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Chiesa di Nostra Signora del Rosario (Genova)

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Genova chiesa di Nostra Signora del Rosario facciata
Genova chiesa di Nostra Signora del Rosario facciata

La chiesa di Nostra Signora del Rosario è un luogo di culto cattolico situato nel quartiere di Albaro, in via Carlo e Nello Rosselli, nel comune di Genova nella città metropolitana di Genova. La chiesa è sede della parrocchia omonima del vicariato di Albaro dell'arcidiocesi di Genova. La chiesa fu progettata dal noto ingegnere e architetto Giuseppe Crosa di Vergagni a partire dal 1952. La posa della prima pietra avvenne il 7 ottobre del 1954 alla presenza del cardinale e arcivescovo di Genova Giuseppe Siri. I lavori per la sua costruzione durarono tre anni e fu proprio lo stesso cardinale Siri a benedire il nuovo edificio aprendolo al culto religioso il 22 dicembre del 1957. La chiesa fu affidata all'Ordine dei Frati Minori Conventuali dell'annesso convento. Eletta l'11 giugno del 1968 con il titolo di chiesa parrocchiale, fu consacrata il 20 aprile del 1974 dal cardinal Siri. Nella facciata è presente una statua della Madonna col Bambino, benedetta dal cardinal Siri il 27 novembre del 1977. Nel 1980, il 21 settembre, lo stesso cardinale consacrò le campane della chiesa. All'interno è conservata una caratteristica Via Crucis dello scultore Giovanni Battista Airaldi che realizzò l'opera con pietra del Finalese. In travertino oniciato e bronzo è invece il battistero sempre opera dell'Airaldi. Albaro Arcidiocesi di Genova Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Nostra Signora del Rosario Chiesa di Nostra Signora del Rosario, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Chiesa di Nostra Signora del Rosario (Genova) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Chiesa di Nostra Signora del Rosario (Genova)
Via Carlo e Nello Rosselli, Genova Albaro

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Indirizzo

Chiesa parrocchiale di Nostra Signora del Rosario

Via Carlo e Nello Rosselli
16145 Genova, Albaro
Liguria, Italia
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Genova chiesa di Nostra Signora del Rosario facciata
Genova chiesa di Nostra Signora del Rosario facciata
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Luoghi vicini

Forte San Giuliano
Forte San Giuliano

Il Forte San Giuliano (29 s.l.m.) è un forte posto sulla costa nel quartiere genovese di Albaro, tra Punta Vagno ed il piccolo promontorio di San Giuliano, a poca distanza dall'omonima abbazia. Con la Batteria del Vagno formava un fronte di protezione della costa a levante di Genova contro eventuali sbarchi nemici o bombardamenti navali. Forte San Giuliano si affaccia oggi su corso Italia, ma prima della costruzione della strada litoranea, iniziata nel 1908, la costa di Genova tra la Foce e San Giuliano consisteva in ripide scogliere a picco sul mare, raggiungibili solo attraverso strette crêuze che dall'attuale via Albaro scendevano verso il mare. Sulla scogliera nelle vicinanze del luogo dove ora sorge il forte era stata costruita alla fine dell'estate del 1745 la batteria Sopranis, prospiciente la villa omonima ed avente funzione antisbarco ed antinave. Al fine di ampliare il fronte difensivo, nel 1818 fu presentato il progetto di fortificazione della stessa villa Sopranis, in un primo tempo approvato ma poi accantonato nonostante fosse divenuto esecutivo. A lavori appena iniziati si preferì invece edificare un nuovo forte sul terreno adiacente alla villa, che venne inglobata all'interno del perimetro del nuovo edificio. I lavori di costruzione del forte San Giuliano, che prendeva il nome dalla vicina abbazia, iniziarono nel 1826 e tra varie vicissitudini terminarono nel 1836 con il completamento di tutte le strutture. Il forte terminava a mare la linea difensiva a levante della città, formata dai forti S. Martino, S. Tecla, Richelieu e Quezzi, che culminava nel forte Ratti. La struttura ospitava una guarnigione di circa 380 soldati, che potevano arrivare a circa 1200 in caso di necessità. Era armato con dieci cannoni, sette obici e una petriera, oltre a numerosi pezzi di artiglieria di minori dimensioni. Il forte durante i moti del 1849 fu occupato dagli insorti, ma prontamente rioccupato dalle truppe sabaude, grazie anche al tradimento del comandante della guarnigione. Nel 1889 nel perimetro del forte, fra le due caserme, fu installata una batteria costiera, denominata "Batteria San Giuliano", la cui realizzazione rese necessarie diverse modifiche strutturali, come la demolizione della terrazza dell'ex villa Sopranis, che avrebbe limitato la visuale del telemetro. La batteria, posta a difesa dello specchio acqueo a levante dell'imboccatura del porto di Genova, era armata con sei obici da 28 GRC (Ret). Al di sotto un sistema di gallerie ospitava le polveriere. Negli anni il forte ha subito diverse modifiche, la più vistosa delle quali si è avuta nel 1913 con la costruzione di corso Italia, che ha reso necessaria la demolizione di parte della galleria di controscarpa, i cui monconi sono ancora visibili dallo stesso lungomare. Nel 1937 sulla parte superiore del terrapieno a sud, fronte mare, venne realizzata una batteria contraerea, dotata di otto cannoni da 76/45. Durante la seconda guerra mondiale vennero realizzate due postazioni Tobruk che ancora oggi affiorano dalla scarpata del terrapieno affacciato su corso Italia, nei pressi dell'attuale strada di accesso al forte. Dopo l'8 settembre 1943, la batteria ed il forte vennero requisiti dalla Wehrmacht e dall'esercito della RSI e vi fu stabilita una prigione per gli antifascisti ed i partigiani, dove venivano condotti interrogatori ed inflitte torture ai malcapitati prigionieri. Nel 1944, sulla piazzola della batteria avvennero più episodi di fucilazione di partigiani: il 3 marzo, all'alba, Giacomo Buranello, comandante dei GAP genovesi, fu fucilato dopo essere stato torturato per 24 ore; il 23 maggio venne fucilato Giovanni Battista Torre, furiere della Marina Militare italiana e partigiano combattente; il 29 luglio, sempre all'alba, vennero fucilati altri cinque partigiani; prima dell'esecuzione chiesero di essere fucilati al petto invece che alla schiena, ma la loro richiesta non venne accolta. Nel dopoguerra la batteria venne smantellata creando al suo posto un vasto piazzale. Il forte nel 1948 fu assegnato alla Legione Carabinieri Liguria ed il piazzale della ex batteria fu utilizzato come deposito dei mezzi di servizio. Dopo un periodo di abbandono dovuto ai lavori di ristrutturazione ed adeguamento il forte dal 13 maggio 1995 è divenuto sede del Comando Provinciale Carabinieri di Genova, motivo per cui il complesso non è oggi visitabile. Il complesso consisteva in due caserme ed era circondato da un fossato su tre lati ed un muro di controscarpa con andamento zigzagante. Erano inoltre presenti due gallerie, una di scarpa ed una di controscarpa, che circondavano il complesso. La galleria di scarpa, munita di numerose feritoie a difesa del fossato, collegava le due caserme con un percorso sotterraneo, lungo il quale si aprivano numerosi vani utilizzati come riservette (depositi di munizioni) e polveriere. La caserma nord, affacciata sull'odierna via Gobetti, si sviluppa su quattro piani; l'ingresso del forte, posto al terzo piano della caserma nord, era dotato di ponte levatoio. Questa parte, ben visibile da via Gobetti, è quella meglio conservata, con il ponte levatoio ancora presente insieme a tutti i relativi meccanismi di azionamento. La caserma sud è invece un edificio a tre piani posto contro il muro di controscarpa, sul lato a mare. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Difesa costiera di Genova Forti di Genova Resistenza italiana Batteria del Vagno Fortificazioni alla moderna Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Forte San Giuliano Mappe, itinerari e foto dei forti di Genova, su forti-genova.com. URL consultato il 4 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2010). Storia del Forte San Giuliano su http://www.fortidigenova.com, su fortidigenova.com. URL consultato il 2 gennaio 2012 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2011). Immagini d'epoca del forte San Giuliano su www.genovacards.com, su genovacards.com.

Batteria San Giuliano

La Batteria San Giuliano era una batteria costruita all'interno dell'omonimo forte in posizione intermedia tra le due caserme interne. La Batteria era composta da una linea di fuoco a cielo aperto, senza strutture protettive a copertura, ma protetta dalle mura del forte, sulla quale erano posizionati sei obici da 28 GRC Ret a puntamento indiretto guidati da un telemetro. Il compito di queste artiglierie era quello di battere lo specchio d'acqua a levante e l'imboccatura del porto. Sottostante al piazzale della batteria, erano sistemati un complesso sistema di gallerie e locali che ospitavano le riservette e le polveriere per gli obici; la caserma del forte ospitava la guarnigione. Nel 1913 parte della struttura del forte, furono demolite per permettere la costruzione del lungomare di Corso Italia. Nel 1937 nel forte fu ricavata una nuova batteria contraerea. Inizialmente presidiata da uomini del Regio Esercito durante la seconda guerra mondiale, dopo l'8 settembre la batteria venne requisita da militi della RSI e della Wehrmacht. Nel dopoguerra la batteria è stata demolita; al suo posto è stato ricavato un piazzale. Il forte, adeguatamente ristrutturato, è oggi la sede del Comando provinciale Carabinieri di Genova, e per questo motivo non è visitabile. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Forte San Giuliano Batteria (militare) Batteria del Vagno Batteria San Martino Informazioni sulle batterie costiere genovesi, su fortidigenova.com. URL consultato il 20 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2009). Storia del Forte San Giuliano, su fortidigenova.com. URL consultato il 3 gennaio 2012 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2011).

Fatti della scuola Diaz
Fatti della scuola Diaz

I fatti della scuola Diaz sono avvenuti al termine delle tre giornate del vertice G8 di Genova 2001, nel quartiere di Albaro, a Genova. Nella notte del 21 luglio 2001, nel complesso scolastico Diaz-Pertini e Pascoli, in quell'occasione adibito a centro stampa del coordinamento del Genoa Social Forum, rappresentato da Vittorio Agnoletto, facevano irruzione i Reparti mobili della Polizia di Stato con il supporto operativo di alcuni battaglioni dei Carabinieri. Furono fermati 93 attivisti e di questi, 63 furono poi portati in ospedale, tre dei quali in prognosi riservata e uno in coma. Il primo giornalista a entrare nella scuola Diaz fu Gianfranco Botta e le sue immagini fecero il giro del mondo: le immagini testimoniavano quello che fu definito lo scenario di un pestaggio da "macelleria messicana" dal vicequestore Michelangelo Fournier. Finirono sotto accusa 125 poliziotti, compresi dirigenti e capisquadra. Tra i 93 giornalisti e attivisti, ospiti all'interno della scuola per passare la notte, dopo l'irruzione della polizia, 82 furono feriti e 63 finirono in ospedale, da qui parte di loro fu nella notte prelevata dalla polizia e portata nella caserma del reparto mobile di Genova Bolzaneto, i restanti 19 seppur feriti, vi furono portati direttamente dalla scuola. All'operazione di polizia ha preso parte un numero tutt'oggi imprecisato di agenti: la Corte di Appello di Genova, pur richiamando questo fatto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, basandosi sulle informazioni fornite durante il processo dal questore Vincenzo Canterini, lo stima in circa "346 Poliziotti, oltre a 149 Carabinieri incaricati della cinturazione degli edifici". I procedimenti penali aperti in merito alle responsabilità delle violenze, alle irregolarità e ai falsi dichiarati nelle ricostruzioni ufficiali sui fatti avvenuti alla Diaz e a Bolzaneto, si sono svolti nei successivi tredici anni, concludendosi nella maggior parte dei casi con assoluzioni, dovute all'impossibilità di individuare i diretti responsabili delle stesse o per l'intervenuta prescrizione dei reati. Nell'aprile del 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo, ha condannato lo Stato italiano al pagamento di un risarcimento di 45.000 euro nei confronti di Arnaldo Cestaro, uno dei feriti che aveva fatto ricorso alla Corte europea, evidenziando così come durante l'operazione fossero avvenuti eventi contrari agli articoli 3, 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativi alla tortura, alle vessazioni e condizioni degradanti e inumane. Il codice penale italiano, non prevedendo il reato di tortura, non ha permesso attribuzione di capi d'imputazione commisurati alle violenze verificatesi in quei giorni. Il 22 giugno 2017 la stessa Corte ha nuovamente condannato l'Italia per i fatti della scuola Diaz, riconoscendo che le leggi dello Stato risultano inadeguate a punire e a prevenire gli atti di torture dalle forze dell’ordine.

Villa Canali Gaslini
Villa Canali Gaslini

Villa Canali Gaslini è una villa unifamiliare affacciata su corso Italia, nel quartiere genovese di Albaro. Edificata per la famiglia Canali da Gino Coppedè, è un tipico esempio del personalissimo stile di questo architetto, liberamente ispirato al gotico fiorentino del Quattrocento. La villa, una delle ultime opere a Genova dell'architetto fiorentino, fu costruita tra il 1924 e il 1925 per la famiglia Canali. Il terreno su cui sorge costituiva l'ultima propaggine verso il mare di un'estesa proprietà della famiglia Raggio; nel 1919 questa porzione di terreno fu venduta dal conte Carlo Raggio ad Elena Villani, moglie del Canali, che pochi anni dopo avrebbe commissionato al Coppedè il progetto della villa. Divenuta sede del consolato del Giappone, nel 1942 fu acquistata da Gerolamo Gaslini (industriale oleario e fondatore dell'istituto pediatrico intitolato alla figlia Giannina) che intendeva farne la residenza della propria famiglia, ma per le vicende del periodo bellico fu occupata prima dalle truppe tedesche e poi da quelle alleate. Rientrata in possesso dei Gaslini nel 1948, rimase abitazione della famiglia fino alla scomparsa dell'ultima figlia Germana, nel 1988; per volontà del senatore Gaslini, che era mancato nel 1964, la villa divenne sede della fondazione medica che porta il suo nome. La villa sorge su un poggio in posizione sopraelevata rispetto al lungomare di corso Italia, in corrispondenza della spiaggia di San Giuliano, nel tratto compreso tra la storica abbazia e l'omonimo forte; è circondata da uno scenografico giardino, di circa un ettaro di superficie, digradante verso la strada, al cui livello si trova la portineria, che riprende lo stile dell'edificio principale. L'edificio, composto di tre piani fuori terra ed un seminterrato, ha una volumetria molto articolata, formata da un parallelepipedo centrale con ai lati due bassi corpi di fabbrica, la cui copertura corrisponde ai terrazzi al secondo piano. Il prospetto principale, affacciato su corso Italia, è caratterizzato da un loggiato con archi a tutto sesto che corre lungo il piano terreno, dove si trovano gli ambienti di rappresentanza. I prospetti sono caratterizzati da un'alternanza di intarsi di marmi, piastrelle in ceramica, pietre e mattoni a vista, con bifore e trifore. Al piano terreno si trova un vasto salone, arredato con mobili di pregio e con i numerosi ritratti dei componenti della famiglia Gaslini. I due vani adiacenti al salone, in origine il salotto e la sala da pranzo della famiglia sono oggi locali di rappresentanza della fondazione. L'accesso ai piani superiori è collocato sul fronte nord, dove un monumentale scalone in legno raggiunge il primo piano tramite tre ampie rampe; il vano scala ha il soffitto a cassettoni in legno intarsiato. Al primo piano, dove erano un tempo le camere da letto, le stanze sono decorate con stucchi e affreschi. L'edificio della portineria, aperto direttamente sul marciapiede a monte di corso Italia, riprende, nell’articolazione dei volumi e nella decorazione, il motivo architettonico dell'edificio padronale e contribuisce, insieme con il giardino, a qualificare l'aspetto complessivo della villa. Touring Club Italiano, Guida d'Italia - Liguria, Milano, 2009 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Canali Gaslini Sito della Fondazione Gerolamo Gaslini, su fondazionegaslini.org. URL consultato il 21 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2014). Gino Coppedè, un sognatore di fine secolo, di Sonia Olcese, in "La Casana", 14 novembre 2007 (PDF), su gruppocarige.it. URL consultato il 21 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 6 agosto 2016). Decreto di vincolo architettonico della villa e relativi allegati, su liguriavincoli.it. Immagine d'epoca (1927) su www.genovacards.com, su genovacards.com. Insolita immagine della villa innevata, su Flickr

Batteria del Vagno
Batteria del Vagno

La Batteria del Vagno si trova lungo l'attuale Corso Italia, nelle vicinanze dell'incrocio con via Piave, dove ancora oggi ci sono i resti di questa batteria costiera settecentesca a difesa della costa della città di Genova. Nel 1745 vicino all'attuale Chiesa di San Pietro, fu progettata la costruzione di una batteria a rinforzo del tratto di costa di levante, a protezione di eventuali sbarchi. I lavori terminarono nel febbraio dell'anno successivo, dopo alcuni problemi in fase d'opera, sfruttando come base per costruire un piccolo pianoro tra due scogli sul mare. Nel 1771 nella batteria furono collocati otto cannoni di bronzo protetti da una bassa muratura , a lato dei quali vi era un piccolo alloggio per l'acquartieramento della guarnigione. Il "battesimo del fuoco" della Batteria del Vagno si ebbe nel 1796 quando furono sparati alcuni colpi verso alcune navi inglesi che tentarono di avvicinarsi alla spiaggia, ma il lavoro difensivo congiunto con la Batteria di Sopranis fece desistere gli inglesi da qualunque tentativo di offesa. I primi lavori di ampliamento ci furono nel 1804 durante il dominio francese, fu rafforzata la muratura che proteggeva le artiglierie, e fu aggiunto un corpo pentagonale nel fianco di ponente della struttura, a livello inferiore. Altri lavori di rafforzamento si registrano durante il dominio Sabaudo, che affidò al Genio Sardo, i lavori, che interessarono l'ispessimento del parapetto, la costruzione di una riservetta allineata con la batteria, e tutti i locali di servizio. Ma la cronica mancanza di spazio di una costruzione ricavata a picco sul mare, generò la necessità di dislocare i locali di servizio lungo la strada d'accesso, tra cui i locali del munizionamento, che per trasportare i proietti, utilizzava un ingegnoso meccanismo di montacarichi, azionati a manovella, che trasportavano i proiettili tramite un cestello metallico guidato da binari laterali, che conducevano alla linea di fuoco. Nel 1871 si decise di ampliare in modo deciso le dimensioni della batteria, fino a renderla un vero e proprio Forte a strapiombo sugli scogli, progetto che però non venne eseguito a favore di un piccolo riammodernamento nel 1888; che portò anche ad un ammodernamento dell'armamento tre anni dopo. Furono collocati 4 cannoni da 24 GRC Ret, e due cannoni da 15 ARC Ret , situati un po' più in basso dell'antica linea di fuoco. Durante i primi anni del Novecento si pensò anche di demolire la Batteria, e spostarla in un altro sito, per far posto alla costruzione di corso Italia, ma con il "no" del Ministero della Guerra il sito rimase al suo posto e fu deviato l'andamento della strada. Separando in qualche modo la struttura, isolandola sul mare. Negli anni venti la batteria perse di importanza strategica, ora il nemico non sarebbe potuto arrivare dal mare, e la Batteria del Vagno fu sgombrata e limitata a incarichi di importanza marginale, fino al 1931 quando fu decisa la costruzione di faro marittimo, diretto dall'Istituto Idrografico della Regia Marina, tuttora attivo. Nel frattempo, i nuovi scenari diplomatici, considerarono l'installazione di una postazione contraerea e antinave con quattro pezzi da 88/56, e l'edificazione di due palazzine a sostegno. Nonostante alcune mutilazioni dovute all'urbanizzazione recente del luogo, la struttura esterna rimane visitabile, si può vedere l'antico piazzale settecentesco, ed i parapetti dei pezzi con il terrapieno. I locali sono però in concessione all'Istituto Idrografico della Marina che utilizza i locali come alloggi, e quindi non visitabili. Stefano Finauri, Forti di Genova, Servizi Editoriali, Genova, 2007, ISBN 978-88-89384-27-5 Tarantino Stefano-Gaggero Federico-Arecco Diana, Forti di Genova e sentieri tra Nervi e Recco alta via dei monti liguri, Edizioni del Magistero, Genova. Roberto Badino, Forti di Genova, Sagep, Genova 1969 Riccardo Dellepiane, Mura e fortificazioni di Genova, Nuova editrice genovese, Genova, 2008, [prima edizione 1984]. Cappellini A., Le Fortificazioni di Genova, Ed. F.lli Pagano Editore, Genova, 1939 Forti di Genova Batteria (militare) Corso Italia (Genova) Informazioni sulle batterie costiere genovesi, su fortidigenova.com. URL consultato il 12 gennaio 2010 (archiviato dall'url originale il 15 settembre 2009).

Genoa Open Challenger

Il Genoa Open Challenger, noto come AON Open Challenger - Memorial Giorgio Messina, è un torneo di tennis professionistico maschile che si tiene dal 2003 annualmente a Genova, in Italia, nel mese di settembre. L'evento fa parte dell'ATP Challenger Tour, è giocato sui campi in terra rossa all'aperto di Valletta Cambiaso nel quartiere di Albaro. Inaugurato nel 2003, segna il ritorno del grande tennis a Genova dopo l'ultima edizione dell'ATP di Genova disputata nel 1993. Il torneo è cresciuto di anno in anno in quanto a montepremi e livello tecnico dei giocatori. Per l'edizione del 2009, la prima con un montepremi di 85 mila dollari +H, il torneo prende il nome sponsorizzato AON Open Challenger Memorial Giorgio Messina e viene vinto da Alberto Martín che supera in finale Carlos Berlocq, autore di una straordinaria cavalcata partendo dalle qualificazioni. L'edizione del 2016 ha un montepremi 106 mila dollari e circa 24 mila spettatori e vede scendere in campo giocatori di altissimo livello, tra i quali gli ex top 10 Tommy Robredo e Nicolás Almagro e il vincitore Jerzy Janowicz, ex numero 14 al mondo e semifinalista al Torneo di Wimbledon 2013. Nel 2017 gli organizzatori daranno una wild card al giovane talento Stefanos Tsitsipas che vincerà il torneo battendo in finale Guillermo García López. Il successo rappresenta un trampolino di lancio per la carriera del tennista greco, che guadagna 41 posizioni nel ranking mondiale, sale alla 120ª e sei settimane dopo entra per la prima volta nella top 100 mondiale. Nel 2018 Lorenzo Sonego è il vincitore della sedicesima edizione e ripete il successo nel 2019 battendo in finale in tre set Alejandro Davidovich Fokina. La direzione del torneo è successivamente affidata a Sergio Palmieri, nome illustre del tennis internazionale, direttore organizzativo della Federazione Italiana Tennis (FIT), direttore degli Internazionali d’Italia e coordinatore del settore tecnico della FIT con l'incarico di organizzare tutti gli incontri di Coppa Davis e Fed Cup disputati in Italia. Nel corso degli anni, il torneo ha superato il tetto delle 25 mila presenze nell’arco della settimana. Nel 2020 e nel 2021 il torneo non si disputa a causa delle restrizioni per la pandemia di COVID-19. Dopo la pausa per la pandemia, una nuova edizione del torneo viene organizzata a settembre 2022, in concomitanza con il Salone nautico di Genova. Hypo Group Tennis International 1993 Sito ufficiale, su challengergenova.com. (EN) Il torneo sul sito dell'ATP Tour, su atptour.com.