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Chiesa della Santissima Trinità (Fiesso d'Artico)

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Fiesso d artico 45.424401,12.0749
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La chiesa della Santissima Trinità è la parrocchiale di Fiesso d'Artico, in città metropolitana di Venezia e diocesi di Padova; fa parte del vicariato di Dolo. La prima citazione di una chiesa a Fiesso d'Artico risale al 1297 e si sa che questo edificio, pur essendo formalmente filiale della pieve di Sambruson, era sottoposto al priorato di Vigonza. Nel 1454 la chiesa di Fiesso fu riedificata e nel 1480, poiché il suddetto priorato aveva perduto l'autonomia, divenne proprietà del monastero padovano di Santa Sofia. L'attuale parrocchiale venne edificata tra il 1690 ed il 1727 e fu consacrata nel 1837. Il campanile venne costruito nel 1760. Anticamente alla chiesa di Fiesso erano concessi i titoli di pieve matrice e di arcipretale. Opere di pregio custodite all'interno della chiesa di Fiesso sono una pala d'altare del 1580 di scuola veneziana ispirata ad un'incisione di Albrecht Dürer e raffigurante la colomba, simboleggiante lo Spirito Santo, il Padre Eterno e Gesù Cristo, una tela seicentesca con soggetto San Carlo Borromeo in adorazione della Croce e una pala raffigurante i Santi Antonio di Padova e Osvaldo, dipinta da Giovanni Faccioli negli anni 1760-1774. Fiesso d'Artico Diocesi di Padova Regione ecclesiastica Triveneto Parrocchie della diocesi di Padova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Chiesa della Santissima Trinità Parrocchia della SS. TRINITA', su parrocchiemap.it. URL consultato il 19 marzo 2022.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa della Santissima Trinità (Fiesso d'Artico) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa della Santissima Trinità (Fiesso d'Artico)
Alte Drei, Königsbrück

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Luoghi vicini

Villa Pisani (San Pietro di Stra)
Villa Pisani (San Pietro di Stra)

Villa Pisani detta "La Barbariga" è una villa veneta situata a San Pietro di Stra, in località Barbariga. È uno dei più pregevoli palazzi della Riviera del Brenta, delimitato a nord dalla riva destra del Naviglio e a sud dalla strada comunale via Barbariga. Nel 1581 il patrizio veneziano Marco Pisani, del ramo detto "dal Banco", dichiarava di possedere a Fiessetto (come era un tempo nota la zona) un possedimento composto da otto campi con casa padronale, orto e brolo annessi. Dalla stessa fonte si viene anche a sapere che il Pisani aveva acquistato il complesso dagli eredi di Flaminio Mazza. I documenti degli anni successivi testimoniano la continua frequentazione della villa da parte dei discendenti. Il palazzo dell'epoca, tuttavia aveva forme molto più semplici, come testimoniato da un'incisione di Vincenzo Maria Coronelli del 1709: era un piccolo fabbricato caratterizzato dal tradizionale impianto tripartito, a un solo piano e ammezzato superiore, affacciato a nord su un giardino ad aiole. In base a questa raffigurazione, si è ipotizzato che l'edificio citato nel 1581 avesse subito una riedificazione all'inizio del Seicento. Superato un periodo di difficoltà economiche, grazie al matrimonio tra il proprietario Girolamo Pisani e Chiara Pisani, del ramo detto "Moretta", verso la metà del Settecento il complesso subì alcuni importanti ampliamenti. Un'incisione di Giovanni Francesco Costa mostra l'aggiunta di un grande fabbricato a destra della casa padronale e di terrazzi a coronamento delle due ali della stessa. Elena Bassi attribuisce questi interventi a Domenico Rossi, che era in quegli anni proto dei Pisani. Attorno al 1770 Pietro Vittore Pisani intraprese nuovi ingrandimenti e restauri. L'edificio venne allungato, verso est e verso ovest, con la costruzione di due lunghe ali laterali porticate, opere forse di Pietro Checchia. Il giardino fu pure arricchito, aggiungendovi statue attribuite ad Antonio Gai. La villa subì nuove sistemazioni sino ai primi dell'Ottocento, specialmente su volere di Chiara Pisani, moglie di Giovanni Barbarigo, e su progetto di Giannantonio Selva (quest'ultimo sarebbe, in particolare, l'autore dell'oratorio). Anche il parco fu modificato, secondo i canoni paesaggistici "all'inglese". Allo stesso periodo risalirebbe la torre dell'orologio, ubicata a sud dell'ingresso, oltre la strada. Alla fine dell'Ottocento la villa fu ereditata dai de Lazara Pisani Zusto, per poi passare, negli anni Sessanta, ai Dalle Molle, ai quali tuttora appartiene. In tempi recenti ha ospitato un centro di ricerche filosofiche e scientifiche. La casa padronale ha uno sviluppo decisamente orizzontale, a causa delle due ali aggiunte nella seconda metà del Settecento. Il nucleo centrale deriva dall'originaria villa secentesca e si sviluppa su due piani, organizzandosi secondo il tipico schema tripartito. La facciata principale, rivolta a sud, è perfettamente in linea con i canoni architettonici del tempo. Il portale a tutto sesto, anticipato da una breve scalinata con balaustrata, si trova lungo l'asse mediano ed è affiancato da semplici aperture rettangolari. Al piano superiore si colloca una trifora con balcone in pietra, sovrastata da una cornice modanata. Il tutto è concluso dalla tipica sopraelevazione con timpano, raccordata al tetto mediante volute. Le facciate delle due ali, adibite a funzioni di servizio e svago, sono invece più articolate e ricche. I fronti di entrambi sono scanditi da undici campate, con aperture delimitate da colonne affiancate da pilastri su cui si imposta una trabeazione continua. Tra un'apertura e l'altra si collocano vani chiusi da balaustre, ornati da cornici e timpani. Sopra la trabeazione si sviluppa un attico con finestre (alternativamente ellissoidali e rettangolari; queste ultime sono in parte coperte dai vertici dei timpani delle sottostanti finestre). La centralità delle facciate e resa da un timpano più ampio che compre tre campate. A ponente della casa padronale si collocano le scuderie. Sempre sul lato occidentale, ma affacciato alla strada, sorge l'oratorio privato; ha una struttura semplice: la facciata è coronata da un timpano e al centro si trova il portale, con frontespizio a semicerchio. Oltre il limite della proprietà, al di là della strada, si trova una torre con orologio a pianta quadrata. Esso si sviluppa su tre livelli: il piano terra presenta un portico con colonne doriche, sopra le quali si imposta un terrazzo; al centro di questo si innalzano gli ultimi due piani, all'interno dei quali si trova la scala per l'accesso al meccanismo. Come già accennato, il grande parco è un tipico giardino all'inglese con piante ad alto fusto, laghetti e montagnole. Sul suo limite settentrionale si trova l'ottocentesca "casetta del bosco", in stile neogotico. Per quanto riguarda gli interni, la villa è ornata da affreschi e stucchi di varie epoche, tra i quali si segnala un ciclo di ornamenti a cineserie. Villa Pisani detta "La Barbariga" (PDF), su irvv.regione.veneto.it, IRVV, 2005. URL consultato il 4 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2018). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Pisani

Villa Pisani (Stra)
Villa Pisani (Stra)

Villa Pisani, detta anche la Nazionale, è uno dei più celebri esempi di villa veneta sulla Riviera del Brenta; sorge a Stra, in provincia di Venezia, e si affaccia sul Naviglio del Brenta. È oggi sede di un museo nazionale, che conserva opere d'arte e arredi del Settecento e dell'Ottocento. La villa comprende 168 stanze e copre una superficie di 15.000 metri quadrati. Sin dal Cinquecento le famiglie più nobili di Venezia scelsero le rive del fiume Brenta per insediarvi le loro ville. All'inizio, quest'ultime erano legate all'attività agricola e poi, invece, ridisegnate per assecondare la dilagante “smania della villeggiatura” descritta anche da Carlo Goldoni nelle sue commedie. Le sponde del fiume, una volta contenuto il problema delle piene che poteva recare danni disastrosi, offrivano ai veneziani una campagna facilmente raggiungibile e coltivabile, ed anche una via d'acqua per i commerci con Padova. Questo binomio determinò nel tempo il formarsi di uno dei paesaggi storici veneti più caratterizzati da importanti ville con giardini, barchesse e broli. Tra Seicento e Settecento i proprietari di queste si sfidavano per dare enfasi e sfarzo alle ville, ormai viste come la scenografia per le molte feste che vi si tenevano nella bella stagione. L'importanza e la fama della Riviera crebbero sia in Italia che in Europa come possono dimostrarlo gli scritti di Padre Vincenzo Coronelli pubblicati nel 1709, di Johann Cristopher Volkamer del 1714 e poi, alla metà del secolo dei Lumi, di Giovanni Francesco Costa. I primi due testi trasportano a Stra la prima villa di proprietà della stessa famiglia Pisani detta di Santo Stefano.

Omicidio di Giulia Cecchettin

L'omicidio di Giulia Cecchettin è un caso di cronaca nera avvenuto in Italia l'11 novembre 2023. L'uccisione della studentessa di 22 anni da parte del suo ex fidanzato Filippo Turetta ha suscitato notevole indignazione, generato manifestazioni pubbliche e stimolato un vasto dibattito sul tema del femminicidio. Giulia Cecchettin, nata a Padova il 5 maggio 2001, era una studentessa di ingegneria biomedica dell'Università di Padova, prossima a laurearsi, con la discussione della sua tesi di laurea fissata per il 16 novembre 2023. Figlia di Gino Cecchettin, ingegnere, e Monica Camerotto, impiegata (morta nell'ottobre 2022 per un tumore), aveva una sorella maggiore di nome Elena ed un fratello minore di nome Davide. Durante gli studi universitari aveva conosciuto Filippo Turetta, nato il 18 dicembre 2001 e cresciuto a Torreglia, suo collega di corso di studi con il quale aveva iniziato una relazione sentimentale durata circa un anno, terminata nell'agosto 2023. I due giovani avevano continuato a rimanere in contatto anche dopo la fine della relazione; tuttavia, nell'autunno del 2023, Filippo aveva iniziato a comportarsi in modo possessivo, confidando a Giulia di sentirsi depresso e di non vedere un proprio futuro senza di lei e minacciando il suicidio. Giulia e Filippo continuavano ad uscire insieme occasionalmente e lei temeva gesti estremi da parte di lui, anche se confidava di avvertire le pressioni dell'ex come un ricatto. Dopo aver inviato intorno alle 17:15 di sabato 11 novembre 2023 una e-mail alla docente universitaria relatrice della sua tesi di laurea con l'ultima versione dell'elaborato, Giulia è uscita di casa verso le 18 per recarsi, accompagnata da Filippo, in un centro commerciale di Marghera per acquistare un paio di scarpe in vista dell'imminente cerimonia di laurea, come attestato da una commessa. I due giovani hanno cenato nel fast food del centro commerciale alle ore 21:02; successivamente Giulia ha scambiato alcuni messaggi con la sorella tramite WhatsApp fino alle 22:43, e infine è ripartita in auto con Filippo per ritornare verso casa. Da quel momento non si sono più avute loro notizie. Il giorno successivo, verso le 13:30, Gino Cecchettin si è recato presso la locale caserma dei Carabinieri e ha denunciato la scomparsa della figlia, temendo per la sua incolumità. Subito dopo, con l'aiuto di Elena Cecchettin, sono stati diffusi appelli sui social media per ritrovare i due ragazzi scomparsi. Un testimone ha contattato la famiglia riferendo di aver assistito, dal proprio balcone di casa, ad un violento litigio tra un uomo e una donna che chiedeva aiuto nel parcheggio di via Aldo Moro a Vigonovo e di avere, per tale motivo, contattato i Carabinieri alle 23:18; i militari dell'Arma, tuttavia, non sono intervenuti a causa di altre segnalazioni contemporanee. Nei giorni seguenti sono state svolte indagini per ricostruire il percorso dell'automobile di Turetta, una Fiat Grande Punto di colore nero, transitata dal Veneto in Friuli-Venezia Giulia, quindi in Alto Adige e in Austria, venendo immortalata da numerose telecamere di videosorveglianza e di rilevamento del traffico. Tra i tanti filmati esaminati, uno decisivo per la svolta delle indagini venne ripreso dalle telecamere di un calzaturificio di Fossò, comune confinante a Vigonovo, e mostrava un uomo colpire violentemente una donna e poi caricarla esanime nel bagagliaio dell'auto. Sul luogo furono rinvenute notevoli quantità di sangue e la lama di un coltello lunga 21 cm, che portarono gli inquirenti a emettere il mandato di arresto europeo per Filippo Turetta con l'accusa di sequestro di persona e omicidio volontario. Successivamente, le ricerche si concentrano nell'area compresa tra il lago di Barcis e Piancavallo, in provincia di Pordenone, zona in cui era stata rilevata un'anomalia nel percorso della Fiat di Turetta. La vettura era infatti stata ripresa da una telecamera in ingresso in località Piancavallo poco dopo le 3 del mattino e, oltre due ore dopo, era stato registrato il passaggio successivo, lungo la SR251 all'altezza della diga del Vajont, facendo così preludere una sosta lungo il tragitto, che normalmente richiede circa un'ora di percorrenza. Il 18 novembre 2023 una squadra cinofila della protezione civile del Friuli-Venezia Giulia ha individuato il cadavere di Giulia Cecchettin adagiato in un anfratto roccioso nel bosco, ricoperto da sacchi di plastica neri e con a fianco numerosi oggetti. Le indagini condotte dai Carabinieri hanno evidenziato che la ragazza era stata colpita con numerose coltellate alla testa e al collo e che, di conseguenza, era morta per dissanguamento. La sera stessa la polizia tedesca ha arrestato Filippo Turetta in Germania, mentre era fermo sulla corsia d'emergenza dell'autostrada A9 tra Bad Dürrenberg e lo svincolo Rippachtal, con l'automobile rimasta senza benzina. Condotto nel carcere di Halle, il 25 novembre Turetta è stato estradato in Italia, con un volo speciale dell'Aeronautica militare atterrato a Venezia, ed incarcerato presso la casa circondariale di Verona. Il 20 novembre 2023 il Corriere della Sera ha pubblicato una lettera di Elena Cecchettin in cui la ragazza ha denunciato la responsabilità della società nel creare quelli da lei definiti "figli sani del patriarcato e della cultura dello stupro", indicando con tale espressione chi assume comportamenti che ledono la figura della donna, come il controllo, la possessività e il catcalling, e chi cerca di giustificare coloro che compiono gesti violenti contro le donne definendoli "mostri" o malati di mente. La sorella maggiore della vittima ha dunque invitato tutti gli uomini a responsabilizzarsi, richiamando amici e colleghi che tengono comportamenti tollerati dalla società ma che potrebbero essere il preludio del femminicidio, definito da lei un "omicidio di Stato" e un "delitto di potere" a cui occorre reagire con l'educazione sessuale e affettiva. Le parole di Elena Cecchettin, seguite dalla diffusione virale della poesia Se domani non torno scritta dall'attivista peruviana Cristina Torres Cáceres, hanno scatenato una grande ondata di commozione, dolore e rabbia in Italia, dove si è aperto un dibattito e si sono tenute manifestazioni spontanee in molte città e con la partecipazione di migliaia di persone. In occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre, si è radunato a Roma circa mezzo milione di persone. Il caso ha sollevato importanti questioni riguardo alla prevenzione della violenza di genere e all'efficacia delle leggi esistenti. Il caso di femminicidio ha portato l'opinione pubblica a riflettere sull'importanza di rafforzare le misure di protezione e sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. La comunità locale di Vigonovo, dove risiedeva Giulia, ha manifestato il proprio dolore e cordoglio attraverso commemorazioni e omaggi. La famiglia della vittima ha ricevuto messaggi di solidarietà, mentre il presidente della regione Veneto, il leghista Luca Zaia, ha proclamato il lutto regionale e sottolineato la necessità di interpretare correttamente i segnali di pre-allarme nei casi di violenza di genere. Dopo l'omicidio il Parlamento italiano ha approvato all'unanimità un pacchetto di leggi per rafforzare le leggi esistenti a tutela delle donne. Il ministro dell'istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato un progetto educativo nelle scuole per contrastare la violenza di genere. Alla richiesta delle istituzioni di tenere un minuto di silenzio, in omaggio alla vittima, si sono tenuti invece "minuti di rumore", in cui le persone coinvolte hanno compiuto gesti rumorosi, come suggerito in particolare dalla sorella di Giulia e dalla Presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Nei tre mesi successivi ai fatti, il numero antiviolenza 1522 ha registrato un significativo aumento delle denunce e delle richieste d'aiuto, che è stato interpretato come un "effetto Giulia Cecchettin". Il 22 dicembre 2023 la rivista L'Espresso ha designato Elena Cecchettin "persona dell'anno". Il 2 febbraio 2024 l'Università di Padova ha conferito a Giulia Cecchettin la laurea alla memoria in ingegneria biomedica in una cerimonia pubblica, alla presenza dei suoi familiari e della Ministra dell'università e della ricerca, Anna Maria Bernini. Il 5 marzo 2024 esce il libro Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia, scritto dal padre Gino Cecchettin assieme allo scrittore veneto Marco Franzoso, che raccoglie i ricordi di famiglia di Gino Cecchettin, la morte della moglie e l'assassinio della figlia, ma in particolare il rapporto del padre con la figlia. Gino Cecchettin, a proposito del libro, ha affermato che è stato il "modo migliore per elaborare il lutto". Il libro servirà a finanziare la Fondazione che Cecchettin intende attivare per sostenere la lotta alla violenza di genere. Cecchettin ne ha ampiamente discusso quando è stato ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa ribadendo la volontà di attivare la Fondazione, per sostenere la quale è anche alla ricerca di enti disposti a collegarsi a essa. Non sono mancate voci critiche rispetto alla famiglia, come il giornalista Vittorio Feltri che, pur dichiarando di provare "pena infinita" per la vittima, ha criticato l'esposizione mediatica della famiglia a suo parere strumentalizzata politicamente. Il 5 dicembre 2023 sono stati celebrati i funerali di Giulia nella basilica di Santa Giustina a Padova, officiati dal vescovo di Padova Claudio Cipolla, alla presenza di circa 8 000 persone e autorità civili e militari, tra cui il ministro della giustizia Carlo Nordio ed il presidente della regione Veneto Luca Zaia. La diretta dei funerali è stata trasmessa dalle reti Rai 1 (seguita da 2 220 000 spettatori, con uno share del 31,70%), Canale 5 (seguita da 1 477 000 spettatori, con uno share del 18,90%) e TGcom24. Nel discorso di Gino Cecchettin tenuto dal pulpito sono stati ripresi gli stessi temi contenuti nella lettera-denuncia del 20 novembre della figlia Elena, concludendo con la lettura di una poesia sul Vero amore di Khalil Gibran. Il giorno seguente il ministro dell'istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha emanato una circolare rivolta alle istituzioni scolastiche nella quale ha invitato scuole, docenti e studenti alla lettura ed alla discussione collettiva del discorso di Gino Cecchettin al funerale. Alla fine della funzione, la folla ha fatto rumore agitando chiavi e campanelli. Gino Checchettin e Marco Franzoso, Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia, Segrate, Rizzoli, 2024, ISBN 978-88-17188-62-3. Wikiquote contiene citazioni di o su omicidio di Giulia Cecchettin

Museo Rossimoda della calzatura
Museo Rossimoda della calzatura

Il Museo della Calzatura di Villa Foscarini Rossi si trova nella villa padronale del complesso architettonico seicentesco Villa Foscarini Rossi a Stra lungo la Riviera del Brenta in provincia di Venezia. Il museo si occupa di calzature e storia del costume e raccoglie una collezione di oltre 1700 modelli di calzature femminili di lusso, prodotte dal calzaturificio omonimo in collaborazione con case di alta moda. Il Museo nasce nel 1993 per volontà di Luigino Rossi, fondatore del calzaturificio Rossimoda che produce calzature femminili di lusso. Nato in origine per documentare la storia imprenditoriale dell'azienda, ha poi assunto un ruolo più ampio di documentazione sulla tradizione calzaturiera tipica della Riviera del Brenta, oltre a raccogliere esemplari di calzature antiche della tradizione veneta e di altre provenienze geografiche. Dal 2003 il museo è stato acquisito dal gruppo finanziario del lusso LVMH assieme all'azienda. Il Museo della Calzatura è uno dei partner che contribuiscono al progetto di biblioteca digitale Europeana Fashion, per il quale ha fornito 12.000 immagini digitalizzate provenienti dal suo archivio che a partire dal marzo 2015 saranno accessibili in linea. Il museo è uno dei pochi musei italiani dedicati alle calzature. È recensito nei repertori di musei aziendali e considerato rilevante nella sua specificità. Esso conserva più di 1700 modelli, la maggioranza dei quali testimonia la collaborazione dell'impresa con stilisti di tutto il mondo. In uno spazio espositivo di circa 700 metri quadri, distribuito su due piani in saloni seicenteschi, sono conservati i prototipi delle collaborazioni dell'azienda con case di moda internazionali, da Dior a Yves Saint Laurent, da Givenchy a Ungaro, a Fendi, Christian Lacroix, Pucci, Calvin Klein, Porsche e altre. Sono esposti pezzi rappresentativi della storia aziendale, del periodo storico e del contesto sociale o perché notevoli dal punto di vista tecnico ed artigianale. Al piano terra è rappresentato il minimalismo di designer americani come Donna Karan, Marc by Marc Jacobs e Porsche, mentre al piano superiore sono visibili i prodotti di designer mediterranei come Emilio Pucci, Yves Saint Laurent, Givenchy, Dior, Roger Vivier, Fendi, Lacroix, Céline e Kenzo, aventi più spazio data la longevità delle loro collaborazioni con l'azienda. Ai modelli di calzature si aggiungono stampe, schizzi e sculture della collezione privata d'arte di Luigino Rossi: gli originali schizzi di Christian Lacroix e Karl Lagerfeld, le riproduzioni delle stampe di Andy Warhol, e le cartes de vœux di Yves Saint Laurent. Turismo industriale in Italia, Milano, TCI, 2008, ISBN 9788836546336. Loghi d'Italia. Storie dell'arte di eccellere, catalogo di mostra, Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo, Roma, 21 novembre 2008 - 25 gennaio 2009. Francesco Calzolaio (a cura di), Stanze dell'ecomuseo della laguna di Venezia. Musei della cultura materiale, delle produzioni e del territorio, Venezia, Editgraf, 2006. Rosa Chiesa, Ilaria Danieli, Scarpe! I modelli che hanno fatto la storia della moda, Rizzoli, 2010, ISBN 8817041238. Marco Montemaggi, Fabio Severino, Heritage marketing. La storia dell'impresa italiana come vantaggio competitivo, FrancoAngeli, 2007, ISBN 8846487095. Monica Amari, I musei delle aziende: la cultura della tecnica tra arte e storia, Milano, FrancoAngeli, 2001, ISBN 8846432738. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo della Calzatura di Villa Foscarini Rossi Sito ufficiale, su museodellacalzatura.it.

Villa Foscarini Rossi
Villa Foscarini Rossi

Villa Foscarini, Negrelli, Rossi è una villa veneta situata a Stra in provincia di Venezia, lungo la Riviera del Brenta. È sede del museo Rossimoda della calzatura. Villa Foscarini Rossi viene costruita tra il 1617 ed il 1635 su un probabile progetto di Francesco Contini. Fu dimora, un secolo dopo, di Marco Foscarini, uno degli ultimi Dogi della Repubblica di Venezia; e successivamente delle famiglie Negrelli e Rossi, da cui prende il nome. Il 24 giugno 1995, in occasione dell'anniversario dei cinquant'anni dell'azienda Rossimoda S.p.a., la struttura è diventata, su iniziativa di Luigino Rossi ospite di tale struttura, il museo Rossimoda della calzatura. L'esposizione raccoglie alcuni prototipi di calzature prodotte dall'azienda Rossimoda S.p.a., e altri campioni regalati dai diversi brand, o collezionati da Luigino Rossi. Il percorso, strutturato sui diversi piani dell'edificio secentesco, guida il visitatore attraverso diverse sale del palazzo allestite in modo tale da mostrare un excursus della produzione calzaturiera delle diverse case di moda per le quali l'azienda ha realizzato i prodotti, tra cui Dior, Christian Lacroix, Pucci, Fendi, Yves Saint Laurent, Marc by Marc Jacobs e Kenzo. Touring Club Italiano, Guida Touring - Musei d'Italia 2000, 1999 Biblioteca dell'Immagine, Le Ville Venete, 2018 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Foscarini Rossi Sito ufficiale Villa Foscarini Rossi, su villafoscarini.it.