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Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta

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Carlo Besta Neurological Institute
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L'Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta è un IRCCS di Milano specializzato in neurologia.

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Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta
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Politecnico di Milano
Politecnico di Milano

Il Politecnico di Milano (acronimo PoliMI) è un istituto universitario italiano di carattere scientifico e tecnologico, fondato a Milano nel 1863 e quindi è la più antica università di Milano. I campi di studio e ricerca comprendono le tre macro-aree ingegneria, architettura e design. Secondo il QS World University Rankings 2023, per l'area didattica 'Engineering & Technology', si dimostra essere la diciottesima università al mondo. Si classifica 7ª per Ingegneria Meccanica, Aeronautica e della Manifattura, 8ª per Design, 12ª per Ingegneria Civile e Strutturale, 18ª per Ingegneria Elettrica ed Elettronica e 10ª per Architettura, risultando così la prima università d'Italia nell’ambito delle facoltà citate in precedenza. Annovera tra i suoi alumni e professori: il premio Nobel Giulio Natta, l'ingegnere Amalia Ercoli-Finzi, l'ingegnere e inventore Enrico Forlanini, lo scrittore Carlo Emilio Gadda e gli architetti Renzo Piano e Aldo Rossi. Il Politecnico, originariamente denominato "Regio Istituto Tecnico Superiore", fu fondato il 29 novembre 1863 su impulso della Società di incoraggiamento di arti e mestieri. La sua prima sede fu presso il palazzo del Senato, un tempo collegio elvetico della città; alla sua guida fu nominato il matematico Francesco Brioschi. Inizialmente offriva solo un corso di ingegneria. Alla fondazione contribuirono le amministrazioni locali (Comune e Provincia di Milano), la camera di commercio, la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, associazioni culturali e imprenditori. Nel 1865 fu attivato per la prima volta un corso di architettura, mentre nel 1866 la sede fu trasferita a "palazzo della Canonica" in piazza Cavour. Successivamente, nel 1913, venne stipulata una convenzione tra lo Stato, il Comune e la camera di commercio di Milano, con il concorso della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, per decentrare e accorpare in un unico luogo gli istituti di istruzione superiore sparsi per la città. La scelta dell'ubicazione cadde sull'area periferica delle "Cascine doppie", divenuta in seguito Città Studi. Nel 1916 assunse la prima donna, Bice Neppi, come docente di chimica tecnologica, dopo che dal 1908 al 1913 aveva insegnato Igiene alla Scuola Agraria femminile di Niguarda, che all'epoca si trovava fuori Milano, ma la Nappi aveva già editato ben undici pubblicazioni. Fu al Politecnico che conobbe Gustavo Pincherle Muratori, futuro marito. Nel 1924 - 1925 è ancora "R.Istituto Tecnico Superiore di Milano. Nel 1927 fu posata la prima pietra del nuovo complesso: il nuovo polo di piazza Leonardo Da Vinci in Città Studi divenne sede dell'ateneo, all'epoca "R.Scuola di Ingegneria di Milano". Pochi anni dopo, nel 1938, il Politecnico si suddivide in due Facoltà: Ingegneria e Architettura. Nel 1953 inaugurò il primo centro di calcolo dell'Europa continentale, grazie all'impulso di Gino Cassinis ed Ercole Bottani. Nel 1964 fu realizzata la nuova sede di via Bonardi, distaccamento della la "Facoltà di Architettura". Nel 1977 fu messo in orbita il satellite Sirio, sviluppato dal Politecnico in collaborazione con Telespazio, Compagnia Industriale Aerospaziale e Telettra. Nel 1989 furono inaugurate le nuove sedi nel quartiere milanese di Bovisa e nelle città di Como e Lecco; prese avvio la strategia "Politecnico a rete" che vide l'Ateneo aprire sedi a Cremona (1991), Mantova (1994) e Piacenza (1997). Nel 2000 nacque la Facoltà o Scuola di Design, già esistente dal 1993 come appendice della Laurea in Architettura. Nel 2002 fu creata la "Fondazione Politecnico di Milano". Tra i principali obiettivi vi è il coinvolgimento delle imprese e le strutture pubbliche nell'università. Nel 2004 fu fondata, in collaborazione con il Politecnico di Torino, l'Alta Scuola Politecnica. L'ateneo è organizzato nelle seguenti Scuole, afferenti agli ambiti disciplinari dei dipartimenti: Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni (AUIC)/ARCH.ING. Design Ingegneria Civile, Ambientale e Territoriale (ICAT) Ingegneria Industriale e dell'Informazione (3I) L'ente svolge attività di ricerca ed insegnamento nei campi dell'ingegneria, dell'architettura e del design attraverso i suoi dodici dipartimenti: La sede centrale dell'ente si trova a Milano in piazza Leonardo da Vinci, nel quartiere Città Studi, dove si trova il campus Leonardo. La seconda sede per dimensione è anch'essa a Milano presso il campus Bovisa, nell'omonimo quartiere. Dispone inoltre di sedi decentrate a Cremona, Lecco, Mantova e Piacenza. Fino al 2017 è stato attivo anche il polo di Como. L'accesso ai corsi di laurea è subordinato al passaggio di un test d'ingresso. Elenco cronologico dei rettori: Il logo del Politecnico di Milano riprende un particolare della Scuola di Atene, affresco vaticano di Raffaello, che ritrae Euclide, con i tratti del Bramante, circondato da alcuni allievi, mentre illustra loro un teorema con l'ausilio di un compasso. La versione del 2002 riprende i tratti dei loghi precedenti in modo stilizzato, mentre la scritta "Politecnico di Milano", posizionata sotto, è realizzata con il carattere Futura. Nel maggio del 2015, in occasione dei 150 anni della fondazione dell'università, è stata effettuata una rivisitazione del logo e dell'immagine coordinata. Politecnico di Milano, Breve storia del Politecnico di Milano con illustrazioni di Emilio Giannelli, Milano, polipress, 2005, ISBN 88-7398-014-7. Annali di Storia delle Università italiane - Volume 12, su cisui.unibo.it. Il centenario del Politecnico di Milano 1863 - 1963, Tamburini Editore, 1964 Carlo Cattaneo Il Politecnico (1839) Palazzo del Senato (Milano) Società d'incoraggiamento d'arti e mestieri Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l'Accesso Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Politecnico di Milano (IT, EN, ZH) Sito ufficiale, su polimi.it. Opere di Politecnico di Milano, su MLOL, Horizons Unlimited. Eventi organizzati da Politecnico di Milano, su RadioRadicale.it, Radio Radicale. Materiali preparatori per il 1º Rapporto sugli archivi storici delle università italiane (PDF), su unipd.it, Università degli Studi di Padova, aprile 2001. URL consultato il 4 luglio 2019.

Piscina Romano
Piscina Romano

La Piscina Romano è una struttura sportiva scoperta sita a Milano, in via Ampère, inaugurata il 28 luglio 1929. È intitolata al ginnasta italiano Guido Romano, vincitore della medaglia d'oro ai Giochi olimpici di Stoccolma 1912. La piscina fu edificata dal gennaio al luglio 1929 per opera dell'ingegnere e architetto Luigi Lorenzo Secchi (1899-1992). La costruzione costò non più di un milione di lire dell'epoca e faceva parte di un più ampio programma che prevedeva la realizzazione di altre due piscine cittadine, una invernale ed una estiva. Il complesso originariamente era costituito da un elegante edificio centrale (oggi non più appartenente al complesso), che era l'accesso originale dell'impianto su via Ponzio, due corpi laterali simmetrici, dalle facciate con timpano marcate da riquadrature e lesene, in cui v'erano camerini adibiti a spogliatoi e dalla piscina. Il bacino fu edificato di forma rettangolare, lungo 100 metri e largo 40, con una superficie di 4000 metri quadrati e prevedeva di poter ospitare contemporaneamente 1500 persone. La forma rettangolare fu adottata perché ritenuta migliore per l'utilizzazione dello spazio dell'acqua. Gli angoli vennero arrotondati per evitare punti morti in cui l'acqua potesse stagnare. La profondità variava da 50 centimetri a 3 metri e l'acqua era prelevata direttamente dal sottosuolo ove furono realizzati 4 pozzi. Il giorno dell'inaugurazione, avvenuta il 28 luglio 1929, ci fu una cerimonia in cui il podestà di Milano Giuseppe De Capitani d'Arzago tenne un discorso, al termine del quale si disputarono delle gare di nuoto. I bagnanti potevano accedere alla piscina per fare il bagno corrispondendo 2 lire. Con cinquanta centesimi in più si poteva accedere alle docce calde. La palazzina centrale nel tempo è stata alienata ed attualmente vi ha sede il comando di Polizia Locale della zona Città Studi. I due padiglioni laterali sono oggi adibiti a docce e servizi igienici. L'ingresso attuale si trova in una bassa palazzina realizzata nel 1934 in stile razionalista, a uso di spogliatoio a rotazione, con la facciata principale prospettante su via Ampère. Da essa si accede al vasto parco, contenente una bassa vasca rotonda destinata ai bambini, e la vastissima vasca rettangolare destinata agli adulti, dalla profondità crescente. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piscina Romano la piscina Romano su lombardiabeniculturali.it, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il luglio 2014. la piscina Romano su milanosport.it, su milanosport.it. URL consultato il luglio 2014.

Biblioteca Campus Leonardo del Politecnico di Milano
Biblioteca Campus Leonardo del Politecnico di Milano

La Biblioteca Campus Leonardo (BCL) di Milano, appartenente al Politecnico di Milano, è una delle maggiori biblioteche scientifiche italiane. Si è formata nel 2017 dall'unione della Biblioteca Centrale di Ingegneria (BCI) e della Biblioteca Centrale di Architettura (BCA) entrambe presenti nella sede di Città Studi del Politecnico di Milano. Il 31 luglio 2017 la Biblioteca Centrale di Ingegneria (BCI) e la Biblioteca Centrale di Architettura (BCA) del Politecnico di Milano si uniscono a formare la Biblioteca Campus Leonardo (BCL) del Politecnico di Milano . La biblioteca raccoglie anche i volumi dipartimentali del Politecnico, in passato conservati dai dipartimenti stessi, tra cui: Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito (DABC) Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria (DEIB) Dipartimento di Fisica (DFIS) Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (DICA) Dipartimento di Matematica (DMAT) La biblioteca venne istituita nel 1864. Ebbe come primo grosso nucleo costitutivo i «3.500 volumi che componevano la raccolta personale di Francesco Brioschi», fondatore del Politecnico di Milano. Altri lasciti importanti «furono successivamente quelli di Giovanni Battista Mazzeri, di Giulio Sarti (il primo ingegnere italiano a progettare una ferrovia), del milanese Francesco Colombani, studioso di idrodinamica». Nel settembre 1927 la biblioteca si trasferì nell'edificio 1 "Rettorato" dove rimase, pur cambiando diverse volte spazi e uffici all'interno di esso, fino alla chiusura per accorpamento avvenuta il 31 luglio 2017. Attorno al 1937 la dotazione globale era già di oltre 40.000 volumi, con apprezzatissime raccolte di matematica, fisica e di meccanica razionale. Nel 1953 pervenne in dono dagli eredi anche la raccolta libraria del matematico e studioso di meccanica Gabrio Piola. Al 31 dicembre 2006 la Biblioteca possedeva e conservava circa 193.576 volumi, 3.758 testate di periodici di cui 151 correnti, oltre 17.000 documenti appartenenti a fondi speciali, 12.784 tesi di laurea in ingegneria, 1.043 tesi di dottorato di ricerca in ingegneria. Tra le raccolte speciali di notevole interesse, la biblioteca conservava libri e documenti appartenuti a celebri scienziati e notevoli studiosi: l'archivio Niccolò Tartaglia, il fondo Paolo Belgioioso, il fondo Giovanni Giorgio Bidone, il carteggio Ercole Bottani, il fondo Francesco Brioschi, il fondo Umberto Cisotti, il fondo Paolo Frisi, il fondo Arnaldo Masotti, il fondo Gabrio Piola, ed altri, tutti conservati e consultabili ancora oggi presso gli Archivi Storici (AS) e la Biblioteca Storica (BS) del Politecnico di Milano. Le tesi di laurea e quelle di dottorato di ricerca, prima conservate e consultabili presso la BCI, sono ora disponibili presso la Biblioteca Bovisa Candiani (BBC) unitamente a quelle delle Scuole di Architettura. La Biblioteca Centrale di Architettura (BCA), situata in via Ampère 2, conserva opere sia italiane che straniere riguardanti l'architettura, l'arte, l'urbanistica, il design, l'arredamento di interni, il paesaggio, il restauro e la museologia. Una sua sezione è dedicata alle opere su Milano. La Biblioteca Centrale di Architettura (BCA), che possiede 305 posti lettura, annovera tra le sue collezioni, tra l'altro, i testi adottati e consigliati dai docenti nei loro corsi di laurea e circa 1.000 riviste. Amedeo Benedetti, La Biblioteca Centrale di Ingegneria di Milano, "Insegnare", Roma, CIDI, n. 2-3, 2006, pp. 56–57. Amedeo Benedetti – Bruno Benedetti, Gli archivi della scienza. Musei e Biblioteche della Scienza e della Tecnologia in Italia, Genova, Erga, 2003. Francesco Brioschi Politecnico di Milano Sito ufficiale, su biblio.polimi.it. Biblioteca Campus Leonardo del Politecnico di Milano, su Anagrafe delle biblioteche italiane, Istituto centrale per il catalogo unico.

Omicidio di Sergio Ramelli
Omicidio di Sergio Ramelli

L'omicidio di Sergio Ramelli (nato il 6 luglio 1956) fu un crimine commesso a Milano nel 1975 durante gli anni di piombo. La vittima fu uno studente milanese di diciannove anni militante del Fronte della Gioventù, formazione politica di destra, aggredito il 13 marzo da un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia operaia formato da: Marco Costa, Giuseppe Ferrari Bravo, Claudio Colosio, Antonio Belpiede, Brunella Colombelli, Franco Castelli, Claudio Scazza e Luigi Montinari. Il giovane, a causa dei traumi riportati, morì il 29 aprile, oltre un mese e mezzo dopo l’aggressione. I responsabili furono identificati dieci anni dopo l'accaduto e, dopo un'iniziale condanna per omicidio preterintenzionale in primo grado, furono riconosciuti colpevoli di omicidio volontario al termine dei tre gradi di giudizio del processo, durato dal 1987 al 1990. Nei primi mesi del 1975 l'ITIS "Ettore Molinari" di Milano, presso il quale Ramelli studiava chimica industriale, era teatro di accesi scontri politici tra studenti estremisti di destra e di sinistra, situazione comune a molte scuole superiori e università italiane. L'edificio, risalente ai primi anni sessanta, non permetteva un adeguato controllo dell'ordine pubblico interno e per questo si era guadagnato la reputazione di luogo a rischio. Le posizioni politiche di Sergio Ramelli, fiduciario del Fronte della Gioventù, erano ben note nell'istituto in quanto da lui stesso più volte professate in pubblico e gli procurarono due aggressioni in un breve lasso di tempo che lo spinsero, nel febbraio 1975, a lasciare il “Molinari” per proseguire l'anno scolastico in un istituto privato. Secondo quanto reso noto in seguito da sua madre, Sergio in un tema scolastico aveva espresso posizioni di condanna delle Brigate Rosse, aggiungendovi una nota di biasimo verso il mondo politico per il mancato cordoglio istituzionale di fronte alla morte di due militanti del MSI, Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci, uccisi durante l'assalto alla sede del MSI di Padova avvenuto l'anno precedente (17 giugno 1974). Il tema, dopo essere stato sottratto al professore, che ne aveva data pubblica lettura in classe, fu affisso in una bacheca scolastica e usato come “capo d'accusa” in una sorta di “processo politico” scolastico, istituito contro Ramelli da studenti che lo accusavano di essere fascista. Il 13 marzo 1975, Ramelli stava ritornando a casa, in via Amadeo a Milano; parcheggiato il suo motorino poco distante, in via Paladini, si incamminò verso casa. All'altezza del civico 15 di via Paladini, fu assalito da un gruppo di extraparlamentari comunisti di Avanguardia operaia armati di chiavi inglesi, e con queste colpito più volte al capo; a seguito dei colpi, Ramelli perse i sensi e fu lasciato esangue al suolo. La testimonianza resa da Marco Costa durante il processo fu la seguente: A sua volta, Giuseppe Ferrari Bravo rese la seguente testimonianza: Pochi minuti dopo l'aggressione, un commesso vide il corpo coperto di sangue e allertò la portinaia del palazzo di via Amadeo, dove il giovane abitava. La portinaia, riconosciutolo, avvertì la polizia e i soccorsi medici; un'ambulanza lo portò all'Ospedale Maggiore, precisamente all'ex padiglione «Beretta» specializzato in neurochirurgia, dove il ragazzo fu sottoposto a un intervento chirurgico della durata di circa cinque ore, nel tentativo di ridurre i danni causati dai colpi inferti alla calotta cranica. Il decorso post-operatorio fu caratterizzato da periodi di coma alternati ad altri di lucidità; le complicazioni cerebrali indotte dall'aggressione lasciavano i sanitari dubbiosi sul recupero delle piene funzionalità fisiche. Nel corso dell'assemblea consiliare al Comune che fece seguito all'aggressione, l'allora sindaco Aldo Aniasi dovette fronteggiare una turbolenta seduta nel corso della quale, a fronte della condanna istituzionale dell'aggressione e alle risentite stigmatizzazioni dell'accaduto dei partiti di destra, vi fu, tra il pubblico presente, chi applaudì alla notizia del fatto e rivolse fischi al rappresentante del MSI Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse che aveva in quel momento la parola. All'applauso presero parte anche diversi consiglieri comunali di sinistra. Mentre Ramelli era ancora in coma, a Milano seguirono altre aggressioni a esponenti della destra. Il 16 aprile un gruppo di estremisti di sinistra assalì tre giovani del FUAN che stavano effettuando un volantinaggio. Antonio Braggion, iscritto anche ad Avanguardia Nazionale, sparò contro gli aggressori con la pistola, detenuta illegalmente, che aveva in auto, uccidendo con un colpo alla schiena lo studente Claudio Varalli. Il 17 aprile fu aggredito l'avvocato Cesare Biglia, allora consigliere provinciale del MSI, che per questo subì un delicato intervento chirurgico. La moglie, che era con lui, fu ferita a una gamba. Il 18 aprile il sindacalista della CISNAL Francesco Moratti, ex combattente della RSI e invalido di guerra, fu anch'egli ricoverato in ospedale dopo essere stato picchiato e lasciato in terra mentre i locali in cui si trovava venivano dati alle fiamme. Anche il cameriere Rodolfo Mersi, il panettiere Rinaldo Guffanti e il giovane liberale Pietro Pizzorno furono ricoverati in ospedale, al reparto craniolesi, dopo aver subito aggressioni con chiavi inglesi. Il 28 aprile, un giorno prima che Sergio morisse, un gruppetto staccatosi da un corteo della sinistra si recò presso la casa della famiglia Ramelli, dove lasciò scritte sui muri e affisse un manifesto nel quale si minacciava il fratello Luigi di morte se non fosse sparito entro quarantotto ore. Subito dopo aver saputo che Ramelli era in coma, alcuni membri del commando – tra cui Montinari, principale pentito al processo – smisero la militanza. Altri invece, l'anno seguente, Il 31 marzo 1976 avrebbero assaltato il bar Porto di Classe, ritenuto un abituale ritrovo della destra. Per l'occasione, al servizio d'ordine di Avanguardia Operaia si aggregarono anche i Comitati antifascisti. Il locale fu devastato e incendiato, tutte le vetrine infrante e feriti sette avventori, tre dei quali furono ridotti in gravi condizioni: uno di loro restò invalido per tutta la vita. All'assalto parteciparono anche Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo. Ramelli morì il 29 aprile 1975, quarantasette giorni dopo l'aggressione. I funerali ebbero luogo nella chiesa dei Santi Nereo e Achilleo: il feretro giunse in chiesa quasi di soppiatto poiché le autorità locali avevano vietato il corteo funebre e gli estremisti di sinistra avevano minacciato di usare chiavi inglesi contro eventuali partecipanti. Il presidente della Repubblica Giovanni Leone inviò una corona di fiori e alle esequie presenziò l'allora segretario del MSI Giorgio Almirante. Nel corso della celebrazione, quattro militanti di destra furono denunciati per apologia del fascismo in ragione di saluti romani rivolti al feretro e a cerimonia conclusa circa trenta giovani, inneggiando alla figura del Duce, cercarono di raggiungere una vicina sede del PCI, ma furono dispersi dalla polizia. A seguito degli scontri con le forze dell'ordine, altri tre militanti furono incriminati per manifestazione sediziosa e apologia del fascismo. Nel frattempo, dalle finestre delle aule della facoltà di Medicina che davano su piazzale Gorini, alcuni giovani con i volti coperti da fazzoletti rossi avevano fotografato i partecipanti al funerale: molte delle foto scattate quel giorno sarebbero poi state ritrovate nel cosiddetto "covo di viale Bligny". Ramelli fu inumato nella tomba di famiglia presso il Cimitero maggiore di Lodi. Le deposizioni dei testimoni, Ernesto De Martini, che aveva inseguito alcuni membri del gruppo per qualche centinaio di metri, e una donna anziana che aveva assistito alla scena, portarono a dedurre che l'aggressione fosse stata compiuta da due persone, di cui una con una sciarpa bianca, entrambe sui 18-20 anni, col sostegno di un gruppo più numeroso (8 o 10 persone). Il commando aveva agito a piedi ed era fuggito verso via Venezian, in Città Studi. Le prime indagini portarono a ipotizzare che gli esecutori dell'azione fossero studenti dell'Istituto Molinari, che la mattina prima avevano tenuto una manifestazione politica al provveditorato di Milano. Furono fermati una decina di giovani e furono identificati tre studenti che avevano frequentato la stessa classe di Ramelli prima che quest'ultimo si trasferisse in un altro istituto scolastico. I tre studenti furono sospettati perché non erano rientrati dopo la manifestazione. Come s'è detto, Ramelli aveva avuto problemi per la sua militanza, fino a essere stato "condannato" da un'assemblea studentesca, e, all'atto della rinuncia agli studi presso l'istituto, anche verso i genitori vi era stato un atto d'intolleranza da parte di alcuni studenti. Nel quartiere, era noto come fascista. La questura, dopo alcuni accertamenti, ritenne gli studenti del Molinari estranei ai fatti e continuò le indagini nell'ambito dei gruppi dell'estrema sinistra attivi nel quartiere di Città Studi, una zona in cui Ramelli era stato visto effettuare affissioni abusive di manifesti del Fronte della Gioventù. Inoltre, il commando era stato seguito fino alla zona dove probabilmente il gruppo aveva un sostegno o una base. Le indagini negli ambienti della sinistra più estrema portarono a una debole pista, che indicava negli assassini dei membri del "collettivo del Casoretto", una piccola e poco rilevante organizzazione locale legata a Lotta Continua. Durante un colloquio informativo con gli inquirenti il 3 novembre 1982, il militante di destra Walter Sordi (già noto alle forze dell'ordine per altri fatti) affermò che l'omicidio di Ramelli era stato considerato riconducibile al gruppo di sinistra noto col nome di Collettivo "Casoretto". Pertanto un commando dei NAR guidato da Gilberto Cavallini aveva deciso di ucciderne il capo, Andrea Bellini. Secondo le testimonianze di Sordi, il commando dei NAR era effettivamente giunto a Milano, ma il progetto non era stato portato a termine per mancanza di tempo. Altre testimonianze, di persone vicine al collettivo Casoretto, riconducono invece la mancata vendetta del NAR sul Bellini al fatto che la vittima designata si presentò con estremo ritardo sul luogo dell'agguato. Sordi non portò prove a sostegno della colpevolezza del "collettivo Casoretto" e la pista fu subito abbandonata. Già dalle prime indagini emerse come vi fosse dell'antagonismo tra gli informatori della polizia e i membri del collettivo, e la pista fu classificata come un vago tentativo di depistaggio. Alcuni membri del collettivo tuttavia sostennero la tesi fornendo informazioni imprecise o false. Anche l'alibi del principale indiziato del gruppo, Francesco Grasso, apparve agli inquirenti come un alibi di comodo per coprire qualcuno. Due giovani, i fratelli Bellini, furono interrogati senza risultati dai magistrati inquirenti. Solo anni dopo, durante l'interrogatorio a Mario Ferrandi e Ciro Paparo, militanti di gruppi armati transitati per il "Casoretto", emerse un'ulteriore pista che indicava come mandante la formazione di Avanguardia Operaia. I due non escludevano vi potessero essere uomini interni al collettivo, ma sostenevano che la matrice ideologica fosse legata ad Avanguardia Operaia. La tesi fu confermata da colloqui con altri esponenti di movimenti minori. Le indagini rimasero quiescenti finché non vennero prese in carico dai giudici istruttori Maurizio Grigo e Guido Salvini. Intanto, il giudice Guido Viola istruì alcune indagini per appurare le responsabilità di Avanguardia Operaia in altri fatti di violenza. Nel dicembre 1985, durante le indagini che avevano fatto seguito alle confessioni di tre pentiti legati alla colonna bergamasca di Prima Linea, gli inquirenti rinvennero in un appartamento di viale Bligny uno schedario contenente dati di oltre 10.000 persone considerate militanti neofascisti, di organizzazioni rivali o comunque in qualche modo potenziali obiettivi di attentati. In particolare si ritrovano molte fotografie delle persone presenti al funerale di Sergio Ramelli, corredate da schede personali sugli amici dello stesso e indicazioni circa il bar Porto di Classe. Oltre alle schede complete di descrizioni, abitudini, relazioni e contatti, furono rinvenute 5.000 fotografie. Insieme a questo materiale, vi erano numerosi documenti relativi alle Brigate Rosse e materiale per l'addestramento militare. Lo schedario, nato nei primi anni settanta a opera di Avanguardia Operaia e poi passato ad altre organizzazioni tra cui Democrazia Proletaria, era in possesso di due militanti della sinistra extraparlamentare, Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo al quale l'appartamento era intestato. Intanto stavano emergendo le deposizioni dei pentiti di Prima Linea Sergio Martinelli, Michele Viscardi e Maurizio Lombino. Martinelli, in carcere coi due, aveva saputo da Lombino che l'omicidio di Ramelli era stato voluto da militanti di Avanguardia Operaia e che una ragazza conosciuta da Lombino e all'epoca studentessa a Milano vi era coinvolta; rilasciò in merito una deposizione a metà del 1985. Viscardi confermò la deposizione e ricordò che la ragazza, nota solo col nome di "Brunella", risiedeva in Svizzera. Lombino infine confermò di aver saputo del fatto direttamente da esponenti del movimento e di averne avuto un'ulteriore prova dalle parole di una studentessa di biologia con cui aveva una relazione all'epoca dei fatti. Lombino confermò il nome, ma non diede un cognome. La donna fu infine identificata in Brunella Colombelli la quale, dopo la laurea, era andata a lavorare come ricercatrice universitaria a Ginevra; tuttavia, a metà del 1985, la donna si trovava in Nicaragua per le ferie estive, il che ne rendeva impossibile il fermo e l'interrogatorio. Le indagini proseguirono all'interno del gruppo che costituiva le file di Avanguardia Operaia nel 1975: un esponente del movimento, Francesco Cremonese, confermò la struttura dell'organizzazione, che nell'Università degli Studi di Milano vedeva come capi: Giovanni "Gioele" Di Domenico per la facoltà di agraria, Roberto Grassi a fisica e Marco Costa a medicina, tutti sottoposti a Giuseppe Ferrari Bravo che teneva le redini dell'organizzazione. Il Cremonese affermò che la squadra di agraria era la più attiva, ma che Ramelli era stato aggredito da un nucleo di studenti di medicina per ordine dei capi delle altre sezioni che volevano incoraggiare una maggiore partecipazione del gruppo di quella facoltà, appena ristrutturato e ingrandito. Approfittando di un rientro dalla Svizzera della Colombelli, Grigo e Salvini ne disposero il fermo il 14 settembre 1985: dopo un primo interrogatorio, la donna fu accusata di favoreggiamento e falsa testimonianza e trattenuta in Italia; in un secondo momento, affermò di aver assistito a una conversazione riguardante il pestaggio del giovane ma di non avervi partecipato. Il 16 settembre, dopo una serie di sue deposizioni, diversi ex-militanti di Avanguardia Operaia furono arrestati. Il 16 marzo 1987 prese avvio il processo per gli accusati del crimine: Claudio Colosio, Franco Castelli, Giuseppe Ferrari Bravo, Luigi Montinari, Walter Cavallari, Claudio Scazza, medici praticanti in varie discipline e studenti all'epoca dei fatti; cui si aggiunsero: Marco Costa, che con Ferrari Bravo gestiva l'archivio segreto; Brunella Colombelli, ricercatrice, unica donna tra gli accusati; Giovanni Di Domenico, al momento dell'arresto consigliere di Democrazia Proletaria a Gorgonzola (MI); Antonio Belpiede, capogruppo del PCI a Cerignola (FG). Il gruppo era una parte del servizio d'ordine di Avanguardia Operaia nella facoltà milanese di medicina. Alcuni degli imputati vennero processati anche per altri tentati omicidi e violenze. Secondo la ricostruzione operata dagli inquirenti, i due aggressori sarebbero stati Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo, che avrebbero colpito il giovane con chiavi inglesi. I due all'epoca appartenevano ad un ristretto gruppo noto come "gli idraulici" proprio per via dei pesanti utensili usati per le aggressioni. Di Domenico sarebbe stato il mandante e il pianificatore dell'azione, mentre Colombelli avrebbe avuto il ruolo di sorvegliante della vittima. Castelli, Colosio e Montinari avrebbero dovuto sorvegliare la zona e dare l'allarme in caso di pericolo. Gli altri avrebbero avuto ruoli variabili nella preparazione dell'azione e in altre violenze.Le accuse comprendevano omicidio volontario, tentato omicidio, sequestro di persona, associazione sovversiva, danneggiamento. In tutto, per il caso di Ramelli, per la faccenda di viale Bligny e per l'assalto al bar Porto di Classe, vennero imputate 25 persone. Il ruolo di avvocato per la famiglia della vittima fu sostenuto da Ignazio La Russa, avvocato ed esponente di destra e all'epoca segretario provinciale missino. Durante il processo, svoltosi regolarmente nonostante alcuni rinvii per questioni di salute del presidente della Corte d'Assise Antonino Cusmano e per disguidi tecnici, Democrazia Proletaria istituì un piccolo presidio presso Piazza Fontana, raccogliendo circa cento persone, mentre i vertici del partito presenziavano al processo. Nel 1987 il MSI organizzò un corteo di circa 500 partecipanti conclusosi sotto casa di Ramelli, nel corso del quale, secondo il quotidiano comunista L'Unità, vi furono intimidazioni e saluti romani che attirarono l'attenzione della stampa e di rappresentanti politici. Agli imputati, vista la loro posizione, fu concesso di recarsi in tribunale con mezzi propri e senza scorta delle forze dell'ordine, e di uscire per lavorare durante i giorni di arresti domiciliari. L'atipicità degli imputati suscitò molto interesse per la stampa tanto che, per consentire a tutti i giornalisti di presenziare, ad alcuni venne concesso di seguire il processo dall'interno di una delle celle presenti nell'aula. Belpiede, Ferrari Bravo e Di Domenico si dichiararono estranei ai fatti, mentre Brunella Colombelli ammise di aver fatto parte della struttura del movimento ma affermò di non essere stata a conoscenza né dei piani dell'aggressione né della sua organizzazione. Castelli, Montinari, Colosio, Scazza e Cavallari invece, confessarono l'operato scrivendo alla madre del giovane, chiedendo il perdono e offrendo e depositando presso un notaio un risarcimento di 200 milioni di lire, che la donna rifiutò. Al processo gli aggressori dichiararono che intendevano causare a Ramelli, scelto a caso tra i militanti della zona, ferite lievi con qualche giorno di prognosi, ma che la situazione era sfuggita di mano, il che contrasta con il fatto che il ragazzo fu colpito ripetutamente al cranio con chiavi inglesi Hazet da 36 mm del peso di 3,5 kg l'una. Gli imputati affermarono inoltre che a portarli a Ramelli era stata la sua notorietà quale simpatizzante di destra e che a richiedere espressamente l'azione era stato Roberto Grassi, responsabile del servizio d'ordine della colonna di Avanguardia Operaia legata a Città Studi e morto suicida nel 1981. Degli aderenti ad Avanguardia Operaia scelti per comporre il commando, alcuni nemmeno conoscevano la vittima designata. Il 16 maggio 1987 la II Corte d'assise di Milano assolse Di Domenico per insufficienza di prove e dichiarò Cavallari estraneo ai fatti. Tutti gli altri imputati furono ritenuti colpevoli di omicidio preterintenzionale in quanto venne di fatto riconosciuta l'accettazione del rischio di uccidere insito nell'atto di violenza, ma non la volontarietà dell'atto. Marco Costa ricevette 15 anni e 6 mesi di reclusione; Giuseppe Ferrari Bravo 15, entrambi per aver materialmente colpito Ramelli. Claudio Colosio ricevette 15 anni; Antonio Belpiede 13 anni; Brunella Colombelli 12 anni per aver indicato al commando di Avanguardia Operaia il luogo e l'ora in cui colpire; Franco Castelli, Claudio Scazza e Luigi Montinari 11 anni. Per le schedature ritrovate nel covo di viale Bligny e per l'assalto al bar di largo Porto di Classe avvenuto pochi giorni dopo, Ferrari Bravo e Di Domenico ricevettero rispettivamente ancora 11 e 10 anni. La condanna non soddisfece il Pubblico Ministero, che contestò il rigetto del ben più grave omicidio volontario in favore dell'omicidio preterintenzionale e depositò ricorso.Il 2 marzo 1989 la II sezione della Corte d'assise d'appello presieduta da Renato Cavazzoni accolse le richieste del pubblico ministero ma, benché l'accusa fosse mutata in omicidio volontario, riconobbe l'attenuante del concorso anomalo, che ridusse sensibilmente le pene: Costa passò da 15 anni a 11 e 4 mesi; Ferrari Bravo da 15 a 10 e 10 mesi; 7 anni e 9 mesi a Colosio invece che 15; 7 anni invece di 13 a Belpiede; 6 anni e 3 mesi a Castelli, Colombelli, Montinari e Scazza in luogo degli 11-12 iniziali. Insoddisfatta, la parte civile ricorse in Cassazione per ottenere il riconoscimento della premeditazione e il conseguente aggravio delle pene. Il 23 gennaio 1990 la I sezione della Corte di Cassazione presieduta da Corrado Carnevale rigettò la richiesta e i ricorsi della difesa confermando le sentenze di secondo grado. Costa e Ferrari Bravo tornarono in carcere, anche per via delle condanne aggiuntive, mentre gli altri imputati poterono usufruire di un condono e di pene alternative per via della loro condizione sociale e della loro ridotta pericolosità. Alcuni degli allora studenti di medicina condannati hanno successivamente fatto carriera sino a ricoprire prestigiosi incarichi ospedalieri. La ricorrenza della morte di Ramelli è occasione di manifestazioni commemorative da parte di gruppi di estrema destra e neofascisti sul luogo dell'omicidio. Il 29 aprile 1976, nello stesso giorno in cui era prevista una commemorazione organizzata dal MSI per ricordare il primo anniversario dell'omicidio Ramelli, un commando dei Comitati Comunisti Rivoluzionari uccise l'avvocato Enrico Pedenovi, consigliere provinciale milanese dell'MSI. Nel 2020 uno dei responsabili, Claudio Colosio, nel frattempo diventato medico, è stato inserito nella task force lombarda contro il coronavirus, suscitando polemiche da parte di alcuni consiglieri regionali, a causa delle quali è stato quindi rimosso. Nel 2023 la commemorazione di Sergio Ramelli all'Istituto Molinari, scuola frequentata dalla giovane vittima, alla presenza della sottosegretaria all'Istruzione Paola Frassinetti è stata occasione di polemiche. Guido Giraudo, Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini, Sergio Ramelli, una storia che fa ancora paura, EFFEDIEFFE edizioni, 1997. ISBN 88-85223-14-1 Luca Telese, Cuori neri. Dal rogo di Primavalle alla morte di Ramelli, Sperling & Kupfer, 2006. Le Vere Ragioni, 1968/1976: atti di un convegno organizzato da Democrazia Proletaria nel 1985. Giorgio Melitton, Per memoria di Sergio Ramelli, 1995: il racconto di un suo professore. Neofascismo Avanguardia Operaia Guido Salvini (giudice) Giardino Sergio Ramelli Fronte della Gioventù Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sergio Ramelli "Archivio Ramelli" raccolta di documenti e articoli di giornale sul caso Sito ufficiale delle commemorazioni, con storia e documenti archivistici