place

Chiesa di Santa Chiara (Brescia)

Chiese dedicate a santa Chiara d'AssisiChiese di BresciaChiese sconsacrate di BresciaPagine con mappeTeatri di Brescia
Chiesa di Santa Chiara a Brescia
Chiesa di Santa Chiara a Brescia

La chiesa di Santa Chiara è una ex chiesa di Brescia, oggi adibita a teatro, ha fatto parte di un complesso monasteriale, di origine medievale, dedicato a Santa Chiara. All'interno della chiesa settecentesca, sono tuttora conservati affreschi datati al 1739 di Giovan Francesco Gaggini, tra cui spiccano Santa Chiara in Gloria, Speranza e San Francesco d'Assisi in adorazione della Santissima Trinità e Santi, dipinto nel medaglione verso l'ingresso. Distrutta nel 1856, venne ricostruita in epoca moderna e adibita a teatro. Intorno alla chiesa è presente l'ex-convento, dedicato a Santa Chiara Nuova, per distinguerlo da un altro convento francescano presente in città, anch'esso dedicato alla santa di Assisi. Il convento venne fondato nel 1446 dal predicatore francescano Alberto da Sarteano, su di un vecchio ospedale, intitolato a San Cristoforo, che col passare del tempo verrà inglobato nell'Ospedale Maggiore di Brescia. Nel 1487 nel convento erano presenti ottantaquattro suore, affidate alla tutela spirituale dei frati francescani osservanti di San Giuseppe. Nel 1797, con l'avvento dei francesi, il convento cessò il suo operato e, passato sotto la giurisdizione gesuita, divenne un collegio fino al 1856 quando, con la distruzione della chiesa adiacente, venne trasformato in caserma. Oggi il convento è sede della facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Brescia. Il Teatro Santa Chiara oggi si compone di una piccola sala disposta su un unico piano da circa 150 posti a sedere. Fa parte del CTB Teatro Stabile di Brescia. Nel 1963 il Comune destinò il Santa Chiara come sede teatrale alla Compagnia della Loggetta diventata poi nel 1974 Centro Teatrale Bresciano e successivamente in Associazione CTB Teatro Stabile di Brescia. L'inaugurazione del teatro Santa Chiara avvenne nell'estate del 1963 con I giganti della montagna di Pirandello, per la regia di Mina Mezzadri. Da allora il teatro è divenuto un punto di riferimento culturale importante per la città. La sala ha ospitato molti spettacoli prodotti dal CTB e firmati da registi, da Mina Mezzadri a Massimo Castri, da Nanni Garella a Federico Tiezzi, da Sandro Sequi a Cesare Lievi. Teatro Stabile di Brescia Chiese di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Chiara

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Santa Chiara (Brescia) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Santa Chiara (Brescia)
Contrada Santa Chiara, Brescia

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Sito web Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Chiesa di Santa Chiara (Brescia)Continua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.543909 ° E 10.222386 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Teatro Santa Chiara

Contrada Santa Chiara 50
25122 Brescia (Zona Centro)
Lombardia, Italia
mapAprire su Google Maps

Sito web
ctbteatrostabile.it

linkVisita il sito web

Chiesa di Santa Chiara a Brescia
Chiesa di Santa Chiara a Brescia
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Chiesa dei Santi Faustino e Giovita
Chiesa dei Santi Faustino e Giovita

La chiesa dei Santi Faustino e Giovita, nota anche come chiesa di San Faustino Maggiore, è una chiesa di Brescia, situata nell'omonima via San Faustino, lungo l'ultimo tratto a nord. È la chiesa patronale della città di Brescia e, per questo motivo, è il più importante edificio di culto cittadino dopo le cattedrali, il Duomo vecchio e il Duomo nuovo. La chiesa, legata all'attiguo monastero fondato nel IX secolo dal vescovo Ramperto, affonda le proprie origini in un edificio risalente forse all'VIII secolo, che ha visto nel corso dei secoli numerosi ampliamenti e ricostruzioni, in particolare l'intervento seicentesco, che ha comportato un rinnovo radicale della struttura e delle decorazioni. La chiesa conserva estesi affreschi barocchi, in particolare quello della navata maggiore di Tommaso Sandrino e quello del presbiterio, l'Apoteosi dei santi Faustino, Giovita, Benedetto e Scolastica di Giandomenico Tiepolo. Notevoli opere d'arte pittorica sono poi la Natività di Gesù di Lattanzio Gambara, la Deposizione di Cristo di Sante Cattaneo e lo stendardo del Santissimo Sacramento dipinto dal Romanino. Tra le altre opere artistiche spicca invece l'arca sepolcrale dei due santi titolari. Un tempo nella chiesa e ora al museo di Santa Giulia sono il trittico di sant'Onorio e il celebre gallo di Ramperto. Dal punto di vista religioso, invece, vi sono appunto conservati i resti dei due patroni di Brescia, i santi Faustino e Giovita, più quelli di sant'Onorio e sant'Antigio, che fanno della chiesa un punto di riferimento per la devozione cittadina.

Castelletto dei dazi
Castelletto dei dazi

Il Castelletto dei dazi è un palazzo di Brescia, situato all'estremità nord di via San Faustino, sul crocevia tra piazzale Cesare Battisti, via Leonardo da Vinci e via Pusterla. È stato costruito in stile neoromanico tra il 1889 e il 1891 dall'architetto Giuseppe Morelli e inaugura il principale ingresso nord del centro storico cittadino. Persa l'originale funzione daziaria nel corso del Novecento, ospita oggi alcuni servizi commerciali. Nell'area dello sbocco nord di via San Faustino sorgeva anticamente la Porta Pile, che ancora oggi dà il nome al quartiere circostante. Andata in rovina nei secoli poiché non più utilizzata come struttura difensiva della città, viene completamente riformata tra il 1818 e il 1823 da Rodolfo Vantini, il quale la trasforma in un monumentale arco di trionfo neoclassico. Con la progressiva demolizione delle mura urbane avviata dalla seconda metà dell'Ottocento in poi, però, la nuova porta del Vantini si rivela un ostacolo per lo sviluppo della nuova strada di circonvallazione e viene così definitivamente abbattuta. Il castelletto con funzione daziaria viene costruito subito dopo, tra il 1889 e il 1891, dall'architetto Giuseppe Morelli, in posizione più marginale e ritratta rispetto al percorso della strada. Durante il Novecento gli ambienti interni vengono alienati a privati e il castelletto è oggi occupato da alcuni servizi commerciali. L'edificio è in stile neoromanico ed è composto da un corpo longitudinale al quale si addossa, verso nord, una torretta dal coronamento merlato. I prospetti presentano due differenti fasce di rivestimento: l'ordine inferiore, ricoperto da regolari lastre marmoree, è scandito da aperture ad arco a tutto sesto inscritte entro alte cornici archiacute; nell'ordine superiore, rivestito da un paramento murario di pietre appena sbozzate, si aprono invece eleganti bifore poggianti su esili colonnine. I due ordini sono separati da una cornice marcapiano molto aggettante, mentre il coronamento superiore è sottolineato da una cornice ad archetti acuti. La torretta angolare, come già detto, presenta un'ulteriore fascia merlata in sommità. Il prospetto meridionale, più corto, ospita sopra la fascia marcapiano due stemmi della famiglia Calini. Altri frammenti architettonici di recupero si notano inseriti in più punti della muratura, tra i quali un bassorilievo con leone rampante, una lapide con stemma, colonnine e plinti. Si tratta di frammenti provenienti da fabbriche demolite o da scavi, integrati, secondo il gusto tardo ottocentesco, nella nuova struttura come elementi decorativi. La stessa tipologia di intervento è riscontrabile, rimanendo nell'area cittadina, sulla coeva facciata neogotica della chiesa dei Santi Giacomo e Filippo. Marina Braga, Roberta Simonetto, Il quartiere Carmine in Brescia città museo, Brescia 2004

Castello di Brescia
Castello di Brescia

Il castello di Brescia (denominato il Falcone d'Italia) è una fortezza sorta a partire dall'epoca medievale e arroccata sul colle Cidneo, a ridosso del centro storico della città di Brescia. Il 25 novembre 2023 al Castello di Brescia è stato apposto lo Scudo Blu, simbolo internazionale di protezione dei beni culturali dai rischi dei conflitti armati, previsto dalla Convenzione dell'Aja del 1954. I primi insediamenti sul Cidneo risalgono all'età del bronzo, IX secolo a.C., ma la prima vera costruzione fu un piccolo tempio dedicato al dio celtico Bergimus. Il vero riorganizzamento del colle è da attribuire ai romani che alla fine del I secolo a.C. ne inserirono il perimetro all'interno delle mura cittadine. Sempre per opera dei Romani, nel I secolo d.C. fu eretto un tempio monumentale che doveva corrispondere quasi perfettamente alle dimensioni del mastio visconteo: ancora oggi si possono osservare le antiche murature di sostegno e le fondazioni della scalinata entro quest'area. Con il passare dei secoli e con l'avvento del cristianesimo, l'area del Cidneo assunse sempre più il ruolo di area sacra: viene costruito un martyrium paleocristiano, poi sostituito da una grande basilica, demolita nel XVIII secolo dopo lo scoppio di una polveriera, che l'aveva gravemente danneggiata. Della basilica rimane oggi solo una delle due torri di facciata, nota come torre Mirabella, probabilmente costruita a sua volta su una torre scalare di epoca romana. Durante l'alto Medioevo le notizie riguardanti l'area si fanno sempre più rare, ma dall'anno mille in poi esse continuano ad aumentare, anche se non esistono informazioni esaurienti riguardo alle fortificazioni realizzate. Tra il 1237 ed il 1254 viene realizzato l'allargamento della cinta muraria che diede a Brescia l'aspetto che l'avrebbe caratterizzata fino alla fine del XIX secolo. In questo periodo l'area era costellata di mura di età romana e ricca di edifici religiosi, inoltre vi si svolgevano numerosi mercati e fiere. Durante la dominazione viscontea, vengono operati imponenti lavori di ristrutturazione delle difese cittadine: nel 1337 si ha la nascita della Cittadella Nova, una cinta muraria che partendo dal castello inglobava al suo interno gli edifici del potere ecclesiastico e civile della città, ovvero l'area del Broletto e dei Duomi, che al tempo erano il Duomo Vecchio e la paleocristiana basilica di San Pietro de Dom. L'unica testimonianza di questa ampia opera di ristrutturazione giunta fino ai giorni nostri è il Mastio, destinato a residenza del capitano della guarnigione con ambienti decorati con fasce policrome e motivi geometrici e floreali, solo in parte conservati. Nella stessa epoca, il mastio fu inoltre circondato da un sistema difensivo costituito da sei torri, passaggi coperti e forse ponti levatoi. Viene tracciata la strada del Soccorso, poi ampliata nel Cinquecento, via di fuga verso nord, spesso usata dagli avversari nei secoli successivi (vedi dopo). Nel 1426 Brescia passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia, che si preoccupò immediatamente di ristrutturare le fortificazioni cittadine duramente colpite durante la guerra contro i milanesi, sfociando nel 1466 in una completa revisione delle mura cittadine che furono abbassate e circondate con terrapieni e fossati. Il castello fu interessato solo marginalmente da queste modifiche e le uniche opere di sistemazione riguardarono le torri che vennero modificate passando da una pianta quadrata a una circolare: di queste è sopravvissuta solo una torre del perimetro settentrionale. Nel 1509 l'esercito francese sconfisse quello veneziano e si impossessò di Brescia e del suo castello. Durante il periodo di dominio d'oltralpe, vennero intrapresi nuovi lavori di ampliamento e rinforzo delle mura che però non furono mai completati; ne fece però le spese il monastero di San Martino che fu demolito per fare posto alle mura che sarebbero dovute sorgere al suo posto. Fu proprio in questo periodo che Brescia attraverso il suo periodo più buio, contesa tra i padroni francesi e i veneziani che cercavano di riconquistarla. La repubblica marinara riprese la città nel 1512, al prezzo di molti morti ed enormi sacrifici, con apice della tragedia il 19 febbraio, quando si ebbe il sacco della città da parte di soldati di quasi ogni parte politica, dai francesi (che utilizzarono la Strada del Soccorso per entrare nella fortezza) ai guasconi, dai tedeschi agli svizzeri, anche cremonesi e mantovani. Nella seconda metà del Cinquecento, con il ritorno dei veneziani e la stabilizzazione del governo, si procedette a ulteriori miglioramenti per colmare i difetti emersi durante la guerra, come l'ampliamento della Strada del Soccorso prima citato. Dopo accese discussioni sulla possibilità di creare una nuova cinta verso la fronte rivolta verso la città, anche a seguito delle tensioni con la Spagna che governava il ducato di Milano, nel 1588 fu approvato il progetto per realizzare le mura bastionata: vennero dunque realizzati i baluardi di san Pietro, san Marco, san Faustino e della Pusterla. La fortezza venne anche dotata di edifici per il deposito delle vettovaglie, (il Piccolo e il Grande Miglio), di forni, caserme, edifici religiosi, cisterne e polveriere. Per via dello spostamento della linea di conflitto con Milano sull'Adda e la conseguente concentrazione degli sforzi difensivi su Bergamo, termina in questo periodo la funzione strategica del castello, che la storia non vorrà mai più coinvolto in alcuna attività bellica, dando inizio a una lenta decadenza della struttura. Successivamente venne potenziato solamente il sistema di difesa con molte postazioni di fuoco, ma per un lungo tempo il castello non ricevette ammodernamenti di rilevante importanza. Sotto il nuovo dominio francese il castello non subì migliorie e fu utilizzato come prigione e caserma: stessa sorte gli sarebbe toccata poco dopo sotto il dominio austriaco. Nonostante ciò, il Cidneo era ancora un ottimo punto di difesa e di attacco. Nel 1849 durante la rivolta cittadina delle Dieci giornate di Brescia la popolazione bresciana insorse contro la guarnigione austriaca a seguito del rifiuto del pagamento per il mancato sostegno all'Imperial Regio governo durante la prima guerra di indipendenza (a differenza di altre città, a Brescia non si ebbero precedenti sollevazioni plateali, piccoli disordini e richieste di guardie civiche, assembramenti e formazioni di gruppi di filo-indipendentisti guidati dallo Zanardelli ma nessuna rivolta e l'allontanamento delle truppe dalla città avvenne in maniera pacifica, ecco perché i bresciani non intendevano pagare). Parte della durata della sollevazione si deve al fatto che la guida mazziniana non riteneva vera la voce giunta dalla campagna che a Novara i piemontesi avessero perso spingendo i circa mille cittadini combattenti attivi a proseguire nella resistenza. I soldati si asserragliarono nella fortezza e bombardarono la città nell'attesa dei rinforzi in arrivo da Mantova. Dopo dieci giorni di combattimento la città fu riconquistata dalle truppe austro-ungariche, grazie all'appoggio portato dal generale Julius Jacob von Haynau, che penetrò nella fortezza servendosi della Via del Soccorso. Dopo la seconda guerra d'indipendenza italiana, nel 1859, il castello bresciano tornò a essere utilizzato come semplice carcere militare. Poco tempo dopo il comune acquistò il colle e fu dato il via all'opera di restauro, che portò lentamente allo snaturamento militare della fortezza rendendola molto più simile al luogo che è oggi, ossia centro di svago e sede di eventi pubblici di Brescia. Nel 1904, per iniziativa di Dominatore Mainetti, presidente della Camera di Commercio di Brescia, e di Federico Bettoni Cazzago, sindaco della città, fu organizzata al suo interno l'Esposizione Industriale Bresciana, evento economico di altissimo rilievo, inaugurata personalmente dal Re Vittorio Emanuele III. Per l'occasione si organizzarono importanti spettacoli folcloristici e diverse gare sportive e vennero realizzati alcuni padiglioni provvisori per ospitare l'esposizione. Il castello fu bardato con un interessante rivestimento provvisorio in stile Liberty, sotto la direzione dell'ingegnere Egidio Dabbeni, e fu collegato a corso Zanardelli tramite una tramvia elettrica. Nell'agosto 1909 fu sede di un'altra esposizione, dedicata all'energia elettrica, e organizzata dall'ASM Brescia che poche settimane prima aveva ottenuto l'affidamento della produzione e della distribuzione della corrente in città. Dopo quest'ultima esposizione, il castello fu recuperato come area pubblica per iniziativa della Giunta del sindaco Girolamo Orefici. Divenne sede del Museo del Risorgimento locale, ospitato nelle sale del Grande Miglio, e del Museo di scienze naturali al quale fu presto annesso il giardino zoologico. L'area al di fuori dei bastioni divenne un parco urbano. Oggi il castello ospita il Museo del Risorgimento, il Museo delle armi Luigi Marzoli, contenente armature e armi del periodo medievale, la Specola Cidnea e due ampi plastici ferroviari. È possibile visitare gli ambienti interni e nascosti della fortezza grazie a visite guidate dalla Associazione speleologica bresciana, che per anni ha condotto esplorazioni di passaggi e condotti, riportando alla luce percorsi ormai dimenticati. Per chiunque giunga a Brescia, da qualsiasi direzione, è l'imponente massa pietrosa del Castello a segnare il profilo panoramico della città. Il complesso di fortificazioni, occupando un'area di circa 300x250 metri, è uno dei più grandi d'Italia, e ricopre completamente il colle Cidneo. Non avendo mai avuto specifica funzione come castello feudale, né tanto meno residenza signorile, si nota subito come la rocca, ben inserita nel contesto cittadino, sia più ricca di edifici di culto e di carattere militare piuttosto che di strutture residenziali e direzionali nel senso stretto del termine. Al castello si accede tramite un imponente portale monumentale cinquecentesco, attribuito a Giulio Savorgnan e realizzato su ispirazione delle forme di architettura militare di Michele Sanmicheli, ornato da un grande Leone di San Marco e dagli stemmi dei rettori veneti. Ai lati si possono ammirare i bastioni di San Faustino (a sinistra) e di San Marco (a destra). Varcato l'ingresso, seguendo il percorso a destra si raggiunge il bastione di San Pietro, incontrando anche un pozzo cinquecentesco al quale sono stati apposti, nel 1890, due leoni in pietra dello scultore Domenico Ghidoni. Seguendo il percorso di sinistra, invece, si nota prima il campanile dell'ex-santuario di Santo Stefano Nuovo, quindi si costeggia la palazzina Haynau, così chiamata poiché da qui, nel 1849, il maresciallo asburgico Julius Jacob von Haynau diresse le operazioni militari contro l'insurrezione bresciana. Sul vasto piazzale sopra il bastione di San Faustino è posta una caratteristica locomotiva a vapore, uno dei simboli del Castello, che all'inizio del Novecento svolgeva il tragitto Brescia-Edolo. Sulla destra, presso la lunga palazzina degli ufficiali, si ha l'imboccatura della strada del Soccorso. Oltre si incontrano gli edifici del Piccolo Miglio, oggi sede espositiva, e del Grande Miglio, dove è ospitato il Museo del Risorgimento. È qui anche l'ingresso al passaggio coperto che porta alla quattrocentesca torre Coltrina. Salita la rampa si giunge alla cinta trecentesca con ingresso dotato di doppio ponte levatoio: sulla destra si eleva la torre dei Prigionieri. Procedendo a sinistra si costeggia il mastio, dentro la cui parete si possono ancora oggi notare tracce di merlatura ghibellina. Si giunge infine ai giardini settentrionali, con a sinistra la sommità della torre Coltrina, al centro la fossa dei Martiri (dove nel 1945 furono fucilati alcuni esponenti della Resistenza) e, a destra, la torre dei Francesi. Dal ponte levatoio trecentesco, altrimenti, si può raggiungere la sommità della rocca con il piazzale della Torre Mirabella, dove si ha anche l'accesso al mastio che ospita il Museo delle Armi Luigi Marzoli. All'interno, inoltre, sono visibili i resti delle fondamenta del tempio romano. Lucrezio Gravisi Francesco De Leonardis (a cura di), Guida di Brescia, La storia, l'arte, il volto della città, Brescia, Grafo, 2018, ISBN 9788873859918. Irene Giustina (a cura di), Il Castello di Brescia. Il Falcone d'Italia. Percorsi didattici e scientifici per la conoscenza e la valorizzazione del Castello di Brescia e del colle Cidneo, Roccafranca, Massetti Rodella, 2012, ISBN 978-88-8486-510-6, OCLC 859945729, SBN IT\ICCU\VEA\1083092. AA. VV., Il colle armato. Storia del Castello di Brescia, a cura di Ida Gianfranceschi, atti dell'VIII seminario sulla didattica dei Beni Culturali (Brescia 1986), Squassina, Brescia 1988 Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Angelo Contino, Castelli in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1982. Antonio Fappani (a cura di), Castello di Brescia, in Enciclopedia bresciana, vol. 2, Brescia, La Voce del Popolo, 1974, OCLC 163181903, SBN IT\ICCU\MIL\0272986. Chiesa di Santo Stefano in Arce Museo del Risorgimento (Brescia) Museo delle armi Luigi Marzoli Colle Cidneo Chiesa di San Pietro in Oliveto Sacco di Brescia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul castello di Brescia Sito dell'Associazione speleologica bresciana per le visite al castello, su speleoasb.it. URL consultato il 29 marzo 2014 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2015). Il Castello di Brescia e la Leonessa d'Italia Archiviato il 1º agosto 2016 in Internet Archive., recyourtrip.com Castello di Brescia, Brescia (BS), su lombardiabeniculturali.it.

Via San Faustino
Via San Faustino

Via San Faustino è una via di Brescia, che attraversa in senso nord-sud la zona centro-nord del contro storico cittadino, delimitando a est il quartiere Carmine. È la principale arteria viaria di quest'area del centro storico e, con un sinuoso percorso di più di 500 metri, collega piazza della Loggia a piazzale Cesare Battisti, nella primissima periferia all'esterno del tracciato della scomparsa cinta muraria. La via costituì uno dei luoghi commercialmente più animati di Brescia già dall'antichità. Le origini del percorso viario sono da far risalire alla tarda antichità o almeno all'epoca longobarda: sul suo tracciato passò la processione dell'816 che traslava le reliquie dei santi Faustino e Giovita dalla basilica di San Faustino ad Sanguinem alla chiesa di Santa Maria in Silva, nucleo originale paleocristiano della chiesa dei Santi Faustino e Giovita, dalla quale la strada prenderà poi il nome. Agli stessi frati del monastero di San Faustino si deve, nel 1496, la definitiva conformazione del tracciato, il cui andamento sinusoidale seguiva il percorso del torrente Garza. Immersa nel quartiere popolare medievale, sulla via solcata dal corso d'acqua si insediarono diverse attività commerciali, che definirono anche il carattere architettonico del luogo: case alte e strette, dalle facciate variopinte, ma di scarso pregio, che si susseguono quasi senza interruzione, destinate ad ospitare un tempo gli artigiani e le loro botteghe. La zona più settentrionale di via San Faustino già anticamente presentava un assetto abbastanza simile all'attuale, sebbene ricca di aree boschive, come testimonia il titolo della già citata chiesa di Santa Maria in Silva. La strada, quindi, terminava idealmente all'incrocio tra via Elia Capriolo e rua Confettora, frantumandosi poi in una serie di stretti e tortuosi vicoli tra i caseggiati addossati alle sponde del Garza. Il passaggio principale, per questo tratto, diventava rua Sovera, la piccola via parallela, sul lato occidentale. La situazione rimane invariata fino al 1810, quando vengono trasferiti lungo la via i mercati delle biade e della legna, anticamente esercitati in piazza della Loggia. La nuova collocazione si riteneva idonea a facilitare gli scambi ed i collegamenti con le valli da cui proveniva la materia prima, ma la mancanza di strutture adatte al mercato e i problemi di carattere igienico indussero nel 1823 a trasferire l'attività commerciale altrove. Il tratto meridionale della via viene aperto, a partire dal 1864, con la demolizione di alcune case nei pressi dell'incrocio con via Capriolo, creando finalmente un percorso unico e diretto. Sempre a partire dall'Ottocento si ha la progressiva copertura del Garza, fino ad allora a cielo aperto al centro della via, per migliorare le condizioni igieniche e adeguare la via alle nuove esigenze viabilistiche. Nella prima metà del Novecento si collocano gli ultimi interventi a modifica dell'assetto della via: nel 1927, per permettere l'installazione della linea tranviaria, viene demolita l'isola abitativa collocata a sud della chiesa di San Faustino Maggiore, davanti alla chiesa di San Giacomo, creando l'ampio slargo ancora presente. Altri interventi demolitori si hanno nei primi anni '30, nell'ambito di revisione urbanistica del centro storico in parallelo al cantiere appena concluso di piazza della Vittoria: in questa occasione viene demolito il primo tratto della spina di abitazione interposta tra via San Faustino e rua Sovera, così come i caseggiati a nord del Palazzo della Loggia. I progetti relativi all'area, così come l'intervento urbanistico, rimarranno però incompiuti e il nuovo slargo non sarà mai più rioccupato, prendendo il nome di largo Formentone o, secondo il nome popolare, piazza Rovetta. Tra la fine del Novecento e i primi anni del XXI secolo la via è stata oggetto di un programma di riqualificazione urbanistica, con restauro degli edifici lungo i margini e rinnovo dell'arredo urbano. All'estremità nord della via si apre la fermata San Faustino della metropolitana di Brescia. Marina Braga, Roberta Simonetto (a cura di), Il quartiere Carmine, collana Brescia Città Museo, Brescia, Sant'Eustacchio, 2004. Rossana Prestini, La chiesa e il monastero benedettino di San Faustino Maggiore in Brescia, collana Regesto in AA. VV., Brescia, Editrice La Scuola, 1999. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su via San Faustino