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Sant'Eustacchio

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Italy provincial location map 2016
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Sant'Eustacchio è un quartiere di Brescia. Il quartiere è delimitato a sud da via Volturno e da via Leonardo da Vinci, a ovest dal fiume Mella, a nord da via Guglielmo Oberdan e a est da via Fausto Gamba, via della Valle, via Bezzecca e via Trento. Il territorio è pianeggiante e fortemente urbanizzato. A parte il Mella, i corsi d'acqua che lo attraversano sono tutti tombinati: fra i più rilevanti si segnalano i canali Bova e Grande Superiore e il torrente Garzetta, deviazione del Garza che si immette nello stesso Mella. Il toponimo riprende la cappella di Sant'Eustacchio che sorse sull'omonima via all'angolo con via Montello. La cappella fu poi assorbita dalla villa padronale edificata nel Quattrocento dal vescovo di Brescia Domenico Dominici. Dal Cinquecento fino al 30 giugno 1880, l'area occupata dall'attuale quartiere di Sant'Eustacchio fece parte dell'area meridionale del comune di San Bartolomeo. Poco dopo l'assorbimento di quest'ultimo nel comune di Brescia, la zona attorno a Sant'Eustacchio vide sorgere numerose fabbriche: dalla «Franchi-Gregorini», che poi assunse il nome di «Stabilimenti Sant'Eustacchio», che successivamente si fuse con l'Innocenti di Milano Lambrate diventando Innse ed infine divenne Innse-Berardi facente parte del Gruppo Camozzi, alla «Brixia-Züst», poi «Officine Meccaniche» (OM) e quindi «Iveco»; dalla «Ori Martin», la cui prima sede fu in seguito occupata da un allargamento della OM.. Nel Novecento si costruirono nuove aree residenziali, soprattutto verso la zona di Campo di Marte. Nel luglio 1972, il consiglio comunale, spinto dalla costituzione di alcuni comitati di quartiere presso alcune zone della città negli anni precedenti, votò l'istituzione dei consigli di quartiere. Le elezioni del consiglio di Sant'Eustacchio, che ai tempi ebbe una popolazione di 12 173 abitanti, si tennero il 24 novembre 1974. Nel 1977, la Giunta Trebeschi recepì la legge 278/1976 e suddivise il territorio comunale in nove circoscrizioni. Sant'Eustacchio fu assegnato alla Prima circoscrizione, assieme a Borgo Trento, Casazza e San Bartolomeo. Vent'anni dopo, la Giunta Corsini ridusse il numero delle circoscrizioni portandole da nove a cinque e San Bartolomeo fu assegnato alla nuova Circoscrizione Nord. Nuovi limiti, stabiliti dalla legge 191/2009, imposero la conclusione dell'esperienza delle circoscrizioni, nel 2013. L'anno dopo, la Giunta Del Bono decise di ricostituire i consigli di quartiere e le prime elezioni si tennero in tutta la città il 14 ottobre. Nel quartiere sono presenti due parrocchie della diocesi cattolica di Brescia: quella di san Barnaba apostolo e quella di santa Maria Immacolata. Nel quartiere sono presenti la scuola primaria e secondaria di primo grado di «Sant'Eustacchio» e l'ITIS «Benedetto Castelli». Fra il 1907 e il 1953 il quartiere fu servito dall'omonima fermata posta lungo la tranvia Brescia-Cellatica-Gussago. In via San Donino si trova il deposito autobus di Brescia Trasporti. Il quartiere è servito da quattro linee autobus: la 11 (Collebeato-San Bartolomeo-Sant'Eufemia-Botticino), la 13 (Gussago-Poliambulanza), la 15 (Mompiano-Girelli) e la 17 (Ospedale-Castelmella). Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Nord, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 16 gennaio 2021 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Gianpiero Belotti, Mario Baldoli, Una corsa lunga cent'anni - Storia dei trasporti pubblici di Brescia dal tram a cavalli al progetto Metrobus, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana, 1999, ISBN 88-86670-13-3. Mauro Oliva, Tram extraurbani a Brescia. Dalla «Compagnie Générale» alla «Tranvie Elettriche Bresciane», Brescia, Trenidicarta.it, 2022. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Sant'Eustacchio

Estratto dall'articolo di Wikipedia Sant'Eustacchio (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Sant'Eustacchio
Via Attilio Franchi, Brescia Sant'Eustacchio (Zona Nord)

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N 45.5534 ° E 10.2111 °
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Via Attilio Franchi 3
25128 Brescia, Sant'Eustacchio (Zona Nord)
Lombardia, Italia
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Istituto tecnico industriale statale Benedetto Castelli
Istituto tecnico industriale statale Benedetto Castelli

L'istituto tecnico industriale statale "Benedetto Castelli" di Brescia, intitolato al monaco Benedetto Castelli, è uno dei più antichi istituti scolastici della provincia bresciana. Le origini del Castelli risalgono al 1839, quando il pittore bresciano Gabriele Rottini, chiese, ed ottenne nel 1841, alla "Real direzione" delle scuole elementari della provincia di Brescia, la possibilità di aprire una scuola di pittura. Nel 1851 l'"Istituto Rottini" diviene "Scuola comunale di pittura, arti e mestieri" che divenne poi scuola pubblica nel 1852. Il 2 gennaio 1865 diviene "Scuola comunale di disegno applicato alle arti meccaniche e ai mestieri" di preparazione alle scuole superiori di belle arti. Nel 1885 la sede fu presso palazzo Bonoris, grazie a una donazione della Società bacologica bresciana. Il 21 marzo 1887 fu intitolata al Moretto. Nel 1922 fu trasferita presso il monastero di Santa Chiara, dove rimarrà fino al 1961. Solo nel 1939, in pieno periodo fascista, la scuola, che era nel frattempo evoluta in "scuola professionale", e sempre intitolata al Moretto, assunse una forma autonoma classificandosi come "istituto tecnico industriale", grazie alla riforma scolastica Bottai. Nonostante il cambio di nome, la scuola mantenne la sede didattica di via Santa Chiara, proponendo due tipologie di specializzazione: meccanica ed elettrotecnica. Dopo la seconda guerra mondiale, si ebbe la necessità di cambiare la sede didattica, data la crescente domanda, per poter assicurare a tutti la possibilità di studio. Venne individuata in un terreno di circa 26.000 mq a nord di Brescia, donato dall'imprenditore Federico Palazzoli; nel 1961 si conclusero i lavori di costruzione dell'istituto intitolato a Benedetto Castelli, mentre nel 1993 furono avviati i corsi del liceo scientifico tecnologico. L'istituto tecnico industriale Castelli offre ai propri studenti vari indirizzi di studio. Istituto tecnico industriale composto da: biennio triennio con specializzazioni in: Chimica, materiali e biotecnologie (ambientali o sanitarie) Elettronica ed elettrotecnica Informatica e telecomunicazioni Meccanica, meccatronica ed energia Situato in via Cantore, nella Circoscrizione Nord di Brescia, l'Istituto occupa una superficie di circa 11.000 mq (sui 26.000 di terreno disponibili), conta circa novanta aule didattiche dotate di lavagna interattiva multimediale, quarantacinque laboratori divisi per aree scientifiche e sei palestre per l'educazione fisica. L'edificio principale è a forma di ferro di cavallo, al cui centro trova posto un piccolo campo di atletica leggera; la struttura è affiancata, a ovest da un edificio denominato "satellite" (collegato al principale tramite un tunnel), ed a nord da un fabbricato che è sede di vari laboratori specialistici (precedentemente di sola meccanica, venne ristrutturato alla fine degli anni '90 per dare spazio a nuovi laboratori di informatica). La scuola dispone inoltre di una propria biblioteca, e l'aula magna dell'Istituto è stata intitolata ad Alberto Trebeschi, ex docente scomparso nella tragica strage di piazza della Loggia. Progetti Ulisse: imbarcazione Lazzaro: informatica Antonio Fappani (a cura di), Istituto Tecnico Industriale di Stato "B. Castelli", in Enciclopedia bresciana, vol. 6, Brescia, La Voce del Popolo, 1985, p. 357, ISBN non esistente, OCLC 163181975. Giovanni Boccingher, Dal Moretto all'I.T.I.S. Castelli. 100 anni (ed oltre) di istruzione tecnica a Brescia, Tricase, Youcanprint, dicembre 2014, OCLC 915922346, SBN IT\ICCU\UBS\0006267. Brescia Provincia di Brescia Sito ufficiale, su iiscastelli.edu.it.

Centro Storico Nord
Centro Storico Nord

Centro Storico Nord è un quartiere del comune di Brescia. L'area del quartiere occupa la parte settentrionale del centro storico cittadino, comprendente i quartieri che fanno riferimento alle parrocchie di san Faustino, di San Giovanni e, parzialmente, di Sant'Agata. Territorio fortemente urbanizzato, i suoi confini sono delimitati a nord da via Leonardo da Vinci, a est da via Castello e da Piazza della Loggia, a sud da via Dante e via Cairoli, a ovest da via Fratelli Ugoni e da via Tartaglia. Il quartiere è ricco di corsi d'acqua, tombinati nel corso degli anni per motivi igienici e di decoro. Lungo il confine settentrionale e occidentale scorre il torrente Garza, nel suo percorso attorno a quello che un tempo era l'area occupata dalle mura venete; fino al Rinascimento scorreva lungo via san Faustino, il cui andamento sinuoso ricorda quello del torrente. Il canale Bova scorre lungo via Nino Bixio, mentre il canale Dragone, segue l'andamento della prima cerchia muraria medievale in via delle Battaglie. Il toponimo è di origine moderna, concepito per distinguere il quartiere dagli altri due del centro storico della città: Centro Storico Sud e Brescia Antica. Nel 1972, è riportato come "Centro Nord". La prima urbanizzazione dell'area corrisponde allo sviluppo del quartiere del Carmine, che prendeva nome dalla chiesa omonima: nato come borgo esterno alle mura, nel Duecento fu inglobato nella prima cerchia muraria. Fino ancora al XIX secolo, il quartiere era caratterizzato da numerose attività produttive, come ricordato da alcuni nomi stradali, ad esempio "Rua Confettora", per la conceria delle pelli, e "Rua Sovera", per la costruzione dei mastelli. Dal 1859 al 1923, l'area occupata dal quartiere del Centro Storico Nord corrispose alla parte settentrionale del II Mandamento di Brescia con annessa Pretura. Negli anni Trenta del Novecento, la zona fu coinvolta parzialmente in un piano di modifiche urbanistiche che avrebbe dovuto portare alla rettificazione di via San Faustino, ma che si limitò all'abbattimento delle abitazioni a ridosso di Palazzo della Loggia, costituendo lo slargo detto del "Formentone". Nel luglio 1972, dopo l'approvazione del consiglio comunale, fu istituito il consiglio di quartiere di "Centro Nord". La prima elezione si tenne il 24 novembre 1974. Tre anni dopo, il consiglio comunale approvò il regolamento predisposto dalla Giunta Trebeschi per l'attuazione delle nuove circoscrizioni, secondo la legge 278/1976. La Nona circoscrizione occupò l'intero centro storico originario, assorbendo il quartiere Centro Nord assieme agli altri due di Brescia Antica e di Centro Storico Sud. I quartieri furono mantenuti solo per finalità statistiche. Nel 2007, la Giunta Corsini riorganizzò le circoscrizioni. A partire dalle elezioni amministrative dell'anno seguente, tutti e tre i quartieri entrarono a far parte della nuova Circoscrizione Centro. L'esperienza fu di breve durata, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009. Nel 2014, la Giunta Del Bono avvertì la necessità di costituire degli organi consultivi di rappresentanza per le realtà locali e decise di riattivare i consigli di quartiere. Le prime elezioni del nuovo organismo si tennero il 14 ottobre. Chiesa di Sant'Agata Chiesa di San Carlino, adibita a sala conferenze. Chiesa di San Faustino in Riposo Chiesa dei Santi Faustino e Giovita Chiesa di San Giorgio Chiesa di San Giovanni Evangelista Chiesa di San Giuseppe Chiesa di Santa Maria del Carmine Basilica di Santa Maria delle Grazie Chiesa di Santa Maria della Pace Monte di Pietà nuovo Monte di Pietà vecchio Palazzo della Loggia Caserma Randaccio Nell'area del quartiere sono operative tre parrocchie di religione cattolica, appartenenti alla Diocesi di Brescia: quella di san Faustino, quella di San Giovanni e, parzialmente, quella di Sant'Agata. In via dei Mille è presente il Tempio della Chiesa evangelica valdese. Nel quartiere è presente una scuola primaria pubblica, la «Muzio Calini». La storica scuola gestita dalla Congregazione di San Filippo Neri, presso la Chiesa della Pace, chiuse nell'estate del 2018. L'Università degli Studi di Brescia ha alcune sedi nell'area del quartiere in quanto utilizza Palazzo Calini ai fiumi per i corsi di Giurisprudenza, l'ex Monastero di santa Chiara per quelli di Economia, il Palazzo delle Mercanzie per alcune aule di studio e l'ex Monastero di San Faustino per la segreteria. La metropolitana di Brescia corre in sotterranea lungo via san Faustino. All'interno del territorio assegnato al quartiere sono presenti le stazioni di San Faustino e Vittoria. Il quartiere è servito dalle linee 2 (Pendolina - Chiesanuova), 7 (Caino - Roncadelle), 13 (Gussago - Poliambulanza), 15 (Montini / Mompiano - Noce), 17 (Costalunga - Castel Mella) e 18 (Piazzale Beccaria - Bornata) della rete di trasporti urbani. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Centro, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 12 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Centro Storico Nord

Basilica di Santa Maria delle Grazie (Brescia)
Basilica di Santa Maria delle Grazie (Brescia)

La basilica di Santa Maria delle Grazie è una chiesa di Brescia, situata all'estremità ovest di via Elia Capriolo, all'intersezione con l'omonima via delle Grazie. Costruita a partire dalla prima metà del Cinquecento e notevolmente arricchita nel Seicento, custodisce varie opere di autori locali e tre tele del Moretto, due delle quali sono però oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Principale caratteristica della chiesa sono gli affreschi, gli stucchi e le dorature, eseguiti con notevole cura e grandissima varietà di repertorio decorativo, che rivestono ogni superficie dell'interno dell'edificio, rendendolo il più spettacolare esempio di arte barocca in città. Alla chiesa è annesso l'omonimo santuario di Santa Maria delle Grazie, pregevole opera neogotica ottocentesca. La primitiva chiesa viene costruita dai Gerolamini, presenti a Brescia dalla metà del Quattrocento, in un luogo molto lontano da qui, oggi corrispondente all'estremità nord di via Oberdan, molto a nord della città murata. Nel 1517, dopo la triste esperienza del sacco operato nel 1512 dai soldati di Gaston de Foix-Nemours, la Repubblica di Venezia, ripreso il controllo della città, ordina da cosiddetta "spianata", ovvero la distruzione di qualsiasi edificio attorno alle mura nel raggio di circa un chilometro e mezzo. Anche la chiesa dei Gerolamini viene atterrata e, per avere una nuova sede, chiedono e ottengono di insediarsi nella chiesa di Santa Maria di Palazzolo, situata all'interno della cerchia muraria all'estremità ovest dell'attuale via Elia Capriolo. La chiesa, oltretutto, apparteneva già agli Umiliati, i quali stavano però tenendo una bassa condotta morale e, di conseguenza, l'entrata dei Gerolamini servì anche per rinnovare il convento. Tramite bolla di Papa Leone X, nel 1519 i frati ottengono infine anche il diritto di sostituire l'antico nome del complesso religioso con quello di Santa Maria delle Grazie. Le minime dimensioni del luogo di culto, però, non dovettero soddisfare i nuovi abitanti del monastero e, di conseguenza, nel 1522 avviano il cantiere di una nuova chiesa, su progetto di frate Ludovico Barcella, immediatamente a lato dell'antico edificio, che sarà poi consacrata nel 1539. Questo nuovo luogo di culto diventa la principale chiesa di Santa Maria delle Grazie, mentre l'ex chiesa di Santa Maria di Palazzolo resta un santuario annesso. Nel 1668 la soppressione dell'ordine dei Gerolamini, decretata da Papa Clemente IX, porta all'insediamento dei Padri Gesuiti, che acquisiscono la chiesa con i chiostri annessi, istituendovi una scuola rinomata. Il monastero viene poi soppresso nel 1797 ma la chiesa rimane aperta e officiata ed è ancora oggi attiva. Il 17 marzo 1963 la chiesa viene elevata al rango di Basilica minore con decreto di papa Giovanni XXIII, da lui visitata più volte quando era Nunzio Apostolico e Patriarca di Venezia. La facciata della chiesa è accessibile tramite un piccolo sagrato delimitato da una cancellata in ferro battuto. A destra è presente un'alta colonna con capitello ionico che sorregge la statuetta in bronzo della Madonna della Pace, opera dello scultore bresciano Emilio Magoni. La colonna fu posizionata nel 1921, in luogo di una più antica abbattuta da un uragano nel 1873. La facciata della chiesa, che si innalza sullo sfondo, è ritmata da semplici lesene che dividono la superficie in tre settori, fra i quali quello centrale è il più elevato. Una fascia marcapiano la divide invece in senso orizzontale. Nel prospetto superiore, privo di elementi ornamentali, campeggia un grande rosone, impreziosito da una vetrata di settecentesca di Giovanni Bertini rappresentante la Natività. All'interno, la chiesa presenta una struttura a tre navate, con volta a botte di copertura nella navata centrale e cupolette emisferiche in successione nelle laterali, in corrispondenza dei singoli altari, sette per lato. Il profondo presbiterio è concluso da un'abside poligonale. Al centro della facciata si apre un portale scolpito in marmo di Botticino e marmo rosso di Verona, proveniente dalla chiesa a nord della città demolita nel 1517 e qui trasferito. L'architrave riporta l'iscrizione "MATTHEUS LEONEUS HANC PORTAM PROPRIIS FABREFACTAM SUMPTIBUS BEATAE DEI GENITRICI GRATIARUM MARIAE DEVOTE DEDICAVIT", a ricordo quindi dell'intervento di Matteo Leoni, capitano di ventura, che sovvenzionò l'opera. La lunetta al centro del portale è arricchita da un rilievo con la Madonna delle Grazie e il Bambino, fiancheggiati a destra da Matteo Leoni in vesti militari con San Gerolamo e a sinistra da un figlio del Leoni in preghiera con San Giovanni Battista. L'apparato scultoreo, decisamente innovativo nei modellati e nelle decorazioni ma ancora caratterizzato da un marcato retaggio gotico nella composizione generale, è la più rappresentativa opera della fase di transizione percorsa dall'arte lapidea bresciana nella seconda metà del XV secolo. La volta, le pareti e tutte le cupolette laterali sono interamente rivestiti da affreschi, stucchi e dorature eseguiti con notevole cura e grandissima varietà di repertorio decorativo, che fanno di questa chiesa il più spettacolare esempio di arte barocca in città. L'impresa decorativa nasce dal concorso di molti artisti, fra i quali si ricordano Francesco Giugno, autore dei cinque medaglioni nella volta centrale con l'Apparizione di Cristo risorto alla Madonna, la Pentecoste, l'Assunzione, l'Incoronazione e la Morte della Beata Vergine. Giovanni Mauro della Rovere opera invece nel presbiterio, mentre Girolamo Muziano dipinge Episodi della vita di San Gerolamo nella cupoletta presso l'altare del patrono. Il primo altare a destra, dedicato a santa Barbara, è arricchito da una tela raffigurante il Martirio della Santa opera del pittore bresciano Pietro Rosa, allievo di Tiziano. La cura dell'altare, come ricorda un'iscrizione presente ai lati del medesimo, spettava alla Scuola dei Bombardieri ed Artiglieri, istituita dal governo veneto nel 1531. L'altare successivo, originariamente intitolato a San Rocco, era sovrastato da una tela di Jacopo Palma il Giovane con il Redentore tra i santi Rocco, Vittoria e Corona. I Gesuiti, subentrati ai Gerolamini nella cura della chiesa, cambiarono la dedicazione dell'altare per celebrare la figura di san Francesco Saverio. Nel 1745 fu collocato sull'altare un dipinto con San Francesco Saverio fra i giapponesi del pittore veronese settecentesco Pietro Antonio Rotari. Segue l'altare delle Sante Lucia e Apollonia, arricchito da una tela del pittore vicentino Alessandro Maganza che raffigura le due Sante al cospetto della Madonna col Bambino attorniata da San Giuseppe e da un angelo. L'altare successivo è dedicato a sant'Antonio di Padova, sul quale dal 1529 aveva il proprio giuspatronato la famiglia Lana de' Terzi. In origine vi era collocato Sant'Antonio da Padova tra i santi Antonio Abate e Nicola da Tolentino, opera del Moretto: la tela, di notevole valore artistico, si trova oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo per ragioni conservative ed è sostituita da una copia tardo ottocentesca di Bortolo Schermini. Sopra la porta laterale è appeso un dipinto di Callisto Piazza con la Natività di Gesù. Segue l'altare di san Francesco Regis adornato da una tela di Simone Brentana che ritrae il santo dedicatario. La cappella di testa della navata è infine presente un altro dipinto del Moretto, la Madonna col Bambino in gloria con i santi Rocco, Martino e Sebastiano, altra opera molto importante che è invece rimasta nella chiesa. Sulla parete sinistra è invece appeso un San Martino che risuscita il figlio della vedova del pittore vicentino Francesco Maffei. Ai lati dell'arco santo si conservano le reliquie di San Gerolamo a sinistra e il mausoleo del benefattore Uberto Gambara, risalente al Quattrocento, a destra. All'altare maggiore fa da sfondo una Natività, copia moderna di un dipinto del Moretto, custodito dalla fine dell'Ottocento nella pinacoteca. Lungo le pareti del coro sono disposte altre tele: lo Sposalizio di Maria di frate Tiburzio Baldini (1609), la Circoncisione di Gesù Cristo di Francesco Giugno, l'Adorazione dei Magi di Grazio Cossali (1610), la Purificazione della Vergine di Antonio Gandino (1660) e la Visitazione di Maria ad Elisabetta di frate Tiburzio Baldini. L'organo dei fratelli bergamaschi Serassi ha sostituito nel 1844 quello cinquecentesco realizzato da Giangiacomo Antegnati, le cui ante erano decorate da Pietro Rosa con la scena della Sibilla Cumana in atto di profetizzare all'imperatore Augusto l'incarnazione di Cristo. Ai lati dell'organo sono presenti l'Annunciazione di Maria Vergine di Antonio Gandino, la Strage degli innocenti di frate Tiburzio Baldini, la Natività di Maria Vergine di Camillo Procaccini e la Presentazione di Gesù al tempio nuovamente di Antonio Gandino. Nella cappella absidale che chiude la navata sinistra, ornata dalla Deposizione e dalla Crocifissione di frate Tiburzio Baldini, è conservato un prezioso Crocifisso in legno degli inizi del Cinquecento, affiancato dalle statue in stucco dipinto della Vergine Maria e di San Carlo Borromeo. Presso l'altare del Crocefisso è presente anche il mausoleo del condottiero Tommaso Caprioli (1575-1608), eretto nel 1620 e riconducibile probabilmente alla scuola dei Carra, costituito da una lunga iscrizione commemorativa bordata da ampie lesene decorate con festoni ed armature a rilievo, sovrastate da un sarcofago con la rappresentazione del giovane conte, colto nel sonno eterno e coronato dal proprio sontuoso stemma gentilizio. È qui conservato solo il cuore del condottiero, morto a Praga nel 1608. Sopra la porta laterale che immette nel chiostro è appesa una Adorazione dei pastori con due figure di gesuiti, riconducibile a un pittore bresciano seguace di Pietro Maria Bagnadore. L'altare successivo è dedicato all'Immacolata Concezione e presenta una ricca decorazione a stucco della seconda metà del Cinquecento, a cornice di una tela di Pietro Maria Bagnadore con i Santi Anna e Gioacchino, alla quale Giuseppe Tortelli aggiunse la figura dell'Immacolata affiancata da angeli. Segue l'altare di San Luigi Gonzaga, un tempo intitolato ai Santi Giorgio e Gottardo e curato dalla corporazione degli armaioli, arricchito da un dipinto di Antonio Paglia che riproduce la Vergine con i Santi Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka, protettori del Collegio dei nobili retto dall'ordine. L'altare seguente è intitolato a San Giuseppe e presenta un dipinto della scuola del Moretto con la Madonna della Misericordia circondata dai santi Michele, Giovanni Battista, Bernardo e Maddalena. Conclude l'altare di san Gerolamo, dedicato al santo protettore dei primi fondatori della chiesa, ornato da un dipinto di Paolo Caylina il Giovane con la Madonna delle Grazie con San Gerolamo, Sant'Eusebio e le Sante discepole Eustochia e Paola. Nella nicchia dell'altare si conserva, come preziosa reliquia, il calcagno di San Gerolamo donato al convento delle Grazie dalla nobildonna Giulia Fenaroli. Sulla controfacciata è visibile un grande dipinto di fra Tiburzio Baldini, rappresentante la Strage degli Innocenti. La chiesa conserva anche un ricco patrimonio di suppellettili liturgiche, fra le quali spicca un prezioso reliquiario cinquecentesco in ebano e avorio con statuette della Giustizia e della Temperanza, dono del cardinale Uberto Gambara. Il piccolo santuario, molto sentito e frequentato dalla popolazione, è ciò che rimane dell'antica chiesa di Santa Maria di Palazzolo, costruita nel Duecento degli Umiliati. L'edificio è stato variamente ricostruito nei secoli, in particolare alla fine dell'Ottocento, quando è stato eseguito un rifacimento radicale degli interni su progetto di Antonio Tagliaferri, aiutato da numerosi decoratori, pittori e scultori. Il santuario è oggi il maggior esempio di arte e architettura neogotica ottocentesca in città. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, in Brescia Città Museo, Contributi di Antonella Busseni, Elena Remi, Brescia, Tip. S. Eustacchio, 2004, SBN IT\ICCU\BVE\0387824. Vito Zani, Maestri e cantieri nel Quattrocento e nella prima metà del Cinquecento, in Valerio Terraroli (a cura di), Scultura in Lombardia. Arti plastiche a Brescia e nel Bresciano dal XV al XX secolo, Milano, Skira, 2011, ISBN 978-88-572-0523-6, OCLC 936152663, SBN IT\ICCU\UBO\3839955. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), MARIA (S.) delle Grazie, in Enciclopedia bresciana, vol. 8, Brescia, La Voce del Popolo, 1991, OCLC 163182000, SBN IT\ICCU\MIL\0273002. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica di Santa Maria delle Grazie

Santuario della Madonna delle Grazie (Brescia)
Santuario della Madonna delle Grazie (Brescia)

Il Santuario della Madonna delle Grazie è una chiesa di Brescia, con funzione principalmente votiva e meditativa, situata lungo via delle Grazie, adiacente all'omonima basilica di Santa Maria delle Grazie. Il piccolo santuario sorge su una chiesa del Duecento variamente ricostruita nel corso del secoli, in particolare alla fine dell'Ottocento, quando è stato eseguito un rifacimento radicale degli interni. Il santuario è oggi il maggior esempio di arte e architettura neogotica ottocentesca in città. Il santuario sorge nel luogo dell'antica chiesa di Santa Maria di Palazzolo, costruita nel XIII secolo da un gruppo di Umiliati provenienti da Palazzolo sull'Oglio. Gli Umiliati erano comunque presenti a Brescia già dalla fine del XII secolo: in una lettera del 1254 vengono particolarmente lodati da Papa Innocenzo IV per il fervore religioso e la grande operosità. Berardo Maggi, vescovo di Brescia dal 1275 al 1308, favorì il loro radicamento nel territorio cittadino, incaricandoli della riscossione dei dazi, della vendita del sale e del pane e dell'arbitraggio di controversie. Per agevolare le operazioni di esazione dei tributi, le case degli Umiliati sorgevano spesso in corrispondenza delle porte urbiche e dei ponti sui vari corsi d'acqua che attraversavano la città come il Bova, il Celato e il Dragone. La chiesa di Santa Maria di Palazzolo sorse infatti nei pressi di Porta San Giovanni, a ovest della cortina muraria cittadina. L'antica chiesetta comprendeva un semplice vano rettangolare di modeste dimensioni, coperto da travature lignee. Il piccolo ambiente viene rinnovato nel corso del Trecento con l'erezione di una serie di volte a crociera costolonate e ampliato in pianta rispetto alla struttura originaria. Un importante apparato di affreschi impreziosiva le pareti dell'edificio: dell'intero ciclo pittorico sopravvivono solo alcuni frammenti attualmente conservati presso la pinacoteca Tosio Martinengo, dove furono portati per ragioni di salvaguardia alla fine dell'Ottocento. Si segnala in particolare un lacerto di gusto bizantino con la figura dell'Arcangelo Gabriele, proveniente da una più vasta Annunciazione degli inizi del Trecento, una Madonna lactans, la Veronica con il sudario e i Santi Francesco e Antonio con devota della fine del secolo. Sul finire del Quattrocento le cronache accennano ad una grave crisi morale che travolge alcuni esponenti umiliati: si rende così necessario l'intervento del cardinale Uberto Gambara, che nel 1517 insedia i Gerolamini nel convento con l'incarico di riformarlo. I Gerolamini, presenti a Brescia dalla metà del Quattrocento, avevano inoltre appena abbandonato la loro primitiva residenza a nord della città: nel 1517, infatti, dopo la triste esperienza del sacco operato nel 1512 dai soldati di Gaston de Foix-Nemours, la Repubblica di Venezia, ripreso il controllo della città, ordina da cosiddetta "spianata", ovvero la distruzione di qualsiasi edificio attorno alle mura nel raggio di circa un chilometro e mezzo. Anche la chiesa dei Gerolamini viene atterrata e l'intervento di Uberto Gambara dà loro nuova sede. I frati avviano quindi la riforma del monastero e costruiscono una nuova, più grande chiesa a fianco dell'antica, che non viene comunque distrutta e rimane in funzione di santuario. Frate Ludovico Barcella vi fa collocare una Natività del Quattrocento, che era oggetto di particolare venerazione per alcuni miracoli che le erano stati attribuiti ed era stata pertanto trasferita dalla chiesa abbattuta. Le pareti dell'edificio vengono impreziosite nel Seicento da affreschi di Tommaso Sandrino e Francesco Giugno, oggi perduti. Nel 1860 è registrato un intervento decorativo del pittore Giuseppe Ariassi, che esegue una Deposizione e figure di Santi. Nell'ultimo quarto dell'Ottocento l'edificio è finalmente interessato da un radicale intervento di recupero che porta alla completa trasfigurazione della sua architettura tradizionale. Per valorizzare il piccolo santuario, piuttosto spoglio ed oscuro ma sempre intensamente frequentato, il Comune decide di provvedere al suo restauro, affidando l'incarico all'architetto Antonio Tagliaferri, che ne porta a compimento la realizzazione fra il 1875 e il 1897 ricorrendo all'opera di numerosi decoratori, pittori e scultori. I lavori vengono infine completati tra il 1899 ed il 1907 con il posizionamento degli arredi progettati dallo stesso Tagliaferri. Nell'intervento ricostruttivo, l'antico altare e la venerata immagine della Madonna, strappata dal supporto originario, vengono riposizionati sul lato nord dell'edificio, in modo da consentire l'apertura di ampie finestre sul lato sud, esposto alla luce. Intorno all'immagine sacra viene creato un recinto in ferro, protetto da una balconata con inserti marmorei e colonnine tortili, che realizzava una distinzione fra gli spazi percorsi dai fedeli e la zona riservata all'officiante. Il santuario assume una preziosissima decorazione neogotica, con marmi, terrecotte e affreschi realizzati appositamente. La decorazione marmorea viene commissionata al lapicida rezzatese Davide Lombardi, che riproduce nei plinti delle colonne alcuni simboli mariani. La stuccatura delle lesene e delle innumerevoli cornici viene affidata invece alla famiglia Pedruzzi di Bergamo. La decorazione dipinta, realizzata con la tecnica della tempera a encausto, viene eseguita da Modesto Faustini, al quale si devono l'Annunciazione e la Visitazione ai lati dell'altare e le figure di Cristo, della Madonna e dei Santi nei medaglioni presenti nelle lunette e sugli archi. Alla morte dell'autore i lavori vengono portati a termine da Cesare Bertolotti, che realizza la Crocifissione di Cristo, la Nascita, lo Sposalizio e l'Assunzione della Vergine nei trittici a lato dell'altare e Personaggi dell'Antico Testamento nelle lesene circostanti. Il soffitto del presbiterio, con sfondo blu rivestito di stelle dorate, è opera dei pittori Salvi, Franchini e Chimeri. All'esterno del santuario è presente il chiostro del convento, con al centro una fontana decorata in sommità da una statuetta in bronzo della Madonna, opera di Santo Calegari il Vecchio. Sul matroneo si trova un organo a canne, costruito nel 1880 da Giovanni Tonoli, riformato dalla ditta Maccarinelli-Frigerio-Fusari nel 1921 secondo i gusti dell'epoca e ripristinato nel 2008 dalla ditta Inzoli. Lo strumento è a trasmissione meccanica ed ha due tastiere ciascuna di 58 note ed una pedaliera dritta di 27. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, in Brescia Città Museo, Contributi di Antonella Busseni, Elena Remi, Brescia, Tip. S. Eustacchio, 2004, SBN IT\ICCU\BVE\0387824. Rino Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Milano, Ares, 2020, ISBN 978-88-815-59-367. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul santuario di Santa Maria delle Grazie

Castelletto dei dazi
Castelletto dei dazi

Il Castelletto dei dazi è un palazzo di Brescia, situato all'estremità nord di via San Faustino, sul crocevia tra piazzale Cesare Battisti, via Leonardo da Vinci e via Pusterla. È stato costruito in stile neoromanico tra il 1889 e il 1891 dall'architetto Giuseppe Morelli e inaugura il principale ingresso nord del centro storico cittadino. Persa l'originale funzione daziaria nel corso del Novecento, ospita oggi alcuni servizi commerciali. Nell'area dello sbocco nord di via San Faustino sorgeva anticamente la Porta Pile, che ancora oggi dà il nome al quartiere circostante. Andata in rovina nei secoli poiché non più utilizzata come struttura difensiva della città, viene completamente riformata tra il 1818 e il 1823 da Rodolfo Vantini, il quale la trasforma in un monumentale arco di trionfo neoclassico. Con la progressiva demolizione delle mura urbane avviata dalla seconda metà dell'Ottocento in poi, però, la nuova porta del Vantini si rivela un ostacolo per lo sviluppo della nuova strada di circonvallazione e viene così definitivamente abbattuta. Il castelletto con funzione daziaria viene costruito subito dopo, tra il 1889 e il 1891, dall'architetto Giuseppe Morelli, in posizione più marginale e ritratta rispetto al percorso della strada. Durante il Novecento gli ambienti interni vengono alienati a privati e il castelletto è oggi occupato da alcuni servizi commerciali. L'edificio è in stile neoromanico ed è composto da un corpo longitudinale al quale si addossa, verso nord, una torretta dal coronamento merlato. I prospetti presentano due differenti fasce di rivestimento: l'ordine inferiore, ricoperto da regolari lastre marmoree, è scandito da aperture ad arco a tutto sesto inscritte entro alte cornici archiacute; nell'ordine superiore, rivestito da un paramento murario di pietre appena sbozzate, si aprono invece eleganti bifore poggianti su esili colonnine. I due ordini sono separati da una cornice marcapiano molto aggettante, mentre il coronamento superiore è sottolineato da una cornice ad archetti acuti. La torretta angolare, come già detto, presenta un'ulteriore fascia merlata in sommità. Il prospetto meridionale, più corto, ospita sopra la fascia marcapiano due stemmi della famiglia Calini. Altri frammenti architettonici di recupero si notano inseriti in più punti della muratura, tra i quali un bassorilievo con leone rampante, una lapide con stemma, colonnine e plinti. Si tratta di frammenti provenienti da fabbriche demolite o da scavi, integrati, secondo il gusto tardo ottocentesco, nella nuova struttura come elementi decorativi. La stessa tipologia di intervento è riscontrabile, rimanendo nell'area cittadina, sulla coeva facciata neogotica della chiesa dei Santi Giacomo e Filippo. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004

Chiesa di San Rocco (Brescia)
Chiesa di San Rocco (Brescia)

La chiesa di San Rocco è una chiesa di Brescia, situata sul lato sud di via Capriolo, a metà fra i crocevia con Via Francesco Lana e vicolo Due Torri. Fondata nel Cinquecento dopo un'epidemia di peste, la chiesa si è nei secoli arricchita di opere d'arte fino alla soppressione, avvenuta nel 1797. Fortunatamente, l'edificio non viene riutilizzato per usi impropri e viene ceduto alla parrocchia di San Giovanni, che ne mantiene il decoro. Sede di varie fondazioni tra l'Ottocento e il Novecento, è oggi utilizzata dalla Caritas parrocchiale di San Giovanni. L'interno della chiesa conserva parte delle originali decorazioni e tutti gli originali altari, privati però delle tele che un tempo li arricchivano. La chiesa viene costruita alla fine del Cinquecento per volere della Confraternita di San Rocco, nata in seguito a un'epidemia di peste verificatasi nel 1577. La chiesa venne pertanto dedicata a San Rocco, tradizionale protettore degli ammalati. Il piccolo luogo di culto, semplicemente ricavato all'interno di un edificio residenziale di epoca medievale, viene nel tempo mantenuto e impreziosito dai membri della confraternita, finché nel 1797 viene soppresso e ceduto alla vicina chiesa di San Giovanni. Rimanendo all'interno di proprietà ecclesiastiche, l'edificio non decade in usi impropri, mantenendo così gran parte delle sue ricchezze artistiche originali. Nel 1803 diventa la sede della "Scuola di Carità di San Rocco", destinata all'istruzione delle donne povere del quartiere. L'istituzione, che rimarrà attiva fino alla fine dell'Ottocento, viene affidata alle suore di un vicino istituto scolastico. Nel 1918 la chiesa torna a svolgere il ruolo di sede di un'associazione, questa volta della "Scuola della Buona Massaia", nata per la preparazione delle giovani agli impegni della famiglia, dalla quale avrà origine l'Istituto Pro Familia, ancora oggi attivo con sede in via Calatafimi. La chiesa viene infine sconsacrata alla metà del Novecento. Attualmente, l'edificio è sede della Caritas parrocchiale di San Giovanni, che la utilizza come punto di distribuzione di abiti per i bisognosi. La facciata è assolutamente anonima: la chiesa infatti, fu ricavata all'interno di un normale edificio abitativo popolare e la sua presenza è tradita solamente da una finestra a lunetta, inconsueta nell'edilizia residenziale. Ai lati dell'ingresso, due lapidi ricordano la fondazione, avvenuta all'interno della chiesa, "Scuola di Carità di San Rocco" nel 1803 e della "Scuola della Buona Massaia" nel 1918. L'interno della chiesa è ad aula unica coperta da una volta a botte, originariamente dipinta da Agostino Avanzo e Gian Giacomo Barbelli, che vi lavorarono nel Seicento dipingendovi episodi della vita del santo titolare. Oggi, la decorazione è in gran parte perduta e sopravvive solo sulla parete di fondo del presbiterio, dove si trova un affresco con motivi prospettici di un'abside illusoria alla quale è annessa l'ancona dell'altare maggiore, in marmo venato di rosso e bianco. La soasa è oggi vuota, ma un tempo ospitava una Madonna con i santi Martino e Rocco di Grazio Cossali. Sulla volta del presbiterio, invece, è affrescato un altro esercizio prospettico con la presenza illusoria di una cupola fortemente scorciata, nella cui immaginaria lanterna si inserisce la colomba, simbolo dello Spirito Santo, entro una luminosa raggiera. Della struttura originaria sopravvive anche l'arco santo, decorato nell'intradosso con motivi vegetali a monocromo, oltre il quale, nello spazio della navata, si prolunga la volta a botte. Lungo quest'ultima si trovano ancora numerosi frammenti dell'originale decorazione seicentesca. Alle pareti, invece, sono ancora presenti gli antichi altari laterali, comunque privi delle tele e delle statue che li ornavano, ad esempio la Flagellazione di Cristo di Francesco Bernardi e la statua della Vergine Maria della Speranza. Tra le opere più significative un tempo presenti nell'edificio vi è la Sacra Conversazione del Romanino, eseguita tra il 1510 e il 1513 e donata alla chiesa all'inizio dell'Ottocento dalla nobile Flaminia Monti della Corte. La pala rimase in loco fino alla metà del Novecento quando, sconsacrata la piccola chiesa, venne trasferita nella chiesa di San Giovanni. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine in Brescia Città Museo, Sant'Eustacchio, Brescia 2004 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Rocco

Borgo Trento (Brescia)
Borgo Trento (Brescia)

Borgo Trento precedentemente noto come Borgo Pile è un quartiere cittadino di circa 7.000 abitanti appartenente al comune di Brescia inserito all'interno della Circoscrizione Nord. Sorto intorno al XII secolo al di fuori della cinta muraria urbana come borgo indipendente, fu unito definitivamente alla municipalità di Brescia nel 1881. Nel 1237 venne approvato il più antico piano regolatore della città di Brescia ad opera del frate umiliato Alberico da Gambara che prevedeva l'espansione del perimetro urbano e la costruzione di una nuova cinta muraria. Ciò favorì la nascita di un primo borgo extraurbano già nel 1254, che prese in nome di Borgo Pile dal nome della porta cittadina attraverso la quale era obbligatorio passare per raggiungere l'abitato. Nel 1512 Brescia, all'epoca sotto dominazione veneziana, fu temporaneamente conquistata dall'esercito francese durante la Guerra della Lega di Cambrai. I cittadini bresciani si ribellarono nei confronti della dominazione francese, ma il loro atto si concluse con il saccheggio della città ad opera delle truppe mercenarie guidate da Gastone di Foix. Dopo esser tornata in possesso della città, Venezia, al fine di prevenire eventi analoghi, decise di demolire qualsiasi casolare, chiesa o villa per circa un miglio di distanza dalla cinta muraria, al fine di creare una "spianata difensiva" attorno al perimetro urbano. Stessa sfortunata sorte toccò a Borgo Pile, ma già a distanza di meno di un secolo ne è documentata la ricostruzione. Nel 1609 il catasto del podestà veneziano Giovanni Da Lezze segnalava che il Borgo delle Pille contava una settantina di case e già dal 1580 gli abitanti avevano costruito a proprie spese una chiesa intitolata a San Giovanni Evangelista, tuttavia senza ottenere lo status di parrocchia Nel XIX secolo il Borgo Pile aumentò di dimensioni, estendendosi sino all'estremità meridionale dell'abitato di Isolabella, crebbe in numero degli abitanti e sorsero nuove attività commerciali ed artigianali. Il Borgo infatti rappresentava un punto nevralgico per il commercio diretto verso i paesi della Val Trompia e della Val Sabbia. Durante la dominazione austro-ungarica venne riorganizzata la municipalità di Brescia. Da un punto di vista amministrativo il centro cittadino venne isolato dal territorio circostante, che fu suddiviso in cinque comuni autonomi. Borgo Pile fu fatto rientrare all'interno del territorio del vicino Borgo di San Bartolomeo. Solo nel 1881 Brescia, ormai passata in mani sabaude ottenne la riaggregazione dei cinque comuni periferici. Nel 1886 fu completata la costruzione della nuova chiesa, i cui lavori erano cominciati nel 1879 ad opera dell'architetto Carlo Melchiotti e il Borgo poté così fregiarsi del titolo di parrocchia coprendo un territorio molto vasto: Costalunga, Sant'Eustacchio, San Bartolomeo e San Gottardo. Nel 1897 venne approvato un nuovo piano urbanistico sotto tale spinta si andò a riempire il vuoto esistente tra Borgo Pile e il centro cittadino. La spinta principale fu data dalla posatura della tramvia che da Brescia portava a Gardone Val Trompia e dalla realizzazione nel 1913 della linea n.2 del tram elettrico cittadino. Nel 1903 il Borgo Pile fu ribattezzato Borgo Trento in onore della città italiana non ancora redenta e successivamente l'edificio scolastico fu intitolato a Cesare Battisti, il martire trentino. Nel 1926 anche la Chiesa Parrocchiale del Borgo modificò il proprio titolo e fu dedicata a Cristo Re. L'insediamento più antico del Borgo sorge sulla riva destra del torrente Garza, a circa un chilometro dal centro cittadino. Il cuore dell'abitato si snodava lungo un'unica arteria principale, oggi via Trento, fiancheggiata ininterrottamente a destra e sinistra da due schiere di abitazioni. Le propaggini del nucleo storico del Borgo si estendono lungo l'asse nord-sud. A meridione sorge l'abitato di Isolabella, a settentrione quello delle Grazzine, entrambi sorti sempre lungo l'argine del Garza. Oggi il torrente è stato coperto dal manto stradale di Via Giambattista Cipani e Via Montesuello e vi sono soltanto alcune aperture di sfogo che permettono di vedere il greto del Garza. Attorno al nucleo storico del borgo antico sono sorte numerose abitazioni che hanno congiunto il quartiere con il resto del tessuto urbano. Il simbolo (+) indica una via in parte inclusa in un altro quartiere. Lino Monchieri (prefazione di Franco Nardini), Il mio Borgo, 1996. Brescia Quartieri di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Borgo Trento Comune di Brescia, su comune.brescia.it.

Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta
Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta

La chiesa di Santa Maria ad Elisabetta è una chiesa di Brescia, situata in via Francesco Lana. Fondata nel Seicento, fu riaperta al culto dopo la soppressione ottocentesca grazie all'interesse dei sacerdoti Giovanni Battista e Massimiliano Averoldi. All'interno si conserva un vasto patrimonio di affreschi e tele, molte di tipo votivo, risalenti soprattutto al Settecento. La chiesa viene fondata nel XVII secolo da una confraternita di Disciplini che curavano il culto della Visitazione della Beata Vergine Maria. In seguito alle soppressioni condotte dalla Repubblica Bresciana, l'edificio viene alienato a privati a, nel 1807, adibito a fabbrica di palle di cannone. Nel 1819 viene riscattata da due sacerdoti bresciani, Giovanni Battista e Massimiliano Averoldi, che ne ottengono la riapertura. Tra il 1867 e il 1897 don Andrea Livragna promuove un importante restauro dell'edificio e dell'oratorio attiguo. L'oratorio, che fin dall'origine, comprendeva alcune stanze e un piccolo cortile, viene ulteriormente ampliato nel 1954 grazie all'acquisizione di casa Brunori in contrada del Carmine, che diventa parte dell'oratorio permettendo l'abbattimento del muro che divideva i due cortili. L'edificio ha dimensioni modeste ed è inserito nel compatto paramento di facciate di abitazioni private che costituisce il lato est della via. La facciata è molto semplice, movimentata da lesene prive di ordine architettonico che, intersecandosi con la trabeazione superiore e con tratti di cornici piane, determinano delle specchiature quadrangolari. Corona il prospetto un frontone triangolare, unico elemento emergente sulle linee di gronda degli altri edifici. Al centro, sopra l'ingresso, si apre una grande finestra a lunetta, principale fonte di luce per l'interno. L'interno della chiesa è ad aula unica, priva di altari o cappelle laterali, ed è coperta da una volta a botte. Il presbiterio è di forma quadrangolare, ad abside piatta, ed è sormontato da una cupola emisferica con lanterna. Le grandi campiture monocrome delle pareti sono state ridipinte all'inizio del Novecento con intonaco verde. Nella fascia inferiore delle pareti laterali, in posizione centrale, sono dipinte a monocromo le insegne papali con, a destra, tralci di vite, a sinistra la croce, le tavole della legge ed una pisside. Nel registro superiore vi sono invece due tele: quella di destra è una Trasfigurazione di Cristo, già attribuita a Tommaso Bona ma da ritenersi in realtà opera più tarda; quella di sinistra è una Madonna in trono col Bambino e un santo, attribuita inizialmente a Pompeo Batoni ma poi autorevolmente riconosciuta come dipinta da Francesco Savanni. Sulla volta sono dipinti cartigli con invocazioni mariane: a destra "VENI COLUMBA", "FEDERIS ARCA", a sinistra "SICUT LILIUM INTER SPINAS" e "ROSA MISTICA". Al centro della volta, in un grande riquadro, è affrescata una Assunzione di Maria di ignoto pittore locale. La decorazione, databile al Settecento, denota l'uso di elementi derivati ancora barocchi quali conchiglie, decorazioni floreali accostate in modo naturalistico e forme geometriche morbide come ovali e volute. Nonostante lo spazio sia piuttosto esiguo e la presenza di elementi decorativi, per contro, molto varia, l'effetto d'insieme risulta comunque armonico ed elegante, soprattutto grazie al largo uso del monocromo e alla resa prospettica attraverso le ombre. La cupola emisferica che copre il presbiterio ospita una decorazione a finto cassettonato, più classicheggiante rispetto alle altre decorazioni della chiesa. Nei pennacchi vi sono altre invocazioni mariane simili a quelle della volta. Le pareti del presbiterio ospitano quattro dipinti votivi di pari dimensione, eseguiti da due artisti differenti di epoca settecentesca. Lungo la parete destra si riconoscono San Stanislao Konstka e San Luigi Gonzaga, mentre a sinistra vi sono una Vergine che consegna il Rosario a San Domenico e Santa Caterina da Siena a fianco della quale si vede la Madonna durante una miracolosa apparizione. Quest'ultimo dipinto è inoltre corredato da quattordici riquadri, posti lungo il perimetro, che narrano eventi miracolosi. L'altare maggiore è sormontato da una pala raffigurante la Visitazione di Maria a Santa Elisabetta attribuita a Sante Cattaneo, ma vistosamente decurtata. Dagli elenchi delle spoliazioni napoleoniche si deduce che arricchivano il patrimonio artistico della chiesa anche un San Pietro e una tela con i Misteri del Rosario collocata entro un'ancona intagliata e dipinta: le due opere sono disperse. Compensano la perdita altre due tele provenienti dalla chiesa di San Giovanni Evangelista: un San Luigi Gonzaga in preghiera davanti al Crocifisso a destra dell'ingresso e una Salita al Calvario in controfacciata, entrambe databili al Settecento. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria ad Elisabetta Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.