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Vinzaglio (metropolitana di Torino)

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Ascensore Vinzaglio M1
Ascensore Vinzaglio M1

La stazione di Vinzaglio è una stazione della linea 1 della metropolitana di Torino. È una stazione sotterranea, posta all'intersezione tra Corso Vittorio Emanuele II, corso Vinzaglio e Corso Duca degli Abruzzi. La stazione venne attivata il 5 ottobre 2007, come parte del prolungamento da XVIII Dicembre a Porta Nuova FS. Al suo interno sono disposte le vetrofanie di Ugo Nespolo, dedicate alle fasi storiche dell'Unità d'Italia in quanto la battaglia di Vinzaglio (1859) ne fu un momento significativo. Alla stazione si accede tramite due ingressi posti entrambi sul lato verso ovest: corso Vinzaglio corso Duca degli Abruzzi Biglietteria automatica Accessibilità per portatori di handicap Ascensori Scale mobili Stazione video sorvegliata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Vinzaglio (EN) Vinzaglio, su Structurae.

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Vinzaglio (metropolitana di Torino)
Corso Vittorio Emanuele II, Torino Crocetta

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Corso Vittorio Emanuele II

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10100 Torino, Crocetta
Piemonte, Italia
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Ascensore Vinzaglio M1
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Luoghi vicini

Santuario di Sant'Antonio di Padova (Torino)
Santuario di Sant'Antonio di Padova (Torino)

Il santuario di Sant'Antonio di Padova di Torino è un edificio storico religioso cattolico situato nella parte meridionale del centro di Torino, in Piemonte. Si trova nella piccola via omonima, non lontano dalla Stazione di Torino Porta Susa, quasi al confine con il quartiere Crocetta. Ad esso sono annessi un convento, gestito dai Frati Minori, un centro carità e una mensa per i poveri, sempre gestita dai Frati stessi. L'edificio fu fortemente voluto nel 1883 per ospitare gli allora Frati Minori, estromessi da Torino a causa della legge Siccardi. I cantieri procedettero relativamente in fretta, su disegni e progetto dell'ing. Alberto Porta, che ne disegnò anche l'elegante facciata, con elementi di stile neogotico, molto utilizzato in quel periodo, misti a elementi di neoromanico (archi a tutto sesto) per richiamare lo stile della basilica di Padova. L'intera struttura fu terminata nel 1885, ma si dovettero attendere ancora due anni per trovare i fondi per gli arredi e le decorazioni interne, arrivando così alla consacrazione il 13 giugno 1887, giorno della ricorrenza del santo al quale è dedicato. L'affresco frontale esterno fu opera di Luigi Morgari, e rappresenta il santo con la Vergine e gli angeli. Qualche anno dopo fu ultimato il campanile, furono aggiunte le statue esterne dei due leoni, a "guardia" del santuario e furono ultimate le due cappelle laterali, dedicate a Maria Santissima Immacolata e al Sacro Cuore di Gesù. Nel 1912 poi, in occasione del cinquantenario del riconoscimento delle apparizioni mariane di Lourdes, fu aggiunta una piccola copia della Grotta di Massabielle, ricavata da una nicchia dell’ingresso laterale sinistro. Durante la seconda guerra mondiale il convento fu parzialmente colpito dai bombardamenti, e vi fu un primo intervento di restauro nel 1949, quindi nel 1987. L'ultimo imponente restauro dell'intera struttura avvenne nel periodo 2007-2009. Sia il santuario che il convento è da sempre un polo di riferimento per le opere di carità ai poveri. Tra il 1928 e il 1929 venne costruito dalla ditta Francesco Vegezzi-Bossi il maestoso organo a canne, situato sulla cantoria in controfacciata entro la cassa lignea disegnata dal Porta, su progetto fonico di padre Roberto Rosso o.f.m. A trasmissione pneumatico-tubolare, lo strumento è dotato di una consolle a tre manuali di 58 note e pedaliera concavo-radiale di 30 tasti, per un totale di 41 registri e 2075 canne. La raffinata, corposa timbrica ne fa un organo tra i più significativi del panorama organario della città di Torino regolarmente utilizzato per le funzioni liturgiche festive, molto adatto peraltro per l'esecuzione della letteratura organistica sinfonica romantica. È stato restaurato dai Fratelli Marin di Genova nel 1998. [1] Il Santuario ha ospitato per circa un decennio fino a inizio 2020 i culti della Comunità Evangelica Luterana di Torino, celebrati ogni due domeniche al mese secondo una formula bilingue italiano/tedesco. Dall'estate 2020 la comunità luterana è trasferita presso la Chiesa di San Francesco d'Assisi (Torino) in seguito all'offerta di disponibilità della Arcidiocesi di Torino. L'ecumenismo ha costituito un ulteriore elemento di arricchimento della vita spirituale del santuario, in armonia con l'accogliente operato verso il prossimo portato avanti dalla comunità francescana affidataria del complesso. edifici di culto a Torino Basilica di Sant'Antonio di Padova Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su santuario di Sant'Antonio di Padova Sito ufficiale, su pgvpiemonte.it.

Palazzo della Provincia (Torino)
Palazzo della Provincia (Torino)

Il Palazzo della Provincia è uno dei grattacieli di Torino. Ubicato al centro di un'area interessata da profondi cambiamenti che vedono sorgere la nuova Stazione di Torino Porta Susa, il Grattacielo Intesa Sanpaolo e il completamento del grande viale della Spina Centrale, il Palazzo della Provincia è una delle testimonianze della prospettiva di trasformazione che ha interessato i maggiori capoluoghi italiani verso la fine degli anni cinquanta. L'edificio sorge nel quartiere Cit Turin al confine del Centro storico, tra corso Inghilterra, via Cavalli, via Avigliana e via Beaumont; la sua altezza di 65 metri ne fa uno degli edifici più alti della città. Realizzato sull'area dell'ex mattatoio a partire dal 1962, l'edificio fu progettato da Ottorino Aloisio, già autore della sede torinese della Sipra nel 1959, vincendo il concorso bandito della STIPEL (poi SIP e quindi Telecom) per la realizzazione del nuovo centro direzionale destinato ad ospitare uffici e impianti. L'austerità del progetto ebbe anche il compito di conferire all'opera un'immagine di emblematica modernità. Sulla base di questo alto valore simbolico, Aloisio concepisce l'edificio come un "grattacielo orizzontale" che delinea marcatamente l'antistante Corso Inghilterra, optando per una facciata principale scandita dalla fitta ripetizione di paraste altissime, tra le quali trovano posto le finestrature, anch'esse molto sviluppate in altezza. Contestualmente, Aloisio si occupa personalmente anche della progettazione dell'intero apparato di dettagli costruttivi secondari come inferriate, infissi esterni e interni, gli arredi e addirittura la grafica della segnaletica interna degli uffici. Nel corso del 2008, a seguito del contestato spostamento della sede legale della Telecom a Milano, il grattacielo è stato oggetto di una radicale ristrutturazione interna ed esterna su progetto di Paolo Rosani, divenendo la nuova sede operativa della Provincia di Torino (oggi Città metropolitana di Torino). I lavori di ristrutturazione, seguiti dagli uffici Tecnici dell'Ente sono durati due anni e sono stati portati a termine nei tempi previsti; la contestuale rivalutazione del quartiere ha indubbiamente contribuito all'ottimizzazione e unificazione dei vari uffici istituzionali dell'ente in un contesto architettonico significativo. Oltre alla necessaria bonifica dall'amianto, il progetto di Rosani ha operato sia esternamente che internamente, comprendendo interventi volti all'adeguamento tecnologico, a una migliore efficienza energetica e a una nuova organizzazione degli spazi, che hanno visto la realizzazione di un auditorium da 400 posti. Inoltre, l'accentuata verticalità della facciata è stata profondamente modificata e sono stati rimossi anche i rivestimenti policromi in klinker, in favore di un nuovo (ma più anonimo) rivestimento "ecosostenibile". Stessa sorte per i molteplici dettagli costruttivi interni ed esterni originali progettati dall'Aloisio. I lavori si sono conclusi con l'inaugurazione della nuova sede il 10 ottobre nel 2008. Anche dopo il notevole rimaneggiamento, l'edificio continua tuttavia ad essere protagonista della nuova area in fase di avanzato completamento ed è situato accanto a uno dei nuovi simboli di Torino: il Grattacielo Intesa Sanpaolo, affacciato su Corso Vittorio Emanuele II. M1 Metropolitana Fermi - Lingotto (fermata: Porta Susa). Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, 1984, p. 389. Maria Adriana Giusti, Guida all'architettura del Novecento in Piemonte (1902-2006), Torino, Allemandi, 2008. Società degli Architetti e degli Ingegneri in Torino, Architettour. 26 Itinerari di Architettura a Torino/Architectural Walks in Turin, Torino, SIAT, 2000. Nino Rosani, Edizioni EDA, Torino 1974 Micaela Viglino Davico, Note per una storia del Miar torinese. Ottorino Aloisio e l'architettura gestuale, RapiRapida, Torino 1974 Marco Pozzetto, Micaela Viglino Davico, "Ottorino Aloisio", in Cronache economiche, 3-4, marzo-aprile, 1975, pp. 3-18 Marco Pozzetto, Vita e opere dell'architetto udinese Ottorino Aloisio, Torino, 1977 Marco Pozzetto, Ottorino Aloisio Architetto, Catalogo della mostra, Istituto per l'Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, Udine, 1981 Politecnico di Torino, Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino, 1984, p. 389 Vai alla pagina digitalizzata Augusto Sistri, Ottorino Aloisio (ad vocem), in Ordine degli Architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della Provincia di Torino, Albo d'onore del Novecento. Architetti a Torino, Celid, Torino 2002 Paolo Scrivano, Aloisio, Ottorino, in Carlo Olmo (a cura di), Dizionario dell'architettura del XX secolo, Vol. I, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2003 Alessandro Martini, Città, infrastrutture, trasformazioni urbane e aggiornamento tecnologico. Ottorino Aloisio e il Palazzo Sip di Torino, in Atti e Rassegna Tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, numero monografico "Il nuovo Palazzo della Provincia di Torino", nn. 3-4, settembre-ottobre, 2008, pp. 20-36 Spina Centrale Provincia di Torino Telecom Italia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo della Provincia

Bombardamenti di Torino
Bombardamenti di Torino

Per la sua importanza come centro industriale, sede della FIAT e di numerosi altri stabilimenti attivi nella produzione bellica (tra cui le Officine RIV, la Lancia, la Snia Viscosa), Torino subì oltre cento bombardamenti aerei da parte degli Alleati anglo-americani nel corso della seconda guerra mondiale; il capoluogo piemontese risultò tra le città più bombardate dell’Italia settentrionale, con danni a circa il 40 % del tessuto urbano ed oltre duemila vittime tra la popolazione civile. 11-12 giugno: primo bombardamento su Torino, nonché (insieme al contemporaneo attacco su Genova) prima incursione aerea subita da una città italiana nella seconda guerra mondiale. Nove bombardieri britannici attaccarono gli stabilimenti Fiat Mirafiori. Le bombe caddero sul centro abitato, causando alcuni danni e 17 morti. 13-14 agosto: 12 bombardieri britannici con obiettivo Fiat Mirafiori (13 e 14). 18 morti e 83 feriti tra i civili. 26-27 agosto: 11 bombardieri britannici con obiettivo gli stabilimenti FIAT. Le bombe caddero sull’abitato danneggiando il sanatorio San Luigi. 5-6 settembre: velivoli del Bomber Command della RAF attaccarono gli stabilimenti Fiat Lingotto, colpendo sia l’obiettivo che il centro abitato. 8-9 novembre: velivoli del Bomber Command attaccarono Fiat Mirafiori. Le bombe caddero sul centro abitato, causando un morto e 6 feriti tra i civili 23-24 e 26 novembre: attacco aereo su Mirafiori: le bombe caddero nuovamente sulla città; il 26 novembre un morto tra i civili. 4-5 dicembre: velivoli del Bomber Command bombardarono la città causando un morto e 8 feriti tra i civili. 11-13 gennaio: incursione del Bomber Command, obiettivo FIAT. Colpita la città con quattro morti e sei feriti tra i civili. 10 settembre: incursione del Bomber Command. 76 bombardieri partiti dalle basi in Regno Unito attaccarono in parte Torino e in parte Genova. A Torino le bombe, 75 tonnellate, caddero sull’abitato, causando due morti tra i civili. 22-24 ottobre: aerei dispersi del Bomber Command, appartenenti a formazione diretta contro Genova, sganciarono bombe e spezzoni su Torino; 2 morti e 10 feriti tra la popolazione civile. 18-19 novembre: 71 velivoli sganciarono 121 tonnellate su arsenale, stabilimenti Fiat e vaste zone dell’abitato. Danneggiate le industrie Fiat, Westinghouse, la fonderia Nebiolo e la Chiesa di Gesù Adolescente. 42 morti e 72 feriti tra i civili. 20-21 novembre: 198 bombardieri sganciarono 211 tonnellate sulla Fiat e sulla città, compresi 120 000 spezzoni incendiari. Colpiti gli stabilimenti FIAT, la SNIA, la centrale elettrica AEM, l’ospedale Martini, i teatri Maffei e Chiarella e la sinagoga. 177 morti, 120 feriti tra i civili, e inizio dello sfollamento di massa: si trattava della più pesante incursione aerea subita da una città italiana dall’inizio della guerra. 28-29 novembre: 194 bombardieri sganciarono 371 tonnellate sulla FIAT e sulla città, provocando 67 morti e 83 feriti tra i civili. Furono colpiti, oltre alla Fiat, l’arsenale, gli ospedali San Giovanni e Mauriziano e la stazione ferroviaria di Porta Susa. Per la prima volta in Italia furono impiegate le bombe blockbuster da ottomila libbre (3628 kg). 29-30 novembre: 18 aerei sganciarono 28 tonnellate di bombe sulla Fiat e sull’abitato, provocando 16 morti e 15 feriti tra i civili. Colpite la Fiat, la STIPEL, l’ospedale San Giovanni e l’ospedale psichiatrico. 8-9 dicembre: 118 bombardieri sganciarono 265 tonnellate (123 di bombe dirompenti e 162 di bombe incendiarie) su tutta la città, colpendo tra l’altro gli stabilimenti Fiat, il palazzo del municipio, il teatro Vittorio Alfieri, le sedi del Politecnico e dell’università, gli ospedali Martini e Molinette; . Il fumo degli incendi raggiunse i 2,5 km d'altezza; 212 morti e 111 feriti tra i civili. Inoltre nel bombardamento dell'8 dicembre fu rasa al suolo la chiesa della Madonna di Campagna. La chiesa parrocchiale di Madonna di Campagna, costruita nel secolo XVII, sede di un convento di frati cappuccini, fu colpita e distrutta durante il bombardamento dell’8 dicembre 1942 effettuato da aerei della RAF con bombe di grosso e grossissimo calibro. Il bombardamento citato causò 64 vittime nel quartiere Madonna di Campagna, molte delle quali si erano rifugiate nello scantinato della chiesa. 9-10 dicembre: 196 velivoli sganciarono 393 tonnellate, con 73 morti e 99 ferite tra i civili. Furono colpite la Fiat, l’università, la sede della questura e l'ospedale oftalmico. L’incursione fu giudicata dai britannici poco efficace perché il fumo generato dagli incendi scatenati dall’attacco del giorno precedente impediva ai bombardieri di mirare con accuratezza. 11-12 dicembre: fu un sostanziale fallimento perché la maggior parte degli 82 bombardieri decollati dall’Inghilterra non raggiunse l’obiettivo a causa del maltempo (metà di essi non riuscì a superare le Alpi) e si liberò del carico sulla Val d'Aosta. Solo 28 bombardieri raggiunsero Torino, sganciandovi 55 tonnellate di bombe; nessuna vittima e pochi danni. A seguito di tale ciclo di incursioni furono sfollati 250 000 degli allora 700 000 abitanti del capoluogo piemontese; 2 000 furono le abitazioni colpite insieme ai principali edifici industriali, quattro ospedali e palazzi storici. Danneggiate gravemente anche le reti idriche, elettriche e del gas, nonché pesantemente impattato il settore dei trasporti pubblici. 3-4 febbraio: 156 velivoli del Bomber Command sganciano sulla città 354 tonnellate di bombe, causando 29 vittime e 53 feriti. Sono colpiti gli stabilimenti FIAT e Lancia, l’Università e il centro storico di Torino. 12-13 luglio: 264 bombardieri della RAF sganciano 763 tonnellate di bombe (478 tonnellate di bombe esplosive, tra cui otto blockbusters da ottomila libbre e 203 da quattromila e 285 tonnellate di bombe incendiarie). Tutta la città subisce gravi danni, e tra gli altri sono colpiti i quartieri Centro, Vanchiglia e Regio Parco, gli stabilimenti FIAT, gli ospedali Gradenigo, San Giovanni e Mauriziano, la Piccola casa della Divina Provvidenza, l’Università, Palazzo Chiablese, il cimitero monumentale, la Chiesa di Sant'Alfonso Maria De' Liguori. Anche la Mole Antonelliana viene colpita da una bomba, che scatena un incendio nella galleria degli archi parabolici, che può tuttavia essere domato prima di raggiungere dimensioni preoccupanti. Una bomba colpì la Chiesa di Santa Pelagia senza esplodere. I Vigili del Fuoco sono chiamati a compiere oltre 1100 interventi, ma la distruzione della rete idrica lascia gli idranti senz’acqua, costringendo ad attingere l’acqua per spegnere gli incendi dalle cisterne pubbliche e private, dalle piscine e persino dalle fogne. L’erogazione di acqua e gas sarà interrotta per settimane, la rete tranviaria è messa fuori uso. I morti tra la popolazione civile sono 792, i feriti 914 (diversi dei quali successivamente deceduti, portando il bilancio finale delle vittime a 816); prima del bombardamento di Roma del 19 luglio successivo si trattò del più pesante attacco aereo sull'Italia per tonnellaggio sganciato che per vittime. 7-8 agosto: 74 aerei sganciano 191 tonnellate di bombe, con 20 morti e 79 feriti tra la popolazione. Colpite la FIAT, le officine ferroviarie, le stazioni di Porta Susa e Porta Nuova e il teatro Balbo.. 12-13 agosto: 142 aerei sganciano 240 tonnellate di bombe colpendo la FIAT, il palazzo Carignano, l’ospedale Molinette e il Teatro della Moda. Le vittime civili sono relativamente poche – 18 morti e 63 feriti – rispetto all’entità dei danni materiali, a causa dello sfollamento della maggior parte della popolazione: ormai oltre 465 000 torinesi, più dei due terzi della popolazione, hanno lasciato la città.. 16-17 agosto: 133 velivoli sganciano 208 tonnellate di bombe colpendo gli stabilimenti FIAT e Microtecnica, l’ospedale Molinette, lo stadio Mussolini, i quartieri Crocetta, San Paolo e Mirafiori Nord (inclusa, tra le varie cascine, la Giajone). Colpita di nuovo la Mole, che non subisce danni gravi. In una città ormai semideserta, le bombe causano soltanto cinque vittime e 56 feriti tra i civili. 8 novembre: prima incursione da parte delle forze aeree statunitensi sulla Torino nel territorio della neonata Repubblica di Salò, stato fantoccio della Germania nazista. Dopo i bombardamenti a tappeto pre-armistizio si torna a quello di precisione contro obiettivi industriali (in questo caso, le officine RIV) e ferroviari; tuttavia, la scarsa precisione delle tecniche di bombardamento usate fa sì che gran parte delle 168 tonnellate di bombe sganciate dagli 81 bombardieri statunitensi Boeing B-17 Flying Fortress colpisca, oltre agli obiettivi, anche la città, provocando 202 vittime e 346 feriti tra la popolazione civile, frattanto gradualmente rientrata dopo la fine dei bombardamenti dell’estate. 24 novembre: incursione della RAF sulle officine RIV. 6 dei 76 bombardieri decollati raggiungono Torino ma l'obiettivo è mancato. Le bombe sono sganciate sulla città senza vittime. Danneggiata la chiesa di San Giovanni Bosco. 1º dicembre: 118 bombardieri B-17 della 15ª USAAF sganciano 316 tonnellate di bombe con obiettivo le officine RIV, lo scalo ferroviario e la FIAT. Gli obiettivi vengono colpiti, ma molte bombe cadono anche sull’abitato, causando 101 vittime e 74 feriti tra la popolazione civile. 3 gennaio: 60 B-17 della 15ª USAAF sganciano 156 tonnellate di bombe sulla RIV, la FIAT e lo scalo ferroviario. 16 morti e 42 feriti civili 29 marzo: 60 B-17 della 15ª USAAF bombardano la FIAT Lingotto e lo scalo ferroviario; colpita anche la città, con dieci morti e 16 feriti civili 25 aprile: inizio dell'ultimo anno di guerra, 150 B-24 Liberator della 15ª USAAF colpiscono FIAT Aeronautica, FIAT Ferriere e FIAT Fonderie ma anche l’abitato, con 37 morti e 42 feriti tra i civili. 4 giugno: 100 tra B-17 e B-24 della 15ª USAAF colpiscono FIAT Lingotto e scalo ferroviario. Colpita anche gran parte della città (specialmente i quartieri Lingotto, Crocetta e San Paolo); 54 morti e 95 feriti tra i civili. 22 giugno: 100 tra B-17 e B-24 della 15ª USAAF colpiscono FIAT Mirafiori. 2 morti e 2 feriti tra i civili. 24 luglio: 60 tra B-17 e B-24 colpiscono gli stabilimenti FIAT. Colpita anche la città, 122 morti e 118 feriti tra i civili 5 aprile, ultimo bombardamento sulla città, da parte di 30 B-24 e B-17 della 15ª USAAF, con obiettivo lo scalo ferroviario. Colpita anche la città, con 70 morti e 128 feriti tra i civili. Le perdite tra la popolazione civile, secondo i dati del comune di Torino del 1946, ammontarono a 2 069 morti e 2 695 feriti, in leggera discrepanza con le cifre fornite dalla Croce Rossa, secondo la quale i morti furono 2 199 e i feriti 2 624 feriti Su 217 562 abitazioni esistenti al 1940: 15 925 furono completamente distrutte (7,32% del totale) 66 169 furono danneggiate gravemente e rese inabitabili (30,41% del totale). Nel quartiere Lingotto, tra i più colpiti in quanto insediamento industriale FIAT, il 70% delle abitazioni fu distrutto; nel centro cittadino, nell’area compresa tra i corsi Vittorio Emanuele II e Regina Margherita e piazza Statuto, le distruzioni interessarono il 58% delle abitazioni. I vani messi fuori uso furono 160 000. 10 424 attività commerciali su 29 016 (36%) subirono danni; 1 018 attività industriali furono colpite, delle quali 223 furono completamente distrutte, 315 parzialmente distrutte e 480 sinistrate. Tutti i principali stabilimenti industriali (FIAT, Lancia, SNIA Viscosa, Michelin, RIV) subirono gravi danni. Riportarono conseguenze anche eminenti edifici d'arte e cultura: furono colpiti i palazzi di piazza San Carlo, Martini Cigala, Valletta, Solaro del Borgo, Balbo Bertone, d’Agliano, Chiablese, Thaon di Revel, del Seminario, dell'Università, della Prefettura, la villa della Regina, la casa Broglia, il Santuario della Consolata. Subirono danni, benché non gravi, anche Palazzo Reale, Palazzo Madama, Palazzo Carignano, la basilica di Superga e la Chiesa della Natività di Maria Vergine. Giorgio Bonacina, La R.A.F. cancella intere città, in La storia illustrata, n. 164, Milano, Mondadori, marzo 1972. Marco Gioannini e Giulio Massobrio, Bombardate l’Italia. Storia della guerra di distruzione aerea 1940-1945, Rizzoli, 2007, ISBN 8817015857. Campagna d'Italia

Stazione di Torino Porta Susa
Stazione di Torino Porta Susa

La stazione di Torino Porta Susa è una stazione ferroviaria per passeggeri della ferrovia Torino-Milano. Fino al 18 ottobre 2009 ebbe il nome di Torino Porta Susa sotterranea per distinguersi dalla storica stazione di superficie, a quel tempo ancora in esercizio. Sin dagli anni 1980, nell'ambito del progetto di interramento del passante ferroviario di Torino, fu prevista la sostituzione della stazione di Porta Susa con un impianto, sotterraneo, situato a meridione della precedente, in modo da renderla fruibile per l'asse di corso Vittorio Emanuele II e per i servizi pubblici e privati nelle vicinanze, tra cui il Palagiustizia e il Politecnico di Torino. L'intenzione era quella di dotare la città di una nuova stazione principale, di tipo passante, utile in particolare per i futuri treni ad alta velocità. Dopo vent'anni di lavori di costruzione del passante, il 14 dicembre 2008 sono stati inaugurati i primi due binari, numerati come 5 e 6, presso i quali sono stati attestati alcuni servizi locali per Chieri-Rivarolo Canavese e Chivasso-Pinerolo. Il 27 settembre 2009, con l'apertura dei binari 3 e 4, è stato inaugurato il primo binario, direzione nord, del tratto di passante tra Porta Susa e Torino Stura, con il conseguente spostamento dalla vecchia stazione di superficie alla nuova stazione sotterranea di tutti i treni diretti ad est. Il 18 ottobre 2009 è stata chiusa all'esercizio la stazione in superficie ed è stata aperta la seconda canna del passante. L'impianto sotterraneo ha quindi assunto la denominazione di Torino Porta Susa e ha iniziato ad essere servito anche dai treni in direzione sud. L'edificio della vecchia stazione è restato in funzione per l'accesso all'utenza, mantenendo tale funzione fino a quando è stato completato un accesso temporaneo della stazione sotterranea. A partire dal 12 dicembre 2010, problematiche di aerazione e sicurezza - emerse già durante il primo mese di apertura della stazione - hanno determinato l'interdizione ai treni con trazione tramite motore diesel nel Passante Ferroviario. Fino al 2011, l'accesso verso la metropolitana e il centro della città era possibile soltanto mediante un lungo tratto a piedi sui marciapiedi della vecchia stazione fino alla stazione XVIII Dicembre; quindi è stata aperta al pubblico la nuova stazione Porta Susa della metropolitana, che consente una interconnessione diretta tra le due infrastrutture. A fine 2012, il vecchio fabbricato di piazza XVIII Dicembre ha smesso di ospitare le biglietterie che sono state trasferite in quello nuovo; a questo è seguito il progressivo trasferimento delle attività commerciali e degli uffici. La nuova stazione e l'area circostante rappresentano il tassello ingegneristicamente ed urbanisticamente più complesso del grande progetto di riassetto urbano della Spina Centrale. Dopo aver conseguito il "Premio Solare Europeo 2012", conferitole dall'Associazione Eurosolar per la volta di copertura con sistema fotovoltaico, il 19 novembre 2013 la stazione riceve il titolo di "Migliore stazione di grosse dimensioni UE 2013" dallo European Rail Congress. Il nuovo fabbricato viaggiatori è stato costruito più a sud rispetto alla stazione precedente, in corrispondenza degli isolati che si snodano fra via Duchessa Jolanda/via Grassi e corso Matteotti. In senso longitudinale, il fabbricato corre fra corso Bolzano e corso Inghilterra ed è attraversato, per mezzo di passaggi pedonali, da tre strade (via Duchessa Jolanda, via Susa e via Avigliana), oltre che da quattro passaggi pedonali sopraelevati (cavalconi). Il progetto della nuova stazione è firmato dalla società franco-italiana AREP, che ha vinto il concorso di progettazione di Rete Ferroviaria Italiana (Ferrovie dello Stato). Gli autori dello stesso sono gli architetti Jean-Marie Duthilleul, Etienne Tricaud, Silvio d'Ascia e Agostino Magnaghi e alcuni schizzi del progetto sono visibili dal sito di AREP. La struttura della stazione, a galleria longitudinale, in acciaio e vetro, è lunga 385 metri e la sua altezza varia dai 13 ai 19 metri. Grazie alla sua struttura semicilindrica, la vetrata, sfruttando un oculato gioco di luce, permette un'ampia e diffusa illuminazione del pavimento centrale e delle rampe d'accesso alle banchine; la parte alta delle vetrate è inoltre rivestita di cellule fotovoltaiche che consentono di produrre l'80% del fabbisogno di energia elettrica della stazione stessa. Si prevedeva che la realizzazione della nuova stazione potesse avere termine entro la prima metà del 2012, ma i lavori si sono protratti più a lungo. La struttura viene aperta al pubblico "a blocchi", man mano che le strutture vengono completate. All'inizio del dicembre 2012 il troncone principale è stato aperto al pubblico: in concomitanza, sono state trasferite le biglietterie dal vecchio fabbricato ed aperte le sale d'attesa. La Stazione AV Porta Susa è stata inaugurata simbolicamente il 14 gennaio 2013 alla presenza del Presidente del Consiglio Mario Monti, dell'AD Trenitalia Mauro Moretti, del governatore della Regione Piemonte Roberto Cota, del sindaco di Torino Piero Fassino e di diversi ministri della Repubblica Italiana. Il 15 dicembre 2013 sono stati attivati i binari 1 e 2. Nel mese di febbraio 2014 sono stati inaugurati lo "scivolo", che consente l'accesso al livello -1 direttamente da piazza XVIII Dicembre, e l'attraversamento pedonale "Duchessa Jolanda". Il costo totale, interamente a carico di RFI, è stimato in 79 milioni di euro. Il 20 dicembre 2016 è stato aperto al pubblico il parcheggio multipiano sotterraneo della stazione. La stazione è interrata, dispone di 6 binari passanti, che giacciono sotto il sedime stradale e la vecchia ferrovia di superficie, con quattro ingressi alla stazione sotterranea identificati ognuno da una lettera (A, B, C, D) e distribuiti lungo tutto il tratto dei corsi Inghilterra e Bolzano compreso tra la vecchia stazione e corso Vittorio Emanuele II. Solitamente i binari (tutti sotterranei) sono gestiti nel seguente modo: 1: Utilizzato per i treni Frecciarossa di Trenitalia, TGV e i treni Italo (Alta Velocità) direzione Francia / Porta Nuova 2: Utilizzato per i treni Frecciarossa di Trenitalia, TGV e i treni Italo (Alta Velocità) direzione Milano 3: Utilizzato per i treni del Servizio ferroviario regionale del Piemonte (direzione Porta Nuova) 4: Utilizzato per i treni del Servizio ferroviario regionale del Piemonte (direzione Milano) 5: Utilizzato per i treni del Servizio ferroviario metropolitano di Torino (in direzione Pinerolo/Chieri/Asti/Fossano/Alba) 6: Utilizzato per i treni del Servizio ferroviario metropolitano di Torino (In direzione Chivasso / Torino Stura / Rivarolo) Il fabbricato viaggiatori si trova più a sud della vecchia stazione, tra via Duchessa Jolanda e Corso Matteotti, costituito da più livelli sino alla superficie. La stazione di Torino Porta Susa è la seconda stazione del capoluogo piemontese per numero di passeggeri. È servita dai treni ad alta velocità Frecciarossa di Trenitalia, Italo di NTV e TGV di SNCF Voyages Italia, dai treni del Servizio ferroviario regionale del Piemonte e dai treni del Servizio ferroviario metropolitano di Torino. Entro la fine del 2023 inoltre verrà attivato il collegamento ferroviario diretto tra Torino Porta Susa e l'aeroporto di Torino Caselle. Le banchine a servizio dei binari sono collegate tra loro tramite sovrappassaggi pedonali dotati di scale mobili e sono accessibili ai portatori di disabilità grazie a degli ascensori. L'area dedicata al traffico passeggeri è dotata di un impianto di videosorveglianza e di comunicazione sonora. Biglietteria a sportello Biglietteria automatica Sala d'attesa Servizi igienici Polizia ferroviaria Primo soccorso Caffetteria È possibile l'interscambio con le linee della rete urbana di bus, tram e metro, gestite dal Gruppo Torinese Trasporti, che avviene in piazza XVIII Dicembre e in corso Bolzano. In corso Bolzano fanno inoltre capolinea molte linee extraurbane serventi la città metropolitana. Stazione metropolitana (Porta Susa) Fermata tram (linee 10 e 13) Fermata bus GTT e navette per l'aeroporto gestite da Sadem Stazione taxi La nuova Torino Porta Susa, in I Treni, n. 356, Salò, Editrice Trasporti su Rotaie, febbraio 2013, pp. 29-31, ISSN 0392-4602. Stazioni ferroviarie di Torino Passante ferroviario di Torino Rete tranviaria di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla stazione di Torino Porta Susa RFI - Le stazioni per l'Alta Velocità, su rfi.it. URL consultato il 23 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 12 dicembre 2008).

Palazzo Pietro Micca
Palazzo Pietro Micca

Palazzo Pietro Micca, in precedenza noto come Grattacielo Rai, è un edificio torinese che sorge ai confini del centro storico cittadino, nell'isolato tra via Cernaia, via Guicciardini, via fratelli Ruffini, piazza XVIII Dicembre e corso Bolzano. La sua altezza di 72 metri ne fa uno degli edifici più alti della città. All'interno dell'edificio sono presenti alcune opere artistiche moderne di grande formato quali il dipinto di Felice Casorati Concerto (1924), la scultura Suonatori di Jazz, realizzata nel 1966 da Mario Giansone, e l'arazzo L'enigna di Febo di Corrado Cagli. Fu costruito nel corso degli anni sessanta - nel pieno del miracolo economico italiano - su progetto degli architetti Morelli e Morbelli, sulla base di preesistenti fondamenta della Torre Littoria e della progettata piazza delle parate, mai realizzata. Il grattacielo era volto a rappresentare la sede nazionale della Rai, nata proprio a Torino, ma presto destinata al trasferimento di gran parte dei suoi dipartimenti nella città di Roma. A seguito del trasferimento degli uffici e delle attività presso il CRIT di via Cavalli, il futuro della struttura è rimasto a lungo incerto: una delle ipotesi è stata l'alienazione del bene per l'acquisto della nuova sede. Negli anni si sono seguite diverse ipotesi, tra cui un nuovo albergo di alta categoria, visto che si affaccia attualmente su un'area di rilevante trasformazione urbana: sono già nati o dovrebbero nascere in prossimità di questo edificio il Grattacielo Intesa Sanpaolo, il Grattacielo FS, la nuova stazione di Torino Porta Susa e il polo intermodale dei trasporti, il Palazzo di Giustizia, il Politecnico e la sua cittadella, la nuova sede espositiva delle OGR e il futuro Centro Congressi. Insieme a queste costruzioni e al Palazzo della Provincia, formerà un piccolo cluster di grattacieli. Nel 2016 è stato completato il trasferimento totale degli oltre 450 dipendenti e i relativi uffici di competenza alla sede di Torino: la direzione generale, condivisa con la sede di Roma, l'ufficio nazionale abbonamenti TV, i servizi generali, l'amministrazione e finanza, il segretariato sociale, Rai Way e la direzione nazionale ICT nella nuova sede in locazione di via Cavalli, già sede della Telecom. Fino al 2021 l'edificio ha continuato ad essere di proprietà della Rai, che tentò, a più riprese, di venderlo tramite aste pubbliche non andate a buon fine (non ultimo per la previsione degli elevati costi per la bonifica integrale). Nel giugno del 2021, dopo una negoziazione diretta, il grattacielo è stato ceduto in forma di compromesso preliminare al gruppo IPI. L'acquisto definitivo è poi stato perfezionato nel successivo mese di dicembre, per un costo complessivo di 8,1 milioni di euro. L'apertura del cantiere è avvenuta nel gennaio 2023. Nel maggio del 2023 l'edificio è stato intitolato a Pietro Micca. L'architettura dell'edificio è ispirata all'international style americano e, in particolare, al Seagram Building di New York. Il corpo di fabbrica principale, a forma di parallelepipedo, è affiancato da due corpi più bassi uno dei quali si sviluppa lungo via Cernaia. Sotto quest'ultimo è stato ricavato un porticato in continuità con i portici ottocenteschi della via, ai quali si richiama per forma e dimensioni. Il grattacielo è caratterizzato da strutture in acciaio a vista che ne enfatizzano lo sviluppo verticale ed è sovrastato da una massiccia pensilina. Particolarmente accurati sono i particolari costruttivi in metallo e pietra che ne caratterizzano l'affaccio verso via Cernaia e Piazza XVIII Dicembre. La scelta dell'uso dell'acciaio è dovuta, oltre che a ragioni stilistiche, alla presenza della Finsider all'interno del gruppo IRI, committente dell'impresa: l'uso dell'acciaio nell'edilizia doveva rappresentare una spinta promozionale del mercato di questo materiale, tecnica già adottata con successo negli Stati Uniti. Sebbene le proiezioni iniziali indicassero che l'avvio dei lavori di bonifica e restauro si sarebbe dovuto verificare già a partire dal 2022, gli studi preliminari per la localizzazione dell'amianto è risultata più complessa del previsto, richiedendo oltre 12 mesi di studi e ricerche approfondite. L'apertura del cantiere è stata, quindi, posticipata al gennaio 2023. Nel maggio del 2023 sono stati avviate le operazioni di bonifica, affidate ad un raggruppamento di quattro società specializzate nella rimozione e nel trattamento dell'amianto: alla fine dei lavori, saranno rimosse 1400 tonnellate di materiale e trasportate via ferroviaria in un impianto situato in Svezia. Nel giugno 2023 è stato installata la ponteggiatura esterna. Il grattacielo RAI si è guadagnato l'infelice soprannome di "grattacielo dell'amianto", quando in realtà il problema dei materiali a base di fibre d'asbesto utilizzati su così larga scala è comune a tutti gli edifici in metallo costruiti fra gli anni cinquanta e settanta del novecento, come ad esempio Palazzo Nuovo, principale sede dei corsi umanistici dell'Università degli Studi di Torino. All'epoca della costruzione dell'edificio i pericoli per la salute legati all'inalazione di fibre di asbesto non erano ancora noti, anche il grattacielo fu quindi realizzato con largo impiego di materiali a base di amianto, sotto forma di pannelli prefabbricati di copertura, plafoniere, o sotto forma di polvere che veniva impastata con collanti a base vinilica per ricoprire intere pareti e isolare in maniera ignifuga fasci di tubazioni. Quest'ultimo sistema è quello che più è stato messo sotto accusa in quanto durante la costruzione dell'edificio causava la formazione di grandi nubi di fibre che si disperdevano nell'aria. Nel 2009 un dirigente Rai che per molti anni (fra il 1967 e il 1992) aveva lavorato all'interno dell'edificio morì di mesotelioma. Anni prima, nel 1992, un ex dipendente dell'azienda che costruì il grattacielo morì anch'esso di mesotelioma; l'imprenditore edile fu poi condannato per omicidio colposo nel 1995. La stessa Rai è stata a conoscenza del problema e, da quando la pericolosità dell'impiego di amianto per costruzioni è nota, ha trattato la questione con la dovuta serietà. Nel 1992 vennero effettuate molte opere di "segregazione" delle strutture in amianto e messa in sicurezza, mentre fu contemporaneamente attivato un sistema di controllo della qualità dell'aria tramite il quale si è potuto constatare che i livelli di fibre dispersi nell'aria sono al di sotto dei limiti di legge. Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Nuovi uffici della Rai, in Guida all’architettura moderna di Torino, Torino, Lindau, 1995, pp. 247-248. Paolo Scrivano, Grattacielo per Uffici Rai, in Guida di Torino. Architettura, Vera Comoli, Carlo Olmo (a cura di), Torino, Allemandi, 1999, p. 217. Società degli Architetti e degli Ingegneri in Torino, Architettour. 26 Itinerari di Architettura a Torino/Architectural Walks in Turin, Torino, SIAT, 1999. Costruzioni di Torino per altezza Pietro Micca Rai Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Grattacielo Rai Sito ufficiale, su palazzopietromicca.com. Grattacielo RAI, su museotorino.it. Il Patrimonio Immobiliare RAI, su immobili.rai.it.