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Belvedere (Genova)

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Belvedere panorama
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Belvedere (Bervei in ligure) è un quartiere del comune di Genova ed una delle unità urbanistiche che compongono la circoscrizione di Sampierdarena. Fa parte del Municipio II Centro Ovest. La collina su cui sorge (altitudine: 129 m slm) si affaccia sul versante sinistro della Val Polcevera e sul sottostante abitato di Sampierdarena. Gli antichi genovesi denominarono questa località Belovidere per la folta vegetazione e per la presenza di numerose ville e giardini patrizi che a partire dal XV secolo molte famiglie nobili di Genova vi avevano costruito come loro residenze di campagna. Il toponimo, di derivazione intuitiva, fa riferimento al panorama che si gode da questa collina, che insieme a quella di Coronata, sul versante opposto della valle, segna la fine della Valpolcevera. Il panorama spazia dal monte di Portofino a Capo Mele, con ampia vista sulla Valpolcevera, facendo della collina un luogo strategico, caratteristica che nell'Ottocento ne ha determinato la militarizzazione, con la costruzione di fortificazioni che hanno stravolto e sacrificato l'abitato. A poca distanza da Belvedere si trova la località detta Crocetta (in ligure Croxetta de Bervei), il cui nome fa riferimento all'incrocio tra due antiche strade, quella che da Sampierdarena, superato Belvedere, proseguiva a mezza costa per l'alta Valpolcevera e quella che da Genova (quartiere di San Teodoro) conduceva a ponente passando per il Campasso (altro rione sampierdarenese nella bassa Valpolcevera). Questo incrocio, anche se non più frequentato dai viaggiatori, è ancor oggi riconoscibile e ben delimitato da antiche case. Per secoli importante luogo di transito, fino all'apertura delle prime strade di fondovalle, anche questo borgo ospitò case di villeggiatura di ricche famiglie genovesi e nell'Ottocento subì anch'esso i disagi causati dalla presenza del vicino Forte Crocetta, costruito poco più a monte del citato quadrivio sulla struttura del soppresso convento agostiniano del S.S. Crocefisso, con annessa chiesa, risalente ai primi anni del Seicento. Sulla piazza principale, in posizione dominante sull'abitato di Sampierdarena, sorge il Santuario di Nostra Signora di Belvedere, la cui prima edificazione risale alla fine del XIII secolo come cappella dell'annesso convento delle monache agostiniane. La chiesa, citata per la prima volta in un documento del 1285, è composta da un'unica navata ed ha subito nel tempo una serie di rifacimenti. Nel 1665 è stata completamente rifatta ed arricchita dei due altari laterali. Le pareti sono ornate da pregevoli tele e dipinti. Nel 1351 alle monache agostiniane subentrarono i frati dello stesso ordine che, salvo un'interruzione dal 1409 al 1472, vi rimasero fino alla soppressione napoleonica del 1800. Nel 1819 la chiesa rischiò di essere demolita per far spazio alle fortificazioni volute dal governo sabaudo, provvedimento poi rientrato. La chiesa fu riaperta nel 1821, sotto la custodia di preti diocesani. Fu eretta in parrocchia dal 1931 (con decreto del 24 dicembre 1930) dal cardinale Carlo Dalmazio Minoretti, arcivescovo di Genova. La festa patronale viene celebrata nella solennità della Natività di Maria, l'8 settembre. Caratterizza il paesaggio di Belvedere anche la presenza di diverse fortificazioni (vedi anche Mura di Genova), costruite tra il 1815 e il 1830. Già durante gli assedi austriaci del 1746-1747 e del 1800 sull'altura di Belvedere erano state approntate delle postazioni difensive. Vista l'importanza strategica della collina, a partire dal 1815, dopo l'annessione della Liguria al Regno di Sardegna, stabilita dal Congresso di Vienna, furono erette dal governo sabaudo due nuove fortificazioni che avevano lo scopo di difendere le mura principali di Genova: Forte Belvedere, la cui struttura costituisce oggi il terrapieno del campo sportivo M. Morgavi; per la sua realizzazione furono demolite diverse case ed anche la chiesa rischiò di essere abbattuta. Alla fine dell'Ottocento, venute meno le motivazioni strategiche che avevano portato alla sua edificazione, fu trasformato in una batteria a difesa del porto di Genova. Nel 1938 vi fu collocata una batteria contraerea. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 fu occupato dai soldati tedeschi che lo tennero fino al termine del conflitto. Nel dopoguerra, dismesso dal demanio militare, fu ceduto a privati. Come detto, dagli anni settanta sulla sua struttura sorge il campo sportivo Morgavi. Forte Crocetta, sovrastato dall'imponente Forte Tenaglia (che fa parte delle mura secentesche di Genova, anch'esso ampliato tra il 1815 e il 1830), fu costruito poco a monte di Belvedere, presso il borgo della Crocetta, sull'area già occupata dal secentesco convento degli Agostiniani e dall'annessa chiesa del Santissimo Crocefisso. L'edificio religioso fu demolito nel 1818. La costruzione del forte, dopo una modifica di progetto intervenuta nel corso dei lavori, si concluse nel 1830. Dismesso dal demanio militare nel 1914, a varie riprese fu abitato fino al 1961. Oggi è chiuso e in stato di abbandono. Corinna Praga, Genova fuori le mura, Fratelli Frilli Editori, 2006. Goffredo Casalis, Dizionario geografico, storico, statistico e commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, 1849. Stefano Finauri, Forti di Genova, Edizioni Servizi Editoriali, 2007. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Belvedere

Estratto dall'articolo di Wikipedia Belvedere (Genova) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

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Salita Belvedere, Genova Sampierdarena

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Salita Belvedere

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Villa Serra Doria Masnata
Villa Serra Doria Masnata

Villa Serra Doria Masnata è un edificio civile storico di Genova, risalente al XII secolo. Affacciata su via Cantore, il progetto della villa venne commissionato nel 1613 all'architetto Bartolomeo Bianco da parte del nobile Paolo Serra. Federico Alizeri, nella sua Guida del 1875, la indica di proprietà della famiglia Doria. Dalla planimetria di Matteo Vinzoni del 1757 si evince la presenza di un vasto terreno, oggi ridottissimo, che si sviluppava dall'asse fondamentale interno (via Nicolò Daste) sino alla la ripida "crosa" (l'attuale salita Salvator Rosa) che conduceva alla chiesa di San Bartolomeo Apostolo del Promontorio. Diverse le vicissitudini dell'edificio. Nel 1746 la villa divenne sede del quartiere generale austriaco, sotto il comando del Generale Antoniotto Botta Adorno inviato dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria. Nel XIX secolo la proprietà passò alla famiglia Masnata, poi al Comune di Sampierdarena, per ospitarvi nel 1874 l'Ospedale Civile. Tra il 1919 e il 1926 l'edificio ospitò un collegio femminile delle suore Cappellone. La villa con il giardino rimangono inalterati sino ai primi decenni del Novecento con l'apertura di via Cantore (1930-1935). Con l'abbassamento della quota del terreno, dovuto alla costruzione della via, l'edificio ha cambiato le proporzioni originarie. Il palazzo fu poi sede della Biblioteca Gallino, spostata e del Liceo Classico Giuseppe Mazzini e dal 1967 ospita la Scuola Media Statale "Nicolò Barabino". La decorazione originaria della facciata si è persa, come pure affreschi che decoravano gli ambienti interni. La tipologia architettonica richiama vagamente la vicina villa Imperiale Scassi, caratterizzata da una struttura rettangolare sviluppata in lunghezza e tripartita nella facciata. Le ali ed il poggiolo sono posteriori al progetto del Bianco. Gli ambienti interni sono caratterizzati al primo piano dalla sala retrostante all'ingresso e da un'apertura verso il giardino, tutto disposto in asse di simmetria. Al secondo piano si accede tramite lo scalone impostato a sinistra in fondo all'ingresso. Al piano superiore viene mantenuta la tripartizione degli ambienti come il piano sottostante, dove al centro sono disposti la loggia e il grande salone e ai lati i salotti e camere realizzando una continuità di visuale nella ripartizione degli ambienti da nord a sud verso il mare. Luciano Grossi Bianchi, Emmina De Negri, Cesare, Fera, Le Ville Genovesi, Genova, Italia Nostra, 1967, pag. 189. Armando Di Raimondo, Luciana Müller Profumo, Bartolomeo Bianco e Genova: la controversa paternità dell'opera architettonica tra '500 e '600, Genova, E.R.G.A., 1982, pp. 18-20. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su villa Serra Doria Masnata

Villa Serra Doria Monticelli
Villa Serra Doria Monticelli

Villa Serra Doria Monticelli è una villa patrizia genovese fatta erigere dalla famiglia Serra tra il XV secolo e il XVII secolo. L'epoca di costruzione dell'edificio è incerta, probabilmente quattrocentesca, mentre potrebbe appartenere ad un'aggiunta successiva la torretta difensiva e il corpo rustico, probabilmente settecentesco. Nel 1757 la planimetria di Matteo Vinzoni l'attesta come proprietà di Giuseppe Serra, appartenente ad un casato molto florido e che vantava proprietà soprattutto nella vicina Cornigliano. Sempre del Settecento e documentata dal Vinzoni è l'edificazione dell'edificio aggiunto, probabilmente un rustico poi riconvertito ad area industriale. La villa passa poi alla famiglia Doria, come testimoniato dall'Alizeri nel 1875, passa poi alla famiglia Monticelli nel XX secolo che la adibisce a mobilificio. Successivamente la parte posteriore venne accorpata con il fabbricato industriale di più tarda edificazione. La villa è oggi utilizzata come abitazione e suddivisa in appartamenti. La pianta trapezoidale e piuttosto irregolare della villa, così come la loggia a quattro arcate del piano nobile e le dimensioni ridotte rispetto ad altre costruzioni vicine (Villa Grimaldi (La Fortezza), Villa Imperiale Scassi) la classificano come un edificio eretto tra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento. L'ingresso è su Via Daste dove la villa appare disadorna e priva di elementi decorativi sulla facciata escluso il marcapiano tra pianterreno e piano nobile e il grande portale rinascimentale di robusto bugnato in pietra di Promontorio, specularmente sul lato opposto si apriva un'altra entrata che immetteva nel giardino, più modesto rispetto a quelli degli altri parchi cinquecenteschi. La costruzione è dominata dalla loggia posteriore al piano nobile formata da quattro fornici decorati da capitelli ionici e dalla quale si accedeva al salone orientato a nord. All'interno i vani sono disposti a pettine e orientati a settentrione e a mezzogiorno. Il raccordo tra i piani avviene tramite lo scalone originale e una scala di più recente fattura posta vicino all'androne tra il muro antico e la nuova costruzione. Le decorazioni a soffitto e gli affreschi, attribuiti ai Calvi, sono oggi molto compromesse, ne sopravvivono alcuni spezzoni nelle volte dell'atrio e in alcune stanze del piano nobile (in particolare alcune scene dell'Orlando furioso al primo piano), mentre sono appena accennate nella loggia. L'Alizeri menziona una decorazione del salone, posta in cinque riquadri, e raffigurante le Fatiche di Ercole, mentre nella sezione centrale è raffigurato Ercole dinnanzi al concilio degli Dei. Il giardino, che in origine si estendeva verso il mare fino al convento e alla chiesa di Santa Maria della Cella, seguì il destino di molti altri nella zona, prima ridotto per la costruzione del viadotto della ferrovia Torino-Genova e l'apertura di Via Buranello (intorno alla metà dell'Ottocento) e infine smembrato e lottizzato. AA.VV., Ville del ponente e della Val Polcevera, Sagep 1986 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Serra Doria Monticelli Sampierdarena.it - Villa Serra Doria Monticelli, su sampierdarena.ge.it (archiviato dall'url originale il 28 febbraio 2014). Villa Serra Doria , su villaserradoria.it. Ville di Genova Sampierdarena, su stedo.it.

Villa Doria delle Franzoniane
Villa Doria delle Franzoniane

Villa Doria, ora Istituto Madri Pie Franzoniane, è una villa patrizia genovese situata nel quartiere di Sampierdarena. Venne fatta costruire dalla famiglia Doria nel XVI secolo, ma a differenza di altre ville del quartiere, tutte disposte su un asse immaginario ben riconoscibile, questa è disposta in posizione angolata, nella parte inferiore di via Nicolò D'Aste. Del progetto originale sopravvive l'edificio centrale e la torretta di difesa, mentre è aggiunta successiva il ninfeo del giardino, fatto erigere nel 1594 in occasione del matrimonio tra una Doria e Camillo Pavese. Il parco della villa, anche se notevolmente ridotto rispetto all'originale, presenta ancora caratteristiche tipiche del gusto tardo-manierista per le meraviglie artificiali e il richiamo a simboli astronomici e alchemici. Al termine del XVIII secolo la villa venne ceduta alla famiglia Franzoni, successivamente Paolo Gerolamo Franzoni, abate appartenente alla famiglia, la cedette alla congregazione delle Madri Pie che ancora oggi vi risiedono. Intorno agli anni venti del Novecento l'edificio divenne sede dei membri anziani del gruppo scout, i quali, con l'approvazione delle suore, in quel periodo scavarono e asportarono i detriti delle fondamenta della villa, ricavandosi alcuni spazi per l'aggregazione. Nel 1935 alla struttura originale dell'edificio venne aggiunta la parte affacciata su via Cantore. La villa, utilizzata oggi come scuola materna, è stata restaurata, anche se parte del suo splendore è andato perduto con l'aggiunta di altri edifici più recenti addossati alla costruzione.

Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (Genova, Sampierdarena)
Chiesa di San Bartolomeo Apostolo (Genova, Sampierdarena)

La chiesa di San Bartolomeo Apostolo è un luogo di culto cattolico Italiano, situato a Promotorio, località del quartiere genovese di Sampierdarena. La sua comunità parrocchiale fa parte del vicariato di Sampierdarena dell'arcidiocesi di Genova. Sorge sulla costa della collina di Promontorio, antico borgo rurale sulle alture di Sampierdarena, al margine della salita proveniente da San Bartolomeo del Fossato. La chiesa fu fondata dai religiosi vallombrosani come dipendenza della sottostante abbazia San Bartolomeo del Fossato, con la stessa intitolazione. Tradizionalmente è indicato il 1090 come anno di fondazione, ed è citata, in termini assai generici, in un documento del 1138, mentre il primo documento specifico riferito all'insediamento è del 1311. Rimasta una dipendenza dei vallombrosani fino a quando essi restarono al Fossato, fu più volte ristrutturata e trasformata nel corso dei secoli. Nel 1580 fu restaurata a spese del patrizio Bartolomeo Centurione. Nel 1632 i monaci di Vallombrosa abbandonarono definitivamente le due chiese, che vennero entrambe affidate all'arcivescovo di Genova, quella del Fossato come commenda e quella di Promontorio come parrocchia, funzioni esercitate tramite vicari da lui delegati. Intorno al 1780 fu condotta una profonda trasformazione architettonica, che stravolse l'originario impianto romanico, e nella prima metà dell'Ottocento, grazie ai contributi di alcuni fedeli, la chiesa venne ulteriormente ampliata. Con questi due interventi vennero aggiunte le due navate laterali, rifatta la facciata ed ampliati presbiterio ed abside. A partire dal 1865 con l'istituzione delle nuove parrocchie di Santa Maria delle Grazie e di San Gaetano la giurisdizione parrocchiale di Promontorio venne fortemente ridimensionata. Altre parti del territorio parrocchiale vennero scorporate nel corso del Novecento per la creazione di altre nuove parrocchie (Belvedere, Fossato, Santa Maria della Vittoria). Restauri eseguiti verso la fine dell'Ottocento hanno portato alla luce alcune delle superstiti strutture medioevali, attraverso le quali è stato possibile ricostruire la struttura originaria dell'edificio. Nonostante gli ampliamenti intervenuti nel corso dei secoli, la chiesa si presenta di modeste dimensioni ed appare oggi nel suo rifacimento ottocentesco. La facciata a capanna è priva di decorazioni ed ha un portale molto semplice, sormontato da una finestra semicircolare. Caratteristica è la torre nolare, unico elemento superstite della struttura romanica originaria, che si eleva sulla crociera: di forma esagonale, è costruita in pietra di Promontorio e termina con una cuspide piramidale in mattoni. La chiesa ha tre brevi navate, ciascuna con un proprio abside. Oltre all'altare maggiore, le absidi laterali ospitano due cappelle. Poche le opere d'arte conservate nella chiesa: la più notevole è il seicentesco dipinto della Madonna della Salute, collocato nella cappella absidale di destra, attribuito alla scuola del Sassoferrato; nella chiesa è conservata anche una statua lignea della Madonna del Rosario, tradizionalmente attribuita alla scuola del Maragliano, appartenente alla confraternita del Rosario, che ha il proprio oratorio accanto alla chiesa. Nell'oratorio sono conservati due grandi crocifissi lignei da processione finemente intagliati (Cristo bianco e Cristo moro). Nel pavimento della chiesa si trova la tomba di Francisco José Rodrigues de Andrade, vescovo di Funchal, nell'isola portoghese di Madera, dal 1821 al 1838. Il prelato, sostenitore del re Michele, fu costretto all'esilio nel 1834 quando questi, sconfitto dagli avversari politici, dovette abdicare. Rimasto formalmente a capo della diocesi portoghese, il vescovo riparò a Genova, ospite in San Bartolomeo del Fossato; alla sua morte, nel 1838, venne sepolto a Promontorio. Guida d'Italia - Liguria, Milano, TCI, 2009. C. Praga, Genova fuori le mura, 2006, Fratelli Frilli Editori. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Bartolomeo di Promontorio

Villa Lercari Sauli
Villa Lercari Sauli

Villa Lercari Sauli, detta "la Semplicità" è una storica dimora nobiliare del quartiere genovese di Sampierdarena, costruita nel Cinquecento per la famiglia Lercari. L'appellativo di "Semplicità" con cui è conosciuta è dovuto alla linearità delle sue forme che con semplici arcate e colonnine conferivano alla villa un'armonia perfetta. Il termine si pone anche in contrapposizione con gli appellativi "Bellezza" e "Fortezza" attribuiti rispettivamente alle vicine ville Imperiale e Grimaldi, con le quali forma il gruppo delle ville cinquecentesche noto come "triade alessiana", perché costruite secondo i dettami architettonici introdotti a Genova dal celebre architetto perugino. La villa fu fatta costruire tra il 1558 e il 1563 dalla famiglia Lercari su progetto di Bernardino Cantone in collaborazione con Bernardo Spazio, entrambi di origini ticinesi e seguaci di Galeazzo Alessi, che intorno alla metà del Cinquecento aveva introdotto a Genova il suo personalissimo stile architettonico. Come altre ville sampierdarenesi, per molti anni anche questa fu attribuita allo stesso Alessi e solo recenti ricerche hanno consentito di accertare l'effettiva paternità del progetto. Riguardo al committente le fonti non convergono. Secondo alcuni autori si sarebbe trattato di Giovanni Battista Lercari, doge della Repubblica di Genova nel 1563, secondo altri di Franco Lercari, detto "il ricco", altro autorevole esponente della famiglia, anch'egli attivo in politica e noto come committente di un altro palazzo in Strada Nuova. Nel 1599 nella villa fu ospitata la giovanissima Margherita d'Austria, di passaggio a Genova in viaggio per la Spagna dove andava ad incontrare il marito, il re Filippo III, in precedenza sposato per procura. Intorno alla metà del XVIII secolo la villa risultava sempre di proprietà della famiglia Lercari, ma verso la fine dello stesso secolo fu acquistata dalla famiglia Sauli. Come le ville vicine, anche questa durante l'assedio di Genova del 1800 fu requisita dalle truppe napoleoniche per essere utilizzata come alloggio per gli ufficiali. Alla fine dell'Ottocento, nel pieno dell'industrializzazione del territorio sampierdarenese, per lo storico edificio ebbe inizio un periodo di declino. Acquistato dell'imprenditore Silvestro Nasturzio divenne sede di uno stabilimento per la produzione di latta per imballaggi alimentari, impiantato sui terreni del giardino della villa, dove ora sorge il "Centro Civico" del quartiere; l'azienda tra alterne fortune sopravvisse fino al 1976 ma la villa fu abbandonata in seguito ai gravi danni causati durante la seconda guerra mondiale dal bombardamento aereo del 9 settembre 1944. Acquistata da una cooperativa di privati, negli anni sessanta, benché sottoposta nel 1957 a vincolo dalla soprintendenza per i beni architettonici della Liguria, ne fu autorizzata la ristrutturazione e la suddivisione in appartamenti, conservando solo la struttura esterna originale. Oggi le caratteristiche che ne hanno reso nota e apprezzata nei secoli l'architettura sono difficilmente percepibili sia per gli interventi di restauro molto invasivi che per l'affollamento di palazzi e costruzioni cresciute intorno all'edificio nell'ultimo secolo. La villa fiancheggia quella che era allora la strada principale di Sampierdarena, l'attuale via Nicolò Daste. La villa come si presentava nella prima metà dell'Ottocento è documentata dai disegni e dalla planimetria di Martin Pierre Gauthier. La villa, in stile manierista, ha la tipica forma cubica, caratteristica dell'innovativo modello architettonico introdotto a Genova intorno alla metà del Cinquecento da Galeazzo Alessi. Il modesto portone dell'attuale condominio si apre direttamente sulla via Daste, sotto il grande loggiato del prospetto nord, ma l'ingresso originario era rivolto a ponente, simmetrico ed opposto a quello della vicina "Fortezza" ed aperto sul giardino, che si estendeva nell'area oggi occupata dal "Centro Civico". La facciata principale era invece quella a levante, oggi nascosta dalla soffocante presenza di un moderno edificio. Le due logge sui prospetti laterali, che si aprivano sul salone centrale, sono il principale elemento distintivo del palazzo attuale. L'originale sistemazione dell'interno, documentata dalla planimetria del Gauthier, rispecchiava quella delle due facciate, con l'asse del sistema atrio-scala contrapposto a quello del piano nobile, ma non è più leggibile dopo i radicali interventi realizzati negli anni sessanta per suddividere l'edificio in appartamenti. Il giardino, stretto e allungato, che si trovava sul lato a sud del palazzo ed arrivava sino al mare, è stato totalmente lottizzato ed edificato intorno alla metà dell'Ottocento, dopo che la costruzione della ferrovia lo aveva diviso in due parti; alla fine dell'Ottocento nella parte adiacente al palazzo fu costruito lo stabilimento Nasturzio e dopo la chiusura di questo sulla stessa area negli anni ottanta è sorto il "Centro Civico", separato dalla villa solo da uno stretto passaggio. Guida d'Italia - Liguria, Touring Club Italiano, Milano, 2009 Ville di Genova Palazzo Lercari-Parodi Palazzo Lercari-Spinola Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Lercari Sauli Villa Lercari Sauli e gli altri edifici affacciati su via N. Daste, su www.sanpierdarena.net, su sanpierdarena.net. Le ville di Sampierdarena su www.stedo.it, su stedo.it. Il percorso storico delle ville di Sampierdarena, su opengenova.org. URL consultato il 14 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2015). Immagini del palazzo su www.sampierdarena.ge.it, su sampierdarena.ge.it (archiviato dall'url originale il 14 febbraio 2015).

Stadio di Villa Scassi
Stadio di Villa Scassi

Lo stadio Villa Scassi era un impianto sportivo di Sampierdarena, città del Genovese in seguito incorporata al capoluogo ligure. Era ricavato nel parco della cinquecentesca villa Imperiale Scassi, detta La Bellezza, acquistata nel 1888 dall'allora comune di Sampierdarena. Costruito dall'impresa Stura, poteva contenere sulle sue tribune in legno al massimo 5 000 spettatori stipati come in una scatola di pillole. "A scàtoa de pìloe" fu infatti il soprannome con cui i sampierdarenesi presero a chiamare l'impianto, benché il giornalista sportivo Carlo Bergoglio, detto "Carlin", preferisse chiamarlo "la scatola dei biscotti". Fu inaugurato nel 1920 con un derby amichevole tra i padroni di casa della Sampierdarenese e l'Andrea Doria terminato con il risultato di 4-1. La Sampierdarenese vi disputò i suoi primi 8 campionati nella massima serie nazionale, compresa la finale di andata del campionato di Prima Categoria FIGC 1921-1922 del 7 maggio 1922 contro la Novese, finita a reti inviolate. L'impianto ebbe vita breve, fu infatti chiuso nel 1928 e demolito per fare spazio all'attuale via Antonio Cantore. Nino Gotta, Pierluigi Gambino, 1000 volte Sampdoria, Genova, De Ferrari, 1991. Maurizio Medulla, Sampierdarena. Vita e immagini di una città, Genova, De Ferrari, 2007. Tito Tuvo, Marcello G. Campagnol, Storia di Sampierdarena, Genova, D'Amore Editore, 1975. Gino Dellachà, Una storia biancorossonera - Il calcio a San Pier d'Arena dal tempo dei pionieri del Liguria alla Sampdoria, Genova, Edizioni Sportmedia, novembre 2016, pp. 32-34. Società Ginnastica Comunale Sampierdarenese Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stadio di Villa Scassi

Villa Grimaldi (Sampierdarena)
Villa Grimaldi (Sampierdarena)

Villa Grimaldi, nota anche come la Fortezza, è una storica dimora nobiliare del quartiere genovese di Sampierdarena, costruita nel Cinquecento per la famiglia Grimaldi. L'appellativo di "Fortezza" con cui è conosciuta è dovuto alla sua massiccia e severa struttura, con pochi decori esterni, circostanza che non ne pregiudica tuttavia l'aspetto monumentale. Il termine si pone anche in contrapposizione con gli appellativi "Bellezza" e "Semplicità" attribuiti rispettivamente alle adiacenti ville Imperiale e Lercari Sauli. La villa fu costruita negli anni sessanta del 1500 per il banchiere Giovanni Battista Grimaldi, all'epoca uno degli uomini più ricchi e influenti di Genova, su progetto del ticinese Bernardo Spazio che si ispirò per il suo progetto allo stile introdotto a Genova da Galeazzo Alessi, con il quale aveva collaborato, privilegiando però in questo caso la grandiosità della struttura architettonica piuttosto che gli elementi decorativi, peraltro non del tutto assenti nel progetto originario. Morto lo Spazio nel 1564, i lavori furono affidati dapprima a Giovan Battista Castello, noto come "il Bergamasco", e infine dal 1567 portati a compimento da Giovanni Ponzello, che in quegli anni stava curando la costruzione della vicina villa degli Imperiale. Alla morte di Giovanni Battista Grimaldi la villa passò al secondogenito Pasquale (mentre al primogenito Gio. Francesco fu assegnato il palazzo di famiglia di Genova, poi conosciuto come Palazzo della Meridiana). Nel Settecento ne è ancora documentata l'appartenenza alla famiglia Grimaldi. Durante l'assedio di Genova del 1800 fu utilizzata come ospedale dalle truppe napoleoniche, fino a che queste riuscirono a mantenere il controllo del comune di Sampierdarena, pressate dagli austriaci. Intorno alla metà dell'Ottocento fu acquistata da Agostino Scassi, figlio dell'Onofrio Scassi che nel frattempo era divenuto proprietario della villa Imperiale, alla quale aveva legato anche il suo nome, conosciuta infatti in epoca moderna come Villa Scassi. Il nuovo proprietario dopo averla affittata prima a un privato e poi all'Azienda delle Strade Ferrate, che la concesse provvisoriamente all'esercito come caserma, la diede in uso a una fabbrica di conserve alimentari Così la vide l'Alizeri nel 1875. All'inizio del Novecento fu acquistata dal proprietario della fabbrica di conserve, e ancora era adibita a quest'uso nel 1923, quando fu posta sotto vincolo della Soprintendenza alle Belle Arti e l'anno dopo acquistata dal comune di Sampierdarena, che mise in opera alcuni restauri liberandola delle baracche abusive che negli anni le si erano addossate intorno; nel 1926, con la costituzione della Grande Genova, entrò a far parte del patrimonio del comune di Genova. Parzialmente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu restaurata nel dopoguerra e adibita a sede scolastica, ospitando nel tempo diversi istituti professionali e poi dal 1965 la scuola media intitolata al pittore sampierdarenese Nicolò Barabino; parziali lavori di manutenzione vennero avviati a partire dal 1983 quando la villa era sede della succursale dell'IPC "G. Casaregis", ma nel 2008 gli ingenti costi necessari per l'adeguamento alle norme di sicurezza previste per gli istituti scolastici ne determinarono la chiusura. Nei successivi dieci anni, sebbene l'edificio non abbia avuto destinazioni d'uso specifiche, il cortile antistante è stato annualmente utilizzato come arena per trasmissioni cinematografiche all'aperto ed eventi teatrali. Nel 2022 l'edificio è stato sottoposto a restauro completo con l'obiettivo di dedicarlo a spazio per istituzioni culturali o eventi pubblici. Dopo l'interessamento di un centro di alta formazione danese, il Copenhagen Institute of Interaction Design, i locali della villa sono stati assegnati all'Accademia Ligustica di Belle Arti, al Teatro Nazionale di Genova, e al centro sociale Zapata. Nell'estate del 1607 Pasquale Grimaldi ospitò nella villa il Duca di Mantova Vincenzo Gonzaga accompagnato dal pittore Peter Paul Rubens che durante il suo soggiorno genovese acquisì i disegni di alcuni dei più bei palazzi di Genova, tra i quali la stessa "Fortezza", poi inseriti in un volume illustrato pubblicato ad Anversa nel 1622. Nel 1745 vi alloggiò il duca di Modena Francesco III, giunto a Genova in veste di comandante dell'armata spagnola (sia la Repubblica di Genova che il Ducato di Modena erano alleati della Spagna nel contesto della guerra di successione austriaca che sconvolgeva l'Europa in quel tempo). Qui Gian Giacomo Grimaldi quasi sessantenne (1705-1777) ospito' Giacomo Casanova nel 1764 onde persuaderlo a lasciare la sua amante, Rosalie, in isposa a un suo conoscente (Histoire de ma vie Vol 7, libri 3 e 4). La villa fiancheggia quella che era allora la strada principale di Sampierdarena, l'attuale via Nicolò Daste, ma l'ingresso e la facciata principale sono rivolti verso una strada laterale, diretta verso la spiaggia, l'antica "Crosa larga", oggi via Palazzo della Fortezza, su cui si affacciavano terreni coltivi di proprietà dei Grimaldi. Oltre che dal volume di Rubens la villa è documentata anche nei disegni e nelle planimetrie di Martin Pierre Gauthier del 1818-1832. La villa ha forma cubica, caratteristica dello stile dell'Alessi, di cui Bernardo Spazio era stato uno stretto collaboratore, ed è dotata di due logge, una al piano terreno nella facciata principale e una al piano nobile, orientata a nord, su via Daste. La facciata era ornata da un affresco in chiaroscuro di Battista Perolli, andato perduto. Si presenta oggi con un aspetto severo e totalmente privo di decorazioni. L'ingresso, sopraelevato rispetto al piano stradale, è costituito da una loggia a tre fornici. Successivi rifacimenti hanno del tutto eliminato l'originaria decorazione con semi-colonne doriche al piano terra e lesene corinzie al piano superiore, come si poteva vedere dai disegni del Rubens. L'eliminazione dei decori ha evidenziato la struttura architettonica, severa ma al tempo stesso armoniosa, che ben giustifica l'appellativo di "Fortezza". Sulle altre facciate non ci sono decorazioni, ed eccezione della balaustra della loggia, anch'essa a tre fornici, posta sulla facciata nord, che si apre nel salone del piano nobile. Al piano terra dal loggiato d'ingresso si accede ad un ampio vestibolo, in fondo al quale ha inizio lo scalone che porta al piano nobile. Sotto lo scalone si trovava un grande bagno ottagonale, oggi scomparso, simile a quello realizzato dall'Alessi per il palazzo Grimaldi in Bisagno e tanto lodato dal Vasari. Lo scalone disegnato dallo Spazio dà accesso alla loggia del piano nobile, da dove la vista spaziava verso le colline. La volta fu decorata da Battista da Carona (secondo alcuni in collaborazione con il fratello Andrea) con cassettoni in stucco ed altorilievi raffiguranti divinità marine realizzati su disegni di Luca Cambiaso. La loggia era priva di decorazioni e pitture alle pareti già nel progetto originale. La loggia è collegata con un grande salone, con tre grandi finestre rivolte a sud, da dove un tempo lo sguardo spaziava fino al mare. Il salone, lungo 18 m e alto nove, è anch'esso privo di decorazioni e pitture, ma gli stipiti scuri in ardesia di porte e finestre sul fondo bianco delle pareti conferiscono all'ambiente una grande solennità. Adiacenti al salone sono sei sale più piccole, tre per lato, le uniche che presentano affreschi nelle volte, oggi in cattivo stato di conservazione, opera del "Bergamasco" e del Perolli. I dipinti hanno in parte soggetto mitologico, con episodi dell'Iliade e dell'Eneide, altri rappresentano personaggi mitici dell'antica Roma. La struttura interna della villa e le decorazioni sono state in parte compromesse dalle varie destinazioni d'uso della villa a partire dal XIX secolo, in particolare quando fu trasformata in fabbrica di conserve. In origine sul lato a sud del palazzo si trovava un vasto giardino che arrivava sino al mare. Dopo che la costruzione della ferrovia lo aveva diviso in due parti, fu lottizzato e del tutto edificato intorno alla metà dell'Ottocento. La distanza dal mare fu ulteriormente aumentata dalla creazione del porto di Genova. Resta solo l'ampio cortile antistante all'ingresso, realizzato in posizione rialzata per superare il naturale dislivello del terreno. AA.VV., Ville del ponente e della Val Polcevera, Genova, Sagep, 1986. Guida d'Italia - Liguria, Milano, Touring Club Italiano, 2009. Ville di Genova Palazzo Gerolamo Grimaldi Palazzo Gio Battista Grimaldi (vico San Luca) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Grimaldi Villa Grimaldi (PDF), su opportunityliguria.it. Palazzo della Fortezza, su sanpierdarena.net. Le ville di Sampierdarena, su stedo.it. Il percorso storico delle ville di Sampierdarena, su opengenova.org. URL consultato il 10 febbraio 2015 (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2015).