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Stazione di Vigonza-Pianiga

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Vigonza e pianiga
Vigonza e pianiga

La stazione di Vigonza-Pianiga è una fermata ferroviaria della linea Milano-Venezia ed è ubicata in località Barbariga di Vigonza.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Stazione di Vigonza-Pianiga (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Stazione di Vigonza-Pianiga
Via Carpane,

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Coordinate geografiche (GPS)

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N 45.4434 ° E 12.0214 °
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Vigonza-Pianiga

Via Carpane
30032
Veneto, Italia
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Vigonza e pianiga
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Luoghi vicini

Pianiga
Pianiga

Pianiga (Pianiga in veneto) è un comune italiano di 12 142 abitanti della città metropolitana di Venezia in Veneto. Il territorio di Pianiga è inserito nel graticolato romano. Oltre al capoluogo (3 000 abitanti), comprende le frazioni di Cazzago (4 300 ab.), Mellaredo (2 627 ab.) e Rivale (1 185 ab.). Pur essendo probabile la frequentazione del territorio in epoca preistorica, i primi insediamenti stabili nell'odierna Pianiga dovrebbero collocarsi al tempo dei Romani, che assoggettarono il territorio tra il III e il II secolo a.C. Sono ancora evidentissimi i segni della centuriazione (il cosiddetto graticolato romano) e lo stesso toponimo dovrebbe derivare da quello di un proprietario terriero, tale Pellius o Oppilius Pianiga comincia a comparire nei documenti a partire dall'alto medioevo, quando divenne possedimento di enti ecclesiastici. Nella zona si estendevano fondi dell'abbazia di Sant'Ilario di Gambarare, del monastero di San Cipriano di Murano e dei monasteri padovani di Santo Stefano, della Misericordia e di Santa Maria Mater Domini. Ebbe numerosi terreni anche la chiesa di San Martino, attuale parrocchiale, di cui si hanno notizie a partire dalla metà del XII secolo. Dal punto di vista politico, Pianiga faceva parte del comune di Padova. Ne seguì le sorti quando, nel 1405, passò nell'orbita della Repubblica di Venezia che la inquadrò nel vicariato di Mirano, a sua volta parte del territorio Padovano. A partire dal Cinquecento si ebbe un'evoluzione dell'economia, con il miglioramento delle tecniche di coltivazione, l'introduzione di nuove produzioni (come la tessitura della lana e la bachicoltura) e la realizzazione di opere di bonifica. Questi eventi destarono l'interesse degli aristocratici veneziani e padovani, che sostituirono gradualmente gli enti ecclesiastici nella proprietà terriera. Con la caduta della Repubblica di Venezia, fu coinvolta nei turbolenti eventi che videro l'avvicendarsi dei domini francese e austriaco. Nel 1806, in epoca napoleonica, furono istituiti gli odierni comuni, ma i confini di Pianiga variarono molto negli anni e furono definitivamente sistemati solo dagli Austriaci (quando venne staccata Ballò e aggiunta Mellaredo). Nel 1853 passò dalla provincia di Padova a quella di provincia di Venezia. L'8 luglio 2015 una violenta tromba d'aria, di grado EF4 della Scala Fujita, si è abbattuta su Mira. Il fenomeno, durato quasi 10 minuti, ha coinvolto altresì i comuni di Dolo e Pianiga. Il tornado ha percorso 11.5 km e ha avuto una larghezza variabile dai 500 m al chilometro. Vi sono stati gravi danni materiali a case, automobili e infrastrutture nonché una vittima, 72 feriti e alcune centinaia di sfollati. Lo stemma e il gonfalone del comune di Pianiga sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 giugno 1962. Il gonfalone è un drappo troncato di bianco e di azzurro. Villa Querini Calzavara Pinton, edificio del 1700 acquistato e restaurato dal comune ed inaugurato l'11 giugno 2017. È la sede della biblioteca comunale. Villa Albarea con barchesse e parco, nell'omonima località; l'impianto risale al XVIII secolo. Villa Viterbi, complesso del XVI secolo, posto sul lato opposto alla chiesa di Mellaredo, lungo la strada statale. Il comune aggrega i territori di competenza di quattro storiche parrocchie della diocesi di Padova: Cazzago, Mellaredo, Pianiga, Rivale. I monumenti principali di queste comunità sono le chiese. La chiesa di Pianiga, dedicata a San Martino di Tours, è uno degli edifici religiosi più antichi di questa zona della città metropolitana di Venezia, risalente al XIII secolo, esempio di architettura romanica con ravvisabili influssi gotici. Anche la parrocchia di Cazzago è consacrata a San Martino. L'edificio è stato ristrutturato nel 2007 a cura degli architetti Cattaruzza e Millosevich. Presso la parrocchia è conservato il quadro Madonna con Bambino tra gli ulivi del pittore Luigi Martignon. A Mellaredo sorge la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. Essa fu riedificata dalle monache del convento di Santa Maria Misericordia di Padova nel 1713. Dopo che Napoleone soppresse il monastero le proprietà (compresa la chiesa) diventò statale e per questo motivo il campanile fu costruito tra il 1869-1871) dal nuovo Regno d'Italia. L'attuale chiesa fu ristrutturata negli anni cinquanta del Novecento. La chiesa è dedicata a San Nicola. Abitanti censiti I cittadini stranieri residenti sono 888 al 1º gennaio 2021, ammontando al 7,2% della popolazione totale. Giebelstadt Il Team Durango è stata una squadra italiana con sede a Mellaredo. Ha partecipato ad alcune edizioni della 24 ore di Le Mans, Campionato mondiale sportprototipi, GP2 Series, GP2 Asia Series, Formula 3000, Formula Renault e Auto GP. Abati Riccardo - Pianiga. Storia, parroci e civiltà contadina in un paese veneto - Comune di Pianiga- 1991 Gruppo culturale di Pianiga -Pianiga : cercando fra le vecchie carte e le scarse memorie- introduzione di Pietro Galletto - Comune di Pianiga - 1988 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Pianiga Sito ufficiale del Comune di Pianiga, su comune.pianiga.ve.it. la Storia del paese nel sito del Comune, su www2.comune.pianiga.ve.it. URL consultato l'8 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2012). Sito della parrocchia di Pianiga, ricco di storia e arte della Chiesa di S. Martino, su pianigachiesa.altervista.org. Sito ufficiale della parrocchia di Pianiga, su parrocchiapianiga.it.

Chiesa di San Martino Vescovo (Pianiga)
Chiesa di San Martino Vescovo (Pianiga)

La chiesa di San Martino Vescovo è la parrocchiale di Pianiga, in città metropolitana di Venezia e diocesi di Padova; fa parte del vicariato di Dolo. La prima citazione della chiesa di Pianiga risale al 1136. La chiesa venne citata per la seconda volta nel 1192 nel testamento della nobildonna Speronella Dalesmanini. Da un documento del 1297 si apprende che questa chiesa era soggetta, come altre chiese, tra cui anche quella di Caltana, alla pieve di Arino. L'attuale parrocchiale è frutto di un rifacimento della vecchia chiesa condotto tra il 1554 ed il 1555. Il battistero venne restaurato ed affrescato nel 1606. Nella seconda metà del XX secolo la chiesa venne restaurata. All'interno della chiesa è situato un polittico, opera del XVI secolo. Inserito all’interno di una cornice lignea, il suo autore è incerto: alcuni sostengono che sia Francesco Bissoni, altri che sia Giovanni Bellini. L’opera è formata da 11 dipinti ad olio ripartiti su tre ordini. La figura più in alto di tutte è quella del Padre Eterno, sovrastata dallo Spirito Santo, rappresentato come una colomba. Nel secondo ordine si trovano la Madonna col Bambino, san Giovannino e quattro santi, mentre nel terzo scomparto sono dipinti San Martino e il povero con quattro apostoli e dottori della chiesa, tra li quali anche san Girolamo. Le storie di San Martino Vescovo, che sono affrescate nel battistero, sono opera del pittore e incisore originario di Anversa ed operante nel Veneto Ludovico Toeput, detto il Pozzoserrato, artista influenzato dal Tintoretto. Il soffitto della chiesa è abbellito da affreschi raffiguranti le tre virtù teologali, dipinti nel XVIII secolo dal bellunese Gaspare Diziani, allievo di Sebastiano Ricci, che ne influenzerà lo stile. L'allegoria della Speranza è una donna con lo sguardo proteso verso il cielo e con le mani giunte in preghiera. L’angelo raffigurato vicino a lei regge un'ancora, ispirato dal passo di san Paolo nel quale si dice «In essa noi abbiamo come un'ancora della nostra vita». Pianiga Parrocchie della diocesi di Padova Diocesi di Padova Regione ecclesiastica Triveneto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Martino Parrocchia di S. MARTINO, su parrocchiemap.it. URL consultato il 19 marzo 2022.

Chiesa della Santissima Trinità (Fiesso d'Artico)
Chiesa della Santissima Trinità (Fiesso d'Artico)

La chiesa della Santissima Trinità è la parrocchiale di Fiesso d'Artico, in città metropolitana di Venezia e diocesi di Padova; fa parte del vicariato di Dolo. La prima citazione di una chiesa a Fiesso d'Artico risale al 1297 e si sa che questo edificio, pur essendo formalmente filiale della pieve di Sambruson, era sottoposto al priorato di Vigonza. Nel 1454 la chiesa di Fiesso fu riedificata e nel 1480, poiché il suddetto priorato aveva perduto l'autonomia, divenne proprietà del monastero padovano di Santa Sofia. L'attuale parrocchiale venne edificata tra il 1690 ed il 1727 e fu consacrata nel 1837. Il campanile venne costruito nel 1760. Anticamente alla chiesa di Fiesso erano concessi i titoli di pieve matrice e di arcipretale. Opere di pregio custodite all'interno della chiesa di Fiesso sono una pala d'altare del 1580 di scuola veneziana ispirata ad un'incisione di Albrecht Dürer e raffigurante la colomba, simboleggiante lo Spirito Santo, il Padre Eterno e Gesù Cristo, una tela seicentesca con soggetto San Carlo Borromeo in adorazione della Croce e una pala raffigurante i Santi Antonio di Padova e Osvaldo, dipinta da Giovanni Faccioli negli anni 1760-1774. Fiesso d'Artico Diocesi di Padova Regione ecclesiastica Triveneto Parrocchie della diocesi di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Chiesa della Santissima Trinità Parrocchia della SS. TRINITA', su parrocchiemap.it. URL consultato il 19 marzo 2022.

Arino (Dolo)
Arino (Dolo)

Arino è una frazione del comune italiano di Dolo, nella città metropolitana di Venezia. Occupa l'angolo nordoccidentale del territorio comunale, avendo come fulcro l'incrocio tra le vie Cazzaghetto e Arino. A nord e a ovest confina con Pianiga, mentre a est sorge Cazzago; a sudovest si trova Fiesso d'Artico e a sudest il capoluogo comunale. I corsi d'acqua degni di nota, che si muovono pressoché paralleli in direzione ovest-est, sono, a partire da nord, lo scolo Cavinello, lo scolo Pionca, lo scolo Tergolino e il rio Serraglio. La località ha origini molto antiche: secondo Dante Olivieri, il toponimo sarebbe un prediale derivato dal personale latino Litrius (o da un suo diminutivo), mentre l'intitolazione a san Michele arcangelo farebbe affondare le origini della parrocchiale al tempo dei Longobardi. Tuttavia, la prima citazione di Arino risale al 1073 (villa Adrine). Nel 1077 è ricordata la plebes de Arino che veniva posta, con i suoi chierici e i suoi beni, sotto la diretta protezione dell'imperatore, segno che il villaggio godeva di una certa importanza dal punto di vista ecclesiastico. In epoca medievale fu possedimento dei Padovani che vi fecero costruire delle fortificazioni durante i conflitti contro la Repubblica di Venezia. Di queste opere restano i toponimi via Torre e rio Serraglio (da un termine che indicava un fossato difensivo). Come già accennato, il patrono fa pensare a un'origine longobarda della chiesa, anche se la prima citazione della plebes de Arino risale al 1077. Nonostante il titolo di pieve matrice, nel 1294 il vescovo di Padova Bernardo dovette unirla alla chiesa di San Martino di Cazzago a causa della sua povertà. In una decima papale del 1297 compare l'elenco delle sue dipendenze, ovvero le cappelle di Peraga, Pianiga, Rivale e Caltana. Fu più volte rimaneggiata: abbiamo notizia di un restauro nel 1512, con consacrazione nel 1572 da parte del vescovo Niccolò Ormanetto; un nuovo intervento si ebbe nel 1613. Altri lavori si svolsero nella prima metà del Novecento (con una nuova consacrazione nel 1944) e nel 1966-1968. Delle opere qui custodite, si cita il ciborio dell'altare maggiore, opera barocca in marmo realizzata nel Settecento da artigiani veneti; alcune foto d'epoca dimostrano che era un tempo completata da una statua del Redentore, oggi scomparsa. Nel presbiterio si conserva una tela di Giuseppe Tirabosco, risalente alla prima metà del Settecento: raffigura San Michele che sconfigge Satana e presenta sull'angolo destro lo stemma del vescovo di Adria Arnaldo Speroni degli Alvarotti (1766-1800), che donò la pala all'arciprete Antonio Gazzotti. Localizzata nel cuore della frazione, è un complesso signorile di piccole dimensioni e dalle linee modeste. Costruita verso la metà del XVIII secolo, fu dei Dondi dall'Orologio. Durante le due guerre mondiali, ospitò comandi italiani, inglesi, francesi e tedeschi, subendo ingenti danni. Negli anni 1960 l'allora proprietario Oscar Parolini ne curò il restauro, mentre oggi è dei Baroncelli. A pianta rettangolare e sviluppata su due soli livelli, la casa padronale si orienta parallelamente a via Cazzaghetto che scorre più a sud, rivolgendole il fronte principale. La facciata, su cui si aprono solo aperture rettangolari, è divisa in tre partiti con sette assi di simmetria; la fascia centrale è sottolineata da una sopraelevazione con timpano rettangolare, al centro del quale si apre un rosone in pietra. Adiacente al lato occidentale si allunga la barchessa caratterizzata da tre arcate a tutto sesto; oggi costituisce una proprietà a sé stante ed è divisa dalla casa padronale da un muro in cemento. Verso est si estende un parco con pregevoli specie arboree.

Villa Pisani (San Pietro di Stra)
Villa Pisani (San Pietro di Stra)

Villa Pisani detta "La Barbariga" è una villa veneta situata a San Pietro di Stra, in località Barbariga. È uno dei più pregevoli palazzi della Riviera del Brenta, delimitato a nord dalla riva destra del Naviglio e a sud dalla strada comunale via Barbariga. Nel 1581 il patrizio veneziano Marco Pisani, del ramo detto "dal Banco", dichiarava di possedere a Fiessetto (come era un tempo nota la zona) un possedimento composto da otto campi con casa padronale, orto e brolo annessi. Dalla stessa fonte si viene anche a sapere che il Pisani aveva acquistato il complesso dagli eredi di Flaminio Mazza. I documenti degli anni successivi testimoniano la continua frequentazione della villa da parte dei discendenti. Il palazzo dell'epoca, tuttavia aveva forme molto più semplici, come testimoniato da un'incisione di Vincenzo Maria Coronelli del 1709: era un piccolo fabbricato caratterizzato dal tradizionale impianto tripartito, a un solo piano e ammezzato superiore, affacciato a nord su un giardino ad aiole. In base a questa raffigurazione, si è ipotizzato che l'edificio citato nel 1581 avesse subito una riedificazione all'inizio del Seicento. Superato un periodo di difficoltà economiche, grazie al matrimonio tra il proprietario Girolamo Pisani e Chiara Pisani, del ramo detto "Moretta", verso la metà del Settecento il complesso subì alcuni importanti ampliamenti. Un'incisione di Giovanni Francesco Costa mostra l'aggiunta di un grande fabbricato a destra della casa padronale e di terrazzi a coronamento delle due ali della stessa. Elena Bassi attribuisce questi interventi a Domenico Rossi, che era in quegli anni proto dei Pisani. Attorno al 1770 Pietro Vittore Pisani intraprese nuovi ingrandimenti e restauri. L'edificio venne allungato, verso est e verso ovest, con la costruzione di due lunghe ali laterali porticate, opere forse di Pietro Checchia. Il giardino fu pure arricchito, aggiungendovi statue attribuite ad Antonio Gai. La villa subì nuove sistemazioni sino ai primi dell'Ottocento, specialmente su volere di Chiara Pisani, moglie di Giovanni Barbarigo, e su progetto di Giannantonio Selva (quest'ultimo sarebbe, in particolare, l'autore dell'oratorio). Anche il parco fu modificato, secondo i canoni paesaggistici "all'inglese". Allo stesso periodo risalirebbe la torre dell'orologio, ubicata a sud dell'ingresso, oltre la strada. Alla fine dell'Ottocento la villa fu ereditata dai de Lazara Pisani Zusto, per poi passare, negli anni Sessanta, ai Dalle Molle, ai quali tuttora appartiene. In tempi recenti ha ospitato un centro di ricerche filosofiche e scientifiche. La casa padronale ha uno sviluppo decisamente orizzontale, a causa delle due ali aggiunte nella seconda metà del Settecento. Il nucleo centrale deriva dall'originaria villa secentesca e si sviluppa su due piani, organizzandosi secondo il tipico schema tripartito. La facciata principale, rivolta a sud, è perfettamente in linea con i canoni architettonici del tempo. Il portale a tutto sesto, anticipato da una breve scalinata con balaustrata, si trova lungo l'asse mediano ed è affiancato da semplici aperture rettangolari. Al piano superiore si colloca una trifora con balcone in pietra, sovrastata da una cornice modanata. Il tutto è concluso dalla tipica sopraelevazione con timpano, raccordata al tetto mediante volute. Le facciate delle due ali, adibite a funzioni di servizio e svago, sono invece più articolate e ricche. I fronti di entrambi sono scanditi da undici campate, con aperture delimitate da colonne affiancate da pilastri su cui si imposta una trabeazione continua. Tra un'apertura e l'altra si collocano vani chiusi da balaustre, ornati da cornici e timpani. Sopra la trabeazione si sviluppa un attico con finestre (alternativamente ellissoidali e rettangolari; queste ultime sono in parte coperte dai vertici dei timpani delle sottostanti finestre). La centralità delle facciate e resa da un timpano più ampio che compre tre campate. A ponente della casa padronale si collocano le scuderie. Sempre sul lato occidentale, ma affacciato alla strada, sorge l'oratorio privato; ha una struttura semplice: la facciata è coronata da un timpano e al centro si trova il portale, con frontespizio a semicerchio. Oltre il limite della proprietà, al di là della strada, si trova una torre con orologio a pianta quadrata. Esso si sviluppa su tre livelli: il piano terra presenta un portico con colonne doriche, sopra le quali si imposta un terrazzo; al centro di questo si innalzano gli ultimi due piani, all'interno dei quali si trova la scala per l'accesso al meccanismo. Come già accennato, il grande parco è un tipico giardino all'inglese con piante ad alto fusto, laghetti e montagnole. Sul suo limite settentrionale si trova l'ottocentesca "casetta del bosco", in stile neogotico. Per quanto riguarda gli interni, la villa è ornata da affreschi e stucchi di varie epoche, tra i quali si segnala un ciclo di ornamenti a cineserie. Villa Pisani detta "La Barbariga" (PDF), su irvv.regione.veneto.it, IRVV, 2005. URL consultato il 4 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2018). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Pisani

Villa Pisani (Stra)
Villa Pisani (Stra)

Villa Pisani, detta anche la Nazionale, è uno dei più celebri esempi di villa veneta sulla Riviera del Brenta; sorge a Stra, in provincia di Venezia, e si affaccia sul Naviglio del Brenta. È oggi sede di un museo nazionale, che conserva opere d'arte e arredi del Settecento e dell'Ottocento. La villa comprende 168 stanze e copre una superficie di 15.000 metri quadrati. Sin dal Cinquecento le famiglie più nobili di Venezia scelsero le rive del fiume Brenta per insediarvi le loro ville. All'inizio, quest'ultime erano legate all'attività agricola e poi, invece, ridisegnate per assecondare la dilagante “smania della villeggiatura” descritta anche da Carlo Goldoni nelle sue commedie. Le sponde del fiume, una volta contenuto il problema delle piene che poteva recare danni disastrosi, offrivano ai veneziani una campagna facilmente raggiungibile e coltivabile, ed anche una via d'acqua per i commerci con Padova. Questo binomio determinò nel tempo il formarsi di uno dei paesaggi storici veneti più caratterizzati da importanti ville con giardini, barchesse e broli. Tra Seicento e Settecento i proprietari di queste si sfidavano per dare enfasi e sfarzo alle ville, ormai viste come la scenografia per le molte feste che vi si tenevano nella bella stagione. L'importanza e la fama della Riviera crebbero sia in Italia che in Europa come possono dimostrarlo gli scritti di Padre Vincenzo Coronelli pubblicati nel 1709, di Johann Cristopher Volkamer del 1714 e poi, alla metà del secolo dei Lumi, di Giovanni Francesco Costa. I primi due testi trasportano a Stra la prima villa di proprietà della stessa famiglia Pisani detta di Santo Stefano.

Villa Foscarini Rossi
Villa Foscarini Rossi

Villa Foscarini, Negrelli, Rossi è una villa veneta situata a Stra in provincia di Venezia, lungo la Riviera del Brenta. È sede del museo Rossimoda della calzatura. Villa Foscarini Rossi viene costruita tra il 1617 ed il 1635 su un probabile progetto di Francesco Contini. Fu dimora, un secolo dopo, di Marco Foscarini, uno degli ultimi Dogi della Repubblica di Venezia; e successivamente delle famiglie Negrelli e Rossi, da cui prende il nome. Il 24 giugno 1995, in occasione dell'anniversario dei cinquant'anni dell'azienda Rossimoda S.p.a., la struttura è diventata, su iniziativa di Luigino Rossi ospite di tale struttura, il museo Rossimoda della calzatura. L'esposizione raccoglie alcuni prototipi di calzature prodotte dall'azienda Rossimoda S.p.a., e altri campioni regalati dai diversi brand, o collezionati da Luigino Rossi. Il percorso, strutturato sui diversi piani dell'edificio secentesco, guida il visitatore attraverso diverse sale del palazzo allestite in modo tale da mostrare un excursus della produzione calzaturiera delle diverse case di moda per le quali l'azienda ha realizzato i prodotti, tra cui Dior, Christian Lacroix, Pucci, Fendi, Yves Saint Laurent, Marc by Marc Jacobs e Kenzo. Touring Club Italiano, Guida Touring - Musei d'Italia 2000, 1999 Biblioteca dell'Immagine, Le Ville Venete, 2018 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Foscarini Rossi Sito ufficiale Villa Foscarini Rossi, su villafoscarini.it.