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Marassi

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Panorama Marassi 01
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Marassi (Marasci in ligure) è un quartiere di Genova nella bassa val Bisagno. Comune autonomo fino al 1873, quando insieme ad altri cinque comuni della bassa val Bisagno fu inglobato nel comune di Genova, prima espansione di quella che nel 1926 sarebbe divenuta la Grande Genova; dopo l'annessione alla città ha conosciuto un'impetuosa crescita urbanistica, trasformandosi in un quartiere residenziale semi-centrale. Nella ripartizione amministrativa del comune di Genova ne è stato, insieme a Quezzi, una circoscrizione. Nella nuova ripartizione in vigore dal 2005 fa parte del Municipio III Bassa Valbisagno.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Marassi (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Marassi
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Piazzale Marassi
16139 Genova, Marassi
Liguria, Italia
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Panorama Marassi 01
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Luoghi vicini

Stadio Luigi Ferraris
Stadio Luigi Ferraris

Lo stadio Luigi Ferraris è un impianto sportivo di Genova. Colloquialmente noto anche come stadio di Marassi dal nome del quartiere genovese dove sorge, è il più antico impianto calcistico d'Italia in attività al 2024, essendo stato inaugurato nel 1911. Ha una capienza di 33 205 posti dopo la ristrutturazione del 2019 della tribuna superiore, che ha ridotto i precedenti circa 36 599. Nel suo periodo di capacità massima era in grado di ospitare circa 60 000 spettatori. Il Ferraris è sede degli incontri interni delle due maggiori squadre di calcio cittadine, il Genoa e la Sampdoria. Di proprietà comunale, è dal 2016 al 2022 in gestione alla società Luigi Ferraris s.r.l., paritariamente posseduta dai due club calcistici cittadini che ne usufruiscono. L'impianto fu sottoposto a diverse ristrutturazioni, la più importante delle quali tra il 1987 e il 1989, quando fu adeguato per ospitare incontri del campionato mondiale di calcio 1990 del quale l'Italia fu Paese organizzatore; in tale occasione divenne uno stadio completamente coperto e, per permettere l'uso della struttura in maniera continuativa, non esistendo in città altri impianti idonei a sostenere l'affluenza, singole sezioni della stessa furono demolite e ricostruite a turno onde avere sempre settori agibili. A livello internazionale ha ospitato numerosi incontri della nazionale italiana di calcio e talora anche di quella di rugby, nonché alcuni concerti musicali.

Fereggiano

Il Fereggiano (Fêuxàn in lingua ligure /føːˈʒaŋ/) è un torrente di Genova che nasce dalla confluenza tra il rio Molinetto e il rio Finocchiara in località Pedegoli a Genova Quezzi; è un affluente in sinistra idrografica del torrente Bisagno. Il nome risale al 1012 e compare con diverse varianti, tra cui Felexano, Falesiano, Faresiano e Faregiano. Le sue acque e quelle dei suoi affluenti sono state sfruttate fino alla seconda metà del XX secolo per varie attività industriali, come i frantoi per la produzione dell'olio d'oliva (molti gli oliveti ancor oggi presenti nella valletta) e per l'attività di lavanderia il cui sviluppo è testimoniato dalla presenza di vari lavatoi civici lungo il suo percorso. La valletta del rio Fereggiano, così come quella di molti altri corsi d'acqua genovesi, subì varie trasformazioni a causa dell'espansione del tessuto urbano; già nella prima metà del XX secolo, gran parte del letto del Fereggiano fu coperta: la parte terminale del torrente, all'altezza del quartiere di Marassi, scorre sotto le vie Fereggiano e Monticelli. Più a monte il letto del torrente rimase per lo più inalterato, anche se furono realizzate alcune costruzioni all'interno degli argini, se non addirittura a cavallo dell'alveo, ed un tratto del torrente fu coperto con la realizzazione di uno slargo (largo Augusto Merlo) sul quale fu realizzato il capolinea tranviario. Il boom edilizio che interessò la zona negli anni sessanta portò alla cementificazione del torrente che in vari punti è ora costretto in un letto più stretto di quello naturale. Negli anni ottanta furono realizzate sul torrente tre piastre destinate a parcheggio. Il 7 aprile 2006, il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, ha annunciato durante una visita al quartiere di Quezzi che il Fereggiano sarebbe stato interessato da lavori di messa in sicurezza che avrebbero comportato interventi sugli argini e sul letto del torrente, l'estensione della copertura di largo Merlo e la demolizione di alcuni edifici. L'8 febbraio 2007, l'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi ha dichiarato lo stato di emergenza "in relazione alla grave situazione di pericolo, che interessa il reticolo idrografico del torrente Ferreggiano e del torrente Sturla" nominando Commissario delegato per la gestione dell'emergenza il presidente della regione Liguria Claudio Burlando. Nel marzo 2007 il Consiglio dei ministri ha stanziato un importo pari a 9,5 milioni di euro per la messa in sicurezza del torrente; i cantieri per il primo lotto di lavori sono stati aperti nel giugno 2008 e dal febbraio 2010 sono stati avviati anche i lavori relativi al secondo lotto. Il 4 novembre 2011 il Fereggiano è esondato a causa delle forti precipitazioni e della massa di detriti portata a valle dalla forza dell'acqua. Nonostante i lavori di messa in sicurezza iniziati nel 2009, il torrente è straripato comportando l'allagamento di via Fereggiano, corso Sardegna e piazzale Marassi. L'acqua ha invaso negozi, abitazioni e magazzini e ha portato alla morte di 6 persone che avevano cercato rifugio nell'androne di un palazzo. La causa è stato un forte temporale nato alla convergenza tra la tramontana e lo scirocco. Tutto ciò ha impedito il movimento di esodo che si è andato letteralmente ad incastrare nella Val Fereggiano, scaricando in sole 4 ore una massa d'acqua che di solito cade in 5-6 mesi. Ma il Fereggiano non è nuovo alle esondazioni: si ricordano, fra le altre, quelle del 29 ottobre 1945 e dell'8 novembre 1951. Attualmente sono in corso dei lavori di pulizia del torrente ed è stata messa in parte in sicurezza la frana presente prima della copertura. Il 9 ottobre 2014 ha avuto luogo una nuova alluvione che ha creato meno danni di quella avvenuta tre anni prima, grazie all'argine ricostruito proprio dopo l'alluvione del 4 novembre 2011, che, in questo caso, non è andato distrutto. In seguito all'esondazione del Bisagno, anche il Fereggiano è uscito dagli argini allagando la parte bassa di Quezzi e Marassi, contribuendo a danneggiare le zone interessate e in seguito causando la morte di un uomo. Negli anni novanta iniziò la costruzione di un deviatore del torrente che avrebbe dovuto portare le acque da Quezzi direttamente al mare per evitare il rischio di straripamenti, ma i lavori furono interrotti prima della loro conclusione. Dopo l'alluvione del 2011 è stato ripreso in mano il progetto del canale scolmatore del torrente Bisagno che interesserà anche il Fereggiano, dovendone raccogliere gran parte delle acque lungo il suo percorso. Il 7 aprile del 2015 sono iniziati i lavori che prevedono una galleria di 3717 metri di cui 909 già esistenti realizzati negli anni '90, la galleria ha una forma policentrica con un diametro di 5,2 m, il valore dei lavori è di 45 milioni di euro. La portata è di 160 mc/s, che comprende la portata del Fereggiano di 111 mc/s verificatasi nell'alluvione del 2011, oltre a questo si aggiungono le portata del Rio Rovere per 26 mc/s e il rio Noce per 23 mc/s. A giugno del 2017 il fronte di scavo è arrivato in corrispondenza del monoblocco sul mare. Nel 2019 i lavori minimi per considerare lo scolmatore funzionante in caso di necessità sono terminati. A marzo del 2020 i lavori sono conclusi. Sulla sponda sinistra del Fereggiano si trova il santuario della Madonna del Monte. Alluvione di Genova del 4 novembre 2011 Alluvione di Genova del 9 e 10 ottobre 2014 Pagina web sullo scolmatore del Fereggiano, su comune.genova.it. Rai Sapiens, servizio sullo scolmatore del Fereggiano, su raiplay.it. Sito web ufficiale dello scolmatore del Bisagno, su scolmatorebisagno.it.

Villa Gropallo dello Zerbino
Villa Gropallo dello Zerbino

Villa Balbi Durazzo Gropallo "Dello Zerbino" è una storica dimora cinquecentesca italiana, situata nel quartiere di Castelletto, in un'area che, quando la villa fu costruita, si trovava al di fuori delle mura cittadine ed era incolta (in Lingua ligure zerbo, da cui deriva il toponimo "Zerbino"). Costruita fra il 1599 e il 1603 come residenza estiva dei nobili genovesi Stefano e Giovanni Battista Balbi, nel Settecento passò a Marcello III Durazzo, quindi alla famiglia Gropallo. È di proprietà della famiglia Castelbarco Albani, utilizzata come sede di riunioni ed eventi. La villa fu costruita fra il 1599 e il 1603 come residenza estiva dei nobili genovesi Stefano Balbi, ambasciatore a Milano, e Giovanni Battista Balbi. Passata nel Settecento a Marcello III Durazzo, all'inizio dell'Ottocento fu rinnovata dall'architetto genovese Emanuele Andrea Tagliafichi, che si dedicò in particolare alla risistemazione del parco. Durante l'espansione urbana ottocentesca, la villa e il suo parco non furono toccate e la città circonda oggi la villa senza comprometterne l'unità monumentale. Alla fine dell'Ottocento, la villa passò alla famiglia Gropallo fino al 1995, quando l'ultima discendente, la marchesa Laura Gropallo della Sforzesca, la lasciò ai figli Cesare e Marcello Castelbarco Albani. La villa oggi viene affittata come sede di riunioni ed eventi. L'architettura della villa segue la tradizionale tripartizione alessiana della facciata. Anche l'impostazione interna è tradizionale, con ambienti centrati attorno alle stanze principali. La decorazione interna, ancora ben preservata, include gli affreschi secenteschi al piano nobile di Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, quest'ultimo l'autore dell'affresco del salone centrale, rappresentante Il Tempo e le Stagioni. Il piano terra, rinnovato in stile neoclassico dal Tagliafichi nel Settecento, ha una grande sala aperta al giardino, decorata da Giovanni Barabino e Michele Canzio. Il parco fu rimodellato all'inizio dell'Ottocento dal Tagliafichi, con terrazzamenti, scaloni, un ninfeo e una grotto romantica. Il nobile Ippolito Durazzo, ritiratosi a vita privata dopo la caduta della Repubblica di Genova nel 1815, si dedicò alla ricerca botanica e contribuì ad abbellire il giardino con molte specie pregiate. Il giardino e la villa nelle foto di Paolo Monti, 1964 Catalogo delle Ville Genovesi, Genova, Italia Nostra, 1969, pp. 118-131. Riccardo Luccardini, La Circonvallazione a Monte. Genova. Storia dell'espansione urbana dell'Ottocento, Genova, SAGEP, 2012, p. 52, ISBN 9788863731965. Martin-Pierre Gauthier, Les plus beaux edifices de la ville de Genes, Paris, 1832, II, tav. 1-6. Guida d'Italia Liguria, Touring Club Italiano, 2009, p. 182. Ville di Genova Genova Villa delle Peschiere Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Gropallo dello Zerbino Villa Gropallo dello Zerbino, su fosca.unige.it. URL consultato il 25 marzo 2018 (archiviato dall'url originale il 25 marzo 2018). Villa Gropallo dello Zerbino, su arte.it.

Chiesa di Santa Margherita (Genova)
Chiesa di Santa Margherita (Genova)

La chiesa di Santa Margherita è la parrocchiale di Marassi, quartiere di Genova, in città metropolitana ed arcidiocesi di Genova; fa parte del vicariato di Marassi - Staglieno. La prima citazione di una chiesetta a Marassi dedicata a santa Margherita risale al 1027; questa cappella, originariamente dipendente dalla prevostura dei Santi Nazario e Celso, in seguito fu affidata ai monaci benedettini dell'abbazia di Santo Stefano. La cura d'anime del borgo, dopo essere passata sotto l'influenza del capitolo della cattedrale di San Lorenzo, passò nel 1444 ai frati minori e successivamente al clero diocesano; nel 1604 papa Clemente VIII assegnò la chiesa ai carmelitani, che realizzarono un convento attiguo e che provvidero al rifacimento del coro della struttura. Nel 1619 la chiesa e il convento vennero ceduti ai frati Minimi di Gesù e Maria, i quali ampliarono il convento e sottoposero la parrocchiale a un generale intervento di rifacimento e di ingrandimento. La consacrazione venne impartita il 16 ottobre 1769 dall'arcivescovo genovese Giovanni Lercari e nel 1866 la facciata fu rimaneggiata; la chiesa fu restaurata in seguito al bombardamento del 1942. La facciata a salienti della chiesa è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri: quello inferiore, più largo e scandito da sei lesene corinzie, presenta nel mezzo il portale maggiore, sormontato da un architrave su peducci e da un dipinto ad affresco delimitato da un'elaborata cornice in rilievo, mentre ai lati, al di sopra del basamento, si trovano quattro specchiature ad arco, coronate da bassorilievi e da finestrelle a tutto sesto; quello superiore, tripartito da quattro lesene sorreggenti il timpano di forma triangolare e affiancato da due volute alle estremità, è caratterizzato da un finestrone centrale a tutto sesto, chiuso da una balaustra marmorea e fiancheggiato da specchiature ad arco e bassorilievi. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata coperta da una volta a botte affrescata, sulla quale si aprono quattro cappelle laterali con volte a vela, e del transetto, anch'esso voltato a botte, sul quale si affacciano due ulteriori cappelle; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, a sua volta chiuso dall'abside di forma semicircolare, riccamente dipinta sulle pareti e sul catino. Nella chiesa sono conservate opere di importanti artisti di scuola genovese, tra le quali il Crocifisso con Maria Vergine e san Giovanni Evangelista di Bernardo Castello (1557-1629), i Santi Michele, Gerolamo e Bartolomeo e sant'Anna in contemplazione della Vergine di Giovanni Battista Carlone (1603-1680) e la Decollazione del Battista di Domenico Fiasella (1589-1669), quest'ultimo proveniente dalla chiesa di San Giovanni Battista di Paverano., Arcidiocesi di Genova Parrocchie dell'arcidiocesi di Genova Regione ecclesiastica Liguria Chiese di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Margherita Parrocchia di S. MARGHERITA, MARASSI, su pmap.it. URL consultato l'8 giugno 2021.

Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (Genova)
Chiesa dei Santi Pietro e Paolo (Genova)

La chiesa dei Santi Pietro e Paolo è un edificio religioso nei pressi della stazione di Genova Brignole, in salita delle Fieschine, e la sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato di Carignano-Foce dell'arcidiocesi di Genova. Voluto principalmente dal cardinale Placido Maria Tadini, assieme ad altre personalità del clero genovese, il convitto fu istituito nel 1841 e ufficialmente inaugurato il 15 aprile del 1842 nella sede provvisoria sulle alture del quartiere di Granarolo. Trasferito nel 1843 presso le mura di Santa Chiara e ancora, nel 1848, in una casa presso Brignole, il primo edificio della chiesa prese corpo dal 1872 sulla collina di Montesano. Fu il progetto dell'ingegnere Giovanni Novella, nel 1874, a dare forma all'odierna chiesa; quest'ultima si presenta rotonda a forma di piccolo tempio e con soprastante cupola. Il 21 giugno dello stesso anno venne consacrata dall'arcivescovo genovese Salvatore Magnasco. Eretta in vicaria autonoma con il decreto arcivescovile del 21 gennaio 1961, fu elevata al titolo di parrocchiale dal 16 novembre 1968. Al suo interno sono conservate opere dei pittori Dino Beroggio e Nicola Fava (I quattro evangelisti nei peducci della cupola) e il gruppo ligneo dello scultore rapallese Antonio Canepa raffigurante Nostra Signora della Guardia. Sono presenti inoltre due tele ad olio rappresentanti la Sacra Famiglia e la Pietà del pittore genovese Francesco Romanello. Arcidiocesi di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dei Santi Pietro e Paolo Arcidiocesi di Genova, su diocesi.genova.it (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2010).

Chiesa di San Bartolomeo degli Armeni
Chiesa di San Bartolomeo degli Armeni

La chiesa di San Bartolomeo degli Armeni è un edificio religioso del quartiere Castelletto di Genova in piazza San Bartolomeo degli Armeni. La chiesa fu fondata nel 1308 da alcuni monaci basiliani provenienti dalla Montagna Nera (Armenia meridionale), invasa dai Turchi. Dell'edificio originario, probabilmente a pianta centrale, è rimasta la parte absidale, con la cupola e la cappella sinistra della testata; quella di destra, dedicata a san Pantaleo, fu distrutta nel 1883, quando fu costruito un edificio di civile abitazione che chiude la chiesa da due lati (facciata e fianco destro) nascondendone le strutture esterne, delle quali emerge soltanto il campanile. Il tempio venne notevolmente trasformato nel 1595, quando fu allungato, aggiungendo all'abside un'ampia navata unica, che risulta molto più alta della costruzione primitiva; passato nel 1650 ai barnabiti, che la officiano tuttora, fu nuovamente ristrutturato nel 1775. La storia della chiesa è strettamente legata alle vicende della reliquia del "Santo Volto di Edessa" o Mandylion: un lino dipinto a tempera raffigurante il Cristo, che il doge di Genova Leonardo Montaldo ricevette dall'imperatore di Costantinopoli e donò ai monaci dl San Bartolomeo nel 1388. Inserito in una preziosa cornice in filigrana d'oro e d'argento - capolavoro dell'oreficeria bizantina - viene esposto durante la settimana successiva alla domenica di Pentecoste. Il lino è chiamato “santo mandillo” a Genova, ma la sua originalità è ancora fonte di discussione tra gli studiosi. Ricco il corredo decorativo, in gran parte legato alla sacra reliquia. Tra gli affreschi: Gesù consegna ad Anania le sue impronte, di Giovanni Battista Paggi (XVI secolo) sulla volta del vestibolo; Storie del Santo Sudario di Orazio De Ferrari, G.B. Paggi e Giulio Benso nella controfacciata e sulla parete laterale destra; notevolissimo, sulla volta, il Martirio di San Bartolomeo di Lazzaro Tavarone (1596). Tra i quadri spiccano un'Annunciazione di G.B. Paggi, il Miracolo del cieco di Gerico di Orazio De Ferrari e il ritratto del Beato Alessandro Sauli di Giacomo Boni (1745). Sull'altare maggiore, il trittico di Turino Vanni (1415) con Madonna e santi e Storie di san Bartolomeo nella predella; alle pareti del presbiterio, Resurrezione (1559) e Ascensione (1561), tavole di Luca Cambiaso, e Angeli di Domenico Piola. Da segnalare ancora due crocifissi, quello ligneo di Anton Maria Maragliano e il grande Crocifisso ligneo barocco dell'abside attribuito a Giovanni Battista Bissoni. Alla chiesa primitiva appartengono gli affreschi quattrocenteschi posti nel vestibolo della sagrestia, con Storie della Passione, Crocifissione, Evangelisti e Dottori della Chiesa. Nella chiesa inoltre è custodita la reliquia del piede di san Bartolomeo. Nadia Pazzini Paglieri, Rinangelo Paglieri, Chiese in Liguria, Genova, Sagep Editrice, 1990, ISBN 88-7058-361-9. Genova Arcidiocesi di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Bartolomeo degli Armeni Approfondimenti sulla chiesa, su irolli.it.