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Chiesa di Santa Margherita (Genova)

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Chiesa di Santa Margherita (Marassi, Genova)
Chiesa di Santa Margherita (Marassi, Genova)

La chiesa di Santa Margherita è la parrocchiale di Marassi, quartiere di Genova, in città metropolitana ed arcidiocesi di Genova; fa parte del vicariato di Marassi - Staglieno. La prima citazione di una chiesetta a Marassi dedicata a santa Margherita risale al 1027; questa cappella, originariamente dipendente dalla prevostura dei Santi Nazario e Celso, in seguito fu affidata ai monaci benedettini dell'abbazia di Santo Stefano. La cura d'anime del borgo, dopo essere passata sotto l'influenza del capitolo della cattedrale di San Lorenzo, passò nel 1444 ai frati minori e successivamente al clero diocesano; nel 1604 papa Clemente VIII assegnò la chiesa ai carmelitani, che realizzarono un convento attiguo e che provvidero al rifacimento del coro della struttura. Nel 1619 la chiesa e il convento vennero ceduti ai frati Minimi di Gesù e Maria, i quali ampliarono il convento e sottoposero la parrocchiale a un generale intervento di rifacimento e di ingrandimento. La consacrazione venne impartita il 16 ottobre 1769 dall'arcivescovo genovese Giovanni Lercari e nel 1866 la facciata fu rimaneggiata; la chiesa fu restaurata in seguito al bombardamento del 1942. La facciata a salienti della chiesa è suddivisa da una cornice marcapiano in due registri: quello inferiore, più largo e scandito da sei lesene corinzie, presenta nel mezzo il portale maggiore, sormontato da un architrave su peducci e da un dipinto ad affresco delimitato da un'elaborata cornice in rilievo, mentre ai lati, al di sopra del basamento, si trovano quattro specchiature ad arco, coronate da bassorilievi e da finestrelle a tutto sesto; quello superiore, tripartito da quattro lesene sorreggenti il timpano di forma triangolare e affiancato da due volute alle estremità, è caratterizzato da un finestrone centrale a tutto sesto, chiuso da una balaustra marmorea e fiancheggiato da specchiature ad arco e bassorilievi. L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata coperta da una volta a botte affrescata, sulla quale si aprono quattro cappelle laterali con volte a vela, e del transetto, anch'esso voltato a botte, sul quale si affacciano due ulteriori cappelle; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, a sua volta chiuso dall'abside di forma semicircolare, riccamente dipinta sulle pareti e sul catino. Nella chiesa sono conservate opere di importanti artisti di scuola genovese, tra le quali il Crocifisso con Maria Vergine e san Giovanni Evangelista di Bernardo Castello (1557-1629), i Santi Michele, Gerolamo e Bartolomeo e sant'Anna in contemplazione della Vergine di Giovanni Battista Carlone (1603-1680) e la Decollazione del Battista di Domenico Fiasella (1589-1669), quest'ultimo proveniente dalla chiesa di San Giovanni Battista di Paverano., Arcidiocesi di Genova Parrocchie dell'arcidiocesi di Genova Regione ecclesiastica Liguria Chiese di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Margherita Parrocchia di S. MARGHERITA, MARASSI, su pmap.it. URL consultato l'8 giugno 2021.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Santa Margherita (Genova) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Santa Margherita (Genova)
Piazza Rosmini, Genova Marassi

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16142 Genova, Marassi
Liguria, Italia
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Chiesa di Santa Margherita (Marassi, Genova)
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Luoghi vicini

Stadio Luigi Ferraris
Stadio Luigi Ferraris

Lo stadio Luigi Ferraris è un impianto sportivo di Genova. Colloquialmente noto anche come stadio di Marassi dal nome del quartiere genovese dove sorge, è il più antico impianto calcistico d'Italia in attività al 2024, essendo stato inaugurato nel 1911. Ha una capienza di 33 205 posti dopo la ristrutturazione del 2019 della tribuna superiore, che ha ridotto i precedenti circa 36 599. Nel suo periodo di capacità massima era in grado di ospitare circa 60 000 spettatori. Il Ferraris è sede degli incontri interni delle due maggiori squadre di calcio cittadine, il Genoa e la Sampdoria. Di proprietà comunale, è dal 2016 al 2022 in gestione alla società Luigi Ferraris s.r.l., paritariamente posseduta dai due club calcistici cittadini che ne usufruiscono. L'impianto fu sottoposto a diverse ristrutturazioni, la più importante delle quali tra il 1987 e il 1989, quando fu adeguato per ospitare incontri del campionato mondiale di calcio 1990 del quale l'Italia fu Paese organizzatore; in tale occasione divenne uno stadio completamente coperto e, per permettere l'uso della struttura in maniera continuativa, non esistendo in città altri impianti idonei a sostenere l'affluenza, singole sezioni della stessa furono demolite e ricostruite a turno onde avere sempre settori agibili. A livello internazionale ha ospitato numerosi incontri della nazionale italiana di calcio e talora anche di quella di rugby, nonché alcuni concerti musicali.

Fereggiano

Il Fereggiano (Fêuxàn in lingua ligure /føːˈʒaŋ/) è un torrente di Genova che nasce dalla confluenza tra il rio Molinetto e il rio Finocchiara in località Pedegoli a Genova Quezzi; è un affluente in sinistra idrografica del torrente Bisagno. Il nome risale al 1012 e compare con diverse varianti, tra cui Felexano, Falesiano, Faresiano e Faregiano. Le sue acque e quelle dei suoi affluenti sono state sfruttate fino alla seconda metà del XX secolo per varie attività industriali, come i frantoi per la produzione dell'olio d'oliva (molti gli oliveti ancor oggi presenti nella valletta) e per l'attività di lavanderia il cui sviluppo è testimoniato dalla presenza di vari lavatoi civici lungo il suo percorso. La valletta del rio Fereggiano, così come quella di molti altri corsi d'acqua genovesi, subì varie trasformazioni a causa dell'espansione del tessuto urbano; già nella prima metà del XX secolo, gran parte del letto del Fereggiano fu coperta: la parte terminale del torrente, all'altezza del quartiere di Marassi, scorre sotto le vie Fereggiano e Monticelli. Più a monte il letto del torrente rimase per lo più inalterato, anche se furono realizzate alcune costruzioni all'interno degli argini, se non addirittura a cavallo dell'alveo, ed un tratto del torrente fu coperto con la realizzazione di uno slargo (largo Augusto Merlo) sul quale fu realizzato il capolinea tranviario. Il boom edilizio che interessò la zona negli anni sessanta portò alla cementificazione del torrente che in vari punti è ora costretto in un letto più stretto di quello naturale. Negli anni ottanta furono realizzate sul torrente tre piastre destinate a parcheggio. Il 7 aprile 2006, il capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, ha annunciato durante una visita al quartiere di Quezzi che il Fereggiano sarebbe stato interessato da lavori di messa in sicurezza che avrebbero comportato interventi sugli argini e sul letto del torrente, l'estensione della copertura di largo Merlo e la demolizione di alcuni edifici. L'8 febbraio 2007, l'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi ha dichiarato lo stato di emergenza "in relazione alla grave situazione di pericolo, che interessa il reticolo idrografico del torrente Ferreggiano e del torrente Sturla" nominando Commissario delegato per la gestione dell'emergenza il presidente della regione Liguria Claudio Burlando. Nel marzo 2007 il Consiglio dei ministri ha stanziato un importo pari a 9,5 milioni di euro per la messa in sicurezza del torrente; i cantieri per il primo lotto di lavori sono stati aperti nel giugno 2008 e dal febbraio 2010 sono stati avviati anche i lavori relativi al secondo lotto. Il 4 novembre 2011 il Fereggiano è esondato a causa delle forti precipitazioni e della massa di detriti portata a valle dalla forza dell'acqua. Nonostante i lavori di messa in sicurezza iniziati nel 2009, il torrente è straripato comportando l'allagamento di via Fereggiano, corso Sardegna e piazzale Marassi. L'acqua ha invaso negozi, abitazioni e magazzini e ha portato alla morte di 6 persone che avevano cercato rifugio nell'androne di un palazzo. La causa è stato un forte temporale nato alla convergenza tra la tramontana e lo scirocco. Tutto ciò ha impedito il movimento di esodo che si è andato letteralmente ad incastrare nella Val Fereggiano, scaricando in sole 4 ore una massa d'acqua che di solito cade in 5-6 mesi. Ma il Fereggiano non è nuovo alle esondazioni: si ricordano, fra le altre, quelle del 29 ottobre 1945 e dell'8 novembre 1951. Attualmente sono in corso dei lavori di pulizia del torrente ed è stata messa in parte in sicurezza la frana presente prima della copertura. Il 9 ottobre 2014 ha avuto luogo una nuova alluvione che ha creato meno danni di quella avvenuta tre anni prima, grazie all'argine ricostruito proprio dopo l'alluvione del 4 novembre 2011, che, in questo caso, non è andato distrutto. In seguito all'esondazione del Bisagno, anche il Fereggiano è uscito dagli argini allagando la parte bassa di Quezzi e Marassi, contribuendo a danneggiare le zone interessate e in seguito causando la morte di un uomo. Negli anni novanta iniziò la costruzione di un deviatore del torrente che avrebbe dovuto portare le acque da Quezzi direttamente al mare per evitare il rischio di straripamenti, ma i lavori furono interrotti prima della loro conclusione. Dopo l'alluvione del 2011 è stato ripreso in mano il progetto del canale scolmatore del torrente Bisagno che interesserà anche il Fereggiano, dovendone raccogliere gran parte delle acque lungo il suo percorso. Il 7 aprile del 2015 sono iniziati i lavori che prevedono una galleria di 3717 metri di cui 909 già esistenti realizzati negli anni '90, la galleria ha una forma policentrica con un diametro di 5,2 m, il valore dei lavori è di 45 milioni di euro. La portata è di 160 mc/s, che comprende la portata del Fereggiano di 111 mc/s verificatasi nell'alluvione del 2011, oltre a questo si aggiungono le portata del Rio Rovere per 26 mc/s e il rio Noce per 23 mc/s. A giugno del 2017 il fronte di scavo è arrivato in corrispondenza del monoblocco sul mare. Nel 2019 i lavori minimi per considerare lo scolmatore funzionante in caso di necessità sono terminati. A marzo del 2020 i lavori sono conclusi. Sulla sponda sinistra del Fereggiano si trova il santuario della Madonna del Monte. Alluvione di Genova del 4 novembre 2011 Alluvione di Genova del 9 e 10 ottobre 2014 Pagina web sullo scolmatore del Fereggiano, su comune.genova.it. Rai Sapiens, servizio sullo scolmatore del Fereggiano, su raiplay.it. Sito web ufficiale dello scolmatore del Bisagno, su scolmatorebisagno.it.

Biscione (Genova)
Biscione (Genova)

Forte Quezzi, chiamato ufficiosamente fin dagli anni settanta nel Novecento come Biscione dal nome gergale dato per la forma sinuosa dei suoi edifici, è il nome di complesso di edilizia popolare sorto alla fine degli anni sessanta sulle alture fra Marassi e Quezzi, a Genova. Il nome ufficiale, forte Quezzi, deriva invece dalla presenza dell'omonimo forte ottocentesco posto sulla cima della collina su cui sorge il complesso. È costituito da un insieme di cinque caseggiati, lunghi ciascuno oltre 300 metri, e disposti seguendo le curve di livello della collina sulla quale sono stati edificati. All'interno della costruzione spicca la chiesa parrocchiale Mater Ecclesiae costruita alla fine degli anni ottanta, con una curiosa forma di prua di nave. Amministrativamente fa parte del Municipio III - Bassa Val Bisagno (San Fruttuoso, Marassi, Quezzi e Biscione) ed ha, come singola unità urbanistica, una popolazione di 9 283 abitanti (al 31 dicembre 2010). Il nome Biscione, riferito per estensione al quartiere in cui sorge il complesso, dalla sua particolare struttura degli edifici, soprattutto il maggiore, che ricorda appunto le fattezze di un lungo e sinuoso serpente. Le strade lungo le quali si sviluppa il quartiere sono dedicate a quattro studiosi ed esploratori italiani: via Lamberto Loria, via Leonardo Fea (due edifici), via Elio Modigliani, via Carlo Emery. Il Quartiere INA-Casa di Forte Quezzi fu realizzato nell'ambito del piano INA-Casa per le case popolari edificate con finanziamento pubblico. La progettazione urbanistica del complesso fu affidata ad un ampio gruppo di architetti e risale al 1956/57. L'edificazione dell'ultimo edificio fu completata nel 1968. I coordinatori del gruppo furono Luigi Carlo Daneri e Eugenio Fuselli. La progettazione architettonica fu suddivisa nelle singole unità del quartiere come segue: casa A: capigruppo Luigi Carlo Daneri e Eugenio Fuselli; casa B: capogruppo Robaldo Morozzo della Rocca; casa C: capigruppo Angelo Sibilla e Mario Pateri casa D: capogruppo Gustavo Pulitzer Finali casa E: capogruppo Claudio Andreani Le diverse costruzioni che compongono l'insieme edilizio si distinguono per la presenza di due passeggiate, una al livello di un primo piano e l'altra al livello del quarto. Nelle intenzioni dei progettisti erano finalizzate al passeggio e al gioco dei bambini. L'orientazione generale delle facciate è rivolta a meridione, con massimo sfruttamento del soleggiamento. Complessivamente il complesso dei cinque edifici prevedeva la presenza di 865 appartamenti, che si stimava dovessero permettere una capienza complessiva di 4 500 abitanti. Gli edifici seguono le curve di livello e si snodano per molti metri; l'edificio più lungo ha uno sviluppo di circa 540 metri per 33 di altezza. La fonte di ispirazione per questo tipo di edilizia, che segue l'andamento curvo del territorio, si può individuare nel "piano Obus" di Algeri ipotizzato negli anni trenta da Le Corbusier. Il progetto attirò l'attenzione del mondo dell'Architettura del tempo, tra pareri positivi (che evidenziavano la forte carica innovativa del progetto) e negativi (principalmente per la scelta della zona, impervia e difficilmente raggiungibile, e per la densità abitativa, che era ritenuta troppo elevata per garantire una buona qualità della vita). Il quartiere doveva essere immerso in un parco urbano, dovevano essere presenti molti servizi ed era prevista l'apertura di negozi lungo tutto l'edificio principale.. Negli anni immediatamente successivi all'ultimazione degli edifici furono costruite una serie di abitazioni private, sfruttando le opere di urbanizzazione del quartiere, che snaturarono il progetto urbanistico. In anni più recenti il quartiere è stato comunque dotato di alcuni servizi, quali la scuola elementare e materna e una chiesa cattolica. Edificate in pieno boom economico come case popolari, per far fronte alla richiesta di abitazioni dovuta alla forte immigrazione dal meridione d'Italia, le abitazioni del complesso edilizio furono assegnate poi anche a molte famiglie genovesi espropriate dal centro storico che proprio allora iniziava ad essere interessato da profondi lavori di ristrutturazione per l'adattamento a sede della city degli affari e a moderno quartiere per gli uffici pubblici e amministrativi locali. L'evoluzione del quartiere non ha avuto, nel corso degli anni, vita facile. Specie nella fase iniziale - con carenza di strutture e servizi pubblici - venne identificato spesso come una sorta di ghetto, che diede la nascita ai quartieri "dormitorio" come Begato, CEP o le "Lavatrici", tutte strutture criticate in passato per il loro impatto paesaggistico e per l'isolamento dal resto del tessuto cittadino. L'alluvione dell'ottobre 1970 ebbe come conseguenza il crollo di un'ala dell'edificio di via Fea. Nessuno rimase sotto le macerie. Al posto degli appartamenti è stato in seguito costruito un locale adibito a centro sociale e una scuola materna. Chiesa parrocchiale della Mater Ecclesiæ, inizialmente ospitata in una sede provvisoria nei pressi del complesso edilizio, fu eretta in parrocchia con decreto del cardinale Giuseppe Siri del 22 dicembre 1965. L'attuale chiesa fu inaugurata nel 1997. Pietro D. Patrone, Daneri, introduzione di Enrico D. Bona, Genova, Sagep, 1982. Eugenio Fuselli, La casa più lunga, in AL Architetti Liguria, n. 9-10, rivista dell'Ordine degli Architetti della Liguria, gennaio-aprile 1990, pp. 20–22. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Biscione Storia del Biscione di Genova, su archivio.archphoto.it. URL consultato il 6 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 6 febbraio 2014).