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Cappella di San Francesco

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Cappella San Francesco Perarolo
Cappella San Francesco Perarolo

La cappella di San Francesco è un luogo di culto ubicato a Perarolo, nei pressi della frazione Locara del Comune di San Bonifacio, in provincia di Verona e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara, più precisamente dell'Unità Pastorale San Bonifacio. Nella più antica mappa del territorio sambonifacese (metà del XV secolo), è presente a Perarolo un possesso della famiglia Cavalli, nell’area dove poi sorgerà Villa Negri. La famiglia Negri, di origine vicentina, aveva possedimenti a Perarolo già nel XVI secolo e la villa, nel Seicento, sarà una delle più importanti del territorio. La cappella fu costruita qualche anno dopo della villa, nel 1628, e rispetto a questa, probabilmente abbandonata già anticamente, con un riutilizzo agricolo, rimase sostanzialmente invariata nei secoli, venendo utilizzata saltuariamente come sede di cappellania fino all’inizio del XXI secolo. Nel 2008, col consenso dei proprietari, evitando il rischio di perdita del luogo di culto, si costituì l’Associazione San Francesco, la quale ha fatto eseguire i lavori di restauro della chiesetta. La cappella, costruita nei pressi della villa, ha una facciata a capanna rivolta a sud e presenta un portale rettangolare sormontato da un timpano triangolare. In asse col portale vi è un oculo, mentre ai fianchi dell’ingresso due grandi finestre rettangolari, alte quanto la porta d’ingresso. La facciata è completata dal timpano triangolare, alla cui sommità è collocata una croce metallica. Nel prospetto nord, probabilmente ad inizio del XIX secolo, sono state aperte due finestre e sopraelevato il volume a ovest per creare un piano in più, dove fu collocato l’organo. La cappella, di pianta rettangolare, presenta un’aula con soffitto piano. Il presbiterio, di forma quadrata, anticipato da un arco trionfale e sopraelevato di due scalini, ha una copertura a crociera, una finestra termale (oggi murata) ed è affiancato da due piccole stanze utilizzabili come sacrestie. L’altare, con colonne corinzie che sostengono la trabeazione, sopra la quale è collocato il fastidio sorretto da due putti con dedica alla Vergine Maria e a San Francesco d’Assisi, nonché la data 1628. La pala all’interno dell’altare, raffigurante San Francesco, è scomparsa ed è stata sostituita da una moderna sempre dello stesso soggetto. Nella parte posteriore è collocato un campanile a vela, con una campana e sormontato da una croce metallica. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. San Bonifacio Parrocchie della diocesi di Vicenza Diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su cappella di San Francesco

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cappella di San Francesco (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Cappella di San Francesco
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Cappella San Francesco Perarolo
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Chiesa di San Giovanni Battista (San Bonifacio)

La chiesa di San Giovanni Battista è la chiesa parrocchiale di Locara, frazione di San Bonifacio in provincia di Verona e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara. In una bolla pontificia di Papa Lucio III del 1185 viene citata per la prima volta la chiesa di San Giovanni Battista in Locara con le sue pertinenze. Essa risulta essere dipendente dall’Abbazia di San Pietro in Villanova, come confermato da un diploma dell’Imperatore Enrico VI di Svevia nel 1193. La prima mappa a mostrare l’area dell’attuale Locara risale a metà del XV secolo e la chiesa appare già strutturata, al centro del paese, attorniata da case di proprietà della famiglia Cavalli, nonché la viabilità corrisponde a quella odierna. L’edificio di culto risulta essere ad unica navata, con un rosone in facciata, un alto campanile vicino all’abside e, forse, con vicina la canonica sul lato settentrionale. Intorno al 1750 fu costruita una chiesa utilizzando le strutture di quella quattrocentesca. Pure il campanile si trova nella stessa posizione del precedente. L’edificio sacro, uno degli ultimi esempi di architettura barocca nel veronese, non è più utilizzato per il culto. I lavori per una nuova chiesa, più grande della precedente, collocata a settentrione rispetto a quella settecentesca, iniziarono nel 1875 mentre era parroco don Pietro Pontalto e su progetto del veronese don Angelo Gottardi. Non è noto il motivo per cui, subito dopo l’inizio delle attività, si decise di abbandonare il progetto del Gottardi, ma si dovette aspettare il 1906 per la ripresa dei lavori con il nuovo progetto del vicentino Gerardo Marchioro, nel 1910 fu completata la facciata e nel 1911 fu benedetta dal parroco don Eugenio Guiotto. La chiesa fu consacrata dal Vescovo di Vicenza Ferdinando Rodolfi nel 1927, come ricorda la lapide nel presbiterio. Alcuni anni fa è stata realizzata la grande piazza pavimentata di fronte alle due chiese La facciata è a salienti, rivolta verso occidente, e mostra una commistione di stili: il gotico nelle guglie e nel rosone, il lombardesco del primo Rinascimento veneziano negli archetti della parte inferiore e nelle finestre a tutto sesto nelle pareti laterali. Il portale ligneo, a cui si accede salendo alcuni gradini, è sovrastato da una lunetta, mentre nelle due nicchie sono collocate le statue dei protettori di Locara, San Giovanni Battista e San Valentino. La facciata assomiglia molto ad altre progettate da don Gottardi, cosa che fa pensare che il Marchioro imitò quanto previsto nel primo progetto per la nuova chiesa. La chiesa è a navata unica e ricorda il Duomo di San Bonifacio con il suo stile neoclassico che si rifà all’architettura del Palladio. Sul soffitto vi è il dipinto rappresentante il Martirio di San Giovanni Battista, opera delle pittrici arcolesi Antonella Burato e Anna Elisa Sartori del 2013. Inaugurata il 9 febbraio 2014, sostituisce un affresco dello stesso soggetto dipinto nel 1927 da Felice Lovato, originario di Castelnovo Vicentino come l’amico architetto Marchioro, perduto nel 1968 causa le infiltrazioni d’acqua dal tetto. Tra l’altro l’opera era rimasta incompiuta a causa della morte prematura del Lovato, tanto che fu completata dal nipote Giuseppe. Sono due le cappelle per lato, mentre una trabeazione classica è sostenuta da colonne composite alternate a lesene e si sviluppa per tutto il perimetro dell’edificio. I quattro altari laterali provengono tutti dalla chiesa settecentesca. Il primo a sinistra, con colonne corinzie a sostenere un arco spezzato, contiene una pala dedicata alla Natività di San Giovanni Battista, mentre ai lati sono presenti le statue di Sant'Antonio Abate e di una santa di non facile attribuzione. Il secondo altare a sinistra era l’altare maggiore della vecchia chiesa, in marmi policromi e con quattro colonne corinzie a sostenere un frontone elaborato. L’iscrizione ricorda che fu dedicato a San Giovanni Battista nel 1709 e la pala, datata 1715, raffigura la Natività di San Giovanni Battista. Il primo altare sul lato destro, simile a quello che si trova di fronte, contiene una pala con ‘’Madonna col Bambino e due santi. Ai lati le statue di Sant'Antonio di Padova e San Giovanni Nepomuceno. Il secondo altare a destra, datato 1734, sempre in marmi policromi, con fastigio sostenuto da due colonne marmoree, contiene una statua della Madonna col Bambino. Il presbiterio risulta rialzato di qualche gradino rispetto alla navata e vede presenti l’altare maggiore e ambone collocati in seguito all’adeguamento liturgico. Esso è anticipato dall’arco trionfale su cui sono dipinti la Vergine Maria e l’Arcangelo Gabriele nel momento dell’Annunciazione. Sopra il presbiterio vi è una cupola dipinta da Lovato, a tempera negli anni Venti del XX secolo e recentemente restaurata. Nei pennacchi sono raffigurati i Quattro Evangelisti mentre nella cupola vera e propria numerosi angeli che vanno verso la luce divina. Nel presbiterio è presente anche il grande altare maggiore preconciliare, con angeli all’estremità e Crocifisso che sovrasta il tabernacolo. In alto, nell’abside, tra due finestre, l’affresco con il Cristo. Nell’abside, dietro l’altare maggiore, trova posto l’organo, opera del 1959 della ditta di Remo Zarantonello da Cornedo Vicentino. Sul lato sinistro della vecchia chiesa, addossato alla zona presbiterale, è presente un campanile di base rettangolare, con cella campanaria che presenta monofore a tutto sesto, una per lato, un tamburo a base ottagonale, su cui svetta una copertura conica con croce metallica al vertice. Il concerto campanario collocato nella torre è composto da 5 campane in MIb3 montate alla veronese e suonabili solo automaticamente. Questi i dati del concerto: MIb3 - diametro 1153 mm - peso 850 kg - Fusa nel 1879 da Cavadini di Verona FA3 - diametro 1022 mm - peso 590 kg – Fusa nel 1879 da Cavadini di Verona SOL3 – diametro 912 mm - peso 420 kg - Fusa nel 1879 da Cavadini di Verona LAb3 - diametro 857 mm - peso 337 kg - Fusa nel 1928 da Cavadini di Verona SIb3 - diametro 758 mm - peso 240 kg - Fusa nel 1879 da Cavadini di Verona. Nel Diario di Luigi Gardoni, suonatore di campane di Verona nel XIX secolo, in data 15 maggio 1836 ricorda la fusione di 3 campane per Locara in FA3, concerto precedente a quello attualmente esistente Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Luigi Gardoni, Diario Veronese (1826-1850), a cura di Nicola Patria, Verona, Archivio Storico Curia Diocesana, 2010. San Bonifacio Diocesi di Vicenza Parrocchie della diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto L’opera d’arte di due pittrici arcolesi nella chiesa di Locara, su arcoleracconta.blogspot.com. URL consultato il 6 ottobre 2023.

Chiesa di Santa Lucia (San Bonifacio)

La chiesa di Santa Lucia è la chiesa parrocchiale di Lobia, frazione di San Bonifacio in provincia di Verona e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara, più precisamente dell'Unità Pastorale San Bonifacio. In una bolla pontificia di Papa Lucio III del 1185 viene citata per la prima volta le chiese di San Zeno e San Vito, oggi non più esistenti, entrambe dipendenti dall’Abbazia di San Pietro in Villanova. Nella più antica mappa di San Bonifacio, risalente alla metà del Quattrocento, e in quella di poco posteriore detta dell’Almagià, il paese di Lobia è rappresentato da quattro case allineate sulla strada che congiunge San Bonifacio a Lonigo e non risulta nessuna chiesa. Nel 1466 Lobia entrò a far parte del Comune di San Bonifacio e solo nel 1568 abbiamo la prima traccia della chiesa di Santa Lucia in una mappa. In essa il centro del paese è già ben definito e la chiesa ha la facciata rivolta ad occidente, un rosone, due finestre ai lati e un campanile a vela sul lato posteriore. Già in questa mappa il confine tra i territori veronese e vicentino passa per l’abitato come avviene oggi, ma risale al 1645 l’accordo tra gli abitanti di Lobia veronese e Lobbia vicentina di dividersi le spese per la manutenzione della chiesa. Nel 1863 la chiesa fu rimodernata con una nuova facciata neoclassica e nel 1895 ottenne di avere il fonte battesimale, essendo allora chiesa sussidiaria della parrocchia di Locara. Nel 1925 divenne parrocchia autonoma ed è lo stesso anno in cui la chiesa fu ampliata con le due navate laterali La facciata è a salienti, rivolta verso occidente, mostrando la suddivisione interna dell’edificio. Essa conserva il portale con timpano spezzato dell’antica chiesa e, forse, anche l’oculo. Quattro lesene tuscaniche sorreggono la trabeazione e il timpano. Al culmine della facciata vi è una grande croce metallica. Le due navate laterali presentano un portale e una finestra rettangolare. La loro costruzione ha tolto slancio all’originario corpo centrale. La chiesa è a tre navate, con le laterali divise da quella centrale da due file di serliane sostenute da colonne ioniche marmoree. Anche nell’arco trionfale torna il motivo della serliana, mentre il soffitto della navata è piano (in passato doveva essere una volta a tutto sesto. Nelle navate laterali vi sono due altari barocchi appartenenti alla chiesa quattrocentesca. A sinistra quello di Sant'Antonio di Padova, risalente al 1739, a destra quello della Madonna del Rosario, datato 1697. Sempre sul lato destro vi è una pala seicentesca, forse proveniente dall’antico altare maggiore, raffigurante San Zeno, San Rocco e Santa Lucia che si presentano alla Beata Vergine Maria in trono col Bambino. Nell’abside vi è un affresco, raffigurante il Buon Pastore, come nel soffitto della navata Santa Lucia che sale verso il cielo, opera di Federico Pillan del 2020, dipinta al di sopra di analogo soggetto affrescato prima da Dino Menato nel 1944 e poi da Marco Marchi nel 1983. Sul lato sinistro della chiesa, addossato a parte della navata, vi è il campanile, completato nel 1908. A pianta quadrata, con base rinforzata, presenta una cella campanaria con un’apertura rettangolare per lato e balaustra. In alto la balaustra sui quattro lati, un tamburo ottagonale e la copertura conica su cui svetta una croce metallica Il concerto campanario collocato nella torre è composto da 5 campane in FA3 montate alla veronese e suonabili solo automaticamente. Questi i dati del concerto: 1 – FA3 - diametro 1013 mm - peso 582 kg - Fusa nel 1930 da Cavadini di Verona 2 – SOL3 - diametro 897 mm - peso 390 kg – Fusa nel 1908 da Cavadini di Verona 3 – LA3 – diametro 803 mm - peso 286 kg - Fusa nel 1928 da Cavadini di Verona 4 – SIb3 - diametro 750 mm - peso 232 kg - Fusa nel 1908 da Cavadini di Verona 5 – DO4 - diametro 668 mm - peso 162 kg - Fusa nel 1908 da Cavadini di Verona. Precedentemente erano tre campane in LA3 del 1872. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Sancassani Pietro, Le mie campane. Storia di un’arte e di una tradizione del Millenovecento, a cura di Rognini Luciano, Sancassani Laura, Tommasi Giancarlo, Verona, Offset Print Veneta, 2001. Paola Dalli Cani, Ridipinto «alla cieca» il soffitto della chiesa di Santa Lucia, su larena.it. URL consultato il 6 ottobre 2023. San Bonifacio Diocesi di Vicenza Parrocchie della diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto Chiesa di Santa Lucia, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Oratorio di San Michele Arcangelo (Gambellara)

L'Oratorio di San Michele Arcangelo è una chiesa sussidiaria della parrocchia di Locara, ma ubicato a Torri di Confine, frazione del Comune di Gambellara, in provincia e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara. La nobile famiglia Thiene, succeduta ai Da Lisca nel possesso di Torri di Confine col matrimonio tra Lisca Da Lisca e Clemente Thiene, all’inizio del XVI secolo decise di edificare un grande palazzo con una cappella gentilizia lungo la strada che conduce a Locara. La dedicazione a San Michele Arcangelo, santo protettore dei confini, potrebbe denunciarne una certa antichità, anche se la chiesetta appare per la prima volta in una mappa del 1608. Questo fa propendere per una costruzione avvenuta qualche anno prima. Dalla visita pastorale del Vescovo di Vicenza Giuseppe Maria Peruzzi del 1822 si deduce che è un Oratorio privato di casa Thiene, senza un cappellano che la officiasse. L’Oratorio presenta una facciata a capanna con portale sopraelevato di tre gradini rispetto allo spiazzo antistante, con timpano spezzato. Appena sopra è collocato un piccolo stemma della famiglia Thiene, mentre più in alto troviamo una finestra a lunetta. Sul culmine della facciata è collocata una croce metallica. L’interno dell’Oratorio è stato sistemato di recente e presenta un'aula unica con copertura a capriate lignee. Il presbiterio, di pianta quadrata e con copertura a crociera, innalzato di uno scalino, presenta un altare in stile barocco, in marmi policromi, con la centro una Madonna col Bambino datata 1706. La pala d’altare del XVIII secolo appesa alla parete settentrionale era in origine collocata in fondo all’abside. Il soggetto raffigurato è ‘’L’Arcangelo Michele e San Gaetano Thiene’’, mentre in alto il Padre e il Figlio incoronano la Vergine Maria. Una porta sul lato nord del presbiterio conduce alla sacrestia. Sul lato sud della facciata si eleva un esile campanile a pianta quadrata, con cella campanaria aperta da monofore con arco a tutto sesto. Sopra la copertura vi è una croce in pietra. Il campanile custodisce una piccola campana. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Gambellara San Bonifacio Parrocchie della diocesi di Vicenza Diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto

Stazione di Lonigo
Stazione di Lonigo

La stazione di Lonigo è una fermata posta sulla linea ferroviaria Milano-Venezia, alla progressiva chilometrica 177+305 da Milano Centrale, nel comune vicentino di Lonigo al confine con Locara frazione del comune di San Bonifacio. Inaugurata come stazione il 3 luglio 1849, contestualmente all'apertura della ferrovia Milano-Venezia, la località distava circa 6 km dall'omonimo abitato; per tale motivo, nel 1882 venne attivata una diramazione della tranvia San Bonifacio-Lonigo-Cologna Veneta. Alla soppressione di quest'ultima, nel 1937, il comune di Lonigo si fece carico della riapertura del collegamento con la stazione, che fu dunque ripristinato come ferrovia Lonigo-Lonigo Città rimanendo in esercizio fra il 1950 e il 1965. Durante gli ultimi giorni del 2023 il fabbricato viaggiatori è stato completamente demolito per lasciare spazio alla sede dei binari della nuova linea alta velocità Milano-Venezia. Il fabbricato viaggiatori sarà interamente ricostruito. Dopo la soppressione del terzo binario utilizzato per le partenze verso Lonigo Città e la trasformazione in fermata, l'impianto dispone dei due soli binari di corsa. All'esterno lo scalo è dotato di un parcheggio per le automobili e uno, parzialmente coperto, per le biciclette. La stazione è servita da treni regionali svolti da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio stipulato con le regioni interessate. Sottopassaggio Sala di attesa Biglietteria self-service (aperta 24/24h) Bar Parcheggi di superficie La fermata ferroviaria è servita dalle corse regionali svolte da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Veneto. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Lonigo

Oratorio di San Biagio (San Bonifacio)

L’oratorio di San Biagio è una chiesa sussidiaria della parrocchia di Prova, frazione di San Bonifacio in provincia di Verona e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara, più precisamente dell'Unità Pastorale San Bonifacio. Dalle mappe quattrocentesche risulta che intorno alla chiesetta, già esistente all’epoca, fosse sorto il primo nucleo abitato dell’odierna Prova. Furono i Cavalli, famiglia nobile veronese ad avere varie proprietà nella zona e a costruire, nel XVI secolo, l’edificio padronali, completato nel 1704, dai marchesi Carlotti, che nel 1679 acquistarono la proprietà. Giulio Carlotti, come riporta l’epigrafe sull’altare, fece costruire l’attuale Oratorio nel 1695, che, fino alla costruzione della nuova chiesa (poi parrocchiale) di Prova, funse da edificio sacro della frazione. Nel 1994 l’edificio è stato restaurato. La chiesa, sul suo lato orientale costeggiata da Via Favorita, presenta un ingresso rialzato di qualche gradino. Il portale presenta forme tipiche del tardo Quattrocento, recuperato durante la costruzione della chiesetta. Forse apparteneva all’antica chiesa di San Biagio, ma è più probabile che fosse l’ingresso al palazzo dei Cavalli, in parte demolito per realizzare l’attuale Villa Carlotti. Al di sopra dell’architrave retta da lesene doriche, vi è un motivo a volute che tende a dare movimento alla facciata. In asse col portale, in alto, domina una croce metallica, mentre a fianco dello stesso due nicchie con all’interno due capitelli. Sui lati diagonali abbiamo due ampie finestre di forma ottagonale. L’aula, di pianta poligonale, presenta una controsoffittatura nell’unica navata che nasconde l’originale copertura a capriate lignee. Il presbiterio, ampio, presenta una copertura a volta ribassata, ed è anticipato da un arco trionfale a sesto ribassato. Al centro l’altare retto da due colonne ioniche in marmo rosso di Verona e timpano spezzato. In una cornice di forma ellittica è collocata la pala di San Biagio, col santo al centro affiancato da San Carlo Borromeo e da San Francesco, santi protettori dei Carlotti. La pala, contemporanea all’edificio sacro, è attribuita al pittore veronese Andrea Voltolini. Nella parte posteriore è presente un esile campanile a pianta rettangolare, con i lati maggiori rivolti verso nord e sud. In mattoni a vista, presenta una doppia cella campanaria, con monofore a tutto sesto. Quella superiore è dovuta ad un rialzamento della torre probabilmente nel XIX secolo. Sopra la copertura in tegole è presente una croce metallica. Nella cella campanaria superiore è presente una campana. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. San Bonifacio Parrocchie della diocesi di Vicenza Diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto

Chiesa di Santa Croce (Monteforte d'Alpone)
Chiesa di Santa Croce (Monteforte d'Alpone)

La chiesa di Santa Croce è una chiesa sussidiaria della parrocchia di Santa Maria Maggiore in Monteforte d’Alpone; fa parte del vicariato dell'Est Veronese, precisamente dell'Unità Pastorale Soave - Monteforte. La chiesa sorge su un dosso tufaceo, a fianco della strada che conduce alla frazione Sarmazza e a Sorio di Gambellara, in una zona che prima della bonifica agraria nel Cinquecento, con la deviazione della Degora nel Chiampo, era paludosa. Il primo documento che cita Santa Croce è una mappa su pergamena del 1463, nella quale è citata come l’Arcella di Monteforte, toponimo con cui è denominata anche nel 1524 e che indica o un granaio o un’opera d’imbrigliamento o un termine di confine a forma di arca. L’attuale dedicazione alla Santa Croce si rintraccia a partire dai primi decenni del XVI secolo, mentre l’edificio risale almeno al XIV secolo, visti alcuni affreschi presenti all’interno dell’edificio. Nel 1532 avviene la prima visita pastorale alla chiesa. Si parla di due altari, della grande devozione dei fedeli e del custode, Ognibene di Gabriele, frate eremita converso che viveva di elemosine e coltivava un podere nei pressi dell’edificio sacro. Un documento del 1707 ricorda che con le elemosine dei fedeli furono costruiti la sacrestia, la porta d’ingresso e l’altare sinistro, attorno al quale vi sono diversi ex voto. All’interno dell’edificio era infatti conservata una statua tufacea della Vergine Addolorata con Gesù deposto dalla Croce ritenuta miracolosa anche per il ritrovamento della stessa nel corso di un’aratura. Collocata sull’altare maggiore, protetta da una lastra di vetro, fu poi collocata sull’altare laterale della parete sinistra. Il simulacro fu rubato nel 1960. Nel documento del 1707 vengono citate anche alcune figure mobili sull’altare maggiore, relative alla Passione di Gesù. L’abside custodiva una ruota di legno di tre metri di diametro, attorno alla quale erano collocate le statue lignee dei Dodici Apostoli. Nella festa della Santa Croce si girava una manovella che faceva muovere la ruota, così gli Apostoli passavano attraverso una finestrella aperta sopra l’altare. I fedeli, con bastoni o canne, attendevano la comparsa della statua di Giuda per colpirla violentemente. Il marchingegno, assieme alle statue, fu rimosso e bruciato. L’edificio subì danni durante un bombardamento della Seconda guerra mondiale, tanto che le capriate lignee attuali risalgono alla ricostruzione del dopoguerra, mentre il restauro delle pitture interne alla chiesa risale al 2002 La facciata a capanna, rivolta ad ovest, presenta un portale d’ingresso sovrastato da un timpano semicircolare spezzato di gusto rinascimentale, affiancato da due finestre rettangolari. In asse col portale vi è un oculo L’interno è a navata unica di forma rettangolare, con copertura a capriate lignee e pavimento in cotto. Finestre rettangolari sono collocate sul lato sud dell’edificio, sia nell’aula sia nel presbiterio. Alle pareti vi sono affreschi trecenteschi e seicenteschi e su quella settentrionale è collocato l’altare marmoreo dedicato all’Addolorata. Il presbiterio, introdotto da un arco trionfale a tutto sesto che riporta l’anno 1635, sopraelevato di un gradino e di ampiezza ridotta rispetto alla navata, presenta una copertura con volta a botte, mentre il pavimento è in battuto di cemento. Sopraelevato di un ulteriore gradino è l’altare maggiore marmoreo, addossato alla parete di fondo. Sul fianco sinistro del presbiterio un’apertura permette l’accesso ad un piccolo locale originariamente adibito a sacrestia, mentre l’abside semicircolare è accessibile solo dall’esterno La chiesa possiede un campanile a vela sul lato nord dell’edificio, sulla falda di copertura. Su di esso era collocata una campana seicentesca del fonditore Bartolomeo Pisenti, trafugata nel 1960 assieme alla statua della Vergine Maria Addolorata. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Monteforte d'Alpone Parrocchie della diocesi di Verona Diocesi di Verona Regione ecclesiastica Triveneto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa della Santa Croce UnGiroinComune-La Chiesa di Santa Croce/Monteforte d'Alpone, su youtube.com. URL consultato il 27 settembre 2023.

Chiesa di Santa Maria Presentata al Tempio
Chiesa di Santa Maria Presentata al Tempio

La chiesa di Santa Maria presentata al Tempio è la chiesa parrocchiale di Prova, frazione di San Bonifacio in provincia di Verona e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara, più precisamente dell'Unità Pastorale San Bonifacio. Il primo nucleo abitato di Prova si formò nei pressi della chiesetta di San Biagio, proprietà della famiglia Cavalli assieme all’edificio padronale più noto come Villa Carlotti, visto che questa famiglia acquisì le proprietà dei Cavalli in più tempi. Prova, grazie ai lavoratori agricoli alle dipendenze dei Carlotti, passò dai circa quattrocento abitanti della metà del XIX secolo ai novecento degli inizi del XX secolo, facendo in modo che San Biagio risultasse insufficiente a contenere tutti i fedeli. Il 10 dicembre 1936 vennero radunati dal nuovo cappellano di Prova (e futuro primo parroco), don Marco Viale, tutti i capifamiglia, i quali decisero per la costruzione di una nuova e capiente chiesa. Sabato 16 novembre 1940 iniziò così la costruzione della chiesa dedicata alla Presentazione della Beata Vergine Maria con la posa della prima pietra da parte del Vescovo di Vicenza mons. Ferdinando Rodolfi. Nonostante la Seconda Guerra Mondiale si decise si portare a termine la costruzione, che fu inaugurata il 22 novembre 1942 dal servita mons. fra Prospero Gustavo M. Bernardi, primo Vescovo della diocesi di Rio Branco in Brasile, all’epoca residente presso il Santuario della Madonna di Monte Berico e sostituto in questa e altre occasioni del Vescovo Rodolfi, gravemente ammalato. La chiesa sorge nella piazza principale di Prova, lungo la strada che da San Bonifacio porta a Lonigo. Nel 1944 fu creata la parrocchia di Prova, nel 1954 si completarono le finiture e le decorazioni della chiesa e nel 1990 il Vescovo di Vicenza Pietro Nonis consacrò l’edificio sacro La facciata è a salienti, evidenziando già dall’esterno la divisione interna in tre navate. La muratura a vista disegna tre grandi archi a tutto sesto coronati da archetti pensili e un fregio in pietra scolpito con motivi classici. Gli stili sono mescolati, passando dal paleocristiano al romanico, dal gotico fino al primo Rinascimento. Al centro della facciata, rialzato di tre gradini, vi è un portale strombato con lunetta in cui è dipinta la Presentazione di Maria, mentre nell’architrave risulta scolpita l’epigrafe che ricorda l’anno d’inaugurazione dell’edificio sacro. In asse col portale vi è un rosone simil tardogotico; sopra l’arcata in mattoni vi è un orologio e al culmine della facciata una croce in pietra. Nelle arcate laterali si apre, in alto, un oculo. La chiesa è suddivisa in tre navate sostenute da colonne con capitelli corinzi con archi a tutto sesto. Nella parte alta della navata centrale alcune monofore introducono la luce solare all’interno dell’edificio. Altre monofore sono presenti nelle navate laterali. Le coperture risultano essere piane. Al di sopra della porta d’ingresso due epigrafi ricordano l’inaugurazione del 1942 e la consacrazione del 1990. Nelle navate laterali vi sono due cappelle per parte a base semicircolare, una sorta di absidi. Nella prima a sinistra vi è la tomba di don Mario Viale, il cui corpo fu qui portato nel 1992, mentre nella seconda vi è l’altare di San Biagio, contitolare della parrocchia, opera del 1947. Il primo altare di destra è dedicato alla Beata Vergine Maria, con statua della Madonna col Bambino Gesù, mentre il secondo presenta un altare del XVIII secolo con statua del 1840 raffigurante il Sacro Cuore di Gesù. Il presbiterio è anticipato da un grande arco trionfale ed è chiuso da un’abside a base semicircolare con catino dipinto e riportante la scritta in latino Ubi caritas et amor Deus ibi est cioè Dov’è carità e amore qui c’è Dio. L'altare maggiore, con alle estremità due angeli adoranti, ricorda quello del Duomo di San Bonifacio. Sul lato sinistro della chiesa, addossato alla zona presbiterale, è presente un campanile di base rettangolare, con cella campanaria che presenta una monofora sul lato corto e una trifora con colonnine sul lato lungo. La copertura è piramidale, rivestita in rame, al cui vertice è collocata una croce metallica. Il concerto campanario collocato nella torre è composto da 5 campane in DO4 montate alla veronese e suonabili manualmente. Questi i dati del concerto: DO4 - diametro 685 mm - peso 175 kg - Fusa nel 1946 da Cavadini di Verona RE4 - diametro 618 mm - peso 125 kg – Fusa nel 1946 da Cavadini di Verona MI4 – diametro 550 mm - peso 90 kg - Fusa nel 1946 da Cavadini di Verona FA4 - diametro 510 mm - peso 70 kg - Fusa nel 1946 da Cavadini di Verona SOL4 - diametro 460 mm - peso 50 kg - Fusa nel 1946 da Cavadini di Verona. Mario Gecchele, Dario Bruni e Irnerio De Marchi (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. fra Pacifico M. Branchesi, osm, Mons. fra Prospero Gustavo M. Bernardi (1870-1944), dell'ordine dei servi di Maria, un frate esemplare ed impegnato (PDF), su servidimaria.net. URL consultato il 6 ottobre 2023. San Bonifacio Diocesi di Vicenza Parrocchie della diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria Presentata al Tempio Chiesa di Santa Maria Presentata al Tempio, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. Storia della costruzione della chiesa di Prova 22 novembre 1942, su upsanbonifacio.it. URL consultato il 6 ottobre 2023.

Oratorio di San Carlo Borromeo (Monteforte d'Alpone)

L'Oratorio di San Giovanni Battista è una chiesa sussidiaria in Monteforte d'Alpone; fa parte del vicariato dell'Est Veronese, precisamente dell'Unità Pastorale Soave - Monteforte. L’Oratorio fu voluto dalla famiglia Boniotti, originaria della bresciana Polaveno e successivamente emigrata a Verona, dove aveva fatto fortuna nei settori manifatturiero e della concia e nel Cinquecento aveva fatto degli investimenti a Monteforte e a San Bonifacio. A Borgolecco (l’attuale viale Europa di Monteforte) i Boniotti fecero costruire una villa a cui, nei primi anni del Seicento Benedetto Boniotti fece aggiungere questo luogo di culto. Nel 1836 il medico Pietro Trezzolani, di origini montefortiane, ma da tempo residente a Verona, acquistò da Luigi Boniotti la villa, i rustici, il brolo e l’oratorio. Il luogo di culto, caduto in rovina già ai primi del Novecento, alla fine della Seconda Guerra Mondiale era malridotto, soprattutto a causa del crollo del tetto, tanto che nel 1947 l’allora sindaco Livio Antonioli diede l’ordine di demolirla. Ruggero Rizzini e Moreno Zoppi, due pittori montefortiani, chiesero l’intervento della Soprintendenza ai monumenti. Questo portò alla sospensione della demolizione e all’arrivo di un finanziamento ministeriale utilizzato per riparare il tetto. Nel 1963 l’ingegnere Aldo Trezzolani, ultimo proprietario della villa, morì e nel suo testamento nominò erede universale la Provincia veneta di Sant’Antonio dell’Ordine dei frati minori. I frati vendettero tutto, ma, nel 2018 l’assessore alla Cultura Rosario Maccarrone scoprì che l’oratorio non apparteneva a nessuno e che, di conseguenza, si riteneva di proprietà comunale. Nel maggio 2019 i frati e il Comune di Monteforte chiusero l’accordo con cui l’edificio sacro veniva ceduto ufficialmente all’ente locale. Un radicale restauro dell’edificio fu compiuto tra il 2020 e il 2021. La facciata a capanna, rivolta a nord, liscia e più alta dell’edificio, presenta un portale con mensola sostenuta da modiglioni. Il timpano è sormontato da tre pinnacoli in pietra con guglie, che reggono altrettanti globi con croce metallica. L’interno è un’aula unica, con volta a crociera e illuminata da due finestre sulle pareti laterali. Sulle pareti vi è una fascia decorativa a triglifi e si notano i resti dell’originaria decorazione a stucco, forse opera di David Reti, attivo agli inizi del Settecento Il presbiterio, elevato di un gradino, ha la volta a botte. L’altare marmoreo possiede colonne, capitelli in stile ionico e pulvini che sorreggevano il timpano. L’opera è attribuibile a Domenico Curtoni, architetto e scultore veronese, autore anche di un altare nella chiesa di Sant’Elena in Verona. L’altare includeva una pala, opera del pittore veronese Claudio Ridolfi raffigurante Maria Vergine col Bambino e i santi Carlo Borromeo, Francesco d’Assisi e Giovanni Battista. Citata da Carlo Ridolfi in Le Maraviglie dell'arte, da Bartolomeo Dal Pozzo e da Giovanni Battista Lanceni, l'opera scomparve in circostante poco chiare durante o immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Esiste ancora la sacrestia, che, a suo tempo, permetteva l’accesso dal brolo della villa. Sul tetto è presente un campanile a vela privo di campana. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Monteforte d'Alpone Parrocchie della diocesi di Verona Diocesi di Verona Regione ecclesiastica Triveneto

Chiesa di San Giuseppe Lavoratore (San Bonifacio)

La chiesa di San Giuseppe Lavoratore è la chiesa parrocchiale di Praissola, quartiere di San Bonifacio in provincia di Verona e diocesi di Vicenza; fa parte del vicariato di San Bonifacio-Montecchia di Crosara, più precisamente dell'Unità Pastorale San Bonifacio. Praissola, quartiere ad est di San Bonifacio, con l’industrializzazione del paese vide aumentare la sua popolazione oltre alla presenza di strutture come lo stadio Renzo Tizian, l’Istituto Superiore per ragionieri e geometri dedicato a Luciano Dal Cero e la Scuola Media statale. La distanza tra Praissola e il centro del paese, dove sorge la chiesa (oggi duomo) di Santa Maria Maggiore, e il fatto che la parrocchia di Sant’Abbondio avesse undicimila fedeli negli anni Settanta del XX secolo portò alla decisione, nel 1976 di costruire una nuova chiesa nel quartiere. Furono consultati i capifamiglia e la votazione vide duecentottanta voti favorevoli e quattro contrari. Mons. Giovanni Bernardi, parroco di Sant’Abbondio, rivelò che la prima idea di una nuova chiesa nacque con la morte di una ragazzina di prima media, Daniela, abitante nella vicina via Fiume, travolta da un mezzo pesante il 18 maggio 1974 mentre si recava al catechismo. La prima pietra fu posta il 16 aprile 1978 e i lavori, seguiti dall’ingegnere Guido Taddei, iniziarono all’inizio di ottobre dello stesso anno basandosi sul progetto dell’architetto vicentino Giuseppe Nori. Mentre venivano innalzate le murature, fu costruito un seminterrato sotto il pavimento della futura chiesa con una cappella e aule per il catechismo. La prima Santa Messa nel seminterrato fu celebrata il 24 dicembre 1979. Tra il 1979 e il 1981 i lavori furono sospesi per difficoltà edilizie derivate dal reperimento dei fondi e dal peso del tetto. Questo era previsto senza il supporto di colonnato e la consultazione di docenti di statica dell’Università di Padova confermò i timori. Gli ingegneri tedeschi della ditta costruttrice incaricata delle travature diedero parere positivo per la costruzione in cambio di piccole modifiche della struttura complessiva della copertura. I lavori ripresero il 15 settembre 1981 ed il tetto fu completato con una slanciata cupola a torrione, il tutto ricoperto con laminato di rame. Il 10 ottobre 1982 il parroco di Sant’Abbondio, monsignor Bernardi, a nome del Vescovo di Vicenza Arnoldo Onisto, inaugurò la nuova parrocchia e la chiesa, che fu dedicata a San Giuseppe Lavoratore per richiamare la vicina zona industriale. In quel giorno prese possesso della sua parrocchia il primo parroco, don Pietro Cailotto. Nell’ottobre 1983 fu completata la canonica, sistemati i grandi finestroni e perlinato il soffitto ligneo. Al 1985 risale il pavimento in granito rosa porrino, le porte in legno di rovere, la sistemazione del sagrato della chiesa con le scalinate e il porticato che congiunge il luogo di culto alla canonica. Per i dieci anni della parrocchia, fu sistemato definitivamente il presbiterio su progetto di padre Angelo Polesello, con il nuovo altare, la sede del presidente, l’ambone, il tabernacolo, il fonte battesimale e la particolare lumiera a forma di spirale che scende dal soffitto. Sempre nel 1992 ricevette una collocazione definitiva la statua di San Giuseppe Lavoratore con Gesù ragazzino, opera dello scultore di Ortisei, donata il 16 settembre 1984 alla parrocchia dalla Congregazione delle Piccole Figlie di San Giuseppe di Verona. Al 2005 risale la realizzazione delle vetrate istoriate e del nuovo fonte battesimale progettato dall’architetta e artista suor Michelangela Ballan; nel 2006 fu invece realizzata la nicchia dove è collocata la statua in legno di castagno della Madonna del Rosario, sempre opera dello scultore Flavio Pancheri e consegnata alla parrocchia il 7 ottobre 1984. Il 24 settembre 2016 si tenne la celebrazione eucaristica con cui iniziò il cammino della nuova Unità Pastorale di San Bonifacio. La chiesa, collocata al centro del quartiere, mostra un’architettura tipicamente contemporanea, con la cupola a torrione sovrastata da una croce in legno lamellare alta sette metri e con il braccio trasversale di tre metri, risulta visibile a distanza, specialmente da chi arriva da est verso il territorio comunale sambonifacese. L’edificio non presenta una facciata vera e propria, seppur con un ingresso principale in asse con l’altare. Sono presenti invece ampi atri che introducono all’aula. Il tutto può ricordare la prua di una nave o una tenda che ricade e s’innalza in maniera irregolare. La chiesa è ad aula unica di forma irregolare, come a ricordare la diversità delle persone che entrano in chiesa, ma che tendono ad essere unite andando verso l’altare. La disposizione dei banchi, presenti dal 1999, a raggiera rispetto al presbiterio. Il soffitto, in perline di abete, lascia a vista le ventotto travi che terminano in un serramento nella parte superiore della cupola a forma di torrione. Al suo interno vi è la lumiera a forma di spirale, proprio sopra l’altare. A destra e a sinistra dell’ingresso principale vi è la Via Crucis dell’artista Marina Bertagnin, composta da opere scultoree già presenti a cui la stessa ha aggiunto sfondi di colore tenue e intenso. Sul lato destro rispetto all’ingresso vi è il fonte battesimale, collocato nel 2005 assieme alla vetrata sovrastante, entrambi opera di suor Michelangela Ballan. Quest’ultima raffigura un albero dalla ricca chioma, che ha le sue radici proprio nel fonte. Il presbiterio ospita i poli liturgici, tutti in toto o in parte lignei, dall’altare all’ambone sulla sinistra, dal grande Crocifisso al tabernacolo e alla sede del celebrante. Le pareti sono state arricchite più tardi da elementi di colore dall’artista Bertagnin. Il presbiterio è affiancato sulla destra dalla sacrestia e a sinistra da uno spazio, con finestra dai colori caldi, a forma di croce. Esso è delimitato da colonne, utilizzato dai cori e come altare della reposizione il Giovedì santo. Dietro al presbiterio vi è la grande “vetrata mani” ideata da suor Michelangela Ballan, chiamata così perché tre mani si protendono verso il cielo, alla ricerca di Dio, ma richiamano sia la Trinità sia le tre Virtù teologali. Nel 2008 fu acquistato l’organo. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Quarant’anni insieme. Ricordi di una Comunità in cammino. 10 ottobre 1982-10 ottobre 2022, San Bonifacio, Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore in Praissola (Unità Pastorale di San Bonifacio) – Azienda Grafica “Faltracco”, 2023. San Bonifacio Diocesi di Vicenza Parrocchie della diocesi di Vicenza Regione ecclesiastica Triveneto Chiesa di San Giuseppe Lavoratore, su BeWeB, Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana.

Chiesa di Santa Maria Maggiore (Monteforte d'Alpone)
Chiesa di Santa Maria Maggiore (Monteforte d'Alpone)

La chiesa di Santa Maria Maggiore è la chiesa parrocchiale di Monteforte d'Alpone, in provincia e diocesi di Verona; fa parte del vicariato dell'Est Veronese, precisamente dell'Unità Pastorale Soave - Monteforte. In antichità Monteforte non è stata sede plebana e, nonostante la chiesa sia attestata per la prima volta nel 1207, è certo che le origini fossero più antiche. Il titolo attuale, Santa Maria Maggiore, comparve nel Quattrocento per distinguerla dalla chiesa di Santa Maria Fossa Dragone. Sul fianco destro del pronao oggi è murato un frammento marmoreo di un arco eretto nella vecchia chiesa per ricordare i lavori fatti eseguire dal Vescovo di Verona Agostino Valier alla fine del Cinquecento. Fino al 1805 la piazza centrale di Monteforte risultava molto diversa dall’attuale, in quanto la parrocchiale del Duecento era un edificio con facciata a capanna rivolta ad ovest e abside ad est. In realtà gli ingressi utilizzati dagli uomini e dalle donne si trovavano sul lato sud, quello che appunto dava sulla piazza e per giungervi si percorreva un ripido pendio. Sotto la linea del tetto vi era una cornice di archetti pensili, alcuni ancora visibili all’ultimo piano del municipio insieme a un muro, quanto resta della vecchia abside. Attorno al presbiterio e a nord della chiesa duecentesca sorgeva il cimitero, il cui ingresso era a meridione, vicino all’abside. A causa dell’Editto di Saint Cloud, recepito anche dall’Impero austriaco, che vietava i cimiteri all’interno dei centri abitati, nonché per i lavori per la nuova chiesa, il camposanto fu spostato nell’area di fronte alla chiesa di Santa Maria Fossa Dragone. Proprio al 1805 risale il progetto di sistemazione della piazza, ideato dall’architetto conte Bartolomeo Giuliari. Oltre a progettare la nuova chiesa parrocchiale, fece demolire l’Oratorio della Disciplina con il piccolo ospedale annesso e le case della fabbriceria, per permettere la costruzione della gradinata e della strada che porta alla canonica e alla chiesa di Sant'Antonio Abate. Fu anche abbattuta l’antica casa comunale per erigere tra il 1811 e il 1813, in posizione arretrata, l’attuale municipio. Nel luglio 1805 si iniziò così a demolire l’antica parrocchiale per costruire la nuova chiesa. Dell’edificio precedente, perpendicolare al luogo di culto attuale, rimane anche la facciata, trasformata in corridoio per accedere alla sacrestia e all’interno della chiesa, contraddistinta dagli archetti pensili. L’architetto Giuliari era amico dell’allora arciprete di Monteforte, don Luigi Zanoni, che volle fortemente il nuovo edificio, e sembra che non percepì alcun compenso per l’opera salvo il dono di vin santo. Dall’agosto 1805 i lavori, si protrassero fino al 1866, mentre la chiesa fu consacrata solo nel 1892. A contribuire alla costruzione fu l’intera cittadinanza e alcuni ricchi notabili montefortiani come l’avvocato Stefano Venturi, don Giuseppe Mozzati d’Aprili e lo stesso don Zanoni, che si impegnarono nel versamento di 600 ducati in tre anni. Il Giuliari aveva presentato due progetti. Il primo, del 1805, prevedeva un pronao tetrastilo sormontato da una finestra termale. Al 1810 risale il secondo progetto, quello poi adottato per la facciata, con la riduzione della navata di un quinto. L'altare maggiore della vecchia chiesa fu venduto nel 1813 e collocato nella chiesa di San Giovanni Battista in Castello di San Giovanni Ilarione, mentre due altari laterali furono venduti nel 1840 alla chiesa di Santo Stefano in Brognoligo. La chiesa fu consacrata nel 1892 dall'allora Vescovo coadiutore di Verona mons. Bartolomeo Bacilieri. Nel 2001 furono ristrutturate le coperture, restaurata la facciata e realizzato un nuovo accesso all’Oratorio di San Luigi Gonzaga, adiacente sul lato sinistro alla parrocchiale e all’epoca usato come cappella feriale. Al 2012 risale la costruzione della nuova cappella feriale, frutto del restauro di una cantina, e di una sala polifunzionale seminterrata, progettate entrambe dall’architetto Michele Chiappini . La chiesa è preceduta da una scalinata di quarantadue gradini suddivisi in tre rampe. La facciata, di forma rettangolare, rivolta a sud, è caratterizzata dalla presenza del pronao con quattordici colonne aventi capitelli corinzi, otto frontali e tre sui due lati, alte dodici metri, che sorreggono la trabeazione del timpano con cornice a dentelli. Oltre al frammento dell’arco della vecchia chiesa, sotto il pronao vi è un monumento funebre, opera dello scultore Ugo Zannoni, in ricordo dei pittori Giuseppe Zannoni e Marcello Rancani, nipote del primo, morti nel 1903 cadendo dalle impalcature mentre stavano per affrescare l’abside, lavoro iniziato da appena dieci giorni. L'interno della chiesa è ad aula unica, rettangolare, con due cappelle per lato e illuminato da quattro finestroni a mezzaluna con vetrate artistiche. I prospetti sono ritmati da colonne libere su basamenti quadrangolari, su cui s’imposta una trabeazione modanata che si sviluppa per l’intero perimetro dell’edificio. Il pavimento è realizzato con lastre di pietra bianca calcarea e marmo rosso corallo. Tutte le opere affrescate sono opera di Giovanni Bevilacqua, pittore di Isola della Scala, fratello del futuro Cardinale Giulio, chiamato dall’arciprete don Antonio Dalla Croce dopo la tragica morte di Zannoni e Rancani. Aiutato dal decoratore Attilio Trentini, lavorò dal novembre 1903 all’agosto 1904. La volta si presenta a botte a sesto leggermente ribassato, con ampie unghie laterali. Risulta decorata con un ciclo di affreschi, le Virtù Cardinali e Teologali assieme ad angeli con in testa i candelabri a sette fiaccole. La Speranza, vicina al presbiterio è raffigurata come una donna orante, un’ancora e un angelo che svolge la gomena, mentre ai lati vi sono gli stemmi di San Pio X e del Vescovo di Verona Bartolomeo Bacilieri. La Fede, al centro, mostra una donna inginocchiata che alza un calice, con due angeli e una fiaccola. La Carità, nei pressi dell’ingresso è una donna che stringe un bambino, un angelo con fiaccola che soffia su un tripode acceso. Ai lati lo stemma di Monteforte e forse quello dell’arciprete Dalla Croce. La Prudenza è rappresentata da una lampada, la Giustizia da una bilancia, la Temperanza da tre spade e la Fortezza con elmo, scudo e armi bianche. Nei tondi sono raffigurati cinque Padri della Chiesa: i santi Gregorio Magno, Agostino, Girolamo, Giovanni Crisostomo e Ambrogio. Nella mezzaluna della controfacciata vi è la Vittoria del bene sul male, con l’Arcangelo San Michele che sconfigge Lucifero, mentre sopra la bussola d’ingresso vi è la tela raffigurante la Tentazione di Cristo, restaurata tra il 1988 e il 1989, opera di fine Cinquecento che aveva subito notevoli ridipinture, a suo tempo attribuita a Giovanni Caroto, ma la cui paternità oggi è fortemente messa in discussione. Nel primo altare a destra dell’ingresso, su progetto di don Angelo Gottardi, è presente una pala risalente a fine Ottocento, di autore ignoto, raffigurante il Sacro Cuore coi santi Luigi Gonzaga e Gaetano Thiene. Il secondo altare, sullo stesso lato, su progetto di Giuseppe Barbieri, presenta la pala raffigurante il Transito di san Giuseppe dipinta da Rocco Pittaco nel 1873 Sul lato sinistro il primo altare, opera dello scultore Francesco Pegrassi, vede nella nicchia la presenza della statua lignea della Pietà scolpita da Antonio Zanetti nel 1890 con la scritta Mater dolorosa. Il secondo altare a sinistra, dedicato all’Immacolata, presenta una cimasa, sorretta da due semicolonne, che termina con un disco in pietra che racchiude una croce sul cui piedistallo vi è la scritta Salus nostra. Nella nicchia è collocata una statua in marmo di Carrara raffigurante la Vergine Maria che mostra il Bambino Gesù, opera di Grazioso Spiazzi conclusa poco dopo il 1855. Vi sono alcuni notevoli arredi lignei presenti in chiesa, come i tre confessionali (al di sopra di uno a sinistra c’è il pulpito progettato da Lorenzo Locatelli)) e la bussola della porta principale, tutti usciti dal laboratorio di Giuseppe Vesentini. I quadri della Via Crucis sono stati eseguiti nel 1888 da Giuseppe Marai e sono una copia della Via Crucis eseguita da Agostino Ugolini per la Cattedrale di Verona. Le conici furono dorate dal montefortiano Ferdinando Nardello. Il presbiterio è a pianta quadrangolare, rialzato di tre gradini rispetto alla navata, e presenta un recinto balaustrato in marmo bianco a pianta ottagonale. Il pavimento è composto da marmi policromi (rosso di Sant'Ambrogio di Valpolicella, nero di Como e bianco di Chiampo) secondo un articolato disegno geometrico, mentre la luce naturale viene introdotta da due finestre termali. Al centro, sopraelevato di cinque gradini, è collocato l’altare maggiore preconciliare, ornato da splendidi marmi. Da apprezzare il ciborio a tempietto, sulla cui sommità vi è una statua di Cristo Risorto. L’attuale altare maggiore conciliare in marmo fu collocato nel 1994 con un intervento di adeguamento liturgico che portò anche alla realizzazione di due basamenti in pietra bianca ai lati dei gradini del presbiterio per collocarvi l’ambone a sinistra e il fonte battesimale a destra. Sui muri laterali del presbiterio, infisse nel muro, trovano posto due custodie per gli oli santi e i reliquari risalenti al XVIII secolo, ornate di marmi policromi. Sulla parete destra del presbiterio vi è l’opera pittorica più famosa e importante custodita nell’edificio, Gesù e la Samaritana al pozzo, opera non firmata, ma attribuita a Girolamo Dai Libri. Databile tra il 1520 e il 1530, mostra influssi evidenti di Francesco Morone, amico e collega dell'autore. Non si sa come mai l'opera sia arrivata a Monteforte, anche se un possibile indizio è il vicino Palazzo Vescovile, sede estiva del Vescovo di Verona. Trasferito nel 1917 a Firenze a causa della Prima Guerra Mondiale, ritornò senza la sua pregiata cornice. Fu esposta tra il 1919 e il 1920 in una mostra al Museo di Castelvecchio da dove rientrò nel 1925 dopo non poche controversie, visto che in quel periodo la tela divenne nota ai critici d'arte. Nel 1940 fu portata in un luogo sicuro a causa della Seconda Guerra Mondiale e nel 1947 fu esposta di nuovo a Castelvecchio per la mostra Capolavori della Pittura Veronese organizzata da Antonio Avena, direttore del Museo. Restaurata nel 1981 da Marta Galvan, fu nuovamente esposta a Castelvecchio tra il 1986 e il 1987 Al di sopra dell'opera di Girolamo Dai Libri vi è un affresco del Bevilacqua raffigurante La raccolta della manna. Retrostante all’altare maggiore preconciliare è l’abside semicircolare, dove sono collocate tre opere pittoriche. Al centro uno dei migliori lavori di Giovanni Caliari, La Visitazione del 1838; a sinistra e a destra due tele recenti raffiguranti l’Annunciazione e la Natività. Nel catino absidale il pittore Bevilacqua dipinse una scena tratta dall’Apocalisse di San Giovanni, con Dio Padre al centro, sul trono con un libro chiuso da sette sigilli e un’aureola su cui in latino vi è scritto “Io sono l’Alfa e l’Omega”. I ventiquattro anziani offrono le loro corone d’oro e le anfore piene di profumo, mentre sette fiaccole simboleggiano gli spiriti di Dio e le sette Chiese dell’Asia Minore. Su una cantoria sul lato sinistro del presbiterio è posto l'organo. Quello attuale, risalente al 1963, è opera della ditta Remo Zarantonello di Cornedo Vicentino, restaurato e ampliato nel 2013 da Diego Bonato. Altre opere d’arte sono custodite in altri luoghi adiacenti alla chiesa. Sul lato sinistro del presbiterio è collocata la sacrestia, che al suo interno custodisce una Madonna col Bambino della bottega di Giambettino Cignaroli, databile alla seconda metà del Settecento. Sul lato destro del presbiterio è possibile accedere all’Oratorio di S. Luigi Gonzaga, costruito tra il 1843 e il 1855, che possiede anche un accesso indipendente dietro al campanile. In esso sono presenti le tele di Sant’Agostino, di Sant'Antonio di Padova, di Santa Monica e di Sant'Angela Merici, opere di fine Ottocento del pittore Luigi Marai. Qui si trova anche il ‘’Cristo Moro’’, Crocifisso del Cinquecento, così chiamato perché scolpito in legno di bosso. A suo tempo nella chiesa di Sant’Antonio Abate, è sconosciuto il suo autore. Nella nicchia dell’altare è collocata la statua della Madonna del drago, in origine sull’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Fossa Dragone. Nella recente cappella feriale, raggiungibile dalla parte sinistra della navata, sono stati collocati, ai lati del tabernacolo la tela ‘’Madonna e santi’’ di autore ignoto del Settecento, in origine nella chiesa dei Cappuccini, e il Crocifisso, forse del XVI secolo, un tempo collocato sul primo altare a destra dell’ingresso della parrocchiale. La chiesa duecentesca era dotata di un campanile con cuspide a pigna, alto circa 20 metri, con cella campanaria con bifore. Fu abbattuto nel 1894 per permettere la costruzione dell’attuale torre. Va ricordato che il Giuliari, nel suo progetto per la piazza di Monteforte, aveva immaginato il campanile sul lato sinistro della chiesa, in posizione isolata e non molto alto. Il nuovo campanile fu costruito sul lato destro e risulta essere alto 71,50 metri. Fu costruito tra il 1894 e il 1897 sul disegno del Giuliari modificato dagli ingegneri Manganotti di Verona e Sandri di Arcole. In realtà il capomastro originario di Pescantina, Raimondo Zampini detto “Angelo”, modificò la costruzione: i primi due piani inferiori, a base quadrata, rispettano il progetto, mentre la parte superiore è stata ideata dal capomastro ispirandosi al campanile della chiesa del suo paese. La cella campanaria è ottagonale, con una monofora balaustrata per lato, divisi questi da semicolonne, e si conclude con una terrazza, anch'essa con balaustra, su cui s’innalza un alto tamburo con cupolino. A dominare la torre è una croce alta 4 metri e dal peso di 12 quintali con una banderuola che reca l’anno della fine dei lavori, il 1897. Il 27 aprile 1945, durante l’evacuazione verso nord delle truppe tedesche, queste tenevano i cannoni puntati a sud per rallentare l’avanzata degli alleati. Ad un certo punto i tedeschi spararono alle camionette americane che stavano giungendo a Villanova di San Bonifacio. La reazione fu violenta e fu colpito anche il campanile. Una donna, Angela Rizzotto, prese una tovaglia d’altare e salite le scale del campanile, segnalò la resa agli americani, mentre altre persone aggredivano i soldati tedeschi appostati presso i cannoni, facendoli prigionieri. Il fatto di essere simbolo del paese portò alla curiosa idea di rappresentarlo ubriaco, partorita dalla mente del poeta montefortiano Beppino Peruzzi, che si rivolse a Giovanni Morin di Prova di San Bonifacio. Nel 1938 ne diede una sua versione anche il pittore Moreno Zoppi. Il concerto campanario oggi collocato nella torre risulta composto da 9 campane in SI2 montate alla veronese e suonabili a doppio sistema (manualmente e automaticamente). Questi i dati del concerto: 1 – SI2 - diametro 1452 mm - peso 1763 kg - Fusa nel 1908 da Cavadini di Verona 2 – DO#3 - diametro 1292 mm - peso 1180 kg – Fusa nel 1897 da Cavadini di Verona 3 – RE#3 – diametro 1157 mm - peso 865 kg - Fusa nel 1897 da Cavadini di Verona 4 – MI3 – diametro 1082 mm - peso 716 kg - Fusa nel 1897 da Cavadini di Verona 5 – FA#3 – diametro 964 mm - peso 512 kg - Fusa nel 1928 da Cavadini di Verona 6 – SOL#3 – diametro 857 mm - peso 355 kg - Fusa nel 1897 da Cavadini di Verona 7 – LA#3 – diametro 767 mm - peso 261 kg - Fusa nel 1929 da Cavadini di Verona 8 – SI3 – diametro 714 mm - peso 204 kg - Fusa nel 1897 da Cavadini di Verona 9 – DO#4 – diametro 636 mm - peso 146 kg - Fusa nel 1897 da Cavadini di Verona. Gecchele Mario, Bruni Dario, De Marchi Irnerio (a cura di), Luoghi di culto in Val d'Alpone. Fra storia e arte, Lonigo, Associazione Culturale Le Ariele - Riccardo Contro Editore, 2022. Paolo Cagnazzo, Restauro dell'organo, in Foglio parrocchiale, n. 142, Monteforte d'Alpone, Parrocchia di Santa Maria Maggiore, gennaio 2014, p. 2. Monteforte d'Alpone Diocesi di Verona Parrocchie della diocesi di Verona Regione ecclesiastica Triveneto Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria Maggiore Parrocchia di Monteforte d'Alpone, su parrocchiamonteforte.it. URL consultato il 12 aprile 2020. Parrocchia di SANTA MARIA MAGGIORE, su parrocchiemap.it. URL consultato il 12 aprile 2020. Campane di Monteforte d'Alpone (VR), su youtube.com. URL consultato il 30 settembre 2023.