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Borgoratti

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Borgoratti Risurrezione 2
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Borgoratti ([boɾgoˈratːi] in italiano, [buɾguˈrati] in ligure) è un quartiere residenziale di 8.723 abitanti del comune di Genova, compreso nel Municipio IX Levante. Un tempo frazione del comune di San Martino d'Albaro, nel 1873 venne incorporato con questo e altri cinque comuni della bassa val Bisagno nel comune di Genova, prima espansione di quella che nel 1926 sarebbe divenuta la Grande Genova. Al quartiere è dedicata la poesia Borgoratti di Giorgio Caproni, compresa nella raccolta Come un'allegoria, pubblicata nel 1936; lo stesso autore ricorda la località tra i molti luoghi di Genova elencati nella lirica Litania, del 1954.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Borgoratti (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Borgoratti
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16133 Genova, Levante
Liguria, Italia
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Borgoratti Risurrezione 2
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Luoghi vicini

San Desiderio (Genova)
San Desiderio (Genova)

San Desiderio (San Dexideiu in ligure, anticamente, San Desiderio di Bavari) è un quartiere residenziale di 1.973 abitanti del comune di Genova, compreso nel Municipio IX Levante. È situato nella parte più a nord della valle del torrente Sturla, a valle della Serra di Bavari. Comprende i rioni di Pomà, Canaisa e Premanico. Confina con i quartieri delle Nasche e di Bavari. Le abitazioni non costituiscono un agglomerato unico ma sono raggruppate in rioni. Amministrato dall'epoca medievale dalla Repubblica di Genova, dapprima nella podesteria del Bisagno e poi nel successivo capitaneato (1606), fu per secoli sotto la giurisdizione civile e religiosa di Bavari e della sua chiesa parrocchiale. Con gli avventi napoleonici di fine settecento, e la conseguente caduta della repubblica genovese in favore della Repubblica Ligure, la comunità di San Desiderio fu inglobata nel dipartimento del Bisagno (1797) con capoluogo San Martino d'Albaro; l'anno successivo fu inserita nel VI cantone di Nervi della giurisdizione del Bisagno e ancora inserita, dal 1803, nel V cantone di San Martino d'Albaro nella I giurisdizione del Centro. A partire dal 1804 divenne frazione del comune di Apparizione, annesso al Primo Impero francese dal 13 giugno 1805 al 1814 nel Dipartimento di Genova. Alla caduta di Napoleone Bonaparte il congresso di Vienna del 1814 assoggettò il territorio ligure nel Regno di Sardegna (1815). A partire dal 1861 il comune di Apparizione fu parte integrante del neo costituito Regno d'Italia. Dal 1859 al 1926 il territorio fu compreso nel II mandamento di Nervi del circondario di Genova facente parte dell'allora provincia di Genova. Nel 1926 il comune fu soppresso e aggregato nella Grande Genova. Chiesa di San Desiderio, del XIII secolo, è sede della parrocchia omonima facente parte dell'arcidiocesi di Genova. La chiesa è dedicata a san Desiderio di Langres, che un'antica tradizione dice nativo dell'alta valle del torrente Sturla. Oratorio di San Giacomo, del 1619, sito all'estremità del Piano di San Giacomo accanto al piccolo ponte dell'antica strada per Bavari. Chiesa di Sant'Alberto nel rione di Pomà, risalente al XVII secolo. Chiesa di San Lorenzo nel rione di Premanico. Citata in un documento del 953, l'attuale costruzione è risalente al 1652. Tra le opere d'arte un dipinto di Giovanni Battista Baiardo raffigurante Santa Chiara. Ruderi della cappella di San Terenziano nel rione di Premanico. Villa Giustiniani a San Desiderio, risalente al XVII secolo. Casa d'infanzia di Giuseppe Mazzini, situata nei pressi di piazza Armando Grosso. Villa Galleano, casa dei fratelli Jacopo e Giovanni Ruffini. Ponte romano di Pomà. La zona di San Desiderio è ricca di zone boschive . L'area collinare attorno al centro abitato è tracciata da sentieri che formano un suggestivo percorso di trekking. Nell'area di Pomà è presente una grotta conosciuta come "la grotta dell'eremita": la leggenda narra che fosse il luogo di preghiera di san Desiderio di Langres, il santo che dà il nome alla zona, che amava far visita all'eremita. Molto pittoresco è il laghetto dei pesci rossi, un laghetto naturale situato nei pressi della sorgente del torrente Sturla. La borgata di Pomà sorge nell'antica Valle Ursaria, alle pendici del monte Fasce. Pomà, data anche la sua posizione notevolmente sopraelevata rispetto al resto del paese, assume le caratteristiche del tipico borgo montano ligure. La zona è rimasta quasi totalmente spopolata, ma ospita ancora la chiesa di Sant'Alberto (XVII secolo) e l'antica osteria di Pomà, recentemente restaurata. La borgata è molto frequentata dagli appassionati di trekking, data la sua felice posizione di snodo di antichi sentieri montani che consentono di raggiungere San Desiderio, Bavari e Apparizione. Premanico (Premanegu in lingua ligure) è una borgata di San Desiderio di 78 abitanti, distante circa 12 km dal centro di Genova e situata a 210 m sul livello del mare. Gli abitanti di Premanico sono detti premanigotti. La borgata ospita una parrocchia autonoma da quella di San Desiderio appartenente all'arcidiocesi di Genova che ha sede nella chiesa di San Lorenzo di Premanico. La festa patronale di sant'Anna ha luogo verso la fine del mese di Luglio. Premanico ospita una vecchia cava (detta la cava di Premanico) dove si estraeva argilla rossa utilizzata nella fabbrica di laterizi Plinthos ormai in disuso. Il quartiere è servito dalle linee 86, 86/, 88, 88/ e 686 di AMT Genova e da un servizio integrativo (SI 16) che consente di raggiungere Premanico. Il quartiere è conosciuto a livello provinciale grazie alla presenza di impianti sportivi adibiti al gioco del calcio (a 7, a 9 e a 11) e del tennis. La locale squadra di calcio a 11 è il GSD San Desiderio che milita in Promozione. Mario Arturo Campanella, San Desiderio di Bavari in Valle Sturla, Genova 1983. Quartieri e frazioni di Genova San Desiderio di Langres Chiesa di San Desiderio (Genova) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Desiderio Il sito del C.A.S.T. di San Desiderio, contenente numerose informazioni e fotografie, su sandesiderio.com. URL consultato il 23 ottobre 2022 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2011). Il sito del Gruppo Sportivo San Desiderio, su sandesiderio.it. URL consultato il 3 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2012).

Forte Monteratti
Forte Monteratti

Il Forte Monteratti o Forte Ratti (560 s.l.m.) è una caserma militare di Genova edificata tra il 1831 e il 1842 dal Governo Sabaudo per difendere, per l'appunto, il rilievo "Monte Ratti", posto alle spalle dei quartieri genovesi di Marassi e Bavari, da eventuali assedi del nemico che avrebbe potuto, da lì, dirigersi indisturbato verso gli allora piccoli borghi di Sturla, Albaro e San Martino (oggi quartieri di Genova), da cui puntare verso il capoluogo. Nel giugno del 1747 Genova fu assediata dagli austriaci, che conquistarono e occuparono il Monte Ratti nonostante la rapida costruzione di ridotte e accampamenti a difesa del rilievo. Riconquistata la posizione dai genovesi il mese successivo, per sollecitazioni del Duca di Bissj e poi del Duca di Richelieu, fu approvata la delibera per la costruzione di opere campali sul monte Ratti, affidata all'impresario De Ferrari. Monte Ratti fu al centro di un altro assedio nel 1800, sempre da parte dell'esercito austriaco, che conquistò facilmente la ridotta, poi riconquistata il 30 aprile dello stesso anno dai francesi (che allora estendevano il loro dominio anche sulla città di Genova), che costrinsero alla resa un battaglione di 450 austriaci. Nel 1819, dopo l'annessione della Liguria al Regno Sabaudo, fu decisa, per la difesa del monte, la costruzione di due torri difensive a pianta circolare; entrambe non furono terminate, anche se i loro resti sono ancora ben visibili. Lungo il crinale a est del Monte si vedono i resti della Torre Serralunga, che si affaccia verso il quartiere di Sant'Eusebio; l'altra torre, chiamata Montelongone, si affaccia sull'enorme conca prodotta dai lavori della cava subito a sud del forte. Una terza torre, denominata Torre Monteratti, fu invece costruita a partire dal 1819 e completata nel 1826. Identica nella struttura alla Torre Quezzi, era situata in cima al rilievo, su una spianata di circa 250 m lungo il crinale del monte. Tra il 1831 e il 1842 vennero gettate le basi per la costruzione di una snella caserma che si estendesse per quasi tutti i 250 m di lunghezza dello spiano sovrastante l'abitato di Quezzi. Fu realizzato quindi il Forte Monteratti, che nella sua costruzione inglobò la preesistente torre, divenuta parte integrante della struttura difensiva. Per la costruzione delle due ali ci fu il finanziamento privato della famiglia dei nobili Durazzo, proprietaria anche dei terreni circostanti. La facciata del forte è diretta verso la città mentre sul retro erano collocate le artiglierie puntate verso la val Bisagno, tra le zone di San Gottardo e Prato, a difesa di eventuali incursioni da nord attraverso la valle anzidetta. Durante i moti del 1849 il forte fu presidiato da alcuni militi della Guardia Nazionale, che l'abbandonarono ben presto con l'avanzare delle truppe regie. La strada militare ottocentesca mantiene l'originario acciottolato e conduceva all'ingresso orientale del forte, anticamente protetto da un ponte levatoio, su cui ancora è possibile leggere la targa in marmo che indica il nome della fortificazione. Durante la Grande Guerra il Forte fu usato come prigione per i coatti austriaci. Tra il 1935 ed il 1938 il forte subì dei rimaneggiamenti e vi fu installata una postazione contraerea: la torre fu demolita perché impediva la visuale alle batterie antiaeree. Durante il secondo conflitto mondiale questa postazione contraerea fu utilizzata prima dal Regio Esercito e, dopo l'8 settembre 1943, da reparti della Wehrmacht. Oggi il complesso è in totale abbandono e presenta molti punti pericolanti: per questo, pur essendo liberamente accessibile, è pericoloso addentrarsi all'interno della struttura. La posizione è ideale per scampagnate e percorsi da trekking, seguendo la strada militare ed i sentieri che collegano tra loro, nell'ordine, Forte Quezzi, Torre Quezzi, Forte Monteratti, Forte Richelieu e il Forte Santa Tecla e scendendo in città il Forte San Martino per finire con il Forte San Giuliano, l'unico che, pur ampiamente rimaneggiato, è ancora utilizzato dalle Forze armate italiane, come sede del Comando Provinciale di Genova dell'Arma dei Carabinieri. Volumetricamente il forte ha uno sviluppo lineare; il bastione centrale a pianta rettangolare che lo divide in due ali era adibito ai servizi: le cucine, la lavanderia e le latrine, ma in caso di necessità dalle sue feritoie era possibile battere il fondo valle e operare la difesa ravvicinata dell'accesso orientale. L'ala di ponente era adibita a celle di prigionia, mentre nell'ala sinistra, a levante, vi erano i magazzini destinati all'approvvigionamento di proiettili e d'artiglieria, ed era protetta da un baluardo alla sua estremità; i piani superiori erano adibiti a camerata per le truppe e i sottufficiali, infine nel vano centrale una scala conduceva al secondo e terzo piano usati come alloggi per gli ufficiali. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007. Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Enrico Pelos, Passeggiate a Levante, "Via dei Forti e Muraglia genovese", Ed. Blu Torino, 2011 Forti di Genova Fortificazione Quezzi Val Bisagno Fortificazione alla moderna Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte Monteratti Itinerari escursionistici che comprendono Forte Ratti, su www2.comune.genova.it. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015). Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 4 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010).

Corso Europa (Genova)
Corso Europa (Genova)

La strada denominata corso Europa è una delle più lunghe di Genova e rappresenta il principale asse di collegamento del levante cittadino, estendendosi fra l'ex delegazione di San Martino fino al quartiere di Nervi, all'estrema propaggine orientale. La sua costruzione, avvenuta nei primi anni sessanta mutò significativamente la fisionomia dei quartieri attraversati, caratterizzandone il paesaggio e favorendo l'espansione edilizia. L'idea di una strada "pedemontana" di collegamento fra Nervi e il centro della città risale alla fine degli anni quaranta. Al tempo l'unico collegamento stradale era costituito dal tracciato litoraneo della via Aurelia, strada carrabile pressoché parallela alla più stretta via romana, sulla quale erano presenti anche i binari della rete tranviaria cittadina. I lavori per la costruzione dell'arteria furono avviati nel 1950 e, dopo una sospensione che vide l'apporto di sostanziali varianti di progetto le quali causarono non poche polemiche legate alle speculazioni edilizie che coinvolsero le aree attraversate, vennero ripresi nel 1956 con cantieri strutturati su 4 lotti e diversi sub-lotti: il primo tronco, dall'inizio di via San Martino a via Isonzo, fu aperto nel 1959; tale tratta impose il taglio del colle di San Martino, alla cui viabilità fu data continuità mediante la costruzione del ponte di via Lagustena; il secondo tronco, la cui principale opera d'arte è costituita dal viadotto di scavalco del torrente Sturla, nell'omonimo quartiere, terminava a Quarto all'altezza di via Pianelletti e fu inaugurato nel 1961; il terzo tronco, appaltato il 20 ottobre 1960, terminava all'altezza di via Fabio Filzi, subito a monte della stazione ferroviaria di Quinto e fu consegnato nell'estate del 1963; il quarto tronco fu l'ultimo a essere realizzato e richiese l'abbattimento di alcune abitazioni nella zona dell'allora via Santorre di Santarosa, fra Quinto e Nervi nonché la costruzione di un importante manufatto di scavalco del torrente Nervi lungo 260 metri con relativo svincolo verso via Oberdan; questi ultimi furono inaugurati nel 1964, un anno dopo il resto della tratta. Battezzata corso Europa, l'allora nuova arteria stradale genovese misurava complessivamente 6,5 km ed era concepita come arteria a scorrimento veloce, con sopraelevazione di alcune curve e due corsie per ciascun senso di marcia, su carreggiate separate. Procedendo da ponente a levante, la strada serve l'ospedale San Martino mediante accessi dalle trasversali viale Benedetto XV, via Pastore e via Mosso. Nel medesimo quartiere di San Martino si affaccia inoltre su corso Europa la sede RAI della Liguria (un edificio di stile moderno, inaugurato nel 1967, 37.360 m³ di volumetria per 13 piani, di cui due sotterranei) e, pur senza accesso diretto, villa Donghi, edificio fatiscente benché sottoposto a tutela in base al decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, con un vincolo che risale al 1934. Superato il colle di San Martino e raggiunta la valle del rio Chiappeto, la strada fiancheggia lo stadio Giacomo Carlini, edificato nel 1912 a cura della società Nafta con l'annesso cottage, che era raggiungibile mediante un lungo ponte pedonale da via Borgoratti: la costruzione di corso Europa impose l'abbattimento di una porzione di tale manufatto, rendendolo da allora inservibile. Oltrepassata la valle dello Sturla, il quartiere di Quarto presenta aree la cui edificazione è coeva o successiva a quella della strada, nonché il primo degli svincoli a livelli sfalsati che conduce a via Carrara. In prossimità di una delle rampe è possibile accedere al Museo Garibaldino allestito in alcune sale di villa Spinola, luogo in cui Giuseppe Garibaldi fu ospitato prima di imbarcarsi per la spedizione dei Mille. Un altro complesso edilizio degno di nota è la quattrocentesca villa Doria Spinola, che sorgeva lungo via romana della Castagna, tagliata dalla nuova arteria, i cui terreni furono in parte espropriati per la costruzione di corso Europa e che in seguito furono ulteriormente ridotti a beneficio di un grande albergo e di un supermercato. Dopo il secondo svincolo, che consente di immettersi sull'autostrada A12, si oltrepassa la valle del torrente Bagnara, su cui insiste parte del complesso residenziale denominato Colle degli Ometti, raggiungendo dapprima Quinto al Mare e, successivamente, Nervi, in corrispondenza del locale complesso ospedaliero. Nel secondo dopoguerra il trasporto pubblico genovese, ancora fortemente incentrato sull'estesa rete tranviaria, vide l'introduzione di autoservizi in concorrenza con quest'ultima, che si avvalevano della facoltà di saltare numerose fermate collegando estremi opposti della città, prendendo il caratteristico nome di "linee celeri". La costruzione di corso Europa, strada nata per consentire velocità elevate rispetto a quelle dell'epoca, comportò l'istituzione di una nuova linea "celere" fra la centrale piazza De Ferrari e Capolungo, che percorreva per intero la nuova arteria pedemontana e per tale motivo era contrassegnata dalla lettera P. La linea celere P fu risparmiata dalle soppressioni avvenute nel 1967, in quanto rappresentava l'unico collegamento transitante per corso Europa e, a tutti gli effetti, svolgeva un servizio ordinario osservando tutte le fermate. All'atto della riforma del trasporto pubblico a Genova entrata in vigore il 30 luglio 1973, la stessa venne semplicemente rinominata come linea 17 della rete AMT. Nel quadro di una mutata politica che, rispetto agli anni sessanta, mirava a riequilibrare l'utilizzo del trasporto pubblico rispetto alla mobilità privata, cui la strada era dedicata, alla fine degli anni ottanta, nell'ambito delle opere pubbliche cittadine da realizzare con i fondi dell'Expo '92 Genova, venne ipotizzata la realizzazione di una tranvia o di un people mover sopraelevato, ma il progetto venne abbandonato. Un decennio dopo, nel 1998, nella prima parte di corso Europa fu tuttavia attivato il cosiddetto asse attrezzato di corso Europa, una busvia che si avvale di percorsi riservati a centro strada e del controllo semaforico finalizzato alla regolarità delle corse degli autobus. Per la costruzione di tale infrastruttura fu rettificato il profilo trasversale di alcune curve, diminuendone la pendenza, e soppressa la vegetazione presente nell'aiola centrale a favore di una platea in cemento di pari larghezza. Tale opera, che si è rivelata tra i più importanti e sistemi per il trasporto pubblico della città, fu realizzata grazie ad un investimento di 4,8 miliardi di lire finanziati dal Ministero dell'Ambiente e dal Comune di Genova. L'asse attrezzato, che parte in realtà da corso Gastaldi, l'arteria che rappresenta il proseguimento verso il centro di corso Europa, si sviluppa fino a Quarto, all'incrocio con via Shelley. La busvia vera e propria ha inizio, in direzione levante, all'altezza dell'intersezione con via Pastore, per la sola corsia ovest-est, diventando a due corsie all'altezza della fermata del pronto soccorso e impegnando successivamente le fermate di via della Piazzetta (stadio Carlini), via Isonzo, via Swinburne e via Shelley, tutte in corrispondenza di semafori e protette con barriere salva persone. Corrado Bozzano, Roberto Pastore, Claudio Serra, La strada "Pedemontana" ovvero Corso Europa a Genova, in Tra mare e monti da Genova alla Spezia, Genova, Nuova Editrice Genovese, 2010, pp. 142–143, ISBN 978-88-88963-38-9. Genova Sistema viario di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su corso Europa

Chiesa di San Giovanni Battista (Genova, Quarto dei Mille)
Chiesa di San Giovanni Battista (Genova, Quarto dei Mille)

La chiesa di San Giovanni Battista è un luogo di culto cattolico situato nel quartiere di Quarto dei Mille, in via Stefano Prasca, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Quarto dell'arcidiocesi di Genova. L'edificio sorse quale succursale della chiesa plebana di San Siro di Nervi e al 1143 risale l'atto dell'arcivescovo di Genova Siro II nel quale si autorizzò l'amministrazione battesimale anche per le altre pievi di questo territorio a levante di Genova. Tra queste, pure la chiesa di San Giovanni Battista che, a partire da tale decreto, divenne pure parrocchiale di Quarto. Successive citazioni attestate della chiesa, o comunque delle proprietà parrocchiali, sono datate al 1148 relativo alla riscossione delle decime sugli ulivi e ancora al 1182 in atti testamentari a favore delle chiese di Quarto e Quinto da parte di Sibilla da Vergogno. La parrocchia di San Giovanni Battista di Quarto, in origine, era costituita dai borghi di Priaruggia - abitata principalmente da pescatori - e dagli abitati rurali di Pontevecchio e Castagna dove fiorente era la coltivazione degli orti, della vite e degli uliveti. Una chiesa "unita" agli altri edifici di culto del levante rivierasco genovese quali la Santissima Annunziata di Sturla, Santa Maria della Castagna, San Pietro di Quinto al Mare e San Siro di Nervi disposti lungo le principali direttrici, alcune anche d'epoca romana, tra la val Bisagno, la costa, il monte Fasce. Architettonicamente la chiesa subì molte trasformazioni strutturali legati al tempo e agli stili artistici. In epoca medievale si presentava con una struttura tipica delle coevi chiese romaniche del periodo: la facciata a capanna, il rosone centrale, piccole finestre a strombo sui fianchi. Fu dopo un incendio nel 1629 che, nell'opera di ripristino e restauro, lo stile venne stravolto con la conversione dell'edificio nei canoni architettonici del tempo, e quindi l'allungamento dell'abside, l'alzamento oltre la cornice degli archetti pensili della facciata per circa un terzo, la sostituzione del rosone con la creazione di tre finestre. Un nuovo restauro fu compiuto ancora nel 1892 e forse a quest'epoca è risalente la demolizione della fiancata lato mare e l'edificazione del nuovo portale con la raffigurazione, nella lunetta, di San Giovanni Battista; gli stessi conci della fiancata, probabilmente, furono a loro volta riutilizzati per la costruzione del campanile e della casa canonica. Tracce dello stile romanico sono, tuttavia, ancora visibili sul fianco sinistro della chiesa. Sulla facciata sono presenti alcuni epigrafi scolpite (datate al 1292, al 1365) e antichi bassorilievi: tra questi quello dell'Annunciazione (primo quarto del Quattrocento). La struttura interna si presenta a unica navata e, grazie al giuspatronato degli Spinola che ne sovvenzionarono il rinnovamento, decorato in stile barocco. Tra le opere pittoriche il dipinto Omaggio di potenti della terra a Gesù Bambino, opera cinque-seicentesca di Gian Battista Castello presso l'altare di Santa Brigida; la Madonna della Misericordia, del Settecento ma di ignoto pittore, presso il secondo altare; l'Assunta e la Madonna del Rosario negli altri altari, opere novecentesche di Carlo Orgero di Sampierdarena. Tra le statue la Madonna del Rosario, databile al XIX secolo e presso l'omonimo altare; la Madonna della Guardia e il San Giovanni Battista dello scultore rapallese Antonio Canepa, del 1918. Datato al 1936 è l'affresco di Pietro Arzuffi raffigurante San Giovanni Battista che indica il Messia. Al Settecento è databile il coro dietro l'altare maggiore. In questa chiesa la mattina del 26 luglio 1962 furono celebrate le nozze tra il cantautore genovese Fabrizio De Andrè e la contessina Enrichetta Rignon. La cerimonia fu officiata da Don Erasmo Sanguinetti, Arciprete di Quarto. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Giovanni Battista Sito ufficiale della parrocchia di San Giovanni Battista di Quarto, su sgbattista.it.

Museattivo Claudio Costa
Museattivo Claudio Costa

Il Museattivo Claudio Costa è un museo della pittura e scultura ospitato nell'ex-ospedale psichiatrico di Quarto dei Mille, a Genova. Nato come museo all'interno dell'Istituto per le Materie e le Forme Inconsapevoli (I.M.F.I.) è stato rinominato a ricordo del suo ideatore - Claudio Costa - scomparso nel 1995. Una dei suoi tanti ispiratori è stata la psichiatra brasiliana Nise da Silveira. Raccoglie un insieme di dipinti, opere in tecnica mista, sculture di artisti, alcuni di fama internazionale come lo stesso Claudio Costa, accostate ai lavori di degenti dell'ex-ospedale e di coloro che collaborarono nell'applicare l'arte come forma di appoggio terapeutico. L'intero museo è considerato dalla critica come un'opera d'arte di Costa stesso, ferma restando la validità sia delle opere dei singoli autori (sono presenti, fra le altre, opere di Davide Mansueto Raggio, Aurelio Caminati, Edoardo Alfieri, Giannetto Fieschi, Emanuele Luzzati, Mauro Marcenaro, Enrico Bruno Novali), sia l'intero materiale utilizzato per studio psichiatrico. Nel 2007 la biblioteca dell'ex ospedale, ancora attiva e frequentata soprattutto per libri di consultazione specialistica nel settore psichiatrico, è intitolata a Claudio Costa. Dopo la morte di Costa, la scultura fu applicata in maniera più compiuta come tecnica di appoggio terapeutico, completando la parte interna già esistente del museo con una sezione esterna: il giardino delle Sculture, posizionato nei giardini dell'ex-ospedale e inaugurato il 23 aprile 1999. La sezione è collocata nel giardino della comunità terapeutica Michelini, sempre all'interno del perimetro dell'ex-ospedale. La tecnica basata sulle opere scultoree dei malati psichici tendenzialmente aggressivi si fonda sul supporto teorico di partenza ideato dal britannico Sir Read, che approccia la trasformazione dell'aggressività attraverso un metodo di utilizzo dell'aggressività stessa in senso creativo. L'iniziativa è stata organizzata sul piano strettamente tecnico e logistico da Gianfranco Vendemmiati mentre gli interventi nello specifico applicativo sono stati condotti dall'artista-psichiatra Margherita Levo Rosenberg(responsabile del settore connesso all'uso terapeutico dell'espressione ed applicazione artistica presso la locale A.U.S.L.) e dallo scultore Alfonso Gialdini. Parte delle impostazioni teoriche degli interventi derivano da elaborazione ed affinamento di concetti espressi da Arturo Martini, Sir Herbert Read, Émile-Antoine Bourdelle(allievo di Rodin). Nella pianta a fianco le parti colorate sono i giardini che circondano l'edificio. I due tondi blu indicano il tavolo delle riunioni, quello più grande nella "sala Musica", l'altro più in basso. Il portone interno di passaggio per il corridoio che portava al bar gestito dai pazienti e, andando avanti, alla sala mostre utilizzata sia per i degenti sia per gli artisti professionisti posizionata sulla sinistra, dalla quale sempre sulla sinistra si usciva nel "Giardino delle Sculture". Nel secondo giardino più piccolo in basso si tenevano i corsi di scultura mentre il "Giardino delle Sculture" con le opere permanentemente in mostra è rappresentato dalla fascia colorata al di sopra della mappa di interno uscendo dalla sala mostre. Adesso tutto il museo è spostato in uno degli edifici prospicienti al complesso terapeutico casa Michelini, mentre il Giardino delle Sculture è stato riposizionato nei diversi giardini di tale complesso; nell'ampio spazio dentro l'edificio fra i primi due corridoi, visualizzati in basso nella mappa, era sistemato il laboratorio arterapeutico della psichiatra artista Margherita Levo Rosenberg. Claudio Costa Luigi Maccioni Antonio Slavich Gianfranco Vendemiati Miriam Cristaldi Miriam Cristaldi, Materia Immateriale, identità, mutamenti e ibridazione dell'arte nel nuovo millennio, con prefazione di Gillo Dorfles Miriam Cristaldi, Claudio Costa. Attraverso i quattro elementi Miriam Cristaldi e Paolo Minetti (a cura di), Evocare Colombo: un viaggio virtuale, Genova, Museo attivo delle forme inconsapevoli, 1992. Sandro Ricaldone, Il museo attivo delle forme inconsapevoli. Claudio Costa e l'esperienza dell'O.P. di Genova-Quarto, 1997 (consultato il 2 aprile 2020) Claudio Costa (pittore) Gillo Dorfles Franco Basaglia Alfonso Gialdini Quarto dei mille Claudio Costa ed I.M.F.I._Museattivo Claudio Costa a Figure Dell'Anima Palazzo Ducale di Genova Claudio Costa - Attraverso i quattro elementi di Miriam Cristaldi, su digilander.iol.it. piante del Museattivo Claudio Costa sensibilizzate( portano a mappa particolareggiata zona per zona ), su digilander.libero.it. Il progetto di un laboratorio di scultura per il controllo dell'aggressività di Margherita Levo Rosenberg (JPG), su digilander.libero.it. MUSEI E MOSTRE PERMANENTI, su centrostoricogenova.com (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2010). articoli di Miriam Cristaldi, su mcnuovo.altervista.org. URL consultato il 23 novembre 2012 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).