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Chiesa di Sant'Antonio a Tarsia

Chiese dedicate a sant'Antonio di PadovaChiese di Napoli
FacciataTarsia
FacciataTarsia

La chiesa di Sant'Antonio a Tarsia è una chiesa monumentale di Napoli; si erge nell'omonima piazzetta. La struttura venne edificata nel 1550 sul terreno donato da Evangelista Perrone al capitolo di San Giovanni in Laterano affinché venisse eretta una primitiva chiesa dedicata a Santissima Maria del Soccorso. In seguito, il suolo dove fu eretta questa chiesa venne concesso ai padri francescani, i quali, nel 1559 vi eressero un nuovo convento e di conseguenza un nuovo tempio; quest'ultimo era dedicato allo Spirito Santo. La chiesa ben presto venne soprannominata come "Spiritosantiello" poiché, nelle sue vicinanze si ergeva già una basilica sotto questo nome. L'immagine sacra di Sant'Antonio di Padova, posta all'interno, indusse al popolo ad attribuirle la denominazione odierna. La chiesa ha subito rilevanti rimaneggiamenti nella prima metà del XVIII secolo. Gli stucchi sulla facciata sono di Angelo Viva; la pregevole statua marmorea di Sant'Antonio è stata creata da Francesco Pagano. Il pavimento maiolicato del 1739 è opera di Donato Massa, mentre nella sacrestia sono conservate ulteriori opere: La Sacra Famiglia di Andrea Vaccaro e La Pentecoste di Andrea Miglionico.

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Chiesa di Sant'Antonio a Tarsia
Salita Tarsia, Napoli Municipalità 2

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Chiesa di Sant'Antonio a Tarsia

Salita Tarsia
80135 Napoli, Municipalità 2
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FacciataTarsia
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Luoghi vicini

Palazzo Spinelli di Tarsia
Palazzo Spinelli di Tarsia

Il Palazzo Spinelli di Tarsia è uno dei palazzi monumentali di Napoli, ubicato in piazzetta Tarsia. Il palazzo fu eretto, anche se solo parzialmente, su commissione di Ferdinando Vincenzo Spinelli, principe di Tarsia: la costruzione prevedeva il rifacimento di un precedente fabbricato, documentato da Carlo Celano, e il progetto fu affidato a uno dei più noti architetti napoletani del Settecento, Domenico Antonio Vaccaro. Le decorazioni ad affresco negli appartamenti furono eseguite, oltre che dallo stesso Vaccaro, da pittori come Nicola Maria Rossi, Nicola Cacciapuoti e Giovanni De Simone. L'edificio, in origine, occupava una vasta zona alle spalle della chiesa di San Domenico Soriano. Nella struttura, secondo un disegno assonometrico redatto dallo stesso Vaccaro, si nota un fastoso ingresso che dà accesso a due scenografiche rampe a tenaglia per le carrozze con al centro una scalinata, dopo le quali ci si trovava davanti al primo corpo di fabbrica, che racchiude tre archi a sesto ribassato in legno intarsiato. Da questo si passa all'ampio cortile rettangolare, dove prospetta il maestoso palazzo elevato, a due piani con pianterreno. La grande area verde del palazzo intendeva rifarsi ai giardini pensili di Babilonia, ma essa è oggi quasi del tutto scomparsa. L'intera struttura, dall'Unità d'Italia a oggi, non è mai stata al centro di un accurato piano di restauro e di salvaguardia, teso alla sua rivalorizzazione. A eccezione della facciata l'intero comprensorio è in profondo degrado, con un parcheggio auto abusivo.

Palazzo Cercepiccola
Palazzo Cercepiccola

Il Palazzo Cercepiccola è un edificio di valore storico e architettonico di Napoli, situato in via Ventaglieri. Questo palazzo come tutta l'edilizia visibile su via Ventaglieri risale al XVII secolo. Lo studioso Italo Ferraro riporta una fonte: quella di Giuseppe Fiengo che cita una serie di costruzioni in restauro nel biennio 1734-1735 in seguito al terremoto del 1732 nel suo Organizzazione e produzione edilizia a Napoli all'avvento di Carlo di Borbone. Tra i tanti edifici citati, Ferraro ritiene che questo sia il palazzo di Pompeo Almirante (?-1742), duca di Cerza Piccola. Venne eretto su un lotto stretto e lungo, con il prospetto laterale che va a occupare gran parte del lato destro del primo tratto della Salita Sant'Antonio a Tarsia. Esternamente il palazzo offre allo sguardo una facciata di quattro piani e un portale in piperno a bugne piatte dall'arco a tutto sesto che si raccorda con il balcone centrale del piano nobile grazie a due mensole in piperno a forma di voluta. Sul prospetto laterale vi è un piccolo portale, sempre in piperno, occluso in epoca imprecisata. All'interno si ha una struttura a "croce" con una sequenza allineata e perfettamente simmetrica fatta dall'androne, dal cortile, ai cui lati vi sono due piccoli portici dall'unica arcata, e dalla scala aperta dall'unica arcata ribassata per livello. In anni recenti i proprietari hanno provveduto a restaurare la facciata su via Ventaglieri e l'interno (cioè l'androne, il cortile e la scala aperta, davanti alla quale è stato posizionato un ascensore); mentre resta gravemente degradato il prospetto laterale sulla Salita Sant'Antonio a Tarsia.

Chiesa di Santa Maria di Montesanto
Chiesa di Santa Maria di Montesanto

La chiesa di Santa Maria di Montesanto e l'annesso monastero vennero costruiti a Napoli da una comunità di Carmelitani siciliani originari di Montesanto. La costruzione venne affidata all'architetto Pietro de Marino, ma i lavori vennero completati successivamente da Dionisio Lazzari, a cui si deve la cupola (1680). Gli stucchi della facciata, ricreati nel XIX secolo, sono di Angelo Viva e raffigurano la Madonna del Carmelo. L'interno ha una pianta a croce latina, a navata unica con quattro cappelle per lato. Sugli altari delle prime cappelle a sinistra e a destra sono collocate due tele di Paolo De Matteis, datate 1693, con L' Angelo Custode e Il Miracolo di Sant'Antonio. Nella seconda cappella a sinistra è conservato un simulacro ligneo di San Ciro e il Ritratto funebre di Carlo Franchi, avvocato del foro napoletano durante il XVIII secolo. Nella terza a cappella destra vi sono due tele ottocentesche di ignota mano. Nel braccio sinistro del transetto è collocato in una grande nicchia il Crocifisso tra la Madonna e San Giovanni, gruppo ligneo seicentesco di notevole qualità, tradizionalmente attribuito a Nicola Fumo, ma più probabilmente opera di Aniello Perrone, mentre in quello destro è posta una grande tela di Giovanni della Torre, seguace del Beinaschi, raffigurante La Sacra Famiglia davanti all'Eterno. Un cenno a parte merita la terza cappella a sinistra, dedicata a Santa Cecilia, la quale è rappresentata nel dipinto centrale di Giuseppe Simonelli (ritoccato - secondo il De Dominici - da Luca Giordano) e nei due laterali di Giuseppe Castellano. A lungo fu affidata alle cure dei Maestri di Musica della Real Cappella Palatina ed è nota perché in essa sono sepolti Alessandro Scarlatti († 1725), Leonardo Leo († 1744), Pasquale Cafaro († 1787) ed altri musicisti della Real Cappella, come si legge dalla lapide marmorea sulla destra appostavi dal Cafaro nel 1777 .