place

Centro Storico Nord

Pagine con mappeQuartieri di BresciaVoci con modulo citazione e parametro pagina
Centro Storico Nord Brescia
Centro Storico Nord Brescia

Centro Storico Nord è un quartiere del comune di Brescia. L'area del quartiere occupa la parte settentrionale del centro storico cittadino, comprendente i quartieri che fanno riferimento alle parrocchie di san Faustino, di San Giovanni e, parzialmente, di Sant'Agata. Territorio fortemente urbanizzato, i suoi confini sono delimitati a nord da via Leonardo da Vinci, a est da via Castello e da Piazza della Loggia, a sud da via Dante e via Cairoli, a ovest da via Fratelli Ugoni e da via Tartaglia. Il quartiere è ricco di corsi d'acqua, tombinati nel corso degli anni per motivi igienici e di decoro. Lungo il confine settentrionale e occidentale scorre il torrente Garza, nel suo percorso attorno a quello che un tempo era l'area occupata dalle mura venete; fino al Rinascimento scorreva lungo via san Faustino, il cui andamento sinuoso ricorda quello del torrente. Il canale Bova scorre lungo via Nino Bixio, mentre il canale Dragone, segue l'andamento della prima cerchia muraria medievale in via delle Battaglie. Il toponimo è di origine moderna, concepito per distinguere il quartiere dagli altri due del centro storico della città: Centro Storico Sud e Brescia Antica. Nel 1972, è riportato come "Centro Nord". La prima urbanizzazione dell'area corrisponde allo sviluppo del quartiere del Carmine, che prendeva nome dalla chiesa omonima: nato come borgo esterno alle mura, nel Duecento fu inglobato nella prima cerchia muraria. Fino ancora al XIX secolo, il quartiere era caratterizzato da numerose attività produttive, come ricordato da alcuni nomi stradali, ad esempio "Rua Confettora", per la conceria delle pelli, e "Rua Sovera", per la costruzione dei mastelli. Dal 1859 al 1923, l'area occupata dal quartiere del Centro Storico Nord corrispose alla parte settentrionale del II Mandamento di Brescia con annessa Pretura. Negli anni Trenta del Novecento, la zona fu coinvolta parzialmente in un piano di modifiche urbanistiche che avrebbe dovuto portare alla rettificazione di via San Faustino, ma che si limitò all'abbattimento delle abitazioni a ridosso di Palazzo della Loggia, costituendo lo slargo detto del "Formentone". Nel luglio 1972, dopo l'approvazione del consiglio comunale, fu istituito il consiglio di quartiere di "Centro Nord". La prima elezione si tenne il 24 novembre 1974. Tre anni dopo, il consiglio comunale approvò il regolamento predisposto dalla Giunta Trebeschi per l'attuazione delle nuove circoscrizioni, secondo la legge 278/1976. La Nona circoscrizione occupò l'intero centro storico originario, assorbendo il quartiere Centro Nord assieme agli altri due di Brescia Antica e di Centro Storico Sud. I quartieri furono mantenuti solo per finalità statistiche. Nel 2007, la Giunta Corsini riorganizzò le circoscrizioni. A partire dalle elezioni amministrative dell'anno seguente, tutti e tre i quartieri entrarono a far parte della nuova Circoscrizione Centro. L'esperienza fu di breve durata, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009. Nel 2014, la Giunta Del Bono avvertì la necessità di costituire degli organi consultivi di rappresentanza per le realtà locali e decise di riattivare i consigli di quartiere. Le prime elezioni del nuovo organismo si tennero il 14 ottobre. Chiesa di Sant'Agata Chiesa di San Carlino, adibita a sala conferenze. Chiesa di San Faustino in Riposo Chiesa dei Santi Faustino e Giovita Chiesa di San Giorgio Chiesa di San Giovanni Evangelista Chiesa di San Giuseppe Chiesa di Santa Maria del Carmine Basilica di Santa Maria delle Grazie Chiesa di Santa Maria della Pace Monte di Pietà nuovo Monte di Pietà vecchio Palazzo della Loggia Caserma Randaccio Nell'area del quartiere sono operative tre parrocchie di religione cattolica, appartenenti alla Diocesi di Brescia: quella di san Faustino, quella di San Giovanni e, parzialmente, quella di Sant'Agata. In via dei Mille è presente il Tempio della Chiesa evangelica valdese. Nel quartiere è presente una scuola primaria pubblica, la «Muzio Calini». La storica scuola gestita dalla Congregazione di San Filippo Neri, presso la Chiesa della Pace, chiuse nell'estate del 2018. L'Università degli Studi di Brescia ha alcune sedi nell'area del quartiere in quanto utilizza Palazzo Calini ai fiumi per i corsi di Giurisprudenza, l'ex Monastero di santa Chiara per quelli di Economia, il Palazzo delle Mercanzie per alcune aule di studio e l'ex Monastero di San Faustino per la segreteria. La metropolitana di Brescia corre in sotterranea lungo via san Faustino. All'interno del territorio assegnato al quartiere sono presenti le stazioni di San Faustino e Vittoria. Il quartiere è servito dalle linee 2 (Pendolina - Chiesanuova), 7 (Caino - Roncadelle), 13 (Gussago - Poliambulanza), 15 (Montini / Mompiano - Noce), 17 (Costalunga - Castel Mella) e 18 (Piazzale Beccaria - Bornata) della rete di trasporti urbani. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Centro, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 12 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Centro Storico Nord

Estratto dall'articolo di Wikipedia Centro Storico Nord (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Centro Storico Nord
Via Marsala, Brescia

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Centro Storico NordContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.544167 ° E 10.215556 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Via Marsala

Via Marsala
25122 Brescia (Zona Centro)
Lombardia, Italia
mapAprire su Google Maps

Centro Storico Nord Brescia
Centro Storico Nord Brescia
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Chiesa di San Rocco (Brescia)
Chiesa di San Rocco (Brescia)

La chiesa di San Rocco è una chiesa di Brescia, situata sul lato sud di via Capriolo, a metà fra i crocevia con Via Francesco Lana e vicolo Due Torri. Fondata nel Cinquecento dopo un'epidemia di peste, la chiesa si è nei secoli arricchita di opere d'arte fino alla soppressione, avvenuta nel 1797. Fortunatamente, l'edificio non viene riutilizzato per usi impropri e viene ceduto alla parrocchia di San Giovanni, che ne mantiene il decoro. Sede di varie fondazioni tra l'Ottocento e il Novecento, è oggi utilizzata dalla Caritas parrocchiale di San Giovanni. L'interno della chiesa conserva parte delle originali decorazioni e tutti gli originali altari, privati però delle tele che un tempo li arricchivano. La chiesa viene costruita alla fine del Cinquecento per volere della Confraternita di San Rocco, nata in seguito a un'epidemia di peste verificatasi nel 1577. La chiesa venne pertanto dedicata a San Rocco, tradizionale protettore degli ammalati. Il piccolo luogo di culto, semplicemente ricavato all'interno di un edificio residenziale di epoca medievale, viene nel tempo mantenuto e impreziosito dai membri della confraternita, finché nel 1797 viene soppresso e ceduto alla vicina chiesa di San Giovanni. Rimanendo all'interno di proprietà ecclesiastiche, l'edificio non decade in usi impropri, mantenendo così gran parte delle sue ricchezze artistiche originali. Nel 1803 diventa la sede della "Scuola di Carità di San Rocco", destinata all'istruzione delle donne povere del quartiere. L'istituzione, che rimarrà attiva fino alla fine dell'Ottocento, viene affidata alle suore di un vicino istituto scolastico. Nel 1918 la chiesa torna a svolgere il ruolo di sede di un'associazione, questa volta della "Scuola della Buona Massaia", nata per la preparazione delle giovani agli impegni della famiglia, dalla quale avrà origine l'Istituto Pro Familia, ancora oggi attivo con sede in via Calatafimi. La chiesa viene infine sconsacrata alla metà del Novecento. Attualmente, l'edificio è sede della Caritas parrocchiale di San Giovanni, che la utilizza come punto di distribuzione di abiti per i bisognosi. La facciata è assolutamente anonima: la chiesa infatti, fu ricavata all'interno di un normale edificio abitativo popolare e la sua presenza è tradita solamente da una finestra a lunetta, inconsueta nell'edilizia residenziale. Ai lati dell'ingresso, due lapidi ricordano la fondazione, avvenuta all'interno della chiesa, "Scuola di Carità di San Rocco" nel 1803 e della "Scuola della Buona Massaia" nel 1918. L'interno della chiesa è ad aula unica coperta da una volta a botte, originariamente dipinta da Agostino Avanzo e Gian Giacomo Barbelli, che vi lavorarono nel Seicento dipingendovi episodi della vita del santo titolare. Oggi, la decorazione è in gran parte perduta e sopravvive solo sulla parete di fondo del presbiterio, dove si trova un affresco con motivi prospettici di un'abside illusoria alla quale è annessa l'ancona dell'altare maggiore, in marmo venato di rosso e bianco. La soasa è oggi vuota, ma un tempo ospitava una Madonna con i santi Martino e Rocco di Grazio Cossali. Sulla volta del presbiterio, invece, è affrescato un altro esercizio prospettico con la presenza illusoria di una cupola fortemente scorciata, nella cui immaginaria lanterna si inserisce la colomba, simbolo dello Spirito Santo, entro una luminosa raggiera. Della struttura originaria sopravvive anche l'arco santo, decorato nell'intradosso con motivi vegetali a monocromo, oltre il quale, nello spazio della navata, si prolunga la volta a botte. Lungo quest'ultima si trovano ancora numerosi frammenti dell'originale decorazione seicentesca. Alle pareti, invece, sono ancora presenti gli antichi altari laterali, comunque privi delle tele e delle statue che li ornavano, ad esempio la Flagellazione di Cristo di Francesco Bernardi e la statua della Vergine Maria della Speranza. Tra le opere più significative un tempo presenti nell'edificio vi è la Sacra Conversazione del Romanino, eseguita tra il 1510 e il 1513 e donata alla chiesa all'inizio dell'Ottocento dalla nobile Flaminia Monti della Corte. La pala rimase in loco fino alla metà del Novecento quando, sconsacrata la piccola chiesa, venne trasferita nella chiesa di San Giovanni. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine in Brescia Città Museo, Sant'Eustacchio, Brescia 2004 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Rocco

Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta
Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta

La chiesa di Santa Maria ad Elisabetta è una chiesa di Brescia, situata in via Francesco Lana. Fondata nel Seicento, fu riaperta al culto dopo la soppressione ottocentesca grazie all'interesse dei sacerdoti Giovanni Battista e Massimiliano Averoldi. All'interno si conserva un vasto patrimonio di affreschi e tele, molte di tipo votivo, risalenti soprattutto al Settecento. La chiesa viene fondata nel XVII secolo da una confraternita di Disciplini che curavano il culto della Visitazione della Beata Vergine Maria. In seguito alle soppressioni condotte dalla Repubblica Bresciana, l'edificio viene alienato a privati a, nel 1807, adibito a fabbrica di palle di cannone. Nel 1819 viene riscattata da due sacerdoti bresciani, Giovanni Battista e Massimiliano Averoldi, che ne ottengono la riapertura. Tra il 1867 e il 1897 don Andrea Livragna promuove un importante restauro dell'edificio e dell'oratorio attiguo. L'oratorio, che fin dall'origine, comprendeva alcune stanze e un piccolo cortile, viene ulteriormente ampliato nel 1954 grazie all'acquisizione di casa Brunori in contrada del Carmine, che diventa parte dell'oratorio permettendo l'abbattimento del muro che divideva i due cortili. L'edificio ha dimensioni modeste ed è inserito nel compatto paramento di facciate di abitazioni private che costituisce il lato est della via. La facciata è molto semplice, movimentata da lesene prive di ordine architettonico che, intersecandosi con la trabeazione superiore e con tratti di cornici piane, determinano delle specchiature quadrangolari. Corona il prospetto un frontone triangolare, unico elemento emergente sulle linee di gronda degli altri edifici. Al centro, sopra l'ingresso, si apre una grande finestra a lunetta, principale fonte di luce per l'interno. L'interno della chiesa è ad aula unica, priva di altari o cappelle laterali, ed è coperta da una volta a botte. Il presbiterio è di forma quadrangolare, ad abside piatta, ed è sormontato da una cupola emisferica con lanterna. Le grandi campiture monocrome delle pareti sono state ridipinte all'inizio del Novecento con intonaco verde. Nella fascia inferiore delle pareti laterali, in posizione centrale, sono dipinte a monocromo le insegne papali con, a destra, tralci di vite, a sinistra la croce, le tavole della legge ed una pisside. Nel registro superiore vi sono invece due tele: quella di destra è una Trasfigurazione di Cristo, già attribuita a Tommaso Bona ma da ritenersi in realtà opera più tarda; quella di sinistra è una Madonna in trono col Bambino e un santo, attribuita inizialmente a Pompeo Batoni ma poi autorevolmente riconosciuta come dipinta da Francesco Savanni. Sulla volta sono dipinti cartigli con invocazioni mariane: a destra "VENI COLUMBA", "FEDERIS ARCA", a sinistra "SICUT LILIUM INTER SPINAS" e "ROSA MISTICA". Al centro della volta, in un grande riquadro, è affrescata una Assunzione di Maria di ignoto pittore locale. La decorazione, databile al Settecento, denota l'uso di elementi derivati ancora barocchi quali conchiglie, decorazioni floreali accostate in modo naturalistico e forme geometriche morbide come ovali e volute. Nonostante lo spazio sia piuttosto esiguo e la presenza di elementi decorativi, per contro, molto varia, l'effetto d'insieme risulta comunque armonico ed elegante, soprattutto grazie al largo uso del monocromo e alla resa prospettica attraverso le ombre. La cupola emisferica che copre il presbiterio ospita una decorazione a finto cassettonato, più classicheggiante rispetto alle altre decorazioni della chiesa. Nei pennacchi vi sono altre invocazioni mariane simili a quelle della volta. Le pareti del presbiterio ospitano quattro dipinti votivi di pari dimensione, eseguiti da due artisti differenti di epoca settecentesca. Lungo la parete destra si riconoscono San Stanislao Konstka e San Luigi Gonzaga, mentre a sinistra vi sono una Vergine che consegna il Rosario a San Domenico e Santa Caterina da Siena a fianco della quale si vede la Madonna durante una miracolosa apparizione. Quest'ultimo dipinto è inoltre corredato da quattordici riquadri, posti lungo il perimetro, che narrano eventi miracolosi. L'altare maggiore è sormontato da una pala raffigurante la Visitazione di Maria a Santa Elisabetta attribuita a Sante Cattaneo, ma vistosamente decurtata. Dagli elenchi delle spoliazioni napoleoniche si deduce che arricchivano il patrimonio artistico della chiesa anche un San Pietro e una tela con i Misteri del Rosario collocata entro un'ancona intagliata e dipinta: le due opere sono disperse. Compensano la perdita altre due tele provenienti dalla chiesa di San Giovanni Evangelista: un San Luigi Gonzaga in preghiera davanti al Crocifisso a destra dell'ingresso e una Salita al Calvario in controfacciata, entrambe databili al Settecento. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria ad Elisabetta Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Basilica di Santa Maria delle Grazie (Brescia)
Basilica di Santa Maria delle Grazie (Brescia)

La basilica di Santa Maria delle Grazie è una chiesa di Brescia, situata all'estremità ovest di via Elia Capriolo, all'intersezione con l'omonima via delle Grazie. Costruita a partire dalla prima metà del Cinquecento e notevolmente arricchita nel Seicento, custodisce varie opere di autori locali e tre tele del Moretto, due delle quali sono però oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Principale caratteristica della chiesa sono gli affreschi, gli stucchi e le dorature, eseguiti con notevole cura e grandissima varietà di repertorio decorativo, che rivestono ogni superficie dell'interno dell'edificio, rendendolo il più spettacolare esempio di arte barocca in città. Alla chiesa è annesso l'omonimo santuario di Santa Maria delle Grazie, pregevole opera neogotica ottocentesca. La primitiva chiesa viene costruita dai Gerolamini, presenti a Brescia dalla metà del Quattrocento, in un luogo molto lontano da qui, oggi corrispondente all'estremità nord di via Oberdan, molto a nord della città murata. Nel 1517, dopo la triste esperienza del sacco operato nel 1512 dai soldati di Gaston de Foix-Nemours, la Repubblica di Venezia, ripreso il controllo della città, ordina da cosiddetta "spianata", ovvero la distruzione di qualsiasi edificio attorno alle mura nel raggio di circa un chilometro e mezzo. Anche la chiesa dei Gerolamini viene atterrata e, per avere una nuova sede, chiedono e ottengono di insediarsi nella chiesa di Santa Maria di Palazzolo, situata all'interno della cerchia muraria all'estremità ovest dell'attuale via Elia Capriolo. La chiesa, oltretutto, apparteneva già agli Umiliati, i quali stavano però tenendo una bassa condotta morale e, di conseguenza, l'entrata dei Gerolamini servì anche per rinnovare il convento. Tramite bolla di Papa Leone X, nel 1519 i frati ottengono infine anche il diritto di sostituire l'antico nome del complesso religioso con quello di Santa Maria delle Grazie. Le minime dimensioni del luogo di culto, però, non dovettero soddisfare i nuovi abitanti del monastero e, di conseguenza, nel 1522 avviano il cantiere di una nuova chiesa, su progetto di frate Ludovico Barcella, immediatamente a lato dell'antico edificio, che sarà poi consacrata nel 1539. Questo nuovo luogo di culto diventa la principale chiesa di Santa Maria delle Grazie, mentre l'ex chiesa di Santa Maria di Palazzolo resta un santuario annesso. Nel 1668 la soppressione dell'ordine dei Gerolamini, decretata da Papa Clemente IX, porta all'insediamento dei Padri Gesuiti, che acquisiscono la chiesa con i chiostri annessi, istituendovi una scuola rinomata. Il monastero viene poi soppresso nel 1797 ma la chiesa rimane aperta e officiata ed è ancora oggi attiva. Il 17 marzo 1963 la chiesa viene elevata al rango di Basilica minore con decreto di papa Giovanni XXIII, da lui visitata più volte quando era Nunzio Apostolico e Patriarca di Venezia. La facciata della chiesa è accessibile tramite un piccolo sagrato delimitato da una cancellata in ferro battuto. A destra è presente un'alta colonna con capitello ionico che sorregge la statuetta in bronzo della Madonna della Pace, opera dello scultore bresciano Emilio Magoni. La colonna fu posizionata nel 1921, in luogo di una più antica abbattuta da un uragano nel 1873. La facciata della chiesa, che si innalza sullo sfondo, è ritmata da semplici lesene che dividono la superficie in tre settori, fra i quali quello centrale è il più elevato. Una fascia marcapiano la divide invece in senso orizzontale. Nel prospetto superiore, privo di elementi ornamentali, campeggia un grande rosone, impreziosito da una vetrata di settecentesca di Giovanni Bertini rappresentante la Natività. All'interno, la chiesa presenta una struttura a tre navate, con volta a botte di copertura nella navata centrale e cupolette emisferiche in successione nelle laterali, in corrispondenza dei singoli altari, sette per lato. Il profondo presbiterio è concluso da un'abside poligonale. Al centro della facciata si apre un portale scolpito in marmo di Botticino e marmo rosso di Verona, proveniente dalla chiesa a nord della città demolita nel 1517 e qui trasferito. L'architrave riporta l'iscrizione "MATTHEUS LEONEUS HANC PORTAM PROPRIIS FABREFACTAM SUMPTIBUS BEATAE DEI GENITRICI GRATIARUM MARIAE DEVOTE DEDICAVIT", a ricordo quindi dell'intervento di Matteo Leoni, capitano di ventura, che sovvenzionò l'opera. La lunetta al centro del portale è arricchita da un rilievo con la Madonna delle Grazie e il Bambino, fiancheggiati a destra da Matteo Leoni in vesti militari con San Gerolamo e a sinistra da un figlio del Leoni in preghiera con San Giovanni Battista. L'apparato scultoreo, decisamente innovativo nei modellati e nelle decorazioni ma ancora caratterizzato da un marcato retaggio gotico nella composizione generale, è la più rappresentativa opera della fase di transizione percorsa dall'arte lapidea bresciana nella seconda metà del XV secolo. La volta, le pareti e tutte le cupolette laterali sono interamente rivestiti da affreschi, stucchi e dorature eseguiti con notevole cura e grandissima varietà di repertorio decorativo, che fanno di questa chiesa il più spettacolare esempio di arte barocca in città. L'impresa decorativa nasce dal concorso di molti artisti, fra i quali si ricordano Francesco Giugno, autore dei cinque medaglioni nella volta centrale con l'Apparizione di Cristo risorto alla Madonna, la Pentecoste, l'Assunzione, l'Incoronazione e la Morte della Beata Vergine. Giovanni Mauro della Rovere opera invece nel presbiterio, mentre Girolamo Muziano dipinge Episodi della vita di San Gerolamo nella cupoletta presso l'altare del patrono. Il primo altare a destra, dedicato a santa Barbara, è arricchito da una tela raffigurante il Martirio della Santa opera del pittore bresciano Pietro Rosa, allievo di Tiziano. La cura dell'altare, come ricorda un'iscrizione presente ai lati del medesimo, spettava alla Scuola dei Bombardieri ed Artiglieri, istituita dal governo veneto nel 1531. L'altare successivo, originariamente intitolato a San Rocco, era sovrastato da una tela di Jacopo Palma il Giovane con il Redentore tra i santi Rocco, Vittoria e Corona. I Gesuiti, subentrati ai Gerolamini nella cura della chiesa, cambiarono la dedicazione dell'altare per celebrare la figura di san Francesco Saverio. Nel 1745 fu collocato sull'altare un dipinto con San Francesco Saverio fra i giapponesi del pittore veronese settecentesco Pietro Antonio Rotari. Segue l'altare delle Sante Lucia e Apollonia, arricchito da una tela del pittore vicentino Alessandro Maganza che raffigura le due Sante al cospetto della Madonna col Bambino attorniata da San Giuseppe e da un angelo. L'altare successivo è dedicato a sant'Antonio di Padova, sul quale dal 1529 aveva il proprio giuspatronato la famiglia Lana de' Terzi. In origine vi era collocato Sant'Antonio da Padova tra i santi Antonio Abate e Nicola da Tolentino, opera del Moretto: la tela, di notevole valore artistico, si trova oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo per ragioni conservative ed è sostituita da una copia tardo ottocentesca di Bortolo Schermini. Sopra la porta laterale è appeso un dipinto di Callisto Piazza con la Natività di Gesù. Segue l'altare di san Francesco Regis adornato da una tela di Simone Brentana che ritrae il santo dedicatario. La cappella di testa della navata è infine presente un altro dipinto del Moretto, la Madonna col Bambino in gloria con i santi Rocco, Martino e Sebastiano, altra opera molto importante che è invece rimasta nella chiesa. Sulla parete sinistra è invece appeso un San Martino che risuscita il figlio della vedova del pittore vicentino Francesco Maffei. Ai lati dell'arco santo si conservano le reliquie di San Gerolamo a sinistra e il mausoleo del benefattore Uberto Gambara, risalente al Quattrocento, a destra. All'altare maggiore fa da sfondo una Natività, copia moderna di un dipinto del Moretto, custodito dalla fine dell'Ottocento nella pinacoteca. Lungo le pareti del coro sono disposte altre tele: lo Sposalizio di Maria di frate Tiburzio Baldini (1609), la Circoncisione di Gesù Cristo di Francesco Giugno, l'Adorazione dei Magi di Grazio Cossali (1610), la Purificazione della Vergine di Antonio Gandino (1660) e la Visitazione di Maria ad Elisabetta di frate Tiburzio Baldini. L'organo dei fratelli bergamaschi Serassi ha sostituito nel 1844 quello cinquecentesco realizzato da Giangiacomo Antegnati, le cui ante erano decorate da Pietro Rosa con la scena della Sibilla Cumana in atto di profetizzare all'imperatore Augusto l'incarnazione di Cristo. Ai lati dell'organo sono presenti l'Annunciazione di Maria Vergine di Antonio Gandino, la Strage degli innocenti di frate Tiburzio Baldini, la Natività di Maria Vergine di Camillo Procaccini e la Presentazione di Gesù al tempio nuovamente di Antonio Gandino. Nella cappella absidale che chiude la navata sinistra, ornata dalla Deposizione e dalla Crocifissione di frate Tiburzio Baldini, è conservato un prezioso Crocifisso in legno degli inizi del Cinquecento, affiancato dalle statue in stucco dipinto della Vergine Maria e di San Carlo Borromeo. Presso l'altare del Crocefisso è presente anche il mausoleo del condottiero Tommaso Caprioli (1575-1608), eretto nel 1620 e riconducibile probabilmente alla scuola dei Carra, costituito da una lunga iscrizione commemorativa bordata da ampie lesene decorate con festoni ed armature a rilievo, sovrastate da un sarcofago con la rappresentazione del giovane conte, colto nel sonno eterno e coronato dal proprio sontuoso stemma gentilizio. È qui conservato solo il cuore del condottiero, morto a Praga nel 1608. Sopra la porta laterale che immette nel chiostro è appesa una Adorazione dei pastori con due figure di gesuiti, riconducibile a un pittore bresciano seguace di Pietro Maria Bagnadore. L'altare successivo è dedicato all'Immacolata Concezione e presenta una ricca decorazione a stucco della seconda metà del Cinquecento, a cornice di una tela di Pietro Maria Bagnadore con i Santi Anna e Gioacchino, alla quale Giuseppe Tortelli aggiunse la figura dell'Immacolata affiancata da angeli. Segue l'altare di San Luigi Gonzaga, un tempo intitolato ai Santi Giorgio e Gottardo e curato dalla corporazione degli armaioli, arricchito da un dipinto di Antonio Paglia che riproduce la Vergine con i Santi Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka, protettori del Collegio dei nobili retto dall'ordine. L'altare seguente è intitolato a San Giuseppe e presenta un dipinto della scuola del Moretto con la Madonna della Misericordia circondata dai santi Michele, Giovanni Battista, Bernardo e Maddalena. Conclude l'altare di san Gerolamo, dedicato al santo protettore dei primi fondatori della chiesa, ornato da un dipinto di Paolo Caylina il Giovane con la Madonna delle Grazie con San Gerolamo, Sant'Eusebio e le Sante discepole Eustochia e Paola. Nella nicchia dell'altare si conserva, come preziosa reliquia, il calcagno di San Gerolamo donato al convento delle Grazie dalla nobildonna Giulia Fenaroli. Sulla controfacciata è visibile un grande dipinto di fra Tiburzio Baldini, rappresentante la Strage degli Innocenti. La chiesa conserva anche un ricco patrimonio di suppellettili liturgiche, fra le quali spicca un prezioso reliquiario cinquecentesco in ebano e avorio con statuette della Giustizia e della Temperanza, dono del cardinale Uberto Gambara. Il piccolo santuario, molto sentito e frequentato dalla popolazione, è ciò che rimane dell'antica chiesa di Santa Maria di Palazzolo, costruita nel Duecento degli Umiliati. L'edificio è stato variamente ricostruito nei secoli, in particolare alla fine dell'Ottocento, quando è stato eseguito un rifacimento radicale degli interni su progetto di Antonio Tagliaferri, aiutato da numerosi decoratori, pittori e scultori. Il santuario è oggi il maggior esempio di arte e architettura neogotica ottocentesca in città. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, in Brescia Città Museo, Contributi di Antonella Busseni, Elena Remi, Brescia, Tip. S. Eustacchio, 2004, SBN IT\ICCU\BVE\0387824. Vito Zani, Maestri e cantieri nel Quattrocento e nella prima metà del Cinquecento, in Valerio Terraroli (a cura di), Scultura in Lombardia. Arti plastiche a Brescia e nel Bresciano dal XV al XX secolo, Milano, Skira, 2011, ISBN 978-88-572-0523-6, OCLC 936152663, SBN IT\ICCU\UBO\3839955. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), MARIA (S.) delle Grazie, in Enciclopedia bresciana, vol. 8, Brescia, La Voce del Popolo, 1991, OCLC 163182000, SBN IT\ICCU\MIL\0273002. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica di Santa Maria delle Grazie

Santuario della Madonna delle Grazie (Brescia)
Santuario della Madonna delle Grazie (Brescia)

Il Santuario della Madonna delle Grazie è una chiesa di Brescia, con funzione principalmente votiva e meditativa, situata lungo via delle Grazie, adiacente all'omonima basilica di Santa Maria delle Grazie. Il piccolo santuario sorge su una chiesa del Duecento variamente ricostruita nel corso del secoli, in particolare alla fine dell'Ottocento, quando è stato eseguito un rifacimento radicale degli interni. Il santuario è oggi il maggior esempio di arte e architettura neogotica ottocentesca in città. Il santuario sorge nel luogo dell'antica chiesa di Santa Maria di Palazzolo, costruita nel XIII secolo da un gruppo di Umiliati provenienti da Palazzolo sull'Oglio. Gli Umiliati erano comunque presenti a Brescia già dalla fine del XII secolo: in una lettera del 1254 vengono particolarmente lodati da Papa Innocenzo IV per il fervore religioso e la grande operosità. Berardo Maggi, vescovo di Brescia dal 1275 al 1308, favorì il loro radicamento nel territorio cittadino, incaricandoli della riscossione dei dazi, della vendita del sale e del pane e dell'arbitraggio di controversie. Per agevolare le operazioni di esazione dei tributi, le case degli Umiliati sorgevano spesso in corrispondenza delle porte urbiche e dei ponti sui vari corsi d'acqua che attraversavano la città come il Bova, il Celato e il Dragone. La chiesa di Santa Maria di Palazzolo sorse infatti nei pressi di Porta San Giovanni, a ovest della cortina muraria cittadina. L'antica chiesetta comprendeva un semplice vano rettangolare di modeste dimensioni, coperto da travature lignee. Il piccolo ambiente viene rinnovato nel corso del Trecento con l'erezione di una serie di volte a crociera costolonate e ampliato in pianta rispetto alla struttura originaria. Un importante apparato di affreschi impreziosiva le pareti dell'edificio: dell'intero ciclo pittorico sopravvivono solo alcuni frammenti attualmente conservati presso la pinacoteca Tosio Martinengo, dove furono portati per ragioni di salvaguardia alla fine dell'Ottocento. Si segnala in particolare un lacerto di gusto bizantino con la figura dell'Arcangelo Gabriele, proveniente da una più vasta Annunciazione degli inizi del Trecento, una Madonna lactans, la Veronica con il sudario e i Santi Francesco e Antonio con devota della fine del secolo. Sul finire del Quattrocento le cronache accennano ad una grave crisi morale che travolge alcuni esponenti umiliati: si rende così necessario l'intervento del cardinale Uberto Gambara, che nel 1517 insedia i Gerolamini nel convento con l'incarico di riformarlo. I Gerolamini, presenti a Brescia dalla metà del Quattrocento, avevano inoltre appena abbandonato la loro primitiva residenza a nord della città: nel 1517, infatti, dopo la triste esperienza del sacco operato nel 1512 dai soldati di Gaston de Foix-Nemours, la Repubblica di Venezia, ripreso il controllo della città, ordina da cosiddetta "spianata", ovvero la distruzione di qualsiasi edificio attorno alle mura nel raggio di circa un chilometro e mezzo. Anche la chiesa dei Gerolamini viene atterrata e l'intervento di Uberto Gambara dà loro nuova sede. I frati avviano quindi la riforma del monastero e costruiscono una nuova, più grande chiesa a fianco dell'antica, che non viene comunque distrutta e rimane in funzione di santuario. Frate Ludovico Barcella vi fa collocare una Natività del Quattrocento, che era oggetto di particolare venerazione per alcuni miracoli che le erano stati attribuiti ed era stata pertanto trasferita dalla chiesa abbattuta. Le pareti dell'edificio vengono impreziosite nel Seicento da affreschi di Tommaso Sandrino e Francesco Giugno, oggi perduti. Nel 1860 è registrato un intervento decorativo del pittore Giuseppe Ariassi, che esegue una Deposizione e figure di Santi. Nell'ultimo quarto dell'Ottocento l'edificio è finalmente interessato da un radicale intervento di recupero che porta alla completa trasfigurazione della sua architettura tradizionale. Per valorizzare il piccolo santuario, piuttosto spoglio ed oscuro ma sempre intensamente frequentato, il Comune decide di provvedere al suo restauro, affidando l'incarico all'architetto Antonio Tagliaferri, che ne porta a compimento la realizzazione fra il 1875 e il 1897 ricorrendo all'opera di numerosi decoratori, pittori e scultori. I lavori vengono infine completati tra il 1899 ed il 1907 con il posizionamento degli arredi progettati dallo stesso Tagliaferri. Nell'intervento ricostruttivo, l'antico altare e la venerata immagine della Madonna, strappata dal supporto originario, vengono riposizionati sul lato nord dell'edificio, in modo da consentire l'apertura di ampie finestre sul lato sud, esposto alla luce. Intorno all'immagine sacra viene creato un recinto in ferro, protetto da una balconata con inserti marmorei e colonnine tortili, che realizzava una distinzione fra gli spazi percorsi dai fedeli e la zona riservata all'officiante. Il santuario assume una preziosissima decorazione neogotica, con marmi, terrecotte e affreschi realizzati appositamente. La decorazione marmorea viene commissionata al lapicida rezzatese Davide Lombardi, che riproduce nei plinti delle colonne alcuni simboli mariani. La stuccatura delle lesene e delle innumerevoli cornici viene affidata invece alla famiglia Pedruzzi di Bergamo. La decorazione dipinta, realizzata con la tecnica della tempera a encausto, viene eseguita da Modesto Faustini, al quale si devono l'Annunciazione e la Visitazione ai lati dell'altare e le figure di Cristo, della Madonna e dei Santi nei medaglioni presenti nelle lunette e sugli archi. Alla morte dell'autore i lavori vengono portati a termine da Cesare Bertolotti, che realizza la Crocifissione di Cristo, la Nascita, lo Sposalizio e l'Assunzione della Vergine nei trittici a lato dell'altare e Personaggi dell'Antico Testamento nelle lesene circostanti. Il soffitto del presbiterio, con sfondo blu rivestito di stelle dorate, è opera dei pittori Salvi, Franchini e Chimeri. All'esterno del santuario è presente il chiostro del convento, con al centro una fontana decorata in sommità da una statuetta in bronzo della Madonna, opera di Santo Calegari il Vecchio. Sul matroneo si trova un organo a canne, costruito nel 1880 da Giovanni Tonoli, riformato dalla ditta Maccarinelli-Frigerio-Fusari nel 1921 secondo i gusti dell'epoca e ripristinato nel 2008 dalla ditta Inzoli. Lo strumento è a trasmissione meccanica ed ha due tastiere ciascuna di 58 note ed una pedaliera dritta di 27. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, in Brescia Città Museo, Contributi di Antonella Busseni, Elena Remi, Brescia, Tip. S. Eustacchio, 2004, SBN IT\ICCU\BVE\0387824. Rino Cammilleri, Tutti i giorni con Maria, calendario delle apparizioni, Milano, Ares, 2020, ISBN 978-88-815-59-367. Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul santuario di Santa Maria delle Grazie

Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)
Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)

La chiesa di Santa Maria del Carmine è una chiesa di Brescia, situata in contrada del Carmine, a ovest di via San Faustino. Il primitivo nucleo della chiesa, più corto rispetto all'edificio attuale, fu edificato durante la dominazione viscontea sulla città dopo la metà del Trecento, per volere dei frati Carmelitani dell'Antica Osservanza, da poco insediati nel convento attiguo (fondato nel 1348). Di questo periodo si sono conservati parte dei due muri di fiancata e l'abside, il tutto realizzato in stile prettamente gotico. Non è strano che si costruisse ancora secondo questa tendenza verso la metà del Quattrocento: mentre Firenze e altre città del centro Italia erano già entrate o avviate all'epoca rinascimentale, in nord Italia le tradizioni architettoniche gotiche erano ancora molto radicate fra le maestranze e lo sarebbero state fino ai primi del Cinquecento con l'affermarsi della figura di Bramante. Dal 1429 prende forma l'edificio attuale: a Brescia è l'epoca della dominazione veneta (è del 1427 la Battaglia di Maclodio, che sancì definitivamente il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia). La chiesa viene rimaneggiata ma mai in modo radicale: vengono aggiunti i caratteristici pinnacoli in cotto a coronamento della fiancata orientale, le cordonature sugli spigoli dell'abside e nell'abside stesso vengono aperte delle monofore a sesto acuto, ospitanti delle vetrate. Viene anche aggiunto un campanile proto-rinascimentale, opera di Bernardino da Martinengo. In questo periodo, alla chiesa lavorano soprattutto maestranze comacine, poi sostituite da altre bergamasche fatte istruire apposta a Venezia dai frati, che non si fidavano a causa della provenienza. Nella seconda metà del Quattrocento si hanno ulteriori modifiche, questa volta più profonde: fra il 1475 e il 1478 la chiesa viene allungata di circa quindici metri verso sud attraverso la demolizione dell'originaria facciata, che viene interamente ricostruita, comunque non distanziandosi dallo stile che già caratterizzava la struttura precedente (si ha ancora l'utilizzo di pinnacoli). Viene aggiunto il portale d'ingresso esistente tuttora e viene anche rifatta la copertura. Subito dopo, nel 1480 viene aggiunto il chiostro maggiore, con la loggetta veneziana proto-rinascimentale pentalobata. Nel corso del Cinquecento vengono aggiunti i rimanenti chiostri del convento, risolti con soluzioni architettoniche ispirate alle idee che Giulio Romano aveva messo in pratica a Mantova, dove avevano sede i Carmelitani che finirono per esportarne il linguaggio. Nel 1596 le monofore dell'abside vengono chiuse per consentire l'installazione della pala dell'altare maggiore, tutt'oggi presente, una Annunciazione del fiammingo Pieter de Witte, importante figura nel panorama artistico italiano e tedesco dell'epoca. L'aspetto interno fu definito nel corso dei pesanti rimaneggiamenti del 1620-21, durante i quali furono occultate le decorazioni quattrocentesche (parzialmente conservatesi nei sottotetti) per far posto alle fantasiose prospettive architettoniche di Tommaso Sandrino e Camillo Rama. Il coro, invece, fu ridipinto nel 1634 da Domenico Bruni, Ottavio Amigoni e Bernardino Gandino. Nello stesso periodo viene aggiunto il grande finestrone a lunetta in facciata a sostituzione del rosone, ancora oggi parzialmente visibile. Il convento fu infine soppresso, come molti altri, nel 1797. La facciata della chiesa risulta raffigurata dal pittore veneziano Francesco Hayez nel suo quadro del 1834 Ventura Fenaroli arrestato nella Chiesa del Carmine di Brescia da' Francesi, dedicato al celebre capitano di ventura del 500 che durante le rivolte antifrancesi in favore di Venezia venne arrestato davanti ad essa. La chiesa, la cui costruzione si articola fra varie epoche storiche, è altrettanto differenziata negli stili architettonici e decorativi che la compongono, pur rimanendo predominanti lo stile tardo-gotico e il rinascimentale. Questo coniugio è visibile soprattutto nell'aspetto esterno: l'elemento maggiormente caratterizzante sono i pinnacoli che coronano la facciata e la fiancata orientale, qui posti a termine dei contrafforti che sostengono la parete. I pinnacoli, elemento molto ricorrente nel gotico padano, sono tutti realizzati in cotto: non è un caso, visto che i Conti Martinengo, i nobili di Brescia per antonomasia, erano proprietari di molte fornaci oltre il Po, facendo del cotto un materiale di facile reperibilità in territorio bresciano. La facciata, della fine del Quattrocento, è cosiddetta a scala: alla base si ha, sommariamente, un corpo rettangolare fra la pavimentazione e il cornicione che corre sotto il lunettone superiore. All'interno di questo rettangolo si trovano, al centro, il portale d'ingresso e, ai lati di questo, due monofore quasi a tutta altezza, decorate da formelle di maiolica. I tre elementi sono suddivisi fra loro da quattro lesene-contrafforti in cotto (con inserti in marmo bianco) che sostengono direttamente il cornicione superiore, costituito da una serie di trecce gotiche in cotto. A questo punto, le due navate laterali sono chiuse direttamente da un tetto spiovente a pendenza unica, mentre il corpo centrale, contenente il lunettone, si eleva ancora verso l'alto, chiuso infine da un doppio spiovente. I margini delle coperture sono tutti decorati dai medesimi motivi in cotto del cornicione inferiore. Le due lesene esterne terminano direttamente con un pinnacolo, mentre le due interne accompagnano il corpo centrale fino in sommità, comunque coronate a loro volta da un pinnacolo. Un quinto pinnacolo, in posizione centrale, è posto come massimo coronamento della facciata. Il portale d'ingresso alla chiesa è un preziosissimo elemento artistico che fonde assieme vari stili, soprattutto, nuovamente, gotico e rinascimentale. Aggiunto alla fine del Quattrocento dopo l'allungamento della chiesa, è un portale gemini, costituito cioè da due portoni divisi da una colonna al centro, antichissimo retaggio degli ingressi alle cattedrali gotiche francesi e tedesche, a cui è ispirata anche la leggera strombatura (tutti elementi comunque diffusi anche in Italia, vedi la Basilica di San Marco a Venezia). Quest'ultima, in particolare, è decorata da una serie di colonnine tortili e motivi gotici, molto probabilmente elementi di reimpiego provenienti dalla precedente facciata demolita, mentre il pilastrino centrale che separa i portali è di ordine corinzio, decorato sul fusto da una candelabra palesemente rinascimentale. Al di sopra dei portoni si trova una lunetta raffigurante l'Annunciazione, dipinta da Floriano Ferramola e datata al 1517-18. L'affresco è oggi gravemente compromesso. Il tutto si trova quindi chiuso all'interno di un telaio rinascimentale ad arco a tutto sesto. Gli originali battenti intagliati dei due portoni, risalenti al XV secolo, sono oggi conservati all'interno. L'interno della chiesa, caratterizzato da un grande respiro spaziale, è lungo 75 metri e disposto su tre navate, quella centrale coperta da una volta a botte, mentre le due laterali da volte a crociera. Queste ultime sono separate da quella centrale mediante un colonnato provvisto di capitelli medievali di ordine pseudo-corinzio. La chiesa possedeva in passato un ricco patrimonio d'arte, oggi andato in gran parte disperso. Elemento artistico notevole resta comunque la cappella Averoldi (terza a destra), decorata da Vincenzo Foppa con il ciclo di Evangelisti nelle vele della volta (dal 1477). Allo stesso autore è attribuito anche il Cristo crocifisso sulla parete di fondo. L'altare della cappella, databile alla metà del XV secolo e finemente lavorato, è inoltre una delle prime testimonianze del nuovo gusto rinascimentale classicheggiante nell'arte scultorea locale. Nel medesimo ambiente si ha anche il sarcofago (1520 circa) di Giovanni Pietro Averoldi. Antecedente alla cappella Averoldi sussiste la cappella Fenaroli, anche conosciuta come cappella dei santi innocenti. Questa costituiva un patronato della nobile famiglia Fenaroli, come testimonia la lastra tombale al centro della cappella data 1583 con i nomi di alcuni componenti del casato. Al centro campeggia l'altare di Pietro Marone che rappresenta la strage degli innocenti, commissionato dalla famiglia stessa insieme agli affreschi monocromi che occupano le pareti della cappella, frutto della collaborazione tra Giovanni Zanardi e Francesco Monti. In questa cappella Ventura Fenaroli, personaggio di rilievo della storia bresciana ai tempi delle rivolte antifrancesi, aveva cercato rifugio dopo la congiura per riportare i veneziani in città. Nell'ultima cappella della navata destra, oggi adibita a sagrestia, sono visibili lacerti di affresco di scuola bresciana del 1423-50. Accanto, in testa alla navata, si trova la cappella del Miracolo di sant'Eligio, ricca di affreschi di carattere principalmente votivo databili agli stessi anni e riconducibili soprattutto alla sfera dei Bembo. Nell'abside, dietro l'altare barocco, si ha la pala di Pieter de Witte, già citata, mentre lungo le pareti del coro sono posti settantacinque stalli lignei parzialmente intarsiati. Nella cappella di fondo della navata sinistra, invece, è conservata una Deposizione in terracotta policroma di scuola lombarda del Quattrocento. Il primo altare a sinistra è arricchito da L'arcangelo Michele scaccia gli angeli ribelli di Jacopo Palma il Giovane. Il monumentale altare della Madonna di San Luca, detto anche, a partire dalla metà dell'Ottocento, della Madonna delle Brine, è opera del 1735-37 di Giovanni Maria Morlaiter, accoglie la piccola immagine della Madonna detta di san Luca perché attribuita leggendariamente all'evangelista Luca e da sempre molto venerata. Dal cortile dietro l'abside, inoltre, si accede a una cappella affrescata da Floriano Ferramola e da Vincenzo Civerchio. La prima cappella della navata destra conserva all'altare la pala dei Disciplini, affresco doppio eseguito nell'ambito di Paolo da Caylina il Vecchio e Andrea Bembo. Nella chiesa è conservato un prezioso organo barocco, costruito nel 1629-1630 da Tommaso Meiarini e montato in loco da Graziadio Antegnati III nel 1633. Lo strumento ha subito varie modifiche e aggiunte fra il XI e il XX secolo ed è stato restaurato da Armando Maccarinelli nel 1962. L'ultimo intervento fino ad oggi (2011) è quello della ditta Mascioni (1991) che, fra le altre cose, ha ricostruito i mantici, la tastiera e la pedaliera. La consolle, del tipo a finestra, è costituita dalla tastiera di 54 tasti (con la prima ottava, da Fa (nota), senza il Fa# e il Sol#), dalla pedaliera a leggio di 18 e la registriera sulla destra. La chiesa, molto importante all'interno del panorama religioso della città, diede il nome al quartiere medievale che la circonda, che ancora oggi è chiamato "quartiere Carmine", forse il più caratteristico e pittoresco della città, sempre sotto accusa per le sue scarse condizioni igieniche e di sicurezza sociale. I chiostri del convento ospitano la biblioteca dell'Università degli Studi di Brescia. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), Carmine, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Luigi Capretti e Alessandra Corna Pellegrini, Il complesso del Carmine tra Ottocento e Novecento: le vicende e i protagonisti di un recupero, Brescia, Associazione Amici Chiesa del Carmine, 2017, SBN IT\ICCU\BVE\0740875. Cappella Averoldi Pala dei Disciplini Ventura Fenaroli Vincenzo Foppa Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria del Carmine

Via San Faustino
Via San Faustino

Via San Faustino è una via di Brescia, che attraversa in senso nord-sud la zona centro-nord del contro storico cittadino, delimitando a est il quartiere Carmine. È la principale arteria viaria di quest'area del centro storico e, con un sinuoso percorso di più di 500 metri, collega piazza della Loggia a piazzale Cesare Battisti, nella primissima periferia all'esterno del tracciato della scomparsa cinta muraria. La via costituì uno dei luoghi commercialmente più animati di Brescia già dall'antichità. Le origini del percorso viario sono da far risalire alla tarda antichità o almeno all'epoca longobarda: sul suo tracciato passò la processione dell'816 che traslava le reliquie dei santi Faustino e Giovita dalla basilica di San Faustino ad Sanguinem alla chiesa di Santa Maria in Silva, nucleo originale paleocristiano della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, dalla quale la strada prenderà poi il nome. Agli stessi frati del monastero di San Faustino si deve, nel 1496, la definitiva conformazione del tracciato, il cui andamento sinusoidale seguiva il percorso del torrente Garza. Immersa nel quartiere popolare medievale, sulla via solcata dal corso d'acqua si insediarono diverse attività commerciali, che definirono anche il carattere architettonico del luogo: case alte e strette, dalle facciate variopinte, ma di scarso pregio, che si susseguono quasi senza interruzione, destinate ad ospitare un tempo gli artigiani e le loro botteghe. La zona più settentrionale di via San Faustino già anticamente presentava un assetto abbastanza simile all'attuale, sebbene ricca di aree boschive, come testimonia il titolo della già citata chiesa di Santa Maria in Silva. La strada, quindi, terminava idealmente all'incrocio tra via Elia Capriolo e rua Confettora, frantumandosi poi in una serie di stretti e tortuosi vicoli tra i caseggiati addossati alle sponde del Garza. Il passaggio principale, per questo tratto, diventava rua Sovera, la piccola via parallela, sul lato occidentale. La situazione rimane invariata fino al 1810, quando vengono trasferiti lungo la via i mercati delle biade e della legna, anticamente esercitati in piazza della Loggia. La nuova collocazione si riteneva idonea a facilitare gli scambi ed i collegamenti con le valli da cui proveniva la materia prima, ma la mancanza di strutture adatte al mercato e i problemi di carattere igienico indussero nel 1823 a trasferire l'attività commerciale altrove. Il tratto meridionale della via viene aperto, a partire dal 1864, con la demolizione di alcune case nei pressi dell'incrocio con via Capriolo, creando finalmente un percorso unico e diretto. Sempre a partire dall'Ottocento si ha la progressiva copertura del Garza, fino ad allora a cielo aperto al centro della via, per migliorare le condizioni igieniche e adeguare la via alle nuove esigenze viabilistiche. Nella prima metà del Novecento si collocano gli ultimi interventi a modifica dell'assetto della via: nel 1927, per permettere l'installazione della linea tranviaria, viene demolita l'isola abitativa collocata a sud della chiesa di San Faustino Maggiore, davanti alla chiesa di San Giacomo, creando l'ampio slargo ancora presente. Altri interventi demolitori si hanno nei primi anni '30, nell'ambito di revisione urbanistica del centro storico in parallelo al cantiere appena concluso di piazza della Vittoria: in questa occasione viene demolito il primo tratto della spina di abitazione interposta tra via San Faustino e rua Sovera, così come i caseggiati a nord del Palazzo della Loggia. I progetti relativi all'area, così come l'intervento urbanistico, rimarranno però incompiuti e il nuovo slargo non sarà mai più rioccupato, prendendo il nome di largo Formentone o, secondo il nome popolare, piazza Rovetta. Tra la fine del Novecento e i primi anni del XXI secolo la via è stata oggetto di un programma di riqualificazione urbanistica, con restauro degli edifici lungo i margini e rinnovo dell'arredo urbano. All'estremità nord della via si apre la fermata San Faustino della metropolitana di Brescia. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, collana Brescia Città Museo, Brescia, Sant'Eustacchio, 2004. Rossana Prestini, La chiesa e il monastero benedettino di San Faustino Maggiore in Brescia, collana Regesto in AA. VV., Brescia, Editrice La Scuola, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via San Faustino

Castelletto dei dazi
Castelletto dei dazi

Il Castelletto dei dazi è un palazzo di Brescia, situato all'estremità nord di via San Faustino, sul crocevia tra piazzale Cesare Battisti, via Leonardo da Vinci e via Pusterla. È stato costruito in stile neoromanico tra il 1889 e il 1891 dall'architetto Giuseppe Morelli e inaugura il principale ingresso nord del centro storico cittadino. Persa l'originale funzione daziaria nel corso del Novecento, ospita oggi alcuni servizi commerciali. Nell'area dello sbocco nord di via San Faustino sorgeva anticamente la Porta Pile, che ancora oggi dà il nome al quartiere circostante. Andata in rovina nei secoli poiché non più utilizzata come struttura difensiva della città, viene completamente riformata tra il 1818 e il 1823 da Rodolfo Vantini, il quale la trasforma in un monumentale arco di trionfo neoclassico. Con la progressiva demolizione delle mura urbane avviata dalla seconda metà dell'Ottocento in poi, però, la nuova porta del Vantini si rivela un ostacolo per lo sviluppo della nuova strada di circonvallazione e viene così definitivamente abbattuta. Il castelletto con funzione daziaria viene costruito subito dopo, tra il 1889 e il 1891, dall'architetto Giuseppe Morelli, in posizione più marginale e ritratta rispetto al percorso della strada. Durante il Novecento gli ambienti interni vengono alienati a privati e il castelletto è oggi occupato da alcuni servizi commerciali. L'edificio è in stile neoromanico ed è composto da un corpo longitudinale al quale si addossa, verso nord, una torretta dal coronamento merlato. I prospetti presentano due differenti fasce di rivestimento: l'ordine inferiore, ricoperto da regolari lastre marmoree, è scandito da aperture ad arco a tutto sesto inscritte entro alte cornici archiacute; nell'ordine superiore, rivestito da un paramento murario di pietre appena sbozzate, si aprono invece eleganti bifore poggianti su esili colonnine. I due ordini sono separati da una cornice marcapiano molto aggettante, mentre il coronamento superiore è sottolineato da una cornice ad archetti acuti. La torretta angolare, come già detto, presenta un'ulteriore fascia merlata in sommità. Il prospetto meridionale, più corto, ospita sopra la fascia marcapiano due stemmi della famiglia Calini. Altri frammenti architettonici di recupero si notano inseriti in più punti della muratura, tra i quali un bassorilievo con leone rampante, una lapide con stemma, colonnine e plinti. Si tratta di frammenti provenienti da fabbriche demolite o da scavi, integrati, secondo il gusto tardo ottocentesco, nella nuova struttura come elementi decorativi. La stessa tipologia di intervento è riscontrabile, rimanendo nell'area cittadina, sulla coeva facciata neogotica della chiesa dei Santi Giacomo e Filippo. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004