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Chiesa di San Tommaso (Brescia)

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Chiesa di San Tommaso Brescia
Chiesa di San Tommaso Brescia

La chiesa di San Tommaso è una ex chiesa di Brescia, situata lungo via Camillo Pulusella. Di epoca medievale, funzionava come oratorio della chiesa dei Santi Faustino e Giovita. Soppressa nel 1797, funzionerà per ancora un trentennio come oratorio giovanile, fino alla sua completa alienazione a privati che ha segnato l'inizio del suo degrado, non ancora risanato. Le tre tele un tempo custodite al suo interno si trovano oggi nella chiesa dei Santi Faustino e Giovita e nei locali annessi.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di San Tommaso (Brescia) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di San Tommaso (Brescia)
Brescia

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Chiesa di San Tommaso Brescia
Chiesa di San Tommaso Brescia
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Via San Faustino
Via San Faustino

Via San Faustino è una via di Brescia, che attraversa in senso nord-sud la zona centro-nord del contro storico cittadino, delimitando a est il quartiere Carmine. È la principale arteria viaria di quest'area del centro storico e, con un sinuoso percorso di più di 500 metri, collega piazza della Loggia a piazzale Cesare Battisti, nella primissima periferia all'esterno del tracciato della scomparsa cinta muraria. La via costituì uno dei luoghi commercialmente più animati di Brescia già dall'antichità. Le origini del percorso viario sono da far risalire alla tarda antichità o almeno all'epoca longobarda: sul suo tracciato passò la processione dell'816 che traslava le reliquie dei santi Faustino e Giovita dalla basilica di San Faustino ad Sanguinem alla chiesa di Santa Maria in Silva, nucleo originale paleocristiano della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, dalla quale la strada prenderà poi il nome. Agli stessi frati del monastero di San Faustino si deve, nel 1496, la definitiva conformazione del tracciato, il cui andamento sinusoidale seguiva il percorso del torrente Garza. Immersa nel quartiere popolare medievale, sulla via solcata dal corso d'acqua si insediarono diverse attività commerciali, che definirono anche il carattere architettonico del luogo: case alte e strette, dalle facciate variopinte, ma di scarso pregio, che si susseguono quasi senza interruzione, destinate ad ospitare un tempo gli artigiani e le loro botteghe. La zona più settentrionale di via San Faustino già anticamente presentava un assetto abbastanza simile all'attuale, sebbene ricca di aree boschive, come testimonia il titolo della già citata chiesa di Santa Maria in Silva. La strada, quindi, terminava idealmente all'incrocio tra via Elia Capriolo e rua Confettora, frantumandosi poi in una serie di stretti e tortuosi vicoli tra i caseggiati addossati alle sponde del Garza. Il passaggio principale, per questo tratto, diventava rua Sovera, la piccola via parallela, sul lato occidentale. La situazione rimane invariata fino al 1810, quando vengono trasferiti lungo la via i mercati delle biade e della legna, anticamente esercitati in piazza della Loggia. La nuova collocazione si riteneva idonea a facilitare gli scambi ed i collegamenti con le valli da cui proveniva la materia prima, ma la mancanza di strutture adatte al mercato e i problemi di carattere igienico indussero nel 1823 a trasferire l'attività commerciale altrove. Il tratto meridionale della via viene aperto, a partire dal 1864, con la demolizione di alcune case nei pressi dell'incrocio con via Capriolo, creando finalmente un percorso unico e diretto. Sempre a partire dall'Ottocento si ha la progressiva copertura del Garza, fino ad allora a cielo aperto al centro della via, per migliorare le condizioni igieniche e adeguare la via alle nuove esigenze viabilistiche. Nella prima metà del Novecento si collocano gli ultimi interventi a modifica dell'assetto della via: nel 1927, per permettere l'installazione della linea tranviaria, viene demolita l'isola abitativa collocata a sud della chiesa di San Faustino Maggiore, davanti alla chiesa di San Giacomo, creando l'ampio slargo ancora presente. Altri interventi demolitori si hanno nei primi anni '30, nell'ambito di revisione urbanistica del centro storico in parallelo al cantiere appena concluso di piazza della Vittoria: in questa occasione viene demolito il primo tratto della spina di abitazione interposta tra via San Faustino e rua Sovera, così come i caseggiati a nord del Palazzo della Loggia. I progetti relativi all'area, così come l'intervento urbanistico, rimarranno però incompiuti e il nuovo slargo non sarà mai più rioccupato, prendendo il nome di largo Formentone o, secondo il nome popolare, piazza Rovetta. Tra la fine del Novecento e i primi anni del XXI secolo la via è stata oggetto di un programma di riqualificazione urbanistica, con restauro degli edifici lungo i margini e rinnovo dell'arredo urbano. All'estremità nord della via si apre la fermata San Faustino della metropolitana di Brescia. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, collana Brescia Città Museo, Brescia, Sant'Eustacchio, 2004. Rossana Prestini, La chiesa e il monastero benedettino di San Faustino Maggiore in Brescia, collana Regesto in AA. VV., Brescia, Editrice La Scuola, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via San Faustino

Chiesa dei Santi Faustino e Giovita
Chiesa dei Santi Faustino e Giovita

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita, nota anche come chiesa di San Faustino Maggiore, è una chiesa di Brescia, situata nell'omonima via San Faustino, lungo l'ultimo tratto a nord. È la chiesa patronale della città di Brescia e, per questo motivo, è il più importante edificio di culto cittadino dopo le cattedrali, il Duomo vecchio e il Duomo nuovo. La chiesa, legata all'attiguo monastero fondato nel IX secolo dal vescovo Ramperto, affonda le proprie origini in un edificio risalente forse all'VIII secolo, che ha visto nel corso dei secoli numerosi ampliamenti e ricostruzioni, in particolare l'intervento seicentesco, che ha comportato un rinnovo radicale della struttura e delle decorazioni. La chiesa conserva estesi affreschi barocchi, in particolare quello della navata maggiore di Tommaso Sandrino e quello del presbiterio, l'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica di Giandomenico Tiepolo. Notevoli opere d'arte pittorica sono poi la Natività di Gesù di Lattanzio Gambara, la Deposizione di Cristo di Sante Cattaneo e lo stendardo del Santissimo Sacramento dipinto dal Romanino. Tra le altre opere artistiche spicca invece l'arca sepolcrale dei due santi titolari. Un tempo nella chiesa e ora al museo di Santa Giulia sono il trittico di sant'Onorio e il celebre gallo di Ramperto. Dal punto di vista religioso, invece, vi sono appunto conservati i resti dei due patroni di Brescia, i santi Faustino e Giovita, più quelli di sant'Onorio e sant'Antigio, che fanno della chiesa un punto di riferimento per la devozione cittadina.

Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)
Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)

La chiesa di Santa Maria del Carmine è una chiesa di Brescia, situata in contrada del Carmine, a ovest di via San Faustino. Il primitivo nucleo della chiesa, più corto rispetto all'edificio attuale, fu edificato durante la dominazione viscontea sulla città dopo la metà del Trecento, per volere dei frati Carmelitani dell'Antica Osservanza, da poco insediati nel convento attiguo (fondato nel 1348). Di questo periodo si sono conservati parte dei due muri di fiancata e l'abside, il tutto realizzato in stile prettamente gotico. Non è strano che si costruisse ancora secondo questa tendenza verso la metà del Quattrocento: mentre Firenze e altre città del centro Italia erano già entrate o avviate all'epoca rinascimentale, in nord Italia le tradizioni architettoniche gotiche erano ancora molto radicate fra le maestranze e lo sarebbero state fino ai primi del Cinquecento con l'affermarsi della figura di Bramante. Dal 1429 prende forma l'edificio attuale: a Brescia è l'epoca della dominazione veneta (è del 1427 la Battaglia di Maclodio, che sancì definitivamente il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia). La chiesa viene rimaneggiata ma mai in modo radicale: vengono aggiunti i caratteristici pinnacoli in cotto a coronamento della fiancata orientale, le cordonature sugli spigoli dell'abside e nell'abside stesso vengono aperte delle monofore a sesto acuto, ospitanti delle vetrate. Viene anche aggiunto un campanile proto-rinascimentale, opera di Bernardino da Martinengo. In questo periodo, alla chiesa lavorano soprattutto maestranze comacine, poi sostituite da altre bergamasche fatte istruire apposta a Venezia dai frati, che non si fidavano a causa della provenienza. Nella seconda metà del Quattrocento si hanno ulteriori modifiche, questa volta più profonde: fra il 1475 e il 1478 la chiesa viene allungata di circa quindici metri verso sud attraverso la demolizione dell'originaria facciata, che viene interamente ricostruita, comunque non distanziandosi dallo stile che già caratterizzava la struttura precedente (si ha ancora l'utilizzo di pinnacoli). Viene aggiunto il portale d'ingresso esistente tuttora e viene anche rifatta la copertura. Subito dopo, nel 1480 viene aggiunto il chiostro maggiore, con la loggetta veneziana proto-rinascimentale pentalobata. Nel corso del Cinquecento vengono aggiunti i rimanenti chiostri del convento, risolti con soluzioni architettoniche ispirate alle idee che Giulio Romano aveva messo in pratica a Mantova, dove avevano sede i Carmelitani che finirono per esportarne il linguaggio. Nel 1596 le monofore dell'abside vengono chiuse per consentire l'installazione della pala dell'altare maggiore, tutt'oggi presente, una Annunciazione del fiammingo Pieter de Witte, importante figura nel panorama artistico italiano e tedesco dell'epoca. L'aspetto interno fu definito nel corso dei pesanti rimaneggiamenti del 1620-21, durante i quali furono occultate le decorazioni quattrocentesche (parzialmente conservatesi nei sottotetti) per far posto alle fantasiose prospettive architettoniche di Tommaso Sandrino e Camillo Rama. Il coro, invece, fu ridipinto nel 1634 da Domenico Bruni, Ottavio Amigoni e Bernardino Gandino. Nello stesso periodo viene aggiunto il grande finestrone a lunetta in facciata a sostituzione del rosone, ancora oggi parzialmente visibile. Il convento fu infine soppresso, come molti altri, nel 1797. La facciata della chiesa risulta raffigurata dal pittore veneziano Francesco Hayez nel suo quadro del 1834 Ventura Fenaroli arrestato nella Chiesa del Carmine di Brescia da' Francesi, dedicato al celebre capitano di ventura del 500 che durante le rivolte antifrancesi in favore di Venezia venne arrestato davanti ad essa. La chiesa, la cui costruzione si articola fra varie epoche storiche, è altrettanto differenziata negli stili architettonici e decorativi che la compongono, pur rimanendo predominanti lo stile tardo-gotico e il rinascimentale. Questo coniugio è visibile soprattutto nell'aspetto esterno: l'elemento maggiormente caratterizzante sono i pinnacoli che coronano la facciata e la fiancata orientale, qui posti a termine dei contrafforti che sostengono la parete. I pinnacoli, elemento molto ricorrente nel gotico padano, sono tutti realizzati in cotto: non è un caso, visto che i Conti Martinengo, i nobili di Brescia per antonomasia, erano proprietari di molte fornaci oltre il Po, facendo del cotto un materiale di facile reperibilità in territorio bresciano. La facciata, della fine del Quattrocento, è cosiddetta a scala: alla base si ha, sommariamente, un corpo rettangolare fra la pavimentazione e il cornicione che corre sotto il lunettone superiore. All'interno di questo rettangolo si trovano, al centro, il portale d'ingresso e, ai lati di questo, due monofore quasi a tutta altezza, decorate da formelle di maiolica. I tre elementi sono suddivisi fra loro da quattro lesene-contrafforti in cotto (con inserti in marmo bianco) che sostengono direttamente il cornicione superiore, costituito da una serie di trecce gotiche in cotto. A questo punto, le due navate laterali sono chiuse direttamente da un tetto spiovente a pendenza unica, mentre il corpo centrale, contenente il lunettone, si eleva ancora verso l'alto, chiuso infine da un doppio spiovente. I margini delle coperture sono tutti decorati dai medesimi motivi in cotto del cornicione inferiore. Le due lesene esterne terminano direttamente con un pinnacolo, mentre le due interne accompagnano il corpo centrale fino in sommità, comunque coronate a loro volta da un pinnacolo. Un quinto pinnacolo, in posizione centrale, è posto come massimo coronamento della facciata. Il portale d'ingresso alla chiesa è un preziosissimo elemento artistico che fonde assieme vari stili, soprattutto, nuovamente, gotico e rinascimentale. Aggiunto alla fine del Quattrocento dopo l'allungamento della chiesa, è un portale gemini, costituito cioè da due portoni divisi da una colonna al centro, antichissimo retaggio degli ingressi alle cattedrali gotiche francesi e tedesche, a cui è ispirata anche la leggera strombatura (tutti elementi comunque diffusi anche in Italia, vedi la Basilica di San Marco a Venezia). Quest'ultima, in particolare, è decorata da una serie di colonnine tortili e motivi gotici, molto probabilmente elementi di reimpiego provenienti dalla precedente facciata demolita, mentre il pilastrino centrale che separa i portali è di ordine corinzio, decorato sul fusto da una candelabra palesemente rinascimentale. Al di sopra dei portoni si trova una lunetta raffigurante l'Annunciazione, dipinta da Floriano Ferramola e datata al 1517-18. L'affresco è oggi gravemente compromesso. Il tutto si trova quindi chiuso all'interno di un telaio rinascimentale ad arco a tutto sesto. Gli originali battenti intagliati dei due portoni, risalenti al XV secolo, sono oggi conservati all'interno. L'interno della chiesa, caratterizzato da un grande respiro spaziale, è lungo 75 metri e disposto su tre navate, quella centrale coperta da una volta a botte, mentre le due laterali da volte a crociera. Queste ultime sono separate da quella centrale mediante un colonnato provvisto di capitelli medievali di ordine pseudo-corinzio. La chiesa possedeva in passato un ricco patrimonio d'arte, oggi andato in gran parte disperso. Elemento artistico notevole resta comunque la cappella Averoldi (terza a destra), decorata da Vincenzo Foppa con il ciclo di Evangelisti nelle vele della volta (dal 1477). Allo stesso autore è attribuito anche il Cristo crocifisso sulla parete di fondo. L'altare della cappella, databile alla metà del XV secolo e finemente lavorato, è inoltre una delle prime testimonianze del nuovo gusto rinascimentale classicheggiante nell'arte scultorea locale. Nel medesimo ambiente si ha anche il sarcofago (1520 circa) di Giovanni Pietro Averoldi. Antecedente alla cappella Averoldi sussiste la cappella Fenaroli, anche conosciuta come cappella dei santi innocenti. Questa costituiva un patronato della nobile famiglia Fenaroli, come testimonia la lastra tombale al centro della cappella data 1583 con i nomi di alcuni componenti del casato. Al centro campeggia l'altare di Pietro Marone che rappresenta la strage degli innocenti, commissionato dalla famiglia stessa insieme agli affreschi monocromi che occupano le pareti della cappella, frutto della collaborazione tra Giovanni Zanardi e Francesco Monti. In questa cappella Ventura Fenaroli, personaggio di rilievo della storia bresciana ai tempi delle rivolte antifrancesi, aveva cercato rifugio dopo la congiura per riportare i veneziani in città. Nell'ultima cappella della navata destra, oggi adibita a sagrestia, sono visibili lacerti di affresco di scuola bresciana del 1423-50. Accanto, in testa alla navata, si trova la cappella del Miracolo di sant'Eligio, ricca di affreschi di carattere principalmente votivo databili agli stessi anni e riconducibili soprattutto alla sfera dei Bembo. Nell'abside, dietro l'altare barocco, si ha la pala di Pieter de Witte, già citata, mentre lungo le pareti del coro sono posti settantacinque stalli lignei parzialmente intarsiati. Nella cappella di fondo della navata sinistra, invece, è conservata una Deposizione in terracotta policroma di scuola lombarda del Quattrocento. Il primo altare a sinistra è arricchito da L'arcangelo Michele scaccia gli angeli ribelli di Jacopo Palma il Giovane. Il monumentale altare della Madonna di San Luca, detto anche, a partire dalla metà dell'Ottocento, della Madonna delle Brine, è opera del 1735-37 di Giovanni Maria Morlaiter, accoglie la piccola immagine della Madonna detta di san Luca perché attribuita leggendariamente all'evangelista Luca e da sempre molto venerata. Dal cortile dietro l'abside, inoltre, si accede a una cappella affrescata da Floriano Ferramola e da Vincenzo Civerchio. La prima cappella della navata destra conserva all'altare la pala dei Disciplini, affresco doppio eseguito nell'ambito di Paolo da Caylina il Vecchio e Andrea Bembo. Nella chiesa è conservato un prezioso organo barocco, costruito nel 1629-1630 da Tommaso Meiarini e montato in loco da Graziadio Antegnati III nel 1633. Lo strumento ha subito varie modifiche e aggiunte fra il XI e il XX secolo ed è stato restaurato da Armando Maccarinelli nel 1962. L'ultimo intervento fino ad oggi (2011) è quello della ditta Mascioni (1991) che, fra le altre cose, ha ricostruito i mantici, la tastiera e la pedaliera. La consolle, del tipo a finestra, è costituita dalla tastiera di 54 tasti (con la prima ottava, da Fa (nota), senza il Fa# e il Sol#), dalla pedaliera a leggio di 18 e la registriera sulla destra. La chiesa, molto importante all'interno del panorama religioso della città, diede il nome al quartiere medievale che la circonda, che ancora oggi è chiamato "quartiere Carmine", forse il più caratteristico e pittoresco della città, sempre sotto accusa per le sue scarse condizioni igieniche e di sicurezza sociale. I chiostri del convento ospitano la biblioteca dell'Università degli Studi di Brescia. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), Carmine, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Luigi Capretti e Alessandra Corna Pellegrini, Il complesso del Carmine tra Ottocento e Novecento: le vicende e i protagonisti di un recupero, Brescia, Associazione Amici Chiesa del Carmine, 2017, SBN IT\ICCU\BVE\0740875. Cappella Averoldi Pala dei Disciplini Ventura Fenaroli Vincenzo Foppa Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria del Carmine

Chiesa di San Faustino in Riposo
Chiesa di San Faustino in Riposo

La chiesa di San Faustino in Riposo o chiesa di Santa Rita è una chiesa di Brescia, situata in Via Musei, a nord di piazza della Loggia, accanto a porta Bruciata. Dalla caratteristica forma esterna a cono, fu costruito nel XII secolo come santuario votivo sul luogo dove, per tradizione, avevano sostato, "riposato" le salme dei santi patroni Faustino e Giovita durante la loro traslazione. Il vicoletto sul fondo del quale è visibile l'esterno dell'edificio rappresenta uno dei tanti, affascinanti scorci della Brescia medievale, solitamente poco noto ai più e sempre motivo di meraviglia alla prima veduta. La struttura originaria dell'edificio si colloca attorno all'VIII-IX secolo, quando era presente la primitiva cappella. Durante il XII secolo l'edificio fu distrutto da un incendio e si procedette quindi alla costruzione del santuario ancora oggi presente. La denominazione è dovuta al fatto che in questo luogo, secondo la leggenda, avrebbero sostato temporaneamente i corpi dei santi patroni Faustino e Giovita durante la loro traslazione dal cimitero della chiesa di San Faustino ad Sanguinem (oggi Sant'Angela Merici), costruita sul luogo dove erano stati martirizzati e sepolti, alla chiesa di San Faustino Maggiore. Secondo la tradizione, qui i corpi dei due santi avrebbero trasudato sangue, convincendo l'incredulo duca Namo di Baviera alla conversione. Dopo questo evento, il Duca donò all'abate di San Faustino le reliquia della Vera Croce, oggi conservata nel Duomo Vecchio all'interno del tesoro delle Sante Croci. L'interno del santuario fu completamente rifatto nel corso del Settecento e Ottocento. Esternamente, il santuario si compone di un corpo cilindrico in pietra sormontato da un particolare tetto a tronco di cono in cotto con celletta campanaria, a sua volta coronata da un tetto conico. Nella cella si aprono quattro bifore con archi a tutto sesto. L'intero edificio si presenta estremamente compresso fra edifici residenziali medievali a est e nord, la Porta Bruciata a sud e l'ultimo frammento delle mura trecentesche a ovest, tanto da risultare visibile solamente dal vicoletto che portava all'antico accesso. L'ingresso attuale si trova sotto Porta Bruciata. Vincenzo Foppa, Pala della Mercanzia, prima trasferita nel Palazzo delle Mercanzie, oggi alla Pinacoteca Tosio Martinengo. Francesco de Leonardis, Guida di Brescia, Grafo Edizioni, Brescia 2008 Brescia Diocesi di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di San Faustino in Riposo

Monumento alla Bella Italia
Monumento alla Bella Italia

Il Monumento alla Bella Italia o Bell'Italia, ufficialmente Monumento ai Caduti delle Dieci giornate di Brescia, è un monumento in marmo situato nella diramazione nord-est di piazza della Loggia a Brescia. Dedicato ai caduti delle dieci giornate di Brescia e donato alla città da Vittorio Emanuele II, è stato realizzato nel 1864 da Giovanni Battista Lombardi sul luogo in cui anticamente sorgeva una colonna con leone di San Marco, simbolo della dominazione veneta su Brescia. Sul luogo dove sorge il monumento alla Bella Italia si trovava, in origine, una colonna sormontata dal leone di san Marco, segno del dominio della repubblica di Venezia sulla città. La colonna era stata eretta tra il 1454 e il 1455 e alla sua base vi si tennero, per secoli, le esecuzioni capitali dei condannati a morte, con gran concorso di pubblico. Questa stessa colonna, secondo le fonti, era opera dello scultore Giacomo Medici, che tra l'altro aveva realizzato, nel corso del 1563, il leone posto in sommità del monumento. Sul basamento della colonna, inoltre, erano stati incisi dallo stesso Medici gli stemmi degli allora rettori della città di Brescia, ossia i simboli del capitano Sebastiano Venier e del rettore Lorenzo da Mula. Demolita infine nel 1797, in seguito agli eventi che portarono alla caduta della Serenissima e alla formazione della Repubblica Bresciana, il leone collocato sulla sommità della colonna fu abbattuto e distrutto; la stessa colonna, invece, rimase in loco fino al 1821 e, in occasione di alcuni lavori, fu anch'essa distrutta. Lo spazio vuoto che venne allora a formarsi, dunque, fu riempito nel 1864 dal nuovo monumento. L'idea di realizzare lo stesso monumento era stata proposta già nel 1859 da re Vittorio Emanuele II: il sovrano, infatti, era stato in visita a Brescia e in tale occasione aveva avuto modo di vedere, alle pendici del castello di Brescia, il luogo in cui 45 insorti bresciani erano stati fucilati dagli Austriaci nel 1849, appunto durante gli eventi delle Dieci giornate di Brescia.Lo stesso Vittorio Emanuele II, tra l'altro, volle inizialmente fare erigere il monumento proprio in quel luogo; infine, si scelse di collocarlo in piazza della Loggia, sia per commemorare il luogo in cui ebbe inizio la rivolta sia per la maggiore frequentazione della piazza. Realizzato dallo scultore bresciano Giovanni Battista Lombardi, l'inaugurazione dell'opera avvenne il 21 agosto 1864 con un evento di carattere «istituzionale e dinastico», accompagnato da grandi omaggi e riconoscenza al re Vittorio Emanuele II. In occasione dell'inaugurazione vennero peraltro inaugurate una Esposizione agraria industriale, un'Esposizione di Belle Arti, un'Esposizione del bestiame e si diede il via anche al Congresso Agrario e al Secondo Tiro a segno nazionale: l'intento, evidentemente, era quello di dimostrare che, grazie alla rivolta del 1849 e alla nascita del Regno d'Italia, Brescia e la nazione si avviavano verso il progresso e la rinascita. Non è casuale, infine, la collocazione del monumento, che andò appunto a rimpiazzare la vecchia colonna veneta di San Marco, simbolo della precedente e decaduta dominazione su Brescia. il nuovo monumento occupa da allora la porzione nord-orientale della piazza. Il monumento consta di un basamento in marmo di Botticino di forma ottagonale: lo stesso basamento è composto da due distinte parti, intervallate tra loro da un cornicione decorativo e ornato con formelle scolpite, che propongono alcuni significativi episodi dell'insurrezione. Sui quattro lati dell'alto basamento vi sono istoriati, a bassorilievo, alcuni fatti salienti dell'insurrezione popolare La barricata allestita in piazza San Barnaba (durante il pomeriggio del 31 marzo 1849): sulla destra sono rappresentati gli insorti bresciani mentre, sulla sinistra, si staglia un gran numero di soldati austriaci guidati dal generale Johan Nugent, il quale sta per cadere da cavallo. Gli scontri del 27 marzo 1849 presso porta Torrelunga, dove sono raffigurati degli insorti che fanno fuoco su un reparto di croati; questi ultimi, invece, sono in procinto di sfondare le difese bresciane: interessante notare la presenza, in questa formella, di alcune donne che curano i feriti bresciani. Nella formella retrostante si nota l'episodio delle fucilazioni di insorti bresciani presso il castello cittadino: in bassorilievo sono raffigurati, infatti, il ponte levatoio e la porta d'ingresso del fortilizio cittadino. Un carro trainato da quattro cavalli è raffigurato con sopra un'urna e delle statue in atteggiamento orante: all'interno si può notare una folla di cittadini e, dietro il carro, un gruppo di bersaglieri schierati. SI tratta, nella fattispecie, del trasferimento delle ossa dei martiri delle fosse comuni dalla rocca cittadina al cimitero monumentale della stessa città, avvenuto il 1º aprile 1861. A coronamento si trova una figura femminile che impersona, a seconda delle interpretazioni, l'Italia, oppure la stessa città di Brescia o, ancora, una personificazione della libertà. Essa indossa una lunga e stretta tunica, annodata sul fianco da un nastro annodato lungo il fianco destro. Questa figura femminile regge, sotto il braccio sinistro, un grande stendardo ripiegato e invece, nella mano destra, dei tralci di vite. Tra il basamento e la statua vi è un basso plinto sul quale sono apposte due iscrizioni. Queste ultime sono state ideate dal professore Giannantonio Folcieri, all'epoca molto noto: prima insegnante di lettere alle scuole superiori e poi preside del liceo classico Arnaldo, fu anche giornalista, poeta e membro dell'Ateneo di Brescia. L'iscrizione sul fronte è la dedica a: Mentre quella sul retro attesta il dono di: Fonti antiche Baldassarre Zamboni, Memorie intorno alle pubbliche fabbriche più insigni della città di Brescia. Raccolte da Baldassarre Zamboni Arciprete di Calvisano, Brescia, Pietro Vescovi, 1778, SBN IT\ICCU\TO0E\090804. Stefano Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia, 1877, SBN IT\ICCU\RMR\0016011. Fonti moderne Luigi Francesco Fè d'Ostiani, Storia, tradizione e arte nelle vie di Brescia, a cura di Paolo Guerrini, Brescia, Figli di Maria Immacolata, 1927, pp. 360-361, SBN IT\ICCU\VEA\1145856. Filippo Ronchi (a cura di), BRESCIA E IL RISORGIMENTO, i luoghi e la memoria (PDF), in Ciclo di Conferenze Brescia, novembre-dicembre 2003, Brescia, Ateneo di Brescia, 2006, pp. 71-73. Roberta Simonetto, Marina Braga (a cura di), Piazza della Loggia, in Verso porta san Nazaro, Brescia Città Museo, Brescia, Sant'Eustacchio, 2004, pp. 11-24. Bernardo Falconi, La stagione neoclassica e romantica in Valerio Terraroli (a cura di), Scultura in Lombardia - Arti plastiche a Brescia e nel bresciano dal XV al XX secolo, Skira, Milano 2010 Piazza della Loggia Dieci giornate di Brescia Giovanni Battista Lombardi Vittorio Emanuele II di Savoia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Monumento alla Bella Italia