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Grattacieli di Piazza Piemonte

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Grattacieli di Piazza Piemonte
Grattacieli di Piazza Piemonte

I grattacieli di Piazza Piemonte sono due edifici di stile eclettico situati a Milano in piazza Piemonte. I due palazzi vennero costruiti nel 1923 su progetto dell'architetto Mario Borgato per la torre 1, e da E.G. Macchi e Giuseppe Rusconi Clerici per la torre 2. Per realizzarli fu concessa una deroga al piano urbanistico allora in vigore che vietava edifici di altezza superiore ai 28 metri; di qui l'appellativo, poi rimasto, di "grattacieli" di piazza Piemonte. Vengono comunemente considerati come i primi grattacieli di Milano. I due edifici gemelli sorgono su piazza Piemonte ai due lati di via Giorgio Washington e costituiscono una presenza monumentale. Per quanto simili, i due palazzi presentano alcune differenze riscontrabili, per esempio, nella forma delle loro due cupole sommitali. Raggiungono un'altezza di 38 metri. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Grattacieli di Piazza Piemonte

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Grattacieli di Piazza Piemonte
Piazza Piemonte, Milano Municipio 7

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Grattacieli di Piazza Piemonte
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Teatro Nazionale (Milano)
Teatro Nazionale (Milano)

Il Teatro Nazionale è un teatro di Milano. Sito in via Giordano Rota al numero 1, nei pressi di piazza Piemonte, fu costruito negli anni 1920 per volere di Mauro Rota, gestore di sale cinematografiche, su un progetto dell'architetto Mario Borgato. Appartiene da allora alla medesima famiglia milanese. Fu inaugurato il 20 dicembre 1924 con La cena delle beffe (1908), poema drammatico di Sem Benelli. Riammodernato negli anni 1980 da Giordano Rota, con Roberto Rindi nel ruolo di impresario teatrale (ex direttore del Piccolo Teatro di Milano) si riconvertì lo spazio riprendendo la tradizione del teatro da anni interrotta a favore del cinema. Furono anni fervidi, che videro nella programmazione artisti che divennero famosi anche in tutta Europa, ma soprattutto, il Teatro Nazionale fu il primo a ospitare nuovamente in Italia il ballerino, star della danza, Rudolf Nureyev dopo anni di "esilio" forzato. Nel 2001 fu realizzata una parziale ristrutturazione durante la direzione artistica di Massimo Romeo Piparo e il teatro assunse la denominazione di Ventaglio Nazionale, presentando in cartellone musical dopo anni di prosa. Nel 2009 è stato completamente ristrutturato dalla multinazionale olandese dello spettacolo Stage Entertainment. Nel settembre è stato riaperto con l'originale nome "Teatro Nazionale". Tra le novità l'introduzione del modello tipico di Broadway, ovvero tenere in scena per almeno un'intera stagione uno stesso spettacolo. Nella ristrutturazione è ampliata la torre scenica per ospitare musical che necessitano di grandi macchinari per i cambi di scena e la capienza, portata a 1 500 posti. Rinnovato anche l'impianto sonoro. La ristrutturazione si è inserita in un rinnovamento urbanistico di piazza Piemonte, con la creazione di un'area verde ospitante tre sculture di Aligi Sassu e un parcheggio interrato. La via pedonale di fronte al teatro è stata intitolata a Giordano Rota, ex gestore del teatro. Come primo musical del teatro ristrutturato nella stagione 2009-2010 è stato proposto La bella e la bestia, nel 2010-2011 Mamma Mia!, nel 2011-2012 Sister Act e dal 18 ottobre 2012 La febbre del sabato sera. Nel 2018 Mary Poppins. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Nazionale Sito ufficiale, su teatronazionale.it. (EN) Teatro Nazionale, su Structurae. Teatro Nazionale, su in-lombardia.it.

Chiesa di San Pietro in Sala
Chiesa di San Pietro in Sala

La chiesa di San Pietro in Sala è un luogo di culto cattolico di Milano, posta nella zona occidentale della città. È sede dell'omonima parrocchia, compresa nel decanato di San Siro-Sempione-Vercellina dell'arcidiocesi di Milano. Le prime attestazioni del borgo di Sala (un tempo separato dal nucleo della città) risalgono alla fine del X secolo (atto di vendita di fondi da Ferlinda, vedova di Benedetto Ronzone, nel luogo detto Sala e Felegazo, 29 agosto 970; in documenti successivi la località è detta Sala Rozonis e poi semplicemente Sala). La prima menzione di una chiesa è quella, reperita in alcuni documenti del 1028, di una cappella dedicata ai santi Michele e Pietro, consacrata dall'arcivescovo Ariberto da Intimiano. Nel settembre di quello stesso 1028 si registra la nascita di San Pietro in Sala per disposizione del canonico Ottone da Bezo, su un terreno di 3 jugiae (= 36 pertiche) di cui era usufruttuaria Raidruda, vedova di Gandolfo. Quest'ultima cedette la chiesa da lei stessa fatta costruire, e consacrata dal vescovo Ariberto da Intimiano, all'abate del monastero di Sant'Ambrogio insieme ai terreni circostanti, comprendenti anche una cascina ed un pozzo. Circa i motivi dell'intitolazione poco si sa, a parte il fatto che il padre di Gandolfo si chiamava Pietro. È intorno al 1100 che nascono le vicinantiae che presto evolveranno in "parrocchie", e San Pietro in Sala viene citata come parrocchia già in una bolla del papa Pasquale II del 14 febbraio 1102 ("Ecclesia sancti Petri, ubi dicitur a Sala, cum parochia sua"). In seguito la parrocchia sarà sempre così denominata, abbandonando l'altra intitolazione all'arcangelo Michele. Uno dei primi curati di San Pietro in Sala (se non il primo in assoluto) fu Teusprando noto da un documento del 1043. Sembra che la chiesa originale sorgesse sul lato della piazza opposto a quello dell'attuale edificio (nei documenti si dice che confinava, a ponente, con "la strada", ma non è chiaro se si parli della strada Vercellina, odierno corso Vercelli, o un'altra strada secondaria). Si trattava comunque di un piccolo edificio, destinato a servire gli abitanti delle case della Baitana - oggi via Belfiore - e delle Cassine de Biffis all'inizio dell'attuale via San Siro. Già nel 1141 essa venne riedificata, ad opera di Eriberto da Pasilvano, per contenere l'accresciuto numero di fedeli. Col passare del tempo, il borgo di Porta Vercellina si sviluppò portando alla nascita di numerose chiese e cappelle. Nel XV secolo tutte le chiese minori dipendenti dal monastero di Sant'Ambrogio (e tra esse anche San Pietro in Sala) vennero riunite come sussidiarie in un'unica parrocchia (di Sant'Agostino). Nel 1567 monsignor Ludovico Moneta compie una visita pastorale a San Pietro in Sala, su delega dell'arcivescovo, Carlo Borromeo. Dai documenti relativi a quella visita si apprende che all'epoca la chiesa serviva "16 focolari e circa 80 anime", e che il curato era don Bernardino de Bono. Il 1º aprile 1581, a seguito di reiterate istanze di abitanti della zona, San Pietro in Sala ridiventa parrocchia, con una giurisdizione su tutto il territorio all'esterno di Porta Vercellina. Per l'occasione viene avviata, ad opera verosimilmente di Martino Bassi, la costruzione di una nuova chiesa, più ampia (22 braccia x 14, con tre altari e un battistero), terminata nel giro di pochi anni. Dal 1582 ne fu parroco l'oblato don Gerolamo Broggi. Dopo alcuni lavori di ampliamento, iniziati l'8 luglio 1838, il 20 ottobre 1839 viene solennemente benedetta la chiesa rinnovata. Questi lavori, durati poco più di un anno, l'hanno resa tre volte più ampia della precedente. Nel 1889 la chiesa venne dotata di un organo di grande qualità, prodotto da Vittore Ermolli di Varese e collaudato positivamente dai maestri Michele Bianchi e Carlo Galli il 14 agosto di quell'anno. Nel corso del XX secolo la chiesa venne completamente ricostruita dall'Impresa di Costruzioni Magnaghi- Bassanini , architetto ing. Antonio Casati dandole l'aspetto odierno, mentre la parrocchia ha dato origine a diverse altre nuove parrocchie: Sacro Cuore alla Gagnola (1906) Santa Maria Segreta (1910) Santa Maria del Rosario (1919) Santi Nabore e Felice (1931) Santi Protaso e Gervaso (1933) San Benedetto ("Piccolo Cottolengo") (1953) Gesù Buon Pastore e San Matteo (1956) Corpus Domini (1956) Nel 1926 nella parrocchia esercitò il ruolo di educatore giovanile un giovane Carlo Gnocchi. Raffaele Bagnoli, La chiesa parrocchiale di San Pietro in Sala a Milano, Milano (s.n.), 1947. 33 p. : ill. ; 20 cm. Tullo Montanari, Dal Borgo delle Grazie a Porta Magenta, Milano, Consiglio di Zona 6 Comune di Milano, 1996, 168 pp. Andrea Strambio de Castilla, Giovanna Franco Repellini, Antonio Bassanini Costruttore del Novecento Vita e opere, Silvana Editoriale, 2020 Chiese di Milano Parrocchie dell'arcidiocesi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Pietro in Sala Sito ufficiale, su sanpietroinsala.it. Sito ufficiale oratorio San Pietro in Sala, su oratoriosanpietroinsala.com Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.

Casa Verdi
Casa Verdi

Casa Verdi è una casa di riposo per cantanti e musicisti che abbiano compiuto 65 anni di età, fondata da Giuseppe Verdi il 16 dicembre 1899 e situata a Milano in piazza Buonarroti al civico 29. La Casa è di proprietà della Casa di Riposo per Musicisti - Fondazione Giuseppe Verdi alla quale il Maestro ne fece dono prima della morte. "L’ammissione degli ospiti è deliberata dal Consiglio, avuto riguardo all’età, ai bisogni e ai meriti artistici". La struttura venne eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del celebre musicista Arrigo, amico del Maestro Verdi. Nella cripta annessa alla Casa riposano lo stesso Verdi e la seconda moglie Giuseppina Strepponi. Dal 1998 la Fondazione, per realizzare l'integrazione tra musicisti di diverse generazioni, ha provveduto a estendere la sua ospitalità, oltre che ai musicisti più anziani, anche ai giovani studenti di musica che siano meritevoli e bisognosi e che frequentino scuole di musica riconosciute nella città di Milano. La Casa è visitabile, con ingresso libero e gratuito, grazie alla collaborazione dei volontari per Il Patrimonio Culturale del Touring Club Italiano. Negli ultimi della sua vita Verdi scriveva all'amico scultore Giulio Monteverde: Nel 1888 Verdi aveva già fatto realizzare non lontano dalla sua tenuta di Villanova sull'Arda un ospedale attrezzato per la popolazione locale. L'anno successivo, egli diede inizio al proprio progetto filantropico, una casa di riposo per cantanti e musicisti che si trovassero in condizioni disagiate. Nel 1889 egli scrisse all'editore milanese Giulio Ricordi che aveva acquistato un grande appezzamento di terra incolta a Milano, fuori porta Magenta, dove aveva intenzione di erigere la casa di riposo. Egli annunciò dunque la propria intenzione a partire dal 1891 con un'intervista alla Gazzetta Musicale di Milano. La costruzione non iniziò però che nel 1896 anche se Verdi e la moglie Giuseppina incontrarono diverse volte l'architetto per rivedere insieme il progetto e migliorarlo sempre più. Nel 1895 Verdi fece testamento e stabilì che i proventi delle sue opere sarebbero serviti per pagare l'erezione della casa dopo la sua morte. La struttura venne completata nel 1899, ma Verdi per non apparire vanaglorioso non volle che alcun musicista vi mettesse piede sino al giorno della sua morte, avvenuta poi nel 1901.I primi ospiti giunsero nella struttura il 10 ottobre 1902 (data dell'89º genetliaco del Maestro) e da allora Casa Verdi ha accolto circa mille artisti negli ultimi anni della loro vita. Giuseppe Verdi è sepolto nella cappella della casa, accanto alla moglie Giuseppina Strepponi. Nella Casa vennero girate alcune scene del film Il bacio di Tosca realizzato nel 1984 dal regista svizzero Daniel Schmid. Luigi Ricci-Stolz Carlo Broccardi Sara Scuderi Aristide Baracchi Piero Soffici Leonello Bionda Angelo Lo Forese Elisa Pegreffi Maria Monti Biggi, Maria Ida, "Camillo Boito", in Marrone, Gaetana (ed.), Encyclopedia of Italian Literary Studies, Volume 1, CRC Press, 2007. ISBN 1-57958-390-3 Cella, Franca e Daolmi, Davide (eds.), La sensibilità sociale di Giuseppe e Giuseppina Verdi: dalle società di mutuo soccorso alla tutela dei musicisti d'oggi, EDT srl, 2002. ISBN 88-85065-21-X Conati, Marcello, Verdi: Interviste e incontri, EDT srl, 2000. ISBN 88-7063-490-6 Cretella, Chiara, Introduction to Boito, Camillo, Storielle vane, Edizioni Pendragon, 2007. ISBN 88-8342-519-7 Goodman, Walter, Review: Il bacio di Tosca (1984), New York Times, 24 July 1985 Lubrani, Mauro, Verdi a Montecatini, Polistampa, 2001 Phillips-Matz, Mary Jane, "Verdi's life, a thematic biography" in Balthazar, Scott Leslie (ed.), The Cambridge Companion to Verdi, Cambridge University Press, 2004, pp. 3–14. ISBN 0-521-63535-7 Randel, Don Michael (ed.), "Verdi, Giuseppe", The Harvard Biographical Dictionary of Music, Harvard University Press, 1996, pp. 944–946. ISBN 0-674-37299-9 Verdi, Giuseppe and Boito, Arrigo, The Verdi-Boito correspondence (edited by Marcello Conati, Mario Medici and William Weaver, English translation by William Weaver), University of Chicago Press, 1994. ISBN 0-226-85304-7 Inzaghi, Luigi, "Giuseppe Verdi e Milano", Meravigli Edizioni MilanoExpo, 2013, ISBN 9788879552950 Savorra, Massimiliano, Boito e la Casa per musicisti: un testamento in pietra per lo stile nazionale, Zucconi, Guido-Serena, Tiziana (a cura di), Camillo Boito. Un protagonista dell'Ottocento italiano, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia 2002, pp. 167–191. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Casa Verdi Sito ufficiale, su casaverdi.it. Touring Club, Aperti per Voi: informazioni ed orari, su touringclub.it. URL consultato il 16 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2017).

De Angeli (metropolitana di Milano)
De Angeli (metropolitana di Milano)

De Angeli è una stazione della linea M1 della metropolitana di Milano. La stazione fu costruita come parte della tratta da Pagano a Gambara della linea M1 della metropolitana di Milano, entrata in servizio il 2 aprile 1966. Inizialmente era stata pensata per servire con la maggior comodità possibile il complesso dei palazzi affacciati sulla piazza e su via Frua: l'obiettivo fu perseguito tramite la costruzione di una lunga galleria sotterranea con diversi sbocchi e molti spazi per attività commerciali. Nel corso del tempo i negozi hanno cessato l'attività e la galleria, seppur aperta, versa in stato di abbandono a causa del rimbalzo di responsabilità fra ATM e i gestori degli stabili. Per ovviare al disagio causato dalla poca sicurezza e dal passaggio sgradevole, nel 2012 ATM ha aperto due nuove uscite sul lato destro della piazza che permettono di raggiungere i negozi in superficie senza attraversare il passaggio. Nelle vicinanze della stazione effettuano fermata alcune linee urbane, tranviarie ed automobilistiche, gestite da ATM. Fermata tram (De Angeli M1, linea 16) Fermata autobus La stazione dispone di: Scale mobili Emettitrice automatica biglietti Stazione video sorvegliata Bar Giorgio Meregalli, Gli impianti ferroviari della linea 2 della Metropolitana di Milano, in Ingegneria Ferroviaria, maggio 1971, pp. 469-492, ISSN 0020-0956. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su De Angeli (EN) De Angeli, su Structurae.

Clinica Columbus
Clinica Columbus

La Clinica Columbus o Casa di cura Columbus è una clinica privata situata a Milano in via Buonarroti al civico 48, posta nel parco di un edificio in stile liberty, la Villa Romeo-Faccanoni. Il progetto della villa è di Giuseppe Sommaruga, che la realizzò nel 1911-1913; quello dell'adiacente clinica è opera della Studio Ponti-Fornaroli-Soncini e la sua realizzazione, a causa della guerra, richiese quasi un decennio, durando dal 1938 al 1946. L'edificio, opera in stile liberty dell'architetto Giuseppe Sommaruga (1911-1913), originariamente noto come Villa Faccanoni, diventò nel 1919 Villa Romeo-Faccanoni in seguito all'acquisto da parte del celebre imprenditore dell'automobile Nicola Romeo, creatore dell'Alfa Romeo. La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3 piani di 337 m2, una grande portineria e con un ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona vicina alla fiera campionaria, con la palazzina Galimberti in via Buonarroti (1908) e la palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio (1906). La villa venne ornata con due sculture colossali di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite da Palazzo Castiglioni di Corso Venezia, altra preziosa residenza liberty di inizio novecento sempre del Sommaruga: il palazzo era stato soprannominato Ca' di Ciapp (Casa delle chiappe) proprio per via delle due sculture che avevano destato scandalo all'epoca della sua costruzione nel 1903 e quindi rimosse dalla facciata. Sono inoltre da segnalare le decorazioni dell'ebanista Eugenio Quarti (1867-1926) e i ferri battuti del celebre mastro ferraio Alessandro Mazzucotelli (1865-1938). Il progetto venne commissionato dalle Suore Missionarie del Sacro Cuore. Gio Ponti così racconta le due idee guida che ne ispirano l'architettura "Un giorno determinai, per solo scopo di studio, gli schemi di una mia clinica tipo, che avesse a sud le camere, nel baricentro le comunicazioni verticali (scale, ascensori) e i controlli di piano [...] e il reparto operatorio innestato a nord. [...] Un altro principio fondamentale era che, né fuori né dentro, la clinica avesse il controproducente (sul malato) aspetto di clinica, ma che fosse per il malato il più accogliente conforto possibile." "I tempi di costruzione furono dilatati dal sopraggiungere della guerra. I lavori, iniziati nel 1938, furono interrotti con il bombardamento del cantiere nel 1943; solo nel 1949 venne completato il nuovo edificio." La pianta dell'edificio mantiene gli orientamenti previsti e nel nuovo schema a L, il cui lato più lungo è formato da due corpi distinti per destinazione e architettura, accoglie il reparto maternità e il reparto dei degenti di chirurgia e medicina". Al centro i servizi verticali. Sul lato lungo si innestano, verso nord, le sale operatorie. Le camere di degenza, su tutti e quattro i piani, sono caratterizzate da "un bel colore [...] volutamente si è a esse conferito un carattere gioioso, non clinico". "Ognuna ha un colore diverso e hanno mobili di legno, non di metallo; nell'ala della maternità ogni stanza ha un suo balconcino e una pergola." In netto contrasto con la villa (trasformata in residenza delle suore) i progettisti non accennano a nessun formalismo decorativo nelle facciate. Quelle verso il giardino presentano rivestimenti diversi che riflettono le differenti destinazioni: candido mosaico in ceramica per l'ala maternità e laterizio per il corpo di chirurgia e medicina. Il nome deriva da quello del "Columbus Hospital" che Francesca Cabrini aprì a New York nel 1894 per soccorrervi gli emigrati italiani. G. Ponti, "Clinica Columbus", Domus n. 240, settembre 1949, pp. 12–25. G. Ponti, "Clinica 'Columbus' delle missionarie del Sacro Cuore in Milano", Edilizia Moderna n. 43, dicembre 1949, pp. 50–55. P. Bottoni, Milano oggi, Edizioni Milano Moderna, Milano 1957 L. L. Ponti, Gio Ponti: l'opera, Leonardo Editore, Milano 1990 ISBN 88-355-0083-4 G. Arditi e C. Serrauto, Giò Ponti: venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia 1994 Liberty a Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Clinica Columbus Sito istituzionale, su columbus3c.com.

Parco Guido Vergani e Giardino Valentino Bompiani
Parco Guido Vergani e Giardino Valentino Bompiani

Il parco Guido Vergani e il Giardino Valentino Bompiani, precedentemente conosciuti come parco Pallavicino, in prossimità della fermata Pagano della linea 1 della metropolitana, furono realizzati negli anni sessanta su terreni in precedenza occupati dalla cintura ferroviaria ovest e dallo scalo Sempione, dismessi nel 1934. Nato col nome di parco Pallavicino, la sua parte centrale fra via Panzini e via Rossetti è stata intitolata ai Carabinieri (Largo Carabinieri d'Italia), pur non essendo presenti targhe viarie che lo testimonino. In seguito la sua parte meridionale è stata intitolata al giornalista e scrittore milanese Guido Vergani, mentre le parti più settentrionali, separate da via Vincenzo Monti, al professor Giuseppe Lazzati e all'editore Valentino Bompiani. Dopo che nel 1934 le Ferrovie dello Stato dismisero l'area, i progetti del comune erano assai diversi: il PRG del 1938 prevedeva di costruire su quegli spazi una zona residenziale, oltre alle consuete strutture di pubblica utilità. Lo scalo ferroviario era perpendicolare al corso Sempione, inserendosi tra questo a est e l'ex piazza d'armi, ormai designata a ospitare la Fiera Campionaria, a ovest; venne così tracciato e realizzato il reticolo viario con due strade di attraversamento perpendicolari (via Gabriele Rossetti e via Monti): sono quelle che ancora oggi dividono il parco in tre sezioni. Quella mediana è, a causa degli edifici costruiti prima del parco, una ristretta fascia che si riduce, in alcuni punti, a poco più di un marciapiede. Gli strumenti urbanistici successivi spostarono il centro direzionale verso porta Nuova e la stazione Centrale. Nel 1960, su questa area, iniziarono i lavori per la realizzazione del parco, a cui seguì una riqualificazione dell'area verde, che venne eseguita nel 2001. Il parco Pallavicino è uno dei più ricchi di varietà arboree della città sin dalle origini e i lavori per la riqualificazione, durati oltre due anni (1999-2001), ne hanno ulteriormente ampliato il "catalogo" introducendo varie specie a fioritura e altre con foglie che cambiano colore col progredire della stagione: l'albero dei tulipani, l'albero dai fiori d'oro, la magnolia, il melo comune, il ciliegio da fiore, il ciliegio selvatico o degli uccelli, più varietà di biancospino, l'uva turca e il ligustro. Ancora, l'acero di monte, l'acero saccarino, la quercia rossa, la farnia, la quercia di palude, il leccio. Tra quelli più alti, ricordiamo il bagolaro, il carpino bianco, il faggio dei boschi, due varietà di pioppo nero, il platano comune, il cedro dell'Himalaya. Per completare la rassegna, citiamo l'ontano bianco, l'ontano nero, la betulla bianca, l'olmo siberiano,il tiglio selvatico, il liquidambar, l'albero di Giuda e, infine, lo spino di Giuda. Sempre nel 2001, è stato installato il sistema di irrigazione e innaffiamento notturno automatico sfruttando l'acqua non potabile di prima falda. Le aree gioco, sei, sono state differenziate per tipologia di attrezzatura e per età, con recinzione per quelle dei più piccoli; gli spazi riservati ai cani sono tre, ampi e provvisti di panchine per i proprietari, di fontanelle e di quanto serve per l'igiene, sacchetti, palette e recipienti per disfarsene. L'attrazione più frequentata è però certamente la "fontana senza vasca", un gioco di imprevedibili schizzi d'acqua tra i massi e le pietre di un terreno sicuro. Alma Lanzani Abbà, Pia Meda, Alberi a Milano, fotografie di Gabriele Lanzani et al; illustrazioni di Silvia Rovati, Milano, CLESAV - Vooperativa Libraria Editrice per le Scienze Agrarie, Alimentari e Veterinarie, giugno 1985. Liliana Casieri, Lina Lepera; Anna Sanchioni, Itinerari nel verde a Milano, supervisione botanica: Pia Meda; supervisione farmacognostica: Massimo Rossi; Illustrazioni e impaginazione: Linke Bossi, Consonni, Montobbio, Comune di Milano, settore ecologia, GAV. Comune di Milano - Arredo, Decoro Urbano e Verde - Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde, 50+ parchi giardini, Comune di Milano / Paysage. ed. 2010/2011 Parchi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul parco Guido Vergani Scheda del Parco Pallavicino, su comune.milano.it, Comune di Milano. URL consultato il 13 gennaio 2011.

Attentato a Vittorio Emanuele III
Attentato a Vittorio Emanuele III

L'attentato al re d'Italia Vittorio Emanuele III fu un atto terroristico dinamitardo avvenuto il 12 aprile 1928 in piazza Giulio Cesare, a Milano, durante la cerimonia di inaugurazione della IX edizione della Fiera Campionaria dedicata al decennale della vittoria della prima guerra mondiale: una bomba piazzata nel basamento in ghisa di un lampione della piazza esplose in mezzo alla folla accorsa per rendere omaggio al Re Vittorio Emanuele III ed assiepata intorno alla Fontana delle quattro stagioni, uccidendo all'istante quattordici persone e ferendone quaranta. Nei giorni successivi altre sei persone perirono in seguito alle ferite riportate. Le indagini svolte portarono al fermo e al successivo rilascio di numerose persone ma le effettive responsabilità non vennero mai individuate. Per la dinamica e la collocazione dell'ordigno, si è fatta l'ipotesi che l'attentato mirasse a compiere una strage di civili, come in effetti avvenne, più che a mirare effettivamente al re. I funerali delle vittime si tennero domenica 15 aprile con una maestosa cerimonia nel duomo di Milano dal quale il corteo funebre si snodò fino al Famedio del Cimitero Monumentale. Particolare commozione suscitò la vicenda della famiglia Ravera: rimasero infatti uccisi nell'attentato la madre: Natalina Monti in Ravera, il figlio Enrico di 3 anni ed i due nipoti, Gian Luigi di 5 anni e Rosina di 8 anni. Alla madre lo scultore Adolfo Wildt dedicò nel 1929 il celebre busto Madre Ravera e realizzò per la famiglia il Monumento Ravera presso il cimitero Monumentale di Milano, sul cui basamento è riportata la seguente iscrizione Carlo Giacchin, Attentato alla fiera. Milano 1928, Milano, Ugo Mursia editore, 2009. Scandalo Belloni La strage scomparsa, su I caduti della Polizia di Stato. URL consultato l'8 gennaio 2016. Francesco Algisi, 1928: attentato alla Fiera di Milano: intervista con Carlo Giacchin, su Archiviostorico.info.

Chiesa di San Francesco d'Assisi al Fopponino

La chiesa di San Francesco d'Assisi al Fopponino è una chiesa parrocchiale di moderna costruzione che si trova a Milano in via Paolo Giovio, nei pressi di piazzale Aquileia, nel territorio del Decanato di Porta Vercellina. Terminata nel 1964 su disegno dell'architetto Gio Ponti, sorge su un'area precedentemente occupata dal Fopponino di Porta Vercellina, cimitero aperto nell'anno 1576 durante la grande peste di San Carlo e soppresso nel 1895. La storia di questo edificio è strettamente legata al vecchio fopponino il cui ricordo è infatti mantenuto nella dedica e la cui vecchia chiesetta secentesca dei "Santi Giovanni e Carlo" o "Giovannino alla Paglia" non era più sufficiente a servire i numerosi abitanti della zona. Per questo motivo nel luglio del 1959 venne commissionata, nell'ambito del programma Ventidue chiese per ventidue concili contenuto nel Concilio Vaticano II, l'erezione di una nuova parrocchiale il cui primo progetto, che non ebbe però seguito, venne affidato all'architetto Giovanni Muzio. La progettazione della nuova chiesa venne quindi affidata nel 1961 al celeberrimo architetto Gio Ponti, già autore del Grattacielo Pirelli di Milano nel 1960 e di cui infatti si possono trovare numerose citazioni stilistiche anche nella nuova chiesa. L'opera di insieme, edificio e arredo liturgico, venne realizzata in stretta collaborazione con la Scuola Beato Angelico e don Marco Melzi, amico di Gio Ponti. La costruzione ha pianta esagonale asimmetrica e facciata sulla via Paolo Giovio e risulta stretta fra le facciate di altri due edifici religiosi attigui anch'essi opera del Ponti e che creano una sorta di palcoscenico aperto sulla medesima via. Nella facciata sono ricavate otto aperture, o finestre, a forma di diamante allungato verticalmente attraverso le quali si vede il cielo e che conferiscono leggerezza alla facciata intera. La medesima forma di diamante viene riproposta in tre ampie aperture centrali, poste sopra l'ingresso, decorate da vetrate realizzate negli anni '70 dal pittore Cristoforo De Amicis. L'ampia rampa di accesso che porta all'ingresso anticipa quanto verrà poi realizzato anche nella chiesa dell'Ospedale San Carlo di Milano del 1966. Molte le opere d'arte contenute nella chiesa: in particolare è da segnalare la grande pala absidale del pittore Francesco Tabusso dal titolo "Il Cantico delle Creature". La tela, la più grande pala d'altare del ‘900 di dimensioni di 12x8 metri, fu realizzata in due parti come le pagine aperte di un libro. Il grande bosco e l'acqua che scorre fanno da contorno alle figure di San Francesco e Santa Chiara. L'opera sarà completata successivamente con 8 trittici che a partire dalla parete sinistra e lungo tutto il perimetro della chiesa illustrano con episodi della vita di San Francesco il testo della Preghiera semplice, attribuita al Santo di Assisi. Alla Chiesa di San Francesco viene donato nel 1978, dopo essere stato esposto nel '76 alla Galleria Gian Ferrari, il "Presepe degli artisti" che Tabusso realizza insieme a Gloria Argeles, Giacomo Soffiantino, Francesco Casorati, Nino Aimone, Giorgio Ramella, Riccardo Cordero e Bruno Grassi. Documentazione 1950-1960, in Fede e Arte, n. 10, PCCASI, 1962, pp. 226-271. Nuove chiese a Milano, in Nuove Chiese, n. 2, Milano, a cura dell'Arcivescovado di Milano, 1968, p. 34. Gian Carlo Bojani, Claudio Piersanti, Rita Rava (a cura di), Gio Ponti. Ceramiche e architettura, Firenze, Centro Di, 1987, pp. 127-131, ISBN 88-7038-129-3. L. Bracchi, Il poeta delle vetrate, in Diocesi di Milano, n. 5, Milano, Società editrice Il Duomo, 1965, pp. 255-259. S. 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