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Museo di storia naturale Giacomo Doria

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Il Museo civico di storia naturale di Genova è un importante museo cittadino. Ha sede in via Brigata Liguria. È intitolato a Giacomo Doria, che ne fu il fondatore e il direttore per oltre quaranta anni. Dal 1922 nel Museo ha la sua sede la Società entomologica italiana, mentre la biblioteca della Società ha sede in corso Torino. Il Museo Doria nasce da un'idea e sotto gli auspici, specialmente finanziari, del fondatore. Il 24 aprile 1867 il Comune ne approvò l'istituzione con sede nella Villetta Dinegro, ma già all'inizio del Novecento il continuo arrivo di nuovi reperti e collezioni, soprattutto zoologiche, costrinse il museo ad edificare una nuova e più ampia struttura. Dopo una visita a vari musei europei, effettuata assieme a Gestro, l’Ingegnere Capo del Comune, Clodoveo Cordoni, nel 1896 stese comunque il progetto di un nuovo edificio da destinare al Museo. Il progetto del 1896 prevedeva un palazzo imponente con cupole e un enorme scalone di ingresso. Per mancanza di fondi e di effettiva volontà politica la realizzazione però tardò a concretizzarsi, malgrado il continuo intervento di Doria sulle autorità cittadine; infine il progetto venne ridimensionato, eliminando cupole e grande scalone d’accesso. Così, i lavori per la costruzione del nuovo palazzo (quello attuale) iniziarono solo nel 1905 e si conclusero nel 1912. L'inaugurazione della nuova ed attuale sede, costruita su un progetto dell'architetto Clodoveo Cordoni, avvenne il 17 ottobre 1912, ma il fondatore Giacomo Doria, gravemente malato, non poté partecipare. Morì poco tempo dopo lasciando il titolo di direttore a Raffaello Gestro. Il Museo fu creato in una zona della città fuori dalle mura e a quel tempo praticamente disabitata. L'idea originale era infatti di avere a disposizione ulteriore spazio per l'ampliamento dell'edificio (punto di riferimento era il Museo nazionale di Parigi), cosa che risultò poi impossibile per la massiccia urbanizzazione della zona. Alla fine del XIX secolo il Museo finanziò, sotto gli auspici della Società Geografica Italiana, una serie di viaggi in terre allora inesplorate dal punto di vista naturalistico. Cominciarono così i viaggi del capitano Luigi Maria d'Albertis, di Leonardo Fea, Arturo Issel, Orazio Antinori, Odoardo Beccari e Lamberto Loria nell'arcipelago Mentaway (Sumatra), nella Birmania e nella Nuova Guinea. Questi avventurosi e coraggiosi naturalisti riportarono in Italia milioni di esemplari di animali e vegetali, conservati nell'alcol, di cui moltissimi nuovi per la Scienza ed altrettanti ancora da studiare ai giorni nostri. Il Museo si impose così come il più importante d'Italia per gli invertebrati, tanto da diventare Museo nazionale per gli insetti. Tutte le raccolte entomologiche fatte da spedizioni scientifiche e militari italiane, tra cui quelle coloniali in Libia, Somalia, Abissinia e Cirenaica, vengono inviate qui. Dopo la seconda guerra mondiale, il Museo cesserà di essere museo nazionale, pur conservando ancora ai nostri tempi la più grande collezione entomologica d'Italia. Il numero stimato di esemplari supera infatti i 4 milioni. Contemporaneamente il Museo acquisisce una grandissima raccolta di libri specialistici e riviste sugli animali, specialmente sugli insetti, tanto da diventare la principale biblioteca italiana sull'argomento. Tuttavia i bombardamenti inglesi della seconda guerra mondiale, oltre a danneggiare la città e la sua cattedrale, incendieranno anche parte della biblioteca, facendogli perdere il primato a favore di quella del Museo civico di Milano. Nella superficie espositiva, sono esposti più di 6.000 esemplari. È anche presente uno dei 3 Tilacini nei musei di tutta Italia All'interno del museo è esposto, tra l'altro, lo scheletro, della lunghezza di circa 20 metri, di una balenottera morta nel 1878, spiaggiata davanti al comune spezzino di Monterosso al Mare. Direttore della struttura museale è dal 2012 Giuliano Doria. La Biblioteca specializzata del Museo nacque col museo stesso nel 1867 e quindi con la donazione dei volumi scientifici di Giacomo Doria e Lorenzo Pareto. Durante la Seconda Guerra Mondiale la biblioteca andò distrutta la notte tra il 7 e l’8 novembre 1942 a causa di un bombardamento: 30.584 volumi vennero distrutti. Grazie all’incremento notevole dei volumi verificatosi a partire dalla fine degli anni Settanta (a seguito di acquisti e di cambi) si rese necessaria la realizzazione di un soppalco sopraelevato in tutte le tre sale della biblioteca. Il progetto venne realizzato a partire dal 1987 e la nuova struttura fu inaugurata nel 1995, portando lo sviluppo da 350 mq, a 540 mq. e gli scaffali da 215 a 390. Nel luglio 2017 le opere schedate hanno raggiunto il numero complessivo di circa 95.000, derivante dalla somma di oltre 17.000 monografie e più di 77.500 miscellanee. Per quanto riguarda i periodici, il numero di testate è attualmente di circa 1.200, 700 delle quali in corso, ormai solo in cambio con gli “Annali”; dal 2013 è iniziata l’informatizzazione delle schede. Gli Annali nacquero nel 1870 per volontà di Giacomo Doria, allo scopo di illustrare le collezioni del Museo, divulgare le scoperte dei viaggiatori, promuovere la sistemazione del materiale scientifico del Museo, distribuire gli Annali agli istituti dei vari paesi per ottenere in cambio le loro pubblicazioni e in tal modo arricchire la biblioteca. Nei primi 100 volumi (1870-2009) si sono pubblicate 56.651 pagine a stampa, per un totale di 2.144 articoli, scritti da 737 diversi autori. Il secondo periodico, Doriana, regolarmente pubblicato dal 1949, è destinato ad accogliere lavori brevi. Il numero 400 è stato pubblicato nel 2016. Delle Memorie del Museo Civico di Storia Naturale “G. Doria” è stato stampato un unico numero, nel 1954, per accogliere un testo di argomento paleontologico. Amedeo Benedetti, Il Museo di storia naturale di Genova, "Insegnare", Roma, CIDI, (2006), n. 9, pp. 58–59. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo di storia naturale Giacomo Doria Wikispecies contiene informazioni su Museo di storia naturale Giacomo Doria Musei di Genova (Museo civico di storia naturale) URL consultato il 27/02/2023 Il sito della Società entomologica italiana Archiviato il 21 gennaio 2022 in Internet Archive. URL consultato il 2/03/2023 annali del museo

Estratto dall'articolo di Wikipedia Museo di storia naturale Giacomo Doria (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

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Scalinata delle Caravelle
Scalinata delle Caravelle

La scalinata del Milite ignoto, popolarmente nota come scalinata delle tre Caravelle in virtù dei caratteristici arredi floreali delle aiuole, è un'opera urbanistica monumentale nel centro di Genova. L'università di Genova la definisce un "monumento commemorativo" e "raccordo tra le mura delle città", urbanisticamente funge da collegamento diretto fra piazza della Vittoria e il quartiere di Carignano. La realizzazione della scalinata monumentale rientra dell'ampia opera di urbanizzazione che coinvolse tutta l'area attigua al torrente Bisagno e alla quartiere Foce, a cavallo fra l'Ottocento e la prima metà del Novecento. Fu progettata e realizzata fra il 1922 e il 1938 dall'architetto e urbanista di Alfredo Fineschi, con la collaborazione dl padre, Pietro Fineschi, i quali operarono ampiamente nel capoluogo, costruendo anche l'attiguo palazzo razionalista della questura di Genova. Qui era il raccordo tra le mura della città, rispettivamente dette Mura Vecchie e Mura Nuove, che procedeva con una serie di terrazze orizzontali dal cinquecentesco bastione delle Cappuccine alle seicentesche Fronti Basse. Spianato questo nel 1892, tre decenni dopo la discesa fu risistemata nell'assetto contemporaneo. Nel 2010 è stata sottoposta a riqualificazione. Di struttura ampia, la scalinata è costituita da due ariose rampe distinte separate da un'aiuola inclinata su più piani e coltivata a prato inglese. L'aiuola è suddivisa verticalmente in tre sezioni (precedute da una quarta, decorata con àncore stilizzate) in ognuna delle quali spicca il disegno che richiama simbolicamente una per una le tre caravelle usate da Cristoforo Colombo per la sua impresa nella scoperta dell'America (1492). Le caravelle sono realizzate con decorazioni floreali all'interno delle stesse aiuole. La scalinata si affaccia davanti al grande arco di trionfo, l'arco della Vittoria, dedicato ai caduti della prima guerra mondiale che campeggia al centro dell'antistante piazza della Vittoria. La scalinata, perpendicolare alla sottostante via intitolata ad Armando Diaz, ascende al lato destro del liceo classico Andrea D'Oria e alla sinistra del palazzo della Questura, con un ampio giardino che si protende verso le mura delle Cappuccine, per raggiungere la spianata di Carignano. Luigi Lagomarsino (a cura di), Cento anni di architetture. 1890-2004, Genova, De Ferrari, 2004. Silvia Barisione, Matteo Fochessati, Gianni Franzone e Andrea Canziani (a cura di), Architetture in Liguria dagli anni Venti agli anni Cinquanta, Milano, Abitare Segesta, 2004. Franca Balletti e Bruno Giontoni, Una città tra due guerre. Culture e trasformazioni urbanistiche, Genova, De Ferrari, 1990. Paolo Cevini, Genova anni '30. Da Labò a Daneri, Genova, Sagep, 1989. Piazza della Vittoria (Genova) Liceo classico Andrea D'Oria Wikiquote contiene citazioni sulla scalinata delle Caravelle Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla scalinata delle Caravelle Scalinata del Milite Ignoto / Le Caravelle, su Fonti per la storia della critica d'arte, Università di Genova. Genova, Scalinata delle Caravelle, Bella Liguria, 20 dicembre 2021.

Arco della Vittoria
Arco della Vittoria

L'Arco della Vittoria, detto anche Monumento ai caduti o Arco dei Caduti, è un imponente arco di trionfo, realizzato durante il regime fascista, situato in piazza della Vittoria a Genova. È dedicato ai genovesi caduti nel corso della prima guerra mondiale e fu inaugurato il 31 maggio del 1931. La scelta di edificare un monumento celebrativo fu presa nel 1923 dal Comune di Genova, il quale, durante i lavori di urbanizzazione e riqualificazione dell'area all'epoca erbosa e umida, bandì un concorso nazionale prescrivendo che l'architettura avesse forma di arco e fosse posizionata nell'allora prato adiacente al torrente Bisagno, ancora non interrato sotto viale Brigate Partigiane. La commissione giudicatrice scelse nella seconda fase — dai sedici progetti pervenuti — la bozza dell'architetto Marcello Piacentini (architetto che realizzò parecchie opere per il regime) e dello scultore Arturo Dazzi perché, come commentò la commissione, nel progetto si valorizzarono gli elementi architettonici della Roma Imperiale e del Cinquecento dando al monumento una forte funzione commemorativa eroica e trionfale. Il disegno originale del 1924 venne poi modificato dallo stesso Piacentini due anni dopo, rendendo il monumento ad arco più semplice e asciutto. Le opere per la costruzione del monumento furono eseguite dall'azienda locale Impresa Garbarino e Sciaccaluga, dirette personalmente dall'architetto Piacentini. L'arco, alto 27 metri, è costruito al termine di una rampa semicircolare i cui angoli, a scalinata, contano sei gradini. Ai due lati del basamento si aprono le porte che conducono alla cripta. Nel sacrario si trovano alcune statue dello scultore Giovanni Prini raffiguranti le Vittorie, San Giorgio e lo Stemma di Genova; dello stesso Prini sono presenti altre sculture con la riproduzione del bollettino della Vittoria, il bollettino della Marina e i nomi di tutti i caduti. Al centro della struttura s'innalza l'altare, realizzato in marmo rosso di Levanto, sul quale pende un crocifisso bronzeo su croce di palissandro opera dello scultore Edoardo De Albertis. Il monumento poggia su quattro pilastri angolari e otto pilastri ornati nella parte esterna da colonne lievemente bombate, terminanti con capitelli dorici che reggono le fame, opere di Arturo Dazzi e del De Albertis. All'interno si trovano colonne che reggono due grandi lunettoni, scolpite dal Prini, dedicate alla pace e alla famiglia. La copertura interna, ad andamento a cupola, è di colore giallo decorato con un caleidoscopio di linee curve terminanti, al centro, con un cerchio. lungo i bordi della volta figurano due scritte latine: - "PACIS OPES ITA ALIT VIRTUS IAM VIVIDA BELLO" (La virtù alimenta così le ricchezze della pace, ora vivide in guerra)- "SALVE MAGNA PARENS FRUGUM SATURNIA TELLUS MAGNA VIRUM" - Virgilio, Georgiche 136 - 176 (Salve grande terra Saturnia, ricca di fertili campi, grande patria degli uomini.)All'esterno si trovano le allegorie scolpite dal Dazzi con quattro iscrizioni, due delle quali ricordano i 680.000 caduti della Grande guerra e la data dell'erezione del monumento; le restanti due sono opera di Mario Maria Martini. Il fregio di Arturo Dazzi si sviluppa in vari episodi. A nord sono raffigurati i mitraglieri e gli alpini, ai lati della chiave la Croce Rossa e la messa da campo; nel lato sud sono presenti gli artiglieri e la cavalleria, mentre ai lati dell'arco sono state raffigurate la rievocazione delle battaglie dell'Isonzo e del Piave; nel lato ovest raffigurano i bersaglieri dove, tra i soldati, ne compariva uno con il volto di Benito Mussolini, abraso dopo la seconda guerra mondiale, e il genio pontieri; nella zona est infine è stata scolpita l'aviazione e la marina. Arco trionfale Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Arco di Trionfo Arco della Vittoria, su catalogo.beniculturali.it, Ministero della cultura.

Piazza della Vittoria (Genova)
Piazza della Vittoria (Genova)

Piazza della Vittoria è una delle piazze più centrali e grandi di Genova, situata a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Genova Brignole e dal moderno centro direzionale di Corte Lambruschini. La zona adiacente alla piazza risulta abitata da epoche molto antiche. Durante gli anni '80, infatti, nell'ambito dei lavori per la realizzazione di un parcheggio sotterraneo e per la risistemazione della piazza, vennero ritrovati i probabili resti di una palafitta, datata in un periodo compreso tra il 4790 a.C. e il 4460 a.C.. Un paio di decenni dopo, nella zona vicina alla stazione di Brignole, venne ritrovato un muro a secco lungo 12 m (ritenuto dopo gli studi il muro di contenimento di una strada) con vicino resti di focolari e di un canale, risalente a un periodo a cavallo tra il III e il II millennio a.C.. Questi ritrovamenti hanno indotto gli archeologi a credere che in antichità fossero presenti in zona insediamenti significativi e che nella vicina foce del torrente Bisagno fosse presente un antico porto fluviale. Prima della realizzazione della piazza della Vittoria negli anni trenta del Novecento, esisteva in quest'area pianeggiante, oltre all'ampia foce del torrente Bisagno, un vasto prato, ricavato dalla demolizione, avvenuta nel 1892 in occasione delle manifestazioni per i quattrocento anni dalla scoperta dell'America, delle cosiddette Fronti Basse sul Bisagno, che costituivano il fronte della cinta muraria levantina del Seicento. Tale spianata, oltre a essere luogo di passeggiate per la popolazione, fu sede di esposizioni, a cominciare dalle stesse Colombiane del 1892, parate e luna-park. Nella spianata aveva tenuto i suoi spettacoli anche il circo di Buffalo Bill, quando nella sua tournée in Europa aveva fatto tappa a Genova all'inizio del Novecento; dell'avvenimento resta una significativa documentazione fotografica. Una piccola area di questa spianata era dedicata al gioco del pallone e alle prime uscite in velocipede. Su questa piazza si tennero le celebrazioni eucaristiche durante varie visite papali. Fra queste, il 22 settembre 1985, quella di Giovanni Paolo II in visita pastorale alla città e all'arcidiocesi, con la beatificazione di Virginia Centurione Bracelli. Lo stesso Giovanni Paolo II vi celebrò nuovamente la messa il 14 ottobre 1990 durante la sua seconda visita alla città. Una successiva celebrazione eucaristica vi fu celebrata durante la visita papale di Papa Benedetto XVI nel 2008. L'11 luglio 2020, il neo-eletto arcivescovo di Genova Marco Tasca vi ha ricevuto l'ordinazione episcopale e compiuto la presa di possesso dell'Archidiocesi: la celebrazione ebbe luogo all'aperto in questa piazza a causa della pandemia di Covid-19 ancora in corso. Negli anni novanta è stato realizzato sotto la piazza, in corrispondenza dell'Arco della Vittoria, un parcheggio sotterraneo, che affianca l'area all'aperto anch'essa adibita a parcheggio. Durante gli scavi del parcheggio vennero alla luce le fondamenta delle precedenti Fronti Basse. Il parcheggio è stato dato in concessione alla APCOA Parking AG per 99 anni. Nel 2004 la piazza fu la sede di partenza del cronoprologo della prima tappa dell'87º Giro d'Italia in cui Luca D'Alessandro arrivò secondo dopo Bucci. Dal settembre 2009 la piazza ospita annualmente l'"Oktoberfest Genova"; l'unico Oktoberfest ufficialmente riconosciuto dalle autorità bavaresi. Dai primi anni 2000, grazie alle dimensioni, la piazza ha ospitato diversi eventi e concerti, tra i quali quelli dei Buio Pesto, la tappa genovese del CocaCola Live@MTV 2005, con ospiti i Gemelli Diversi, Nek e Laura Pausini, e il concerto di Lucio Dalla e Francesco De Gregori durante la Notte Bianca del settembre 2010, nonché Antonello Venditti ed Edoardo Bennato nella Notte Bianca del 2011. Nel 2023, nel periodo estivo, è stata sede di una serie di concerti con Elodie, Achille Lauro, Francesca Michielin, Francesco Gabbani, Paola e Chiara, gIANMARIA, Dardust, I Cugini di Campagna, Alfa, Elettra Lamborghini, Coma Cose, Dargen D'Amico, Mara Sattei, Rovazzi e Orietta Berti, The Kolors, Pan-Pot e altri. La stazione ferroviaria di Genova Brignole e piazza della Vittoria sono separate dai giardini e i vialetti alberati della grande piazza intitolata a Giuseppe Verdi, che al capoluogo ligure fu molto legato. Assieme a piazza De Ferrari (alla quale è congiunta attraverso via XX Settembre, un tempo via Giulia) e all'area del Porto antico, piazza della Vittoria - intitolata in onore dell'Italia dopo la prima guerra mondiale - è uno dei fulcri del centro cittadino. È anche una fra le piazze più grandi della città, che, per la sua struttura urbanistica e per la particolare orografia, non può contare su grandi slarghi quanto piuttosto - specie in prossimità del centro storico - su anguste piazzette ancora articolate su quello che era l'aspetto topografico della città in epoca medioevale. Fino all'inizio del XX secolo era chiamata "Piazza di Francia": prima che avvenisse la copertura del torrente Bisagno, che la ripercorre perpendicolarmente al mare, la piazza - alla quale si accedeva dall'antica Porta Pila, che apriva sulla Corte Lambruschini (un tempo Borgo Pila) - era adibita a luogo di raduno per parate militari e, come tale, era conosciuta dai genovesi come la Piazza d'Armi (e tutt'oggi è sede di parate in occasione di manifestazioni di carattere ufficiale). Nel 1914 la vasta piazza ospitò il Centro fieristico dell'Esposizione Internazionale di Igiene e Marina. Mentre sul lato ovest si accede a via XX Settembre e a piazza De Ferrari, al lato est della piazza, la copertura del Bisagno (su cui corre il viale delle Brigate Partigiane) porta al quartiere fieristico della Foce e al rinomato corso Italia, la passeggiata a mare per antonomasia dei genovesi. Sullo sfondo della piazza, caratterizzata da un imponente arco di trionfo - l'arco della Vittoria - monumento ai caduti della prima guerra mondiale realizzato negli anni trenta del Novecento, ornato di statue e bassorilievi di vari artisti (tra le altre alcune di Eugenio Baroni), il liceo ginnasio Andrea D'Oria intitolato all'ammiraglio Andrea Doria e, a lato, la scalinata delle Caravelle (in realtà scalinata del Milite ignoto) che porta alla collina di Carignano (circonvallazione a mare) e all'Ospedale Galliera. Nel prato inclinato tra le due scalinate sono raffigurate nell'erba le tre caravelle di Colombo. L'edificazione della piazza, come evidenzia l'architettura degli eleganti palazzi in marmo travertino, risale all'epoca fascista, e più precisamente a metà degli anni trenta, su progetto dell'architetto Marcello Piacentini, che si avvale, soprattutto per la realizzazione dei palazzi, della collaborazione di architetti locali. Infatti sono coinvolti anche Beniamino Bellati e lo scultore Giuseppe Dazzi per i palazzi Jacazio, Cristoforo Ginatta per il Palazzo Nafta, un tempo sede della Shell italiana, Giuseppe Tallero per il Palazzo Angiolini. Lo stesso Piacentini progetta il Palazzo INPS ed insieme a Aldo Camposampietro i palazzi Garbarino e Sciaccaluga; insieme agli artisti Dazzi e Edoardo De Albertis è l'autore dell'Arco della Vittoria (Monumento ai Caduti, 1924-31). Nei palazzi che circondano la piazza hanno sede i consolati del Perù e del Regno Unito e la sede locale dell'Ente Nazionale Idrocarburi. Palazzo Nafta Palazzo INPS Palazzi Jacazio Palazzi Garbarino e Sciaccaluga Palazzo Angiolini Palazzo Cassa di Risparmio Arco della Vittoria (Monumento ai Caduti) Wikiquote contiene citazioni di o su piazza della Vittoria Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza della Vittoria http://www.polis.unige.it/rco/rapu/pagine/schede/scheda%2029.htm, dal sito del dipartimento Polis dell'Università degli Studi di Genova

Chiesa di San Vincenzo (Genova)
Chiesa di San Vincenzo (Genova)

La chiesa di San Vincenzo è una delle più antiche chiese cristiane di Genova. Situata nel quartiere omonimo (San Vincenzo), venne intitolata a san Vincenzo di Saragozza che patì il martirio nel 304, sotto Diocleziano e Massimiano. La chiesa di San Vincenzo venne edificata nel 1059, nel territorio allora della Domoculta di Santo Stefano. Il suo territorio parrocchiale comprendeva, prima del 1835 204 case, abitate in prevalenza da ceti artigiani. All'inizio del XVIII secolo la piccola chiesa romanica fu ricostruita, essendo l'edificio medioevale ormai troppo piccolo per il quartiere, incluso nelle Mura Nuove. In questo periodo infatti - a quanto si sa - per ascoltare la messa i fedeli erano costretti a sostare sul sagrato, all'aperto, mancando spazio all'interno. Ma neppure con il rifacimento dell'edificio le dimensioni erano sufficienti rispetto al numero di abitanti del quartiere, per cui parte dei suoi parrocchiani passarono alla allora costituenda parrocchia del borgo Incrociati. Soprattutto per questo motivo all'inizio dell'Ottocento il cardinale arcivescovo Giuseppe Maria Spina, che fu anche segretario di Stato di papa Pio VI, trasferì il titolo parrocchiale alla vicina chiesa di N.S. Della Consolazione, la chiesa degli Agostiniani trasferiti da Artoria, di dimensioni grandiose sia pure non del tutto ultimata costruzione. Questa nuova chiesa assunse nel corso del secolo il titolo e l'eredità della vecchia chiesa di San Vincenzo. Costituita da un edificio a navata unica, la chiesa alla fine dalla sua esistenza aveva solo cinque altari, benché in passato dovessero essere di più. Dovevano essere sicuramente di troppo se nel 1582, all'epoca delle visite inviate nel clima della Controriforma, volte a funzionalizzare e ad uniformare il culto ai dettami stabiliti dalla Chiesa, quando venne a Genova come visitatore apostolico monsignor Francesco Bossi (vescovo di Novara), che ordinò di demolire tutti gli altari escluso quello principale e i due intitolati a san Nicolò ed ai santi Pietro e Paolo. Le opere d'arte esposte nella chiesa erano di vari autori, tra i quali spiccavano Pasquale Bocciardo, Agostino Ratti, Giovan Battista Santacroce, Francesco Schiaffino e Lazzaro Tavarone. Il Ratti, oltre ad essere tra gli artisti che avevano ornato la chiesa, nel 1775 vi veniva sepolto. Tra gli altri sepolcri vi era quello di Bartoloni Maroni di Reggio, l'arcivescovo che aveva consacrato la chiesa nel 1233. Furono qui battezzati Francesco Giscardi, memorialista che apparteneva alla congregazione dell'oratorio di San Filippo, la beata Virginia Centurione Bracelli, fondatrice del vicino istituto delle Brignoline, e il doge Lorenzo De Mari, in carica dal 1744 al 1746. Durante l'epidemia di peste del 1656-1657, assistendo i malati, vi morirono contagiati il reverendo Strato e il curato Bartolomeo Binasco. Nel 1751 rettore della chiesa era il reverendo Giulio Ravenna che, dopo essere stato consultore del Sant'Ufficio e rettore dell'Università divenne vescovo di Aleria in Corsica. Tra le reliquie vi era conservato un dito e la testa di san Vincenzo. Quest'ultima era stata posseduta dal cardinale Adriano Fieschi; nel 1858 era passata ai padri crociferi di san Camillo che, nel 1873, l'avevano donata alla chiesa vincenziana. La chiesa, perduto il titolo parrocchiale, venne infine ceduta al demanio che vi insediò guarnigioni militari. Fu allora profondamente modificata dall'architetto Giovanni Battista Resasco, succeduto nel ruolo di architetto civico a Carlo Barabino, dei cui progetti fu prosecutore. Resasco rimodellò l'edificio in termini tardo-neoclassici. Lasciò le murature dei prospetti laterali (tanto che nel vicoletto accanto alla ex chiesa, poi palazzina degli Ufficiali, si nota una inconsueta scansione della linea di tetto, dovuta al fronte delle precedenti cappelle con tetto a pendenza); la più modificata fu la facciata, ed in essa venne impostato un basamento in bugnato nella parte inferiore ed un ordine colonnato gigante di incorniciatura per i piani superiori, chiusi alla linea di colmo con un cornicione orizzontale. L'interno venne soppalcato per ricavare gli ambienti consoni alla nuova funzione. Nella vecchia chiesa trasformata in palazzina di rappresentanza, ebbe la prima sede il Genio civile e, successivamente, il Tribunale militare. L'ultima destinazione, ancora attuale, è quella di sede del Circolo ufficiali del presidio.