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Liceo scientifico statale Annibale Calini

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Brescia Liceo Calini By Stefano Bolognini
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Il liceo scientifico statale "Annibale Calini" è una scuola superiore di Brescia, intitolata al patriota Annibale Calini. È uno dei primi licei scientifici italiani istituiti con regio decreto. Il liceo è stato luogo di formazione di studenti a livello di fama nazionale, tra questi Alberto Dalla Volta, fedele amico di Primo Levi.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Liceo scientifico statale Annibale Calini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Liceo scientifico statale Annibale Calini
Via Giovanni Chiassi, Brescia Crocifissa di Rosa (Zona Centro)

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Liceo Scientifico di Stato Annibale Calini

Via Giovanni Chiassi
25212 Brescia, Crocifissa di Rosa (Zona Centro)
Lombardia, Italia
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Luoghi vicini

Castelletto dei dazi
Castelletto dei dazi

Il Castelletto dei dazi è un palazzo di Brescia, situato all'estremità nord di via San Faustino, sul crocevia tra piazzale Cesare Battisti, via Leonardo da Vinci e via Pusterla. È stato costruito in stile neoromanico tra il 1889 e il 1891 dall'architetto Giuseppe Morelli e inaugura il principale ingresso nord del centro storico cittadino. Persa l'originale funzione daziaria nel corso del Novecento, ospita oggi alcuni servizi commerciali. Nell'area dello sbocco nord di via San Faustino sorgeva anticamente la Porta Pile, che ancora oggi dà il nome al quartiere circostante. Andata in rovina nei secoli poiché non più utilizzata come struttura difensiva della città, viene completamente riformata tra il 1818 e il 1823 da Rodolfo Vantini, il quale la trasforma in un monumentale arco di trionfo neoclassico. Con la progressiva demolizione delle mura urbane avviata dalla seconda metà dell'Ottocento in poi, però, la nuova porta del Vantini si rivela un ostacolo per lo sviluppo della nuova strada di circonvallazione e viene così definitivamente abbattuta. Il castelletto con funzione daziaria viene costruito subito dopo, tra il 1889 e il 1891, dall'architetto Giuseppe Morelli, in posizione più marginale e ritratta rispetto al percorso della strada. Durante il Novecento gli ambienti interni vengono alienati a privati e il castelletto è oggi occupato da alcuni servizi commerciali. L'edificio è in stile neoromanico ed è composto da un corpo longitudinale al quale si addossa, verso nord, una torretta dal coronamento merlato. I prospetti presentano due differenti fasce di rivestimento: l'ordine inferiore, ricoperto da regolari lastre marmoree, è scandito da aperture ad arco a tutto sesto inscritte entro alte cornici archiacute; nell'ordine superiore, rivestito da un paramento murario di pietre appena sbozzate, si aprono invece eleganti bifore poggianti su esili colonnine. I due ordini sono separati da una cornice marcapiano molto aggettante, mentre il coronamento superiore è sottolineato da una cornice ad archetti acuti. La torretta angolare, come già detto, presenta un'ulteriore fascia merlata in sommità. Il prospetto meridionale, più corto, ospita sopra la fascia marcapiano due stemmi della famiglia Calini. Altri frammenti architettonici di recupero si notano inseriti in più punti della muratura, tra i quali un bassorilievo con leone rampante, una lapide con stemma, colonnine e plinti. Si tratta di frammenti provenienti da fabbriche demolite o da scavi, integrati, secondo il gusto tardo ottocentesco, nella nuova struttura come elementi decorativi. La stessa tipologia di intervento è riscontrabile, rimanendo nell'area cittadina, sulla coeva facciata neogotica della chiesa dei Santi Giacomo e Filippo. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004

Chiesa di Santa Chiara (Brescia)
Chiesa di Santa Chiara (Brescia)

La chiesa di Santa Chiara è una ex chiesa di Brescia, oggi adibita a teatro, ha fatto parte di un complesso monasteriale, di origine medievale, dedicato a Santa Chiara. All'interno della chiesa settecentesca, sono tuttora conservati affreschi datati al 1739 di Giovan Francesco Gaggini, tra cui spiccano Santa Chiara in Gloria, Speranza e San Francesco d'Assisi in adorazione della Santissima Trinità e Santi, dipinto nel medaglione verso l'ingresso. Distrutta nel 1856, venne ricostruita in epoca moderna e adibita a teatro. Intorno alla chiesa è presente l'ex-convento, dedicato a Santa Chiara Nuova, per distinguerlo da un altro convento francescano presente in città, anch'esso dedicato alla santa di Assisi. Il convento venne fondato nel 1446 dal predicatore francescano Alberto da Sarteano, su di un vecchio ospedale, intitolato a San Cristoforo, che col passare del tempo verrà inglobato nell'Ospedale Maggiore di Brescia. Nel 1487 nel convento erano presenti ottantaquattro suore, affidate alla tutela spirituale dei frati francescani osservanti di San Giuseppe. Nel 1797, con l'avvento dei francesi, il convento cessò il suo operato e, passato sotto la giurisdizione gesuita, divenne un collegio fino al 1856 quando, con la distruzione della chiesa adiacente, venne trasformato in caserma. Oggi il convento è sede della facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Brescia. Il Teatro Santa Chiara oggi si compone di una piccola sala disposta su un unico piano da circa 150 posti a sedere. Fa parte del CTB Teatro Stabile di Brescia. Nel 1963 il Comune destinò il Santa Chiara come sede teatrale alla Compagnia della Loggetta diventata poi nel 1974 Centro Teatrale Bresciano e successivamente in Associazione CTB Teatro Stabile di Brescia. L'inaugurazione del teatro Santa Chiara avvenne nell'estate del 1963 con I giganti della montagna di Pirandello, per la regia di Mina Mezzadri. Da allora il teatro è divenuto un punto di riferimento culturale importante per la città. La sala ha ospitato molti spettacoli prodotti dal CTB e firmati da registi, da Mina Mezzadri a Massimo Castri, da Nanni Garella a Federico Tiezzi, da Sandro Sequi a Cesare Lievi. Teatro Stabile di Brescia Chiese di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Chiara

Crocifissa di Rosa (Brescia)
Crocifissa di Rosa (Brescia)

Crocifissa di Rosa è un quartiere di Brescia. L'area occupata del quartiere è delineata a sud da via Pusterla; a ovest da via Montesuello e via Marconi; a nord da via Antonio Federico Ozanam; a est dai ronchi Martinengo, Gallia e Bordoni. Il territorio è pianeggiante ad eccezione dell'area est che fa parte dei "Ronchi", pendio collinare del Monte Maddalena. I corsi d'acqua sono tutti tombinati: tra i più rilevanti, il Celato e la condotta sotterranea dell'acquedotto di Mompiano. Il torrente Garza scorre a est del confine del quartiere con quello di Borgo Trento. Il toponimo è di origine moderna. Prende il nome dalla via principale del quartiere, prosecuzione della galleria Tito Speri che lo collega al centro cittadino. A sua volta, la strada ha tale nome per la dedica della chiesa parrocchiale a Maria Crocifissa Di Rosa. Buona parte dell'area residenziale è stata costruita negli anni Trenta dall'amministrazione comunale fascista che intendeva migliorare il collegamento fra il centro città e l'Ospedale Civile ai tempi in costruzione. Negli anni Cinquanta furono edificati anche i terreni del vivaio della Guardia forestale, situato fra le attuali via Galilei e via San Rocchino e il quartiere conobbe uno sviluppo disordinato, passando da circa 1 000 abitanti a oltre 7000. L'area residenziale di via Montesuello è più vecchia, con costruzioni risalenti a inizio Novecento edificate lungo le nuove strade definite dal piano regolatore del 1897. In quel periodo fu costruito l'Istituto dei Derelitti che negli anni Venti divenne sede del liceo scientifico Calini. Dietro lo stesso edificio sorse la fabbrica del calzificio «Montanari & Studer» che nel 1929 divenne sede della fabbrica nazionale Armi e, negli anni Cinquanta, dell'IPSIA Moretto. L'istituzione del quartiere come suddivisione amministrativa del comune risale al luglio 1972, quando il consiglio votò la costituzione dei consigli di quartiere. Il 10 novembre 1974 si tennero le elezioni per quello di Crocifissa di Rosa. Tre anni dopo, la Giunta Trebeschi recepì la legge 278/1976 e istituì le nuove circoscrizioni: il quartiere fu assegnato alla Seconda circoscrizione, assieme a Mompiano, San Rocchino-Costalunga e il Villaggio Prealpino. Nel 2007, la giunta Corsini riformò le circoscrizioni riducendone il numero a cinque: Crocifissa di Rosa fu assegnata alla nuova Circoscrizione Centro. Sette anni dopo, a seguito dell'abolizione delle circoscrizioni per i nuovi limiti imposti dalla legge 191/2009, la Giunta Del Bono decise di ricostituire gli organi consultivi di rappresentanza dei quartieri. Le prime elezioni del consiglio di quartiere si tennero in tutta la città il 14 ottobre. Museo Civico di Scienze Naturali, opera con discontinuità dal primo decennio del XXI secolo in quanto l'attuale sede fu edificata negli anni Sessanta, ma necessita di interventi di ristrutturazione Archivio di Stato di Brescia, l'edificio è stato realizzato nella seconda metà degli anni Cinquanta per ospitare tutta la documentazione dell'archivio che fu istituito da una disposizione dei rettori veneti della città nel 1661 Ospedale dei Bambini del Ronchettino. Cinema METROPOL: costruito nel 1955 in via Galilei, poi Metropol d'Essai, nel 1967, ristrutturato nel 1988. Ora chiuso. Nel territorio del quartiere è presente la chiesa parrocchiale dedicata a santa Maria Crocifissa Di Rosa, appartenente alla diocesi cattolica di Brescia. Il quartiere è servito dalla scuola primaria Dante Alighieri e dalla secondaria di primo grado Ugo Foscolo. Sono presenti anche il Liceo scientifico statale Annibale Calini e l'IPSIA Moretto. La metropolitana di Brescia percorre in galleria la parte occidentale del quartiere. La stazione di Marconi si trova nei pressi del parco Sant'Antonino. Il quartiere è servito dalla linea 10 (Concesio - Poncarale) e dalla 16 (Sanpolino - Onzato) della rete di trasporti cittadina. Via Pusterla è inoltre servita dalla linea 6 (Largo Zanardelli - San Gottardo) che, nella stagione estiva, è prolungata fino alla cima del Monte Maddalena. Lisa Cesco, Diego Serino, 30 anni di partecipazione: l'esperienza delle circoscrizioni a Brescia. Circoscrizione Centro, Brescia, Comune di Brescia, 2010. Maurillio Lovatti, Marco Fenaroli, Governare la città. Movimento dei quartieri e forze politiche a Brescia 1967-77, Brescia, Nuova ricerca editrice, 1978. Le elezioni dei Consigli di Quartiere a Brescia nel 2014 (PDF), su comune.brescia.it. URL consultato il 26 dicembre 2020 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2022). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Crocifissa di Rosa

Chiesa dei Santi Faustino e Giovita
Chiesa dei Santi Faustino e Giovita

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita, nota anche come chiesa di San Faustino Maggiore, è una chiesa di Brescia, situata nell'omonima via San Faustino, lungo l'ultimo tratto a nord. È la chiesa patronale della città di Brescia e, per questo motivo, è il più importante edificio di culto cittadino dopo le cattedrali, il Duomo vecchio e il Duomo nuovo. La chiesa, legata all'attiguo monastero fondato nel IX secolo dal vescovo Ramperto, affonda le proprie origini in un edificio risalente forse all'VIII secolo, che ha visto nel corso dei secoli numerosi ampliamenti e ricostruzioni, in particolare l'intervento seicentesco, che ha comportato un rinnovo radicale della struttura e delle decorazioni. La chiesa conserva estesi affreschi barocchi, in particolare quello della navata maggiore di Tommaso Sandrino e quello del presbiterio, l'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica di Giandomenico Tiepolo. Notevoli opere d'arte pittorica sono poi la Natività di Gesù di Lattanzio Gambara, la Deposizione di Cristo di Sante Cattaneo e lo stendardo del Santissimo Sacramento dipinto dal Romanino. Tra le altre opere artistiche spicca invece l'arca sepolcrale dei due santi titolari. Un tempo nella chiesa e ora al museo di Santa Giulia sono il trittico di sant'Onorio e il celebre gallo di Ramperto. Dal punto di vista religioso, invece, vi sono appunto conservati i resti dei due patroni di Brescia, i santi Faustino e Giovita, più quelli di sant'Onorio e sant'Antigio, che fanno della chiesa un punto di riferimento per la devozione cittadina.

Via San Faustino
Via San Faustino

Via San Faustino è una via di Brescia, che attraversa in senso nord-sud la zona centro-nord del contro storico cittadino, delimitando a est il quartiere Carmine. È la principale arteria viaria di quest'area del centro storico e, con un sinuoso percorso di più di 500 metri, collega piazza della Loggia a piazzale Cesare Battisti, nella primissima periferia all'esterno del tracciato della scomparsa cinta muraria. La via costituì uno dei luoghi commercialmente più animati di Brescia già dall'antichità. Le origini del percorso viario sono da far risalire alla tarda antichità o almeno all'epoca longobarda: sul suo tracciato passò la processione dell'816 che traslava le reliquie dei santi Faustino e Giovita dalla basilica di San Faustino ad Sanguinem alla chiesa di Santa Maria in Silva, nucleo originale paleocristiano della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, dalla quale la strada prenderà poi il nome. Agli stessi frati del monastero di San Faustino si deve, nel 1496, la definitiva conformazione del tracciato, il cui andamento sinusoidale seguiva il percorso del torrente Garza. Immersa nel quartiere popolare medievale, sulla via solcata dal corso d'acqua si insediarono diverse attività commerciali, che definirono anche il carattere architettonico del luogo: case alte e strette, dalle facciate variopinte, ma di scarso pregio, che si susseguono quasi senza interruzione, destinate ad ospitare un tempo gli artigiani e le loro botteghe. La zona più settentrionale di via San Faustino già anticamente presentava un assetto abbastanza simile all'attuale, sebbene ricca di aree boschive, come testimonia il titolo della già citata chiesa di Santa Maria in Silva. La strada, quindi, terminava idealmente all'incrocio tra via Elia Capriolo e rua Confettora, frantumandosi poi in una serie di stretti e tortuosi vicoli tra i caseggiati addossati alle sponde del Garza. Il passaggio principale, per questo tratto, diventava rua Sovera, la piccola via parallela, sul lato occidentale. La situazione rimane invariata fino al 1810, quando vengono trasferiti lungo la via i mercati delle biade e della legna, anticamente esercitati in piazza della Loggia. La nuova collocazione si riteneva idonea a facilitare gli scambi ed i collegamenti con le valli da cui proveniva la materia prima, ma la mancanza di strutture adatte al mercato e i problemi di carattere igienico indussero nel 1823 a trasferire l'attività commerciale altrove. Il tratto meridionale della via viene aperto, a partire dal 1864, con la demolizione di alcune case nei pressi dell'incrocio con via Capriolo, creando finalmente un percorso unico e diretto. Sempre a partire dall'Ottocento si ha la progressiva copertura del Garza, fino ad allora a cielo aperto al centro della via, per migliorare le condizioni igieniche e adeguare la via alle nuove esigenze viabilistiche. Nella prima metà del Novecento si collocano gli ultimi interventi a modifica dell'assetto della via: nel 1927, per permettere l'installazione della linea tranviaria, viene demolita l'isola abitativa collocata a sud della chiesa di San Faustino Maggiore, davanti alla chiesa di San Giacomo, creando l'ampio slargo ancora presente. Altri interventi demolitori si hanno nei primi anni '30, nell'ambito di revisione urbanistica del centro storico in parallelo al cantiere appena concluso di piazza della Vittoria: in questa occasione viene demolito il primo tratto della spina di abitazione interposta tra via San Faustino e rua Sovera, così come i caseggiati a nord del Palazzo della Loggia. I progetti relativi all'area, così come l'intervento urbanistico, rimarranno però incompiuti e il nuovo slargo non sarà mai più rioccupato, prendendo il nome di largo Formentone o, secondo il nome popolare, piazza Rovetta. Tra la fine del Novecento e i primi anni del XXI secolo la via è stata oggetto di un programma di riqualificazione urbanistica, con restauro degli edifici lungo i margini e rinnovo dell'arredo urbano. All'estremità nord della via si apre la fermata San Faustino della metropolitana di Brescia. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, collana Brescia Città Museo, Brescia, Sant'Eustacchio, 2004. Rossana Prestini, La chiesa e il monastero benedettino di San Faustino Maggiore in Brescia, collana Regesto in AA. VV., Brescia, Editrice La Scuola, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via San Faustino

Archivio di Stato di Brescia
Archivio di Stato di Brescia

L'Archivio di Stato di Brescia è l'ufficio periferico del Ministero per i beni e le attività culturali che a norma di legge conserva la documentazione storica prodotta dagli uffici periferici dello Stato della provincia di Brescia e per deposito volontario, custodia temporanea, donazione o acquisto ogni altro archivio o raccolta documentaria di importanza storica. Il primo archivio di concentrazione destinato alla raccolta della documentazione pubblica bresciana trae origine da una ducale veneta del 30 aprile 1661, che ordinava ai rettori della città "l'istituzione di un archivio delle scritture concernenti li pubblici interessi" nel palazzo del Broletto. A questo archivio, denominato "Archivio vecchio" e destinato a raccogliere la documentazione delle magistrature venete attive a Brescia, si affiancò un secondo archivio detto "Civil Nuovo", costituito presso il palazzo civico della Loggia allo scopo di conservare soprattutto la documentazione prodotta dagli organi giudiziari e dai notai bresciani. Nel corso degli anni Venti dell'Ottocento entrambi gli archivi furono sottoposti all'autorità governativa, fino a quando, nel 1839, fu costituito un vero e proprio "Archivio generale di deposito governativo-giudiziario", posto alle dipendenze della Direzione generale degli archivi di deposito governativi di Lombardia. L'istituto assunse la denominazione di Archivio di Stato di Brescia dal 1871, quando, in attuazione dei Regi Decreti 5 marzo n. 1852 e 26 marzo n. 1861, venne costituita l’organizzazione archivistica del Regno d’Italia, posta alle dipendenze del Ministero dell’interno. Qualche documento di Brescia per il periodo della Repubblica sociale italiana si trova presso l'ACS, trasportato a Roma probabilmente a seguito delle operazioni di recupero degli archivi degli organi centrali dello Stato, trasferiti al Nord dopo l'armistizio del 1943. Il più antico documento in originale dell’Archivio di Stato di Brescia risale al IX secolo, mentre altri dell’VIII sono stati tramandati in copie successive. Notevoli dispersioni avvenute nei primi decenni dell’Ottocento hanno depauperato le serie delle magistrature venete, soprattutto per quanto riguarda il XV secolo, mentre la documentazione conservata risulta più consistente a partire dal XVI secolo e diviene via via più ricca sino alla fine della dominazione veneziana. I fondi delle magistrature ed uffici dell’età napoleonica, di quella successiva, durante la quale il Bresciano fu aggregato al Regno lombardo-veneto, nonché del periodo postunitario si conservano pressoché completi. L’Istituto detiene in deposito l’archivio storico del Comune di Brescia, con documentazione risalente al periodo medievale, quello dell’Ospedale Maggiore e quelli degli istituti caritatevoli e di assistenza, opere pie e pii luoghi. Fondi d’indubbio interesse sono inoltre l’archivio dello statista Giuseppe Zanardelli; la raccolta Carteggi della Prima guerra mondiale, che conserva migliaia di lettere e di fotografie di caduti delle provincie di Brescia e Cremona; gli archivi delle famiglie Martinengo dalle Palle e Gambara, con documenti a partire dal XII secolo e notevoli carteggi dal XV al XIX secolo; il Fondo di religione nel quale si raccolgono atti di enti religiosi e monastici soppressi dal XIII al XVIII secolo. Da non dimenticare, infine, l’ampio archivio notarile con imbreviature ed atti dal XIV secolo. Nel secolo scorso il patrimonio dell’Archivio di Stato di Brescia fu descritto in diverse guide ma per giungere a una “mappatura” del patrimonio archivistico bresciano bisogna attendere l’inizio degli anni ’80 con la pubblicazione del primo volume della Guida generale degli Archivi di Stato italiani. Nonostante le scarne informazioni fornite in merito alla natura dei fondi archivistici, il curatore della voce prestò particolare attenzione a individuarne i soggetti produttori, non sempre indicati in maniera corretta negli strumenti di ricerca esistenti. Archivio di Stato di Brescia in Guida generale degli Archivi di Stato italiani (PDF), Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, 1981, pp. 679-712. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Archivio di Stato di Brescia Archivio di Stato di Brescia (sito web istituzionale) Archivio di Stato di Brescia su Sistema Guida generale degli Archivi di Stato italiani (fonte utilizzata) Archivio di Stato di Brescia, su Sistema informativo degli Archivi di Stato.(fonte utilizzata)

Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)
Chiesa di Santa Maria del Carmine (Brescia)

La chiesa di Santa Maria del Carmine è una chiesa di Brescia, situata in contrada del Carmine, a ovest di via San Faustino. Il primitivo nucleo della chiesa, più corto rispetto all'edificio attuale, fu edificato durante la dominazione viscontea sulla città dopo la metà del Trecento, per volere dei frati Carmelitani dell'Antica Osservanza, da poco insediati nel convento attiguo (fondato nel 1348). Di questo periodo si sono conservati parte dei due muri di fiancata e l'abside, il tutto realizzato in stile prettamente gotico. Non è strano che si costruisse ancora secondo questa tendenza verso la metà del Quattrocento: mentre Firenze e altre città del centro Italia erano già entrate o avviate all'epoca rinascimentale, in nord Italia le tradizioni architettoniche gotiche erano ancora molto radicate fra le maestranze e lo sarebbero state fino ai primi del Cinquecento con l'affermarsi della figura di Bramante. Dal 1429 prende forma l'edificio attuale: a Brescia è l'epoca della dominazione veneta (è del 1427 la Battaglia di Maclodio, che sancì definitivamente il passaggio di Brescia alla Repubblica di Venezia). La chiesa viene rimaneggiata ma mai in modo radicale: vengono aggiunti i caratteristici pinnacoli in cotto a coronamento della fiancata orientale, le cordonature sugli spigoli dell'abside e nell'abside stesso vengono aperte delle monofore a sesto acuto, ospitanti delle vetrate. Viene anche aggiunto un campanile proto-rinascimentale, opera di Bernardino da Martinengo. In questo periodo, alla chiesa lavorano soprattutto maestranze comacine, poi sostituite da altre bergamasche fatte istruire apposta a Venezia dai frati, che non si fidavano a causa della provenienza. Nella seconda metà del Quattrocento si hanno ulteriori modifiche, questa volta più profonde: fra il 1475 e il 1478 la chiesa viene allungata di circa quindici metri verso sud attraverso la demolizione dell'originaria facciata, che viene interamente ricostruita, comunque non distanziandosi dallo stile che già caratterizzava la struttura precedente (si ha ancora l'utilizzo di pinnacoli). Viene aggiunto il portale d'ingresso esistente tuttora e viene anche rifatta la copertura. Subito dopo, nel 1480 viene aggiunto il chiostro maggiore, con la loggetta veneziana proto-rinascimentale pentalobata. Nel corso del Cinquecento vengono aggiunti i rimanenti chiostri del convento, risolti con soluzioni architettoniche ispirate alle idee che Giulio Romano aveva messo in pratica a Mantova, dove avevano sede i Carmelitani che finirono per esportarne il linguaggio. Nel 1596 le monofore dell'abside vengono chiuse per consentire l'installazione della pala dell'altare maggiore, tutt'oggi presente, una Annunciazione del fiammingo Pieter de Witte, importante figura nel panorama artistico italiano e tedesco dell'epoca. L'aspetto interno fu definito nel corso dei pesanti rimaneggiamenti del 1620-21, durante i quali furono occultate le decorazioni quattrocentesche (parzialmente conservatesi nei sottotetti) per far posto alle fantasiose prospettive architettoniche di Tommaso Sandrino e Camillo Rama. Il coro, invece, fu ridipinto nel 1634 da Domenico Bruni, Ottavio Amigoni e Bernardino Gandino. Nello stesso periodo viene aggiunto il grande finestrone a lunetta in facciata a sostituzione del rosone, ancora oggi parzialmente visibile. Il convento fu infine soppresso, come molti altri, nel 1797. La facciata della chiesa risulta raffigurata dal pittore veneziano Francesco Hayez nel suo quadro del 1834 Ventura Fenaroli arrestato nella Chiesa del Carmine di Brescia da' Francesi, dedicato al celebre capitano di ventura del 500 che durante le rivolte antifrancesi in favore di Venezia venne arrestato davanti ad essa. La chiesa, la cui costruzione si articola fra varie epoche storiche, è altrettanto differenziata negli stili architettonici e decorativi che la compongono, pur rimanendo predominanti lo stile tardo-gotico e il rinascimentale. Questo coniugio è visibile soprattutto nell'aspetto esterno: l'elemento maggiormente caratterizzante sono i pinnacoli che coronano la facciata e la fiancata orientale, qui posti a termine dei contrafforti che sostengono la parete. I pinnacoli, elemento molto ricorrente nel gotico padano, sono tutti realizzati in cotto: non è un caso, visto che i Conti Martinengo, i nobili di Brescia per antonomasia, erano proprietari di molte fornaci oltre il Po, facendo del cotto un materiale di facile reperibilità in territorio bresciano. La facciata, della fine del Quattrocento, è cosiddetta a scala: alla base si ha, sommariamente, un corpo rettangolare fra la pavimentazione e il cornicione che corre sotto il lunettone superiore. All'interno di questo rettangolo si trovano, al centro, il portale d'ingresso e, ai lati di questo, due monofore quasi a tutta altezza, decorate da formelle di maiolica. I tre elementi sono suddivisi fra loro da quattro lesene-contrafforti in cotto (con inserti in marmo bianco) che sostengono direttamente il cornicione superiore, costituito da una serie di trecce gotiche in cotto. A questo punto, le due navate laterali sono chiuse direttamente da un tetto spiovente a pendenza unica, mentre il corpo centrale, contenente il lunettone, si eleva ancora verso l'alto, chiuso infine da un doppio spiovente. I margini delle coperture sono tutti decorati dai medesimi motivi in cotto del cornicione inferiore. Le due lesene esterne terminano direttamente con un pinnacolo, mentre le due interne accompagnano il corpo centrale fino in sommità, comunque coronate a loro volta da un pinnacolo. Un quinto pinnacolo, in posizione centrale, è posto come massimo coronamento della facciata. Il portale d'ingresso alla chiesa è un preziosissimo elemento artistico che fonde assieme vari stili, soprattutto, nuovamente, gotico e rinascimentale. Aggiunto alla fine del Quattrocento dopo l'allungamento della chiesa, è un portale gemini, costituito cioè da due portoni divisi da una colonna al centro, antichissimo retaggio degli ingressi alle cattedrali gotiche francesi e tedesche, a cui è ispirata anche la leggera strombatura (tutti elementi comunque diffusi anche in Italia, vedi la Basilica di San Marco a Venezia). Quest'ultima, in particolare, è decorata da una serie di colonnine tortili e motivi gotici, molto probabilmente elementi di reimpiego provenienti dalla precedente facciata demolita, mentre il pilastrino centrale che separa i portali è di ordine corinzio, decorato sul fusto da una candelabra palesemente rinascimentale. Al di sopra dei portoni si trova una lunetta raffigurante l'Annunciazione, dipinta da Floriano Ferramola e datata al 1517-18. L'affresco è oggi gravemente compromesso. Il tutto si trova quindi chiuso all'interno di un telaio rinascimentale ad arco a tutto sesto. Gli originali battenti intagliati dei due portoni, risalenti al XV secolo, sono oggi conservati all'interno. L'interno della chiesa, caratterizzato da un grande respiro spaziale, è lungo 75 metri e disposto su tre navate, quella centrale coperta da una volta a botte, mentre le due laterali da volte a crociera. Queste ultime sono separate da quella centrale mediante un colonnato provvisto di capitelli medievali di ordine pseudo-corinzio. La chiesa possedeva in passato un ricco patrimonio d'arte, oggi andato in gran parte disperso. Elemento artistico notevole resta comunque la cappella Averoldi (terza a destra), decorata da Vincenzo Foppa con il ciclo di Evangelisti nelle vele della volta (dal 1477). Allo stesso autore è attribuito anche il Cristo crocifisso sulla parete di fondo. L'altare della cappella, databile alla metà del XV secolo e finemente lavorato, è inoltre una delle prime testimonianze del nuovo gusto rinascimentale classicheggiante nell'arte scultorea locale. Nel medesimo ambiente si ha anche il sarcofago (1520 circa) di Giovanni Pietro Averoldi. Antecedente alla cappella Averoldi sussiste la cappella Fenaroli, anche conosciuta come cappella dei santi innocenti. Questa costituiva un patronato della nobile famiglia Fenaroli, come testimonia la lastra tombale al centro della cappella data 1583 con i nomi di alcuni componenti del casato. Al centro campeggia l'altare di Pietro Marone che rappresenta la strage degli innocenti, commissionato dalla famiglia stessa insieme agli affreschi monocromi che occupano le pareti della cappella, frutto della collaborazione tra Giovanni Zanardi e Francesco Monti. In questa cappella Ventura Fenaroli, personaggio di rilievo della storia bresciana ai tempi delle rivolte antifrancesi, aveva cercato rifugio dopo la congiura per riportare i veneziani in città. Nell'ultima cappella della navata destra, oggi adibita a sagrestia, sono visibili lacerti di affresco di scuola bresciana del 1423-50. Accanto, in testa alla navata, si trova la cappella del Miracolo di sant'Eligio, ricca di affreschi di carattere principalmente votivo databili agli stessi anni e riconducibili soprattutto alla sfera dei Bembo. Nell'abside, dietro l'altare barocco, si ha la pala di Pieter de Witte, già citata, mentre lungo le pareti del coro sono posti settantacinque stalli lignei parzialmente intarsiati. Nella cappella di fondo della navata sinistra, invece, è conservata una Deposizione in terracotta policroma di scuola lombarda del Quattrocento. Il primo altare a sinistra è arricchito da L'arcangelo Michele scaccia gli angeli ribelli di Jacopo Palma il Giovane. Il monumentale altare della Madonna di San Luca, detto anche, a partire dalla metà dell'Ottocento, della Madonna delle Brine, è opera del 1735-37 di Giovanni Maria Morlaiter, accoglie la piccola immagine della Madonna detta di san Luca perché attribuita leggendariamente all'evangelista Luca e da sempre molto venerata. Dal cortile dietro l'abside, inoltre, si accede a una cappella affrescata da Floriano Ferramola e da Vincenzo Civerchio. La prima cappella della navata destra conserva all'altare la pala dei Disciplini, affresco doppio eseguito nell'ambito di Paolo da Caylina il Vecchio e Andrea Bembo. Nella chiesa è conservato un prezioso organo barocco, costruito nel 1629-1630 da Tommaso Meiarini e montato in loco da Graziadio Antegnati III nel 1633. Lo strumento ha subito varie modifiche e aggiunte fra il XI e il XX secolo ed è stato restaurato da Armando Maccarinelli nel 1962. L'ultimo intervento fino ad oggi (2011) è quello della ditta Mascioni (1991) che, fra le altre cose, ha ricostruito i mantici, la tastiera e la pedaliera. La consolle, del tipo a finestra, è costituita dalla tastiera di 54 tasti (con la prima ottava, da Fa (nota), senza il Fa# e il Sol#), dalla pedaliera a leggio di 18 e la registriera sulla destra. La chiesa, molto importante all'interno del panorama religioso della città, diede il nome al quartiere medievale che la circonda, che ancora oggi è chiamato "quartiere Carmine", forse il più caratteristico e pittoresco della città, sempre sotto accusa per le sue scarse condizioni igieniche e di sicurezza sociale. I chiostri del convento ospitano la biblioteca dell'Università degli Studi di Brescia. Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918, OCLC 1124648622, SBN IT\ICCU\BVE\0818515. Antonio Fappani (a cura di), Carmine, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Luigi Capretti e Alessandra Corna Pellegrini, Il complesso del Carmine tra Ottocento e Novecento: le vicende e i protagonisti di un recupero, Brescia, Associazione Amici Chiesa del Carmine, 2017, SBN IT\ICCU\BVE\0740875. Cappella Averoldi Pala dei Disciplini Ventura Fenaroli Vincenzo Foppa Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria del Carmine

Castello di Brescia
Castello di Brescia

Il castello di Brescia (denominato il Falcone d'Italia) è una fortezza sorta a partire dall'epoca medievale e arroccata sul colle Cidneo, a ridosso del centro storico della città di Brescia. Il 25 novembre 2023 al Castello di Brescia è stato apposto lo Scudo Blu, simbolo internazionale di protezione dei beni culturali dai rischi dei conflitti armati, previsto dalla Convenzione dell'Aja del 1954. I primi insediamenti sul Cidneo risalgono all'età del bronzo, IX secolo a.C., ma la prima vera costruzione fu un piccolo tempio dedicato al dio celtico Bergimus. Il vero riorganizzamento del colle è da attribuire ai romani che alla fine del I secolo a.C. ne inserirono il perimetro all'interno delle mura cittadine. Sempre per opera dei Romani, nel I secolo d.C. fu eretto un tempio monumentale che doveva corrispondere quasi perfettamente alle dimensioni del mastio visconteo: ancora oggi si possono osservare le antiche murature di sostegno e le fondazioni della scalinata entro quest'area. Con il passare dei secoli e con l'avvento del cristianesimo, l'area del Cidneo assunse sempre più il ruolo di area sacra: viene costruito un martyrium paleocristiano, poi sostituito da una grande basilica, demolita nel XVIII secolo dopo lo scoppio di una polveriera, che l'aveva gravemente danneggiata. Della basilica rimane oggi solo una delle due torri di facciata, nota come torre Mirabella, probabilmente costruita a sua volta su una torre scalare di epoca romana. Durante l'alto Medioevo le notizie riguardanti l'area si fanno sempre più rare, ma dall'anno mille in poi esse continuano ad aumentare, anche se non esistono informazioni esaurienti riguardo alle fortificazioni realizzate. Tra il 1237 ed il 1254 viene realizzato l'allargamento della cinta muraria che diede a Brescia l'aspetto che l'avrebbe caratterizzata fino alla fine del XIX secolo. In questo periodo l'area era costellata di mura di età romana e ricca di edifici religiosi, inoltre vi si svolgevano numerosi mercati e fiere. Durante la dominazione viscontea, vengono operati imponenti lavori di ristrutturazione delle difese cittadine: nel 1337 si ha la nascita della Cittadella Nova, una cinta muraria che partendo dal castello inglobava al suo interno gli edifici del potere ecclesiastico e civile della città, ovvero l'area del Broletto e dei Duomi, che al tempo erano il Duomo Vecchio e la paleocristiana basilica di San Pietro de Dom. L'unica testimonianza di questa ampia opera di ristrutturazione giunta fino ai giorni nostri è il Mastio, destinato a residenza del capitano della guarnigione con ambienti decorati con fasce policrome e motivi geometrici e floreali, solo in parte conservati. Nella stessa epoca, il mastio fu inoltre circondato da un sistema difensivo costituito da sei torri, passaggi coperti e forse ponti levatoi. Viene tracciata la strada del Soccorso, poi ampliata nel Cinquecento, via di fuga verso nord, spesso usata dagli avversari nei secoli successivi (vedi dopo). Nel 1426 Brescia passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia, che si preoccupò immediatamente di ristrutturare le fortificazioni cittadine duramente colpite durante la guerra contro i milanesi, sfociando nel 1466 in una completa revisione delle mura cittadine che furono abbassate e circondate con terrapieni e fossati. Il castello fu interessato solo marginalmente da queste modifiche e le uniche opere di sistemazione riguardarono le torri che vennero modificate passando da una pianta quadrata a una circolare: di queste è sopravvissuta solo una torre del perimetro settentrionale. Nel 1509 l'esercito francese sconfisse quello veneziano e si impossessò di Brescia e del suo castello. Durante il periodo di dominio d'oltralpe, vennero intrapresi nuovi lavori di ampliamento e rinforzo delle mura che però non furono mai completati; ne fece però le spese il monastero di San Martino che fu demolito per fare posto alle mura che sarebbero dovute sorgere al suo posto. Fu proprio in questo periodo che Brescia attraverso il suo periodo più buio, contesa tra i padroni francesi e i veneziani che cercavano di riconquistarla. La repubblica marinara riprese la città nel 1512, al prezzo di molti morti ed enormi sacrifici, con apice della tragedia il 19 febbraio, quando si ebbe il sacco della città da parte di soldati di quasi ogni parte politica, dai francesi (che utilizzarono la Strada del Soccorso per entrare nella fortezza) ai guasconi, dai tedeschi agli svizzeri, anche cremonesi e mantovani. Nella seconda metà del Cinquecento, con il ritorno dei veneziani e la stabilizzazione del governo, si procedette a ulteriori miglioramenti per colmare i difetti emersi durante la guerra, come l'ampliamento della Strada del Soccorso prima citato. Dopo accese discussioni sulla possibilità di creare una nuova cinta verso la fronte rivolta verso la città, anche a seguito delle tensioni con la Spagna che governava il ducato di Milano, nel 1588 fu approvato il progetto per realizzare le mura bastionata: vennero dunque realizzati i baluardi di san Pietro, san Marco, san Faustino e della Pusterla. La fortezza venne anche dotata di edifici per il deposito delle vettovaglie, (il Piccolo e il Grande Miglio), di forni, caserme, edifici religiosi, cisterne e polveriere. Per via dello spostamento della linea di conflitto con Milano sull'Adda e la conseguente concentrazione degli sforzi difensivi su Bergamo, termina in questo periodo la funzione strategica del castello, che la storia non vorrà mai più coinvolto in alcuna attività bellica, dando inizio a una lenta decadenza della struttura. Successivamente venne potenziato solamente il sistema di difesa con molte postazioni di fuoco, ma per un lungo tempo il castello non ricevette ammodernamenti di rilevante importanza. Sotto il nuovo dominio francese il castello non subì migliorie e fu utilizzato come prigione e caserma: stessa sorte gli sarebbe toccata poco dopo sotto il dominio austriaco. Nonostante ciò, il Cidneo era ancora un ottimo punto di difesa e di attacco. Nel 1849 durante la rivolta cittadina delle Dieci giornate di Brescia la popolazione bresciana insorse contro la guarnigione austriaca a seguito del rifiuto del pagamento per il mancato sostegno all'Imperial Regio governo durante la prima guerra di indipendenza (a differenza di altre città, a Brescia non si ebbero precedenti sollevazioni plateali, piccoli disordini e richieste di guardie civiche, assembramenti e formazioni di gruppi di filo-indipendentisti guidati dallo Zanardelli ma nessuna rivolta e l'allontanamento delle truppe dalla città avvenne in maniera pacifica, ecco perché i bresciani non intendevano pagare). Parte della durata della sollevazione si deve al fatto che la guida mazziniana non riteneva vera la voce giunta dalla campagna che a Novara i piemontesi avessero perso spingendo i circa mille cittadini combattenti attivi a proseguire nella resistenza. I soldati si asserragliarono nella fortezza e bombardarono la città nell'attesa dei rinforzi in arrivo da Mantova. Dopo dieci giorni di combattimento la città fu riconquistata dalle truppe austro-ungariche, grazie all'appoggio portato dal generale Julius Jacob von Haynau, che penetrò nella fortezza servendosi della Via del Soccorso. Dopo la seconda guerra d'indipendenza italiana, nel 1859, il castello bresciano tornò a essere utilizzato come semplice carcere militare. Poco tempo dopo il comune acquistò il colle e fu dato il via all'opera di restauro, che portò lentamente allo snaturamento militare della fortezza rendendola molto più simile al luogo che è oggi, ossia centro di svago e sede di eventi pubblici di Brescia. Nel 1904, per iniziativa di Dominatore Mainetti, presidente della Camera di Commercio di Brescia, e di Federico Bettoni Cazzago, sindaco della città, fu organizzata al suo interno l'Esposizione Industriale Bresciana, evento economico di altissimo rilievo, inaugurata personalmente dal Re Vittorio Emanuele III. Per l'occasione si organizzarono importanti spettacoli folcloristici e diverse gare sportive e vennero realizzati alcuni padiglioni provvisori per ospitare l'esposizione. Il castello fu bardato con un interessante rivestimento provvisorio in stile Liberty, sotto la direzione dell'ingegnere Egidio Dabbeni, e fu collegato a corso Zanardelli tramite una tramvia elettrica. Nell'agosto 1909 fu sede di un'altra esposizione, dedicata all'energia elettrica, e organizzata dall'ASM Brescia che poche settimane prima aveva ottenuto l'affidamento della produzione e della distribuzione della corrente in città. Dopo quest'ultima esposizione, il castello fu recuperato come area pubblica per iniziativa della Giunta del sindaco Girolamo Orefici. Divenne sede del Museo del Risorgimento locale, ospitato nelle sale del Grande Miglio, e del Museo di scienze naturali al quale fu presto annesso il giardino zoologico. L'area al di fuori dei bastioni divenne un parco urbano. Oggi il castello ospita il Museo del Risorgimento, il Museo delle armi Luigi Marzoli, contenente armature e armi del periodo medievale, la Specola Cidnea e due ampi plastici ferroviari. È possibile visitare gli ambienti interni e nascosti della fortezza grazie a visite guidate dalla Associazione speleologica bresciana, che per anni ha condotto esplorazioni di passaggi e condotti, riportando alla luce percorsi ormai dimenticati. Per chiunque giunga a Brescia, da qualsiasi direzione, è l'imponente massa pietrosa del Castello a segnare il profilo panoramico della città. Il complesso di fortificazioni, occupando un'area di circa 300x250 metri, è uno dei più grandi d'Italia, e ricopre completamente il colle Cidneo. Non avendo mai avuto specifica funzione come castello feudale, né tanto meno residenza signorile, si nota subito come la rocca, ben inserita nel contesto cittadino, sia più ricca di edifici di culto e di carattere militare piuttosto che di strutture residenziali e direzionali nel senso stretto del termine. Al castello si accede tramite un imponente portale monumentale cinquecentesco, attribuito a Giulio Savorgnan e realizzato su ispirazione delle forme di architettura militare di Michele Sanmicheli, ornato da un grande Leone di San Marco e dagli stemmi dei rettori veneti. Ai lati si possono ammirare i bastioni di San Faustino (a sinistra) e di San Marco (a destra). Varcato l'ingresso, seguendo il percorso a destra si raggiunge il bastione di San Pietro, incontrando anche un pozzo cinquecentesco al quale sono stati apposti, nel 1890, due leoni in pietra dello scultore Domenico Ghidoni. Seguendo il percorso di sinistra, invece, si nota prima il campanile dell'ex-santuario di Santo Stefano Nuovo, quindi si costeggia la palazzina Haynau, così chiamata poiché da qui, nel 1849, il maresciallo asburgico Julius Jacob von Haynau diresse le operazioni militari contro l'insurrezione bresciana. Sul vasto piazzale sopra il bastione di San Faustino è posta una caratteristica locomotiva a vapore, uno dei simboli del Castello, che all'inizio del Novecento svolgeva il tragitto Brescia-Edolo. Sulla destra, presso la lunga palazzina degli ufficiali, si ha l'imboccatura della strada del Soccorso. Oltre si incontrano gli edifici del Piccolo Miglio, oggi sede espositiva, e del Grande Miglio, dove è ospitato il Museo del Risorgimento. È qui anche l'ingresso al passaggio coperto che porta alla quattrocentesca torre Coltrina. Salita la rampa si giunge alla cinta trecentesca con ingresso dotato di doppio ponte levatoio: sulla destra si eleva la torre dei Prigionieri. Procedendo a sinistra si costeggia il mastio, dentro la cui parete si possono ancora oggi notare tracce di merlatura ghibellina. Si giunge infine ai giardini settentrionali, con a sinistra la sommità della torre Coltrina, al centro la fossa dei Martiri (dove nel 1945 furono fucilati alcuni esponenti della Resistenza) e, a destra, la torre dei Francesi. Dal ponte levatoio trecentesco, altrimenti, si può raggiungere la sommità della rocca con il piazzale della Torre Mirabella, dove si ha anche l'accesso al mastio che ospita il Museo delle Armi Luigi Marzoli. All'interno, inoltre, sono visibili i resti delle fondamenta del tempio romano. Lucrezio Gravisi Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918. Irene Giustina (a cura di), Il Castello di Brescia. Il Falcone d'Italia. Percorsi didattici e scientifici per la conoscenza e la valorizzazione del Castello di Brescia e del colle Cidneo, Roccafranca, Massetti Rodella, 2012, ISBN 978-88-8486-510-6, OCLC 859945729, SBN IT\ICCU\VEA\1083092. AA. VV., Il colle armato. Storia del Castello di Brescia, a cura di Ida Gianfranceschi, atti dell'VIII seminario sulla didattica dei Beni Culturali (Brescia 1986), Squassina, Brescia 1988 Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Angelo Contino, Castelli in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1982. Antonio Fappani (a cura di), Castello di Brescia, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Chiesa di Santo Stefano in Arce Museo del Risorgimento (Brescia) Museo delle armi Luigi Marzoli Colle Cidneo Chiesa di San Pietro in Oliveto Sacco di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul castello di Brescia Sito dell'Associazione speleologica bresciana per le visite al castello, su speleoasb.it. URL consultato il 29 marzo 2014 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2015). Il Castello di Brescia e la Leonessa d'Italia Archiviato il 1º agosto 2016 in Internet Archive., recyourtrip.com Castello di Brescia, Brescia (BS), su lombardiabeniculturali.it.