in Egitto. La terza Cappella a destra è quella di San Giovanni della Croce, costruita nel 1677 su progetto di A. VALPERGA. Sulla volta della cupoletta sono dipinte illusionistiche architetture abitate da Putti. Sull'altare in marmo di CARLO BUSSO con Stemma gentilizio al centro del timpano è la pala seicentesca raffigurante San Michele che sostiene la Croce di San Giovanni di GIOVANNI BATTISTA PERUZZINI. Sulle pareti vi sono affreschi del PERUZZINI con Storie del Santo titolare e le statue dei Santi Elia e Teresa provenienti dall’altare maggiore e qui trasferite nel 1844. Segue la Cappella di Santa Teresa del Bambino Gesù, già dell'Addolorata, realizzata a fine Seicento e rimaneggiata nel 1767, con pala sull’altare della Pietà di IGNAZIO NEPOTE, autore anche delle figure degli affreschi con quadrature a motivi architettonici e Putti di GAETANO PEREGO. Nel 1936 furono eseguiti lavori diretti dall’ing. GALLO, con volte, lesene e sott’archi di ENRICO TAGLIAFERRO, un affresco raffigurante la Morte della Santa titolare di NICOLA ARDUINO sulla parete sinistra che ha coperto le quadrature di G. Perego, stucchi lucidi delle pareti di PIETRO PIATTARELLI ed EUSEBIO ALBERTINO, pala in marmo a rilievo di VIRGILIO AUDAGNA, tabernacolo e portali in marmo di ALBINO BOSCO. La prima a destra è la cappella di Sant’Erasmo. Nella nicchia sulla parete destra è collocata la Tomba della Madama Reale Cristina di Francia con semplice lastra in marmo bianco, proveniente dalla Chiesa gemella di Santa Cristina e qui collocata il 1º dicembre 1855. Sull'altare, tra le colonne tortili, è la tela raffigurante il Martirio di Sant’Erasmo di TARQUINIO GRASSI (1720 ca.). Il monumento funebre di Ambrogio Fassetto d’Alba è opera di CARLO ANTONIO TANTARDINI. La Cappella è priva di affreschi su pareti e cupola. Luca Mana, Giuseppe Sala da Lugano. 'Scultore in pietra' e commerciante di marmi nella Torino di secondo Seicento, in Giorgio Mollisi (a cura di), Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, «Arte&Storia», anno 11, numero 52, ottobre 2011, Edizioni Ticino Management, Lugano 2011, 246-259. Arabella Cifani, Franco Monetti, L'altare di San Giovanni della Croce a Santa Teresa; Il Theatrum doloris e l'altare maggiore di santa Teresa, Note di scultura, in: A. Cifani e F. Monetti, Arte e artisti nel Piemonte del '600. Nuove scoperte e nuovi orientamenti, Torino 1990. Amedeo di Castellamonte Edifici di culto in Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Teresa

Palazzo Bellia
Palazzo Bellia

Palazzo Bellia è un caratteristico edificio storico del Centro di Torino, prossimo a Piazza Castello. Rappresenta l'emblema di una prima sperimentazione che, da un'impostazione ancora evidentemente eclettica, lascia trasparire primi stilemi Liberty e, insieme ad opere successive (Villa Scott, Casa Fenoglio-La Fleur, Villino Raby), rappresenta uno dei massimi esempi torinesi di questo periodo. L'area urbana su cui sorge l'edificio fu inserita nel piano regolatore che, tra il 1885 e il 1915, nel contesto di riqualificazione dell'"Isolato San Lazzaro", portò a demolire parte della vecchia e malsana "Contrada delle Quattro Pietre", tradizionalmente correlata al degrado delle aree intorno a via Barbaroux. L'edificio fu terminato nel 1898, dopo sei anni di lavori e prese il nome dall'impresa edile Bellia che lo realizzò. Realizzato su progetto di Carlo Ceppi a seguito dello sventramento di fine Ottocento, il "Palazzo Bellia" sorse in asse con la nuova «via Diagonale», che in seguito venne rinominata via Pietro Micca. Tecnicamente all'avanguardia, fu il primo edificio civile torinese ad applicare il Systéme Hennebique per l'utilizzo del calcestruzzo armato per i solai realizzati a cura dell'impresa di G. A. Porcheddu e, stilisticamente, anticipò i temi fitomorfi e le sinuosità dello stile liberty che stava nascendo in Europa, ma che si affermò pienamente a Torino soltanto un lustro più tardi. L'edificio presenta un largo uso di decorazioni in litocemento e si inserisce armonicamente nel contesto urbano della nuova arteria centrale di via Pietro Micca, garantendo anch'esso la continuità dei portici analogamente agli edifici attigui. L'ampio portico sottostante presenta archi trilobati sostenuti da colonne con capitelli antropomorfi. Il piano stradale ospita locali commerciali sormontati dal mezzanino e il prospetto principale affacciato su via Pietro Micca presenta decori floreali, finestre ad arco e bow-windows inseriti in quattro slanciate torrette, due di cui angolari, dettaglio che ne fa uno degli edifici più caratteristici di via Pietro Micca. Il soffitto ligneo del portico presenta una fitta decorazione fitomorfa che contrasta con la pavimentazione di piastrelle quadrangolari in litocemento decorato e con il rivestimento in pietra bianca e nera dei passi carrabili. G.A. Porcheddu, Elenco dei lavori eseguiti in calcestruzzo armato, sistema Hennebique, dal 1895 a tutto il 1909, Torino, Società Porcheddu ing. G.A., 1909, ISBN non esistente. Vera Comoli Mandracci, collana Le città nella storia d'Italia, Laterza, Roma-Bari, 1983, ISBN non esistente. Paolo Scarzella (a cura di), Torino nell'Ottocento e nel Novecento. Ampliamenti e trasformazioni entro la cerchia dei corsi napoleonici, Celid, Torino, 1995, ISBN non esistente. Ville e palazzi di Torino Liberty Liberty a Torino Palazzo Priotti Casa Fenoglio-Lafleur Villa Scott Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Bellia

Torre Solferino
Torre Solferino

La Torre Solferino, nota anche con il nome di «casa alta», è uno dei principali edifici residenziali multipiano di Torino, che sorge nell'omonima piazza del centro storico. Rappresenta il terzo dei grandi interventi operati nel centro storico del capoluogo piemontese nell'immediato dopoguerra. Il progetto presentato dall'architetto Gualtiero Casalegno e costruito dall'impresa del Cav. Orlando Cravotto nel 1949, fu il frutto di uno studio sulla base di progetti presentati per il concorso bandito nel 1946 dal Comune di Torino per la risistemazione urbanistica di piazza Solferino, a seguito della devastazione causata dal bombardamento occorso all'isolato compreso tra via Pietro Micca e via Santa Teresa. La giuria composta da eminenti figure di esperti torinesi, tra cui Gino Levi-Montalcini ed Eugenio Mollino, non assegnò il primo premio, ma soltanto il secondo e il terzo, rispettivamente al progetto del duo Bordogna-Psacharopulo e ad Annibale Rigotti. I progetti furono comunque acquistati dal Comune di Torino e consentirono all'amministrazione municipale di definire il nuovo piano regolatore dell'area con l'affidamento dei lavori a Gualtiero Casalegno che, nello stesso periodo era impegnato in altri progetti tra cui il singolare palazzo curvilineo di corso Massimo d'Azeglio 76 e la nuova sede amministrativa delle Cartiere Burgo in corso Matteotti. Nel settembre 2015 il breve tratto di porticato verso piazza Solferino è stato intitolato dal Comune di Torino al presentatore televisivo Enzo Tortora. L'edificio, completato nel 1952, si presenta in tutto il suo candore affacciandosi sul profilo della piazza e la scelta della finitura a intonaco chiaro le conferisce un inaspettato slancio, malgrado i 15 piani e i 50 metri d'altezza. Il basamento ripropone il tema del portico con ampi locali commerciali, svelando l'intento di dialogare con la vocazione commerciale dell'adiacente via Pietro Micca; nell'androne di ingresso del palazzo è presente una grande fotografia che raffigura il palazzo precedente, subito dopo i bombardamenti del 1942. Orientato perpendicolarmente all'asse dell'antistante via Cernaia, il prospetto principale è caratterizzato da un ritmo che scandisce i piani alternando finestre «a nastro» ad ampi terrazzi con vetrate che si affacciano sulla piazza, mentre le facciate laterali e quella posteriore presentano un disegno e altezze differenti, in raccordo agli edifici circostanti. L'ultimo piano prevede un attico sviluppato su due livelli, con un tetto pensile da cui si gode di un'ampia panoramica sul centro storico torinese. P. Viotto, Il concorso per la sistemazione di piazza Solferino, in «Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino», 4, aprile, 1947, pp. 113-119 Costruzioni moderne a Torino: la Casa Alta, tra la vecchia via Pietro Micca e la nuova via Botero; il Palazzo Gualca-Sire in corso Duca degli Abruzzi; il Palazzo Santa Margherita in via Promis, in «Edilizia Moderna», 52, giugno, 1954, pp. 55-64 Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Lindau, Torino 1995 , pp. 136-137 Costruzioni di Torino più alte Piazza Solferino Via Pietro Micca Torre XX Settembre Casa Saiba Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre Solferino Scheda su MuseoTorino.it

Torre XX Settembre
Torre XX Settembre

La Torre XX Settembre (anche conosciuta come Torre o Grattacielo Santa Teresa) è uno dei principali edifici residenziali multipiano del centro storico di Torino. L'edificio fu progettato dall'architetto Gino Salvestrini e dall'ingegner Gabriello Gabrielli di Quercita, e rappresenta oggi uno dei primi esempi emblematici di inserimento postbellico all'interno del contesto storico-architettonico di Torino. Posta all'incrocio di due storici assi viari della città: via XX Settembre e via Santa Teresa, con ingresso principale al numero 3 di quest'ultima, la costruzione trova la sua origine in un progetto della fine degli anni '30, concepito nell'ambito della ristrutturazione di via Roma. La configurazione attuale risale al 1947 (progetto presentato per conto della società IRAS) mentre, nella versione primigenia, l'edificio doveva contare un'altezza di ben 21 piani: la vicinanza con piazza San Carlo, tuttavia, contribuì alla correzione del progetto e alla riduzione dell'altezza e dei volumi complessivi. Iniziato nel 1947 e completato nel 1951, l'edificio è collocato a filo di via Santa Teresa, ma in posizione arretrata rispetto all'asse di via XX Settembre. La sua imponenza, seppur sgravata dalla tonalità chiara del rivestimento in tessere di pietra calcarea, è percepibile anche dalla vicina piazza San Carlo. L'edificio si compone di un corpo verticale (torre), posto in corrispondenza dell'incrocio viario, di quattordici piani fuori terra più attico, e di un corpo orizzontale posto lungo via Santa Teresa, di cinque piani fuori terra. Il basamento di entrambi i corpi, avvolgente i due piani inferiori degli stessi, presenta un rivestimento in pietra verde ed elementi metallici. Il corpo verticale dell'edificio è impostato al di sopra di una sorta di pensilina a sbalzo dove ampie finestre quadrangolari e file di balconi incassati caratterizzano i prospetti principali fino al tetto pensile con attico (già studio dell'ingegner Gabrielli) e giardino, mentre il corpo orizzontale presenta gli ultimi piani loggiati, a costituire un modulo di altezza inferiore che consente l'ideale raccordo visivo con la vicina chiesa barocca che dà nome alla via. Lo sviluppo delle facciate (ad esempio il rapporto dimensionale tra finestre e volume costruito), così come la decorazione dell'androne e degli spazi interni risentono ancora degli influssi del Razionalismo italiano, di cui l'edificio, nel suo complesso, costituisce un tardo esempio. A. Grelli, Torino e la ricostruzione post-bellica: i grattacieli, Tesi di laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, 1977-78, relatore G. Varaldo Gli edifici alti nell'area centrale, in Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Lindau, Torino 1995, pp. 136–137 Razionalismo italiano Torre Solferino Casa Saiba Costruzioni di Torino più alte Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre XX Settembre