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Teatro Nazionale (Milano)

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Milano teatro Nazionale sala
Milano teatro Nazionale sala

Il Teatro Nazionale è un teatro di Milano. Sito in via Giordano Rota al numero 1, nei pressi di piazza Piemonte, fu costruito negli anni 1920 per volere di Mauro Rota, gestore di sale cinematografiche, su un progetto dell'architetto Mario Borgato. Appartiene da allora alla medesima famiglia milanese. Fu inaugurato il 20 dicembre 1924 con La cena delle beffe (1908), poema drammatico di Sem Benelli. Riammodernato negli anni 1980 da Giordano Rota, con Roberto Rindi nel ruolo di impresario teatrale (ex direttore del Piccolo Teatro di Milano) si riconvertì lo spazio riprendendo la tradizione del teatro da anni interrotta a favore del cinema. Furono anni fervidi, che videro nella programmazione artisti che divennero famosi anche in tutta Europa, ma soprattutto, il Teatro Nazionale fu il primo a ospitare nuovamente in Italia il ballerino, star della danza, Rudolf Nureyev dopo anni di "esilio" forzato. Nel 2001 fu realizzata una parziale ristrutturazione durante la direzione artistica di Massimo Romeo Piparo e il teatro assunse la denominazione di Ventaglio Nazionale, presentando in cartellone musical dopo anni di prosa. Nel 2009 è stato completamente ristrutturato dalla multinazionale olandese dello spettacolo Stage Entertainment. Nel settembre è stato riaperto con l'originale nome "Teatro Nazionale". Tra le novità l'introduzione del modello tipico di Broadway, ovvero tenere in scena per almeno un'intera stagione uno stesso spettacolo. Nella ristrutturazione è ampliata la torre scenica per ospitare musical che necessitano di grandi macchinari per i cambi di scena e la capienza, portata a 1 500 posti. Rinnovato anche l'impianto sonoro. La ristrutturazione si è inserita in un rinnovamento urbanistico di piazza Piemonte, con la creazione di un'area verde ospitante tre sculture di Aligi Sassu e un parcheggio interrato. La via pedonale di fronte al teatro è stata intitolata a Giordano Rota, ex gestore del teatro. Come primo musical del teatro ristrutturato nella stagione 2009-2010 è stato proposto La bella e la bestia, nel 2010-2011 Mamma Mia!, nel 2011-2012 Sister Act e dal 18 ottobre 2012 La febbre del sabato sera. Nel 2018 Mary Poppins. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Teatro Nazionale Sito ufficiale, su teatronazionale.it. (EN) Teatro Nazionale, su Structurae. Teatro Nazionale, su in-lombardia.it.

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Teatro Nazionale (Milano)
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Milano teatro Nazionale sala
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Luoghi vicini

Chiesa di San Pietro in Sala
Chiesa di San Pietro in Sala

La chiesa di San Pietro in Sala è un luogo di culto cattolico di Milano, posta nella zona occidentale della città. È sede dell'omonima parrocchia, compresa nel decanato di San Siro-Sempione-Vercellina dell'arcidiocesi di Milano. Le prime attestazioni del borgo di Sala (un tempo separato dal nucleo della città) risalgono alla fine del X secolo (atto di vendita di fondi da Ferlinda, vedova di Benedetto Ronzone, nel luogo detto Sala e Felegazo, 29 agosto 970; in documenti successivi la località è detta Sala Rozonis e poi semplicemente Sala). La prima menzione di una chiesa è quella, reperita in alcuni documenti del 1028, di una cappella dedicata ai santi Michele e Pietro, consacrata dall'arcivescovo Ariberto da Intimiano. Nel settembre di quello stesso 1028 si registra la nascita di San Pietro in Sala per disposizione del canonico Ottone da Bezo, su un terreno di 3 jugiae (= 36 pertiche) di cui era usufruttuaria Raidruda, vedova di Gandolfo. Quest'ultima cedette la chiesa da lei stessa fatta costruire, e consacrata dal vescovo Ariberto da Intimiano, all'abate del monastero di Sant'Ambrogio insieme ai terreni circostanti, comprendenti anche una cascina ed un pozzo. Circa i motivi dell'intitolazione poco si sa, a parte il fatto che il padre di Gandolfo si chiamava Pietro. È intorno al 1100 che nascono le vicinantiae che presto evolveranno in "parrocchie", e San Pietro in Sala viene citata come parrocchia già in una bolla del papa Pasquale II del 14 febbraio 1102 ("Ecclesia sancti Petri, ubi dicitur a Sala, cum parochia sua"). In seguito la parrocchia sarà sempre così denominata, abbandonando l'altra intitolazione all'arcangelo Michele. Uno dei primi curati di San Pietro in Sala (se non il primo in assoluto) fu Teusprando noto da un documento del 1043. Sembra che la chiesa originale sorgesse sul lato della piazza opposto a quello dell'attuale edificio (nei documenti si dice che confinava, a ponente, con "la strada", ma non è chiaro se si parli della strada Vercellina, odierno corso Vercelli, o un'altra strada secondaria). Si trattava comunque di un piccolo edificio, destinato a servire gli abitanti delle case della Baitana - oggi via Belfiore - e delle Cassine de Biffis all'inizio dell'attuale via San Siro. Già nel 1141 essa venne riedificata, ad opera di Eriberto da Pasilvano, per contenere l'accresciuto numero di fedeli. Col passare del tempo, il borgo di Porta Vercellina si sviluppò portando alla nascita di numerose chiese e cappelle. Nel XV secolo tutte le chiese minori dipendenti dal monastero di Sant'Ambrogio (e tra esse anche San Pietro in Sala) vennero riunite come sussidiarie in un'unica parrocchia (di Sant'Agostino). Nel 1567 monsignor Ludovico Moneta compie una visita pastorale a San Pietro in Sala, su delega dell'arcivescovo, Carlo Borromeo. Dai documenti relativi a quella visita si apprende che all'epoca la chiesa serviva "16 focolari e circa 80 anime", e che il curato era don Bernardino de Bono. Il 1º aprile 1581, a seguito di reiterate istanze di abitanti della zona, San Pietro in Sala ridiventa parrocchia, con una giurisdizione su tutto il territorio all'esterno di Porta Vercellina. Per l'occasione viene avviata, ad opera verosimilmente di Martino Bassi, la costruzione di una nuova chiesa, più ampia (22 braccia x 14, con tre altari e un battistero), terminata nel giro di pochi anni. Dal 1582 ne fu parroco l'oblato don Gerolamo Broggi. Dopo alcuni lavori di ampliamento, iniziati l'8 luglio 1838, il 20 ottobre 1839 viene solennemente benedetta la chiesa rinnovata. Questi lavori, durati poco più di un anno, l'hanno resa tre volte più ampia della precedente. Nel 1889 la chiesa venne dotata di un organo di grande qualità, prodotto da Vittore Ermolli di Varese e collaudato positivamente dai maestri Michele Bianchi e Carlo Galli il 14 agosto di quell'anno. Nel corso del XX secolo la chiesa venne completamente ricostruita dall'Impresa di Costruzioni Magnaghi- Bassanini , architetto ing. Antonio Casati dandole l'aspetto odierno, mentre la parrocchia ha dato origine a diverse altre nuove parrocchie: Sacro Cuore alla Gagnola (1906) Santa Maria Segreta (1910) Santa Maria del Rosario (1919) Santi Nabore e Felice (1931) Santi Protaso e Gervaso (1933) San Benedetto ("Piccolo Cottolengo") (1953) Gesù Buon Pastore e San Matteo (1956) Corpus Domini (1956) Nel 1926 nella parrocchia esercitò il ruolo di educatore giovanile un giovane Carlo Gnocchi. Raffaele Bagnoli, La chiesa parrocchiale di San Pietro in Sala a Milano, Milano (s.n.), 1947. 33 p. : ill. ; 20 cm. Tullo Montanari, Dal Borgo delle Grazie a Porta Magenta, Milano, Consiglio di Zona 6 Comune di Milano, 1996, 168 pp. Andrea Strambio de Castilla, Giovanna Franco Repellini, Antonio Bassanini Costruttore del Novecento Vita e opere, Silvana Editoriale, 2020 Chiese di Milano Parrocchie dell'arcidiocesi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Pietro in Sala Sito ufficiale, su sanpietroinsala.it. Sito ufficiale oratorio San Pietro in Sala, su oratoriosanpietroinsala.com Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.

Casa Verdi
Casa Verdi

Casa Verdi è una casa di riposo per cantanti e musicisti che abbiano compiuto 65 anni di età, fondata da Giuseppe Verdi il 16 dicembre 1899 e situata a Milano in piazza Buonarroti al civico 29. La Casa è di proprietà della Casa di Riposo per Musicisti - Fondazione Giuseppe Verdi alla quale il Maestro ne fece dono prima della morte. "L’ammissione degli ospiti è deliberata dal Consiglio, avuto riguardo all’età, ai bisogni e ai meriti artistici". La struttura venne eretta in stile neogotico dall'architetto Camillo Boito, fratello del celebre musicista Arrigo, amico del Maestro Verdi. Nella cripta annessa alla Casa riposano lo stesso Verdi e la seconda moglie Giuseppina Strepponi. Dal 1998 la Fondazione, per realizzare l'integrazione tra musicisti di diverse generazioni, ha provveduto a estendere la sua ospitalità, oltre che ai musicisti più anziani, anche ai giovani studenti di musica che siano meritevoli e bisognosi e che frequentino scuole di musica riconosciute nella città di Milano. La Casa è visitabile, con ingresso libero e gratuito, grazie alla collaborazione dei volontari per Il Patrimonio Culturale del Touring Club Italiano. Negli ultimi della sua vita Verdi scriveva all'amico scultore Giulio Monteverde: Nel 1888 Verdi aveva già fatto realizzare non lontano dalla sua tenuta di Villanova sull'Arda un ospedale attrezzato per la popolazione locale. L'anno successivo, egli diede inizio al proprio progetto filantropico, una casa di riposo per cantanti e musicisti che si trovassero in condizioni disagiate. Nel 1889 egli scrisse all'editore milanese Giulio Ricordi che aveva acquistato un grande appezzamento di terra incolta a Milano, fuori porta Magenta, dove aveva intenzione di erigere la casa di riposo. Egli annunciò dunque la propria intenzione a partire dal 1891 con un'intervista alla Gazzetta Musicale di Milano. La costruzione non iniziò però che nel 1896 anche se Verdi e la moglie Giuseppina incontrarono diverse volte l'architetto per rivedere insieme il progetto e migliorarlo sempre più. Nel 1895 Verdi fece testamento e stabilì che i proventi delle sue opere sarebbero serviti per pagare l'erezione della casa dopo la sua morte. La struttura venne completata nel 1899, ma Verdi per non apparire vanaglorioso non volle che alcun musicista vi mettesse piede sino al giorno della sua morte, avvenuta poi nel 1901.I primi ospiti giunsero nella struttura il 10 ottobre 1902 (data dell'89º genetliaco del Maestro) e da allora Casa Verdi ha accolto circa mille artisti negli ultimi anni della loro vita. Giuseppe Verdi è sepolto nella cappella della casa, accanto alla moglie Giuseppina Strepponi. Nella Casa vennero girate alcune scene del film Il bacio di Tosca realizzato nel 1984 dal regista svizzero Daniel Schmid. Luigi Ricci-Stolz Carlo Broccardi Sara Scuderi Aristide Baracchi Piero Soffici Leonello Bionda Angelo Lo Forese Elisa Pegreffi Maria Monti Biggi, Maria Ida, "Camillo Boito", in Marrone, Gaetana (ed.), Encyclopedia of Italian Literary Studies, Volume 1, CRC Press, 2007. ISBN 1-57958-390-3 Cella, Franca e Daolmi, Davide (eds.), La sensibilità sociale di Giuseppe e Giuseppina Verdi: dalle società di mutuo soccorso alla tutela dei musicisti d'oggi, EDT srl, 2002. ISBN 88-85065-21-X Conati, Marcello, Verdi: Interviste e incontri, EDT srl, 2000. ISBN 88-7063-490-6 Cretella, Chiara, Introduction to Boito, Camillo, Storielle vane, Edizioni Pendragon, 2007. ISBN 88-8342-519-7 Goodman, Walter, Review: Il bacio di Tosca (1984), New York Times, 24 July 1985 Lubrani, Mauro, Verdi a Montecatini, Polistampa, 2001 Phillips-Matz, Mary Jane, "Verdi's life, a thematic biography" in Balthazar, Scott Leslie (ed.), The Cambridge Companion to Verdi, Cambridge University Press, 2004, pp. 3–14. ISBN 0-521-63535-7 Randel, Don Michael (ed.), "Verdi, Giuseppe", The Harvard Biographical Dictionary of Music, Harvard University Press, 1996, pp. 944–946. ISBN 0-674-37299-9 Verdi, Giuseppe and Boito, Arrigo, The Verdi-Boito correspondence (edited by Marcello Conati, Mario Medici and William Weaver, English translation by William Weaver), University of Chicago Press, 1994. ISBN 0-226-85304-7 Inzaghi, Luigi, "Giuseppe Verdi e Milano", Meravigli Edizioni MilanoExpo, 2013, ISBN 9788879552950 Savorra, Massimiliano, Boito e la Casa per musicisti: un testamento in pietra per lo stile nazionale, Zucconi, Guido-Serena, Tiziana (a cura di), Camillo Boito. Un protagonista dell'Ottocento italiano, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia 2002, pp. 167–191. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Casa Verdi Sito ufficiale, su casaverdi.it. Touring Club, Aperti per Voi: informazioni ed orari, su touringclub.it. URL consultato il 16 ottobre 2017 (archiviato dall'url originale il 17 ottobre 2017).

De Angeli (metropolitana di Milano)
De Angeli (metropolitana di Milano)

De Angeli è una stazione della linea M1 della metropolitana di Milano. La stazione fu costruita come parte della tratta da Pagano a Gambara della linea M1 della metropolitana di Milano, entrata in servizio il 2 aprile 1966. Inizialmente era stata pensata per servire con la maggior comodità possibile il complesso dei palazzi affacciati sulla piazza e su via Frua: l'obiettivo fu perseguito tramite la costruzione di una lunga galleria sotterranea con diversi sbocchi e molti spazi per attività commerciali. Nel corso del tempo i negozi hanno cessato l'attività e la galleria, seppur aperta, versa in stato di abbandono a causa del rimbalzo di responsabilità fra ATM e i gestori degli stabili. Per ovviare al disagio causato dalla poca sicurezza e dal passaggio sgradevole, nel 2012 ATM ha aperto due nuove uscite sul lato destro della piazza che permettono di raggiungere i negozi in superficie senza attraversare il passaggio. Nelle vicinanze della stazione effettuano fermata alcune linee urbane, tranviarie ed automobilistiche, gestite da ATM. Fermata tram (De Angeli M1, linea 16) Fermata autobus La stazione dispone di: Scale mobili Emettitrice automatica biglietti Stazione video sorvegliata Bar Giorgio Meregalli, Gli impianti ferroviari della linea 2 della Metropolitana di Milano, in Ingegneria Ferroviaria, maggio 1971, pp. 469-492, ISSN 0020-0956. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su De Angeli (EN) De Angeli, su Structurae.

Clinica Columbus
Clinica Columbus

La Clinica Columbus o Casa di cura Columbus è una clinica privata situata a Milano in via Buonarroti al civico 48, posta nel parco di un edificio in stile liberty, la Villa Romeo-Faccanoni. Il progetto della villa è di Giuseppe Sommaruga, che la realizzò nel 1911-1913; quello dell'adiacente clinica è opera della Studio Ponti-Fornaroli-Soncini e la sua realizzazione, a causa della guerra, richiese quasi un decennio, durando dal 1938 al 1946. L'edificio, opera in stile liberty dell'architetto Giuseppe Sommaruga (1911-1913), originariamente noto come Villa Faccanoni, diventò nel 1919 Villa Romeo-Faccanoni in seguito all'acquisto da parte del celebre imprenditore dell'automobile Nicola Romeo, creatore dell'Alfa Romeo. La palazzina, comprendente oltre 30 locali su 3 piani di 337 m2, una grande portineria e con un ampio giardino (2300 m2), faceva parte di un trittico di costruzioni del Sommaruga nella zona vicina alla fiera campionaria, con la palazzina Galimberti in via Buonarroti (1908) e la palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio (1906). La villa venne ornata con due sculture colossali di nudi femminili di Ernesto Bazzaro qui trasferite da Palazzo Castiglioni di Corso Venezia, altra preziosa residenza liberty di inizio novecento sempre del Sommaruga: il palazzo era stato soprannominato Ca' di Ciapp (Casa delle chiappe) proprio per via delle due sculture che avevano destato scandalo all'epoca della sua costruzione nel 1903 e quindi rimosse dalla facciata. Sono inoltre da segnalare le decorazioni dell'ebanista Eugenio Quarti (1867-1926) e i ferri battuti del celebre mastro ferraio Alessandro Mazzucotelli (1865-1938). Il progetto venne commissionato dalle Suore Missionarie del Sacro Cuore. Gio Ponti così racconta le due idee guida che ne ispirano l'architettura "Un giorno determinai, per solo scopo di studio, gli schemi di una mia clinica tipo, che avesse a sud le camere, nel baricentro le comunicazioni verticali (scale, ascensori) e i controlli di piano [...] e il reparto operatorio innestato a nord. [...] Un altro principio fondamentale era che, né fuori né dentro, la clinica avesse il controproducente (sul malato) aspetto di clinica, ma che fosse per il malato il più accogliente conforto possibile." "I tempi di costruzione furono dilatati dal sopraggiungere della guerra. I lavori, iniziati nel 1938, furono interrotti con il bombardamento del cantiere nel 1943; solo nel 1949 venne completato il nuovo edificio." La pianta dell'edificio mantiene gli orientamenti previsti e nel nuovo schema a L, il cui lato più lungo è formato da due corpi distinti per destinazione e architettura, accoglie il reparto maternità e il reparto dei degenti di chirurgia e medicina". Al centro i servizi verticali. Sul lato lungo si innestano, verso nord, le sale operatorie. Le camere di degenza, su tutti e quattro i piani, sono caratterizzate da "un bel colore [...] volutamente si è a esse conferito un carattere gioioso, non clinico". "Ognuna ha un colore diverso e hanno mobili di legno, non di metallo; nell'ala della maternità ogni stanza ha un suo balconcino e una pergola." In netto contrasto con la villa (trasformata in residenza delle suore) i progettisti non accennano a nessun formalismo decorativo nelle facciate. Quelle verso il giardino presentano rivestimenti diversi che riflettono le differenti destinazioni: candido mosaico in ceramica per l'ala maternità e laterizio per il corpo di chirurgia e medicina. Il nome deriva da quello del "Columbus Hospital" che Francesca Cabrini aprì a New York nel 1894 per soccorrervi gli emigrati italiani. G. Ponti, "Clinica Columbus", Domus n. 240, settembre 1949, pp. 12–25. G. Ponti, "Clinica 'Columbus' delle missionarie del Sacro Cuore in Milano", Edilizia Moderna n. 43, dicembre 1949, pp. 50–55. P. Bottoni, Milano oggi, Edizioni Milano Moderna, Milano 1957 L. L. Ponti, Gio Ponti: l'opera, Leonardo Editore, Milano 1990 ISBN 88-355-0083-4 G. Arditi e C. Serrauto, Giò Ponti: venti cristalli di architettura, Il Cardo, Venezia 1994 Liberty a Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Clinica Columbus Sito istituzionale, su columbus3c.com.

Amendola (metropolitana di Milano)
Amendola (metropolitana di Milano)

Amendola è una stazione della linea M1 della metropolitana di Milano. La stazione fu costruita come parte della prima tratta, da Sesto Marelli a Lotto, della linea M1 della metropolitana. Fu aperta al pubblico per la prima volta durante la Fiera di Milano del 1963: ai visitatori venivano mostrate le strutture della stazione e i due convogli che erano in sosta sui binari. La stazione entrò in servizio insieme al resto della tratta, il 1º novembre 1964. Nelle prime versioni del progetto la denominazione della stazione era Fiera, a causa della sua vicinanza all'allora fiera di Milano, chiusa agli inizi del XXI secolo. Negli anni a seguire, ha ricevuto altre denominazioni. Dalla dicitura originale, in fase di apertura venne denominata Amendola-Fiera, poi Amendola Fieramilanocity, ed infine, solo Amendola. Si tratta di una stazione sotterranea a due binari, uno per ogni senso di marcia, serviti da due banchine laterali. Venne costruito un ampio mezzanino con copertura trasparente, per consentire il deflusso delle folle di visitatori diretti alla fiera. Per questo motivo, la stazione di Amendola ha ottenuto, insieme con la stazione di Caiazzo, la qualifica di bene architettonico tutelato dalla Soprintendenza, in quanto esempio di architettura e design moderno. Amendola dispose di un interscambio con la rete tranviaria nei primi anni dopo la sua costruzione: esso fu eliminato il 9 marzo 1970, a causa della dismissione della direttrice tranviaria per piazzale Lotto. La stazione di Amendola dista 746 metri dalla stazione Lotto e 502 metri dalla stazione Buonarroti. La stazione dispone di: Biglietteria automatica Bar Servizi igienici Nelle vicinanze della stazione effettuano fermata alcune linee urbane automobilistiche, gestite da ATM. Fermata autobus Quando la stazione venne inaugurata, la rete tranviaria percorreva ancora le strade a ovest della fiera campionaria, fermando anche in piazza Amendola: la costruzione del lucernario e i cantieri in via Monte Rosa costrinsero ATM a ricollocare i binari lungo la parallela via Monte Bianco fino a piazzale Lotto. Nel marzo 1970, a causa di una razionalizzazione della rete tranviaria, numerose linee furono soppresse: i binari fino a piazzale Lotto furono quindi dismessi e demoliti. Nel film I fichissimi di Carlo Vanzina del 1981, la seconda delle varie scene ambientate in metropolitana è ambientata proprio nel piano binario di questa fermata. La stazione è presente anche in una scena di Eccezzziunale... veramente. Giovanni Alferini, Matteo Cirenei, L'attivazione della linea 1 della metropolitana di Milano, in "Ingegneria Ferroviaria", luglio-agosto 1964, pp. 587-613. Giorgio Meregalli, Gli impianti ferroviari della linea 2 della Metropolitana di Milano, in "Ingegneria Ferroviaria", maggio 1971, pp. 469-492. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Amendola