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Chiesa di San Giovanni Evangelista (Brescia)

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Chiesa di San Giovanni Evangelista facciata Brescia
Chiesa di San Giovanni Evangelista facciata Brescia

La chiesa di San Giovanni Evangelista è un luogo di culto cattolico situato nel centro storico di Brescia, in contrada San Giovanni, una traversa di corso Mameli. È una delle chiese più antiche della città e fa da prezioso scrigno a prestigiose opere d'arte, soprattutto pittoriche, fra le quali spicca la Cappella del Santissimo Sacramento con affreschi e tele dei pittori Romanino e Moretto.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Giovanni Evangelista (Brescia) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Giovanni Evangelista (Brescia)
Contrada di San Giovanni, Brescia

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Contrada di San Giovanni

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Brescia (Zona Centro)
Lombardia, Italia
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Chiesa di San Giovanni Evangelista facciata Brescia
Chiesa di San Giovanni Evangelista facciata Brescia
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Luoghi vicini

Chiesa di San Rocco (Brescia)
Chiesa di San Rocco (Brescia)

La chiesa di San Rocco è una chiesa di Brescia, situata sul lato sud di via Capriolo, a metà fra i crocevia con Via Francesco Lana e vicolo Due Torri. Fondata nel Cinquecento dopo un'epidemia di peste, la chiesa si è nei secoli arricchita di opere d'arte fino alla soppressione, avvenuta nel 1797. Fortunatamente, l'edificio non viene riutilizzato per usi impropri e viene ceduto alla parrocchia di San Giovanni, che ne mantiene il decoro. Sede di varie fondazioni tra l'Ottocento e il Novecento, è oggi utilizzata dalla Caritas parrocchiale di San Giovanni. L'interno della chiesa conserva parte delle originali decorazioni e tutti gli originali altari, privati però delle tele che un tempo li arricchivano. La chiesa viene costruita alla fine del Cinquecento per volere della Confraternita di San Rocco, nata in seguito a un'epidemia di peste verificatasi nel 1577. La chiesa venne pertanto dedicata a San Rocco, tradizionale protettore degli ammalati. Il piccolo luogo di culto, semplicemente ricavato all'interno di un edificio residenziale di epoca medievale, viene nel tempo mantenuto e impreziosito dai membri della confraternita, finché nel 1797 viene soppresso e ceduto alla vicina chiesa di San Giovanni. Rimanendo all'interno di proprietà ecclesiastiche, l'edificio non decade in usi impropri, mantenendo così gran parte delle sue ricchezze artistiche originali. Nel 1803 diventa la sede della "Scuola di Carità di San Rocco", destinata all'istruzione delle donne povere del quartiere. L'istituzione, che rimarrà attiva fino alla fine dell'Ottocento, viene affidata alle suore di un vicino istituto scolastico. Nel 1918 la chiesa torna a svolgere il ruolo di sede di un'associazione, questa volta della "Scuola della Buona Massaia", nata per la preparazione delle giovani agli impegni della famiglia, dalla quale avrà origine l'Istituto Pro Familia, ancora oggi attivo con sede in via Calatafimi. La chiesa viene infine sconsacrata alla metà del Novecento. Attualmente, l'edificio è sede della Caritas parrocchiale di San Giovanni, che la utilizza come punto di distribuzione di abiti per i bisognosi. La facciata è assolutamente anonima: la chiesa infatti, fu ricavata all'interno di un normale edificio abitativo popolare e la sua presenza è tradita solamente da una finestra a lunetta, inconsueta nell'edilizia residenziale. Ai lati dell'ingresso, due lapidi ricordano la fondazione, avvenuta all'interno della chiesa, "Scuola di Carità di San Rocco" nel 1803 e della "Scuola della Buona Massaia" nel 1918. L'interno della chiesa è ad aula unica coperta da una volta a botte, originariamente dipinta da Agostino Avanzo e Gian Giacomo Barbelli, che vi lavorarono nel Seicento dipingendovi episodi della vita del santo titolare. Oggi, la decorazione è in gran parte perduta e sopravvive solo sulla parete di fondo del presbiterio, dove si trova un affresco con motivi prospettici di un'abside illusoria alla quale è annessa l'ancona dell'altare maggiore, in marmo venato di rosso e bianco. La soasa è oggi vuota, ma un tempo ospitava una Madonna con i santi Martino e Rocco di Grazio Cossali. Sulla volta del presbiterio, invece, è affrescato un altro esercizio prospettico con la presenza illusoria di una cupola fortemente scorciata, nella cui immaginaria lanterna si inserisce la colomba, simbolo dello Spirito Santo, entro una luminosa raggiera. Della struttura originaria sopravvive anche l'arco santo, decorato nell'intradosso con motivi vegetali a monocromo, oltre il quale, nello spazio della navata, si prolunga la volta a botte. Lungo quest'ultima si trovano ancora numerosi frammenti dell'originale decorazione seicentesca. Alle pareti, invece, sono ancora presenti gli antichi altari laterali, comunque privi delle tele e delle statue che li ornavano, ad esempio la Flagellazione di Cristo di Francesco Bernardi e la statua della Vergine Maria della Speranza. Tra le opere più significative un tempo presenti nell'edificio vi è la Sacra Conversazione del Romanino, eseguita tra il 1510 e il 1513 e donata alla chiesa all'inizio dell'Ottocento dalla nobile Flaminia Monti della Corte. La pala rimase in loco fino alla metà del Novecento quando, sconsacrata la piccola chiesa, venne trasferita nella chiesa di San Giovanni. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine in Brescia Città Museo, Sant'Eustacchio, Brescia 2004 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Rocco

Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta
Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta

La chiesa di Santa Maria ad Elisabetta è una chiesa di Brescia, situata in via Francesco Lana. Fondata nel Seicento, fu riaperta al culto dopo la soppressione ottocentesca grazie all'interesse dei sacerdoti Giovanni Battista e Massimiliano Averoldi. All'interno si conserva un vasto patrimonio di affreschi e tele, molte di tipo votivo, risalenti soprattutto al Settecento. La chiesa viene fondata nel XVII secolo da una confraternita di Disciplini che curavano il culto della Visitazione della Beata Vergine Maria. In seguito alle soppressioni condotte dalla Repubblica Bresciana, l'edificio viene alienato a privati a, nel 1807, adibito a fabbrica di palle di cannone. Nel 1819 viene riscattata da due sacerdoti bresciani, Giovanni Battista e Massimiliano Averoldi, che ne ottengono la riapertura. Tra il 1867 e il 1897 don Andrea Livragna promuove un importante restauro dell'edificio e dell'oratorio attiguo. L'oratorio, che fin dall'origine, comprendeva alcune stanze e un piccolo cortile, viene ulteriormente ampliato nel 1954 grazie all'acquisizione di casa Brunori in contrada del Carmine, che diventa parte dell'oratorio permettendo l'abbattimento del muro che divideva i due cortili. L'edificio ha dimensioni modeste ed è inserito nel compatto paramento di facciate di abitazioni private che costituisce il lato est della via. La facciata è molto semplice, movimentata da lesene prive di ordine architettonico che, intersecandosi con la trabeazione superiore e con tratti di cornici piane, determinano delle specchiature quadrangolari. Corona il prospetto un frontone triangolare, unico elemento emergente sulle linee di gronda degli altri edifici. Al centro, sopra l'ingresso, si apre una grande finestra a lunetta, principale fonte di luce per l'interno. L'interno della chiesa è ad aula unica, priva di altari o cappelle laterali, ed è coperta da una volta a botte. Il presbiterio è di forma quadrangolare, ad abside piatta, ed è sormontato da una cupola emisferica con lanterna. Le grandi campiture monocrome delle pareti sono state ridipinte all'inizio del Novecento con intonaco verde. Nella fascia inferiore delle pareti laterali, in posizione centrale, sono dipinte a monocromo le insegne papali con, a destra, tralci di vite, a sinistra la croce, le tavole della legge ed una pisside. Nel registro superiore vi sono invece due tele: quella di destra è una Trasfigurazione di Cristo, già attribuita a Tommaso Bona ma da ritenersi in realtà opera più tarda; quella di sinistra è una Madonna in trono col Bambino e un santo, attribuita inizialmente a Pompeo Batoni ma poi autorevolmente riconosciuta come dipinta da Francesco Savanni. Sulla volta sono dipinti cartigli con invocazioni mariane: a destra "VENI COLUMBA", "FEDERIS ARCA", a sinistra "SICUT LILIUM INTER SPINAS" e "ROSA MISTICA". Al centro della volta, in un grande riquadro, è affrescata una Assunzione di Maria di ignoto pittore locale. La decorazione, databile al Settecento, denota l'uso di elementi derivati ancora barocchi quali conchiglie, decorazioni floreali accostate in modo naturalistico e forme geometriche morbide come ovali e volute. Nonostante lo spazio sia piuttosto esiguo e la presenza di elementi decorativi, per contro, molto varia, l'effetto d'insieme risulta comunque armonico ed elegante, soprattutto grazie al largo uso del monocromo e alla resa prospettica attraverso le ombre. La cupola emisferica che copre il presbiterio ospita una decorazione a finto cassettonato, più classicheggiante rispetto alle altre decorazioni della chiesa. Nei pennacchi vi sono altre invocazioni mariane simili a quelle della volta. Le pareti del presbiterio ospitano quattro dipinti votivi di pari dimensione, eseguiti da due artisti differenti di epoca settecentesca. Lungo la parete destra si riconoscono San Stanislao Konstka e San Luigi Gonzaga, mentre a sinistra vi sono una Vergine che consegna il Rosario a San Domenico e Santa Caterina da Siena a fianco della quale si vede la Madonna durante una miracolosa apparizione. Quest'ultimo dipinto è inoltre corredato da quattordici riquadri, posti lungo il perimetro, che narrano eventi miracolosi. L'altare maggiore è sormontato da una pala raffigurante la Visitazione di Maria a Santa Elisabetta attribuita a Sante Cattaneo, ma vistosamente decurtata. Dagli elenchi delle spoliazioni napoleoniche si deduce che arricchivano il patrimonio artistico della chiesa anche un San Pietro e una tela con i Misteri del Rosario collocata entro un'ancona intagliata e dipinta: le due opere sono disperse. Compensano la perdita altre due tele provenienti dalla chiesa di San Giovanni Evangelista: un San Luigi Gonzaga in preghiera davanti al Crocifisso a destra dell'ingresso e una Salita al Calvario in controfacciata, entrambe databili al Settecento. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria ad Elisabetta Chiesa di Santa Maria ad Elisabetta, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)
Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)

La chiesa di Santa Maria del Carmine è una chiesa di Brescia, situata in contrada del Carmine, a ovest di via San Faustino. Il primitivo nucleo della chiesa, più corto rispetto all'edificio attuale, fu edificato durante la dominazione viscontea sulla città dopo la metà del Trecento, per volere dei frati Carmelitani dell'Antica Osservanza, da poco insediati nel convento attiguo (fondato nel 1348). Di questo periodo si sono conservati parte dei due muri di fiancata e l'abside, il tutto realizzato in stile prettamente gotico. Non è strano che si costruisse ancora secondo questa tendenza verso la metà del Quattrocento: mentre Firenze e altre città del centro Italia erano già entrate o avviate all'epoca rinascimentale, in nord Italia le tradizioni architettoniche gotiche erano ancora molto radicate fra le maestranze e lo sarebbero state fino ai primi del Cinquecento con l'affermarsi della figura di Bramante. Dal 1429 prende forma l'edificio attuale: a Brescia è l'epoca della dominazione veneta (è del 1427 la Battaglia di Maclodio, che sancì definitivamente il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia). La chiesa viene rimaneggiata ma mai in modo radicale: vengono aggiunti i caratteristici pinnacoli in cotto a coronamento della fiancata orientale, le cordonature sugli spigoli dell'abside e nell'abside stesso vengono aperte delle monofore a sesto acuto, ospitanti delle vetrate. Viene anche aggiunto un campanile proto-rinascimentale, opera di Bernardino da Martinengo. In questo periodo, alla chiesa lavorano soprattutto maestranze comacine, poi sostituite da altre bergamasche fatte istruire apposta a Venezia dai frati, che non si fidavano a causa della provenienza. Nella seconda metà del Quattrocento si hanno ulteriori modifiche, questa volta più profonde: fra il 1475 e il 1478 la chiesa viene allungata di circa quindici metri verso sud attraverso la demolizione dell'originaria facciata, che viene interamente ricostruita, comunque non distanziandosi dallo stile che già caratterizzava la struttura precedente (si ha ancora l'utilizzo di pinnacoli). Viene aggiunto il portale d'ingresso esistente tuttora e viene anche rifatta la copertura. Subito dopo, nel 1480 viene aggiunto il chiostro maggiore, con la loggetta veneziana proto-rinascimentale pentalobata. Nel corso del Cinquecento vengono aggiunti i rimanenti chiostri del convento, risolti con soluzioni architettoniche ispirate alle idee che Giulio Romano aveva messo in pratica a Mantova, dove avevano sede i Carmelitani che finirono per esportarne il linguaggio. Nel 1596 le monofore dell'abside vengono chiuse per consentire l'installazione della pala dell'altare maggiore, tutt'oggi presente, una Annunciazione del fiammingo Pieter de Witte, importante figura nel panorama artistico italiano e tedesco dell'epoca. L'aspetto interno fu definito nel corso dei pesanti rimaneggiamenti del 1620-21, durante i quali furono occultate le decorazioni quattrocentesche (parzialmente conservatesi nei sottotetti) per far posto alle fantasiose prospettive architettoniche di Tommaso Sandrino e Camillo Rama. Il coro, invece, fu ridipinto nel 1634 da Domenico Bruni, Ottavio Amigoni e Bernardino Gandino. Nello stesso periodo viene aggiunto il grande finestrone a lunetta in facciata a sostituzione del rosone, ancora oggi parzialmente visibile. Il convento fu infine soppresso, come molti altri, nel 1797. La facciata della chiesa risulta raffigurata dal pittore veneziano Francesco Hayez nel suo quadro del 1834 Ventura Fenaroli arrestato nella Chiesa del Carmine di Brescia da' Francesi, dedicato al celebre capitano di ventura del 500 che durante le rivolte antifrancesi in favore di Venezia venne arrestato davanti ad essa. La chiesa, la cui costruzione si articola fra varie epoche storiche, è altrettanto differenziata negli stili architettonici e decorativi che la compongono, pur rimanendo predominanti lo stile tardo-gotico e il rinascimentale. Questo coniugio è visibile soprattutto nell'aspetto esterno: l'elemento maggiormente caratterizzante sono i pinnacoli che coronano la facciata e la fiancata orientale, qui posti a termine dei contrafforti che sostengono la parete. I pinnacoli, elemento molto ricorrente nel gotico padano, sono tutti realizzati in cotto: non è un caso, visto che i Conti Martinengo, i nobili di Brescia per antonomasia, erano proprietari di molte fornaci oltre il Po, facendo del cotto un materiale di facile reperibilità in territorio bresciano. La facciata, della fine del Quattrocento, è cosiddetta a scala: alla base si ha, sommariamente, un corpo rettangolare fra la pavimentazione e il cornicione che corre sotto il lunettone superiore. All'interno di questo rettangolo si trovano, al centro, il portale d'ingresso e, ai lati di questo, due monofore quasi a tutta altezza, decorate da formelle di maiolica. I tre elementi sono suddivisi fra loro da quattro lesene-contrafforti in cotto (con inserti in marmo bianco) che sostengono direttamente il cornicione superiore, costituito da una serie di trecce gotiche in cotto. A questo punto, le due navate laterali sono chiuse direttamente da un tetto spiovente a pendenza unica, mentre il corpo centrale, contenente il lunettone, si eleva ancora verso l'alto, chiuso infine da un doppio spiovente. I margini delle coperture sono tutti decorati dai medesimi motivi in cotto del cornicione inferiore. Le due lesene esterne terminano direttamente con un pinnacolo, mentre le due interne accompagnano il corpo centrale fino in sommità, comunque coronate a loro volta da un pinnacolo. Un quinto pinnacolo, in posizione centrale, è posto come massimo coronamento della facciata. Il portale d'ingresso alla chiesa è un preziosissimo elemento artistico che fonde assieme vari stili, soprattutto, nuovamente, gotico e rinascimentale. Aggiunto alla fine del Quattrocento dopo l'allungamento della chiesa, è un portale gemini, costituito cioè da due portoni divisi da una colonna al centro, antichissimo retaggio degli ingressi alle cattedrali gotiche francesi e tedesche, a cui è ispirata anche la leggera strombatura (tutti elementi comunque diffusi anche in Italia, vedi la Basilica di San Marco a Venezia). Quest'ultima, in particolare, è decorata da una serie di colonnine tortili e motivi gotici, molto probabilmente elementi di reimpiego provenienti dalla precedente facciata demolita, mentre il pilastrino centrale che separa i portali è di ordine corinzio, decorato sul fusto da una candelabra palesemente rinascimentale. Al di sopra dei portoni si trova una lunetta raffigurante l'Annunciazione, dipinta da Floriano Ferramola e datata al 1517-18. L'affresco è oggi gravemente compromesso. Il tutto si trova quindi chiuso all'interno di un telaio rinascimentale ad arco a tutto sesto. Gli originali battenti intagliati dei due portoni, risalenti al XV secolo, sono oggi conservati all'interno. L'interno della chiesa, caratterizzato da un grande respiro spaziale, è lungo 75 metri e disposto su tre navate, quella centrale coperta da una volta a botte, mentre le due laterali da volte a crociera. Queste ultime sono separate da quella centrale mediante un colonnato provvisto di capitelli medievali di ordine pseudo-corinzio. La chiesa possedeva in passato un ricco patrimonio d'arte, oggi andato in gran parte disperso. Elemento artistico notevole resta comunque la cappella Averoldi (terza a destra), decorata da Vincenzo Foppa con il ciclo di Evangelisti nelle vele della volta (dal 1477). Allo stesso autore è attribuito anche il Cristo crocifisso sulla parete di fondo. L'altare della cappella, databile alla metà del XV secolo e finemente lavorato, è inoltre una delle prime testimonianze del nuovo gusto rinascimentale classicheggiante nell'arte scultorea locale. Nel medesimo ambiente si ha anche il sarcofago (1520 circa) di Giovanni Pietro Averoldi. Antecedente alla cappella Averoldi sussiste la cappella Fenaroli, anche conosciuta come cappella dei santi innocenti. Questa costituiva un patronato della nobile famiglia Fenaroli, come testimonia la lastra tombale al centro della cappella data 1583 con i nomi di alcuni componenti del casato. Al centro campeggia l'altare di Pietro Marone che rappresenta la strage degli innocenti, commissionato dalla famiglia stessa insieme agli affreschi monocromi che occupano le pareti della cappella, frutto della collaborazione tra Giovanni Zanardi e Francesco Monti. In questa cappella Ventura Fenaroli, personaggio di rilievo della storia bresciana ai tempi delle rivolte antifrancesi, aveva cercato rifugio dopo la congiura per riportare i veneziani in città. Nell'ultima cappella della navata destra, oggi adibita a sagrestia, sono visibili lacerti di affresco di scuola bresciana del 1423-50. Accanto, in testa alla navata, si trova la cappella del Miracolo di sant'Eligio, ricca di affreschi di carattere principalmente votivo databili agli stessi anni e riconducibili soprattutto alla sfera dei Bembo. Nell'abside, dietro l'altare barocco, si ha la pala di Pieter de Witte, già citata, mentre lungo le pareti del coro sono posti settantacinque stalli lignei parzialmente intarsiati. Nella cappella di fondo della navata sinistra, invece, è conservata una Deposizione in terracotta policroma di scuola lombarda del Quattrocento. Il primo altare a sinistra è arricchito da L'arcangelo Michele scaccia gli angeli ribelli di Jacopo Palma il Giovane. Il monumentale altare della Madonna di San Luca, detto anche, a partire dalla metà dell'Ottocento, della Madonna delle Brine, è opera del 1735-37 di Giovanni Maria Morlaiter, accoglie la piccola immagine della Madonna detta di san Luca perché attribuita leggendariamente all'evangelista Luca e da sempre molto venerata. Dal cortile dietro l'abside, inoltre, si accede a una cappella affrescata da Floriano Ferramola e da Vincenzo Civerchio. La prima cappella della navata destra conserva all'altare la pala dei Disciplini, affresco doppio eseguito nell'ambito di Paolo da Caylina il Vecchio e Andrea Bembo. Nella chiesa è conservato un prezioso organo barocco, costruito nel 1629-1630 da Tommaso Meiarini e montato in loco da Graziadio Antegnati III nel 1633. Lo strumento ha subito varie modifiche e aggiunte fra il XI e il XX secolo ed è stato restaurato da Armando Maccarinelli nel 1962. L'ultimo intervento fino ad oggi (2011) è quello della ditta Mascioni (1991) che, fra le altre cose, ha ricostruito i mantici, la tastiera e la pedaliera. La consolle, del tipo a finestra, è costituita dalla tastiera di 54 tasti (con la prima ottava, da Fa (nota), senza il Fa# e il Sol#), dalla pedaliera a leggio di 18 e la registriera sulla destra. La chiesa, molto importante all'interno del panorama religioso della città, diede il nome al quartiere medievale che la circonda, che ancora oggi è chiamato "quartiere Carmine", forse il più caratteristico e pittoresco della città, sempre sotto accusa per le sue scarse condizioni igieniche e di sicurezza sociale. I chiostri del convento ospitano la biblioteca dell'Università degli Studi di Brescia. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), Carmine, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Luigi Capretti e Alessandra Corna Pellegrini, Il complesso del Carmine tra Ottocento e Novecento: le vicende e i protagonisti di un recupero, Brescia, Associazione Amici Chiesa del Carmine, 2017, SBN IT\ICCU\BVE\0740875. Cappella Averoldi Pala dei Disciplini Ventura Fenaroli Vincenzo Foppa Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria del Carmine