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Piazza Carlo Emanuele II

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Piazza emanuele filiberto Torino
Piazza emanuele filiberto Torino

Piazza Carlo Emanuele II è una delle piazze principali del centro della città sabauda, è attraversata da via Maria Vittoria e via Accademia Albertina, nelle vicinanze di via Po. Ha forma quadrata di 120x120 m. È universalmente conosciuta come Piazza Carlina (tanto da essere talvolta indicata così perfino nelle mappe stradali) dal nome del sovrano sabaudo, Carlo Emanuele II, sotto il quale avvenne la maggior espansione urbanistica della città dell'epoca.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Piazza Carlo Emanuele II (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Piazza Carlo Emanuele II
Piazza Carlo Emanuele Secondo, Torino Circoscrizione 1

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Piazza Carlo Emanuele Secondo
10123 Torino, Circoscrizione 1
Piemonte, Italia
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Piazza emanuele filiberto Torino
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Luoghi vicini

Chiesa di San Francesco da Paola (Torino)
Chiesa di San Francesco da Paola (Torino)

La chiesa di San Francesco di Paola è un edificio di culto cattolico che si trova nella zona centrale di Torino, in via Po angolo via S. Francesco da Paola. È sede dell'omonima parrocchia. Il progetto della chiesa e del convento è attribuito al padre Andrea Costaguta, sostenuto da Cristina di Francia, come dimostra lo stemma ducale inserito nella facciata conclusa nel 1667, lavorata dai maestri luganesi, tra cui Martino Solaro e Giacomo Papa. L'interno è decorato con marmi policromi settecenteschi, presenta una pianta rettangolare, con navata e sei cappelle laterali, con altari che erano di patronato delle famiglie che erano legate alla corte. Nella prima cappella a destra sono il monumento sepolcrale dei marchesi Morozzo della Rocca (1699) e il Transito di San Giuseppe del pittore Tommaso Lorenzone (metà secolo XIX); nella seconda il monumento di Tomaso e Marcantonio Graneri e l'Arcangelo Michele di Stefano Maria Legnani (fine secolo XVII); nella terza l'Immacolata e Santi di Giovanni Peruzzini. Sul lato sinistro la prima cappella, voluta da Anna Maria d'Orléans, presenta il dipinto di Santa Genoveffa di Daniel Seyter (fine del secolo XVII), ai lati opere di François Jossermé; nella seconda Gesù crocifisso con la Vergine e san Giovanni Evangelista, di scuola genovese, databile al secolo XVII. Nella terza cappella, commissionata dal cardinal Maurizio di Savoia, importante l'altare con la statua della Madonna del Buon Soccorso, di Tommaso Carlone (1655). Dello stesso autore è l'altare maggiore su disegno di Amedeo di Castellamonte (1664-1665), con al centro San Francesco da Paola in Gloria di Charles Dauphin (1664), e così il dipinto laterale Luisa di Savoia chiede la grazia, mentre quello con San Francesco da Paola che attraversa lo stretto di Messina è attribuito alla bottega. Touring Club Italiano, La Sindone e i percorsi del sacro a Torino e in Piemonte, Torino, 1998. Andrea Spiriti, I Carlone di Rovio. Elogio alla maniera, in Giorgio Mollisi (a cura di), Arte&Storia: Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, vol. 11, n. 52, Lugano, Edizioni Ticino Management, ottobre 2011, pp. 226-233. Laura Facchin, Biografia, in Giorgio Mollisi (a cura di), Arte&Storia: Svizzeri a Roma nella storia, nell'arte, nella cultura, nell'economia dal Cinquecento ad oggi, vol. 11, n. 52, Lugano, Edizioni Ticino Management, ottobre 2011, pp. 234-245. Antonio Bosio, La Reale Chiesa di S. Francesco di Paola e le sue nuove pitture, Torino, G. Favale, 1858. Fratelli Reycend, Nuova guida de' forestieri per la reale città di Torino, ossia Descrizione di questa metropoli e de' suoi contorni, adorna di pianta e varie vedute, Torino, 1826. Giovanni Battista Semeria, Storia della chiesa metropolitana di Torino descritta dai tempi apostolici sino all'anno 1840, Torino, Stabilimento Tipografico Fontana, 1840. Luciano Tamburini, Le chiese di Torino: dal Rinascimento al Barocco, Edizioni Angolo Manzoni, 2002 [1968], ISBN 88-86142-64-1, SBN IT\ICCU\TO0\1269729. Opera Omnia Stefano Legnani-Legnanino (1660c.-1715c.) (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2014). Gustavo Mola di Nomaglio, Feudi e nobiltà negli stati dei Savoia: materiali, spunti, spigolature bibliografiche per una storia, con la cronologia feudale delle Valli di Lanzo, Lanzo Torinese, Società storica delle Valli di Lanzo, 2006. Vittorio Angius, Sulle famiglie nobili della monarchia di Savoia, vol. 4, Torino, Tipografia Giuseppe Cassone, 1837. Felice Pastore, Storia della reale basilica di Soperga, Stamperia Reale, 1814. Edifici di culto in Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Francesco da Paola Chiesa di San Francesco da Paola, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Chiesa di San Francesco da Paola, su Città e Cattedrali.

Museo di antropologia ed etnografia dell'Università degli Studi di Torino

Il Museo di Antropologia ed Etnografia dell'Università degli Studi di Torino (MAET) è stato fondato nel 1926 dal medico psichiatra e antropologo Giovanni Marro. È chiuso al pubblico dal 1984 e fa parte del Sistema Museale di Ateneo dal 2014; è in attesa di essere riallestito presso il Palazzo degli Istituti Anatomici di Torino, dove sono già presenti il Museo di Anatomia Umana Luigi Rolando e il Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso. La storia del Museo è collegata a quella dell’omonimo Istituto universitario nato nel 1923 negli ammezzati di Palazzo Carignano e presieduto dallo stesso Marro. Sin da subito, il direttore avviò la costituzione di una ricca collezione di reperti antropologici, frutto di campagne di scavo condotte in Egitto dalla Missione Archeologica Italiana guidata da Ernesto Schiaparelli a cui Marro partecipò in quanto antropologo. Contemporaneamente, il nascente patrimonio del Museo fu arricchito da raccolte di manufatti etnografici di svariata origine e provenienza, nonché manufatti artistici realizzati da ricoverati presso l’Ospedale Psichiatrico di Collegno. Nel 1936 le collezioni furono trasferite nella sede dell’antico Ospedale San Giovanni Battista di Torino. Disponendo di nuovi locali, le collezioni si ampliarono notevolmente. Tra il 1962 ed il 1968 si attuò una nuova fase di ristrutturazione e venne impostato un nuovo percorso espositivo. Nel 1984 il MAET fu costretto alla chiusura al pubblico in quanto i locali dello storico edificio non erano più rispondenti alle nuove norme di sicurezza. Fra il 1996 e il 2014 furono realizzate numerose azioni volte alla presentazione delle collezioni attraverso l’allestimento di mostre tematiche temporanee o itineranti e cicli di conferenze. Con l'adesione al Sistema Museale di Ateneo di Torino nel 2014, è stato avviato il progetto di trasferimento delle collezioni al Palazzo degli Istituti Anatomici. Il nucleo fondante del Museo è la collezione di reperti antropologici egizi che consta di 550 scheletri completi (di cui una sessantina di epoca neolitica) e 600 crani isolati, la maggior parte in ottimo stato di conservazione. Questi reperti provengono dagli scavi della Missione Archeologica Italiana in Egitto fra il 1905 e il 1920 presso le località di Gebelein, Assuan, e Asyut. Oltre al materiale osteologico, la collezione comprende 80 teste di mummia (alcune predinastiche) e più di 30 corpi mummificati o imbalsamati. Il MAET conserva una ricca collezione etnografica, frutto di donazioni avvenute nel corso del Novecento da parte di ricercatori, viaggiatori e antiquari. Il corpus etnografico offre esempi della cultura materiale di una grande varietà di culture. Le provenienze dei manufatti, infatti, toccano tutti i continenti. Di area europea vanno citati i corpora dalle Alpi occidentali e dalla Romania. Dall'Africa sono presenti oggetti raccolti nel Congo belga tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX, ma anche manufatti prodotti in Africa orientale, in Zambia, in Sud Africa, nel Corno d'Africa e in Libia. Il corpus più consistente è quello asiatico che comprende oggetti provenienti da Afghanistan, Pakistan, India, Cina, Giappone e Giava. Dall'America del nord si contano numerosi cestini e oggetti di uso quotidiano prodotti sulla costa nord occidentale. Il corpus latinoamericano è, invece, composto da manufatti provenienti da Messico, Guatemala, Brasile e dall'area di Gran Chaco. Dal Messico provengono, inoltre, una sessantina di reperti archeologici, molto probabilmente di origine Maya, mentre dal Perù è conservato un reperto umano mummificato risalente alla cultura Chancay. Il museo poi custodisce l’unico Zemi antillano della popolazione Taino in cotone esistente al mondo di epoca precolombiana, rinvenuto a fine Ottocento in una grotta della Repubblica Dominicana. Nella prima metà del Novecento, il fondatore del Museo collezionò anche una raccolta di manufatti artistici realizzati da ricoverati nei Regi Ospedali Psichiatrici di Torino (in particolare di Collegno), dove lavorava come psichiatra. Già il padre, Antonio Marro, Direttore del Mamicomio fra il 1890 e il 1913, aveva espresso interesse per le creazioni artistiche prodotte in ambito manicomiale e aveva iniziato a conservarle. A partire dagli anni 80 del Novecento, la collezione è stata ribattezzata Art Brut, rifacendosi alla definizione del pittore francese Jean Dubuffet. Fra il patrimonio museale si possono inoltre annoverare collezioni archeologiche, collezioni osteologiche varie, collezioni di strumenti scientifici, collezioni cerebrologiche, collezioni di calchi in gesso e in resina e collezioni fotografiche. Infine, il MAET comprende anche una biblioteca storica di 350 volumi e un archivio storico di 5 metri lineari. R. Boano, E. Rabino Massa, «Il Museo di Antropologia ed Etnografia», in: Giacobini (a cura di) La Memoria della Scienza. Musei e collezioni dell'Università di Torino, Torino, Fondazione CRT Ed, 2004 M. Masali, «A History of Anthropology in Turin’s Faculty of Sciences», in: J. Biol. Res., LXXXIV(1), 2011 G. Mangiapane, E. Grasso, Il patrimonio, i non detti e il silenzio: le storie del MAET, in: “Roots&Routes. Research on Visual Cultures”, IX (30), 2019, ISSN 2039-5426. C. Pennacini, «Immagini dell’Africa nel collezionismo italiano di oggetti del Congo», in: Castelli, Laurenzi (a cura di), Permanenze e metamorfosi dell’immaginario coloniale in Italia, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000 Musei di Torino (e luoghi d'interesse a Torino in generale) Sito ufficiale, su unito.it. Sito ufficiale

Chiesa di San Michele (Torino)
Chiesa di San Michele (Torino)

La chiesa di San Michele Arcangelo (Qisha Arbëreshe e Shën Mikelit in albanese) è un edificio religioso di Torino, sito in Borgo Nuovo, all'angolo di piazza Cavour con via Giolitti. La chiesa appartiene all'Eparchia di Lungro, circoscrizione della Chiesa cattolica italo-albanese e officia la liturgia secondo il rito bizantino per circa diecimila italo-albanesi emigrati dal sud d'Italia e Sicilia e residenti da decenni in città e in Piemonte La chiesa è stata eretta tra il 1784 e il 1788 su progetto di Pietro Bonvicini, che realizzò anche l'intero isolato di cui fa parte (1788-1795). La chiesa è annessa al complesso del convento dei Padri Trinitari Scalzi del Riscatto degli Schiavi, detti di San Michele, per i quali è stata concepita. Soppressi gli ordini monastici in seguito all'occupazione francese, i Padri Trinitari vennero trasferiti dalla chiesa nel 1801 e da quel momento essa è stata adibita a parrocchia. Seriamente bombardata durante la seconda guerra mondiale, la chiesa ha subito un attento restauro nel Novecento e dal 1965 è adibita alla comunità albanese d'Italia (arbëreshe) di rito bizantino. Nel dopoguerra, periodo in cui in Piemonte è avvenuta l'immigrazione dall'Italia meridionale, numerosi italo-albanesi si sono stanziati a Torino e gli venne assegnata per il loro culto bizantino la chiesa dismessa di San Michele Arcangelo. La parrocchia conta 10.000 fedeli arbëreshë, che provengono in larga misura dalla Calabria e dalla Sicilia; a Torino e cintura sono circa 4.000. Frequentano da tempi recenti la chiesa anche alcune famiglie greche e alcuni slavi (anche ucraini greco-cattolici); si segnala inoltre la presenza di albanesi immigrati post-comunismo dall’Albania. La chiesa ha diffuso in passato il bollettino Arbëresh Piemonte; ora pubblica il foglio domenicale La Domenica (E Diela in lingua albanese). In Italia due sono gli eparchi (vescovi) italo-albanesi per le comunità albanesi d'Italia, con sede in Calabria (Lungro) e Sicilia (Piana degli Albanesi); i fedeli sono circa 80.000. All'inizio i fedeli arbëreshë erano principalmente operai, occupati nell'industria automobilistica in espansione; oggi il quadro professionale è più diversificato. Nella chiesa sono presenti icone, alcune provenienti dai Balcani (Albania, Grecia, ecc.), altre dipinte da membri della comunità. Marziano Bernardi, Torino - Storia e arte, Torino, Fratelli Pozzo, 1975 Berzano L. e Cassinasco A., Cristiani d'Oriente in Piemonte (Popoli in cammino – gli Arbëresh in Piemonte), Torino, L'Harmattan Italia, 1999 M. Moraglio, La cittadella assediata. Parrocchie e nuove chiese a Torino 1945-1965, Torino, 2008 Arbëreshë Chiesa cattolica italo-albanese Edifici di culto a Torino Rito bizantino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Michele Arcangelo

Biblioteca di storia e cultura del Piemonte
Biblioteca di storia e cultura del Piemonte "Giuseppe Grosso"

La Biblioteca di storia e cultura del Piemonte "Giuseppe Grosso" è una biblioteca pubblica, a vocazione universitaria e specialistica, appartenente alla Città metropolitana di Torino. La Biblioteca rappresenta un punto di riferimento essenziale per l'intera area regionale, grazie all'intrinseco valore culturale e testimoniale delle sue raccolte, arricchite anche da alcune preziosità e particolarità. Indirizzata al mondo universitario, ma aperta a tutti, vanta un patrimonio librario di 200.000 volumi, una nutrita sezione di periodici, ed un'ampia sezione archivistica; conserva inoltre raccolte grafiche, fotografiche e stampe storiche. La sede si trova in via Maria Vittoria, 12 all'interno di Palazzo Cisterna, già dei principi Dal Pozzo della Cisterna, a cui seguirono per via matrimoniale i duchi di Savoia-Aosta. Acquistato dalla Provincia di Torino nel 1940, questo palazzo di alta rappresentanza fu realizzato fra Sei e Settecento da un architetto anonimo (schema aperto a C su giardino e androne passante); nell'ultimo quarto del Settecento l'architetto Francesco Valeriano Dellala di Beinasco progettò una nuova manica sull'attuale via Carlo Alberto e la facciata principale sull'attuale via Maria Vittoria, ma nell'Ottocento il palazzo risultava ancora incompleto e i corpi del cortile dissimmetrici in altezza. Successivamente ampliato e modificato, Palazzo Cisterna riunisce elementi stilistici differenti, propri degli stili Barocco, Tardobarocco settecentesco, Eclettismo, Novecento e Razionalismo. La Biblioteca occupa parte del piano terreno del palazzo. Nella sala lettura il soffitto è ornato da decorazioni a stucco (Stuccatori luganesi, sec. XVII); uno dei locali interni, di particolare rilievo architettonico, era in origine il guardaroba del duca d'Aosta, mentre i fondi Ignazio Giulio, Gian Carlo Falconieri, Giorgio Anselmi, Marino Parenti, Lorenzo Valerio occupano l'Ala di Ponente del palazzo in due sale ridecorate ai tempi di Amedeo di Savoia-Aosta.

Caffè Fiorio
Caffè Fiorio

Il Caffè dei Fratelli Fiorio (noto semplicemente come Fiorio) è un caffè storico di Torino, situato nella centrale via Po. Storicamente era abituale ritrovo dei nobili all'epoca della restaurazione ed in seguito dei maggiori intellettuali e politici del Risorgimento. Ancora oggi è apprezzato ritrovo dei torinesi e dei turisti. Inaugurato nel 1780 nella Contrada di Po, l'elegante Caffè Fiorio fu inizialmente frequentato da aristocratici e alti ufficiali, in contrapposizione allo scomparso Caffè Calosso di via Dora Grossa, ricettacolo di ferventi rivoluzionari e patrioti. La frequentazione di una clientela di orientamento conservatore gli valse la definizione di «Caffè dei Machiavelli» o «Caffè dei Codini». Analogamente a quanto accadde per il vicino Caffè Baratti & Milano, anche il Fiorio fu citato dalla letteratura del tempo. La fama del Fiorio crebbe costantemente a tal punto da iniziare ad essere frequentato anche dalla borghesia del tempo, ma per l'aristocratica clientela abituale non fu più il Fiorio di un tempo, tant'è che nel 1850 cambiò nome (anche se per poco) in "Caffè della Confederazione Italiana". Si dovette attendere la fine dell'Ottocento per rivedere il Fiorio divenire rinomato luogo di incontro dei maggiori intellettuali e personaggi politici del Risorgimento, tra i quali: Urbano Rattazzi, Massimo d'Azeglio, Camillo Cavour, Giacinto Provana di Collegno, Cesare Balbo, Giovanni Prati, Santorre di Santa Rosa ed è risaputo alle cronache del tempo che re Carlo Alberto nutrisse la consuetudine quotidiana di chiedere che cosa si dicesse al Caffè Fiorio prima di aprire le sue udienze. In questo caffè nacque il cono gelato da passeggio. Il locale inizialmente comprendeva le prime tre sale comunicanti. Nel 1845 vi fu un primo restauro delle sale e degli arredi, introducendo le ancora presenti sedie in velluto rosso, le tappezzerie alle pareti e arricchendo i locali con affreschi e sculture di celebri artisti come Francesco Gonin e Giuseppe Bogliani. Nel 1850 il locale venne ampliato aggiungendo la grande sala longitudinale comunicante con il piano superiore, anch'esso costituito da tre salette comunicanti. Questa sala, normalmente adibita a sala ristorante, ha ospitato nel corso degli anni eventi culturali e musicali. Dal 1 febbraio 2013 al 21 marzo 2014 ha ospitato milonghe, serate danzanti di tango argentino. All'interno del locale vennero girate alcune scene del film Tutti giù per terra (1996) di Davide Ferrario. Piera Condulmer, Il Risorgimento al filtro dei Caffè torinesi, Daniela Piazza editore, Torino 1981 Caffè Baratti & Milano Caffè Mulassano Caffè San Carlo Caffè Confetteria Al Bicerin dal 1763 Luoghi d'interesse a Torino Storia del caffè Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Caffè Fiorio Caffè storici di Torino su comune.torino.it Sito ufficiale di Caffè Fiorio