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Risiera di San Sabba

Architetture di TriesteCampi di concentramento nazisti in ItaliaCampi di internamento per militari e civili nell'Italia fascistaCampi di prigionia nazistiCampi di transito nazisti
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Trieste Risiera di San Sabba DSCF1482
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La Risiera di San Sabba fu un campo di concentramento nazista istituito a Trieste ufficialmente come campo di detenzione di polizia (Polizeihaftlager), unico ad essere dotato di un forno crematorio in tutto il territorio italiano. Servì in particolare ad eliminare gli appartenenti alla Resistenza operanti nel Litorale adriatico (Operationszone Adriatisches Küstenland - OZAK), ma altrettanto importante fu la sua funzione di campo di transito per gli ebrei della regione destinati ai campi di sterminio. Fu un luogo tipico del sistema di terrore nazista, atto da un lato a realizzare la soluzione finale della questione ebraica e a reprimere i cosiddetti "ribelli" (quelli che i tedeschi chiamavano Banditen), dall'altro a sfruttare sistematicamente la popolazione civile. Oltre ai prigionieri uccisi sul posto o deportati, vi furono rinchiusi anche i civili catturati nei rastrellamenti o destinati ai lavori forzati. L'ammontare complessivo delle vittime di San Sabba è stato ed è tuttora oggetto di discussione: le stime vanno da un minimo di 2000 persone a un massimo di 5000 (anche se quest'ultima stima è considerata "improbabile"), avvelenate dai gas di scarico dei mezzi di trasporto, abbattute con corpi contundenti o - meno frequentemente, secondo le testimonianze processuali - uccise con armi da fuoco. Circa 1450 ebrei deportati dall'OZAK passarono dalla Risiera: di questi solo una ventina fece ritorno. Di 28 ebrei invece è stata accertata l'uccisione all'interno del Lager in quanto considerati non in grado di affrontare il trasporto perché vecchi o malati. Nel 1965 la Risiera è stata dichiarata monumento nazionale, e nel 1975 è divenuta museo civico.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Risiera di San Sabba (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Risiera di San Sabba
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Trieste Risiera di San Sabba DSCF1482
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Servola
Servola

Servola (Škedenj in sloveno, Ščedna nel locale dialetto sloveno, o in versione arcaica Ščiédna, Sèrvola in dialetto triestino), è un rione storico della città di Trieste. Confina a nord con la Via Baiamonti, a Sud con la Via Valmaura, a Est con la Via dell'Istria e ad a ovest con la costa del golfo di Trieste. Complessivamente misura circa 1,5 km² ed è distante dal centro cittadino circa 3 km in direzione sud. È uno dei centri delle manifestazioni del Carnevale triestino, citato dalla canzone popolare. È stata sede del Consiglio Circoscrizionale di Servola-Chiarbola, fino all'accorpamento con quello di Valmaura-Borgo San Sergio (attualmente con sede in Via Paisiello). È gemellata con il Rione Bianco di Faenza (dagli anni '70), e più recentemente con la Comunità degli Italiani di Villanova (Croazia) e con il villaggio di San Lorenzo (Reggio Calabria). La variante italiana (veneta) del toponimo deriva da Sylvula (selvetta), dal piccolo bosco che copriva la piccola penisola posta nella parte meridionale della città. Il nome venne storpiato prima in Selvola poi nella versione corrente. La variante slovena Škedenj, invece, significherebbe "fienile, aia", ma più probabilmente deriva dalla variante dialettale Ščedna (da čediti = tagliare). Il rione è anche noto per il caratteristico pane servolano (in particolare le famose Bighe) realizzato dalle cosiddette donne del pane (krušarce in sloveno e pancogole in dialetto triestino = donne panettieri). Servola aveva una tradizione di panificazione molto importante e riconosciuta non solo a Trieste. Nel 1756 vinse pure il primo premio in concorso indetto dalla Corona d'Austria per il pane migliore dell'Impero, e fu proprio in quella occasione che le pancògole servolane andarono a Vienna e a corte presentarono il loro pane, le Bighe Servolane. Si dice che durante la Seconda Guerra Mondiale il pane di Servola arrivasse fino all'ospedale partigiano di Franja (a Novaki, in Slovenia). L'attività delle "donne del pane" continuò anche dopo la guerra, fino alla fine del 1954, quando la panificazione casalinga venne proibita dalle nuove norme igieniche. A quel tempo a Servola c'erano ancora 8 "pancogole", che continuarono l'attività "di contrabbando".