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Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)

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Santa Maria del Carmine facciata Brescia
Santa Maria del Carmine facciata Brescia

La chiesa di Santa Maria del Carmine è una chiesa di Brescia, situata in contrada del Carmine, a ovest di via San Faustino. Il primitivo nucleo della chiesa, più corto rispetto all'edificio attuale, fu edificato durante la dominazione viscontea sulla città dopo la metà del Trecento, per volere dei frati Carmelitani dell'Antica Osservanza, da poco insediati nel convento attiguo (fondato nel 1348). Di questo periodo si sono conservati parte dei due muri di fiancata e l'abside, il tutto realizzato in stile prettamente gotico. Non è strano che si costruisse ancora secondo questa tendenza verso la metà del Quattrocento: mentre Firenze e altre città del centro Italia erano già entrate o avviate all'epoca rinascimentale, in nord Italia le tradizioni architettoniche gotiche erano ancora molto radicate fra le maestranze e lo sarebbero state fino ai primi del Cinquecento con l'affermarsi della figura di Bramante. Dal 1429 prende forma l'edificio attuale: a Brescia è l'epoca della dominazione veneta (è del 1427 la Battaglia di Maclodio, che sancì definitivamente il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia). La chiesa viene rimaneggiata ma mai in modo radicale: vengono aggiunti i caratteristici pinnacoli in cotto a coronamento della fiancata orientale, le cordonature sugli spigoli dell'abside e nell'abside stesso vengono aperte delle monofore a sesto acuto, ospitanti delle vetrate. Viene anche aggiunto un campanile proto-rinascimentale, opera di Bernardino da Martinengo. In questo periodo, alla chiesa lavorano soprattutto maestranze comacine, poi sostituite da altre bergamasche fatte istruire apposta a Venezia dai frati, che non si fidavano a causa della provenienza. Nella seconda metà del Quattrocento si hanno ulteriori modifiche, questa volta più profonde: fra il 1475 e il 1478 la chiesa viene allungata di circa quindici metri verso sud attraverso la demolizione dell'originaria facciata, che viene interamente ricostruita, comunque non distanziandosi dallo stile che già caratterizzava la struttura precedente (si ha ancora l'utilizzo di pinnacoli). Viene aggiunto il portale d'ingresso esistente tuttora e viene anche rifatta la copertura. Subito dopo, nel 1480 viene aggiunto il chiostro maggiore, con la loggetta veneziana proto-rinascimentale pentalobata. Nel corso del Cinquecento vengono aggiunti i rimanenti chiostri del convento, risolti con soluzioni architettoniche ispirate alle idee che Giulio Romano aveva messo in pratica a Mantova, dove avevano sede i Carmelitani che finirono per esportarne il linguaggio. Nel 1596 le monofore dell'abside vengono chiuse per consentire l'installazione della pala dell'altare maggiore, tutt'oggi presente, una Annunciazione del fiammingo Pieter de Witte, importante figura nel panorama artistico italiano e tedesco dell'epoca. L'aspetto interno fu definito nel corso dei pesanti rimaneggiamenti del 1620-21, durante i quali furono occultate le decorazioni quattrocentesche (parzialmente conservatesi nei sottotetti) per far posto alle fantasiose prospettive architettoniche di Tommaso Sandrino e Camillo Rama. Il coro, invece, fu ridipinto nel 1634 da Domenico Bruni, Ottavio Amigoni e Bernardino Gandino. Nello stesso periodo viene aggiunto il grande finestrone a lunetta in facciata a sostituzione del rosone, ancora oggi parzialmente visibile. Il convento fu infine soppresso, come molti altri, nel 1797. La facciata della chiesa risulta raffigurata dal pittore veneziano Francesco Hayez nel suo quadro del 1834 Ventura Fenaroli arrestato nella Chiesa del Carmine di Brescia da' Francesi, dedicato al celebre capitano di ventura del 500 che durante le rivolte antifrancesi in favore di Venezia venne arrestato davanti ad essa. La chiesa, la cui costruzione si articola fra varie epoche storiche, è altrettanto differenziata negli stili architettonici e decorativi che la compongono, pur rimanendo predominanti lo stile tardo-gotico e il rinascimentale. Questo coniugio è visibile soprattutto nell'aspetto esterno: l'elemento maggiormente caratterizzante sono i pinnacoli che coronano la facciata e la fiancata orientale, qui posti a termine dei contrafforti che sostengono la parete. I pinnacoli, elemento molto ricorrente nel gotico padano, sono tutti realizzati in cotto: non è un caso, visto che i Conti Martinengo, i nobili di Brescia per antonomasia, erano proprietari di molte fornaci oltre il Po, facendo del cotto un materiale di facile reperibilità in territorio bresciano. La facciata, della fine del Quattrocento, è cosiddetta a scala: alla base si ha, sommariamente, un corpo rettangolare fra la pavimentazione e il cornicione che corre sotto il lunettone superiore. All'interno di questo rettangolo si trovano, al centro, il portale d'ingresso e, ai lati di questo, due monofore quasi a tutta altezza, decorate da formelle di maiolica. I tre elementi sono suddivisi fra loro da quattro lesene-contrafforti in cotto (con inserti in marmo bianco) che sostengono direttamente il cornicione superiore, costituito da una serie di trecce gotiche in cotto. A questo punto, le due navate laterali sono chiuse direttamente da un tetto spiovente a pendenza unica, mentre il corpo centrale, contenente il lunettone, si eleva ancora verso l'alto, chiuso infine da un doppio spiovente. I margini delle coperture sono tutti decorati dai medesimi motivi in cotto del cornicione inferiore. Le due lesene esterne terminano direttamente con un pinnacolo, mentre le due interne accompagnano il corpo centrale fino in sommità, comunque coronate a loro volta da un pinnacolo. Un quinto pinnacolo, in posizione centrale, è posto come massimo coronamento della facciata. Il portale d'ingresso alla chiesa è un preziosissimo elemento artistico che fonde assieme vari stili, soprattutto, nuovamente, gotico e rinascimentale. Aggiunto alla fine del Quattrocento dopo l'allungamento della chiesa, è un portale gemini, costituito cioè da due portoni divisi da una colonna al centro, antichissimo retaggio degli ingressi alle cattedrali gotiche francesi e tedesche, a cui è ispirata anche la leggera strombatura (tutti elementi comunque diffusi anche in Italia, vedi la Basilica di San Marco a Venezia). Quest'ultima, in particolare, è decorata da una serie di colonnine tortili e motivi gotici, molto probabilmente elementi di reimpiego provenienti dalla precedente facciata demolita, mentre il pilastrino centrale che separa i portali è di ordine corinzio, decorato sul fusto da una candelabra palesemente rinascimentale. Al di sopra dei portoni si trova una lunetta raffigurante l'Annunciazione, dipinta da Floriano Ferramola e datata al 1517-18. L'affresco è oggi gravemente compromesso. Il tutto si trova quindi chiuso all'interno di un telaio rinascimentale ad arco a tutto sesto. Gli originali battenti intagliati dei due portoni, risalenti al XV secolo, sono oggi conservati all'interno. L'interno della chiesa, caratterizzato da un grande respiro spaziale, è lungo 75 metri e disposto su tre navate, quella centrale coperta da una volta a botte, mentre le due laterali da volte a crociera. Queste ultime sono separate da quella centrale mediante un colonnato provvisto di capitelli medievali di ordine pseudo-corinzio. La chiesa possedeva in passato un ricco patrimonio d'arte, oggi andato in gran parte disperso. Elemento artistico notevole resta comunque la cappella Averoldi (terza a destra), decorata da Vincenzo Foppa con il ciclo di Evangelisti nelle vele della volta (dal 1477). Allo stesso autore è attribuito anche il Cristo crocifisso sulla parete di fondo. L'altare della cappella, databile alla metà del XV secolo e finemente lavorato, è inoltre una delle prime testimonianze del nuovo gusto rinascimentale classicheggiante nell'arte scultorea locale. Nel medesimo ambiente si ha anche il sarcofago (1520 circa) di Giovanni Pietro Averoldi. Antecedente alla cappella Averoldi sussiste la cappella Fenaroli, anche conosciuta come cappella dei santi innocenti. Questa costituiva un patronato della nobile famiglia Fenaroli, come testimonia la lastra tombale al centro della cappella data 1583 con i nomi di alcuni componenti del casato. Al centro campeggia l'altare di Pietro Marone che rappresenta la strage degli innocenti, commissionato dalla famiglia stessa insieme agli affreschi monocromi che occupano le pareti della cappella, frutto della collaborazione tra Giovanni Zanardi e Francesco Monti. In questa cappella Ventura Fenaroli, personaggio di rilievo della storia bresciana ai tempi delle rivolte antifrancesi, aveva cercato rifugio dopo la congiura per riportare i veneziani in città. Nell'ultima cappella della navata destra, oggi adibita a sagrestia, sono visibili lacerti di affresco di scuola bresciana del 1423-50. Accanto, in testa alla navata, si trova la cappella del Miracolo di sant'Eligio, ricca di affreschi di carattere principalmente votivo databili agli stessi anni e riconducibili soprattutto alla sfera dei Bembo. Nell'abside, dietro l'altare barocco, si ha la pala di Pieter de Witte, già citata, mentre lungo le pareti del coro sono posti settantacinque stalli lignei parzialmente intarsiati. Nella cappella di fondo della navata sinistra, invece, è conservata una Deposizione in terracotta policroma di scuola lombarda del Quattrocento. Il primo altare a sinistra è arricchito da L'arcangelo Michele scaccia gli angeli ribelli di Jacopo Palma il Giovane. Il monumentale altare della Madonna di San Luca, detto anche, a partire dalla metà dell'Ottocento, della Madonna delle Brine, è opera del 1735-37 di Giovanni Maria Morlaiter, accoglie la piccola immagine della Madonna detta di san Luca perché attribuita leggendariamente all'evangelista Luca e da sempre molto venerata. Dal cortile dietro l'abside, inoltre, si accede a una cappella affrescata da Floriano Ferramola e da Vincenzo Civerchio. La prima cappella della navata destra conserva all'altare la pala dei Disciplini, affresco doppio eseguito nell'ambito di Paolo da Caylina il Vecchio e Andrea Bembo. Nella chiesa è conservato un prezioso organo barocco, costruito nel 1629-1630 da Tommaso Meiarini e montato in loco da Graziadio Antegnati III nel 1633. Lo strumento ha subito varie modifiche e aggiunte fra il XI e il XX secolo ed è stato restaurato da Armando Maccarinelli nel 1962. L'ultimo intervento fino ad oggi (2011) è quello della ditta Mascioni (1991) che, fra le altre cose, ha ricostruito i mantici, la tastiera e la pedaliera. La consolle, del tipo a finestra, è costituita dalla tastiera di 54 tasti (con la prima ottava, da Fa (nota), senza il Fa# e il Sol#), dalla pedaliera a leggio di 18 e la registriera sulla destra. La chiesa, molto importante all'interno del panorama religioso della città, diede il nome al quartiere medievale che la circonda, che ancora oggi è chiamato "quartiere Carmine", forse il più caratteristico e pittoresco della città, sempre sotto accusa per le sue scarse condizioni igieniche e di sicurezza sociale. I chiostri del convento ospitano la biblioteca dell'Università degli Studi di Brescia. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), Carmine, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Luigi Capretti e Alessandra Corna Pellegrini, Il complesso del Carmine tra Ottocento e Novecento: le vicende e i protagonisti di un recupero, Brescia, Associazione Amici Chiesa del Carmine, 2017, SBN IT\ICCU\BVE\0740875. Cappella Averoldi Pala dei Disciplini Ventura Fenaroli Vincenzo Foppa Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria del Carmine

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Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)
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Santa Maria del Carmine facciata Brescia
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Via San Faustino
Via San Faustino

Via San Faustino è una via di Brescia, che attraversa in senso nord-sud la zona centro-nord del contro storico cittadino, delimitando a est il quartiere Carmine. È la principale arteria viaria di quest'area del centro storico e, con un sinuoso percorso di più di 500 metri, collega piazza della Loggia a piazzale Cesare Battisti, nella primissima periferia all'esterno del tracciato della scomparsa cinta muraria. La via costituì uno dei luoghi commercialmente più animati di Brescia già dall'antichità. Le origini del percorso viario sono da far risalire alla tarda antichità o almeno all'epoca longobarda: sul suo tracciato passò la processione dell'816 che traslava le reliquie dei santi Faustino e Giovita dalla basilica di San Faustino ad Sanguinem alla chiesa di Santa Maria in Silva, nucleo originale paleocristiano della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, dalla quale la strada prenderà poi il nome. Agli stessi frati del monastero di San Faustino si deve, nel 1496, la definitiva conformazione del tracciato, il cui andamento sinusoidale seguiva il percorso del torrente Garza. Immersa nel quartiere popolare medievale, sulla via solcata dal corso d'acqua si insediarono diverse attività commerciali, che definirono anche il carattere architettonico del luogo: case alte e strette, dalle facciate variopinte, ma di scarso pregio, che si susseguono quasi senza interruzione, destinate ad ospitare un tempo gli artigiani e le loro botteghe. La zona più settentrionale di via San Faustino già anticamente presentava un assetto abbastanza simile all'attuale, sebbene ricca di aree boschive, come testimonia il titolo della già citata chiesa di Santa Maria in Silva. La strada, quindi, terminava idealmente all'incrocio tra via Elia Capriolo e rua Confettora, frantumandosi poi in una serie di stretti e tortuosi vicoli tra i caseggiati addossati alle sponde del Garza. Il passaggio principale, per questo tratto, diventava rua Sovera, la piccola via parallela, sul lato occidentale. La situazione rimane invariata fino al 1810, quando vengono trasferiti lungo la via i mercati delle biade e della legna, anticamente esercitati in piazza della Loggia. La nuova collocazione si riteneva idonea a facilitare gli scambi ed i collegamenti con le valli da cui proveniva la materia prima, ma la mancanza di strutture adatte al mercato e i problemi di carattere igienico indussero nel 1823 a trasferire l'attività commerciale altrove. Il tratto meridionale della via viene aperto, a partire dal 1864, con la demolizione di alcune case nei pressi dell'incrocio con via Capriolo, creando finalmente un percorso unico e diretto. Sempre a partire dall'Ottocento si ha la progressiva copertura del Garza, fino ad allora a cielo aperto al centro della via, per migliorare le condizioni igieniche e adeguare la via alle nuove esigenze viabilistiche. Nella prima metà del Novecento si collocano gli ultimi interventi a modifica dell'assetto della via: nel 1927, per permettere l'installazione della linea tranviaria, viene demolita l'isola abitativa collocata a sud della chiesa di San Faustino Maggiore, davanti alla chiesa di San Giacomo, creando l'ampio slargo ancora presente. Altri interventi demolitori si hanno nei primi anni '30, nell'ambito di revisione urbanistica del centro storico in parallelo al cantiere appena concluso di piazza della Vittoria: in questa occasione viene demolito il primo tratto della spina di abitazione interposta tra via San Faustino e rua Sovera, così come i caseggiati a nord del Palazzo della Loggia. I progetti relativi all'area, così come l'intervento urbanistico, rimarranno però incompiuti e il nuovo slargo non sarà mai più rioccupato, prendendo il nome di largo Formentone o, secondo il nome popolare, piazza Rovetta. Tra la fine del Novecento e i primi anni del XXI secolo la via è stata oggetto di un programma di riqualificazione urbanistica, con restauro degli edifici lungo i margini e rinnovo dell'arredo urbano. All'estremità nord della via si apre la fermata San Faustino della metropolitana di Brescia. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, collana Brescia Città Museo, Brescia, Sant'Eustacchio, 2004. Rossana Prestini, La chiesa e il monastero benedettino di San Faustino Maggiore in Brescia, collana Regesto in AA. VV., Brescia, Editrice La Scuola, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via San Faustino

Chiesa dei Santi Faustino e Giovita
Chiesa dei Santi Faustino e Giovita

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita, nota anche come chiesa di San Faustino Maggiore, è una chiesa di Brescia, situata nell'omonima via San Faustino, lungo l'ultimo tratto a nord. È la chiesa patronale della città di Brescia e, per questo motivo, è il più importante edificio di culto cittadino dopo le cattedrali, il Duomo vecchio e il Duomo nuovo. La chiesa, legata all'attiguo monastero fondato nel IX secolo dal vescovo Ramperto, affonda le proprie origini in un edificio risalente forse all'VIII secolo, che ha visto nel corso dei secoli numerosi ampliamenti e ricostruzioni, in particolare l'intervento seicentesco, che ha comportato un rinnovo radicale della struttura e delle decorazioni. La chiesa conserva estesi affreschi barocchi, in particolare quello della navata maggiore di Tommaso Sandrino e quello del presbiterio, l'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica di Giandomenico Tiepolo. Notevoli opere d'arte pittorica sono poi la Natività di Gesù di Lattanzio Gambara, la Deposizione di Cristo di Sante Cattaneo e lo stendardo del Santissimo Sacramento dipinto dal Romanino. Tra le altre opere artistiche spicca invece l'arca sepolcrale dei due santi titolari. Un tempo nella chiesa e ora al museo di Santa Giulia sono il trittico di sant'Onorio e il celebre gallo di Ramperto. Dal punto di vista religioso, invece, vi sono appunto conservati i resti dei due patroni di Brescia, i santi Faustino e Giovita, più quelli di sant'Onorio e sant'Antigio, che fanno della chiesa un punto di riferimento per la devozione cittadina.

Castelletto dei dazi
Castelletto dei dazi

Il Castelletto dei dazi è un palazzo di Brescia, situato all'estremità nord di via San Faustino, sul crocevia tra piazzale Cesare Battisti, via Leonardo da Vinci e via Pusterla. È stato costruito in stile neoromanico tra il 1889 e il 1891 dall'architetto Giuseppe Morelli e inaugura il principale ingresso nord del centro storico cittadino. Persa l'originale funzione daziaria nel corso del Novecento, ospita oggi alcuni servizi commerciali. Nell'area dello sbocco nord di via San Faustino sorgeva anticamente la Porta Pile, che ancora oggi dà il nome al quartiere circostante. Andata in rovina nei secoli poiché non più utilizzata come struttura difensiva della città, viene completamente riformata tra il 1818 e il 1823 da Rodolfo Vantini, il quale la trasforma in un monumentale arco di trionfo neoclassico. Con la progressiva demolizione delle mura urbane avviata dalla seconda metà dell'Ottocento in poi, però, la nuova porta del Vantini si rivela un ostacolo per lo sviluppo della nuova strada di circonvallazione e viene così definitivamente abbattuta. Il castelletto con funzione daziaria viene costruito subito dopo, tra il 1889 e il 1891, dall'architetto Giuseppe Morelli, in posizione più marginale e ritratta rispetto al percorso della strada. Durante il Novecento gli ambienti interni vengono alienati a privati e il castelletto è oggi occupato da alcuni servizi commerciali. L'edificio è in stile neoromanico ed è composto da un corpo longitudinale al quale si addossa, verso nord, una torretta dal coronamento merlato. I prospetti presentano due differenti fasce di rivestimento: l'ordine inferiore, ricoperto da regolari lastre marmoree, è scandito da aperture ad arco a tutto sesto inscritte entro alte cornici archiacute; nell'ordine superiore, rivestito da un paramento murario di pietre appena sbozzate, si aprono invece eleganti bifore poggianti su esili colonnine. I due ordini sono separati da una cornice marcapiano molto aggettante, mentre il coronamento superiore è sottolineato da una cornice ad archetti acuti. La torretta angolare, come già detto, presenta un'ulteriore fascia merlata in sommità. Il prospetto meridionale, più corto, ospita sopra la fascia marcapiano due stemmi della famiglia Calini. Altri frammenti architettonici di recupero si notano inseriti in più punti della muratura, tra i quali un bassorilievo con leone rampante, una lapide con stemma, colonnine e plinti. Si tratta di frammenti provenienti da fabbriche demolite o da scavi, integrati, secondo il gusto tardo ottocentesco, nella nuova struttura come elementi decorativi. La stessa tipologia di intervento è riscontrabile, rimanendo nell'area cittadina, sulla coeva facciata neogotica della chiesa dei Santi Giacomo e Filippo. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004