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Cimitero del Gentilino

Cimiteri dismessi di MilanoPagine con mappe

Il cimitero del Gentilino, spesso citato anche come cimitero di Porta Ticinese, o anche cimitero fuori di Porta San Celso era un cimitero di Milano, situato fuori Porta Ticinese. Era uno dei cinque cimiteri cittadini collocati fuori dalle porte e soppressi negli anni successivi alle aperture del Monumentale e del Maggiore. La sua area, oltre a coprire parte dell'odierno Parco della Resistenza, copriva parte delle attuali vie Antonio Tantardini, Odoardo Tabacchi, Giambologna e Carlo Baravalle. Di forma rettangolare e con una piccola chiesa annessa (abbellita solo nel 1830), questo cimitero venne aperto nel 1787, al fine di riqualificare l'allora antico Cimitero di San Rocco al Vigentino, che eccedeva di sepolture. I tempi di realizzazione e di apertura del cimitero furono relativamente rapidi, per via del pochissimo dispendio di denaro ed ultimati i lavori, il nuovo cimitero appariva privo di elementi artistici e decorativi. La scarsa qualità del materiale edile costrinse il comune milanese ad intervenire più volte con lavori di straordinaria manutenzione. Fu solo nel 1820 che iniziarono ad essere elevate alcune cappelle per le sepolture di famiglie ed ordini religiosi (di questi ultimi ne furono contati appena sedici alla chiusura del cimitero); soltanto dieci anni dopo fu possibile tracciare alcuni vialetti interni al cimitero. Dopo il 1867, gli abitanti che risiedevano nelle vicinanze dei rispettivi cimiteri, lamentarono più volte scarsa sicurezza e cattiva manutenzione dei cimiteri stessi. In seguito a casi di colera e di vaiolo, il cimitero del Gentilino venne soppresso il 22 ottobre 1895 (stesso giorno della chiusura del Cimitero della Mojazza). Le fosse vennero subito svuotate ed i defunti vennero spostati al Cimitero Maggiore e al Monumentale. Oggi l'area dell'ex cimitero ospita l'odierno Parco della Resistenza (ex Parco Baravalle). Ermenegildo Pini (1739-1825), sacerdote e naturalista Giuseppe Giannini (1774-1818), medico e saggista Giuseppe Bossi (1777-1815), pittore e letterato Antonio Boggia (1799-1862), pluriomicida Giovanni Antonio Labus (1806-1857), scultore Pietro Teulié (1869-1907), generale e politico Tedeschi, Carlo, Origini e vicende dei cimiteri di Milano e del servizio mortuario, Milano, Giacomo Agnelli, 1899, ISBN non esistente. Ospitato su braidense.it. D. Bertolotti, Milano nel 1818 : il cimitero fuori di Porta S. Celso, in Milano e la Lombardia nel 1818 di Davide Bertolotti, Milano, A. F. Stella e comp, 1818, ISBN non esistente. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su cimitero del Gentilino

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cimitero del Gentilino (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Cimitero del Gentilino
Via Gentilino, Milano Municipio 5

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Luoghi vicini

Parco della Resistenza (Milano)
Parco della Resistenza (Milano)

Il parco della Resistenza, fino al 2013 denominato parco Baravalle, è un parco della città di Milano. È stato realizzato su un'area che dal 1919 sino agli anni sessanta era occupata da un quartiere popolare di villette unifamiliari, il Quartiere Villaggio giardino Baravalle, abbattuto per far posto all'area verde, la cui struttura è ricalcata dai viali del parco. Sul lato orientale esterno (viale Tibaldi) sono ospitati il centro civico, con biblioteca e uffici decentrati del comune, e una scuola materna. Era dedicato alla memoria di Carlo Baravalle, che fu un noto educatore e scrittore. Al Baravalle erano già dedicati una via e il predetto quartiere, nell'area divenuta poi il parco. L'area su cui sorge il parco ha registrato, negli ultimi centovent'anni, radicali e talvolta repentine mutazioni d'uso. Fra il 1787 ed il 1895, sull'area dell'odierno parco, sorgeva il cimitero del Gentilino e all'inizio del secolo era destinata a edilizia popolare con la tipologia di villaggi. L'ultimo, sull'attuale superficie del parco, fu costruito su progetto dell'architetto Franco Marescotti nel primo dopoguerra per essere demolito nel 1964,tra le proteste degli abitanti. L'offerta abitativa della zona era elevata, ma modestissimo lo standard dei servizi e occorreva dare spazio a un'area verde e, soprattutto, a un attrezzato centro civico. L'ailanto è presente qui come in altri parchi cittadini; è un albero imponente, dalla fioritura estiva abbondante, molto ombroso e decorativo, anche se emana un odore sgradevole. Tra le altre specie, ricordiamo: l'ippocastano, l'acero, l'olmo, il platano, il noce nero, alcune varietà di quercia, il tiglio e il ciliegio da fiore. Il parco è attrezzato con un'ampia area giochi, affiancata da una giostrina per bambini e due campi da basket. Inoltre sono presenti un'ampia area cani, una Casa dell'acqua e una fontanella. AA. VV., Enciclopedia di Milano, Milano, Franco Maria Ricci Editore, 1997. Liliana Casieri, Lina Lepera; Anna Sanchioni, Itinerari nel verde a Milano, supervisione botanica: Pia Meda; supervisione farmacognostica: Massimo Rossi; Illustrazioni e impaginazione: Linke Bossi, Consonni, Montobbio, Comune di Milano, settore ecologia, GAV. Comune di Milano - Arredo, Decoro Urbano e Verde - Settore Tecnico Arredo Urbano e Verde, 50+ parchi giardini, Comune di Milano / Paysage. ed. 2010/2011 Parchi di Milano Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su parco della Resistenza Parco della Resistenza (ex Parco Baravalle), su comune.milano.it, Comune di Milano. URL consultato il 12 novembre 2011.

Auditorium di Milano

L'Auditorium di Milano è una sala da concerto situata in largo Gustav Mahler a Milano. L'Auditorium di Milano è stato inaugurato il 6 ottobre 1999. Ospita l'Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi. All'inaugurazione Riccardo Chailly diresse l'orchestra eseguendo la Sinfonia n. 2 di Gustav Mahler. L'Auditorium è di proprietà dell'Auditorium di Milano Fondazione Cariplo S.r.l. L'attività dell'Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi è promossa e sostenuta dalla Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, istituita nell'Aprile 2002 e succeduta alla Associazione Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, costituita il 12 ottobre 1992. L'auditorium ospita la stagione sinfonica dell'Orchestra Verdi, una orchestra amatoriale (laVerdi per tutti), iniziative culturali, concerti e lezioni per le scuole. Nel 1920 è in funzione all'angolo tra via Torricelli e via Conchetta il grande cineteatro La Montagnetta con 2000 posti tra platea e galleria. Nel 1932 il cinema Montagnetta diventa il cinema San Gottardo, dal corso omonimo ed è gestito da Giordano Rota. Nel 1933 la gestione passa alla società Cinetea-Negri & C. che ristruttura la sala, i posti a sedere vengono ridotti a 1700. Intorno al 1937 la sala viene ristrutturata su progetto dell'arch. Alessandro Rimini e prende il nome di cinema Massimo. Il locale riapre il 20 ottobre 1938. Durante la seconda guerra mondiale il cinema Massimo è danneggiato dai bombardamenti: la sala chiude nella primavera 1945 ma riapre già nell'autunno dello stesso anno. Dalla prima metà degli anni settanta il Massimo viene utilizzato anche come teatro e sede di concerti. La difficoltà di gestire una sala così grande che non riesce ad avere film importanti portano il cinema Massimo alla chiusura nel 1979. In seguito il locale viene affittato dalla al gruppo Bargawam che lo utilizza per alcuni anni come studio di registrazione di programmi televisivi. Dopo un periodo di abbandono viene acquisita dall'imprenditore Agostino Liuni che decide di trasformarlo, dopo opportuni lavori di ristrutturazione a cura dello Studio Marzorati, nell'Auditorium di Milano, inaugurato il 6 ottobre 1999 alla presenza del Sindaco Albertini, che ribattezza successivamente lo slargo antistante col nome di Largo Gustav Mahler il 28 novembre 2001. La sala è stata pensata come uno spazio multifunzionale utilizzabile per diverse attività: concerti di musica sinfonica, corale e da camera, jazz e musica leggera; registrazioni con tecniche digitali di sonorizzazione, diffusione degli spettacoli attraverso TV satellitare e proiezioni di film su grande schermo. L'acustica della sala, apprezzata a livello internazionale, è stata progettata da Enrico Moretti (Ceo della Biobyte s.r.l.) ed è stata oggetto di numerosi studi e pubblicazioni a cura dell'ing. Maria Cairoli. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Auditorium di Milano Sito dell’Orchestra Verdi, su laverdi.org.

Chiesa di Santa Maria di Caravaggio (Milano)
Chiesa di Santa Maria di Caravaggio (Milano)

La chiesa di Santa Maria di Caravaggio è un santuario di Milano ubicato in via Francesco Borromini n.5, nel quartiere di Porta Ticinese. Fu eretta fra il 1906 e il 1911 su disegno dell'architetto Cecilio Arpesani (1853-1924) ed è sede parrocchiale dal 1927. Fu elevata al rango di basilica minore nel 1979 da papa Giovanni Paolo II. Il santuario è caratterizzato ad un'ampia cripta decorata a mosaico che ospita la statua della Madonna di Caravaggio e della giovane Giannetta, testimone dell'apparizione della Vergine. La chiesa venne edificata su prati e terreni coltivati a orti nell'allora estrema cintura del popoloso quartiere di Porta Ticinese per soddisfare le necessità spirituali di una popolazione sempre più crescente. Una prima costruzione provvisoria venne realizzata in legno su disegno dell'architetto Alfredo Campanini ed era dotata di una cripta in muratura somigliante a quella esistente al santuario di Caravaggio. La chiesa in legno venne inaugurata domenica 7 settembre 1902 al termine di una solenne processione condotta dal cardinale Andrea Carlo Ferrari: nell'occasione la statua della Madonna di Caravaggio con la beata Giannetta, la giovane a cui apparve la Vergine, venne traslata dalla chiesa prepositurale di San Gottardo nel nuovo santuario provvisorio allora posto in via Meda. Diventata la nuova chiesa insufficiente ad accogliere il numero di fedeli ed essendo la struttura in legno facilmente deteriorabile perché costruita in economia, don Giuseppe Cappelletti, parroco di San Gottardo, ottenne di potere erigere un santuario in muratura il cui progetto venne affidato al noto architetto Cecilio Arpesani, già autore di diversi progetti di chiese realizzate a Milano. Il 24 giugno 1906 il cardinale Andrea Carlo Ferrari diede l'avvio ai lavori con la posa della prima pietra e lo stesso cardinale consacrava il nuovo tempio il 1º maggio 1911. Il campanile fu aggiunto fra il 1929 e il 1930 su progetto dell'ingegnere architetto milanese Ugo Zanchetta. Oggi ospita un concerto di 6 campane in scala diatonica di Do3 maggiore fuse nel 1949 dalla fonderia Carlo Ottolina e figli Enrico e Secondo a Seregno Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria di Caravaggio Sito ufficiale, su parrocchie.it. Chiesa di Santa Maria di Caravaggio, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Riccardo Tammaro, Santa Maria di Caravaggio, su Milano policroma, Fondazione Milano Policroma.

Piazza XXIV Maggio (Milano)
Piazza XXIV Maggio (Milano)

Piazza XXIV Maggio è una piazza di Milano al centro della quale si trova la Porta Ticinese. Anticamente era denominata piazza del mercato ticinese. Il nome recente di Piazza XXIV Maggio ricorda il giorno dell'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale, nel 1915. La quercia piantata dopo il conflitto vuole onorare la memoria di un giovane caduto durante la guerra e dei compagni caduti con lui. L'area ha ospitato storicamente la sede della dogana sulla darsena e dal 1601 è stato un sito utilizzato per il mercato delle bestie da macello e dei cavalli trovandosi sulla strada di chi arriva da sud oppure vi giugeva dai navigli. Alla fine del XVIII secolo la piazza è stata riorganizzata delimitando in modo più netto il territorio urbano rispetto alle aree rurali attorno. Dal 2004 sono iniziati opere di riqualificazione e molte parti della piazza sono divenute aree pedonali o zone verdi. Porta Ticinese. Quercia rossa. Palazzo monumentale in piazza XXIV maggio 12. Vittore Buzzi, Claudio Buzzi, Le vie di Milano: dizionario della toponomastica milanese, Milano, U. Hoepli, 2006, ISBN 9788820334956, OCLC 836098020. Bruno Pellegrino, Così era Milano. 2, Porta Ticinese. Genova, Milano, Meravigli Edizioni, 2019, OCLC 1154462021. Porta Ticinese Porta Ticinese (medievale) Colonne di San Lorenzo Parco Papa Giovanni Paolo II (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Piazza XXIV Maggio Milano festeggia il compleanno della Quercia di Piazza XXIV Maggio, su comune.milano.it. URL consultato il 17 giugno 2024.

Museo della Basilica di Sant'Eustorgio
Museo della Basilica di Sant'Eustorgio

Il Museo della Basilica di Sant'Eustorgio è un museo italiano situato a Milano, collocato all'interno del chiostro e in alcuni ambienti annessi alla Basilica di Sant'Eustorgio, uno degli edifici più antichi di Milano. E' particolarmente noto per la Cappella Portinari. Il museo, che sorge sulle rovine di una necropoli paleocristiana, è stato istituito per conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico proveniente dalla Basilica stessa. L'itinerario museale si sviluppa in sei sezioni espositive oltre al cimitero paleocristiano, che comprendono anche la visita delle Cappelle Solariane e la nota Cappella Portinari. La prima sezione è collocata nel portico del chiostro e ospita i resti archeologici della necropoli cristiana trovata negli scavi degli anni cinquanta e sessanta del Novecento, insieme a pietre tombali e lastre di marmo. Sulle pareti è presente uno stemma vescovile antico e vari reliquiari. Nella successiva area archeologica sono presenti i resti della necropoli scoperta negli scavi dei primi anni sessanta. Si prosegue nella vecchia sala capitolare, dove si trovano diverse statue, la più importante delle quali è quella di sant'Eugenio, e nella vecchia sagrestia, dove si conservano reliquiari, ex voto e oggetti liturgici dal XIV al XVII secolo. Seguono due cappelle laterali, in stile gotico e collegate da un corridoio. La prima, dedicata a san Francesco, fu commissionata dalla famiglia Arlun e contiene un affresco anonimo di Gesù che appare a san Domenico di Guzmán; la seconda, dedicata a san Paolo, è stata commissionata dalla famiglia Sach e contiene una Madonna di lacca della scuola di Borromini e una effigie di san Paolo condotto in Paradiso di Daniele Crespi. Infine la Cappella Portinari, commissionata dal nobile toscano Pigello Portinari, che è stato sepolto nella cappella insieme a san Pietro Martire, sepolto sotto l'altare nel 1737. Oltre alla sua arca, ci sono diversi affreschi di santi e dei quattro grandi Dottori della Chiesa (sant'Ireneo, sant'Ambrogio, sant'Agostino e san Gregorio Magno), insieme alle statue che rappresentano sia i Dottori che i miracoli del santo. Gian Alberto Dell'Acqua (a cura di), La basilica di Sant'Eustorgio in Milano, Milano, 1984. Erminia Giacomini Miari e Paola Mariani, Musei religiosi in Italia, Milano, Touring Club Italiano, 2005, pp. 141 - 142, ISBN 9788836536535. Milano, collana Guide Rosse, Milano, Touring Club Italiano, 2007, pp. 370 - 372, ISBN 9788836543243. Basilica di Sant'Eustorgio Cappella Portinari Grande Museo del Duomo di Milano Museo dei Cappuccini (Milano) Museo della Basilica di Sant'Ambrogio Museo diocesano (Milano) Museo delle culture (Milano) Pietro da Verona Pinacoteca Ambrosiana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo della Basilica di Sant'Eustorgio Sito ufficiale, su chiostrisanteustorgio.it.

Cappella dei Visconti
Cappella dei Visconti

La cappella dei Visconti o di San Tommaso si trova tra le cappelle del fianco destro della chiesa milanese di Sant'Eustorgio, la quarta entrando sul fianco destro. Questa cappella venne aperta nel 1297, per Matteo Visconti, vicario imperiale e capitano del Popolo a Milano, il cui ritratto in bassorilievo si trova sulla fronte esterna della cappella, sul fianco meridionale di Sant'Eustorgio. La cappella era realizzata secondo un impianto a piccola aula, sul quale si modellano le successive cappelle di questo lato (ad essa precedente è quella verso il presbiterio, le altre sono ad essa successive). Era originariamente affrescata, e di queste pitture restano solo in parte quelle della volta e delle parti superiori delle pareti. Le pitture più antiche sono quelle della volta. Risalgono queste agli anni tra il secondo decennio del Trecento e il 1330; l'autore, per l'espressività delle loro figure, sembra provenire dall'ambito emiliano, fattore evidenziato anche dal modo di definire la ricca varietà delle pieghe dei panneggi. Nelle quattro vele definite dai costoloni della crociera stanno le figure dei quattro Evangelisti, inseriti in architetture prospetticamente viste. Si tratta di una prospettiva ancora ai suoi esordi, che se da una parte si richiama a Giotto, presente a Milano in quegli anni alla corte di Azzo Visconti, presenta al confronto ancora numerosi errori o incertezze nella rappresentazione spaziale. Forse la difficoltà maggiore l'artista la incontrò nell'inserire la figura umana nell'ambiente architettonico, dato che qui essa appare o troppo compressa o quasi galleggiante nello spazio prospettico, senza che i suoi piedi riescano a poggiare saldamente sul terreno come avviene per la figura di Giotto. Il monumento risale al 1359 e fu realizzato da maestri campionesi della cerchia di Bonino da Campione: il monumento si presenta allo stato attuale privo di alcune parti sottratte nei secoli al complesso. L'opera può essere idealmente suddivisa in tre parti: le colonne tortili che reggono il complesso, il sarcofago e l'edicola. Il sarcofago è ornato con i bassorilievi della Madonna col Bambino in trono tra santi e Stefano e Valentina Visconti, ed è sormontato da una statua della Vergine. L'edicola è retta da colonne tortili identiche a quelle che reggono tutto il complesso e termina in una cuspide con ai lati due sculture di Angeli e al centro un Cristo benedicente. Il complesso si presenta come un tipico lavoro del gotico già maturo del secondo Trecento dei maestri campionesi. Gli affreschi delle pareti della cappella sono successivi a quelli con gli evangelisti sulla volta. Erano stati scialbati, e vennero riscoperti e riportati alla luce scrostando un successivo intonaco nel restauro del 1868. Appartengono alla seconda metà del Trecento, successivi di poco alla collocazione del monumento sepolcrale di Stefano Visconti e Valentina Doria. La prima pittura eseguita è quella, accanto al timpano del monumento funebre e al centro della parete, del Biscione visconteo, semplice simbolo araldico e coeovo alla tomba. Sopra di esso, nella lunetta sotto la crociera, è un San Giorgio. Il santo guerriero appena fuori dalle mura della città è col suo cavallo sopra il drago che sta trafiggendo con la sottile lancia. A destra sta la principessa e a sinistra dalle mura della città i nobili osservano con curiosità la scena. Tale affresco viene attribuito al Maestro di Lentate, artista individuato in una serie di affreschi dell'oratorio visconteo di Lentate sul Seveso. Questa pittura non mostra caratteri specifici e si risolve nella figura araldica del santo, patrono tra l'altro di Genova, da dove veniva Valentina Doria (nell'impostazione la composizione si rapporta infatti ai San Giorgio eseguiti in Genova, per Palazzo San Giorgio ad esempio). Sulla parete opposta è l'affresco più complesso, soprattutto dal punto di vista contenutistico. Raffigura il trionfo di San Tommaso, ed è relativo alla conduzione domenicana di Sant'Eustorgio (chiesa dal 1227 definitivamente assegnata ai Domenicani). A San Tommaso era dedicata questa cappella Visconti, e in questo quadro si sottolineava il supporto teologico alla scelta dei Duchi di Milano. L'autore si identifica con Anovelo da Imbonate, o con un maestro vicino a Giusto de' Menabuoi. Questa raffigurazione rappresenta il livello più elevato del ciclo pittorico della cappella, pittoricamente per i suoi riferimenti giotteschi, filtrati dai discepoli del grande pittore, soprattutto Giottino, o dai contatti con Giusto de Menabuoi o Giovanni da Milano, e teologicamente per i riferimenti non tutto ancora chiari. San Tommaso sta seduto al centro della composizione, sul trono visto prospetticamente, con la veste bianca e nera dell'Ordine, la mano benedicente, il libro aperto simbolo della Dottrina (analoghi riferimenti al libro aperto sono nei santi in bassorilievo sul fronte del sottostante sarcofago di Stefano e Valentina). Si propone una esemplificazone della Summa Teologica di Tommaso; in alto nel Cielo volteggiano gli Angeli, al centro sta il Cristo Benedicente, tutt'intorno i simboli degli Evangelisti e i Profeti ancora con il Libro aperto in mano a mostrare i loro riferimenti al Sacro Testo. Il trono di San Tommaso è affiancato dai Dottori della Chiesa, seduti nei seggi che lo attorniano (San Girolamo col cappello rosso da cardinale, rappresentante della scienza religiosa e teologica, Sant'Agostino, ecc. Sotto a queste figure sono i Santi che simboleggiano l'apprendimento, e in positivo e in negativo: un monaco discepolo di Tommaso sulla destra, e dalla parte opposta alcuni eretici, come quello visto di spalle con abiti orientali e il cappello a larghe tese. Altri busti di profeti sono dipinti a monocromo sulla cornice che racchiude questo quadro principale, che mostrano i loro cartigli srotolati. L'elemento preso a riferimento nel campo ereticale era Averroè, il che spostava il clima nella disputa intellettuale. Va inoltre notato come il personaggio vestito all'orientale che lo rappresenta stia tra coloro che apprendono quali studenti la scienza - nel caso l'Aristotelismo - da Tommaso. L'averroismo contendeva alla tomistica la supremazia sull'interpretazione di Aristotele, e la sua corrente di pensiero era in Italia condotta da pensatori quali Taddeo di Parma ed Angelo da Arezzo, che sulle orme del pensiero portato all'Università di Parigi da Giovanni di Jandun, avevano portato questo insegnamento nell'Università di Bologna, e nello stesso periodo si era affermata anche una corrente averroistica all'Università di Padova. Si trattava pertanto di una disputa essenzialmente teologica, pertanto la scena poteva essere più pacata rispetto al caso in cui si fossero considerati degli elementi albigesi, o la stessa lotta agli eretici Catari, dove Tommaso sarebbe apparso invece in posizioni di violenta repressione sull'eresia (ad esempio nell'atto di schiacciare un eretico). Il clima va inoltre probabilmente ricondotto ad un'operazione di riconciliazione, operata dai Domenicani di Sant'Eustorgio, la cui autorevolezza era assicurata dall'aver contato tra i loro membri San Pietro Martire, tra la chiesa ufficiale e i Visconti, massimi esponenti del ghibellinismo italiano, dei quali nel 1320 il pontefice Giovanni XXII aveva scomunicato per eresia nel 1320 l'arcivescovo Giovanni con i fratelli, tra cui appunto Stefano Visconti, sepolto in questa cappella. Sotto il quadro principale sta una rassegna di Santi, inseriti in una serie di arcatelle dipinte, il cui disegno rimanda a quello dell'arco del monumento funebre dirimpettaio per l'ornamento lobato dal ricamo di semicerchi. Tra questi santi sono San Giovanni Battista, Santa Caterina, San Lazzaro, Sant'Enrico, un Santo Cavaliere, un Santo Abate, un Santo Vescovo. Per lo stile sarebbero cronologicamente riconducibili agli anni '70 del Trecento. La cappella ospitava un'altra opera del tardo XIII secolo, precedente alla sua costruzione e quindi originariamente posta in altra collocazione, opera che riveste una notevole importanza nella storia della chiesa di Sant'Eustorgio. Si tratta del crocifisso oggi spostato sopra all'altare maggiore, dipinto su legno del tipo del Cristo Patiens, opera di un ignoto maestro operante tra Padova e Venezia tra il 1270 e il 1315. Esso fu portato in Sant'Eustorgio nel 1288 da Fra Gabio da Cremona e collocato inizialmente al centro della chiesa dove appunto è stato ricollocato in tempi recenti. L'autore è stato individuato nello stesso pittore che aveva affrescato a Padova la cappella Dotto nella chiesa degli Eremitani, al suo tempo noto come una delle maggiori personalità attive nell'area veneta tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, nell'epoca che precede la rivoluzione giottesca. Appartenente alla generazione cronologicamente prossima o subito successiva a quella di Cimabue, questo artista sa collegare la tradizione bizantina del Cristo Patiens alle nuove esigenze plastico-spaziali delle innovazioni cimabuesche, facendo sua la meniera di rendere il modellato mediante le ombreggiature sfumate. Nei particolari inoltre si stacca decisamente dall'elegante ma tendenzialmente astratta linearità bizantina, ad esempio nel panneggio, e si concentra nella restituzione naturalistica di una serie di particolari naturalistici, ad esempio il sangue che lentamente sta impregnando il perizoma, colando in due strisce verticali. Il riferimento tipologico era quello del Cristo Patiens, la cui diffusione era stata avviata dagli ordini Mendicanti, soprattutto quello Francescano. In questo caso abbiamo uno dei pochi esempi rimasti dell'adozione della medesima tipologia da parte dell'Ordine Domenicano, del quale illustre predecessore era stato il crocifisso di Giunta Pisano in San Domenico a Bologna, del 1250-1254. Sull'onda dell'emozione che l'arrivo di questa croce aveva portato in Sant'Eustorgio e in genere in Milano, fu eseguita, sempre in Sant'Eustorgio, la riproduzione della sua tipologia, quella del Cristo Patiens nell'affresco, di cui resta un frammento, dipinto all'interno della chiesa, sul settimo pilastro a destra della navata centrale. Di questo dipinto non ne rimane che un frammento, nel quale però si legge bene il volto del Cristo Patiens. Dietro al suo capo emerge l'asse della Croce con il cartello, simmetricamente disposti sul retro due angeli lo sorreggono. Il volto, benché sintetizzato, riproduce quello della croce lignea della cappella Visconti; rispetto a questa viene meno il naturalismo spinto, troviamo per esempio la chioma senza le definizioni particolareggiate delle ciocche schiacciate dalla corona di spine e appiccicate al corpo per un misto di sudore e sangue, e anzi genericamente descritta dalle linee ondulate alla maniera grafica corrente; tuttavia l'esempio precedente comporta l'accentuazione del carattere patetico dell'espressione, che procede oltre i limiti delle inibizioni formali bizantineggianti. La datazione per questo frammento è collocata attorno al 1290; e l'autore sarebbe stato identificato con il cosiddetto maestro di San Giovanni in Conca. Roberto Cassanelli (a cura di), Lombardia gotica, Milano, Jaca Book, 2002, ISBN 88-16-60275-9. Visconti Bernabò Visconti Galeazzo II Visconti Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cappella dei Visconti