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Parco Guido Vergani e Giardino Valentino Bompiani

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Milano parco Guido Vergani vista
Milano parco Guido Vergani vista

Il parco Guido Vergani e il Giardino Valentino Bompiani, precedentemente conosciuti come parco Pallavicino, in prossimità della fermata Pagano della linea 1 della metropolitana, furono realizzati negli anni sessanta su terreni in precedenza occupati dalla cintura ferroviaria ovest e dallo scalo Sempione, dismessi nel 1934. Nato col nome di parco Pallavicino, la sua parte centrale fra via Panzini e via Rossetti è stata intitolata ai Carabinieri (Largo Carabinieri d'Italia), pur non essendo presenti targhe viarie che lo testimonino. In seguito la sua parte meridionale è stata intitolata al giornalista e scrittore milanese Guido Vergani, mentre le parti più settentrionali, separate da via Vincenzo Monti, al professor Giuseppe Lazzati e all'editore Valentino Bompiani. Dopo che nel 1934 le Ferrovie dello Stato dismisero l'area, i progetti del comune erano assai diversi: il PRG del 1938 prevedeva di costruire su quegli spazi una zona residenziale, oltre alle consuete strutture di pubblica utilità. Lo scalo ferroviario era perpendicolare al corso Sempione, inserendosi tra questo a est e l'ex piazza d'armi, ormai designata a ospitare la Fiera Campionaria, a ovest; venne così tracciato e realizzato il reticolo viario con due strade di attraversamento perpendicolari (via Gabriele Rossetti e via Monti): sono quelle che ancora oggi dividono il parco in tre sezioni. Quella mediana è, a causa degli edifici costruiti prima del parco, una ristretta fascia che si riduce, in alcuni punti, a poco più di un marciapiede. Gli strumenti urbanistici successivi spostarono il centro direzionale verso porta Nuova e la stazione Centrale. Nel 1960, su questa area, iniziarono i lavori per la realizzazione del parco, a cui seguì una riqualificazione dell'area verde, che venne eseguita nel 2001. Il parco Pallavicino è uno dei più ricchi di varietà arboree della città sin dalle origini e i lavori per la riqualificazione, durati oltre due anni (1999-2001), ne hanno ulteriormente ampliato il "catalogo" introducendo varie specie a fioritura e altre con foglie che cambiano colore col progredire della stagione: l'albero dei tulipani, l'albero dai fiori d'oro, la magnolia, il melo comune, il ciliegio da fiore, il ciliegio selvatico o degli uccelli, più varietà di biancospino, l'uva turca e il ligustro. Ancora, l'acero di monte, l'acero saccarino, la quercia rossa, la farnia, la quercia di palude, il leccio. Tra quelli più alti, ricordiamo il bagolaro, il carpino bianco, il faggio dei boschi, due varietà di pioppo nero, il platano comune, il cedro dell'Himalaya. Per completare la rassegna, citiamo l'ontano bianco, l'ontano nero, la betulla bianca, l'olmo siberiano,il tiglio selvatico, il liquidambar, l'albero di Giuda e, infine, lo spino di Giuda. Sempre nel 2001, è stato installato il sistema di irrigazione e innaffiamento notturno automatico sfruttando l'acqua non potabile di prima falda. Le aree gioco, sei, sono state differenziate per tipologia di attrezzatura e per età, con recinzione per quelle dei più piccoli; gli spazi riservati ai cani sono tre, ampi e provvisti di panchine per i proprietari, di fontanelle e di quanto serve per l'igiene, sacchetti, palette e recipienti per disfarsene. L'attrazione più frequentata è però certamente la "fontana senza vasca", un gioco di imprevedibili schizzi d'acqua tra i massi e le pietre di un terreno sicuro. Alma Lanzani Abbà, Pia Meda, Alberi a Milano, fotografie di Gabriele Lanzani et al; illustrazioni di Silvia Rovati, Milano, CLESAV - Vooperativa Libraria Editrice per le Scienze Agrarie, Alimentari e Veterinarie, giugno 1985. Liliana Casieri, Lina Lepera; Anna Sanchioni, Itinerari nel verde a Milano, supervisione botanica: Pia Meda; supervisione farmacognostica: Massimo Rossi; Illustrazioni e impaginazione: Linke Bossi, Consonni, Montobbio, Comune di Milano, settore ecologia, GAV. Comune di Milano - Arredo, Decoro Urbano e Verde - Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde, 50+ parchi giardini, Comune di Milano / Paysage. ed. 2010/2011 Parchi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul parco Guido Vergani Scheda del Parco Pallavicino, su comune.milano.it, Comune di Milano. URL consultato il 13 gennaio 2011.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Parco Guido Vergani e Giardino Valentino Bompiani (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Parco Guido Vergani e Giardino Valentino Bompiani
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Luoghi vicini

Istituto Leone XIII

L'istituto Leone XIII è una scuola privata paritaria di Milano fondata dalla Compagnia di Gesù nel 1893 nell'ambito delle celebrazioni della diocesi milanese per il giubileo di papa Leone XIII. Prima della riforma sulla parità scolastica, la sua scuola elementare era pareggiata (cosiddetta parificata), mentre la scuola media e i due licei erano legalmente riconosciuti. La sua prima sede fu in corso di Porta Nuova, quindi si spostò a villa Sacro Cuore di Triuggio, riparando poi nel corso della seconda guerra mondiale e nell'immediato dopoguerra, presso l'istituto delle Suore Orsoline di via Parini, e dal 1950 infine si trova nella sua sede attuale in via Leone XIII, in zona Pagano. La biblioteca dell'istituto, di cui padre Giulio Besana S.I. è stato per anni supervisore, conta circa 100.000 volumi, include una raccolta di 11 incunaboli, 500 cinquecentine e alcune migliaia di edizioni sei-settecentesche, oltre che libri moderni e periodici, è iscritta nel Catalogo nazionale delle biblioteche italiane e dal 1997 è parte del progetto Servizio bibliotecario nazionale. È specializzata in materie umanistiche (letteratura italiana, greca e latina, storia, filosofia, arte) e religiose (teologia, liturgia, Compagnia di Gesù). Essa è a disposizione degli studenti. Lo stemma dell'istituto è formato al centro di un cerchio con il triagramma della Compagnia di Gesù (IHS) e, a scacchiera, la croce di san Giorgio simbolo della città di Milano e il sigillo di papa Leone XIII, a sua volta tratto dalle insegne della nobile famiglia senese dei Pecci. L'istituto comprende una piscina, un campo da calcio a 11 giocatori in erba sintetica, un campo da rugby in erba sintetica, un campo da pallacanestro all'aperto, una pista da corsa per i 100 metri piani e quattro palestre, di cui un palazzetto. Quattro associazioni sportive affiliate al CONI che si occupano dell'attività agonistica di nuoto, basket, calcio, pallavolo ed atletica leggera. Attività di avviamento e promozione sportiva per il minibasket, il minivolley, la scuola calcio, la ginnastica artistica e la danza. Nella sua storia, l'istituto ha visto i seguenti direttori: Sito ufficiale dell'Associazione ex-alunni, su exleo.org.

Chiesa di San Pietro in Sala
Chiesa di San Pietro in Sala

La chiesa di San Pietro in Sala è un luogo di culto cattolico di Milano, posta nella zona occidentale della città. È sede dell'omonima parrocchia, compresa nel decanato di San Siro-Sempione-Vercellina dell'arcidiocesi di Milano. Le prime attestazioni del borgo di Sala (un tempo separato dal nucleo della città) risalgono alla fine del X secolo (atto di vendita di fondi da Ferlinda, vedova di Benedetto Ronzone, nel luogo detto Sala e Felegazo, 29 agosto 970; in documenti successivi la località è detta Sala Rozonis e poi semplicemente Sala). La prima menzione di una chiesa è quella, reperita in alcuni documenti del 1028, di una cappella dedicata ai santi Michele e Pietro, consacrata dall'arcivescovo Ariberto da Intimiano. Nel settembre di quello stesso 1028 si registra la nascita di San Pietro in Sala per disposizione del canonico Ottone da Bezo, su un terreno di 3 jugiae (= 36 pertiche) di cui era usufruttuaria Raidruda, vedova di Gandolfo. Quest'ultima cedette la chiesa da lei stessa fatta costruire, e consacrata dal vescovo Ariberto da Intimiano, all'abate del monastero di Sant'Ambrogio insieme ai terreni circostanti, comprendenti anche una cascina ed un pozzo. Circa i motivi dell'intitolazione poco si sa, a parte il fatto che il padre di Gandolfo si chiamava Pietro. È intorno al 1100 che nascono le vicinantiae che presto evolveranno in "parrocchie", e San Pietro in Sala viene citata come parrocchia già in una bolla del papa Pasquale II del 14 febbraio 1102 ("Ecclesia sancti Petri, ubi dicitur a Sala, cum parochia sua"). In seguito la parrocchia sarà sempre così denominata, abbandonando l'altra intitolazione all'arcangelo Michele. Uno dei primi curati di San Pietro in Sala (se non il primo in assoluto) fu Teusprando noto da un documento del 1043. Sembra che la chiesa originale sorgesse sul lato della piazza opposto a quello dell'attuale edificio (nei documenti si dice che confinava, a ponente, con "la strada", ma non è chiaro se si parli della strada Vercellina, odierno corso Vercelli, o un'altra strada secondaria). Si trattava comunque di un piccolo edificio, destinato a servire gli abitanti delle case della Baitana - oggi via Belfiore - e delle Cassine de Biffis all'inizio dell'attuale via San Siro. Già nel 1141 essa venne riedificata, ad opera di Eriberto da Pasilvano, per contenere l'accresciuto numero di fedeli. Col passare del tempo, il borgo di Porta Vercellina si sviluppò portando alla nascita di numerose chiese e cappelle. Nel XV secolo tutte le chiese minori dipendenti dal monastero di Sant'Ambrogio (e tra esse anche San Pietro in Sala) vennero riunite come sussidiarie in un'unica parrocchia (di Sant'Agostino). Nel 1567 monsignor Ludovico Moneta compie una visita pastorale a San Pietro in Sala, su delega dell'arcivescovo, Carlo Borromeo. Dai documenti relativi a quella visita si apprende che all'epoca la chiesa serviva "16 focolari e circa 80 anime", e che il curato era don Bernardino de Bono. Il 1º aprile 1581, a seguito di reiterate istanze di abitanti della zona, San Pietro in Sala ridiventa parrocchia, con una giurisdizione su tutto il territorio all'esterno di Porta Vercellina. Per l'occasione viene avviata, ad opera verosimilmente di Martino Bassi, la costruzione di una nuova chiesa, più ampia (22 braccia x 14, con tre altari e un battistero), terminata nel giro di pochi anni. Dal 1582 ne fu parroco l'oblato don Gerolamo Broggi. Dopo alcuni lavori di ampliamento, iniziati l'8 luglio 1838, il 20 ottobre 1839 viene solennemente benedetta la chiesa rinnovata. Questi lavori, durati poco più di un anno, l'hanno resa tre volte più ampia della precedente. Nel 1889 la chiesa venne dotata di un organo di grande qualità, prodotto da Vittore Ermolli di Varese e collaudato positivamente dai maestri Michele Bianchi e Carlo Galli il 14 agosto di quell'anno. Nel corso del XX secolo la chiesa venne completamente ricostruita dall'Impresa di Costruzioni Magnaghi- Bassanini , architetto ing. Antonio Casati dandole l'aspetto odierno, mentre la parrocchia ha dato origine a diverse altre nuove parrocchie: Sacro Cuore alla Gagnola (1906) Santa Maria Segreta (1910) Santa Maria del Rosario (1919) Santi Nabore e Felice (1931) Santi Protaso e Gervaso (1933) San Benedetto ("Piccolo Cottolengo") (1953) Gesù Buon Pastore e San Matteo (1956) Corpus Domini (1956) Nel 1926 nella parrocchia esercitò il ruolo di educatore giovanile un giovane Carlo Gnocchi. Raffaele Bagnoli, La chiesa parrocchiale di San Pietro in Sala a Milano, Milano (s.n.), 1947. 33 p. : ill. ; 20 cm. Tullo Montanari, Dal Borgo delle Grazie a Porta Magenta, Milano, Consiglio di Zona 6 Comune di Milano, 1996, 168 pp. Andrea Strambio de Castilla, Giovanna Franco Repellini, Antonio Bassanini Costruttore del Novecento Vita e opere, Silvana Editoriale, 2020 Chiese di Milano Parrocchie dell'arcidiocesi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Pietro in Sala Sito ufficiale, su sanpietroinsala.it. Sito ufficiale oratorio San Pietro in Sala, su oratoriosanpietroinsala.com Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.

Clinica Columbus
Clinica Columbus

La Clinica Columbus o Casa di cura Columbus è una clinica privata situata a Milano in via Buonarroti al civico 48, posta nel parco di un edificio in stile liberty, la Villa Romeo-Faccanoni. Il progetto della villa è di Giuseppe Sommaruga, che la realizzò nel 1911-1913; quello dell'adiacente clinica è opera della Studio Ponti-Fornaroli-Soncini e la sua realizzazione, a causa della guerra, richiese quasi un decennio, durando dal 1938 al 1946. L'edificio, opera in stile liberty dell'architetto Giuseppe Sommaruga (1911-1913), originariamente noto come Villa Faccanoni, diventò nel 1919 Villa Romeo-Faccanoni in seguito all'acquisto da parte del celebre imprenditore dell'automobile Nicola Romeo, creatore dell'Alfa Romeo. La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3 piani di 337 m2, una grande portineria e con un ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona vicina alla fiera campionaria, con la palazzina Galimberti in via Buonarroti (1908) e la palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio (1906). La villa venne ornata con due sculture colossali di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite da Palazzo Castiglioni di Corso Venezia, altra preziosa residenza liberty di inizio novecento sempre del Sommaruga: il palazzo era stato soprannominato Ca' di Ciapp (Casa delle chiappe) proprio per via delle due sculture che avevano destato scandalo all'epoca della sua costruzione nel 1903 e quindi rimosse dalla facciata. Sono inoltre da segnalare le decorazioni dell'ebanista Eugenio Quarti (1867-1926) e i ferri battuti del celebre mastro ferraio Alessandro Mazzucotelli (1865-1938). Il progetto venne commissionato dalle Suore Missionarie del Sacro Cuore. Gio Ponti così racconta le due idee guida che ne ispirano l'architettura "Un giorno determinai, per solo scopo di studio, gli schemi di una mia clinica tipo, che avesse a sud le camere, nel baricentro le comunicazioni verticali (scale, ascensori) e i controlli di piano [...] e il reparto operatorio innestato a nord. [...] Un altro principio fondamentale era che, né fuori né dentro, la clinica avesse il controproducente (sul malato) aspetto di clinica, ma che fosse per il malato il più accogliente conforto possibile." "I tempi di costruzione furono dilatati dal sopraggiungere della guerra. I lavori, iniziati nel 1938, furono interrotti con il bombardamento del cantiere nel 1943; solo nel 1949 venne completato il nuovo edificio." La pianta dell'edificio mantiene gli orientamenti previsti e nel nuovo schema a L, il cui lato più lungo è formato da due corpi distinti per destinazione e architettura, accoglie il reparto maternità e il reparto dei degenti di chirurgia e medicina". Al centro i servizi verticali. Sul lato lungo si innestano, verso nord, le sale operatorie. Le camere di degenza, su tutti e quattro i piani, sono caratterizzate da "un bel colore [...] volutamente si è a esse conferito un carattere gioioso, non clinico". "Ognuna ha un colore diverso e hanno mobili di legno, non di metallo; nell'ala della maternità ogni stanza ha un suo balconcino e una pergola." In netto contrasto con la villa (trasformata in residenza delle suore) i progettisti non accennano a nessun formalismo decorativo nelle facciate. Quelle verso il giardino presentano rivestimenti diversi che riflettono le differenti destinazioni: candido mosaico in ceramica per l'ala maternità e laterizio per il corpo di chirurgia e medicina. Il nome deriva da quello del "Columbus Hospital" che Francesca Cabrini aprì a New York nel 1894 per soccorrervi gli emigrati italiani. G. Ponti, "Clinica Columbus", Domus n. 240, settembre 1949, pp. 12–25. G. Ponti, "Clinica 'Columbus' delle missionarie del Sacro Cuore in Milano", Edilizia Moderna n. 43, dicembre 1949, pp. 50–55. P. Bottoni, Milano oggi, Edizioni Milano Moderna, Milano 1957 L. L. Ponti, Gio Ponti: l'opera, Leonardo Editore, Milano 1990 ISBN 88-355-0083-4 G. Arditi e C. Serrauto, Giò Ponti: venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia 1994 Liberty a Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Clinica Columbus Sito istituzionale, su columbus3c.com.