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Santuario di Santa Maria in Conche

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Santuario di Conche
Santuario di Conche

Il santuario di Santa Maria in Conche è un edificio di culto cattolico situato nel comune di Nave in Provincia di Brescia, sul confine con il comune di Lumezzane in Val Trompia. Sulla cima di San Costanzo, posta a 1107 m s.l.m. nelle Prealpi Bresciane e Gardesane, fu luogo di un convento femminile nel XII secolo. Oggi il santuario è uno dei più famosi santuari alpini del circondario di Brescia. Nelle vicinanze vi è un monumento dell'alpino; l'idea del monumento fu proposta dal Gruppo Alpini di Nave, poi concordata dagli Alpini di Lumezzane (suddivisi nei gruppi di S. Sebastiano, S. Apollonio e Pieve), di Cortine e di Caino. La fondazione del santuario è attribuita a San Costanzo; la tradizione narra che egli fu guidato da una colomba sul monte Conche. Lì fondò una chiesa dedicata alla Madre della Misericordia e visse in preghiera e compiendo miracoli. La chiesa venne consacrata dal vescovo Arimanno tra il 1110 ed il 1116. S. Costanzo vi aggiunse un cenobio (X), nel quale trovarono rifugio pie donne, al cui servizio si pose l'eremita. Nel 1481 venne scoperta la tomba del santo le cui spoglie per volere del Consiglio cittadino trasferite Brescia, suscitando malcontento da parte degli abitanti di Nave e dintorni. Il cenobio bresciano continuò a godere ed amministrare Conche fino a quando, soppresso il monastero e spogliato d'ogni bene dal governo bresciano, nel dicembre del 1798 il complesso passò a dei privati. L'urna col corpo di S. Costanzo, nel 1805, con immensa gioia degli abitanti, fu finalmente collocata nella parrocchiale di Nave, la cui fabbriceria (ente che provvede alla conservazione e mantenimento dei beni dei luoghi sacri) nel 1837 acquistò l'eremo sulla montagna. A causa di leggi in vigore 1867, Conche passò nuovamente in mano ai privati. Provvidenziale fu l'acquisto da parte del fabbriciere di Nave Gian Battista Zani che ne diventò proprietario fiduciario; egli volle donare al Comune questo “monumento di antichità civile e religiosa”. Il Governo frappose difficoltà al Comune circa la proposta donazione del monte Conche con i terreni e boschi circostanti, ma il 27 maggio 1877 venne assecondato “il desiderio generale della popolazione”. Finalmente il 30 dicembre 1880, con sindaco di Nave Giuseppe Fiori, il Comune ne entrò in possesso e ne affidò l'amministrazione alla fabbriceria di Nave. Nel 1898 fu istituita la “festa dei molète” di Lumezzane per implorare alla Madonna della Misericordia “particolari favori contro i gravi molteplici pericoli” degli operai che lavoravano alle mole. Venne fondata anche la Pia Confraternita di Conche, tuttora fiorente. Significativi restauri furono realizzati nel 1958 con abbellimenti da parte di Vittorio Trainini; più radicali gli interventi compiuti dal novembre 1978 all'estate del 1979, da Beppe Dossi. Nel 1963 fu inaugurato il monumento dell'alpino dello scultore Giuseppe Rivadossi e vent'anni dopo vennero collocate sul pendio della montagna quattordici croci di una singolare Via Crucis sempre di Rivadossi, dominata da un Crocifisso ligneo che l'artista dedicò alla memoria del fratello Francesco. Santuario di Santa Maria in Conche, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Santuario di Santa Maria in Conche (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Santuario di Santa Maria in Conche
Viale della Misericordia, Comunità montana della valle Trompia

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Viale della Misericordia
25065 Comunità montana della valle Trompia
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Lumezzane
Lumezzane

Lumezzane (Lœmezàne o Lumezàne in dialetto bresciano, pronunciato /lymeˈzaːne/ o /lømeˈzaːne/, nella variante lumezzanese scritto comunemente Lömedhane e pronunciato [lømeˈðaːne]) è un comune italiano sparso di 21 573 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia. Centro fortemente industrializzato, è particolarmente sviluppato nel settore della metallurgia in generale e della torneria, rubinetteria, casalinghi in acciaio inossidabile e stampi in particolare. Il 3 ottobre 2012 ha ricevuto il titolo di città, consegnato dal prefetto di Brescia al sindaco Silverio Vivenzi durante una cerimonia ufficiale. Il comune fa parte della comunità montana di valle Trompia. Sorge nella Val Gobbia, valle laterale della Val Trompia, a 460 metri sul livello del mare. Il monte più alto è il monte Ladino con la sua vetta Corna di Sonclino (1352 m). Il fiume principale è il Gobbia (9 km). Lumezzane è da sempre zona montana di collegamento tra la Val Trompia e la Valsabbia, nonché punto di transito verso la costa occidentale del Lago di Garda. Il comune ha molte frazioni, alcune molto storiche altre nate in tempi più recenti, ma tutte caratterizzate da forte identità, a cominciare dagli abitanti che molto spesso parlano della frazione più che del comune come luogo di residenza. Le frazioni di Lumezzane sono: Cargne (Cargne [ˈkarɲe]), Dosso (Dòss, [dɔh]), Faidana (Faidana, [fajˈdanɑ]), Fontana (Fontana, [fonˈtanɑ]), Gombaiolo (Gombaiœl, [ɡombaˈjøl]), Lumezzane Gazzolo (Gazœl, [ɡaˈðøl]), Lumezzane Pieve (Piev, [pjef]), Lumezzane Sant'Apollonio (Sant'Apollòni, [hantapoˈlone]), Lumezzane San Sebastiano (San Bastian, [han bahˈʧa]), Mezzaluna (Mezaluna, [mɛðaˈlynɑ]), Montagnone (Montagnon, [montaˈɲu]), Mosniga (Mosniga, [muzˈniɡɑ]), Piatucco (Piatuc, [pjaˈtyk]), Premiano (Premian, [preˈmja]), Renzo (Renç, [rɛnh]), Rossaghe (Rossaghe, [roˈhaɡe]), Sonico (Sonic, [huˈnik]), Termine (Termen, [ˈtɛrmen]), Valle (Vall, [al]), Villaggio Gnutti (Villaj(o) Gnuti, [viˈladʒo ˈɲuti]), Passo del Cavallo (Pass dol Cavall, [pah dol kaˈal], a circa 750 m di altitudine, sul confine con Agnosine ovvero la Val Sabbia). Il nome italiano Lumezzane deriva dalla sua denominazione storica in lingua lombarda, localmente pronunciata [lømeˈðane] e conosciuta anche come [lemeˈzane] nei paesi limitrofi ed urbani, la cui etimologia è ancora dubbia. Secondo le teorie più accreditate tale denominazione può derivare: dal latino Lumen sana (Luce sana), per via del fatto che il paese, posto principalmente sul versante rivolto a sud della valle, è toccato dal sole tutto il giorno. Questa teoria trova appoggio anche sugli stemmi storici delle varie frazioni, che riportavano simbologie di raggi solari; dal latino Mettianae (della famiglia dei Mettii); dal lombardo Le mezane (Le mezzane), a sua volta dal latino Illae mediānae, trovando ubicazione, il paese, su un valico che collega la Valle Trompia alla Valle Sabbia. Questa teoria spiegherebbe la pronuncia [lemeˈzane] tipica dei dialetti urbani del lombardo. Già nota in epoca romana, di cui si possono ammirare gli acquedotti del primo secolo, il centro di Lumezzane fu poi sconvolto dai barbari e sottoposto al dominio longobardo e Franco. Nel secolo il IX passò sotto il dominio del Vescovo di Brescia e nel 1388 diventò feudo della famiglia De Vento, sotto investitura del vescovo Tommaso Visconti. Nel 1427 passò nelle mani della nobile famiglia Avogadro, in cambio del loro precedente feudo di Polaveno, su investitura della Repubblica di Venezia, particolarmente riconoscente per l'aiuto ricevuto dal nobile Pietro Avogadro nella lotta contro i visconti. Rimase feudo Avogadro per oltre 300 anni, finché nel 1776 non passò per eredità, grazie al matrimonio tra Bartolomeo Fenaroli e Paola Avogadro, alla famiglia Fenaroli Avogadro. A inizio ottocento il feudo cesserà di esistere con la caduta della Serenissima per l'invasione francese. L'isolamento lumezzanese venne progressivamente meno, anche se le deficitarie vie di comunicazione rendevano in ogni caso difficili i collegamenti. Il 23 gennaio 1528 il feudatario conte Francesco Avogadro emana un proclama con il quale intima gli abitanti di non osare più portare armi nelle assemblee comunali né di ricorrere ad offese o atti vietati nelle medesime. Nel 1900, è costruito tra S. Apollonio e S. Sebastiano un nuovo edificio scolastico, dedicato a re Umberto I. Agli inizi del '900 Lumezzane concentrava il maggior numero di officine per la fabbricazione di attrezzi agricoli, chiodi e bulloni. Enorme sostegno venne all'industria lumezzanese dall'introduzione nel 1906 dell'energia elettrica, per la distribuzione della quale si costituì nel 1909 la società elettrica di Lumezzane, nel 1923 un consorzio elettrico. Il 30 dicembre 1922 un incendio distrugge completamente la chiesa di Sant'Apollonio, lasciandone in piedi solo i muri perimetrali. Il comune di Lumezzane venne creato nel 1927 dalla fusione di tre comuni fino ad allora autonomi: Lumezzane Pieve, Lumezzane San Sebastiano e Lumezzane Sant'Apollonio (divenute quindi frazioni, sebbene tra le principali). Nel 1935 in località Termine vengono effettuati lavori di allargamento della strada provinciale n.3, che collega Sarezzo a Lumezzane. La nuova strada venne costruita dal 1930 al 1935 e fino a questa data le merci, in uscita come in entrata da Lumezzane, dovevano essere trainate da muli per superare la ripida salita di Rossaghe. Nell'aprile del 1938 viene conclusa la prima parte del villaggio "Serafino Gnutti", progettato dall'ing. Giovanni Zani; 22 edifici per 205 vani, inaugurati ufficialmente nell'ottobre del 1940. Al suo completamento nell'immediato secondo dopoguerra il villaggio Gnutti si comporrà di 80 diversi edifici, ospitando oltre un migliaio di abitanti. Dal 1987 fa parte dei "100 Comuni della Piccola Grande Italia". Lumezzane, prima solamente cittadina, dal 3 ottobre 2012 è diventata ufficialmente città. Famiglie che hanno ottenuto l'infeudazione vescovile dell'abitato: Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 3 maggio 1956. Nel decreto di concessione dello stemma c'è una discrepanza tra il testo che lo descrive inquartato, cioè diviso in quattro quarti uguali, e i bozzetti ufficiali allegati al documento che presentano la ruota e l'incudine in un campo ridotto, versione grafica fatta propria dal Comune. Prima di unirsi in un unico comune, Lumezzane S. Apollonio aveva come simbolo uno scudo azzurro con un sole figurato d'oro, Lumezzane S. Sebastiano tre daghe romane poste orizzontalmente in campo rosso con nel capo il sole nascente, Lumezzane Pieve le tre bande doppiomerlate della famiglia Avogadro. Quando nel 1927 venne creato il comune di Lumezzane, con regio decreto del 1º febbraio 1938 gli venne concesso lo stemma: di rosso, alle tre daghe romane d'argento, manicate d'oro, poste in fascia; capo del Littorio di rosso (porpora), al fascio littorio d'oro, circondato da due rami di quercia e d'alloro annodati da un nastro dai colori nazionali, emblema da cui, dopo il 1945, il capo del Littorio verrà eliminato. Il gonfalone è un drappo partito di azzurro e di bianco. Chiesa vecchia di San Sebastiano Chiesa nuova di San Sebastiano Chiesa parrocchiale di Sant'Apollonio Chiesa di San Giovanni Battista Chiesa di S. Margherita Eremo di San Bernardo Lumeteca Osservatorio astronomico Serafino Zani Teatro Odeon Torre Avogadro Municipio vecchio Abitanti censiti Secondo i dati ISTAT al 1º gennaio 2022 la popolazione straniera residente era di 2 199 persone, pari al 10,3% della popolazione totale. Le nazionalità maggiormente rappresentate in base alla loro percentuale sul totale della popolazione residente erano: Pakistan 619 Senegal 316 Romania 295 Nigeria 148 Ghana 87 Marocco 82 Albania 67 Tunisia 67 Ucraina 67 Egitto 57 Il dialetto lumezzanese si differenzia dal resto della parlata lombarda della provincia di Brescia per la sua pronuncia "scurita" e per una cadenza molto caratteristica. I tratti fonetici lumezzanesi, come il fonema /h/ che rimpiazza /s/, /ð/ (simile all'inglese "th" di this) che rimpiazza /z/, la lettera a finale che acquista il valore /ɑ/ e l'utilizzo più massiccio dei fonemi /y/ ed /ø/, possono essere riscontrati anche in buona parte delle valli Trompia e Camonica. (Esempio: scusa, bresciano [ˈskyza], valtrumplino/camuno [ˈhkyzɑ], lumezzanese [ˈhkyðɑ]). Uno dei tratti famosi del dialetto lumezzanese riguarda il lessico, in quanto il paese ne possiede uno proprio che non condivide con il resto del dialetto bresciano. Proverbiali sono la Bèstia blœ ([ˈbɛhˈtʃɑ blø], corriera), il Din Don Baiòc ([din dɔn baˈjɔk], flipper), il Din Dòn Cadena ([din dɔn kaˈðenɑ], calcio balilla) ed il Casseton qe sona ([kahiˈtu ke ˈhunɑ], juke box), nonché molti modi di dire, tra cui "Nigotin de le pene rosse" ([niɡuˈti ðe le ˈpɛne ˈrohe]), "chicha'm i goç" ([ˈtʃitʃɛm i goh]), "megl oxell de bosc qe oxell de gàbia" ([mɛj oˈðɛl de boh(k) ke oˈðɛl de ˈɡabjɑ]), "cinc sâc de çòc sêc sul soler a secar a cinc frânc al sac" ([hik hak de hɔk hɛk høl høˈl(eːr) a hɛˈka a hik fraŋk al hak], cinque sacchi di legna secca sul solaio a seccare a cinque lire al sacco). Tra i principali luoghi di cultura a Lumezzane ricordiamo la Biblioteca Civica "Felice Saleri", la Galleria Civica Torre Avogadro e il Teatro Comunale Odeon. La Torre ospita regolarmente mostre di artisti locali e non. L'Odeon annualmente una stagione di prosa di livello nazionale (ospiti frequenti Marco Paolini, Moni Ovadia, Lella Costa, debutti recenti Emma Dante e Damiano Michieletto) cui si affiancano le rassegne Odeon Classic, dedicata soprattutto alla musica classica e lirica, e locale "Vers e Us", vetrina per le bande cittadine e vari gruppi teatrali. Sulle montagne limitrofe il Parco del Colle San Bernardo, sede di un'antica chiesa, è meta di frequenti gite fuoriporta dei lumezzanesi. Sul colle si trova anche l'osservatorio astronomico "Serafino Zani", provvisto di un telescopio di 40 cm e gestito dall'Unione Astrofili Bresciani. Merita una visita anche il santuario di Conche poco al di là del confine col comune di Nave. Fra il 1882 e il 1954 Lumezzane ospitò un'importante stazione della tranvia della Val Trompia; oggi il paese viene servito da Arriva Italia per i trasporti pubblici. La principale società di calcio del comune è stata il Lumezzane, fondato nel 1946 e capace di raggiungere quale massimo risultato alcune partecipazioni alla Serie C e una vittoria nella relativa coppa. Cessate le attività nel 2018, la pratica calcistica lumezzanese è portata avanti dal club dilettantistico fino ad allora denominato A.S.D. ValgobbiaZanano, che ha peraltro iniziato a proporsi quale erede della società cessata, acquisendo il titolo di Football Club Lumezzane VGZ Associazione Sportiva Dilettantistica e ripartendo dalla Promozione. Nel dicembre 2021 il consiglio di amministrazione rossoblù delibera all'unanimità l'abbandono dell'acronimo VGZ e l'adozione della denominazione Football Club Lumezzane Società Sportiva Dilettantistica, per poi essere nuovamente rinominato in Football Club Lumezzane nel 2023. Il club, nella stagione 2023-2024, milita nel campionato di Serie C. La squadra di rugby locale sono i Centurioni Rugby Lumezzane. Fondata nel 1964, disputa il campionato di Serie A. A Lumezzane era presente una società di pallacanestro, la Basket Lumezzane, fondata nel 1963 che ha cessato l'attività nel 2009. Sono ora presenti due società, Virtus Lumezzane e Olimpia Lumezzane. È presente anche una società di tennis che partecipa al campionato di Serie A2 femminile. Lumezzane è stata per due volte luogo di arrivo di tappa del Giro d'Italia: nel 1993 con la 15ª tappa, vinta da Davide Cassani e nel 1999 con la 16ª tappa, vinta da Laurent Jalabert. Lo Stadio comunale "Tullio Saleri" è lo stadio calcistico che ospita le partite casalinghe del FC Lumezzane. Può ospitare fino a 4150 spettatori. Torre Avogadro A.C. Lumezzane Avogadro (famiglia bresciana) 177853 Lumezzane Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Lumezzane Wikivoyage contiene informazioni turistiche su Lumezzane Sito ufficiale, su comune.lumezzane.bs.it. Lumezzane, su sapere.it, De Agostini.

Nave (comune)
Nave (comune)

Nave (Nàe in dialetto bresciano) è un comune italiano di 10 597 abitanti della provincia di Brescia, nella Valle del Garza, in Lombardia. Il toponimo pare provenire dal latino medievale nava, ovverosia conca. Insediamenti risalenti al Neolitico superiore sono stati individuati alla sinistra del Garza, presso la località Vhò. Tra di essi si sono trovati oggetti in pietra e ceramica con decorazioni del tipo Lagozza di Besnate. È stata inoltre rinvenuta una necropoli romana risalente al I secolo, della quale sono state esplorate decine di tombe a cremazione e numerose epigrafi. In epoca romana, il luogo acquistò rilevanza grazie dal passaggio della strada che collegava Brescia alla Val Sabbia e al Trentino, attraverso il valico di Sant'Eusebio. La pieve della Mitria sorse nel IX secolo sui resti di un preesistente edificio pagano. Nel 1951 fu riportato alla luce un altorilievo raffigurante un nudo maschile che afferra un leone per le zampe anteriori. Secondo il Begni Redona (1982), il rinvenimento dimostrerebbe la presenza di un sacello connesso al culto mitraico, dalla quale deriverebbe il termine Mitria collegato popolarmente alla pieve stessa. La lavorazione in zona del ferro e della carta risale all'XI secolo. La presenza del comune, all'interno del quale veniva eletti dei consoli, è attestata dal Liber Poteris della repubblica comunale di Brescia del 1226. Dal 1270 fu attivo in contrada Campanile il convento domenicano di San Pietro martire, fondato dai fratelli Giovanni e Girardo de Bestino. Esso fu poi assorbito nel 1420 dagli agostiniani di San Giovanni de Foris di Brescia. Stando all'Estimo Visconteo del 1385, il comune fungeva da capoquadra. Nel 1401 il paese e i dintorni furono teatro di un'importante battaglia tra l'armata del rex romanorum Roberto il Bonario, supportato da Francesco da Carrara e dai guelfi bresciani, contro le forze viscontee in cui figuravano alcuni dei principali condottieri del tempo. L'obiettivo dell'imperatore era di revocare con la forza il titolo ducale, concesso troppo facilmente a Gian Galeazzo Visconti dal suo predecessore. L'esito della battaglia, tuttavia, gli fu sfavorevole e consentì ai ducali di attaccare Bologna. Nel 1439, durante le battaglie fra la Repubblica di Venezia e i Visconti per il controllo del bresciano, il paese subì la violenza delle truppe viscontee comandate dal Piccinino. Con il passaggio del territorio alla Serenissima, la municipalità fu inserita dapprima nella quadra di Lumezzane e in seguito tornò ad essere capoquadra. Nel luglio 1512 i francesi dell'Aubigny saccheggiarono barbaramente Nave, distintosi nel febbraio precedente, con Valerio Paitone, nella rivolta antifrancese repressa col rovinoso sacco di Brescia. Poco dopo un'epidemia colpì centinaia di navesi, così come avvenne anche nelle pesti del 1577 e del 1630. Il territorio fu coinvolto dalla guerra di successione spagnola. Dal 1701 al 1705, l'esercito franco-spagnolo prima e dalle truppe imperiali di Eugenio di Savoia in seguito, si acquartierarono presso il Garza e la sua valle. Nel 1797, con l'istituzione dell'effimera Repubblica Bresciana, Nave entrò a far parte del Cantone della Garza occidentale. Fu inoltre teatro dello scontro fra le truppe del neonato stato, affiancate da quelle francesi, e quelle controrivoluzionarie della Val Sabbia. Come conseguenza di questo scontro l'archivio comunale fu distrutto da un incendio. L'11 aprile i napoleonici saccheggiano Nave, spogliando degli arredi la parrocchiale del paese. Nel 1859, dopo gli eventi della Seconda guerra d'indipendenza italiana entrò a far parte della provincia di Brescia del Regno di Sardegna, dal 1861 divenuto Regno d'Italia. Nel 1927 al comune fu aggregato il territorio del comune di Caino (soppresso con Regio Decreto 11 dicembre 1927, n. 2350). Nel 1956, il Decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1956, n. 88, ripristinò l'autonomia municipale del comune cainese che fu quindi disaggregato. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con regio decreto del 22 settembre 1927. Nel capo è ripreso il blasone della famiglia Paitoni (d'azzurro, a tre crescenti d'argento volti a destra). Il gonfalone in uso è un drappo di bianco. Si tratta di una costruzione plebana dedicata all'Annunciata. L'attuale fabbrica fu ricostruita nella prima metà del Duecento e ristrutturata alla fine del Quattrocento. Costituisce un incontro tra i gusti gotico e rinascimentale. Contiene affreschi che spaziano dal Duecento a tutto il Cinquecento, alcuni attribuiti al "Maestro di Nave". È presente inoltre una Pietà attribuita a Vincenzo Civerchio. In precedenza sorgeva un edificio costruito nel IX secolo sulla strada romana per il valico di Sant'Eusebio. Il nome Mitria deriverebbe dal ritrovamento, nel 1951, dell'altorilievo Uomo che lotta con un animale (forse un leone), che fece ipotizzare un luogo sacro a Mitra. La base di un pilone è un blocco di marmo del IV secolo che rappresenta una Fatica di Ercole; vi sono inoltre capitelli reimpiegati. Edificata nel 1711-30 su disegno di Bernardo Fedrighini da Predore. Oltre alla pala del bolognese Franceschini, vi sono una tela di incerta attribuzione (Grazio Cossali o Antonio Gandino) e dipinti di Pietro Natali e Giulio Motta. Ai lati della parrocchiale due oratori, già sedi di discipline. Sulla cima di San Costanzo, dove nel XII secolo sorse un convento femminile. Di qui nel 1481 fu traslato a Brescia, nonostante la ribellione popolare, il corpo di San Costanzo. La chiesa di San Cesario diacono e martire risale al XII secolo, ma parecchi frammenti indicano la probabile esistenza di una chiesa parrocchiale, forse del sec. VIII. A sua volta questa chiesetta altomedioevale deve essere sorta su un delubro pagano: supposizione plausibile per i ritrovamenti archeologici della zona. Risistemata nel Quattrocento, con un portico laterale nel quale sono frammenti di sculture del sec. VIII e un affresco di fine Quattrocento. Gli stipiti dell'abside sono fatti con parti di una grande iscrizione dedicata al tribuno M. Clodio. Il titolare della chiesa, il diacono Cesario di Terracina, è invocato contro gli annegamenti, alludendo alla modalità di esecuzione del suo martirio. Infatti, la chiesa di San Cesario è ubicata sulla sponda sinistra del torrente Garza, che è sempre stato in passato impetuoso e pericoloso. Il culto del santo è stato diffuso al nord dai monaci benedettini, quando, dal monastero di Montecassino, si trasferirono in varie regioni e bonificarono le terre dove venivano a trovarsi, fra le quali anche Nave, soggetta alle frequenti tracimazioni del Garza. Nella relazione fatta dal parroco in occasione della visita del vescovo G. F. Morosini, il 19 aprile 1648, si accenna all’esistenza nella vecchia parrocchiale di una reliquia di S. Cesario, perfettamente conservata ancora nel 1732 e nel 1734. Attualmente il martire è celebrato il secondo lunedì del mese di settembre. Già Paitoni, sorto tra Quattrocento e Cinquecento, fu residenza della famiglia Paitoni, alla quale appartenne Valerio, morto nella rivolta antifrancese del febbraio 1512. Sono presenti case di costruzione quattrocentesca in via Bologna 38, in contrada Civelle (Ca' Lasa) e in via Monteclana 32 e 103 e in via Grizzago 61 (casa Busseni e Montalbano). Abitanti censiti Al 31 dicembre 2022 la popolazione straniera era di 630 persone, pari al 5,92% dei residenti. Una delle storiche società bresciane di atletica leggera è l'U.S. Audaces Nave. Sorta "nei primi mesi dopo l'Insurrezione e che ha il significato di Avanzare Uniti Dovunque Audacemente Coraggiosi Emulandoci Sempre" (dal bollettino parrocchiale Nave Nostra, 1947). All'inizio la società, guidata spiritualmente dal curato don Gino Maffolini, si occupa di varie discipline sportive, nei primi anni di vita si affilia al C.S.I.(Centro sportivo Italiano) partecipando con successo alle gare di corsa in montagna. Ora la società è affiliata alla FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera) e il campo di allenamento è la pista dedicata ad Angelo Greotti, storico presidente della stessa società. L'A.s.d. LA TAMENI 1994 è la squadra calcistica più vecchia di Nave. Nasce nel 1994 e fino alla stagione 2016-2017 ha militato nel Csi arrivando a essere vice campione nazionale 2017. Dalla stagione 2017-2018 passa all'UISP dove vince il Campionato di serie B del 2018-2019. Attilio Mazza, Il Bresciano. Vol. II - Le colline e i laghi, Bergamo, Bortolotti, 1986, pp. 265-266. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Nave Sito ufficiale, su comune.nave.bs.it.

Bovezzo
Bovezzo

Bovezzo (Boès in dialetto bresciano) è un comune italiano di 7 299 abitanti della provincia di Brescia in Lombardia, situato nella Valle del Garza alla confluenza con la Val Trompia, afferente a quest'ultima. Fa parte della Comunità montana della Valle Trompia e della Regione agraria N.7 - Montagna della media Val Trompia. Bovezzo si trova sul versante di destra della Valle del Garza, alla confluenza con la Val Trompia, ad un'altitudine di 207 m s.l.m. Confina con il comune di Nave a est, con il comune di Concesio a ovest e con il comune di Brescia a sud (quartieri Villaggio Prealpino e Mompiano). La cima del Monte Spina delimita i territori di Bovezzo, Nave, Concesio e Lumezzane. Bovezzo dista 6 chilometri dal centro di Brescia. Bovezzo presenta generalmente le stesse caratteristiche del clima di Brescia, vista la breve distanza dal centro del capoluogo. Secondo la classificazione dei climi di Köppen, gode di clima temperato delle medie latitudini (Cfa), piovoso o generalmente umido in tutte le stagioni, con estati molto calde e piogge concentrate tra marzo e maggio e tra ottobre e novembre inoltrato. Nel territorio di Bovezzo scorre il torrente Garza, seguendo il percorso della Strada statale 237 del Caffaro. Con i suoi 42 chilometri di lunghezza e con una portata di 1,2 m³/s è il maggior corso d'acqua del territorio. In prossimità del quartiere conosciuto come "Le Brede", sul confine con il comune di Concesio, scorre il torrente Tronto. Il Fosso della Valle del Cannone è un affluente del Garza che segna il confine con il comune di Nave. Svolge la funzione di colatore montano per l'omonima valle. Bovezzo sorge ai piedi del monte Spina (detto anche monte Sant'Onofrio), sotto l'appendice del Dosso Pentere (comunemente chiamato solo Pentera). Il monte Spina è una montagna delle Prealpi Bresciane nelle Prealpi Bresciane e Gardesane, che raggiunge un'altitudine di 962 m s.l.m. È il punto di unione tra la val Trompia e la dorsale che delimita la valle del Garza. L'origine del nome di Bovezzo è ancora incerta: la forma letteraria attuale, infatti, non corrisponde a quella della parlata dialettale Boés o Bués, poi divenuta in latino Buetium, e in italiano Bovezzo. A tal proposito, le riflessioni dello studioso Monsignor Paolo Guerrini risultano ancora oggi le più attendibili. Lo storico esclude che il toponimo possa derivare da un nome personale romano, quale Bovo o Boezio; così pure egli nega che si possa riferire il nome al latino bos-bovis. Ripercorrendo i nomi che nel passato hanno indicato Bovezzo (Buecium, Buetium), l'etimologia si dovrebbe piuttosto ricondurre alla natura geologica del luogo: per somiglianza fonetica, il nome di Bovezzo si accosta a Boés, parola da cui deriva Bova, o Boa, che significa fango, melma, caratteristica dei luoghi acquitrinosi. Del resto il territorio di Bovezzo anticamente sorgeva su due sponde di una fonte. Questa ipotesi è inoltre confermata dal fatto che la frazione di Conicchio derivi probabilmente il suo nome da cuniculum, piccolo canale, forse a testimoniare il passaggio dell'antico acquedotto romano, che alimentava la città di Brescia. Il nome di Bovezzo appare per la prima volta in documenti storici degli anni 1226 e 1232, ove si accenna a una eclesia de Buetio, senza titolo, ma certamente, fin da allora, dedicata al vescovo di Brescia Sant'Apollonio, retta da un sacerdote che doveva celebrare i divini uffici sotto la giurisdizione della pieve di Concesio. I primi insediamenti storici sul territorio di Bovezzo risalgono al passaggio dei Galli Cenomani (200 a.C.), mentre abbastanza numerosi risultano i reperti archeologici di epoca romana fra cui possono essere ricordate un'armilla e una fibula in bronzo (databile tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.) ed un'ope di terracotta rossa-mattone. Una delle più evidenti prove della presenza romana sul territorio sono le tracce dell'antico acquedotto, realizzato all'epoca dell'imperatore Ottaviano Augusto (I secolo d.C.) L'acquedotto romano attraversava la Valle Trompia, convogliando le acque della Valle Gobbia sino a Brescia e fu utilizzato integralmente per tutta la lunghezza del percorso originario sino al V secolo d.C. Attualmente parti ben conservate dell'acquedotto sono presenti nel piano interrato di alcune palazzine private del paese. Durante il periodo medioevale Bovezzo è sotto la giurisdizione religiosa della pieve di Concesio, e risulta compreso — fra il 1385 e il 1403 — nella quadra di Nave, insieme a Caino, Lumezzane, Concesio e San Vigilio. Sempre in questo periodo Bovezzo si unisce sempre più a Concesio, tanto che nell'estimo del territorio bresciano del 18 gennaio 1435 viene indicato quale comune de Bovetio et Consetio. Le lotte che coinvolgono la Repubblica di Venezia nel XVI secolo per il predominio sui territori della terraferma fra cui l'agro bresciano su cui insiste Bovezzo culminano nella battaglia di Agnadello, presso Cremona, dove il 14 maggio 1509 l'esercito Veneto viene travolto dalla poderosa lega di Cambrai, composta da francesi, spagnoli e soldati delle signorie dei Gonzaga e degli Estensi. Durante l'assedio di Brescia, avvenuto nel 1512 in seguito alla sconfitta della Serenissima, Bovezzo e i paesi limitrofi sono soggetti al saccheggio da parte dei francesi. Dopo alterne vicende ed occupazioni la provincia bresciana ritorna sotto il dominio veneziano il 26 maggio 1516, per rimanervi sino alla caduta della Serenissima Repubblica avvenuta nel 1797 ad opera di Napoleone Bonaparte. Durante la dominazione di Venezia la vita di Bovezzo segue le sorti dei paesi vicini e non è protagonista di particolari episodi, eccetto le pestilenze del 1576-77 e del 1630 che provocano numerosi morti e l'occupazione da parte della cavalleria imperiale austriaca nel 1704, all'epoca della guerra di successione spagnola. Alla caduta del governo veneto segue un periodo di influenza francese che determina la diffusione degli ideali della rivoluzione francese in gran parte dell'Europa e la creazione della Repubblica Cisalpina nell'Italia nord-orientale. Nel 1797 le truppe francesi e gli alleati bresciani si scontrano presso Nave con i valsabbini, fedeli a Venezia, derubano la sacrestia della parrocchiale e assaltano l'oratorio di San Carlo in Palazzo Rota. Nell'Ottocento Bovezzo segue le sorti della Lombardia: dapprima inclusa, dopo il congresso di Vienna del 1815, nel Regno Lombardo-Veneto, sotto influenza asburgica, è poi annessa al Regno d'Italia nel 1859, a seguito della seconda guerra di indipendenza. Nel 1893 per risolvere una lunga siccità, la popolazione di Bovezzo, allora ridente borgo agricolo, fa un pellegrinaggio sul monte Palosso al santuario dedicato a sant'Onofrio, per invocare la pioggia per intercessione dei santi Onofrio e Fermo, molto venerati nel paese. L'acqua arriva e, a ricordo della giornata, rimane un ex voto. L'ultimo secolo di storia coincide per Bovezzo con le vicende del capoluogo bresciano al cui territorio si unisce sempre più strettamente. Nel 1910, ad opera del senatore Angelo Passerini, viene eretto ad ente morale l'omonimo asilo per l'infanzia che ancora oggi opera in collaborazione con l'Amministrazione comunale. Particolare menzione merita la figura del partigiano Gigi Rota, a cui è dedicata la piazza principale del paese. Luigi Rota, Gigi per i familiari e per gli amici, studente del politecnico di Milano, entra dopo alterne vicende di guerra, nella divisione partigiana autonoma "Brigata Vecchia Centro Croci" che opera fra la Val di Taro e il passo del Bracco. Cade il 22 gennaio 1945 a Carrodano in provincia di La Spezia, nel tentativo di rompere l'accerchiamento delle truppe tedesche e repubblichine che si erano attestate sulla linea Gotica. Nel 1951 il Consiglio Comunale gli dedica la piazza principale del paese, che tra l'altro era stata donata in precedenza al comune proprio della famiglia Rota. Nel 1979 viene fondata l'Accademia Musicale Giovanni Gabrieli, che ha come scopo la diffusione della musica attraverso vari corsi strumentali e con un'attività concertistica di tutto rispetto. Negli ultimi anni il paese ha conosciuto uno sviluppo edilizio ed un incremento demografico di notevoli proporzioni che ha fatto più che raddoppiare la popolazione residente, con insediamenti industriali e artigianali che hanno mutato il tessuto socioeconomico della comunità locale. Il 2 aprile 2000 scoppia una palazzina in via Brede per via di una fuga di gas, causando cinque morti. Il parco urbano del paese verrà poi ribattezzato "Parco 2 Aprile" per commemorare le vittime. Oggi il territorio di Bovezzo non conosce praticamente soluzioni di continuità con quello della città di Brescia, se si eccettua la collina di S. Onofrio che sovrasta il nucleo storico dell'abitato. Il gonfalone è un drappo di azzurro. Chiesa parrocchiale di Sant'Apollonio, ricostruita nel XIX secolo, sita in piazza Gigi Rota. La chiesa contiene un organo di Serassi e numerosi affreschi di Giulio Motta. Chiesa di San Rocco, edificio religioso di piccole dimensioni risalente al XVIII secolo. La chiesa sorge sui resti di un'edicola del XVI secolo. Santuario di Sant'Onofrio, risalente al XV secolo, sito sulla cima del monte Spina. Contiene una statua (Madonna con bambino) attribuita a Vincenzo Foppa e una serie di affreschi attribuiti al Romanino. Palazzo Rota, risalente al XVIII secolo, ad opera dell'ingegner Vincenzo Berenzi. Palazzo Rampinelli, risalente al XV secolo e ingrandito nel XVIII secolo dai Bordogni. Casa Avogadro, risalente al XV secolo. Casa Mazzini, risalente al XV secolo Villa Riva del XVI secolo Insieme ai comuni di Collebeato, Brescia, Botticino, Cellatica, Rodengo-Saiano, Rezzato è stato istituito il Parco delle colline. Abitanti censiti Secondo le statistiche demografiche del 2016 la popolazione straniera presente sul territorio di Bovezzo era di 563 persone. Le nazionalità maggiormente rappresentate erano: Albania, 155 Romania, 66 Moldavia, 53 Pakistan, 49 Ucraina, 44 Sri Lanka, 27 Marocco, 24 Egitto, 21 La biblioteca comunale è attiva dal 1979 ed è sita all'interno del Centro Civico di Via Vittorio Veneto. Sul territorio opera l'Istituto comprensivo di Bovezzo e una scuola paritaria dell'infanzia aperta dal 1905. Il comune è interessato dalla strada provinciale Bresciana 237 (ex Strada statale 237 del Caffaro) I trasporti interurbani di Bovezzo vengono svolti con autoservizi di linea gestiti da Brescia Trasporti. Di seguito l'elenco dei sindaci eletti direttamente dai cittadini (dal 1995): Le due società di calcio della città sono l'"U.S.O. UNITED", nata nel 2012 e precedentemente attiva sul territorio come U.S.O. Bovezzo, e l'"U.S. Bovezzo 2000 Calcio", nata nel 2000 e militante nel girone G lombardo di 1ª Categoria. La squadra maschile di basket "A.S.D. Basket Bovezzo" rappresenta la città nel campionato F.I.P. di Promozione. Il maggiore impianto sportivo di Bovezzo è lo stadio "Roberto Coltrini" (noto anche come Stadio Comunale), adibito al calcio. Altri importanti impianti sono il "Centro Tennistico Comunale Gianluigi Pasotti" gestito dal Tennis Club Bovezzo ed il Bocciodromo gestito dalla Bocciofila Valle del Garza. Questi tre impianti si trovano in Via della Libertà all'interno del "Parco Urbano 2 aprile". Altri sport (tra cui Basket e Volley) vengono praticati presso la palestra comunale "Candido Cannavò" di Via Paolo VI. Lombardia BS-CO (Pag.37) - Pasquale Passarelli, Istituto Enciclopedico Italiano, 2001. ISBN 8887983135 Bovezzo. Vicende storiche e patrimonio artistico - Carlo Sabatti e Domenico Larovere, Civiltà bresciana, 1985. I luoghi del sacro i giorni degli uomini. Un itinerario storico artistico a Bovezzo - Vittorio Nichilo, Fondazione Civiltà Bresciana, 2009. ISBN 8855900080 Monte Sant'Onofrio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Bovezzo Sito ufficiale, su comune.bovezzo.bs.it.

Chiesa di San Giovanni Battista (Lumezzane)
Chiesa di San Giovanni Battista (Lumezzane)

La chiesa di San Giovanni Battista è la parrocchiale di Pieve, frazione del comune sparso di Lumezzane, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale della Val Gobbia. Il luogo di culto originario di Pieve, dedicato a santa Maria, fu costruito probabilmente nel XII secolo, sui resti, secondo alcuni studiosi, di un'edicola romana del I o II secolo, di cui sopravvivrebbero alcuni marmi reimpiegati nella muratura dell'edificio. La chiesa, menzionata per la prima volta nel 1410 come plebs sanctae Mariae de Limesanis nel registro del capitolo della cattedrale, ottenne il titolo plebano in epoca imprecisata, forse in seguito alla distruzione dell'antico borgo di Piubego, in cui si sarebbe trovata la prima pieve dedicata a san Giovanni Battista; il tempio di Pieve avrebbe conseguentemente assunto la doppia intitolazione, per perdere successivamente quella originaria e mantenere solo la nuova. L'edificio gotico fu in seguito decorato con affreschi, ma si rivelò nel tempo troppo modesto per la popolazione del luogo e conseguentemente nel 1570 fu alzato e notevolmente ampliato su progetto dell'architetto Lodovico Beretta; il 13 luglio 1625 la nuova chiesa fu solennemente consacrata alla presenza del vescovo di Brescia Marino Zorzi. Nei decenni successivi il luogo di culto fu arricchito di altri altari, nonché nel 1682 della sagrestia e nel 1691 del campanile; tuttavia, due anni dopo la comunità decise di ingrandire ancora il tempio, che tra il 1695 e il 1700 circa fu ricostruito da Carlo Bianchi. Nel corso del XVIII secolo la chiesa fu decorata e dotata di nuovi altari, dipinti e suppellettili, nonché, nel 1745, della cantoria e dell'organo, sostituito nel 1895 con uno moderno realizzato da Diego Porro. Altre opere furono eseguite nel XX secolo, a partire dal 1914, anno in cui fu rifatta la pavimentazione interna; negli stessi anni il tempio fu sottoposto ad alcuni restauri. Tra il 1965 e il 1975, in ossequio alle norme postconciliari, la chiesa fu dotata dell'altare rivolto verso l'assemblea, mentre a partire dal 1978 l'intero edificio fu risistemato e furono recuperate anche le tracce degli affreschi cinquecenteschi del luogo di culto originario, poste in un locale adiacente alla sagrestia. L'ultimo cantiere fu avviato nel 2001, col restauro delle decorazioni. La facciata a capanna della chiesa, rivolta a nordovest, è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri, entrambi scanditi da sei lesene; quello inferiore, d'ordine tuscanico, presenta al centro il portale d'ingresso, sormontato dal timpanetto curvilineo spezzato, mentre quello superiore, in stile ionico, è caratterizzato da un finestrone e coronato dal frontone di forma triangolare. Annesso alla parrocchiale è il campanile a base quadrata, la cui cella presenta su ogni lato una monofora a tutto sesto ed è coronata da una merlatura. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata, sulla quale si affacciano le cappelle laterali introdotte da archi a tutto sesto e le cui pareti sono scandite da lesene sorreggenti la trabeazione modanata e aggettante sopra la quale si imposta la volta a botte; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, rialzato di alcuni gradini, ospitante l'altare maggiore e chiuso dall'abside di forma poligonale. Lumezzane Diocesi di Brescia Regione ecclesiastica Lombardia Parrocchie della diocesi di Brescia Parrocchia di S. GIOVANNI BATTISTA, su parrocchiemap.it. URL consultato il 21 gennaio 2023. Chiesa di San Giovanni Battista, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Chiesa di San Giovanni Battista, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia.

Mompiano
Mompiano

Mompiano (Mompià in dialetto bresciano) è un quartiere di Brescia, già comune autonomo fino al 1880. L'area del quartiere è delimitata a nord, da via Conicchio e dal confine comunale con Bovezzo e con Nave; a est, dal territorio montuoso del monte Maddalena; a ovest, da via Triumplina, parte dell'ex statale delle Tre valli; a sud, dallo Ospedale Civile, da via Riccobelli e dalla parte pedemontana della Maddalena appartenente al quartiere di San Rocchino. La parte settentrionale del territorio è dominata dalla collina del Monte San Giuseppe (393 m), mentre quella orientale corrisponde a una parte della fascia pedemontana del Monte Maddalena. Il resto del territorio è pianeggiante. Il torrente Garza attraversa la parte occidentale del quartiere, mentre il canale Celato, derivato dal fiume Mella, corre nella zona centrale. Il toponimo deriva da Monte Plano che designerebbe il territorio pianeggiante delimitato dal colle San Giuseppe, a nord, e dal Monte Maddalena, a sud e a est. L'area occupata dall'attuale quartiere fu bonificata dall'intervento dei monaci benedettini del cenobio di san Faustino maggiore nell'XI secolo. In epoca medievale, Mompiano fece parte delle "chiusure" di Brescia: tra le aree abitate al di fuori della cinta muraria, ma sottoposta agli statuti comunali della città. Nel Quattrocento, fu inserita tra le quadre di San Faustino, come ottava in ordine di numero. Di Mompiano è originario il francescano Giovanni Bodeo che il 15 febbraio 1611 fu martirizzato a Praga dai protestanti insieme ad altri colleghi. Furono proclamati beati da papa Benedetto XVI. Alla fine del Settecento, l'arrivo dei rivoluzionari francesi portò alla costituzione della repubblica Bresciana (1797) presto sostituita dalla Cisalpina (1797-1802) e dall'Italiana (1802-1805). Nel 1797, Mompiano fu indicato come luogo appartenente alle "Chiusure a mattina della Garza fuori di Porta Pile" del Cantone di Garza Orientale. Nel settembre 1798, fu definito come comune appartenente al Dipartimento del Mella. A seguito della riorganizzazione della Repubblica in Regno d'Italia, nel giugno 1805 il comune di Mompiano fu soppresso e aggregato al comune di Brescia. Riottenne l'autonomia comunale il 1º maggio 1816, con la riorganizzazione amministrativa del Regno Lombardo-Veneto prevista dalla notificazione 12 febbraio 1816. Appartenne al I Distretto della Provincia di Brescia. Il confine del comune era più esteso di quello dell'odierno quartiere, perché occupava tutta l'area nord-orientale dell'attuale comune di Brescia: a nord, comprendeva il Conicchio e a sud la Pusterla, arrivando fino alle pendici del colle Cidneo. Dopo l'esito della Battaglia di Solferino e San Martino e secondo quanto previsto dalla legge Rattazzi, San Bartolomeo mantenne l'autonomia comunale sia sotto il Regno di Sardegna (1859-61) sia sotto il Regno d'Italia. Nella nuova riorganizzazione amministrativa fu inserito nel III III Mandamento e nel I Circondario della nuova Provincia di Brescia. Negli anni Settanta dell'Ottocento, la politica locale discusse la necessità di accorpare i comuni delle chiusure, tra cui Mompiano, al capoluogo. Nonostante le resistenze delle amministrazioni comunali del suburbio, i comuni furono soppressi e i territori assegnati a Brescia. Nel Novecento, la frazione di Mompiano ebbe l'illuminazione elettrica, ottenne l'ampliamento delle scuole e fu servita, dal 1915 fino al secondo dopoguerra, da una linea tranviaria. A partire dagli anni Cinquanta fu oggetto di successive urbanizzazioni che ridussero le aree rurali: si segnalano le edificazioni del villaggio Giorgio Montini, costruito secondo i dettami di Ottorino Marcolini, e del quartiere «Europa 70». Nel marzo 1967, a Mompiano fu uno il secondo quartiere della città dove si costituì un comitato, dopo l'esperienza di San Polo. Questi organismi, del tutto spontanei, chiedevano alla Giunta Boni un riconoscimento ufficiale e la disponibilità di mezzi e strumenti per partecipare alla stesura del bilancio comunale e per intervenire nelle decisioni urbanistiche a carattere locale. Il dibattito fu stimolato dalla nascita in altri quartieri di nuovi comitati, arrivando all'istituzione dei consigli di quartiere: organismi elettivi ufficiali previsti dallo Statuto. Nel luglio 1972, il consiglio comunale ne votò l'istituzione suddividendo la città in trenta quartieri. I nuovi consigli si insediarono in tempi diversi tra il 1973 e il 1974 e per un periodo sperimentale di diciotto mesi: le elezioni di quello di Mompiano si tennero il 16 dicembre 1973. Nel 1977, la Giunta Trebeschi recepì la legge 278/1976, riorganizzando i quartieri in nove circoscrizioni. Mompiano fu assegnato alla Seconda circoscrizione, assieme a Crocifissa di Rosa, San Rocchino-Costalunga e Villaggio Prealpino. Nel 1989, alcuni componenti dell'originario comitato di quartiere di fine anni Sessanta si organizzarono per evitare la trasformazione di un'area verde in parcheggio per il vicino Stadio. Le loro iniziative portarono alla costituzione del «Parco Castelli» nella prima metà degli anni Novanta. Nel 2007, la Giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque e Mompiano fu assegnato alla nuova Circoscrizione Nord. Sette anni dopo, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di ricostituire gli organismi di rappresentanza dei quartieri. Le prime elezioni del consiglio di quartiere si tennero in tutta la città il 14 ottobre. Chiesa di sant'Antonio Abate, annessa all'istituto canossiano Chiesa di sant'Antonino, edificata nel Trecento Chiesa di san Calimero Chiesa di san Cristoforo, annessa alla chiesa di sant'Antonino, risale all'XI secolo Chiesa di san Gaudenzio, chiesa parrocchiale del quartiere Chiesa di santa Maria, originaria chiesa parrocchiale di Mompiano Chiesa del santo Crocifisso, annessa al cenobio delle Ancelle della carità Acquedotto di Mompiano, la condotta originaria fu costruita sotto l'amministrazione del re longobardo Desiderio e poi completamente ricostruita in ghisa nel 1902 Stadio Mario Rigamonti, dal 1959 è utilizzato dal Brescia Calcio Parco Benedetto Castelli, istituito negli anni Novanta, su richiesta di alcuni abitanti del quartiere Parco Croce Rossa italiana Presso il quartiere hanno sede le facoltà di medicina e d'ingegneria dell'Università degli Studi di Brescia e il secondo campus dell'Università Cattolica di Brescia. Mompiano è servito dalla scuola primaria Cesare Arici e dalla scuola secondaria di primo grado Virgilio. Nel quartiere ha sede l'ITC Astolfo Lunardi. Nel quartiere è presente la parrocchia di san Gaudenzio, appartenente alla diocesi di Brescia. Dal 1915 al secondo dopoguerra, Mompiano ebbe una linea tranviaria che la collegava a Piazza della Loggia. Dal 2013, il quartiere è attraversato dalla metropolitana di Brescia ed è servito da due fermate: Mompiano, in Piazzale Vivanti, ed Europa, all'incrocio tra viale Europa e via Branze. Mompiano è anche servito da due linee della rete di trasporti urbani della città: la 10 (Concesio-Poncarale) e la 15 (Villaggio Montini-Noce). Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Nord, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 16 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Gianpiero Belotti, Mario Baldoli, Una corsa lunga cent'anni - Storia dei trasporti pubblici di Brescia dal tram a cavalli al progetto Metrobus, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 1999, ISBN 88-86670-13-3. Mompiano, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. Raccolta dei decreti del Governo provvisorio bresciano e di altre carte pubblicate a quell'epoca colle stampe. Volume secondo, Brescia, Tipografia dipartimentale del Mella, 1804. Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi nell'anno VI Repubblicano. Tomo V, Milano, Luigi Velandini, 1798. Raccolta delle leggi, proclami, ordini ed avvisi nell'anno VII Repubblicano. Tomo VI, Milano, Luigi Velandini, 1798. Bollettino delle leggi del Regno d'Italia. Parte Prima. Dal I gennaio al 30 giugno 1805, Milano, Stamperia Reale, 1805. Atti del Governo di Lombardia. Parte Prima. Dal 1° Gennajo al 30 Giugno 1816, Milano, Imperial Regia Stamperia, 1816. Collezione celerifera delle leggi, decreti, istruzioni e circolari pubblicate nell'anno 1859, Torino, Stamperia Reale, 1860. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Mompiano