place

Batteria San Martino

Difesa costiera di GenovaPagine che utilizzano collegamenti magici ISBNPagine con mappeVoci con campo Ref vuoto nel template struttura militareVoci con template struttura militare senza immagini

La Batteria San Martino fu progettata nel 1889 nel piazzale antistante l'omonimo forte, situato a circa 88 metri s.l.m. in cima ad un piccolo rilievo nel quartiere di Albaro nel levante della città di Genova.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Batteria San Martino (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Batteria San Martino
Via al Forte di San Martino, Genova San Martino

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Batteria San MartinoContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 44.403583 ° E 8.968483 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Forte San Martino

Via al Forte di San Martino
16131 Genova, San Martino
Liguria, Italia
mapAprire su Google Maps

Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Forte San Martino
Forte San Martino

Il forte San Martino sorge a Genova, nell'omonimo quartiere. Situato sulla collina di Papigliano è oggi completamente circondato dal tessuto urbano. Diverse proposte per la realizzazione di una fortificazione in questa posizione a difesa di Albaro e San Martino furono presentate fin dal 1771 ai responsabili delle fortificazioni della Repubblica di Genova. Nel 1807, durante la dominazione napoleonica, il governo francese, sollecitato dal Genio militare, stanziò 180.000 franchi per la costruzione del forte, ma i lavori non furono mai iniziati. Il progetto fu poi ripreso nel 1820 dal governo sabaudo, che diede inizio alla costruzione, terminata nel 1832. Persa la sua funzione strategica primaria alla fine dell'Ottocento quando, a causa dell'espansione urbanistica della città verso levante, il piccolo rilievo su cui sorge finì per essere circondato dal tessuto urbano, nel 1889 sul piazzale antistante la caserma fu realizzata la Batteria San Martino, a protezione dell'imboccatura del porto e dello specchio d'acqua antistante. Le postazioni di artiglieria furono smantellate negli anni trenta per far posto ad una batteria contraerea, composta da quattro cannoni da 76/45. Durante la seconda guerra mondiale, il 14 gennaio 1944, nel fossato sottostante il ponte levatoio furono fucilati dalle milizie fasciste e dalle S.S. otto partigiani come rappresaglia per l'uccisione di un ufficiale delle S.S. avvenuta il giorno prima. Nel dopoguerra il forte fu abitato da famiglie di sfollati e infine completamente abbandonato nel 1952. Oggi è di proprietà demaniale e l'accesso è chiuso da un cancello. La struttura è in pessime condizioni e ha perso anche il ponte levatoio che permetteva l'accesso al forte, eliminato per impedire l'ingresso di estranei all'interno dei locali. A differenza di altre strutture militari genovesi, il forte San Martino, il più moderno tra quelli costruiti nei primi decenni dell'Ottocento, non è in posizione dominante sulla collina, ma infossato nella stessa e completamente circondato da un fossato, oggi nascosto dalla vegetazione. Si presenta come un grande terrapieno rettangolare, con una caserma su tre piani sul lato di ponente, con l'ingresso principale, accessibile attraverso il ponte levatoio, situato all'ultimo piano. Presso il bastione meridionale si trovava una polveriera, circondata da spesse mura. La dotazione di artiglieria collocata nel terrapieno comprendeva quattro cannoni da 16 GR e quattro da 9 BR Ret, sei obici da 21 GRC Ret e due mortai da 9 Ret. Il forte poteva ospitare 300 soldati, ai quali se ne potevano aggiungere altri 400 in caso di necessità. La batteria fine ottocentesca, le quali strutture sono oggi inglobate all'interno di attività commerciali, era armata con quattro obici da 24 GRC Ret. Stefano Finauri, Forti di Genova: storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, Genova, Edizioni Servizi Editoriali, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5. Forti di Genova Fortificazioni Regno di Sardegna (1720-1861) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte San Martino

Casa dello Studente (Genova)
Casa dello Studente (Genova)

La Casa dello Studente di Genova è una struttura edilizia che fa capo all'Università di Genova. L'edificio, di 5 piani, è situato in quello che inizialmente era corso Giulio Cesare e che, nel dopoguerra, è stato intitolato al partigiano Aldo Gastaldi, e si trova a breve distanza dallo scalo merci Terralba di Genova e dall'ospedale San Martino nel quartiere omonimo. La costruzione dell'edificio venne annunciata nella primavera del 1932. La costruzione dell'edificio iniziò il 24 maggio 1933 su progetto degli architetti Mario Angelini e Mario Braccialini per essere completata nell'anno seguente e divenire operativa nel 1935. Nel dicembre 1936 la gestione dell'edificio passò dall'Università di Genova al Partito Nazionale Fascista e nel 1941 il nome "Casa dello studente" divenne "Casa del fascista universitario" e la struttura venne gestita direttamente dal Gruppo Universitario Fascista genovese. Durante gli anni finali della seconda guerra mondiale divenne la sede della Gestapo. Oltre alla Casa dello Studente le SS potevano disporre anche della IV sezione del carcere di Marassi, nell'omonimo quartiere. L'edificio venne requisito in più riprese dai militari tedeschi tra la fine di settembre e la metà di ottobre 1943. Comandata da Friedrich Engel (divenuto noto come "il boia di Genova"), fu luogo di tortura di prigionieri politici, partigiani ed antifascisti in genere (o sospettati tali). Alla Casa dello Studente furono reclusi molti esponenti dell'antifascismo genovese tra cui Vannuccio Faralli (che sarebbe poi diventato il primo sindaco di Genova nel dopoguerra), Luciano Bolis, Aldo Zanotti, Raffaele Pieragostini, Rurik Spolidoro, e molti esponenti della Resistenza ligure, tra i quali Gustavo Capitò, Rina Chiarini, Arrigo Diodati, Attilio Firpo, Balilla Grillotti, Nicola Panevino, Renato Quartini e Remigio Vigliero. Nel 1944 la staffetta partigiana Stefanina Moro, dopo essere stata qui torturata, morì all'ospedale di Asti. Il 25 gennaio 1945 vi morì in seguito alle torture cui era stato sottoposto il dirigente comunista serravallese Roberto Berthoud. Testimonianze dei prigionieri sopravvissuti riportano il probabile uso delle caldaie dell'edificio come forno crematorio per smaltire i corpi di chi moriva durante le torture. Una lapide ricorda quei tragici fatti: Il 23 aprile 1945, con l'approssimarsi dell'insurrezione partigiana, i tedeschi si apprestarono a ritirarsi, lasciando la Casa dello Studente alla custodia della Guardia Nazionale Repubblicana, portando via i beni personali dei militari che vi avevano alloggiato e dando fuoco alla documentazione custodita. Questo tentativo di distruzione dei documenti provocò però un incendio, che si diffuse poi in ampie parti dell'edificio, e sono state anche riportate testimonianze di azioni di sciacallaggio da parte dei repubblichini. Nei primi mesi successivi alla guerra il comune di Genova, per volere del sindaco Vannuccio Faralli, requisì l'edificio per impiegarlo come rifugio di alcune tra le numerose famiglie di genovesi che avevano perso la casa a causa dei bombardamenti. La decisione creò attriti tra l'amministrazione comunale e l'amministrazione universitaria, che avrebbe invece voluto un immediato riutilizzo da parte degli studenti. Negli stessi mesi il Comitato di Liberazione Nazionale organizzò visite guidate per mostrare alla popolazione i luoghi dove avvenivano le torture ed erano detenuti i prigionieri. Nel settembre del 1946, anche per mettere fine alle proteste da parte dell'Ateneo, il sindaco comunicò che entro poco tempo sarebbe avvenuta la restituzione dell'edificio alla gestione dell'università, passaggio che effettivamente avvenne dopo poco. Nel dopoguerra l'edificio venne restaurato, le celle, le cantine dove avvenivano le torture e la galleria rifugio antiaereo vennero murate e la Casa dello Studente tornò alla sua funzione originaria. Durante le proteste del sessantotto e degli anni seguenti la casa venne occupata e sgomberata più volte, divenendo per breve tempo anche una delle sedi del gruppo extraparlamentare di Lotta Comunista. Nel 1972, durante una occupazione della Casa dello Studente da parte di studenti residenti ed esterni, un ex partigiano di nome Livio, che viveva alla casa ospite dei compagni di Lotta Comunista indicò uno degli ingressi alle celle della tortura, adiacente alle cucine, che era stato murato nel '46. Durante varie notti di lavoro i compagni di Lotta Comunista riuscirono a praticare un foro nel cemento militare durissimo e ad entrare nei locali, intatti dopo vari decenni. Dopo alcuni giorni si informarono le autorità della scoperta. Questi locali sono ora adibiti a Museo della Resistenza. L'edificio, restaurato internamente ed esternamente nei primi anni 2000, è adibito da alcuni decenni a residenza per gli studenti universitari fuori sede, aula studio e per il servizio mensa delle vicine facoltà di ingegneria e medicina. Nel locale della mensa, sito a livello stradale, sono visibili alcune delle celle in cui venivano tenuti prigionieri antifascisti. Esse sono visitabili, ed in particolare il Centro di documentazione "Logos" organizza visite guidate per le scolaresche in occasione della ricorrenza del 25 aprile. *Livio fu l'unico partigiano a indicare il punto preciso dell'ingresso murato e a partecipare ai lavori notturni. Aveva scontato 25 anni di prigione per aver ucciso l'assassino di suo padre proprio in quei locali, e non potendo usufruire dell'amnistia Togliatti per pochi giorni era stato condannato al carcere. La casa dello studente di Genova dal 1934 al 1974, opuscolo informativo realizzato a cura del Comitato direttivo della Casa dello Studente e stampato il 29 marzo 1978 a cura della redazione genovese di Lotta Comunista Luigi Barco e Piero Ferrazza: Una pagina della Resistenza - La Casa dello Studente di Genova, con CD-ROM, Edizioni Pantarei, Milano, 2012 Giorgio Chiavola, SS-IVª Sezione - Drammi nelle carceri naziste, Genova, Semaforo, 1945. Villa Triste Lotta Comunista Guardia Nazionale Repubblicana Università di Genova Gruppo Universitario Fascista Friedrich Engel Quella notte che arrivò la Wehrmacht, articolo de La Repubblica, del 10 novembre 2002 Rappresaglia di Cravasco su Ilsrc Liguria, su istitutoresistenza-ge.it. URL consultato il 5 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2011). Casa dello Studente, performance per non dimenticare, su tv.repubblica.it. Restauro Casa dello Studente (PDF), su boero.it.

Villa Giustiniani-Cambiaso
Villa Giustiniani-Cambiaso

La villa Giustiniani-Cambiaso o semplicemente villa Cambiaso è una storica dimora nobiliare del comune di Genova. Con accesso da via Montallegro, nel quartiere residenziale di Albaro, l'edificio è corredato da un parco pubblico, una porzione ben più ridotta del vasto parco che anticamente circondava la villa quasi fino a raggiungere il mare, fortemente ridimensionato dall'espansione urbanistica del quartiere di Albaro negli anni trenta del Novecento. L'antica dimora nel 1921 passò al Comune di Genova; oggi di proprietà della Fondazione Carige, è sede della Scuola Politecnica dell'Università degli Studi di Genova. Edificata in posizione dominante sulla collina di Albaro, circondata da un ampio parco, fu voluta dal nobile patrizio Luca Giustiniani che, nell'estate del 1548, affidò il progetto della villa a Galeazzo Alessi. Prima opera genovese dell'architetto perugino, la struttura cubica tripartita da lui elaborata per questa dimora nobiliare divenne modello e fonte di ispirazione per la costruzione di diverse altre ville nel territorio genovese e venne adottato anche dagli architetti genovesi per i palazzi cittadini di Strada Nuova." La proprietà della villa rimase alla famiglia Giustiniani fino al 1787 quando passò alla famiglia Cambiaso. Patrimonio del comune genovese a partire dal 1921, lo stesso anno l'ente scelse la storica dimora come sede della Regia Scuola di Ingegneria Navale e quindi della Facoltà d'Ingegneria dell'ateneo genovese. Lo stile e l'architettura della villa cinquecentesca rimasero inalterati per quasi quattro secoli, fino al 19 maggio del 1944 quando il pesante bombardamento aereo su Genova danneggiò anche la villa con la distruzione di una parte della copertura, della volta del salone centrale, la loggia superiore e il cornicione. Al termine del conflitto furono la stessa università genovese e la Soprintendenza ad effettuare i lavori di restauro e ripristino. Nel 2004, in contemporanea dell'evento Genova capitale europea della cultura, sono stati intrapresi lavori di rifacimento delle facciate a cura dell'amministrazione genovese, dell'università e della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici. La villa ha pianta quadrata e una struttura compatta priva di cortili interni. Il prospetto principale si affaccia a sud su un ampio prato, in una posizione tale da consentire la vista del mare. È divisa in due da un vistoso marcapiano che separa il primo piano e le sue colonne tuscaniche dalla parte superiore decorata con lesene scanalate ispirate al modello corinzio. Al piano terra un breve scalone conduce ad una loggia aperta che permette l'accesso all'interno, mentre sopra di esso vi sono le grandi finestre del piano nobile e il piano ammezzato, coronato da un ampio cornicione decorato. Gli altri tre lati dell'edificio presentano una decorazione più semplice ed essenziale. A nord una loggia aperta al primo piano permetteva una vista sulle colline circostanti, mentre una terza loggia chiusa a metà dello scalone che conduce al secondo piano si affaccia verso ponente sul parco della villa. Secondo le fonti storiche fu lo stesso Alessi a scegliere pittori e scultori per le decorazioni e gli affreschi degli interni; venne affidata Taddeo Orsolino la costruzione delle logge e degli stucchi, mentre per le cornici e i medaglioni furono scelti Giovanni Lurago e il cremasco Bernardino Solari. I due affreschi delle lunette della loggia al primo piano, ritraenti Il Giorno - Apollo, a sinistra, e La Notte - Diana a destra, sono opere rispettivamente dei pittori Giovan Battista Castello e Luca Cambiaso. Antonio Quinzio è invece l'artefice dell'affresco novecentesco del Trionfo navale nella volta del salone centrale. Altri affreschi sono opera di Andrea Semino. Altri dipinti, presenti nella villa fino all'acquisizione da parte del comune e all'apertura della Regia Scuola di Ingegneria Navale sono oggi conservati presso le gallerie di Palazzo Bianco e Palazzo Rosso di Genova. AA.VV., Galeazzo Alessi e l'Architettura del Cinquecento, Atti del Convegno Internazionale di Studi, Genova, 16-20 aprile 1974, Sagep Editrice, Genova, 1975. G. Algeri, Villa Cambiaso, Sagep Editrice, Genova, 1977. Touring Club Italiano, Guida d'Italia - Liguria, Milano, 2009 Ville di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Giustiniani-Cambiaso Approfondimenti sul sito della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria, su sbapge.liguria.beniculturali.it. Vincolo architettonico con allegata planimetria e relazione storico-artistica, su liguriavincoli.it. Villa Giustiniani-Cambiaso su www.giustiniani.info, su giustiniani.info. Approfondimento su www.academia.edu, su academia.edu. Sito della Facoltà di Ingegneria dell'Università degli Studi di Genova, su ingegneria.unige.it.

Chiesa di San Francesco all'Ospedale San Martino
Chiesa di San Francesco all'Ospedale San Martino

La chiesa di San Francesco all'Ospedale San Martino, nota anche come chiesa dei Padri Cappuccini, è un luogo di culto cattolico sito all'interno dell'Ospedale San Martino a Genova. La chiesa è affidata all'Ordine dei frati minori cappuccini. Fu costruita quale chiesa dell'ospedale tra il 1928 e il 1931, dedicata a san Francesco d'Assisi in quanto affidata ai Cappuccini che vi prestavano assistenza spirituale provenienti dall'antico ospedale di Pammatone. Fu il cappellano ospedaliero e storico della Provincia cappuccina, padre Francesco Saverio Molfino, che riuscì a raccogliere con una pubblica sottoscrizione 16 milioni di lire, con cui fu costruita la chiesa e furono ampliati i padiglioni ospedalieri. Venne progettata dall'ingegner Ettore Musso in stile neoromanico. La prima pietra fu posta il primo marzo del 1928 e la chiesa di San Francesco fu benedetta l'11 luglio del 1931 dal cardinale Carlo Dalmazio Minoretti. La facciata a salienti è coronata da un motivo ad archetti ciechi e una cornice a dentelli, munita di protiro voltato a botte e di una trifora di grandi dimensioni che occupano il corpo principale. L'interno è a tre navate voltate a botte, di cui la centrale culminante in un'abside. Le vetrate sono istoriate. L'interno ospita importanti opere pittoriche e scultoree: "Maria protettrice di Genova" di Valerio Castello; "Transito di san Giuseppe" di Stefano Magnasco; Crocifisso ligneo settecentesco della scuola del Maragliano; Ultima Cena, grande tela di Bernardo Castello firmata e datata 1598; Madonna delle Grazie, statua di Domenico Parodi. Guida d’Italia - Liguria, Milano, TCI, 2009. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Francesco all'Ospedale San Martino

Chiesa di San Martino d'Albaro
Chiesa di San Martino d'Albaro

La chiesa di San Martino d'Albaro è una luogo di culto cattolico situata nel quartiere di San Martino, tra via Silvio Lagustena e via Vernazza, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di San Martino-Valle Sturla dell'arcidiocesi di Genova. Secondo alcune fonti storiche presenti negli archivi parrocchiali, si hanno notizie dell'edificio fin dall'anno 1006 e per questo motivo il giorno 11 novembre 2007, la comunità ha festeggiato il millenario dalla fondazione con una Santa Messa Solenne, celebrata dal cardinale e arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Tuttavia, è citata per la prima volta in un documento del 1128 come "Sancti Martini de erclo" e poi nel "Registro Arcivescovile delle decime" del 1143 come pieve con giurisdizione sulle parrocchie di San Fruttuoso, San Francesco d'Albaro e Sturla; a quell'epoca annesso alla chiesa si trovava anche un ospitale per i viaggiatori in transito. Secondo gli storici le sue origini risalgono ad un periodo tra il V e il VII secolo. La struttura dell'attuale chiesa risale al 1614 quando fu completamente ricostruita, più grande della precedente. Fu ulteriormente ampliata nel 1846 e all'inizio del Novecento fu costruita una nuova grande abside circolare. Risale al 1963 il nuovo altare maggiore in marmo. In questa chiesa, nel 1834, Paola Frassinetti fondò la congregazione delle figlie di Santa Fede, che successivamente presero il nome di Suore di Santa Dorotea della Frassinetti. Al suo interno si trovano dipinti di Bernardo Castello e Valerio Castello (Madonna col Bambino fra i santi Domenico e Rosa, presso la cappella del Rosario) e Giovanni Domenico Cappellino (Martirio di santa Agata). Lo stesso Bernardo Castello trovò sepoltura il 5 ottobre 1629 in una cappella di questa chiesa. Da notare che il parroco di San Martino porta il titolo di abate di Santa Vittoria in Libiola, frazione vicina a Sestri Levante, in seguito alla richiesta portata dal generale Luigi Bernabò Brea e confermata dal decreto dall'arcivescovo Edoardo Pulciano in data 17 gennaio 1907. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Martino d'Albaro Sito ufficiale, su sanmartinodalbaro.it. Chiesa di San Martino d'Albaro, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Sito dell'arcidiocesi genovese, su diocesi.genova.it.

San Martino (Genova)
San Martino (Genova)

San Martino d'Albaro (San Martin d'Arbâ in genovese), o più semplicemente San Martino, è un quartiere residenziale di 14.936 abitanti del comune di Genova, compreso nel Municipio VIII Medio Levante. Comune autonomo fino al 1873, quando insieme ad altri cinque comuni della bassa val Bisagno fu inglobato nel comune di Genova, prima espansione di quella che nel 1926 sarebbe divenuta la Grande Genova; dopo l'annessione alla città ha conosciuto un'intensa urbanizzazione, trasformandosi in un quartiere residenziale, conosciuto per il grande complesso ospedaliero, il principale nosocomio genovese. L'ex circoscrizione di San Martino, estesa per 1,84 km², comprende la parte a monte della valle del rio Noce, affluente di sinistra del Bisagno (oggi interamente coperto), estesa tra il versante settentrionale della collina di Albaro, che separa la val Bisagno dalla valle Sturla, e il colle di Santa Tecla. Comprende le unità urbanistiche San Martino e Chiappeto, che insieme hanno una popolazione di 14.936 abitanti (dato aggiornato al 31 dicembre 2017). San Martino confina a levante con Borgoratti e San Desiderio, unità urbanistiche della ex circoscrizione "Valle Sturla", a nord con San Fruttuoso e Quezzi, a ponente ancora con San Fruttuoso, a sud con Albaro e Sturla. Prima di essere accorpato a Genova nel 1873 era un piccolo comune rurale, formato da pochi agglomerati di case circondati da campi coltivati; dopo l'annessione a Genova, tutta l'area, come quelle dei contigui ex comuni della bassa val Bisagno (Foce, San Fruttuoso, San Francesco d'Albaro e Marassi), ha visto una forte espansione urbanistica e demografica, ed è ora un quartiere residenziale. Del vecchio borgo, del quale l'intensa urbanizzazione ha stravolto l'originario carattere rurale, restano poche case attorno alla chiesa di San Martino d'Albaro. San Martino ospita nel suo territorio il principale ospedale genovese, l'ospedale San Martino, ed è anche sede della Scuola di Scienze Mediche e Farmaceutiche e di quella di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università degli Studi di Genova. Nell'area del quartiere si trova inoltre lo stadio Giacomo Carlini - Marco Bollesan, il secondo di Genova dopo il Luigi Ferraris di Marassi, con una capienza di 5.700 spettatori e usato dal CUS Genova Rugby. Il quartiere prende il nome dalla chiesa di San Martino d'Albaro, al centro del nucleo storico del paese, di origini antichissime ma ricostruita nel XVII secolo. Il borgo di San Martino d'Albaro, comune autonomo fino al 1874, ebbe in passato un ruolo importante, soprattutto per la posizione strategica lungo la viabilità del levante genovese. Anticamente era chiamato San Martino de Hirchis, toponimo che secondo alcuni storici deriverebbe da Ercole, personaggio mitologico al quale sarebbe stato dedicato un tempio precristiano che sorgeva sul colle, la cui esistenza non è peraltro storicamente documentata. La chiesa di San Martino è citata per la prima volta in un documento del 1128, ma si ritiene che sia sorta alcuni secoli prima; fu un'importante pieve, dalla quale dipendevano le parrocchie di San Fruttuoso, Albaro e Sturla e sede di un grande ospitale di via, citato in documenti del XIII secolo. Il luogo era infatti molto frequentato da viandanti e pellegrini: la strada proveniente da Genova, attraversato il Bisagno sul ponte di Sant'Agata, risaliva la collina da San Fruttuoso lungo la salita della Noce; da qui si dipartivano strade per diverse direzioni; le direttrici principali erano quella verso Bavari, che portava nell'alta val Bisagno (da dove si poteva proseguire per la valle Scrivia e la val Trebbia, quella verso Quarto e la Riviera di Levante e quella che attraverso Apparizione e il monte Fasce portava in val Fontanabuona. Nel XIV secolo avvennero cruenti scontri tra opposte fazioni di guelfi e ghibellini che nel 1322 si contesero aspramente una fortezza esistente nella zona, della quale non rimangono tracce. Il borgo intorno alla chiesa crebbe con il progressivo intensificarsi dei traffici e a partire dalla metà del XVI secolo, al pari del limitrofo borgo di S. Francesco d'Albaro, molti genovesi benestanti vi avevano trasferito la loro residenza. A quel periodo risale la costruzione di numerose ville patrizie, alcune delle quali ancor oggi esistenti. Dal 1680 nel palazzo Cattaneo ebbe sede la podesteria del Bisagno, con giurisdizione sulla val Bisagno e sulla riviera di levante fino a Sori. Gli eventi bellici degli anni 1684, 1746-1747 e 1800 coinvolsero anche la zona di San Martino, evidenziando la necessità di fortificare le colline circostanti. In tempi diversi nell'area di San Martino furono costruiti i forti Santa Tecla e San Martino, che facevano parte della linea difensiva che partendo dal forte Monteratti, sulla sommità dell'omonimo monte (564 m slm), arrivava al forte San Giuliano, prospiciente il mare nella zona di Albaro. Con la riorganizzazione amministrativa voluta dal governo napoleonico, a partire dal 1800, San Martino divenne comune autonomo. La sede comunale, analogamente alla vecchia podesteria del Bisagno era posta nell'ex palazzo Cattaneo, oggi edificio scolastico. Così autori ottocenteschi descrivevano il comune di San Martino d'Albaro nella prima metà del XIX secolo: A partire dal 1873, anno in cui il comune di San Martino d'Albaro, insieme ad altri cinque comuni della bassa val Bisagno fu inglobato nel comune di Genova, ebbe inizio l'espansione urbanistica della città verso levante, che avrebbe trasformato l'antico borgo rurale in un moderno quartiere residenziale; le case presero progressivamente il posto degli orti e dei frutteti e contemporaneamente furono tracciate nuove strade per collegare il quartiere con il centro di Genova, che soppiantarono le antiche "crêuze". Nel 1907 avevano inizio i lavori per la costruzione dell'ospedale San Martino, completati nel 1923. Negli stessi anni fu costruito anche il complesso sportivo "Carlini", costruito nel 1912 ma inaugurato solo nel 1927. Nel secondo dopoguerra, a metà degli anni cinquanta fu aperta corso Europa, una strada di scorrimento veloce a doppia carreggiata che attraversando l'intero quartiere (e praticamente tagliandolo in due) congiunge San Martino a Nervi. La strada all'epoca della sua costruzione fu detta "pedemontana" perché collegava i quartieri di levante attraverso la zona collinare, mantenendosi a distanza dalla costa. Su corso Europa si affacciano l'ospedale San Martino, lo stadio Carlini e la sede regionale RAI della Liguria. All'epoca della costruzione della strada ci furono aspre polemiche a causa di speculazioni edilizie che coinvolsero le aree attraversate. Chiesa parrocchiale di San Martino d'Albaro, che si trova alla sommità del colle di San Martino, è citata per la prima volta in un documento del 1128 come "Sancti Martini de erclo". L'attuale chiesa risale al 1614 quando fu completamente ricostruita, e ancora ampliata nel 1846 e all'inizio del Novecento. Le decorazioni all'interno sono di Bernardo Castello e del figlio Valerio. Monastero di Santa Chiara, nei pressi della parrocchiale, fondato il 20 novembre 1299. Venne costruito per volontà di monsignor Tedisio Camilla, alto prelato della Curia romana e cappellano di papa Innocenzo IV. Il prelato aveva espresso nel suo testamento il desiderio che si costruisse un monastero nella sua villa presso la chiesa di San Martino d'Albaro. Chiesa parrocchiale della Santissima Annunziata del Chiappeto, presso la zona del Chiappeto, dove già nel XIV secolo sorgeva una cappella dedicata al beato Elzeario da Sabrano, terziario dell'ordine dei minori. Fu eretta in parrocchia il 19 gennaio 1987. Chiesa parrocchiale di Gesù Adolescente. In via padre Giovanni Semeria, è stata costruita nel 1939 ed è parrocchiale dal 1977; è officiata dai chierici regolari di San Paolo conosciuti come "Barnabiti", dei quali ospita la comunità genovese. Chiesa di San Francesco all'Ospedale San Martino, nota anche come chiesa dei Padri Cappuccini, è affidata all'Ordine dei frati minori cappuccini. Fu costruita quale chiesa dell'ospedale tra il 1928 e il 1931 su progetto dell'ingegner Ettore Musso in stile neoromanico. Il grande ospedale civile, l'Ospedale San Martino, che ha sostituito quello di Pammatone, fu costruito a partire dal 1907 e inaugurato nel 1923. Nei decenni successivi furono eseguiti ulteriori ampliamenti, tra i quali, nel 1964, il nuovo pronto soccorso, e nel 1979 il grande edificio detto "Monoblocco", che sovrasta l'area ospedaliera e caratterizza il panorama del quartiere. L'ospedale ospita al suo interno, nel palazzo dell'Amministrazione, un museo nel quale è esposto il patrimonio artistico consistente in oggetti e opere d'arte provenienti dal demolito ospedale di Pammatone e dalla chiesa di Santa Caterina di Portoria, oltre che da donazioni private.. Nel 1931 fu completata la costruzione della chiesa dell'ospedale, dedicata a san Francesco, che contiene al suo interno diverse opere d'arte provenienti da chiese e strutture ospedaliere soppresse, tra le quali dipinti di Bernardo e Valerio Castello e Alessandro Magnasco, oltre ad un Crocifisso ligneo di scuola del Maragliano.. All'interno dell'area ospedaliera si trova la villa appartenuta al doge Simon Boccanegra, il cui nucleo più antico risale al XIII secolo. L'edificio, che all'epoca della costruzione dell'ospedale era ridotto ad un rudere, fu ristrutturato negli anni trenta grazie ad un lascito. Nuovi lavori di restauro, riguardanti gli interni e l'area retrostante, sono stati eseguiti nel 2005.. Situato sulla collina alle spalle dell'ospedale San Martino, ad un'altitudine di 195 m s.l.m., domina il quartiere di San Martino (anche se amministrativamente ricade nel quartiere di San Fruttuoso) nel luogo in cui anticamente sorgeva una chiesetta dedicata a santa Tecla, di cui si hanno notizie dall'XI secolo e che nel 1359, abbandonata dagli Agostiniani, era stata incorporata nella proprietà del doge Simon Boccanegra. Passata ai Camaldolesi nel 1622, quando nel Settecento fu iniziata la costruzione del forte vi rimase racchiusa all'interno, finché fu demolita nella prima metà dell'Ottocento per l'ampliamento della struttura militare. La costruzione dei forti sulle colline a levante di Genova fu decisa nel 1747, quando in seguito all'assedio austriaco di Genova, nel contesto della guerra di successione austriaca, emerse la necessità di fortificare la dorsale tra la val Bisagno e la valle Sturla. La costruzione del forte Santa Tecla fu iniziata alla fine dello stesso anno, ma i lavori proseguirono a rilento, con varie modifiche al progetto iniziale. Nel 1751 erano state completate solo le mura perimetrali. Nuove proposte di ampliamento furono ritenute onerose e non necessarie dalle autorità dell'epoca e solo durante l'assedio del 1800 furono condotti alcuni lavori dalle truppe francesi. Il completamento del forte riprese nel 1815 per volere del governo sabaudo, dopo l'annessione della Repubblica Ligure al Regno di Sardegna e fu completato nel 1833, con la costruzione della caserma, di un'ulteriore cinta difensiva e di una batteria rivolta verso Sturla. Durante i moti popolari del 1849 il forte fu occupato dagli insorti, i quali l'abbandonarono all'approssimarsi dei soldati regi. Utilizzato saltuariamente da reparti militari fino alla prima metà del Novecento, fu poi dismesso dal demanio militare e trasformato in abitazione privata: restaurato una prima volta negli anni settanta e chiuso in attesa di una destinazione, fu danneggiato da atti vandalici. Nuovamente restaurato, è oggi custodito dai volontari della protezione civile. Sorge sulla collina di Papigliano ed è ormai completamente circondato dal tessuto urbano. Diverse proposte per la realizzazione di una fortificazione in questa posizione a difesa di Albaro e San Martino furono avanzate fin dal 1771, ma solo nel 1820 il governo sabaudo diede inizio ai lavori, che terminarono nel 1832. A differenza di altre strutture militari genovesi, non è dominante sulla collina, ma infossato nella stessa e completamente circondato da un fossato, oggi nascosto dalla vegetazione. Durante la seconda guerra mondiale fu utilizzato come postazione contraerea; il 14 gennaio 1944 nel fossato sottostante il ponte levatoio furono fucilati dalle milizie fasciste otto partigiani come rappresaglia per l'uccisione di un ufficiale delle SS. Nel dopoguerra fu abitato da famiglie di sfollati e infine completamente abbandonato nel 1952. Oggi è di proprietà del Demanio Patrimoniale dello Stato e l'accesso è chiuso da un cancello. Il territorio dell'allora comune di San Martino era assai più vasto di quello della ex-circoscrizione e comprendeva anche le località di Sturla e Borgoratti, in seguito accorpate rispettivamente alle circoscrizioni di Quarto dei Mille e Valle Sturla. L'area di San Martino nell'attuale ripartizione amministrativa del comune di Genova è limitata al nucleo storico situato accanto alla chiesa di San Martino d'Albaro e all'unità urbanistica del Chiappeto, la zona collinare ormai anch'essa completamente edificata e inglobata nel tessuto urbano. L'apertura di corso Europa stravolse l'antica viabilità, a stento individuabile tra le moderne vie. Sopravvivono alcune piccole case antiche, che creano un singolare contrasto con le costruzioni moderne del recente sviluppo edilizio. Chiappeto è la parte più a monte del quartiere, alle prime propaggini del monte Ratti. Qui nel XVI secolo sorgeva un convento di Riformati, chiuso nel 1810 in seguito alle leggi napoleoniche di soppressione degli ordini religiosi e passato in proprietà all'arcidiocesi di Genova, che vi stabilì la sede del seminario minore, chiuso negli ultimi anni del Novecento e che oggi ospita una Residenza sanitaria assistenziale, dipendente dall'ospedale Galliera, con un centro di riabilitazione e una struttura per la cura dei malati di Alzheimer. La locale parrocchiale è intitolata alla Santissima Annunziata. Numerose strade urbane collegano il quartiere di San Martino con il centro di Genova, i vicini quartieri di San Fruttuoso, Marassi e Albaro e il levante genovese. La principale arteria è corso Europa, che attraversa tutto il quartiere e che a partire dagli anni sessanta ha sostituito la via provinciale che seguiva in parte l'antica via medievale (detta "Romana"), passando per la sommità della collina di San Martino. Lo stadio Carlini fu costruito nel 1912, ma inaugurato solo nel 1927, a causa di rallentamenti dei lavori dovuti a difficoltà nei finanziamenti. Con una capienza di 5.700 spettatori, è il secondo stadio di Genova dopo il Luigi Ferraris di Marassi. La cerimonia di inaugurazione di quello che allora era chiamato "stadio della Nafta" (dal nome della società petrolifera, filiale italiana della Shell, che aveva contribuito finanziariamente al completamento dell'impianto) si tenne il 26 e 27 novembre 1927, alla presenza di numerose autorità, tra le quali il ministro dello sport Leandro Arpinati, il presidente del CONI Lando Ferretti, il podestà di Genova Eugenio Broccardi e il presidente della "Nafta". L'impianto si presentava all'avanguardia per quell'epoca, ed oltre al terreno di gioco per il calcio comprendeva una pista di atletica, due campi da tennis e tre campi da bocce; tuttavia negli anni immediatamente successivi l'ampliamento dello stadio Ferraris mise in ombra questa sia pur moderna struttura sportiva. Su questo terreno disputò le partite casalinghe la società calcistica Andrea Doria nel Campionato Alta Italia 1945-46, prima della sua fusione con la Sampierdarenese per dar vita alla Sampdoria. Nel 1982 è stato completamente ristrutturato e ospita ancor oggi numerose partite di rugby, essendo diventato il terreno di gioco del CUS Genova Rugby anche per le partite a livello giovanile. Nel luglio 2001, durante il G8 di Genova ha ospitato un raduno delle cosiddette "Tute Bianche" di altri gruppi no global che da qui mossero in corteo per violare la "zona rossa". Corinna Praga, Genova fuori le mura, Genova, Fratelli Frilli Editori, 2006, ISBN 88-7563-197-2. Goffredo Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, 1850. Giovanni Dellepiane, Guida per escursioni nelle Alpi e Appennini Liguri, 1924, C.A.I.. Guida d’Italia - Liguria, Milano, TCI, 2009. Stefano Finauri, Forti di Genova: storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, Genova, Edizioni Servizi Editoriali, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5. Attilio Zuccagni-Orlandini Corografia fisica, storica e statistica dell'Italia e delle sue Isole, Firenze 1839. Università degli Studi di Genova Forti di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su San Martino La parrocchia di San Martino d'Albaro, su sanmartinodalbaro.it. Storia dell'ospedale San Martino, su statuesanmartino.altervista.org. Sito dell’ospedale San Martino, su hsanmartino.it. URL consultato il 30 marzo 2010 (archiviato dall'url originale l'8 agosto 2006).