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Ecomuseo urbano di Torino

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L'Ecomuseo Urbano di Torino (EUT) è un ecomuseo riguardante la città di Torino.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Ecomuseo urbano di Torino (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori).

Ecomuseo urbano di Torino
Rue Émile Desvaux, Paris Paris 19e Arrondissement (Paris)

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75019 Paris, Paris 19e Arrondissement (Paris)
Île-de-France, France
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Luoghi vicini

Chiesa di San Francesco da Paola (Torino)
Chiesa di San Francesco da Paola (Torino)

La chiesa di San Francesco di Paola è un edificio di culto cattolico che si trova nella zona centrale di Torino, in via Po angolo via S. Francesco da Paola. È sede dell'omonima parrocchia. Il progetto della chiesa e del convento è attribuito al padre Andrea Costaguta, sostenuto da Cristina di Francia, come dimostra lo stemma ducale inserito nella facciata conclusa nel 1667, lavorata dai maestri luganesi, tra cui Martino Solaro e Giacomo Papa. L'interno è decorato con marmi policromi settecenteschi, presenta una pianta rettangolare, con navata e sei cappelle laterali, con altari che erano di patronato delle famiglie che erano legate alla corte. Nella prima cappella a destra sono il monumento sepolcrale dei marchesi Morozzo della Rocca (1699) e il Transito di San Giuseppe del pittore Tommaso Lorenzone (metà secolo XIX); nella seconda il monumento di Tomaso e Marcantonio Graneri e l'Arcangelo Michele di Stefano Maria Legnani (fine secolo XVII); nella terza l'Immacolata e Santi di Giovanni Peruzzini. Sul lato sinistro la prima cappella, voluta da Anna Maria d'Orléans, presenta il dipinto di Santa Genoveffa di Daniel Seyter (fine del secolo XVII), ai lati opere di François Jossermé; nella seconda Gesù crocifisso con la Vergine e san Giovanni Evangelista, di scuola genovese, databile al secolo XVII. Nella terza cappella, commissionata dal cardinal Maurizio di Savoia, importante l'altare con la statua della Madonna del Buon Soccorso, di Tommaso Carlone (1655). Dello stesso autore è l'altare maggiore su disegno di Amedeo di Castellamonte (1664-1665), con al centro San Francesco da Paola in Gloria di Charles Dauphin (1664), e così il dipinto laterale Luisa di Savoia chiede la grazia, mentre quello con San Francesco da Paola che attraversa lo stretto di Messina è attribuito alla bottega. Touring Club Italiano, La Sindone e i percorsi del sacro a Torino e in Piemonte, Torino, 1998. Andrea Spiriti, I Carlone di Rovio. Elogio alla maniera, in Giorgio Mollisi (a cura di), Arte&Storia: Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, vol. 11, n. 52, Lugano, Edizioni Ticino Management, ottobre 2011, pp. 226-233. Laura Facchin, Biografia, in Giorgio Mollisi (a cura di), Arte&Storia: Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, vol. 11, n. 52, Lugano, Edizioni Ticino Management, ottobre 2011, pp. 234-245. Antonio Bosio, La Reale Chiesa di S. Francesco di Paola e le sue nuove pitture, Torino, G. Favale, 1858. Fratelli Reycend, Nuova guida de' forestieri per la reale città di Torino, ossia Descrizione di questa metropoli e de' suoi contorni, adorna di pianta e varie vedute, Torino, 1826. Giovanni Battista Semeria, Storia della chiesa metropolitana di Torino descritta dai tempi apostolici sino all'anno 1840, Torino, Stabilimento Tipografico Fontana, 1840. Luciano Tamburini, Le chiese di Torino: dal Rinascimento al Barocco, Edizioni Angolo Manzoni, 2002 [1968], ISBN 88-86142-64-1, SBN IT\ICCU\TO0\1269729. Opera Omnia Stefano Legnani-Legnanino (1660c.-1715c.) (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2014). Gustavo Mola di Nomaglio, Feudi e nobiltà negli stati dei Savoia: materiali, spunti, spigolature bibliografiche per una storia, con la cronologia feudale delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese, Società storica delle Valli di Lanzo, 2006. Vittorio Angius, Sulle famiglie nobili della monarchia di Savoia, vol. 4, Torino, Tipografia Giuseppe Cassone, 1837. Felice Pastore, Storia della reale basilica di Soperga, Stamperia Reale, 1814. Edifici di culto in Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Francesco da Paola Chiesa di San Francesco da Paola, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Chiesa di San Francesco da Paola, su Città e Cattedrali.

Caffè Fiorio
Caffè Fiorio

Il Caffè dei Fratelli Fiorio (noto semplicemente come Fiorio) è un caffè storico di Torino, situato nella centrale via Po. Storicamente era abituale ritrovo dei nobili all'epoca della restaurazione ed in seguito dei maggiori intellettuali e politici del Risorgimento. Ancora oggi è apprezzato ritrovo dei torinesi e dei turisti. Inaugurato nel 1780 nella Contrada di Po, l'elegante Caffè Fiorio fu inizialmente frequentato da aristocratici e alti ufficiali, in contrapposizione allo scomparso Caffè Calosso di via Dora Grossa, ricettacolo di ferventi rivoluzionari e patrioti. La frequentazione di una clientela di orientamento conservatore gli valse la definizione di «Caffè dei Machiavelli» o «Caffè dei Codini». Analogamente a quanto accadde per il vicino Caffè Baratti & Milano, anche il Fiorio fu citato dalla letteratura del tempo. La fama del Fiorio crebbe costantemente a tal punto da iniziare ad essere frequentato anche dalla borghesia del tempo, ma per l'aristocratica clientela abituale non fu più il Fiorio di un tempo, tant'è che nel 1850 cambiò nome (anche se per poco) in "Caffè della Confederazione Italiana". Si dovette attendere la fine dell'Ottocento per rivedere il Fiorio divenire rinomato luogo di incontro dei maggiori intellettuali e personaggi politici del Risorgimento, tra i quali: Urbano Rattazzi, Massimo d'Azeglio, Camillo Cavour, Giacinto Provana di Collegno, Cesare Balbo, Giovanni Prati, Santorre di Santa Rosa ed è risaputo alle cronache del tempo che re Carlo Alberto nutrisse la consuetudine quotidiana di chiedere che cosa si dicesse al Caffè Fiorio prima di aprire le sue udienze. In questo caffè nacque il cono gelato da passeggio. Il locale inizialmente comprendeva le prime tre sale comunicanti. Nel 1845 vi fu un primo restauro delle sale e degli arredi, introducendo le ancora presenti sedie in velluto rosso, le tappezzerie alle pareti e arricchendo i locali con affreschi e sculture di celebri artisti come Francesco Gonin e Giuseppe Bogliani. Nel 1850 il locale venne ampliato aggiungendo la grande sala longitudinale comunicante con il piano superiore, anch'esso costituito da tre salette comunicanti. Questa sala, normalmente adibita a sala ristorante, ha ospitato nel corso degli anni eventi culturali e musicali. Dal 1 febbraio 2013 al 21 marzo 2014 ha ospitato milonghe, serate danzanti di tango argentino. All'interno del locale vennero girate alcune scene del film Tutti giù per terra (1996) di Davide Ferrario. Piera Condulmer, Il Risorgimento al filtro dei Caffè torinesi, Daniela Piazza editore, Torino 1981 Caffè Baratti & Milano Caffè Mulassano Caffè San Carlo Caffè Confetteria Al Bicerin dal 1763 Luoghi d'interesse a Torino Storia del caffè Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Caffè Fiorio Caffè storici di Torino su comune.torino.it Sito ufficiale di Caffè Fiorio

Accademia Reale di Torino
Accademia Reale di Torino

L'Accademia Reale di Torino nacque dalla Reale Scuola di Artiglieria e Fortificazioni sabauda. Fu un'Accademia militare dal 1815 al 1862 e quindi accademia d'artiglieria fino al 1943. Nel 1673 l'architetto ducale Amedeo di Castellamonte, su progetto del defunto Duca Carlo Emanuele II e incentivato dalla reggente Madama Reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, madre del piccolo Vittorio Amedeo II, iniziò la costruzione di un palazzo destinato a racchiudere un'accademia cavalleresca, centro di studi e di formazione per la nobiltà di tutta Europa, sul modello delle Ritterakademien di altri paesi europei. Nel 1676-1680 il fabbricato fu costruito da Carlo Buzzi del fu Francesco di Viggiù. Deodato Ramelli del fu Cesare di Grancia, Carlo Ferretti del fu Giorgio di Torre e Antonio Casella di Giovanni Battista di Carona ebbero il compito di reperire e trasportare in loco il materiale lapideo utilizzato per la costruzione da Chianocco in Val di Susa dove si trovavano le cave. Il primo gennaio 1679 fu inaugurata la Reale Accademia di Savoia, alla quale affluirono prìncipi e giovani di nobili casati. Accanto ai sudditi sabaudi, vi erano italiani di ogni provenienza (in particolare dallo Stato Pontificio e dalla Repubblica di Venezia), ma un nucleo particolarmente consistente era rappresentato da inglesi, tedeschi, austriaci, boemi, polacchi, russi. Il meglio dell'aristocrazia di tali Paesi sino alla fine del Settecento trascorse a Torino più o meno lunghi periodi per formarsi come gentiluomini. L'Accademia Reale non era un'accademia militare, bensì una scuola per formare i giovani gentiluomini alla vita di corte: vi si insegnavano letteratura e storia, italiano e francese, ma anche il ballo, la scherma, gli esercizi equestri (per cui gli studenti disponevano dell'edificio della cavallerizza). Gli studenti, inoltre, erano portati ad assistere a diverse lezioni dell'Università di Torino. Ampio spazio era poi dedicato alle materie militari, soprattutto all'architettura ed alle fortificazioni. L'Accademia Reale, comunque, non era un'accademia militare; i suoi studenti non studiavano per divenire militari: si trattava di una carriera possibile, certo, ma non dell'unica. Il Re Vittorio Amedeo II diede un primo riassetto all'istituto nel 1729: furono ammessi anche gli studenti universitari e conseguentemente i corsi furono organizzati in tre distinti "appartamenti", secondo l'indirizzo degli allievi. Con una successiva riforma, nel 1756, i giovani a carriera militare furono avviati ad un corso di studio, mentre teologi e alti funzionari ricevettero un'istruzione più consona alla loro formazione. Nel 1798 la Reale Accademia di Savoia fu soppressa dai Francesi che avevano occupato lo Stato sabaudo. All'indomani della Restaurazione, il 2 novembre 1815, Vittorio Emanuele I istituì la Regia Militare Accademia, ponendole la sede nel palazzo castellamontiano che già aveva ospitato l'Accademia Reale. Il nuovo istituto differiva totalmente dal precedente: si trattava, infatti, di un istituto destinato unicamente a sudditi degli Stati sabaudi che desiderassero intraprendere la carriera militare. Ad esso si accedeva con la sola approvazione sovrana: 200 era il numero degli allievi previsti. Di essi 75 erano a carico del Governo; vi erano poi 16 “Paggi d'onore”, con pensione pagata dalla Reale Casa. L'Accademia Militare portava in sé, quindi, la tradizione dell'antica Paggeria di corte. L'ammissione era tra i 9 e i 12 anni di età e la durata del corso era di 8 anni per ottenere i gradi di sottotenente alla Fanteria o alla Cavalleria; di nove anni invece era il corso di studi per gli allievi dell'Artiglieria e del Genio, dai quali si usciva con il grado di Luogotenente. Il 15 marzo 1849 Carlo Alberto concesse all'istituto la Bandiera tricolore, in sostituzione di quella con la croce bianca in campo rosso. Dal 1857 furono ammessi solo giovani di almeno 16 anni; i corsi furono ridotti a 3 anni per gli allievi destinati ad entrare nelle “Armi di linea” ed a 4 anni per quelli che si preparavano per le “Armi speciali”. Due anni dopo si istituì un corso suppletivo presso la Scuola Militare di Fanteria di Ivrea, ma un anno dopo, il Ministro della Guerra, presentò istanza per tre distinti corsi di formazione degli Ufficiali di Fanteria, di Cavalleria e delle Armi Speciali (Stato Maggiore, Artiglieria e Genio), con età richiesta minima di 19 anni compiuti (R.D. del 13 marzo 1860). Successivamente lo stesso ministro, il generale Manfredo Fanti, pensò di istituire un'altra Scuola Militare, l'accademia militare di Modena, e unificando i corsi con le Accademie di Torino e di Napoli, dal 1865 fu l'unico istituto di reclutamento e formazione degli Ufficiali di Fanteria e Cavalleria del Regio Esercito Italiano. La Scuola d'Applicazione delle Armi di Artiglieria e Genio nel 1897, fu posta assieme alla Regia Accademia Militare" sotto un unico comando. Nel 1923 assume la denominazione ufficiale di Accademia militare di artiglieria e genio. Nel 1928 acquisì poi il titolo di Regia Accademia. Lo stabile che ospitava l'Accademia fu seriamente lesionato in diversi episodi a partire dal 1936. Trasferita a Lucca nel 1943, fu sciolta dopo l'8 settembre. I fabbricati rimasti intatti sono ancora oggi sede del 1º Reparto Infrastrutture dell'Esercito Italiano. Parte integrante di una struttura più ampia denominata "zona di comando" (sede di organi amministrativi del Regno Sabaudo), l'edificio dell'accademia era costituito da tre maniche che insieme al corpo di fabbrica dell'Antico Teatro Regio chiudevano un cortile interno. I fabbricati, a tre piani fuori terra con un loggiato verso il cortile, a sud e ad est furono edificati da Amedeo di Castellamonte mentre quello a nord fu opera dell'architetto Filippo Juvarra. Sfortunatamente a seguito di un incendio nel corpo del teatro nel 1936 e delle lesioni causate dai bombardamenti di Torino del 1942, della fabbrica castellamontiana seicentesca permangono pochi frammenti del loggiato: un breve tratto della manica di levante in via Verdi. Nel 1959 ci fu una ulteriore demolizione per fare posto all'attuale Teatro Regio di Carlo Mollino Ciononostante nel 1997 l'edificio è stato inserito nella lista del Patrimonio dell'umanità in quanto parte del sito seriale UNESCO Residenze Sabaude. 1683-1798 Paola Bianchi, La fortuna dell'Accademia Reale di Torino nei percorsi europei del viaggio di formazione, in Vittorio Alfieri. Aristocratico ribelle (1749-1803), a cura di R. Maggio Serra, F. Mazzocca, C. Sisi, C. Spantigati, catalogo della mostra allestita a Torino, Archivio di Stato, 5 ottobre 2003-11 gennaio 2004, Milano, Electa, 2003, pp. 150–153 Paola Bianchi, In cerca del moderno. Studenti e viaggiatori inglesi a Torino nel Settecento, «Rivista storica italiana», CXV (2003), fasc. III, pp. 1021–1051 Paola Bianchi, «Quel fortunato e libero paese». L'Accademia Reale e i primi contatti del giovane Alfieri con il mondo inglese, in Alfieri e il suo tempo, atti del convegno internazionale svoltosi a Torino-Asti, 29 novembre-1º dicembre 2001, a cura di M. Cerruti, M. Corsi, B. Danna, Firenze, Olschki, 2003, pp. 89–112 Paola Bianchi, Una palestra di arti cavalleresche e di politica. Presenze austro-tedesche all'Accademia Reale di Torino nel Settecento, in Le corti come luogo di comunicazione. Gli Asburgo e l'Italia (secoli XVI-XIX). Höfe als Orte der Kommunikation. Die Habsburger und Italien (16. bis 19. Jh.), atti del convegno internazionale Trento, Fondazione Bruno Kessler, 8-10 novembre 2007, a cura di M. Bellabarba e J.P. Niederkorn, Bologna-Berlin, il Mulino / Dunker & Humblot, 2010, pp. 135–153 Paola Bianchi, Conservazione e modernità: il binomio corte-città attraverso il prisma dell'Accademia Reale di Torino in La città nel Settecento. Saperi e forme di rappresentazione, a cura di M. Formica, A. Merlotti, A.M. Rao, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura Fabrizio Corrado, Il duca e lo scalpellino. Potere e mestiere in una fabbrica simbolo della capitale sabauda, l'Accademia Reale di Amedeo di Castellamonte, in Giorgio Mollisi (a cura di), Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, «Arte&Storia», anno 11, numero 52, ottobre 2011, Edizioni Ticino Management, Lugano 180-187. Fabrizio Corrado, Paolo San Martino, Il palazzo dell’Accademia Reale, 1675-1680, in "Carlo e Amedeo di Castellamonte 1571-1683. Architetti e ingegneri per i duchi di Savoia, a cura di A. Merlotti e C. Roggero, Roma, Campisano, 2016, pp. 117-128". 1815-1916 Francesco Luigi Rogier, La R. Accademia militare di Torino: note storiche 1816-1860, Torino, Candelotti, 1895, 2 voll. R. Pezzani, Il battaglione della speranza: l'Accademia militare di Torino 1816-1916, Torino, La Coccarda, 1948 Scuola d'applicazione di Torino Accademia Reale delle Residenze Reali Sabaude, su residenzerealisabaude.com. Museo Torino - Palazzo dell'Accademia Militare, su museotorino.it. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Accademia Reale di Torino

Biblioteca di storia e cultura del Piemonte
Biblioteca di storia e cultura del Piemonte "Giuseppe Grosso"

La Biblioteca di storia e cultura del Piemonte "Giuseppe Grosso" è una biblioteca pubblica, a vocazione universitaria e specialistica, appartenente alla Città metropolitana di Torino. La Biblioteca rappresenta un punto di riferimento essenziale per l'intera area regionale, grazie all'intrinseco valore culturale e testimoniale delle sue raccolte, arricchite anche da alcune preziosità e particolarità. Indirizzata al mondo universitario, ma aperta a tutti, vanta un patrimonio librario di 200.000 volumi, una nutrita sezione di periodici, ed un'ampia sezione archivistica; conserva inoltre raccolte grafiche, fotografiche e stampe storiche. La sede si trova in via Maria Vittoria, 12 all'interno di Palazzo Cisterna, già dei principi Dal Pozzo della Cisterna, a cui seguirono per via matrimoniale i duchi di Savoia-Aosta. Acquistato dalla Provincia di Torino nel 1940, questo palazzo di alta rappresentanza fu realizzato fra Sei e Settecento da un architetto anonimo (schema aperto a C su giardino e androne passante); nell'ultimo quarto del Settecento l'architetto Francesco Valeriano Dellala di Beinasco progettò una nuova manica sull'attuale via Carlo Alberto e la facciata principale sull'attuale via Maria Vittoria, ma nell'Ottocento il palazzo risultava ancora incompleto e i corpi del cortile dissimmetrici in altezza. Successivamente ampliato e modificato, Palazzo Cisterna riunisce elementi stilistici differenti, propri degli stili Barocco, Tardobarocco settecentesco, Eclettismo, Novecento e Razionalismo. La Biblioteca occupa parte del piano terreno del palazzo. Nella sala lettura il soffitto è ornato da decorazioni a stucco (Stuccatori luganesi, sec. XVII); uno dei locali interni, di particolare rilievo architettonico, era in origine il guardaroba del duca d'Aosta, mentre i fondi Ignazio Giulio, Gian Carlo Falconieri, Giorgio Anselmi, Marino Parenti, Lorenzo Valerio occupano l'Ala di Ponente del palazzo in due sale ridecorate ai tempi di Amedeo di Savoia-Aosta.