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Chiesa di San Biagio (Caltana)

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San Biagio, facciata (Caltana, Santa Maria di Sala)
San Biagio, facciata (Caltana, Santa Maria di Sala)

La chiesa di San Biagio è la parrocchiale di Caltana, frazione di Santa Maria di Sala, in città metropolitana di Venezia e diocesi di Padova; fa parte del vicariato di Dolo.

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Chiesa di San Biagio (Caltana)
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Chiesa di Caltana

Via Caltana
30036
Veneto, Italia
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San Biagio, facciata (Caltana, Santa Maria di Sala)
San Biagio, facciata (Caltana, Santa Maria di Sala)
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Luoghi vicini

Pianiga
Pianiga

Pianiga (Pianiga in veneto) è un comune italiano di 12 142 abitanti della città metropolitana di Venezia in Veneto. Il territorio di Pianiga è inserito nel graticolato romano. Oltre al capoluogo (3 000 abitanti), comprende le frazioni di Cazzago (4 300 ab.), Mellaredo (2 627 ab.) e Rivale (1 185 ab.). Pur essendo probabile la frequentazione del territorio in epoca preistorica, i primi insediamenti stabili nell'odierna Pianiga dovrebbero collocarsi al tempo dei Romani, che assoggettarono il territorio tra il III e il II secolo a.C. Sono ancora evidentissimi i segni della centuriazione (il cosiddetto graticolato romano) e lo stesso toponimo dovrebbe derivare da quello di un proprietario terriero, tale Pellius o Oppilius Pianiga comincia a comparire nei documenti a partire dall'alto medioevo, quando divenne possedimento di enti ecclesiastici. Nella zona si estendevano fondi dell'abbazia di Sant'Ilario di Gambarare, del monastero di San Cipriano di Murano e dei monasteri padovani di Santo Stefano, della Misericordia e di Santa Maria Mater Domini. Ebbe numerosi terreni anche la chiesa di San Martino, attuale parrocchiale, di cui si hanno notizie a partire dalla metà del XII secolo. Dal punto di vista politico, Pianiga faceva parte del comune di Padova. Ne seguì le sorti quando, nel 1405, passò nell'orbita della Repubblica di Venezia che la inquadrò nel vicariato di Mirano, a sua volta parte del territorio Padovano. A partire dal Cinquecento si ebbe un'evoluzione dell'economia, con il miglioramento delle tecniche di coltivazione, l'introduzione di nuove produzioni (come la tessitura della lana e la bachicoltura) e la realizzazione di opere di bonifica. Questi eventi destarono l'interesse degli aristocratici veneziani e padovani, che sostituirono gradualmente gli enti ecclesiastici nella proprietà terriera. Con la caduta della Repubblica di Venezia, fu coinvolta nei turbolenti eventi che videro l'avvicendarsi dei domini francese e austriaco. Nel 1806, in epoca napoleonica, furono istituiti gli odierni comuni, ma i confini di Pianiga variarono molto negli anni e furono definitivamente sistemati solo dagli Austriaci (quando venne staccata Ballò e aggiunta Mellaredo). Nel 1853 passò dalla provincia di Padova a quella di provincia di Venezia. L'8 luglio 2015 una violenta tromba d'aria, di grado EF4 della Scala Fujita, si è abbattuta su Mira. Il fenomeno, durato quasi 10 minuti, ha coinvolto altresì i comuni di Dolo e Pianiga. Il tornado ha percorso 11.5 km e ha avuto una larghezza variabile dai 500 m al chilometro. Vi sono stati gravi danni materiali a case, automobili e infrastrutture nonché una vittima, 72 feriti e alcune centinaia di sfollati. Lo stemma e il gonfalone del comune di Pianiga sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 giugno 1962. Il gonfalone è un drappo troncato di bianco e di azzurro. Villa Querini Calzavara Pinton, edificio del 1700 acquistato e restaurato dal comune ed inaugurato l'11 giugno 2017. È la sede della biblioteca comunale. Villa Albarea con barchesse e parco, nell'omonima località; l'impianto risale al XVIII secolo. Villa Viterbi, complesso del XVI secolo, posto sul lato opposto alla chiesa di Mellaredo, lungo la strada statale. Il comune aggrega i territori di competenza di quattro storiche parrocchie della diocesi di Padova: Cazzago, Mellaredo, Pianiga, Rivale. I monumenti principali di queste comunità sono le chiese. La chiesa di Pianiga, dedicata a San Martino di Tours, è uno degli edifici religiosi più antichi di questa zona della città metropolitana di Venezia, risalente al XIII secolo, esempio di architettura romanica con ravvisabili influssi gotici. Anche la parrocchia di Cazzago è consacrata a San Martino. L'edificio è stato ristrutturato nel 2007 a cura degli architetti Cattaruzza e Millosevich. Presso la parrocchia è conservato il quadro Madonna con Bambino tra gli ulivi del pittore Luigi Martignon. A Mellaredo sorge la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Essa fu riedificata dalle monache del convento di Santa Maria Misericordia di Padova nel 1713. Dopo che Napoleone soppresse il monastero le proprietà (compresa la chiesa) diventò statale e per questo motivo il campanile fu costruito tra il 1869-1871) dal nuovo Regno d'Italia. L'attuale chiesa fu ristrutturata negli anni cinquanta del Novecento. La chiesa è dedicata a San Nicola. Abitanti censiti I cittadini stranieri residenti sono 888 al 1º gennaio 2021, ammontando al 7,2% della popolazione totale. Giebelstadt Il Team Durango è stata una squadra italiana con sede a Mellaredo. Ha partecipato ad alcune edizioni della 24 ore di Le Mans, Campionato mondiale sportprototipi, GP2 Series, GP2 Asia Series, Formula 3000, Formula Renault e Auto GP. Abati Riccardo - Pianiga. Storia, parroci e civiltà contadina in un paese veneto - Comune di Pianiga- 1991 Gruppo culturale di Pianiga -Pianiga : cercando fra le vecchie carte e le scarse memorie- introduzione di Pietro Galletto - Comune di Pianiga - 1988 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pianiga Sito ufficiale del Comune di Pianiga, su comune.pianiga.ve.it. la Storia del paese nel sito del Comune, su www2.comune.pianiga.ve.it. URL consultato l'8 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2012). Sito della parrocchia di Pianiga, ricco di storia e arte della Chiesa di S. Martino, su pianigachiesa.altervista.org. Sito ufficiale della parrocchia di Pianiga, su parrocchiapianiga.it.

Chiesa di San Martino Vescovo (Pianiga)
Chiesa di San Martino Vescovo (Pianiga)

La chiesa di San Martino Vescovo è la parrocchiale di Pianiga, in città metropolitana di Venezia e diocesi di Padova; fa parte del vicariato di Dolo. La prima citazione della chiesa di Pianiga risale al 1136. La chiesa venne citata per la seconda volta nel 1192 nel testamento della nobildonna Speronella Dalesmanini. Da un documento del 1297 si apprende che questa chiesa era soggetta, come altre chiese, tra cui anche quella di Caltana, alla pieve di Arino. L'attuale parrocchiale è frutto di un rifacimento della vecchia chiesa condotto tra il 1554 ed il 1555. Il battistero venne restaurato ed affrescato nel 1606. Nella seconda metà del XX secolo la chiesa venne restaurata. All'interno della chiesa è situato un polittico, opera del XVI secolo. Inserito all’interno di una cornice lignea, il suo autore è incerto: alcuni sostengono che sia Francesco Bissoni, altri che sia Giovanni Bellini. L’opera è formata da 11 dipinti ad olio ripartiti su tre ordini. La figura più in alto di tutte è quella del Padre Eterno, sovrastata dallo Spirito Santo, rappresentato come una colomba. Nel secondo ordine si trovano la Madonna col Bambino, san Giovannino e quattro santi, mentre nel terzo scomparto sono dipinti San Martino e il povero con quattro apostoli e dottori della chiesa, tra li quali anche san Girolamo. Le storie di San Martino Vescovo, che sono affrescate nel battistero, sono opera del pittore e incisore originario di Anversa ed operante nel Veneto Ludovico Toeput, detto il Pozzoserrato, artista influenzato dal Tintoretto. Il soffitto della chiesa è abbellito da affreschi raffiguranti le tre virtù teologali, dipinti nel XVIII secolo dal bellunese Gaspare Diziani, allievo di Sebastiano Ricci, che ne influenzerà lo stile. L'allegoria della Speranza è una donna con lo sguardo proteso verso il cielo e con le mani giunte in preghiera. L’angelo raffigurato vicino a lei regge un'ancora, ispirato dal passo di san Paolo nel quale si dice «In essa noi abbiamo come un'ancora della nostra vita». Pianiga Parrocchie della diocesi di Padova Diocesi di Padova Regione ecclesiastica Triveneto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Martino Parrocchia di S. MARTINO, su parrocchiemap.it. URL consultato il 19 marzo 2022.

Campocroce (Mirano)
Campocroce (Mirano)

Campocroce è una frazione del comune di Mirano nella città metropolitana di Venezia. L'omonima parrocchia, dedicata a Sant'Andrea, dipende dalla diocesi di Treviso, vicariato di Mirano. L'abitato si trova a circa 5 km verso sud ovest dal capoluogo, in direzione di Santa Maria di Sala. Principali corsi d'acqua sono il Lusore e il rio Caltressa. Secondo l'ipotesi più accreditata il toponimo sarebbe di origine romana, coniato quando fu realizzato un luogo di culto paleocristiano erigendo su un campo (conferma delle peculiarità agricole del graticolato) la Croce di Cristo. (Stangherlin, Venezia-Mestre, 1970). In effetti, molti altri toponimi della zona hanno origini latine, quali Veternigo (Veter vicus), Zianigo (Julii vicus), Campocesarano (località tra Campocroce e Zianigo, Campus Caesarianus). Nei documenti medievali in latino viene riportata la forma Campus Crucis. È da ritenere, quindi, che l'origine del nome Campocroce sia successiva alla colonizzazione del territorio a causa del tardivo affermarsi del cristianesimo in questi luoghi. La località, inserita nel graticolato romano, appartenne al territorio di Padova sin dall'epoca romana. Il Bonamico (Padova, 1874) afferma che la prima citazione del toponimo compare nel XIII secolo. Si tratta di una "ordinanza pubblicata nel 1265 dal podestà Gerardino Longo, nella quale tra le ville designate a concorrere alla costruzione dei ponti sparsi sul territorio padovano per quello sul torrente Tergola vennero a contribuire i villaggi di Ballò, Campocesarano, Cavorlegia, Canaceo, Campocroce, Fratte, Mirano, Scaltenigo, Vetrego e Zianigo". Un altro documento, datato 6 dicembre 1292, conferma l'esistenza di Campocroce come rettoria dipendente da Zianigo assieme a Veternigo e Salzano. Si tratta della notifica della scomunica lanciata dal Patriarca di Aquileia Raimondo della Torre alla città e alla diocesi di Treviso (Verci, Venezia, 1786-1791). Nel 1919 il conte Marco Soranzo donò al Santo Luigi Orione la villa veneta e la sua intera proprietà terriera per raccogliere gli orfani della prima guerra mondiale. Nel 1930 diventò un seminario. Codex Tarvisinus f. 49 presso A.S. VE Francesco Scipione Fapanni, La Congregazione di Mirano, M.S. 1850, n. 1377 presso la Biblioteca comunale di Treviso Antonio Scotti, Raccolta di Documenti, M.S. 1741, Tomo II presso la Biblioteca Comunale di Treviso catalogo n. 975. Luigi Zangrando, Note storiche del 1915 ms. A.V. TV busta Campocroce n. 21a. Luigi Zangrando, Memoria storica di Campocroce Padovana in occasione della Vis. Past. compiuta da Mons. A. G. Longhin il 7 dic. 1926 ms. A.V.TV.b. Campocroce di Mirano n. 21 Carlo Agnoletti, Memorie Storiche delle Chiese e Parrocchie della Diocesi di Treviso, Treviso, Premiato stabilimento tipografico Istituto Turazza, 1897. Carlo Agnoletti, Treviso e le sue Pievi, Treviso 1896-1898 (rist. anastatica, Bologna, Sala Bolognese Forni, 1978. ASCI, (a cura di), Mirano e il suo passato, Scorzé, 1968 Pierluigi Bembo, Delle istituzioni di beneficenza nella città e provincia di Venezia, studii storici-economici-statistici, Venezia, Naratovich, 1859. Emilio Bonamico, Mirano, monografia, Padova, 1874. Cesare Cantù, (a cura di) Grande Illustrazione del Lombardo-Veneto, ossia storia delle città, dei borghi, comune, castelli, ecc. fino ai temi moderni, Milano, Corona e Caimi ed., 1858, vol. II Filippo Fanzago, Fotografia di Padova, Padova, 1856. Luigi Gallo, Mestre - Marghera - Abb. S.Ilario, Venezia, 1964. Giovanni Muneratti, Ricerca sulla costruzione della Torre Campanaria nel I Centenario dalla gettata delle fondamenta, in “La voce della Comunità Parrocchiale di Campocroce”, Bollettino della Parrocchia di Campocroce, c.i.p. luglio 1976. Dante Olivieri, Saggio di una illustrazione generale della toponomastica veneta, Città di Castello, 1915. Dante Olivieri, Toponomastica Veneta, Firenze, 1962. Luigi Pesce, Ludovico Barbo Vescovo di Treviso (1437—1443), Padova, 1969. Luigi Pesce, La Visita Pastorale di Sebastiano Soldati nella Diocesi di Treviso (1832-1838), Roma, 1975. Jacobus Salomonius, Agris Patavinis Inscriptiones, Padova, 1696. Gaetano Sorgato, Memorie Funebri, Padova, 1856. Antonio Stangherlin, Ville Venete nel Comune di Mirano, Venezia Mestre, 1970. B. Toderini, Mirano, memoria storica, Venezia, 1845. Giovanni Battista Verci, Storia degli Ecelini e Codice Diplomatico Eceliniano, Bassano, St. Remondini, 1779. Giovanni Battista Verci, Storia degli Ecelini, Venezia, st. Fontana, 1841. Giovanni Battista Verci, Storia della Marca Trivigiana e Veronese, Venezia, Storti, 1786-1791, ristampa anastatica, Bologna, Sala Bolognese Forni, 1980.

Villa Farsetti
Villa Farsetti

Villa Farsetti è una villa veneta realizzata nel contesto agricolo del Comune di Santa Maria di Sala, nella Città metropolitana di Venezia, dall'architetto senese Paolo Posi. L'opera, costruita nel trentennio compreso tra il 1744 e il 1774, venne commissionata da Filippo Farsetti. L'origine di questa villa risale ad ancor prima del Duecento quando, come risulta da vecchi e autentici documenti, apparteneva ai Sala, una famiglia patrizia padovana. Verso la metà del Settecento, il vecchio palazzo venne demolito e l'abate Filippo Farsetti vi realizzò la sua villa, costruendo giardini, labirinti, cedraie, serre, boschetti e l'orto botanico. L'attuale villa si estende per una lunghezza di 93 metri. La forma del vecchio palazzo, costituito da due ali a L che delimitavano una corte, ha influenzato la planimetria della successiva villa che presenta uno schema analogo. La modifica sostanziale rispetto all'impianto precedente riguarda invece l'orientamento del prospetto principale: non più rivolto verso la strada della chiesa, sulla quale mantiene un accesso secondario, bensì verso la strada Cavin di Sala, dalla quale è separata da un grande giardino. Varcato l'ingresso principale si accede alla grande area del prato antistante la villa, oltre la quale, nel retro, trova posto la corte contornata dalla lunga foresteria, dalla scuderia, da serre e limonaie. L'apparato decorativo della facciata principale dell'edificio è essenziale ed elegante: lesene e timpani sia triangolari che circolari inquadrano le finestre, mentre l'orizzontalità del prospetto è sottolineata da semplici cornici marcapiano, dal coronamento dentellato e dalla balaustra del terrazzo sommitale, presente lungo tutto l'edificio. Il preziosismo della villa raggiunge il massimo livello al piano terra grazie all'uso delle antichissime colonne. La facciata posteriore si discosta totalmente da quella principale per la mancanza di elementi decorativi, nonché delle convessità e concavità di cui è ricca quella anteriore.

Arino (Dolo)
Arino (Dolo)

Arino è una frazione del comune italiano di Dolo, nella città metropolitana di Venezia. Occupa l'angolo nordoccidentale del territorio comunale, avendo come fulcro l'incrocio tra le vie Cazzaghetto e Arino. A nord e a ovest confina con Pianiga, mentre a est sorge Cazzago; a sudovest si trova Fiesso d'Artico e a sudest il capoluogo comunale. I corsi d'acqua degni di nota, che si muovono pressoché paralleli in direzione ovest-est, sono, a partire da nord, lo scolo Cavinello, lo scolo Pionca, lo scolo Tergolino e il rio Serraglio. La località ha origini molto antiche: secondo Dante Olivieri, il toponimo sarebbe un prediale derivato dal personale latino Litrius (o da un suo diminutivo), mentre l'intitolazione a san Michele arcangelo farebbe affondare le origini della parrocchiale al tempo dei Longobardi. Tuttavia, la prima citazione di Arino risale al 1073 (villa Adrine). Nel 1077 è ricordata la plebes de Arino che veniva posta, con i suoi chierici e i suoi beni, sotto la diretta protezione dell'imperatore, segno che il villaggio godeva di una certa importanza dal punto di vista ecclesiastico. In epoca medievale fu possedimento dei Padovani che vi fecero costruire delle fortificazioni durante i conflitti contro la Repubblica di Venezia. Di queste opere restano i toponimi via Torre e rio Serraglio (da un termine che indicava un fossato difensivo). Come già accennato, il patrono fa pensare a un'origine longobarda della chiesa, anche se la prima citazione della plebes de Arino risale al 1077. Nonostante il titolo di pieve matrice, nel 1294 il vescovo di Padova Bernardo dovette unirla alla chiesa di San Martino di Cazzago a causa della sua povertà. In una decima papale del 1297 compare l'elenco delle sue dipendenze, ovvero le cappelle di Peraga, Pianiga, Rivale e Caltana. Fu più volte rimaneggiata: abbiamo notizia di un restauro nel 1512, con consacrazione nel 1572 da parte del vescovo Niccolò Ormanetto; un nuovo intervento si ebbe nel 1613. Altri lavori si svolsero nella prima metà del Novecento (con una nuova consacrazione nel 1944) e nel 1966-1968. Delle opere qui custodite, si cita il ciborio dell'altare maggiore, opera barocca in marmo realizzata nel Settecento da artigiani veneti; alcune foto d'epoca dimostrano che era un tempo completata da una statua del Redentore, oggi scomparsa. Nel presbiterio si conserva una tela di Giuseppe Tirabosco, risalente alla prima metà del Settecento: raffigura San Michele che sconfigge Satana e presenta sull'angolo destro lo stemma del vescovo di Adria Arnaldo Speroni degli Alvarotti (1766-1800), che donò la pala all'arciprete Antonio Gazzotti. Localizzata nel cuore della frazione, è un complesso signorile di piccole dimensioni e dalle linee modeste. Costruita verso la metà del XVIII secolo, fu dei Dondi dall'Orologio. Durante le due guerre mondiali, ospitò comandi italiani, inglesi, francesi e tedeschi, subendo ingenti danni. Negli anni 1960 l'allora proprietario Oscar Parolini ne curò il restauro, mentre oggi è dei Baroncelli. A pianta rettangolare e sviluppata su due soli livelli, la casa padronale si orienta parallelamente a via Cazzaghetto che scorre più a sud, rivolgendole il fronte principale. La facciata, su cui si aprono solo aperture rettangolari, è divisa in tre partiti con sette assi di simmetria; la fascia centrale è sottolineata da una sopraelevazione con timpano rettangolare, al centro del quale si apre un rosone in pietra. Adiacente al lato occidentale si allunga la barchessa caratterizzata da tre arcate a tutto sesto; oggi costituisce una proprietà a sé stante ed è divisa dalla casa padronale da un muro in cemento. Verso est si estende un parco con pregevoli specie arboree.