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Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce

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Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce 01
Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce 01

La chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce è luogo di culto cattolico situato nel quartiere della Foce, tra via Nizza e il sottostante lungomare corso Italia, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Albaro dell'arcidiocesi di Genova. Secondo le fonti storiche una primitiva cappella - dedicata all'apostolo Pietro - fu segnalata tra il XIV e XV secolo; tale cappella fu dichiarata dagli stessi pescatori dell'allora borgo di Foce, nel XVII secolo, oramai "indecente e inadatta al culto" così come attesta una supplica allo stesso arcivescovo genovese. Vicino alla vecchia cappella i pescatori edificarono ben presto una nuova struttura che poté essere completata grazie alla vendita del terreno e della antica cappella, con esplicito consenso della curia genovese il 22 luglio del 1604, che fruttò una somma di 560 lire. A seguito di una furiosa mareggiata, che flagellò la costa nella notte di Natale del 1821, la seicentesca cappella di San Pietro fu completamente distrutta. L'antico complesso religioso di San Bernardo - costituito oltre alla chiesa anche dall'annesso convento dei Frati Fogliensi - sorse lungo il lido della Foce all'inizio del XVII secolo, secondo alcune fonti nel 1615, su progetto dell'architetto Francesco de Novi. A causa delle nuove regole sugli ordini monastici nel 1797, durante le fasi iniziali della dominazione napoleonica, i frati furono allontanati dal complesso con l'immediata chiusura della chiesa fino al 1811. L'antico edificio fu infine interessato dai due bombardamenti aerei del 7 novembre e 19 maggio 1944 che rasero al suolo la chiesa e l'area circostante. Con il progetto dell'architetto Lorenzo Castello si diede il 20 agosto del 1952 l'avvio per l'edificazione di una nuova struttura con la posa della prima pietra, da parte dell'arcivescovo di Genova, il 29 giugno del 1954. I lavori di costruzione terminarono nel 1958 con l'apertura al culto religioso il 28 giugno e con la consacrazione il 27 ottobre del 1973. La festa patronale è il 29 giugno, festa di san Pietro e Paolo, ogni anno la domenica precedente alla festa si tengono le tradizionali bancarelle, e i fuochi d'artificio. Nel 2012 i beni culturali donano alla parrocchia diversi quadri di pittori di fama nazionale. Dal 1992 al 1996 è stato viceparroco monsignor Nicolò Anselmi. Nella chiesa è sepolto monsignor Giacomo Massa - parroco dal 1951 al 1967 - cui la scalinata che collega corso Italia (via Fogliensi) alla chiesa è dedicata. Genova Foce (Genova) Arcidiocesi di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce Sito ufficiale, su pietrobernardo.wordpress.com. Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

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Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce
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Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce

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Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce 01
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Luoghi vicini

Fatti della scuola Diaz
Fatti della scuola Diaz

I fatti della scuola Diaz sono avvenuti al termine delle tre giornate del vertice G8 di Genova 2001, nel quartiere di Albaro, a Genova. Nella notte del 21 luglio 2001, nel complesso scolastico Diaz-Pertini e Pascoli, in quell'occasione adibito a centro stampa del coordinamento del Genoa Social Forum, rappresentato da Vittorio Agnoletto, facevano irruzione i Reparti mobili della Polizia di Stato con il supporto operativo di alcuni battaglioni dei Carabinieri. Furono fermati 93 attivisti e di questi, 63 furono poi portati in ospedale, tre dei quali in prognosi riservata e uno in coma. Il primo giornalista a entrare nella scuola Diaz fu Gianfranco Botta e le sue immagini fecero il giro del mondo: le immagini testimoniavano quello che fu definito lo scenario di un pestaggio da "macelleria messicana" dal vicequestore Michelangelo Fournier. Finirono sotto accusa 125 poliziotti, compresi dirigenti e capisquadra. Tra i 93 giornalisti e attivisti, ospiti all'interno della scuola per passare la notte, dopo l'irruzione della polizia, 82 furono feriti e 63 finirono in ospedale, da qui parte di loro fu nella notte prelevata dalla polizia e portata nella caserma del reparto mobile di Genova Bolzaneto, i restanti 19 seppur feriti, vi furono portati direttamente dalla scuola. All'operazione di polizia ha preso parte un numero tutt'oggi imprecisato di agenti: la Corte di Appello di Genova, pur richiamando questo fatto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, basandosi sulle informazioni fornite durante il processo dal questore Vincenzo Canterini, lo stima in circa "346 Poliziotti, oltre a 149 Carabinieri incaricati della cinturazione degli edifici". I procedimenti penali aperti in merito alle responsabilità delle violenze, alle irregolarità e ai falsi dichiarati nelle ricostruzioni ufficiali sui fatti avvenuti alla Diaz e a Bolzaneto, si sono svolti nei successivi tredici anni, concludendosi nella maggior parte dei casi con assoluzioni, dovute all'impossibilità di individuare i diretti responsabili delle stesse o per l'intervenuta prescrizione dei reati. Nell'aprile del 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo, ha condannato lo Stato italiano al pagamento di un risarcimento di 45.000 euro nei confronti di Arnaldo Cestaro, uno dei feriti che aveva fatto ricorso alla Corte europea, evidenziando così come durante l'operazione fossero avvenuti eventi contrari agli articoli 3, 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativi alla tortura, alle vessazioni e condizioni degradanti e inumane. Il codice penale italiano, non prevedendo il reato di tortura, non ha permesso attribuzione di capi d'imputazione commisurati alle violenze verificatesi in quei giorni. Il 22 giugno 2017 la stessa Corte ha nuovamente condannato l'Italia per i fatti della scuola Diaz, riconoscendo che le leggi dello Stato risultano inadeguate a punire e a prevenire gli atti di torture dalle forze dell’ordine.

Batteria del Vagno
Batteria del Vagno

La Batteria del Vagno si trova lungo l'attuale Corso Italia, nelle vicinanze dell'incrocio con via Piave, dove ancora oggi ci sono i resti di questa batteria costiera settecentesca a difesa della costa della città di Genova. Nel 1745 vicino all'attuale Chiesa di San Pietro, fu progettata la costruzione di una batteria a rinforzo del tratto di costa di levante, a protezione di eventuali sbarchi. I lavori terminarono nel febbraio dell'anno successivo, dopo alcuni problemi in fase d'opera, sfruttando come base per costruire un piccolo pianoro tra due scogli sul mare. Nel 1771 nella batteria furono collocati otto cannoni di bronzo protetti da una bassa muratura , a lato dei quali vi era un piccolo alloggio per l'acquartieramento della guarnigione. Il "battesimo del fuoco" della Batteria del Vagno si ebbe nel 1796 quando furono sparati alcuni colpi verso alcune navi inglesi che tentarono di avvicinarsi alla spiaggia, ma il lavoro difensivo congiunto con la Batteria di Sopranis fece desistere gli inglesi da qualunque tentativo di offesa. I primi lavori di ampliamento ci furono nel 1804 durante il dominio francese, fu rafforzata la muratura che proteggeva le artiglierie, e fu aggiunto un corpo pentagonale nel fianco di ponente della struttura, a livello inferiore. Altri lavori di rafforzamento si registrano durante il dominio Sabaudo, che affidò al Genio Sardo, i lavori, che interessarono l'ispessimento del parapetto, la costruzione di una riservetta allineata con la batteria, e tutti i locali di servizio. Ma la cronica mancanza di spazio di una costruzione ricavata a picco sul mare, generò la necessità di dislocare i locali di servizio lungo la strada d'accesso, tra cui i locali del munizionamento, che per trasportare i proietti, utilizzava un ingegnoso meccanismo di montacarichi, azionati a manovella, che trasportavano i proiettili tramite un cestello metallico guidato da binari laterali, che conducevano alla linea di fuoco. Nel 1871 si decise di ampliare in modo deciso le dimensioni della batteria, fino a renderla un vero e proprio Forte a strapiombo sugli scogli, progetto che però non venne eseguito a favore di un piccolo riammodernamento nel 1888; che portò anche ad un ammodernamento dell'armamento tre anni dopo. Furono collocati 4 cannoni da 24 GRC Ret, e due cannoni da 15 ARC Ret , situati un po' più in basso dell'antica linea di fuoco. Durante i primi anni del Novecento si pensò anche di demolire la Batteria, e spostarla in un altro sito, per far posto alla costruzione di corso Italia, ma con il "no" del Ministero della Guerra il sito rimase al suo posto e fu deviato l'andamento della strada. Separando in qualche modo la struttura, isolandola sul mare. Negli anni venti la batteria perse di importanza strategica, ora il nemico non sarebbe potuto arrivare dal mare, e la Batteria del Vagno fu sgombrata e limitata a incarichi di importanza marginale, fino al 1931 quando fu decisa la costruzione di faro marittimo, diretto dall'Istituto Idrografico della Regia Marina, tuttora attivo. Nel frattempo, i nuovi scenari diplomatici, considerarono l'installazione di una postazione contraerea e antinave con quattro pezzi da 88/56, e l'edificazione di due palazzine a sostegno. Nonostante alcune mutilazioni dovute all'urbanizzazione recente del luogo, la struttura esterna rimane visitabile, si può vedere l'antico piazzale settecentesco, ed i parapetti dei pezzi con il terrapieno. I locali sono però in concessione all'Istituto Idrografico della Marina che utilizza i locali come alloggi, e quindi non visitabili. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Forti di Genova Batteria (militare) Corso Italia (Genova) Informazioni sulle batterie costiere genovesi, su fortidigenova.com. URL consultato il 12 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2009).

Foce (Genova)
Foce (Genova)

Foce (Foxe /ˈfuːʒe/ in ligure) è un quartiere residenziale in stile umbertino, liberty e razionalista di 15 693 abitanti del comune di Genova, compreso nel Municipio VIII Medio Levante. Si affaccia sul mare a levante del porto, estendendosi nella piana del Bisagno tra le pendici occidentali della collina di Albaro e la riva sinistra del torrente, interamente coperto nel tratto che attraversa il quartiere. Piccolo comune autonomo dal 1798 fino al 1873 (quando insieme con altri cinque comuni della bassa val Bisagno fu inglobato nel comune di Genova), tra i quartieri di Genova è quello che nell'ultimo secolo ha maggiormente mutato la sua fisionomia: con l'espansione urbanistica del primo Novecento il piccolo borgo di pescatori si è trasformato in un quartiere residenziale semi-centrale della città. L'ex circoscrizione della Foce comprende le unità urbanistiche Foce e Brignole, che insieme hanno una popolazione di 15.722 abitanti, di cui 5390 nell'area storica della Foce e 10.332 nell'area di Brignole (dato aggiornato al 31 dicembre 2016). Il quartiere, che comprende un'area pianeggiante alla foce del torrente Bisagno, confina a levante con Albaro, a nord con San Fruttuoso, a ponente con San Vincenzo e Carignano, mentre a sud è delimitato da un breve tratto di litorale, appena fuori dall'area portuale. Le mura delle Cappuccine, affacciate sul tratto finale del Bisagno, separano "la Foce" da Carignano, mentre l'asse viario formato da via Brigata Liguria e via Fiume delimita il quartiere verso San Vincenzo, a nord via Tolemaide e corso Gastaldi la separano da San Fruttuoso, a est via Pozzo e via Nizza ne segnano il confine con Albaro. Nella suddivisione amministrativa cittadina successiva all'annessione a Genova, all'originario territorio comunale furono aggregate la zona di Borgo Pila (già frazione del comune di San Francesco d’Albaro) e l'area già occupata dalle mura chiamate Fronti Basse (demolite negli anni Ottanta dell’Ottocento), che comprende la stazione Brignole, piazza Verdi e piazza della Vittoria. Il centro del quartiere moderno (piazza Rossetti, piazzale Kennedy e quartiere fieristico) è raggiungibile dalla stazione ferroviaria di Brignole, da cui dista circa un chilometro e mezzo lungo i viali intitolati alla Brigata Bisagno di Aldo Gastaldi e alle Brigate Partigiane, con autobus della linea 31 della rete urbana AMT. I principali assi di attraversamento sono in direzione ovest-est e procedendo da nord a sud corso Gastaldi - via Tolemaide (che collegano San Martino con la zona di Brignole-Portoria), corso Buenos Aires, via Barabino (che collegano Albaro con Brignole-Portoria), via Cecchi e corso Marconi. In direzione nord-sud il quartiere è attraversato da corso Torino e via Casaregis. Corso Torino può essere considerato la "main street" del quartiere. Dalla Foce ha inizio la strada sopraelevata che, costeggiando il porto antico e lambendo il centro storico, congiunge i quartieri di Levante della città al quartiere occidentale di Sampierdarena. La Foce ospita il quartiere fieristico (edificato sul mare alla fine degli anni cinquanta dopo che furono sbancate le scogliere della Cava e della Strega), gli uffici dello stato civile del comune di Genova, la sede dell'Agenzia del territorio (comunemente chiamata catasto), la Questura e numerosi eleganti condomini, in particolare nella zona di piazza Rossetti e corso Marconi, proprio all'inizio di quella che viene considerata per antonomasia la promenade dei genovesi, l'elegante corso Italia. Il toponimo "Foce", generalmente riferito alla sua posizione allo sbocco del torrente Bisagno, deriverebbe invece dal fatto che il sito, in epoche remote, era stato uno dei punti di approdo di mercanti Focesi. La Foce era un antichissimo borgo sorto sulle pendici rocciose del promontorio che delimitava a ponente la collina di Albaro, abitato da pescatori e contadini che per secoli hanno rifornito con i loro prodotti i mercati di Genova. L'abitato si estese successivamente anche alla base della collina, nella piana sulla sponda orientale del Bisagno, conservando tuttavia le caratteristiche di un piccolo borgo di pescatori. Così descrive il borgo il Giustiniani, vescovo e storico, nei suoi “Annali” (1537) Nel XV secolo nella piana sulla sponda sinistra del Bisagno fu edificato un lazzaretto per l'isolamento e il ricovero dei malati contagiosi e dei passeggeri delle navi giunti in porto e soggetti a quarantena, soprattutto in occasione di epidemie di peste. L'imponente edificio, ampliato all'inizio del XVI secolo per iniziativa di Ettore Vernazza e con il contributo del doge Ottaviano Fregoso, più volte modificato, svolse la sua funzione fino alla metà dell'Ottocento. Durante l'epidemia di peste che colpì Genova negli anni 1656-1657, il frate cappuccino sestrese padre Antero Maria Micone scrisse nel suo libro Li lazzaretti della città e riviere di Genova del 1657 del contagio e del lazzaretto, immortalato anche sulla tela dal pittore Domenico Fiasella. Nel Settecento fu ospitato nel lazzaretto anche il filosofo francese Jean-Jacques Rousseau che accennò alla sua drammatica esperienza in un brano de Le confessioni. Con gli sviluppi della medicina, a metà dell'Ottocento le funzioni del lazzaretto furono trasferite al nuovo ospedale di Pammatone; l'edificio fu demolito, consentendo l'ampliamento del cantiere navale già da tempo esistente sulla spiaggia della Foce. Da secoli sulla spiaggia della Foce venivano costruite navi, in piccoli cantieri artigiani. Il cantiere della Foce ebbe un notevole impulso all'inizio dell'Ottocento, nel periodo della Repubblica Ligure napoleonica. Le prime navi varate in quel cantiere furono la fregata L'Incorruptible e il brick Le Cyclope (16 novembre 1804), a cui seguì la fregata La Pomone, varata nel marzo 1805. Ma fu solo dopo l'annessione della Liguria al regno sabaudo che ebbe inizio una vera e propria fase di sviluppo. Il Regno di Sardegna, dopo aver acquisito questo importante sbocco al mare (in precedenza disponeva solo del piccolo porto di Villefranche, nella contea di Nizza) stabilì a Genova la sede della propria flotta e il cantiere della Foce fu destinato alla costruzione delle nuove navi militari. Il cantiere, ampliato su parte dell'area del soppresso lazzaretto, si estendeva su circa 70000 m² sulla sponda sinistra alla foce del Bisagno; di proprietà municipale, fu dato in gestione prima ai fratelli Westermann, poi ai fratelli Orlando, siciliani trapiantati a Genova. Durante la loro gestione, nel 1862, fu impostato l'avviso a elica Vedetta, primo piroscafo militare con scafo in ferro costruito in Italia, varato nel 1866. Nel 1865 alla famiglia Orlando nella gestione del cantiere subentrò l'imprenditore Enrico Cravero, che lo tenne fino al 1890 e successivamente la società Nicolò Odero & C., già proprietaria del cantiere di Sestri Ponente. Durante la gestione Odero furono costruite grandi navi civili e militari, tra le quali il transatlantico Re Vittorio (1907) e la corazzata Leonardo da Vinci (1911). Il cantiere cessò l'attività nel 1930, l'ultima unità costruita fu l'incrociatore Almirante Brown, commissionato dalla marina argentina, varato il 28 settembre 1929. Il posto dei cantieri venne occupato, per un breve periodo, dal Villaggio Balneare, sede di numerosi eventi fieristici, prima di lasciare spazio all'espansione urbanistica della città. Una targa in marmo oggi affissa sulla facciata della "Casa dei Pescatori" rivendica al quartiere della Foce di essere stato uno dei luoghi di partenza di una parte dei volontari garibaldini che parteciparono alla Spedizione dei Mille. Il fatto è così documentato dallo storico emiliano Francesco Bertolini (1836-1909): Maggiori dettagli su questi avvenimenti sono riportati dallo storico genovese Federico Donaver nel testo "Garibaldi e la Spedizione dei Mille" e dallo storico veronese Osvaldo Perini nel volume "La spedizione dei Mille, storia documentata della liberazione della Bassa Italia". Sino al 1873, la Foce costituiva un comune a sé. La descrizione che ne fa il Casalis nella prima metà dell'Ottocento non è molto dissimile da quella del Giustiniani di tre secoli addietro: Il quadro descritto dal Casalis era destinato a mutare rapidamente nei decenni successivi. Nel 1873, con un Regio Decreto, il Comune di Genova si espandeva oltre il confine del Bisagno, inglobando, oltre alla Foce, i comuni di San Francesco d'Albaro, San Martino, Staglieno, Marassi e San Fruttuoso, e dando avvio ad un'espansione urbanistica che avrebbe radicalmente cambiato il volto di quei quartieri. Dopo che il comune era stato aggregato a quello di Genova la piana retrostante il vecchio borgo e i cantieri venne urbanizzata, realizzando un quartiere residenziale signorile, con struttura viaria a scacchiera, formata da lunghe strade ortogonali (corso Torino, via Giuseppe Casaregis, corso Buenos Aires e via Carlo Barabino). A partire dal 1929 furono avviati i lavori per la copertura del tratto finale del Bisagno, con la conseguente eliminazione dei due ponti sul Bisagno: il Ponte Pila (naturale collegamento tra corso Buenos Aires e via XX Settembre) e Ponte Bezzecca, prolungamento di via Barabino. Sulla copertura del Bisagno fu aperta l'importante arteria viaria che collega la Foce con la zona di Brignole, oggi intitolata alla Brigata Bisagno e alle Brigate partigiane. Negli anni trenta del Novecento, dopo la chiusura del cantiere, sull'area di questo furono create nuove vie e piazze, dove si tennero manifestazioni fieristiche e spettacoli teatrali. Nel 1936 sulla sponda destra del Bisagno, ormai coperto, fu costruita la Casa dei Pescatori, complesso edilizio destinato ad ospitare la popolazione dell'antico borgo posto sotto la chiesa di San Pietro, demolito per far posto ai moderni insediamenti residenziali e alle nuove strade. Il poco di antico sopravvissuto all'espansione edilizia degli anni Trenta andò definitivamente perduto a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, che distrussero anche la chiesa di San Pietro. Nel luglio del 2001 l'area dei giardini intitolati a Gilberto Govi è stata sede dei lavori del Genoa Social Forum durante la riunione a Genova dei G8. La zona è stata scenario dei gravi scontri fra dimostranti e forze dell'ordine (vedi Fatti del G8 di Genova) che hanno causato pesanti danni a strutture pubbliche e private. Dall'anno 2004 il quartiere è interessato - lungo viale Brigate Partigiane - da profondi lavori edili per la messa in sicurezza dello sbocco del torrente Bisagno ed il rifacimento delle rampe di accesso ed uscita della predetta strada sopraelevata. Nella circoscrizione della Foce si trovano quattro chiese cattoliche parrocchiali, tutte di antica origine, ma per ragioni storiche diverse tutte ricostruite ex novo tra il XIX e il XX secolo. Due di queste, la chiesa di Nostra Signora del Rimedio e quella di Santa Maria dei Servi, riprendono il titolo parrocchiale di antiche chiese un tempo ubicate in altre zone della città e demolite per ragioni urbanistiche o eventi bellici. Chiesa dei Santi Pietro e Bernardo alla Foce. In origine, sulla spiaggia presso il borgo della Foce esisteva solo una piccola cappella intitolata a san Pietro, che dipendeva, come ricordato dal Giustiniani, dalla chiesa dei Santi Nazario e Celso. Questa chiesa, oggi non più esistente, si trovava sulla scogliera nei pressi di punta Vagno e, già in rovina, quando da tempo il suo titolo parrocchiale era stato trasferito a San Francesco d'Albaro, fu demolita all'inizio del Novecento in seguito all'apertura di corso Italia. Anche la cappella di San Pietro, ricostruita una prima volta dai pescatori della Foce, fu distrutta da una violenta mareggiata nel 1821. Poiché sulla scogliera sovrastante la spiaggia esisteva dal 1615 la chiesa di San Bernardo, che faceva parte del convento dei frati Foglianti (detti anche Fogliensi ed ancora oggi ricordati dal toponimo assegnato alla salita che dal borgo - oggi da corso Italia - sale alla chiesa), questa fu intitolata anche a san Pietro e divenne la parrocchiale del borgo. La chiesa, costruita nel periodo barocco, conservava opere di importanti pittori genovesi del Seicento genovese, quali Giovanni Battista Carlone, Domenico Piola e Giovanni Andrea De Ferrari e sculture lignee della scuola del Maragliano. La chiesa fu gravemente danneggiata dai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale e completamente ricostruita a partire dal 1952. Chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita. Era la chiesa del Borgo Pila, abitato dai mercanti di seta lucchesi stabilitisi a Genova nel XII secolo, che costruirono una cappella inizialmente intitolata al Volto Santo (antica immagine di Cristo crocifisso conservata nel duomo di Lucca) e che vollero in seguito dedicare alla santa loro concittadina. La chiesa fu più volte danneggiata dagli straripamenti del Bisagno e più volte ricostruita. L'attuale costruzione risale all'inizio del XX secolo. Chiesa di Nostra Signora del Rimedio. Si trova in piazza Alimonda, teatro di tragici scontri durante il G8 del 2001. L'originaria chiesa si trovava nella via Giulia (oggi via XX Settembre) e fu eretta in seguito ad un lascito testamentario del marchese Giovanni Tommaso Invrea. La chiesa, costruita tra il 1651 e il 1673 e restaurata nel 1794 da Antonio Barabino (padre del più noto architetto Carlo Barabino), fu consacrata dal cardinale Giuseppe Maria Spina nel 1808. Per consentire l'ampliamento della già via Giulia, la chiesa fu demolita nel 1898 stabilendo la costruzione di una nuova chiesa sotto lo stesso titolo nel sito dove si trova oggi. La nuova chiesa fu costruita tra il 1900 e il 1904, su progetto di Natale Gallino e G.B. Odero ed eretta in parrocchia nel 1911 ma praticamente senza una giurisdizione territoriale, che le sarebbe stata attribuita, con decreto del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, solo nel 1936. Nel 1955 fu consacrata dal cardinale Giuseppe Siri. Chiesa di Santa Maria dei Servi. Si trova nel cuore del nuovo quartiere, immediatamente a monte di piazza Raffaele Rossetti. L'originaria chiesa, officiata dai religiosi Servi di Maria, sorgeva fin dal XIV secolo nell'antico quartiere di Via Madre di Dio. Distrutta dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale, i religiosi si trasferirono in una sede provvisoria in piazza Rossetti, dove nel 1961 fu ufficialmente trasferita anche la sede parrocchiale. Nel 1965, su progetto degli architetti Leonardo Bucci e Raffaello Trinci, fu costruita la nuova chiesa, consacrata dal cardinale Giuseppe Siri il 6 maggio 1972. Area architettura fascista La monumentale viale Brigate Partigiane (già viale Duca D'Aosta) che collega il nuovo waterfront della Foce con piazza della Vittoria, è adornata da giardini pensili e aiuole in stile con le caravelle. L'area dell'Arco della Vittoria e viale Brigate Partigiane sono un chiaro esempio di architettura fascista/neoclassica. Palazzi liberty e umbertini Al confine con Albaro sorgono numerosi palazzi in stile liberty e umbertino del tardo Ottocento e primi del Novecento, come quelli di via Giuseppe Casaregis, uno dei quali, il "Palazzo della Vittoria" sovrastato dalla statua di un angelo, all'angolo con corso Italia, è opera di Gino Coppedè. Corso Italia All'origine la cosiddetta "Promenade genovese" (Corso Italia) fu costruita nella zona della Foce per poi estendersi attraverso il quartiere di Albaro fino a Boccadasse; la sua costruzione risale all'inizio del Novecento. Piazza Raffaele Rossetti e quartiere fieristico Gli edifici che si affacciano su piazza Raffaele Rossetti, considerata oggi il centro del quartiere, furono costruiti a partire dal 1933 sull'area prima occupata dal lazzaretto e poi dal cantiere navale. Secondo il piano regolatore del 1932 in questa zona, oltre che abitazioni signorili avrebbero dovuto sorgere un palazzo dello sport, un salone per esposizioni, un cinema-teatro e alberghi di lusso. Fu indetto un concorso, vinto dall'architetto Luigi Carlo Daneri, con un progetto ispirato all'architettura razionalista. Prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale furono realizzati parte degli edifici residenziali. I lavori, sospesi per la guerra, furono completati negli anni cinquanta. Il palazzo dello sport e il quartiere fieristico, oggetto nel corso del 2023 di un generale rifacimento, furono realizzati negli anni sessanta sull'area ricavata dal riempimento a mare davanti alla scogliera della Strega, a destra della foce del Bisagno, mentre il teatro della Corte e un albergo della catena "Starhotels" hanno trovato collocazione nell'area della Corte Lambruschini, nei pressi della stazione ferroviaria di Genova Brignole. Sopra il depuratore di Punta Vagno (un tempo sede di una batteria costiera a difesa del porto di Genova) sono stati realizzati a inizio degli anni ottanta i giardini pubblici intitolati ad un genovese illustre: Gilberto Govi. . Il corso Guglielmo Marconi separa il complesso di piazza Rossetti dal vasto piazzale Cavalieri di Vittorio Veneto (colloquialmente denominato piazzale Kennedy, denominazione che in realtà va riferita solo alla sua estrema porzione occidentale, ove è situato il capolinea dei bus e l'ingresso del quartiere fieristico, che per la sua forma regolare e la sua ampiezza è spesso sede di spettacoli itineranti quali circhi e luna park. Alla Foce, nel periodo precedente la seconda guerra mondiale, era possibile ascoltare nelle osterie i canterini di trallalero (canto tradizionale a cappella). A oggi, nel repertorio delle Squadre di Trallalero, è presente una canzone che parla del borgo della Foce, scritta dal cantautore genovese Piccone, intitolata Fôxe de Zêna (Foce di Genova). Il quartiere della Foce è citato in numerose canzoni dialettali; in quella più conosciuta anche al di fuori dei confini regionali, Ma se ghe penso, la Foce è uno dei diversi luoghi di Genova rievocati con nostalgia da un genovese emigrato in America meridionale (veddo là a Fôxe e sento franze o mâ). Tra gli altri luoghi viene evocata anche la vicina spiaggia della Cava, interrata negli anni cinquanta per la costruzione del quartiere fieristico e l'espansione del porto di Genova. Un antico sfottò di sapore campanilistico, ripreso in un'altra canzone popolare, argomenta che a salvare gli abitanti della Foce sono quelli del vicino borgo di Boccadasse, gli unici ad essere, se possibile, più tarlucchi (babbei) di loro. In occasione della festa patronale di san Pietro (29 giugno), si tiene nel quartiere una grande fiera di merci varie. Un tempo, quando ancora esisteva l'antico borgo, alla sera le case venivano illuminate con lampioncini colorati alla cinese, mentre i pescatori dalle barche gettavano sull'acqua lumini accesi che si dondolavano sulle onde. Oggi, a coronamento dei festeggiamenti per la festività patronale, la sera del 29 giugno si tiene uno spettacolo di fuochi pirotecnici che richiama numerosi spettatori da tutti i quartieri cittadini. Numerose sono le manifestazioni che si tengono nel quartiere fieristico, tra le più importanti vi è l'annuale Salone Nautico. Sul piazzale intitolato ai Cavalieri di Vittorio Veneto (spesso erroneamente chiamato dai genovesi piazzale Kennedy, nome che in realtà spetta invece al più piccolo piazzale adiacente sul lato ovest) è allestito periodicamente un grande luna park e per molti anni è stata organizzata annualmente alla fine dell'estate la festa dal Partito Democratico (Festa de l'Unità). I collegamenti nell'ambito del quartiere e con il centro cittadino sono garantiti da autoservizi AMT che percorrono la strada lungomare (corso Italia) e corso Europa. C. Praga, Genova fuori le mura, 2006, Fratelli Frilli Editori. G. Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, 1849. A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, 1537. Wikiquote contiene citazioni di o su Foce Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Foce Zenazone.it/foce, su ww1.zenazone.it. URL consultato il 1º novembre 2007 (archiviato dall'url originale il 7 gennaio 2008). Fotografie d'epoca e note storiche sui quartieri di Genova , su laterzaeta.com. Note storiche su Piazza Rossetti, su xoomer.virgilio.it. Il Lazzaretto della Foce, su culturabarocca.com. URL consultato il 17 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 26 novembre 2009). Note storiche sul cantiere della Foce, su corsi.storiaindustria.it. La chiesa dei Santi Pietro e Bernardo sul sito dell’Arcidiocesi di Genova, su diocesi.genova.it (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2010). La chiesa di Santa Zita sul sito dell’Arcidiocesi di Genova, su diocesi.genova.it (archiviato dall'url originale il 22 aprile 2009). Storia della chiesa di Santa Zita, su digilander.libero.it. La chiesa di Santa Maria dei Servi sul sito dell’Arcidiocesi di Genova, su diocesi.genova.it (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2010). Chiesa Parrocchiale di Santa Maria dei Servi di Genova - Sito ufficiale, su servidimariagenova.it. URL consultato il 12 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 27 agosto 2012). La chiesa di N. S. del Rimedio sul sito dell’Arcidiocesi di Genova, su diocesi.genova.it (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2010). Storia delle chiese costruite in riva al mare nel levante genovese, su xoomer.virgilio.it. Società Calcio Foce, su rickygenoa.wordpress.com.

Chiesa di Santa Maria dei Servi (Genova)
Chiesa di Santa Maria dei Servi (Genova)

La chiesa di Santa Maria dei Servi è luogo di culto cattolico situato nel quartiere della Foce, in largo Santa Maria dei Servi, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Carignano-Foce dell'arcidiocesi di Genova. Alcuni storici fanno risalire al 1274 o, ancora più esattamente, al 1327 la probabile fondazione del primo edificio di culto dedicato a Santa Maria dei Servi. La data più verosimile risulta essere quest'ultima poiché proprio in tale anno l'omonimo ordine religioso ebbe il permesso di dimora in diocesi dall'arcivescovo genovese Bartolomeo de Maroni. L'antica chiesa, sita nel vecchio rione di via dei Servi e di via Madre di Dio, fu completamente distrutta nei bombardamenti aerei su Genova del 1942-1944; la sede dei religiosi fu quindi trasferita nel 1959, provvisoriamente, nel neo quartiere della Foce presso un salone di piazza Raffaele Rossetti così come, nel 1961, anche la sede della comunità parrocchiale. Su progetto degli architetti Leonardo Bucci e Raffaello Trinci prese corpo una nuova e moderna chiesa con la solenne benedizione e posa della prima pietra il 26 maggio del 1965 ad opera del cardinale Giuseppe Siri; quest'ultimo consacrò, nel 1972, il nuovo edificio. La chiesa conserva alcune importanti opere pittoriche provenienti dal distrutto edificio originario e da altre chiese scomparse, tra le quali San Francesco di Paola di Bernardo Castello, Assunzione della Vergine di Giovanni Andrea De Ferrari, Vocazione di sant'Andrea e Sant'Andrea davanti al tiranno di Giovanni Carlone, San Filippo Benizzi in adorazione del Crocifisso e Santa Barbara che venera la Madonna di Domenico Piola. Gli antichi documenti e archivi storici della chiesa sono invece conservati presso la basilica di Nostra Signora Assunta di Carignano (ante 1945) e presso la chiesa del Sacro Cuore e San Giacomo di Carignano (1945-1960). Arcidiocesi di Genova Foce (Genova) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria dei Servi Sito ufficiale, su servidimariagenova.it. Chiesa di Santa Maria dei Servi, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa di Nostra Signora del Rosario (Genova)
Chiesa di Nostra Signora del Rosario (Genova)

La chiesa di Nostra Signora del Rosario è un luogo di culto cattolico situato nel quartiere di Albaro, in via Carlo e Nello Rosselli, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Albaro dell'arcidiocesi di Genova. La chiesa fu progettata dal noto ingegnere e architetto Giuseppe Crosa di Vergagni a partire dal 1952. La posa della prima pietra avvenne il 7 ottobre del 1954 alla presenza del cardinale e arcivescovo di Genova Giuseppe Siri. I lavori per la sua costruzione durarono tre anni e fu proprio lo stesso cardinale Siri a benedire il nuovo edificio aprendolo al culto religioso il 22 dicembre del 1957. La chiesa fu affidata all'Ordine dei Frati Minori Conventuali dell'annesso convento. Eletta l'11 giugno del 1968 con il titolo di chiesa parrocchiale, fu consacrata il 20 aprile del 1974 dal cardinal Siri. Nella facciata è presente una statua della Madonna col Bambino, benedetta dal cardinal Siri il 27 novembre del 1977. Nel 1980, il 21 settembre, lo stesso cardinale consacrò le campane della chiesa. All'interno è conservata una caratteristica Via Crucis dello scultore Giovanni Battista Airaldi che realizzò l'opera con pietra del Finalese. In travertino oniciato e bronzo è invece il battistero sempre opera dell'Airaldi. Albaro Arcidiocesi di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Nostra Signora del Rosario Chiesa di Nostra Signora del Rosario, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Bisagno
Bisagno

Il torrente Bisagno (in ligure Bezàgno /beˈzaɲu/) è – assieme al torrente Polcevera – fra i maggiori corsi d'acqua di Genova: taglia in senso trasversale il capoluogo ligure dando il nome alla omonima valle. La conformazione orografica della relativa Val Bisagno definisce l'assetto territoriale di tre comuni: Genova, Bargagli, Davagna. Tra i suoi affluenti vi sono il torrente Lentro, il torrente Canate, il rio Geirato, il rio Torbido, il rio Molassana e il rio Fereggiano. La sua lunghezza è di circa 25 km. Sfocia nel golfo di Genova, in corrispondenza del quartiere di San Pietro alla Foce (per contrazione, semplicemente la Foce). Nell'epoca preromana aveva un letto circa quattro volte più largo e profondo rispetto a quello d'oggi, lungo il quale – con il relativo porto a circa 5 km all'interno rispetto alla costa – si era ipotizzata la presenza del nucleo originario di Genova, chiamato Σταλìα (Stalia), che si faceva coincidere con l'attuale località di Staglieno (anche per una similitudine verbale); questa ipotesi è stata smentita dai ritrovamenti più recenti nelle zone più vicine al litorale. Già almeno dal XVII secolo il corso d'acqua era indicato col nominativo di Bisagno, come mostra una dettagliata mappa di Alessandro Baratta del 1637. Il torrente diede il nome tra il 2 dicembre 1797 e il 28 aprile 1798 al Département du Bisagne o Dipartimento del Bisagno, una delle unità amministrative nelle quali era suddivisa la Repubblica Ligure, che aveva per capoluogo San Martino. In passato il Bisagno, come un lungo serpentone che scendeva dalla montagna, serviva per trasportare verso il porto da Calvari (frazione sulle alture di Davagna) il legno di castagno destinato alla costruzione delle navi. Il torrente è spesso in secca, ma capace di provocare disastrosi fenomeni alluvionali in caso di piena, come accaduto il 19 settembre 1953, il 7 ottobre 1970, a più riprese negli anni novanta, il 4 novembre 2011 e il 9 ottobre 2014. Durante l'alluvione del 2011 il torrente è esondato verso le ore 12:40 nelle zone di Molassana (in Via Bernardini, località Olmo), di Piazzale Adriatico e di Borgo Incrociati, provocando allagamenti in tutta la zona del centro prospiciente la stazione ferroviaria di Genova Brignole con chiusura di quest'ultima fino al giorno successivo e problemi alla circolazione automobilistica. I maggiori danni e le sei vittime causate dall'evento sono state provocate non direttamente dal Bisagno ma dall'esondazione del Rio Fereggiano; tra le cause di questa va comunque annoverato anche l'effetto di blocco del deflusso del Fereggiano nel Bisagno dovuto a sua volta al deflusso insufficiente del Bisagno stesso nel momento della piena. Il nome Bisagno è indirettamente usato nel capoluogo ligure – nella forma diminutiva di bisagnino – per indicare il mestiere dell'ortolano: i bisagnini (o bezagnìn) furono, nei primi decenni del XX secolo, i coltivatori delle località situate sulle alture di Genova che scendevano in città per vendere, appunto per le strade della Valle del Bisagno (dove sarebbe poi sorto il mercato ortofrutticolo all'ingrosso) i prodotti della terra. Negli anni 1928-1931 fu realizzata la copertura del torrente Bisagno: la portata di piena fu sottostimata in 500 m³/s, sulla base della relazione Fantoli. Nelle piene nel corso dei secoli, di cui si ha memoria dei dati, si sono verificati eventi sino a 1.300 metri cubi al secondo. Nella tabella si può osservare la diversità delle valutazioni dal 1878 al 1998, la cui unica effettivamente molto vicina ai dati reali fu quella del 1905/1907 di Giuseppe Cannovale, i cui progetti di copertura del torrente e riqualificazione dell'area non furono accolti. La commissione Inglese, Fantoli e Canepa, incaricata nel 1907 dal sindaco del comune di Genova Gerolamo Da Passano di stabilire la portata di massima piena per realizzare la canalizzazione e la copertura, eseguita negli anni 1928-1931, sottostimò la portata massima, indicata come mai superiore ai 500 m³/s. L'intervento di copertura degli anni 1928-1931 e l'urbanizzazione resero più problematica la situazione dei secoli precedenti. «Dopo il completamento dell'opera di canalizzazione e copertura, si verificarono, nel 1945 e nel 1951, nubifragi di elevata intensità, tali da superare le precedenti valutazioni critiche. In seguito, il nubifragio del 19 settembre 1953, preceduto da 9 giorni di rilevante piovosità, sollecitava il bacino chiuso a Staglieno (dove il torrente Bisagno sottende una superficie di 81,1 km²) con una pioggia ragguagliata pari a 181 mm in 6 ore. La corrispondente risposta del bacino produceva una portata al colmo di 755 m³/s nella stessa sezione di Staglieno, nonché l'esondazione del corso d'acqua con allagamenti nelle zone di Genova centro». Con i lavori del 1928-1931, il Bisagno, tra Brignole e la Foce, venne ristretto di 48 metri. Il nuovo assetto sotterraneo abbassò a 3,5 metri la sponda, prima alta 5 metri. Nel Piano di Bacino, approvato il 4 dicembre 2001, era già evidenziato : «Il tronco più critico è quello terminale a causa della grave insufficienza del tratto canalizzato e coperto per il quale la portata di piena con periodo di ritorno 200-ennale è stimata in 1300 m³/s, valore che supera ampiamente la sua attuale capacità di smaltimento, calcolata in 500 m³/s in fase di progetto; valore superabile con periodo di ritorno 20-ennale-50-ennale e superato più volte, sia nel corso di questo secolo, sia in precedenza. L'elevato rischio di esondazione per superamento della capacità di smaltimento del tronco canalizzato e coperto comporta pericolosi effetti di rigurgito a monte. Tali effetti si ripercuotono fino alla confluenza del rio Fereggiano e sono amplificati dalla presenza di ulteriori manufatti di attraversamento e/o strutture interferenti con l'alveo». Nel 2005 il primo lotto delle opere è stato iniziato ed è stato ultimato a gennaio del 2009; l'esecuzione dei lavori ha permesso di aumentare la portata transitabile da 400 a circa 600 m³/s e di eliminare i limiti di carico (18 t) lungo la viabilità urbana. Nel 2009 è stato avviato l'iter per il secondo lotto del rifacimento della copertura del Bisagno che è stato finanziato, appaltato, poi sospeso per trenta mesi dai vari ricorsi e sbloccato nell'ottobre 2014. Nel 2011, un ricorso al Tar da parte di due consorzi delle imprese escluse dall'assegnazione del secondo lotto dei lavori, quello che comprende il tratto che va dalla Questura di Genova fino alla stazione Brignole, li ha bloccati. È seguito un controricorso al Consiglio di Stato che ha assegnato la competenza al Tar del Lazio. Nel luglio 2014, il Tar del Lazio ha riconosciuto le ragioni del consorzio delle imprese assegnatarie, vincitrici della gara e ha disposto la ripresa dei lavori. Il tratto terminale interessa un'area popolosa e snodo di trasporto ferroviario in cui sono ben oltre centomila le persone che vi gravitano. In quest'area si possono riscontrare strutture e infrastrutture aventi un valore rilevante per l'assetto urbanistico. Basti pensare alla stazione ferroviaria di Brignole, agli snodi stradali che portano dalla val Bisagno al centro della città e alle diramazioni del traffico cittadino verso levante e ponente. L'area è poi anche interessata da un riassetto e dalla realizzazione di grandi opere come il nodo ferroviario, il progetto "Grandi Stazioni" per Genova Brignole, le tratte Corvetto - Brignole e Brignole - Val Bisagno della metropolitana, l'ampliamento di Calata Bettolo e dei moli Ronco e Canepa nella darsena e infine il potenziamento delle strutture della Fiera del Mare. Vi sarà così un ulteriore incremento di strutture in cui maggiori saranno le persone che vi passeranno con un maggiore rischio potenziale. « Per questo si manifesta la necessità che l'attuazione del progetto proceda di pari passo con quella delle opere previste per la messa in sicurezza del torrente». Uno degli affluenti del torrente Bisagno è il torrente Fereggiano ed è stato avviato l'iter dei lavori per lo scolmatore dello stesso. È stata effettuata la progettazione. Sono stati reperiti i finanziamenti e approvata la realizzazione della prima parte del primo lotto dello scolmatore. Dopo l'approvazione del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ci sono state l'approvazione del progetto definitivo, la gara d'appalto e la fase esecutiva. Nell'ottobre 2015 sono iniziati i lavori per lo scolmatore, conclusi nell'ottobre del 2019. La copertura degli anni '30 ha previsto una portata di 500 m³/s, elevabile a una capacità massima di 700 m³/s; il piano attuale prevede invece una portata di 850 m³/s, elevabile a una massima di 950 - 1.050 m³/s. Il Piano di bacino del 2001 ha previsto come massima portata 1.300 m³/s con la realizzazione del canale scolmatore del Bisagno, prevista nel progetto originario, che alzerebbe la portata di 450 m³/s, arrivando così ai 1.300 m³/s di portata. Il Bisagno nasce dal passo della Scoffera, ad un'altitudine di 650 m. Propriamente, il torrente nasce come Bargaglino al Passo della Scoffera, assumendo poi il nome di Bisagno dalla confluenza con il Lentro, nei pressi di località La Presa. Nella parte finale del suo percorso attraversa i quartieri genovesi di Prato, Doria, Giro del Fullo, Molassana, San Gottardo, San Sebastiano, Gavette, Staglieno, Marassi, Borgo Incrociati, Borgo Pila e Foce. Per parte del suo percorso è costeggiato dalla Strada Statale 45. In riva al Bisagno, all'altezza del quartiere di Marassi, sorge lo stadio di Marassi intitolato a Luigi Ferraris, nel quale giocano le loro partite interne le squadre di calcio del Genoa e della Sampdoria. Numerosi sono i ponti e i cavalcavia (anche autostradali) che lo sovrastano: di particolare pregio architettonico era l'antico ponte medievale situato all'altezza del Borgo Incrociati, costruito per congiungere il centro della città con l'antica strada romana di levante, andato quasi completamente distrutto nell'alluvione del 1970 e del quale rimangono solo pochi resti. Negli anni trenta la parte finale del torrente è stata tombinata, nell'ambito delle operazioni edilizie che in quegli anni cambiarono radicalmente l'aspetto di quella zona di Genova, e scorre ora sotto viale Brigata Bisagno e viale delle Brigate Partigiane, per sfociare poi a fianco al quartiere fieristico della Fiera di Genova. Nella sequenza a lato, l'antico ponte di Sant'Agata, costruito in epoca medievale. Da sinistra: il ponte – spesso erroneamente indicato come struttura di fabbricazione romana – con sullo sfondo le case dello storico Borgo Incrociati (o Borgo degli Incrociati) in prossimità del palazzo delle Poste e della stazione di Genova Brignole; i grattacieli della moderna Corte Lambruschini fanno da sfondo al rudere dell'antico ponte; sullo sfondo del torrente in secca (autunno 2005) le case del quartiere popolare di San Fruttuoso. L'originario ponte che sorgeva su questo tratto del torrente Bisagno fu costruito in pietra dai Romani come molte altre strutture analoghe che si trovano sulla via Aurelia, durante la marcia di trasferimento verso la Gallia; anche nella ricostruzione medioevale continuava a presentare una curiosa somiglianza – che sarebbe culminata nella identica sorte toccatagli – con il Ponte Emilio (conosciuto anche come Ponte Rotto) di Roma. Il percorso che lo attraversava era la Antica via Aurelia Romana, che doveva avere avuto in questo punto una corrispondente costruzione, una preesistente struttura costruita di epoca romana che univa la città alla vecchia strada per il levante del genovesato, venendo dalla attuale vie San Vincenzo e via Borgo Incrociati e da qui mettendo in comunicazione con il percorso oggi disegnato dalle vie San Fruttuoso, salita della Noce, Vernazza, Pontetti, vie delle Casette, via Romana di Quarto, via Romana della Castagna, via Romana di Quinto. Il ponte insisteva su uno slargo del torrente Bisagno, un vasto spazio o area golenale, lasciata libera dalle costruzioni per scaricare le piene del Bisagno. Attraversava un lungo tratto che andava dal Borgo Incrociati sino alla chiesa di Sant'Agata, con 28 arcate. La realizzazione dell'abitato di Corso Sardegna e delle vicine vie ha coperto questa area golenale tra la fine dell'Ottocento e i primi due decenni del Novecento; delle arcate del ponte ne sono rimaste due presso la chiesa di Sant'Agata, altre o sono state demolite o giacciono tuttora interrate sotto le attuali strade. Ne furono lasciate solo sei, scoperte, ad attraversare il torrente, di fronte al Borgo Incrociati. Pesantemente danneggiato durante la tragica alluvione del 1970 che causò oltre quaranta morti, principalmente nella zona della stazione ferroviaria di Genova Brignole, e nella quale del ponte crollarono due delle arcate lasciate libere, cui seguì ancora il crollo dell'arcata rimasta sulla sponda di Levante nei successivi fenomeni alluvionali degli anni novanta, il ponte sul Bisagno è stato definitivamente chiuso. Quello che ne rimane sono solo pochi resti, tre arcate cui sono stati posti alcuni tiranti metallici per evitare il crollo totale. Sinistra idrografica: torrente Lentro, rio Montesignano, rio Fereggiano. torrente AICS Destra idrografica: torrente Canate, rio Torbido, torrente Geirato rio Trensasco, rio Cicala, rio Veilino. Sono presenti varie specie di volatili come fagiani, aironi cinerini, Larinae, corvi, germani reali, anatre e anche i cinghiali. Ai bordi del letto del torrente sono presenti roveti, arbusti a basso fusto e alberi tipici della macchia mediterranea. Aldo Gastaldi detto "Bisagno" Gruppo XXII Ottobre i "Tupamaros della Val Bisagno" Cantiere della Foce Viadotto Bisagno Alluvione di Genova del 4 novembre 2011 Alluvione di Genova del 9 e 10 ottobre 2014 Wikiquote contiene citazioni di o su Bisagno Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Bisagno Alluvioni del Bisagno, su nimbus.it. Sito web naturalistico sulla vita nel Bisagno, su vitanelbisagno.it. Sito web ufficiale dello scolmatore del Bisagno, su scolmatorebisagno.it. Pagina web sullo scolmatore del Fereggiano, su comune.genova.it.

Chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita
Chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita

La chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita è luogo di culto cattolico situato nella zona di Borgo Pila nel quartiere della Foce, tra via di Santa Zita e corso Buenos Aires, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Albaro dell'arcidiocesi di Genova. In passato in zona, sulle sponde del Bisagno, sorgeva una chiesa, costruita nel XIII secolo dai mercanti lucchesi viventi in quella zona che praticavano l'artigianato dei tessuti di lana e di seta, era dedicata al Volto Santo (culto importato dai Lucchesi), nome che mantenne fino a quando, nel 1278, una vergine lucchese di nome Zita non venne fatta santa. La comunità lucchese in Genova aveva nei secoli XV-XVI anche un'altra chiesa, poco distante, sempre nei pressi del Bisagno, la chiesa di Borgo degli Incrociati. Questo primo luogo di culto venne danneggiato gravemente da una piena del Bisagno e successivamente ricostruito nel 1452. Questo nuovo edificio venne poi restaurato nel 1833. Quando nel 1874 Borgo Pila si staccò da Albaro, Santa Zita divenne una parrocchia autonoma con una popolazione di circa quattromila persone, la maggior parte ortolani. La proclamazione venne fatta da monsignor Salvatore Magnasco il 7 luglio 1874, con la successiva approvazione della Santa Sede del 10 gennaio 1876. Alla fine del XIX secolo la chiesa divenne insufficiente rispetto alle necessità della popolazione, per cui se ne decise la demolizione. Una nuova chiesa, quella visibile attualmente, venne costruita a partire dal 1893 (l'arcivescovo Tommaso Reggio pose la prima pietra il 12 novembre di quell'anno) su un terreno donato fin dal 1879 dalla Duchessa di Galliera Maria Brignole Sale De Ferrari. La chiesa, in stile neorinascimentale fiorentino, fu realizzata su disegni di Angelo Del Vecchio, ripresi ed ampiamente variati da Maurizio Dufour. Officiata dal 15 agosto 1899 (ma mancava ancora la cupola), era stata costruita poco distante dalla precedente chiesa, la quale fu demolita (ne restano solo alcune parti di muratura inglobate nel cortile del palazzo di fronte all'attuale Santa Zita). Fortunatamente il portale della vecchia chiesa è stato salvato e collocato nella parte posteriore della chiesa. Il portale della vecchia chiesa porta sul suo architrave tre statue (un Crocifisso con ai lati la Madonna e san Giovanni Battista), provenienti da un altare scomparso della chiesa; sono tutte e tre opera del Paracca (XVI secolo). La nuova chiesa fu ultimata con la cupola in stile fiorentino realizzata dall'ing. Carlo Bagnasco su progetti del Dufour, tra il 1926 e il 1929, quest'ultima raggiunge un'altezza di 60 metri circa. Al suo interno conserva, ereditate dalla precedente Santa Zita, la statua della Madonna di Città ed una tela di Valerio Castello con il Miracolo di santa Zita. Il cardinale Giuseppe Siri benedisse la nuova pavimentazione il 21 dicembre 1958 e consacrò la chiesa il 28 giugno 1975. Arcidiocesi di Genova Borgo Pila Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Nostra Signora Assunta e Santa Zita Sito della parrocchia, su digilander.libero.it.

Scalinata delle Caravelle
Scalinata delle Caravelle

La scalinata del Milite ignoto, popolarmente nota come scalinata delle tre Caravelle in virtù dei caratteristici arredi floreali delle aiuole, è un'opera urbanistica monumentale nel centro di Genova. L'università di Genova la definisce un "monumento commemorativo" e "raccordo tra le mura delle città", urbanisticamente funge da collegamento diretto fra piazza della Vittoria e il quartiere di Carignano. La realizzazione della scalinata monumentale rientra dell'ampia opera di urbanizzazione che coinvolse tutta l'area attigua al torrente Bisagno e alla quartiere Foce, a cavallo fra l'Ottocento e la prima metà del Novecento. Fu progettata e realizzata fra il 1922 e il 1938 dall'architetto e urbanista di Alfredo Fineschi, con la collaborazione dl padre, Pietro Fineschi, i quali operarono ampiamente nel capoluogo, costruendo anche l'attiguo palazzo razionalista della questura di Genova. Qui era il raccordo tra le mura della città, rispettivamente dette Mura Vecchie e Mura Nuove, che procedeva con una serie di terrazze orizzontali dal cinquecentesco bastione delle Cappuccine alle seicentesche Fronti Basse. Spianato questo nel 1892, tre decenni dopo la discesa fu risistemata nell'assetto contemporaneo. Nel 2010 è stata sottoposta a riqualificazione. Di struttura ampia, la scalinata è costituita da due ariose rampe distinte separate da un'aiuola inclinata su più piani e coltivata a prato inglese. L'aiuola è suddivisa verticalmente in tre sezioni (precedute da una quarta, decorata con àncore stilizzate) in ognuna delle quali spicca il disegno che richiama simbolicamente una per una le tre caravelle usate da Cristoforo Colombo per la sua impresa nella scoperta dell'America (1492). Le caravelle sono realizzate con decorazioni floreali all'interno delle stesse aiuole. La scalinata si affaccia davanti al grande arco di trionfo, l'arco della Vittoria, dedicato ai caduti della prima guerra mondiale che campeggia al centro dell'antistante piazza della Vittoria. La scalinata, perpendicolare alla sottostante via intitolata ad Armando Diaz, ascende al lato destro del liceo classico Andrea D'Oria e alla sinistra del palazzo della Questura, con un ampio giardino che si protende verso le mura delle Cappuccine, per raggiungere la spianata di Carignano. Luigi Lagomarsino (a cura di), Cento anni di architetture. 1890-2004, Genova, De Ferrari, 2004. Silvia Barisione, Matteo Fochessati, Gianni Franzone e Andrea Canziani (a cura di), Architetture in Liguria dagli anni Venti agli anni Cinquanta, Milano, Abitare Segesta, 2004. Franca Balletti e Bruno Giontoni, Una città tra due guerre. Culture e trasformazioni urbanistiche, Genova, De Ferrari, 1990. Paolo Cevini, Genova anni '30. Da Labò a Daneri, Genova, Sagep, 1989. Piazza della Vittoria (Genova) Liceo classico Andrea D'Oria Wikiquote contiene citazioni sulla scalinata delle Caravelle Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla scalinata delle Caravelle Scalinata del Milite Ignoto / Le Caravelle, su Fonti per la storia della critica d'arte, Università di Genova. Genova, Scalinata delle Caravelle, Bella Liguria, 20 dicembre 2021.

Palasport di Genova
Palasport di Genova

Il palasport di Genova (precedentemente noto anche come Palazzetto dello sport) era un'arena coperta inaugurata nel 1962 a Genova, in Italia. Prima grande tensostruttura realizzata in Europa, era tra i più grandi impianti coperti dedicati allo sport costruiti in Italia. Ospitante circa 15.000 spettatori, si sviluppa su tre piani, ha un diametro di 160 metri, possiede due gallerie e copre una superficie espositiva di circa 31.000 m², che lo rende tra le più grandi strutture coperte dedicate allo sport costruite in Italia. Si trova all'interno dell'area che ospita la Fiera di Genova, di cui rappresenta il padiglione S. Inaugurato nel 1962 e progettato da Leo Finzi, Lorenzo Martinoia, Remo Pagani e Franco Sironi, è stato realizzato sotto la supervisione del CONI. Nel corso della sua storia è stato utilizzato per eventi sportivi, congressi e concerti. Nel 1983 ha ospitato l'unica edizione indoor del Superbowl italiano. In ambito sportivo gli eventi più importanti che hanno avuto sede nel palasport di Genova sono stati i Campionati europei di atletica leggera indoor 1992, le finali della World League di pallavolo 1992, diverse gare di motocross e, negli anni settanta, le partite casalinghe della società di pallacanestro genovese Athletic Genova. Dal 1970 al 2008 ha ospitato ventidue edizioni dei campionati italiani indoor di atletica leggera. Per quanto riguarda i concerti, il palasport di Genova ha ospitato le esibizioni musicali dei The Beatles, dei The Rolling Stones, dei Kiss, dei Rockets tre volte e di Peter Gabriel, Jethro Tull, Luciano Pavarotti, Frank Zappa, Iron Maiden, America, Santana, Eric Clapton, Emerson, Lake & Palmer, Deep Purple, Joni Mitchell, Mike Oldfield, Spandau Ballet, Frank Sinatra e Europe, Neil Young e, più volte, dei Pooh e di Vasco Rossi. Per quanto riguarda gli eventi importanti ospitati al Palasport va citata anche la famosa Euroflora, dalla prima edizione del 1966 sino al 2011 (ogni 5 anni per un totale di dieci edizioni). Nel 2019 il palasport viene acquistato dalla società immobiliare CDS Holding per 14 milioni di euro, inserendolo nell'ampio progetto di trasformazione urbana: il Waterfront di Levante. L’edificio manterrà la sua vocazione sportiva, con un'area di circa 5 mila metri quadrati e una capienza di 5 mila spettatori. L’arena sarà polifunzionale e modellabile per cambiare configurazione e ospitare anche grandi eventi e concerti e avrà contestualmente un’area retail, leisure e numerosi servizi, tra cui un fitness center e un centro medico. Nel 2021 sono iniziati i primi lavori per la sua ristrutturazione secondo un progetto firmato da Renzo Piano. Con la riqualificazione totale dello spazio, il Palasport di Genova rispetterà i più alti e moderni standard di efficienza energetica diventando un green building. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palasport di Genova Progetti di impianti sportivi: il nuovo Palazzo dello Sport a Genova, su sportindustry.com. Palasport addio, Genova perde anche il Superbowl, su genova.repubblica.it.

Forte San Giuliano
Forte San Giuliano

Il Forte San Giuliano (29 s.l.m.) è un forte posto sulla costa nel quartiere genovese di Albaro, tra Punta Vagno ed il piccolo promontorio di San Giuliano, a poca distanza dall'omonima abbazia. Con la Batteria del Vagno formava un fronte di protezione della costa a levante di Genova contro eventuali sbarchi nemici o bombardamenti navali. Forte San Giuliano si affaccia oggi su corso Italia, ma prima della costruzione della strada litoranea, iniziata nel 1908, la costa di Genova tra la Foce e San Giuliano consisteva in ripide scogliere a picco sul mare, raggiungibili solo attraverso strette crêuze che dall'attuale via Albaro scendevano verso il mare. Sulla scogliera nelle vicinanze del luogo dove ora sorge il forte era stata costruita alla fine dell'estate del 1745 la batteria Sopranis, prospiciente la villa omonima ed avente funzione antisbarco ed antinave. Al fine di ampliare il fronte difensivo, nel 1818 fu presentato il progetto di fortificazione della stessa villa Sopranis, in un primo tempo approvato ma poi accantonato nonostante fosse divenuto esecutivo. A lavori appena iniziati si preferì invece edificare un nuovo forte sul terreno adiacente alla villa, che venne inglobata all'interno del perimetro del nuovo edificio. I lavori di costruzione del forte San Giuliano, che prendeva il nome dalla vicina abbazia, iniziarono nel 1826 e tra varie vicissitudini terminarono nel 1836 con il completamento di tutte le strutture. Il forte terminava a mare la linea difensiva a levante della città, formata dai forti S. Martino, S. Tecla, Richelieu e Quezzi, che culminava nel forte Ratti. La struttura ospitava una guarnigione di circa 380 soldati, che potevano arrivare a circa 1200 in caso di necessità. Era armato con dieci cannoni, sette obici e una petriera, oltre a numerosi pezzi di artiglieria di minori dimensioni. Il forte durante i moti del 1849 fu occupato dagli insorti, ma prontamente rioccupato dalle truppe sabaude, grazie anche al tradimento del comandante della guarnigione. Nel 1889 nel perimetro del forte, fra le due caserme, fu installata una batteria costiera, denominata "Batteria San Giuliano", la cui realizzazione rese necessarie diverse modifiche strutturali, come la demolizione della terrazza dell'ex villa Sopranis, che avrebbe limitato la visuale del telemetro. La batteria, posta a difesa dello specchio acqueo a levante dell'imboccatura del porto di Genova, era armata con sei obici da 28 GRC (Ret). Al di sotto un sistema di gallerie ospitava le polveriere. Negli anni il forte ha subito diverse modifiche, la più vistosa delle quali si è avuta nel 1913 con la costruzione di corso Italia, che ha reso necessaria la demolizione di parte della galleria di controscarpa, i cui monconi sono ancora visibili dallo stesso lungomare. Nel 1937 sulla parte superiore del terrapieno a sud, fronte mare, venne realizzata una batteria contraerea, dotata di otto cannoni da 76/45. Durante la seconda guerra mondiale vennero realizzate due postazioni Tobruk che ancora oggi affiorano dalla scarpata del terrapieno affacciato su corso Italia, nei pressi dell'attuale strada di accesso al forte. Dopo l'8 settembre 1943, la batteria ed il forte vennero requisiti dalla Wehrmacht e dall'esercito della RSI e vi fu stabilita una prigione per gli antifascisti ed i partigiani, dove venivano condotti interrogatori ed inflitte torture ai malcapitati prigionieri. Nel 1944, sulla piazzola della batteria avvennero più episodi di fucilazione di partigiani: il 3 marzo, all'alba, Giacomo Buranello, comandante dei GAP genovesi, fu fucilato dopo essere stato torturato per 24 ore; il 23 maggio venne fucilato Giovanni Battista Torre, furiere della Marina Militare italiana e partigiano combattente; il 29 luglio, sempre all'alba, vennero fucilati altri cinque partigiani; prima dell'esecuzione chiesero di essere fucilati al petto invece che alla schiena, ma la loro richiesta non venne accolta. Nel dopoguerra la batteria venne smantellata creando al suo posto un vasto piazzale. Il forte nel 1948 fu assegnato alla Legione Carabinieri Liguria ed il piazzale della ex batteria fu utilizzato come deposito dei mezzi di servizio. Dopo un periodo di abbandono dovuto ai lavori di ristrutturazione ed adeguamento il forte dal 13 maggio 1995 è divenuto sede del Comando Provinciale Carabinieri di Genova, motivo per cui il complesso non è oggi visitabile. Il complesso consisteva in due caserme ed era circondato da un fossato su tre lati ed un muro di controscarpa con andamento zigzagante. Erano inoltre presenti due gallerie, una di scarpa ed una di controscarpa, che circondavano il complesso. La galleria di scarpa, munita di numerose feritoie a difesa del fossato, collegava le due caserme con un percorso sotterraneo, lungo il quale si aprivano numerosi vani utilizzati come riservette (depositi di munizioni) e polveriere. La caserma nord, affacciata sull'odierna via Gobetti, si sviluppa su quattro piani; l'ingresso del forte, posto al terzo piano della caserma nord, era dotato di ponte levatoio. Questa parte, ben visibile da via Gobetti, è quella meglio conservata, con il ponte levatoio ancora presente insieme a tutti i relativi meccanismi di azionamento. La caserma sud è invece un edificio a tre piani posto contro il muro di controscarpa, sul lato a mare. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Difesa costiera di Genova Forti di Genova Resistenza italiana Batteria del Vagno Fortificazioni alla moderna Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte San Giuliano Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 4 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010). Storia del Forte San Giuliano su http://www.fortidigenova.com, su fortidigenova.com. URL consultato il 2 gennaio 2012 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2011). Immagini d'epoca del forte San Giuliano su www.genovacards.com, su genovacards.com.