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Forte Monteratti

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Forte Monteratti in autunno 25 novembre 2018
Forte Monteratti in autunno 25 novembre 2018

Il Forte Monteratti o Forte Ratti (560 s.l.m.) è una caserma militare di Genova edificata tra il 1831 e il 1842 dal Governo Sabaudo per difendere, per l'appunto, il rilievo "Monte Ratti", posto alle spalle dei quartieri genovesi di Marassi e Bavari, da eventuali assedi del nemico che avrebbe potuto, da lì, dirigersi indisturbato verso gli allora piccoli borghi di Sturla, Albaro e San Martino (oggi quartieri di Genova), da cui puntare verso il capoluogo. Nel giugno del 1747 Genova fu assediata dagli austriaci, che conquistarono e occuparono il Monte Ratti nonostante la rapida costruzione di ridotte e accampamenti a difesa del rilievo. Riconquistata la posizione dai genovesi il mese successivo, per sollecitazioni del Duca di Bissj e poi del Duca di Richelieu, fu approvata la delibera per la costruzione di opere campali sul monte Ratti, affidata all'impresario De Ferrari. Monte Ratti fu al centro di un altro assedio nel 1800, sempre da parte dell'esercito austriaco, che conquistò facilmente la ridotta, poi riconquistata il 30 aprile dello stesso anno dai francesi (che allora estendevano il loro dominio anche sulla città di Genova), che costrinsero alla resa un battaglione di 450 austriaci. Nel 1819, dopo l'annessione della Liguria al Regno Sabaudo, fu decisa, per la difesa del monte, la costruzione di due torri difensive a pianta circolare; entrambe non furono terminate, anche se i loro resti sono ancora ben visibili. Lungo il crinale a est del Monte si vedono i resti della Torre Serralunga, che si affaccia verso il quartiere di Sant'Eusebio; l'altra torre, chiamata Montelongone, si affaccia sull'enorme conca prodotta dai lavori della cava subito a sud del forte. Una terza torre, denominata Torre Monteratti, fu invece costruita a partire dal 1819 e completata nel 1826. Identica nella struttura alla Torre Quezzi, era situata in cima al rilievo, su una spianata di circa 250 m lungo il crinale del monte. Tra il 1831 e il 1842 vennero gettate le basi per la costruzione di una snella caserma che si estendesse per quasi tutti i 250 m di lunghezza dello spiano sovrastante l'abitato di Quezzi. Fu realizzato quindi il Forte Monteratti, che nella sua costruzione inglobò la preesistente torre, divenuta parte integrante della struttura difensiva. Per la costruzione delle due ali ci fu il finanziamento privato della famiglia dei nobili Durazzo, proprietaria anche dei terreni circostanti. La facciata del forte è diretta verso la città mentre sul retro erano collocate le artiglierie puntate verso la val Bisagno, tra le zone di San Gottardo e Prato, a difesa di eventuali incursioni da nord attraverso la valle anzidetta. Durante i moti del 1849 il forte fu presidiato da alcuni militi della Guardia Nazionale, che l'abbandonarono ben presto con l'avanzare delle truppe regie. La strada militare ottocentesca mantiene l'originario acciottolato e conduceva all'ingresso orientale del forte, anticamente protetto da un ponte levatoio, su cui ancora è possibile leggere la targa in marmo che indica il nome della fortificazione. Durante la Grande Guerra il Forte fu usato come prigione per i coatti austriaci. Tra il 1935 ed il 1938 il forte subì dei rimaneggiamenti e vi fu installata una postazione contraerea: la torre fu demolita perché impediva la visuale alle batterie antiaeree. Durante il secondo conflitto mondiale questa postazione contraerea fu utilizzata prima dal Regio Esercito e, dopo l'8 settembre 1943, da reparti della Wehrmacht. Oggi il complesso è in totale abbandono e presenta molti punti pericolanti: per questo, pur essendo liberamente accessibile, è pericoloso addentrarsi all'interno della struttura. La posizione è ideale per scampagnate e percorsi da trekking, seguendo la strada militare ed i sentieri che collegano tra loro, nell'ordine, Forte Quezzi, Torre Quezzi, Forte Monteratti, Forte Richelieu e il Forte Santa Tecla e scendendo in città il Forte San Martino per finire con il Forte San Giuliano, l'unico che, pur ampiamente rimaneggiato, è ancora utilizzato dalle Forze armate italiane, come sede del Comando Provinciale di Genova dell'Arma dei Carabinieri. Volumetricamente il forte ha uno sviluppo lineare; il bastione centrale a pianta rettangolare che lo divide in due ali era adibito ai servizi: le cucine, la lavanderia e le latrine, ma in caso di necessità dalle sue feritoie era possibile battere il fondo valle e operare la difesa ravvicinata dell'accesso orientale. L'ala di ponente era adibita a celle di prigionia, mentre nell'ala sinistra, a levante, vi erano i magazzini destinati all'approvvigionamento di proiettili e d'artiglieria, ed era protetta da un baluardo alla sua estremità; i piani superiori erano adibiti a camerata per le truppe e i sottufficiali, infine nel vano centrale una scala conduceva al secondo e terzo piano usati come alloggi per gli ufficiali. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007. Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Enrico Pelos, Passeggiate a Levante, "Via dei Forti e Muraglia genovese", Ed. Blu Torino, 2011 Forti di Genova Fortificazione Quezzi Val Bisagno Fortificazione alla moderna Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte Monteratti Itinerari escursionistici che comprendono Forte Ratti, su www2.comune.genova.it. URL consultato il 23 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 23 giugno 2015). Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 4 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010).

Estratto dall'articolo di Wikipedia Forte Monteratti (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Forte Monteratti
Salita per il Ratti, Genova Bassa Val Bisagno

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16133 Genova, Bassa Val Bisagno
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Forte Monteratti in autunno 25 novembre 2018
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Luoghi vicini

San Desiderio (Genova)
San Desiderio (Genova)

San Desiderio (San Dexideiu in ligure, anticamente, San Desiderio di Bavari) è un quartiere residenziale di 1.973 abitanti del comune di Genova, compreso nel Municipio IX Levante. È situato nella parte più a nord della valle del torrente Sturla, a valle della Serra di Bavari. Comprende i rioni di Pomà, Canaisa e Premanico. Confina con i quartieri delle Nasche e di Bavari. Le abitazioni non costituiscono un agglomerato unico ma sono raggruppate in rioni. Amministrato dall'epoca medievale dalla Repubblica di Genova, dapprima nella podesteria del Bisagno e poi nel successivo capitaneato (1606), fu per secoli sotto la giurisdizione civile e religiosa di Bavari e della sua chiesa parrocchiale. Con gli avventi napoleonici di fine settecento, e la conseguente caduta della repubblica genovese in favore della Repubblica Ligure, la comunità di San Desiderio fu inglobata nel dipartimento del Bisagno (1797) con capoluogo San Martino d'Albaro; l'anno successivo fu inserita nel VI cantone di Nervi della giurisdizione del Bisagno e ancora inserita, dal 1803, nel V cantone di San Martino d'Albaro nella I giurisdizione del Centro. A partire dal 1804 divenne frazione del comune di Apparizione, annesso al Primo Impero francese dal 13 giugno 1805 al 1814 nel Dipartimento di Genova. Alla caduta di Napoleone Bonaparte il congresso di Vienna del 1814 assoggettò il territorio ligure nel Regno di Sardegna (1815). A partire dal 1861 il comune di Apparizione fu parte integrante del neo costituito Regno d'Italia. Dal 1859 al 1926 il territorio fu compreso nel II mandamento di Nervi del circondario di Genova facente parte dell'allora provincia di Genova. Nel 1926 il comune fu soppresso e aggregato nella Grande Genova. Chiesa di San Desiderio, del XIII secolo, è sede della parrocchia omonima facente parte dell'arcidiocesi di Genova. La chiesa è dedicata a san Desiderio di Langres, che un'antica tradizione dice nativo dell'alta valle del torrente Sturla. Oratorio di San Giacomo, del 1619, sito all'estremità del Piano di San Giacomo accanto al piccolo ponte dell'antica strada per Bavari. Chiesa di Sant'Alberto nel rione di Pomà, risalente al XVII secolo. Chiesa di San Lorenzo nel rione di Premanico. Citata in un documento del 953, l'attuale costruzione è risalente al 1652. Tra le opere d'arte un dipinto di Giovanni Battista Baiardo raffigurante Santa Chiara. Ruderi della cappella di San Terenziano nel rione di Premanico. Villa Giustiniani a San Desiderio, risalente al XVII secolo. Casa d'infanzia di Giuseppe Mazzini, situata nei pressi di piazza Armando Grosso. Villa Galleano, casa dei fratelli Jacopo e Giovanni Ruffini. Ponte romano di Pomà. La zona di San Desiderio è ricca di zone boschive . L'area collinare attorno al centro abitato è tracciata da sentieri che formano un suggestivo percorso di trekking. Nell'area di Pomà è presente una grotta conosciuta come "la grotta dell'eremita": la leggenda narra che fosse il luogo di preghiera di san Desiderio di Langres, il santo che dà il nome alla zona, che amava far visita all'eremita. Molto pittoresco è il laghetto dei pesci rossi, un laghetto naturale situato nei pressi della sorgente del torrente Sturla. La borgata di Pomà sorge nell'antica Valle Ursaria, alle pendici del monte Fasce. Pomà, data anche la sua posizione notevolmente sopraelevata rispetto al resto del paese, assume le caratteristiche del tipico borgo montano ligure. La zona è rimasta quasi totalmente spopolata, ma ospita ancora la chiesa di Sant'Alberto (XVII secolo) e l'antica osteria di Pomà, recentemente restaurata. La borgata è molto frequentata dagli appassionati di trekking, data la sua felice posizione di snodo di antichi sentieri montani che consentono di raggiungere San Desiderio, Bavari e Apparizione. Premanico (Premanegu in lingua ligure) è una borgata di San Desiderio di 78 abitanti, distante circa 12 km dal centro di Genova e situata a 210 m sul livello del mare. Gli abitanti di Premanico sono detti premanigotti. La borgata ospita una parrocchia autonoma da quella di San Desiderio appartenente all'arcidiocesi di Genova che ha sede nella chiesa di San Lorenzo di Premanico. La festa patronale di sant'Anna ha luogo verso la fine del mese di Luglio. Premanico ospita una vecchia cava (detta la cava di Premanico) dove si estraeva argilla rossa utilizzata nella fabbrica di laterizi Plinthos ormai in disuso. Il quartiere è servito dalle linee 86, 86/, 88, 88/ e 686 di AMT Genova e da un servizio integrativo (SI 16) che consente di raggiungere Premanico. Il quartiere è conosciuto a livello provinciale grazie alla presenza di impianti sportivi adibiti al gioco del calcio (a 7, a 9 e a 11) e del tennis. La locale squadra di calcio a 11 è il GSD San Desiderio che milita in Promozione. Mario Arturo Campanella, San Desiderio di Bavari in Valle Sturla, Genova 1983. Quartieri e frazioni di Genova San Desiderio di Langres Chiesa di San Desiderio (Genova) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Desiderio Il sito del C.A.S.T. di San Desiderio, contenente numerose informazioni e fotografie, su sandesiderio.com. URL consultato il 23 ottobre 2022 (archiviato dall'url originale il 2 febbraio 2011). Il sito del Gruppo Sportivo San Desiderio, su sandesiderio.it. URL consultato il 3 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 29 settembre 2012).

Torre Quezzi
Torre Quezzi

Torre Quezzi (318 s.l.m.) è una torre circolare in laterizio di 15 metri di diametro per 17 m di altezza, costruita dal Corpo Reale del genio Sardo tra il 1818 e il 1823, situata sulle alture di Quezzi. La torre domina le alture della val Bisagno, e fu costruita per sopperire alla mancanza di una adeguata difesa di Forte Quezzi lungo il crinale nord del monte, che avrebbe consentito un facile punto di partenza alle truppe nemiche per un eventuale attacco al forte stesso. Il Genio Sardo si prodigò per rinforzare quel lato del monte, con la costruzione di una piccola opera di "appoggio" a pianta circolare. Nel 1830 una relazione militare riscontrò un'inutilità nel posizionamento di Forte Quezzi e viceversa una ottima posizione difensiva della piccola opera di appoggio, così negli anni subito successivi furono sviluppati diversi progetti per rinforzare e ampliare la torre, con l'aggiunta di bastioni e la creazione di un forte simile a quello di Begato. L'idea tuttavia rimase solo al livello di disegno di progetto, e la torre non fu mai rimaneggiata. Dopo quasi 100 anni, intorno al 1909, l'opera fu abbandonata dalle autorità militari e adibita a ristorante poi definitivamente abbandonata nell'immediato secondo dopoguerra, quando furono rimosse le parti metalliche e i tiranti del pavimento, che ne causarono il crollo. Torre Quezzi è in completo abbandono; saltuariamente utilizzata come ricovero per le greggi di pastori locali è in uno stato di conservazione precario e necessiterebbe di restauri, che potrebbero riportare la struttura e l'area subito attorno in uno stato dignitoso. La torre e l'area immediatamente circostante sono considerati sito di interesse comunitario dall'Unione europea essendo uno dei pochi habitat del raro "tarantolino" o "geco tirrenico" (Euleptes europaea, precedentemente noto come Phyllodactylus europaeus). La Torre è una costruzione a tronco di cono, in cui a metà altezza si innestano delle paraste che sorreggono il parapetto di coronamento del tetto, oggi, come la maggior parte della costruzione, diroccato. Dalla parte interna dei parasti si aprono delle caditoie, protette in origine da possenti grate apribili. L'ingresso era originariamente protetto da un fossato a semi-cerchio, e da un ponte levatoio di cui oggi non rimangono tracce, ma che presenta ancora una muratura controscarpa davanti all'ingresso usata come appoggio per il ponte quando era abbassato. L'interno presentava 3 piani, oggi in gran parte totalmente crollati, sorretti da quattro pilastri portanti, in cui in uno di essi sono ricavate le scale di servizio che salivano ai piani. Al primo piano troviamo sul lato est la grossa feritoia per la cannoniera, svasata verso il basso in quanto il pezzo d'artiglieria era a difesa della Torre e non era a scopo offensivo. Nel piano superiore si scorge un'altra feritoia per la cannoniera, che al contrario aveva un "tiro" più diritto. Il terrazzo superiore, oggi irraggiungibile, era accessibile tramite una piccola casamatta e fu costruito a "prova di bomba", cioè da uno spesso strato di terra che sarebbe servito ad assorbire l'impatto di una bombarda dell'epoca. Al centro del soffitto esisteva in origine una piccola copertura in marmo, la quale poteva essere aperta per facilitare lo smaltimento del fumo di sparo, tramite un camino circolare verticale collegato con l'interno. L'armamento era rappresentato da due cannoni da 8, due obici lunghi e i due cannoncini, sopracitati, mentre il personale poteva variare da 20 a 50 unità in caso di necessità. La Torre è raggiungibile dalla strada militare, oggi in parte asfaltata, che parte da Forte Quezzi e porta fino a Forte Richelieu passando da Forte Monteratti, il sito oggi si trova in prossimità di serbatoi dell'Acquedotto Valnoci, in uno spiazzo asfaltato. A piedi è raggiungibile da via Leamara che parte dal quartiere di Quezzi, oppure da un sentiero percorribile anche in mountain bike che parte dalla piazza di Sant'Eusebio, in macchina dal quartiere del Biscione. La zona di Torre Quezzi è riconosciuta dalla Direttiva Habitat come zona speciale di conservazione per la presenza del fillodattilo (Euleptes europaea), un piccolo geco (il più piccolo vertebrato europeo) rinvenibile sulle pareti della torre, che nel resto della Liguria è presente esclusivamente nelle isole di Tino e Tinetto, in provincia di La Spezia, e per questo considerata specie protetta. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storico-naturalistici Forti di Genova Sito di interesse comunitario Fortificazioni Appennino ligure Quezzi Val Bisagno Fortificazioni alla moderna Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torre Quezzi Foto di Torre Quezzi, su sullacrestadellonda.it. URL consultato il 6 dicembre 2009 (archiviato dall'url originale il 5 settembre 2009). Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 6 dicembre 2009 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010). Scheda del SIC Archiviato il 25 marzo 2014 in Internet Archive. su ambienteinliguria.it

Forte Santa Tecla (Genova)
Forte Santa Tecla (Genova)

Forte Santa Tecla (161 s.l.m.) sorge sul rilievo che domina San Martino, dove in tempi antichi si ergeva la chiesa di Santa Tecla, di cui si hanno notizie fin dal 1100, da cui prende il nome. Nello spiano dove oggi sorge il Forte esisteva una chiesetta omonima risalente all'XI secolo e nell'anno 1339 appartenente al Doge di Genova Simon Boccanegra. La costruzione del Forte vero e proprio fu pianificata dall'ingegner Jacques De Sicre nell'ambito della più vasta opera di fortificazione della città di Genova, al di fuori della cinta muraria, in opposizione agli assedi austriaci, nel contesto della Guerra di successione austriaca che minacciava Genova. Così nel 1747 il De Sicre riferiva: La direzione dei lavori fu affidata al colonnello Giacomo De Cotte che aveva ricevuto dirette disposizioni dal De Sicre, ma il progetto presentò subito delle inadeguatezze e nel 1748 lo stesso De Sicre presentò una nuova relazione cercando di superare le carenze della fortificazione, con l'intervento finanziario di 65.000 Lire genovesi. L'attenzione verso Forte Santa Tecla si ripropose intorno al 1756 quando, sempre De Sicre, presentò un progetto di ampliamento con l'aggiunta di una ridotta casamattata a due piani, una polveriera, un rivellino, terrapieni e cammini coperti da integrare nel Forte. Ma il Magistrato delle Fortificazioni ritenne onerosi e inutili i lavori, quindi il progetto non fu approvato. Durante il 1800, il Forte era uno dei contrafforti a difesa del settore orientale della città, perché utile alla difesa del perimetro di Albaro, del quartiere di San Martino, della Madonna del Monte e perché ben collegato al Forte Richelieu. Altre opere di rafforzamento si ebbero nel 1814, per mano del Corpo Reale del Genio Sardo: furono sopraelevati i due semibastioni settentrionali e fu posto all'ingresso lo stemma sabaudo. Un'altra tranche di lavori iniziò nel 1830, durante i quali la copertura a terrazza della caserma interna fu trasformata in copertura a falde, generando un altro piano fruibile. Dopo 3 anni i lavori finirono e la fortificazione fu ultimata e resa operativa nella difesa del levante cittadino. Nel 1849 durante i moti popolari il Forte fu occupato, come il vicino Forte Richelieu, da insorti e senza colpo ferire fu riconquistata dalle Regie truppe in pochi giorni, come tra l'altro avvenne per Forte Richelieu. La fortificazione fu poi utilizzata occasionalmente da reparti militari fino alla prima metà del Novecento; durante la Grande Guerra i locali del Forte furono adibiti a carceri per prigionieri austriaci. Abitata da una famiglia fino agli anni settanta, nel 1982 iniziarono i lavori di restauro, per rendere il sito una sede per le iniziative culturali del quartiere di San Fruttuoso. Completati i lavori, il Forte venne chiuso nell'attesa di una destinazione. Intanto atti di vandalismo hanno vanificato i lavori incendiando il tetto della caserma e deturpando l'interno. Altri lavori di risanamento sono quindi iniziati coinvolgendo volontari della Protezione Civile, che hanno costudito l'interno e l'esterno dell'opera. Nel 2021, i volontari della Protezione civile (Associvile), si sono uniti insieme ad altre tre associazioni (AGESCI Genova 3, Gruppo radio Liguria, compagnia Teatrale "I conviviali") per dare vita ad una Associazione di secondo livello denominata "Rete Forte Santa Tecla"[1] che ha nei suoi scopi quello di promuovere il patrimonio storico del forte. Entrando ci troviamo in un cortiletto interno che separa in due l'opera dividendo la caserma dalla cortina meridionale. La caserma è suddivisa in tre piani. Al piano terra si trovano le cucine, gli uffici del sottoufficiale e il corpo di Guardia. Al piano superiore si trovano gli alloggi per i graduati e un passaggio alle mura e ai bastioni meridionali adibiti a magazzini. Il terzo piano infine è adibito ad alloggi per la truppa, da cui si può accedere alla copertura di uno dei due bastioni rivolti a settentrione, da dove si discende verso il cortile utilizzato come piazza d'Armi. A piedi è raggiungibile scendendo dal sovrastante Forte Richelieu, in meno di mezz'ora di cammino non impegnativo, su un sentiero che parte da Colle della Calcinara e collega tutti i Forti di levante della città. Con mezzo privato, percorrendo via Donghi, poi via Berghini e salendo in via Forte di Santa Tecla fino ad un piccolo spiazzo sterrato che conduce all'ingresso raggiungibile solo a piedi. Con il mezzo pubblico invece si prende la linea 67 AMT che parte da Piazza Martinez. Esiste anche una ripida e stretta carreggiabile che sale direttamente dai pressi del Monoblocco dell'Ospedale San Martino (Salita Superiore Santa Tecla), percorribile agevolmente dai mezzi a due ruote. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007. Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Comune di Genova - Assessorato giardini e foreste, Genova. Il parco urbano delle Mura. Itinerari storico-naturalistici, Sagep, 1994 Forti di Genova Fortificazioni San Martino (Genova) Fortificazioni alla moderna Regno di Sardegna Forte Richelieu Wikiquote contiene citazioni di o su Forte Santa Tecla Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte Santa Tecla Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 29 dicembre 2009 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010). Storia del Forte Quezzi, su fortidigenova.com. URL consultato il 29 dicembre 2009 (archiviato dall'url originale il 23 agosto 2010). Vista dal satellite del Forte, su forti-genova.com. URL consultato il 29 dicembre 2009 (archiviato dall'url originale il 14 maggio 2009).