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Cappella Anselmetti

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Cappella Anselmetti
Cappella Anselmetti

La Cappella Anselmetti, dell'omonima villa-cascina scomparsa, è una piccola costruzione religiosa di Torino, sita nella zona Centro Europa del quartiere Mirafiori Nord. Nel 1730 la Città di Torino vendette i terreni che vedranno ivi costruita, su di una preesistente, una nuova cascina. Tra il 1785 e il 1790 il nuovo proprietario Carlo Vincenzo Anselmetti, banchiere, fece costruire l’edificio padronale, e il complesso venne descritto come “Villa e cascina del signor banchiere Carlo Vincenzo Anselmetti posta lungo la strada, che si dirama alla destra della strada d’Orbassano tendendo verso la Chiesa del Gerbo; il palazzo è moderno, ed ha un bel giardino avanti con una magnifica cappella attigua; ritrovasi due miglia distante da Torino”. Durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale, i danni risultarono lievi. La cascina venne demolita a metà anni '70, ad eccezione della cappella (e dell'annessa sacrestia): tutelata dalla Soprintendenza, si classificò nel nuovo piano regolatore generale come edificio di particolare interesse storico appartenente alla classe I di gran prestigio, in quanto unica costruzione settecentesca superstite nel quartiere. Dal 2002 al 2006, dopo un lungo periodo di abbandono, la cappella fu restaurata per diventare Laboratorio didattico di Storia e Storie (anche archivio permanente). Nuovi Committenti, questo il nome di tale progetto della Fondazione Adriano Olivetti finanziato attraverso i fondi del programma comunitario Urban 2 (programma che interessò, tra le altre cose, anche l'antistante Cascina Roccafranca), nacque per rispondere alla volontà informativa espressa da un gruppo di cittadini del quartiere, in particolare da insegnanti delle scuole d'infanzia e primaria Franca Mazzarello, secondaria di primo grado Corrado Alvaro-Amedeo Modigliani e del liceo scientifico Ettore Majorana. L'inaugurazione avvenne il 2 marzo 2007. Nonostante il contesto padronale, l’ingresso non si presenta rivolto all’interno dell'ex corte, bensì verso la strada; anche i viandanti e gli altri abitanti del contado potevano così usufruire del servizio religioso. edifici di culto a Torino Cascina Roccafranca Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cappella Anselmetti http://www.comune.torino.it/iter/iniziative/la_scuola_adotta_un_monumento/cappella_anselmetti.shtml Archiviato il 15 dicembre 2021 in Internet Archive. https://www.museotorino.it/view/s/7acd69363b5c4aa399e601f8eec0910a https://proteosrl.com/portfolio-page-14.php

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cappella Anselmetti (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Cappella Anselmetti
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Cappella Anselmetti
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Luoghi vicini

Cascina Roccafranca
Cascina Roccafranca

La Cascina Roccafranca è una cascina storica di Torino, situata nel quartiere Mirafiori Nord. La cascina venne costruita nella prima metà del XVII secolo (l'impostazione seicentesca è evidente dalle tre elevazioni fuori terra della villa rispetto ai bassi rustici). Di proprietà della Compagnia della Concezione, fu da essa venduta nel 1689 al signor Ballard, il quale, nel 1734, riceverà l'investitura del titolo "conte di Roccafranca", con feudo comprendente il Gerbido tra le odierne vie Tirreno, Arbe, Veglia, Strada del Barocchio e Corso Orbassano. Nella Carta della Montagna (1694-1703), la “Cassina Belarde” si presenta come costruzione campestre a corte chiusa e dalla planimetria ad “L”. Nel 1790, l’architetto Giovanni Amedeo Grossi la illustra come segue: “cascina dell’illustrissimo signor Conte di Roccafranca situata alla destra della strada d’Orbassano, e lungo la strada, che tende al Gerbo vicino all’Anselmetti, lungi due miglia e mezzo da Torino”. Agli inizi dell'Ottocento, l'aggiunta di una manica rese "a C" la pianta. La Mappa Napoleonica del 1805 documenta questa novità, denominando "Ferme Rocafranca" il complesso. Nel 1840, la Topografia della città e del territorio di Torino (firmata da Antonio Rabbini) fa risultare alla baronessa Chionio la proprietà, in séguito ulteriormente ampliata. Negli anni 1930, lavoratori di fabbriche cittadine quali FIAT e Lancia dimorarono in cascina. Durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, i danni furono lievi. Nel 1957, dalle originali 96 "giornate" il terreno agricolo si ridusse a 35 di esse e negli anni ’70 diminuì ulteriormente a causa dello sviluppo residenziale: ciò portò all'abbandono progressivo della cascina. A fine settembre 2002, il Comune acquistò il bene e sotto la promozione del programma Urban 2 dell'Unione Europea, dal 2004 la struttura venne recuperata e riqualificata. La cascina come centro civico è stata inaugurata il 18 maggio 2007. Sono qui ospitate due sedi: quella circoscrizionale dell'Ecomuseo Urbano di Torino, e quella delle "Case del Quartiere" APS (rete cittadina che include la cascina stessa, prima "Casa" creata). Ecomuseo Urbano di Torino Cappella Anselmetti Cascina Giajone Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cascina Roccafranca https://www.museotorino.it/view/s/da6cce0a579646dcb29a1e76c9aadb88 http://www.comune.torino.it/circ2/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2143.html http://www.retecasedelquartiere.org/cascina-roccafranca/

Mirafiori Nord
Mirafiori Nord

Mirafiori Nord (Mirafior Nòrd in piemontese) è un quartiere della Circoscrizione 2 di Torino, situato nella periferia sud-ovest della città. Prende il nome dallo storico territorio di Mirafiori, posto appunto, più a sud rispetto a esso. Più precisamente, il quartiere confina: a sud col quartiere Mirafiori Sud (ovvero lungo Strada del Portone-Corso Orbassano-Corso Tazzoli) a nord col quartiere Pozzo Strada-Borgata Lesna (cavalcavia sulla ferrovia Torino-Modane di via Reni-via Tirreno) a est col quartiere Santa Rita (corso Siracusa-corso Cosenza) e Lingotto (corso Unione Sovietica) a ovest con la frazione "Gerbido" del Comune di Grugliasco (via Crea-via Allason-corso Salvemini-via Santorelli-Giardini Rinaldi/Palatucci-strada del Barocchio) Da Mirafiori Nord si accede all'autostrada Tangenziale ovest di Torino, attraverso corso Allamano e corso Orbassano. Prima dell'istituzione delle circoscrizioni, era designato come "Quartiere n. 12". Il rurale territorio era compreso nel cosiddetto "feudo di Roccafranca", nome già esistente per indicare il territorio "franco" a nord del torrente Sangone, tra i poderi privati di Mirafiori e i feudi del "Gerbido" di Grugliasco. A sua volta, il toponimo Gerbo, stava a indicare genericamente un territorio incolto, citato in una denominazione settecentesca del Grossi. Suddiviso in tenute agricole, furono erette cascine, vigne, campi coltivati intersecati da una fitta rete di bealere, il nome dei piccoli canali di irrigazione presenti in Piemonte. Le principali cascine erano la Roccafranca (o Bailarda) e la Giajone. Esistevano poi l'Anselmetti (di cui è rimasta la cappella) e la Canala, al fondo dell'attuale via Nallino, della quale oggi non resta più nulla se non un liscio terreno di campi sportivi. Stessa sorte subirono altre cascine più piccole, la Cascina Spedale di San Giovanni (Ropoli) in via Sanremo/via Dina, e l'adiacente Vaudagnotto. Oltre a esse, uno dei primi edifici del quartiere totalmente sparito fu l'"ospedaletto-sanatorio" San Luigi, all'epoca la nuova sede del precedente (1826-1908) di via Ignazio Giulio (nel quartiere Valdocco). Edificato nel 1909 sul sito dell'odierna piazza Cattaneo, fu poi abbandonato negli anni sessanta per ampliare gli stabilimenti Fiat Mirafiori, quindi riedificato nell'attuale sede fuori città nel 1970, in frazione "Gonzole", tra Orbassano e Rivalta di Torino Dopo lo spostamento della capitale d'Italia da Torino a Firenze, nel 1865, l'amministrazione comunale torinese scelse immediatamente una politica di rapida industrializzazione, a causa della crisi del settore terziario dovuta alla perdita del ruolo di capitale. Incominciò la costruzione di case soprattutto lungo le direttrici periferiche, e la cosiddetta "Barriera di Orbassano" della nuova cinta daziaria a sud-ovest della città, nel 1912 fu spostata dall'adiacente quartiere Santa Rita più a sud, sulla attuale piazza Omero. Le prime costruzioni del quartiere avvennero quindi, a ridosso di corso Siracusa; testimonianza di questo periodo è la piccola ciminiera di via Castelgomberto, 53, residuo di una vecchia fornace per mattoni, usata successivamente come cabina elettrica. Nel 1923 invece, cominciò la costruzione, secondo un piano regolatore del 1908, del lotto di villette tra via Paolo Sarpi e corso Giovanni Agnelli (all'epoca corso Vinzaglio - prolungamento). L'iniziativa fu caldeggiata soprattutto dalla Fiat, che dalla sede nel vicino quartiere Lingotto doveva trasferirsi nei nuovi stabilimenti di Mirafiori nel 1939. A causa della forte richiesta di alloggi da parte della Commissione Interna Operaia Sezione Automobili, si costituirà quindi la "Cooperativa case economiche dipendenti Fiat", che acquisterà dalla casa madre i terreni già in costruzione a un prezzo simbolico. Il primo lotto fu di dodici villette plurifamiliari di due piani. Nel 1927 furono costruite altre quindici case, arricchite con decorazioni in stile déco, con vetrate colorate. Il quartiere continuò a crescere; la crisi degli alloggi nel 1920-1925 fu il catalizzatore per una complessa e continua collaborazione tra la Fiat e il Comune di Torino, che pianificò la costruzione di circa 1.300 alloggi in più, distribuiti in otto isolati; nel 1926 l'azienda automobilistica cedette oltre 118.000 m2 di terreno all'amministrazione municipale, destinati alla costruzione di case popolari, in cambio della realizzazione di infrastrutture stradali (ad esempio il sottopassaggio stradale del vicino Lingotto e l'allargamento della zona ferroviaria adiacente agli stabilimenti del vicino quartiere Lingotto). Sul quel lotto, situato appunto a nord del nuovo stabilimento industriale Fiat Mirafiori del 1939, verrà costruito, dall'Istituto Autonomo Case Popolari, un rione, inizialmente chiamato M2 (Mirafiori2), strutturato con isolati a corte chiusa circondata da palazzine a tre o quattro piani. Queste abitazioni verranno poi assegnate soprattutto alle maestranze Fiat, secondo specifici accordi. Con la nascita dello stabilimento di Fiat Mirafiori nel 1939, la zona cosiddetta "M2" divenne spiccatamente operaia. I nuovi isolati, con le cosiddette case a "corte interna", specialmente a nord di via Giacomo Dina, costruite tra il 1930 e il 1939 in pieno regime fascista, costituirono un rione chiamato "Costanzo Ciano", dedicato al padre di Galeazzo Ciano, genero del Duce. Durante i difficili anni della guerra, verso est sorsero anche la chiesa e l'oratorio salesiano "Don Bosco", più il complesso scolastico dell'Istituto Internazionale "Edoardo Agnelli". Con la caduta del fascismo, il rione Ciano fu rinominato popolarmente "Borgo Cina" (Borgh Cin-a), soprattutto per via dell'incremento demografico di operai della vicina industria automobilistica FIAT, dal dopoguerra in poi. Questi, infatti, ogni giorno uscivano frettolosamente in massa dalle loro case colorate, riversandosi per strada verso i cancelli della fabbrica, già vestiti in tuta da lavoro, come tanti cinesi appunto, a montare in servizio nei serratissimi turni di lavoro.Negli anni cinquanta la zona venne completata con la costruzione del primo grande palazzo di corso Agnelli 148, inaugurando così la stagione dei palazzi da 7-10 piani, assai comuni durante il boom edilizio e demografico degli anni sessanta. A nord del quartiere, un complesso edilizio per un totale di 109 bassi edifici militari sorse col nome di "Casermette di Borgo San Paolo", nome dato per via del vicino quartiere, poiché la denominazione "Mirafiori Nord" era all'epoca inesistente. Esso fu situato esattamente tra via Tirreno e corso Allamano, a ridosso di via Veglia che, di fatto, taglia in due lo stesso comprensorio. Le casermette furono costruite per l'esercito durante la seconda guerra mondiale, quindi parzialmente danneggiate durante i bombardamenti del 1943, poi risistemate e utilizzate per sfollati e reduci. Dal 1947 ospitarono i profughi giuliano-dalmati mentre, dal 1966, la parte a nord di via Veglia fu destinata alla Polizia di Stato col nome di "Caserma Mario Cesale", mentre la parte a sud fu destinata a ospitare i baraccati della zona torinese di corso Polonia (quartiere Nizza-Millefonti). Dal 1985, però, anche la parte sud fu destinata a caserma militare operativa, questa volta dei Carabinieri, a sua volta suddivisa in "Caserma Angelo Pugnani" (con ingresso su corso Allamano) e "Caserma Benito Atzei" (con ingresso su via Guido Reni). Mirafiori Nord conobbe una rapidissima espansione demografica soprattutto a partire dal 1950, con l'inizio del boom economico: un enorme flusso di immigrati dal Triveneto e dall'Italia meridionale si riversò in breve tempo nel quartiere. In soli vent'anni (1951-1971) si passò da 18.700 a 141.000 abitanti e nel 1954 venne inaugurata la prima di una serie di scuole elementari, la Giovanni Vidari di via Sanremo, 46. All'interno di Borgo Cina, nel 1957 fu anche inaugurata la Chiesa del Gesù Redentore, come centro parrocchiale ideato dal cardinale Maurilio Fossati appena due anni prima, il 16 maggio 1955, su di un progetto degli architetti Nicola e Leonardo Mosso. Il piano regolatore del 1954 prevedeva inizialmente tre piazze porticate, progetto poi realizzato solo parzialmente. Le uniche due piazze costruite furono quelle intitolate a papa Giovanni XXIII (di fronte alla chiesa) e la piazza-giardino dedicata al partigiano Dante Livio Bianco. Aperte al traffico veicolare, diventarono delle isole pedonali a partire dal dicembre 1977, su impulso dei comitati spontanei di quartiere. L'area sarà riqualificata nel 2002 nell'ambito del progetto europeo "Urban 2" con l'aggiunta di fontane, giochi per i bambini e un anfiteatro all'aperto. Nel 1956-1957 la Fiat raddoppiò lo stabilimento industriale, partecipando al piano INA-Casa, e aggiungendo ancora 1.550 alloggi da assegnare ai dipendenti. In tutto il quartiere, i primi condomini a sette-dieci piani furono costruiti con le sovvenzioni della società, seguiti successivamente da alcuni condomini popolari della Gescal, e infine dalle sovvenzioni dirette della stessa industria FIAT. Grazie alla legge n. 167 del 1962 sull'edilizia convenzionata, verranno favoriti molti acquisti di terreni destinati a zone commerciali e ai servizi, ma la carenza dei servizi essenziali fu un problema di gravi proporzioni, così come la speculazione edilizia, che fece alzare il prezzo degli alloggi a partire dagli anni settanta circa. Il 27 gennaio 1972, cinquanta famiglie occuparono un palazzo di via De Canal, appena costruito dalla Gescal. Nel 1964, su Corso Siracusa vennero costruite le residenziali Torri Pitagora. Sui terreni di periferia ancora liberi fu costruito, tra il 1968 e il 1971, lungo via Gaidano-Corso Tazzoli fino a frazione Gerbido di Grugliasco, il cosiddetto "Centro Europa", ovvero una zona costituita da edilizia a prezzo di libero mercato, inizialmente composta da undici torri di dieci piani, con vialetti pedonali, una piazzetta e vari spazi verdi. Un'altra zona residenziale, costruita tra il 1950 e il 1970, fu la cosiddetta "Città Giardino", caratterizzata da villette o case molto basse, con giardini e orti, situata tra il corso Allamano e la Cascina Giajone. Il complesso edilizio sorse sull'idea inglese della garden city, già attuata pochi anni prima nel vicino quartiere Mirafiori Sud (zona tra via Monte Sei Busi e via Monte Cengio). Le prime opere di riqualificazione del quartiere avvennero con i grandi lavori di ristrutturazione e rifacimento della antica Cascina Giajone in via Guido Reni, avvenuti nel periodo tra il 1985 e il 1990. Dal 2002 al 2009 il quartiere fu ulteriormente riqualificato grazie al progetto comunale "Urban 2", finanziato dall'Unione Europea. Il programma prevedeva tre tipi di intervento: miglioramento degli spazi verdi, della mobilità sostenibile e della qualità ambientale; sviluppo delle attività economiche; iniziative di integrazione sociale e di sostegno alla cultura. Gli obiettivi raggiunti compresero l'introduzione della raccolta rifiuti porta a porta e la quota del 50% di raccolta differenziata, la riqualificazione della piazza-giardino Dante Livio Bianco e di molti spazi verdi, la riqualificazione e la messa a norma del mercato coperto "Don Grioli" nella piazza omonima, il restauro della Cascina Roccafranca (ora centro ricreativo e culturale e sede dell'Ecomuseo urbano) e della Cappella Anselmetti e la creazione del Centro per il Lavoro in via Del Prete. Un primitivo edificio dell'attuale sito di via Reni comparve già nelle carte dell'assedio di Torino del 1706, con la denominazione Iayon, di proprietà dei Padri della Consolata di Asti; il nome potrebbe a sua volta derivare dal piemontese ghiajron o giajron (ghiaia grossa, ciottolo), dal momento che, anticamente, in quel sito era presente una cava. Nel 1762-1780 il conte Giuseppe Martin Montù di Beccaria, acquistati i terreni a nord della "Roccafranca", fece demolire la precedente costruzione per far posto all'attuale impianto cascinale a corte chiusa, comprensivo di una casa distaccata per la servitù su via Balla (demolita poi nel 1981). Le tre lunghe maniche perimetrali ospitavano gli alloggi padronali e per i fittavoli, i fienili e le stalle. La particolare torretta a nord, perfettamente conservata, era invece l'antica colombaia. Nel sottosuolo era presente una ghiacciaia. L'architetto Amedeo Grossi la descriveva così nel 1790: La Cascina ospitò, tra il XIX e il XX secolo, l'allevamento della Società Torinese Cavalli; durante la seconda guerra mondiale il cortile interno fu colpito dai bombardamenti del 16 agosto 1943. Negli anni successivi, vi trovarono posto depositi di rottami, abitazioni di fortuna e varie piccole officine. Abbandonata e degradata per molti anni, fu quindi ristrutturata negli anni ottanta dal comune di Torino, che la destinò agli usi attuali. Al riguardo, fu fondamentale l'azione promotrice socio-culturale di Antonio Gamba (1932-1999), fondatore del Comitato spontaneo di Città Giardino, al quale fu dedicata l'area verde del perimetro nord. Sempre sul lato nord, fu altresì dedicata la sala polivalente della Cascina a due figure torinesi del XX secolo, don Mario Operti (al quale fu dedicata anche la sala parrocchiale della chiesa del Gesù Redentore) e lo scrittore Giovanni Fornero. Oltre che sede di un Ufficio Anagrafe e di una Biblioteca Civica, negli anni novanta e duemila fu sfruttata come sede di numerose iniziative socio-culturali. Tuttavia, in anni più recenti è stata scarsamente valorizzata. Il primitivo impianto cascinale di via Rubino angolo via Gaidano fu eretto per la Compagnia dell'Immacolata Concezione agli inizi del XVII secolo e rivenduto, nel 1689, al ricco Conte Lorenzo Ballard o Balard, quando la cascina prese il suo nome (Cassina Balarda, Belarde o Belarda). Nel 1734, l'intero feudo fu intestato ai Ballard con il nome di Contea di Rocca Franca, nome già esistente a indicare il territorio "franco" lievemente sopraelevato a nord del torrente Sangone, collocato tra i poderi privati Mirafiori e i feudi che si estendevano fino al Gerbido di Grugliasco. Dopo tre generazioni, i Ballard si estinsero e la cascina venne quindi acquistata dalla baronessa Chionio che, nel 1836-1845, fece ampliare l'edificio. Con la riduzione dei terreni agricoli dovuti allo sviluppo urbanistico e industriale, la cascina cadde in abbandono fino al 2002, quando il Comune l'acquistò e ristrutturò; dal 2007 ospita la Casa del Quartiere Cascina Roccafranca, un centro socio culturale che promuove iniziative, eventi e progetti per la cittadinanza, oltre che molti locali destinati ad attività culturali e associative. Prospiciente alla Cascina Roccafranca, dall'altro lato di via Gaidano, rimane oggi una piccola cappella del XVIII secolo, con facciata in stile barocco piemontese, che fece parte della tenuta agricola acquistata nel 1785 dal banchiere Carlo Vincenzo Anselmetti. Quest'ultimo fece ricostruire la preesistente cascina e aggiunse una villa signorile con questa cappella. Nell'Ottocento fu un altro banchiere, Paolo Nigra, a rilevarne la proprietà. Il terreno agricolo circostante diminuì con il tempo, fino a sole 50 giornate nell'anno 1957. Vicinissima alla Cascina Roccafranca, l'ingresso della cappella è rivolto sull'antica via di Grugliasco (oggi via Paolo Gaidano), per permetterne l'uso anche ai viandanti e agli abitanti del contado. Sia il palazzo padronale sia la cascina furono poi demoliti nel 1977, per far posto all'attuale complesso scolastico denominato "E11" (scuola Modigliani). Dell'antica tenuta rimase quindi solo la cappella, oggi tutelata dalla Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte per il suo valore storico-artistico. La cappella fu quindi restaurata nel 2004, e destinata, tre anni più tardi, a laboratorio didattico, attraverso il programma Nuovi Committenti, guidato dell'associazione comunale Urban 2 e dall'artista toscano Massimo Bartolini. Nell'abside domina ancora l'immagine della Madonna della Consolata. L'Istituto Internazionale Salesiano "Edoardo Agnelli" è un complesso educativo-religioso sito nell'estrema parte est del quartiere (corso Unione Sovietica-corso Cosenza-via G. Dina), costruito tra il 1938 e il 1941 su disegno dell'architetto salesiano Giulio Valotti (lo stesso del Santuario del vicino quartiere Santa Rita), comprende il tipico oratorio, il cinema-teatro e le scuole salesiane di arti e mestieri. Si svilupparono, in seguito, scuole professionali vere e proprie, su impulso della Fiat che vedeva nell'opera dell'Istituto un mezzo per formare operai qualificati. Dopo la guerra e i bombardamenti (che danneggiarono gli edifici), i corsi ripresero nel 1946 con l'aggiunta della scuola elementare e di un'officina per le esercitazioni, di ben 4.800 m2. Nello stesso anno nacque anche l'istituto "Virginia Agnelli", dedicato all'educazione femminile, gestito dalle suore di Maria Ausiliatrice: ospitato prima in baracche di fortuna, venne ampliato a più riprese fino al 1967 con asilo infantile, scuola materna e scuole professionali per le ragazze. Oggi l'Istituto Agnelli ospita la scuola media, il liceo scientifico, l'istituto tecnico industriale e un corso professionale per periti meccanici. Parte integrante del Complesso è la chiesa di San Giovanni Bosco, con ingresso su via Paolo Sarpi, sempre progettata dall'architetto Valotti, che fu inaugurata il 19 aprile 1941 come parte integrante del complesso, ma divenne parrocchia soltanto il 20 novembre 1957. Il suo stile fonde linee dell'architettura razionalista dell'epoca con alcuni elementi tradizionali: i contrafforti, le arcate, i soffitti a rosoni e un mosaico sulla facciata. L'isolato adiacente invece, quello a ridosso di corso Agnelli, è recente opera di intervento edilizio per il nuovo complesso sportivo-ricreativo della Reale Mutua Assicurazioni. Chiesa del Santissimo Nome di Maria, situata quasi ai confini con Grugliasco, soprattutto a servizio della zona di Città Giardino. Un primo impianto religioso risale al 1957, presso il quale esisteva una semplice sala liturgica a finestre circolari e l'annessa casa parrocchiale, ancor oggi presenti sulla parte meridionale, mentre l'edificio attuale a navata unica e facciata a forma di "tenda" fu opera degli architetti Marco Ghiotti e Piero Contini, inaugurata nel 1972. La vecchia sala liturgica fu quindi destinata a uso commerciale, mentre nel 2004 fu eretto un nuovo salone parrocchiale retrostante la chiesa, più altre piccole opere di ristrutturazione e rimaneggiamento. Chiesa dell'Ascensione, sita appena dietro la Cascina Roccafranca, opera di Giovanni Canavesio del 1969. Chiesa della Pentecoste, quasi al confine col quartiere Santa Rita, opera di Mario Bianco, Bruno Villata e Bertolotti, risalente al 1976. Chiesa dello Spirito Santo, del XVII secolo, che tuttavia appartiene a frazione Gerbido di Grugliasco, nella zona agli estremi confini sud-occidentali sia del quartiere sia di Torino e talvolta chiamata "Centro Europa" (la parte ovest di via Paolo Gaidano) Chiesa del Gesù Redentore, sopracitata. Il giardino tra l'Istituto Tecnico Industriale Enzo Ferrari e Via Edoardo Rubino è intitolato a Francesco Saverio Nitti (come già la via lungo il margine settentrionale) Il giardino tra Via Amedeo Modigliani e Via Paolo Gaidano è intitolato ai Magistrati caduti nella difesa dello Stato Il giardino tra via Paolo Gaidano e Piazza Omero è intitolato al pittore Umberto Boccioni Il giardino tra Via Carlo Alfonso Nallino, Corso Enrico Tazzoli, Corso Orbassano e Via Angelo Scarsellini è intitolato a Pietro Nenni Il giardino di Piazza Dante Livio Bianco è intitolato a Emilia Mariani Il giardino tra Via Sanremo, Via Eleonora d'Arborea e Via Bernardo de Canal è intitolato a Carlo Montù Il giardino tra Via Bernardo de Canal, Via Carlo Del Prete e Via Eleonora d'Arborea è intitolato a Carlo Compans de Brichanteau Il giardino tra Corso Salvemini e la centrale elettrica e di teleriscaldamento ex-Aem-A2A, nel 2004 fu intitolato al bambino Nicholas Green Su proposta della Circoscrizione, il giardino tra via Buenos Aires 112/116 e via San Marino 119/129 (già in Santa Rita) è stato intitolato dal Comune di Torino nell`aprile 2022 al politico e ministro Tina Anselmi. Noto anche come "Palasport Tazzoli", sul corso omonimo, fu costruito in occasione delle Olimpiadi del 2006, al posto di un impianto di pattinaggio su ghiaccio preesistente. È dotato di due piste regolamentari che ospitarono gli allenamenti di hockey su ghiaccio e short track, e di una tribuna da 3.000 posti. Con sede in via Modigliani, è un complesso sportivo composto da palestra, campi di calcio a 5, piscina federale e due campi da tennis. Sita in via Palatucci, all'estremo confine ovest del quartiere con Grugliasco, l'area verde comprende i giardini pubblici dedicati al salesiano don Filippo Rinaldi, l'area ricreativa dei Volontari Italiani Donatori del Sangue e i campi sportivi dell'ASD "Beppe Viola". In piazza Pitagora, negli anni settanta e ottanta, abitò l'attrice Margherita Fumero In via Castelgomberto vissero i genitori dell'attrice e showgirl Alba Parietti, dopo essersi trasferiti dal precedente quartiere torinese di Madonna del Pilone Nel rione Borgo Cina visse e crebbe, fino agli anni del liceo, il giornalista e politico Oscar Giannino Enrico Bonasso, Maria Clotilde Fagnola; Giancarlo Libert; Bartolomeo Paolino, Santa Rita. Un santuario e un quartiere torinese, Torino, Associazione Nostre Origini, 2008. Amedeo Grossi, Guida alle vigne e cascine del territorio di Torino e suoi contorni, Torino, 1790. Laura Zanlungo e Diego Robotti, Da Miraflores alla Roccafranca. Turismo urbano a Mirafiori Nord, Torino, Hapax, 2008, ISBN 978-88-88000-25-1. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Mirafiori Nord TORINO NOTIZIE - MIRAFIORI NORD, su torinonotizie.it. Sito della circoscrizione 2, su comune.torino.it. Associazione Commercianti Borgocina, Dina, San Remo (Torino), su borgocina.com. Giaione (PDF), su comune.torino.it. URL consultato il 7 aprile 2010 (archiviato dall'url originale il 19 giugno 2013).

Gerbido (Grugliasco)
Gerbido (Grugliasco)

Il Gerbido (Zèrb in piemontese) è una frazione del comune di Grugliasco, agli estremi confini della periferia sud-ovest di Torino, in Piemonte. I suoi confini sono : a est, dov'è concentrato il nucleo abitativo maggiore, con il quartiere di Torino Mirafiori Nord (rioni Città Giardino e Centro Europa) a sud con il quartiere di Torino Mirafiori Sud (da cui è diviso tramite Strada del Portone) ad ovest con Via Lidice e con il passante ferroviario (zona industriale di Grugliasco) a nord con Borgata Lesna di Grugliasco, da cui è separata tramite Corso Allamano. Nata come territorio totalmente agricolo nel XVII secolo, la regione del Gerbo (così veniva chiamato anticamente) inizia nei secoli successivi ad essere interessata dalla costruzione di ville e palazzi della nobiltà e dell'alta borghesia piemontese. Tuttavia la zona rimane scarsamente popolata fino ai primi decenni del '900, conoscendo solo dalla seconda metà del secolo un'intensa urbanizzazione, seppur limitata alla fascia di confine orientale con Torino, ovvero in quella porzione di territorio compreso tra Via Crea, Corso Salvemini e i limiti di Mirafiori Nord. I primi documenti che attestano l'esistenza del Gerbido sono del 1645, anno in cui avviene l'annessione del territorio al Comune di Grugliasco. Intorno alla metà del XVIII secolo i terreni del Gerbido vengono poi a far parte del Feudo di Roccafranca, insieme a parte degli attuali quartieri torinesi Mirafiori Nord e Santa Rita, comprendendo la Cascina Giajone e la Villa Amoretti. Del Feudo rimane oggi il nome Roccafranca, attribuito alla seicentesca cascina Balard, situata nell'attuale Via Gaidano (continuazione torinese di Strada del Gerbido-Via Moncalieri) e riqualificata nel 2007 in centro culturale della Circoscrizione 2 di Torino. I confini del Feudo di Roccafranca, anche detto Feudo del Gerbo, sono visibili nella Carta Corografica Dimostrativa del Territorio di Torino, realizzata dall'architetto Giovanni Lorenzo Amedeo Grossi a supporto della sua opera più importante, ovvero Guida alle cascine e vigne del territorio di Torino e' suoi contorni (1790). La descrizione del Gerbido che il Grossi fa nel primo tomo della guida è: <>. La frazione è citata successivamente anche nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati del re di Sardegna (1841) a cura di Goffredo Casalis. In questo testo è presente una definizione del territorio di Grugliasco, nella quale il Gerbido è menzionato in tal modo: <>. Inoltre è descritta anche l'antica e tuttora esistente strada che attraversa la frazione, ovvero Strada del Gerbido, che poco prima del confine con Torino cambia nome in "via Moncalieri" per la sua antica direzione proprio verso il comune di Moncalieri. Tutto ciò si evince effettivamente dal testo di Casalis, che la descrive così: <>. Il toponimo "Gerbido" è molto diffuso nel nord Italia; un tempo, con questo termine si indicavano le terre più ventose e fredde (brughiera) e di conseguenza le più incolte. Allo stesso modo i termini Gerbo (antico nome della frazione), Gerbole (frazione del vicino comune di Rivalta di Torino), Gerbaia e Gerbaio assumono il significato di "sterpaglia", "erba di palude" o "luogo molto erboso". Nonostante il significato negativo dal punto di vista agronomico, i primi contadini insediati in questo territorio riuscirono con impegno e dedizione a raggiungere ottimi risultati, in particolar modo nella coltivazione del ravanello, da cui deriva il nome della maschera cittadina Monsù Ravanin. Il territorio del Gerbido è noto per la presenza del termovalorizzatore per il trattamento dei rifiuti metropolitani, posto in realtà oltre al confine di Grugliasco e già sul territorio di Torino, ma comunemente noto come "Inceneritore del Gerbido". Per la precisione è situato tra il Cimitero Parco di Torino (a Sud) e la direttrice ferroviaria dell'Interporto S.i.to (a Nord), al di là della quale è posta la bellissima e antica Cascina Bellezia. Entrato in funzione nell'Aprile del 2013, la sua costruzione è stata accompagnata da diverse polemiche sulla sua compatibilità ambientale da parte di alcuni gruppi di ambientalisti, partiti politici e cittadini non solo grugliaschesi. Gerbido di Grugliasco ha una sua antica chiesa tuttora esistente, denominata "chiesa parrocchiale dello Spirito Santo" e situata proprio al confine con il comune di Torino, tra Via Moncalieri e Via don Giuseppe Borio. Le origini di una prima cappella risalgono probabilmente alla seconda metà del XVI secolo, sostituita, agli inizi del XVII secolo, da una di maggiori dimensioni, di cui si può ancora notare l'antico campanile. All'incirca della stessa epoca è la facciata, di scuola barocca piemontese, con mattoni a vista, sulla quale è posta una meridiana con la frase in latino "Sic mea vita fugit" ( "Così la mia vita fugge via" ). All'interno della chiesa vi è un pulpito, il cui disegno è attribuito al celebre Filippo Juvarra, più alcune splendide tele, sempre di scuola barocca. Tra il 1984 e il 1987 l'edificio fu ampliato dal lato absidale, per accogliere i fedeli aumentati nel corso degli anni. La festa patronale si celebra la domenica di Pentecoste. Sulla facciata dell'edificio religioso è inoltre posta un'epigrafe recante i nomi degli abitanti del Gerbido caduti durante la prima guerra mondiale. Su di essa è infatti presente la data indicante la durata del conflitto a partire dall'entrata in guerra del Regno d'Italia, 24 maggio 1915-4 novembre 1918, mentre di seguito vi è una dedica che reca le seguenti parole: "Il Popolo Gerbidese ai suoi modesti eroi che sacrificarono la vita per la salvezza della patria". Ancora più in basso vi è un'altra epigrafe in memoria di due uomini del luogo caduti invece durante la seconda guerra mondiale. Il Palazzo è un'antica villa con cascinale, il cui muro di cinta dell'adiacente parco costeggia Via Moncalieri, mentre sul retro presenta un giovane viale alberato che si collega con Strada del Barocchio.Edificata nella seconda metà del XVII secolo e tuttora molto ben conservata, fu una delle residenze dei nobili appartenenti alla famiglia di Filippo San Martino di Agliè. Un po' più a ovest, in Strada del Gerbido 36 (continuazione di Via Moncalieri), vi è una grande cascina, i cui allevamenti di bovini, ovini ed equini sono facilmente visibili dal vastissimo campo privato che si affaccia su la parte Ovest di Via Crea. Del complesso storico fanno parte una palazzina, un giardino e una cappella a pianta quadrata di scuola juvarriana, inizialmente di proprietà dei commercianti Villanis (inizi del XVIII secolo), successivamente dalla Famiglia Ceresole (metà del XIX secolo). Anche questa cascina presenta un viale di platani plurisecolari sul lato sud, denominato “La Lea”. Dispersa nelle campagne di Via Unità d'Italia, una traversa di Strada del Gerbido, si trova la Cappella Mandina, antica e bellissima cappella d'ispirazione barocca. Essa fa parte del cascinale dei Mandina (XVIII secolo), le cui antiche mura sulla parte opposta della strada accompagnano verso l'entrata principale, posta su Via S.Paolo. Il territorio circostante, pur trovandosi all'interno dei confini del Gerbido, può essere considerato come una località a sé (Località Mandina). Immersa tra i vasti campi delle cascine adiacenti, in una zona divisa tra agricoltura e industria, si trova la seicentesca villa Il Maggiordomo, idealmente accessibile da Via Bertone, traversa della più nota Strada del Portone a Grugliasco. Essa è considerabile come il bene architettonico più rilevante della frazione dal punto di vista storico-artistico, ma paradossalmente risulta essere anche il più trascurato.La villa è appartenuta a Valeriano Napione, maggiordomo alla corte del Principe Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano e proprio per le somiglianze architettoniche con il famoso Palazzo Carignano di Torino, molti attribuiscono il progetto della villa al suo celebre architetto: Guarino Guarini, maggior esponente, insieme a Filippo Juvarra, del Barocco Piemontese.L'area, compresa di una cappella, una cascina e un vasto giardino con viale d'accesso in lecci e pioppi, è attualmente oggetto di massicce operazioni di restauro, con finalità di fruizione del luogo che, dopo anni di incuria e diversi progetti comunali, rimangono ancora incerte. In Strada del Portone, poco più a est di Villa Il Maggiordomo, è situata l'antica Cascina Duc, di cui si ha notizia a partire dal 1677. Essa prende il nome da quello della contessa Diana Ducco, proprietaria della cascina dal 1690 e proveniente da un'antica famiglia astigiana. Nell'area è presente una Cappella risalente alla metà del XVIII secolo, che ospita le reliquie di Papa Antero, trasportate da Roma a Giaveno nel 1611 e donate alla famiglia Claretta (Proprietari della cascina dal 1845) nel 1869. Vi è inoltre una particolare struttura ottocentesca a pianta ottagonale, che si sviluppa in altezza su tre piani ed è rivestita di mattoni a vista; essa funge da collegamento tra la cascina e la parte abitativa. Oggi la Cascina Duc offre servizi turistici e gastronomici, offrendosi come agriturismo, bed and breakfast, agrimacelleria e pastificio, oltre a produrre numerosi prodotti a base di lavanda, di cui vanta un'efficiente coltivazione in loco. Sempre in Strada del Portone, vicino all'incrocio con Corso Orbassano, è situata la Cascina Il Trotti, che prende il nome dall'antica famiglia torinese Trotti, proprietari del luogo dal 1706. vicino all'entrata, tramite cui si accede percorrendo un bellissimo viale alberato, è presente una piccola Cappella Settecentesca, rimaneggiata nel corso del XX secolo. Di fronte al Trotti, dalla parte opposta di Strada del Portone e già dunque in territorio di Torino, è presente l'altrettanto storica Cascina Carassio, unica rimasta di un complesso di tre cascine denominato dal 1820 "Tre tetti Nigra", ma oggi scomparso. Associabile al Gerbido è la località del Barocchio, situata nella parte Sud-Ovest dell'incrocio tra Via Crea e Corso Allamano, al confine con Borgata Lesna di Grugliasco e a pochi passi dal centro commerciale Shopville Le Gru. Attraversando la rurale Strada del Barocchio, si può notare una cappella sconsacrata con facciata in stile neogotico, occupata, insieme al piccolo rustico retrostante, nel 1992 e trasformata nell'attuale casa occupata Barocchio Squat Garden. Accanto ad essa, vi è la cancellata di ingresso della Villa di cui fa parte, una palazzina del '700 ottimamente conservata e oggi adibita a comunità terapeutica della Azienda sanitaria locale. L'antica proprietà del complesso storico è attribuibile secondo il Grossi al conte Sclopis Del Borgo e vi faceva parte un grande cascinale a corte chiusa, oggi soppiantato dagli impianti sportivi di proprietà del Cus Torino. L'antico territorio agricolo del Gerbido contava numerose cascine, alcune delle quali non hanno lasciato traccia di sé, mentre di altre è presente qualche resto, soffocato dall'urbanizzazione. Per le cascine scomparse possiamo fare ancora una volta riferimento agli scritti di Amedeo Grossi, che cita le cascine Beneficio (cascina della chiesa del Gerbido), La Cascinetta (appartenente all'Ordine Mauriziano e situata dietro la chiesa del Gerbido) L'Annunziata (nei pressi del Barocchio), L'Anselmetti (di cui rimane la cappella in Via Paolo Gaidano) e le cascine Bianco, Tomasina e San Paolo (nell'attuale Via Veglia; dell'ultima rimane un pilone votivo) . A sopravvivere parzialmente sono invece Il Blan, con un piccolo rustico situato in Via Volta 16 (poco visibile a causa delle costruzioni moderne che l'accerchiano) e La Cittadella, in Via Unità d'Italia, poco dopo l'incrocio con Strada Del Gerbido. Infine, all'estremità Sud di Via Crea , vi sono i resti di un cascinale di più grosse dimensioni, che sembrano rispondere, secondo il Catasto Rabbini del 1859, al nome di Cascina Nigra, oggi utilizzata come carrozzeria. Nella zona più moderna e urbanizzata del Gerbido, quella confinante con Mirafiori Nord, è presente un complesso scolastico formato dalla Scuola primaria Francesco Baracca e dalla Scuola dell'infanzia Carlo Casalegno. Questa zona vanta inoltre un buon numero di aree verdi e giardini pubblici, tra i quali il più vasto è senz'altro il "Giardino Kimberley", che ospita, grazie all'organizzazione del Centro ricreativo Kimberly House, alcuni eventi annuali dedicati agli abitanti del luogo. Di dimensioni ancora maggiori è il Giardino Don Filippo Rinaldi (comunemente chiamato Palatucci), situato però immediatamente oltre al confine torinese e appartenente dunque alla zona di Città Giardino. Quasi tutto il Gerbido è attraversato da un'efficiente rete di piste ciclabili, dall'anno 2000 in continua espansione e grazie alle quali è possibile accedere ai confinanti quartieri torinesi ed alle adiacenti località e borgate di Grugliasco. Il Gerbido è servito da tre linee di autobus: la 55, 44 e 74. La linea 55 fa capolinea nella piazza della frazione, in Via Don Borio (unica fermata suburbana), attraversando i quartieri torinesi Mirafiori Nord, Santa Rita, Borgo San Paolo, Cenisia, Cit Turin e Centro storico arrivando fino a Borgo Vanchiglia / Vanchiglietta. La linea 44, quasi totalmente suburbana, parte invece da Mirafiori Nord, per attraversare il comune di Grugliasco e quello di Collegno, fino al confine con Pianezza. In Via Don Borio è inoltre presente la stazione n.301 di un servizio di Bike sharing, TOBike, con 9 postazioni disponibili. La linea 74 fa capolinea in Via Gorini e collega Gerbido con gli ospedali in Via Ventimiglia passando per la Stazione di Torino Lingotto. Secondo il Piano Regolatore del Comune di Grugliasco, gli interventi programmati per la Borgata Gerbido sono: realizzazione di una piazza quale luogo di aggregazione e riconoscimento della comunità, riqualificazione di aree degradate e acquisizione di nuovi spazi verdi dedicati allo sport, ampliamento dei percorsi ciclabili, alleggerimento del traffico stradale gravante su Via Moncalieri tramite la realizzazione di una nuova viabilità, restauro della Cappella Mandina e riqualificazione della zona circostante, ristrutturazione di Villa Il Maggiordomo e riprogettazione dell'area. Il Gerbido partecipa, insieme alle altre borgate della città di Grugliasco, al Palio della gru e i suoi colori sono il turchese e il nero. La prima vittoria della squadra gerbidese è stata nell'edizione del 2009, replicando nel 2014 con il secondo titolo. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Gerbido Gerbido in festa, su gerbidoinfesta.com. Cojtà Gruliascheisa: Le borgate di Grugliasco, su cojtagrugliasco.it. URL consultato il 18 luglio 2015 (archiviato dall'url originale il 21 luglio 2015).

Cascina Giajone
Cascina Giajone

La Cascina Giajone, o Giaione, è una cascina storica di Torino, situata nella Città Giardino del quartiere Mirafiori Nord. Costruzione campestre di rilevanza documentaria ed ambientale, si tratta di un esempio significativo della peculiare cascina in pianura con torre colombara. Nella Carta della Montagna di Torino redatta da Vittorio Amedeo La Marchia, che ritrae Torino tra il 1694 ed il 1703, la cascina Iayon figura per la prima volta. Il nome in questione derivava forse dal piemontese ghiajron o giajron (ghiaia grossa, ciottolo), poiché in passato era ivi presente una cava. Durante l'assedio di Torino (1706) la cascina, come altre della zona, risultò pesantemente coinvolta negli eventi bellici. Tra il 1762 e il 1785, il conte Giuseppe Martini Montù di Beccaria fece radere al suolo e ricostruire la vecchia cascina ora 'Giaion' dei Padri della Consolata d'Asti. Nella Guida alle Cascine e Vigne del Territorio di Torino e suoi contorni (1790), l’architetto Giovanni Amedeo Grossi descrive il nuovo edificio in questo modo: “[…] L’edificio di dette cascine formanti tre maniche, due delle quali sono lunghe trenta trabucchi [90 metri] circa, fabbricati tutti di nuovo da pochi anni, è una de’ singolari edificij, che vi sono sul territorio di Torino, che gareggia co’ migliori di què contorni; comode sono le abitazioni pegli affittajuoli, e bovari, grandiose le stalle tutte a volta, ed i granaij, tuttoché posti al secondo piano, vi si ha nondimeno l’accesso colle bestie per via di comode rampe; in dette cascine sono impiegati continuamente sei paja di buoi essendo composte da 180 giornate […]”. Nel Catasto Particellare (1823) di Andrea Gatti, “Il Giajone” appare come un corpo di fabbrica a corte chiusa e con planimetria a “C”, di proprietà del nobile Luca Martin di San Martino. Tra il XIX e il XX secolo, la cascina ospitò l'allevamento della Società Torinese Cavalli. A metà agosto 1943, durante i bombardamenti alleati, una bomba precipitò nella corte distruggendo due fabbricati. Il soffio dell'ordigno provocò il distacco della copertura, varie lesioni, e rottura violenta della chiassileria di un piano. Numerose altre bombe colpirono i dintorni. Negli anni successivi fu deposito di rottami, abitazione di fortuna e comprensorio di officine. Abbandonata e degradata per molto tempo (dopo il 1972 venne abbattuto l’edificio delle scuderie), nella seconda metà degli anni '80 fu restaurata e ristrutturata allo scopo di accogliere gli uffici della circoscrizione, ai quali si aggiunse la Biblioteca Civica Alessandro Passerin d'Entrèves (già Biblioteca Civica Cascina Giaione) nel 1992. Nel 1996 ospitò la mostra I Guastafeste del Centro Arti Umoristiche e Satiriche. Il complesso è costituito da 3 corpi di fabbrica su tre lati, a formare una corte rettangolare limitata sul quarto lato da una recinzione muraria. Il progettista dello stabile rurale è ignoto, ma la ricercatezza compositiva delle diverse parti funzionali suggerisce possa trattarsi di qualche autorevole architetto che operasse nella capitale sabauda in quel tempo. Cascina Roccafranca Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Cascina Giajone Cascina Giajone, il Giaione La cascina "il Giajone"

Città Giardino (Torino)
Città Giardino (Torino)

Città Giardino (Sità Giardin in piemontese) è il nome dato a un piccolo rione della città di Torino, nel quartiere Mirafiori Nord (parte sud-ovest della città), al confine con Grugliasco (frazione Gerbido), tra corso Allamano, via Guido Reni e la Cascina Giajone. Costruito con alterne vicende dal 1949 al 1970, è chiamato così perché il progetto iniziale (poi realizzato molto parzialmente), si ispirava proprio al modello architettonico e urbanistico inglese della cosiddetta "Garden City". Un modello di borgata simile fu altresì attuato, nello stesso periodo, nel vicino quartiere di Mirafiori Sud, tra via Biscaretti di Ruffìa e via Plava, inizialmente chiamato "Città Giardino" e poi, dopo la costruzione di un rione adiacente con palazzi più alti, ribattezzato come il Villaggio. Lo schema di una Città Giardino è infatti quella di zona residenziale a bassa densità abitativa, con tanti moduli di ridotte dimensioni, come case basse o villette, immersa nel verde e dotata di tutti i servizi. Tuttavia, verso il 1950, la costruzione della "Città Giardino" a Mirafiori Nord fu subito segnata da uno scandalo edilizio. Dopo la seconda guerra mondiale, uno dei problemi più acuti per la città di Torino fu la crisi degli alloggi. Era andato distrutto il 37% delle abitazioni e la città si andava lentamente ripopolando, anche grazie al ritorno di profughi e sfollati. Dal 1945 cominciarono ad affluire numerosi profughi dall'Istria e dalla Dalmazia e nel 1949 le "Casermette" erano ormai abitate da tremila persone. Tra gli anni '50 e '70, poi, la zona sud-ovest di Torino subì un vero e proprio "boom" edilizio e demografico, in particolare nei quartieri di Santa Rita, Mirafiori Nord e Mirafiori Sud. In questo periodo di forte richiesta immobiliare, l'uomo d'affari Vittorio Carosso fondò, con altri imprenditori, la Società Torinese Edile di "Città Giardino", il 17 luglio 1948. Il progetto iniziale prevedeva 475 villette mono o bifamiliari, a uno o due piani, ciascuna dotata di giardino da 350 m2. Il nuovo quartiere avrebbe compreso anche chiesa, piscina, scuola, esercizi commerciali. Il pagamento di ogni singola unità abitativa sarebbe avvenuto a rate, pagabili in cinque anni. La consegna delle prime case fu prevista tra la primavera e l'autunno del 1949. La nuova "città giardino" fu promossa con una campagna pubblicitaria eccezionale, a diffusione nazionale. La prima villetta fu consegnata l'11 aprile 1949, ma, siccome i lavori andavano a rilento, le prenotazioni diminuivano. Nacque allora la Cooperativa Edile Città Giardino, che riuniva tutti i futuri proprietari e si proponeva di trovare i soldi per la costruzione tramite sovvenzioni e contributi statali per l'edilizia popolare. Anche le condizioni di pagamento erano più favorevoli. Una nuova campagna pubblicitaria portò all'iscrizione di nuovi soci alla cooperativa, ma ormai Carosso, presidente della Stecg, aveva esaurito i fondi e i lavori si bloccarono. L'assemblea dei soci della Cooperativa scoprì varie irregolarità contabili nei registri della società e denunciò il Carosso all'autorità giudiziaria. Il tribunale spiccò allora un mandato di cattura per bancarotta fraudolenta, mentre la Stecg veniva dichiarata fallita con sentenza del 2 febbraio 1950. Lo scandalo travolse anche l'assessore all'edilizia comunale Casalini, che fu costretto alle dimissioni nel settembre 1950, mentre il Comune decise di non intervenire sulla vicenda, lasciando la questione interamente nelle mani della magistratura. Intanto Carosso era fuggito e l'inchiesta rivelò un ammanco di 200 milioni nel bilancio della società. La Cooperativa, preso atto della disastrosa situazione finanziaria, decise di non sciogliersi e di continuare la costruzione, rilevando la passività della fallita Stecg. L'Istituto Nazionale di Credito Edilizio di Roma erogò un mutuo di 340 milioni di lire, ma molti soci furono costretti a vendere il proprio lotto, mentre alcuni proseguirono i lavori con risorse proprie. Furono ridisegnati i lotti di terreno, adottando la soluzione di unità abitativa a schiera. Lo stato dei lavori era molto eterogeneo: molte costruzioni non erano ancora fuori terra, alcune solo tracciate, altre nemmeno iniziate. Mancavano tutte le opere di urbanizzazione ed i servizi essenziali (acquedotto, illuminazione pubblica, asfaltatura). I soci della Cooperativa erano intanto calati a 153. Il 27 febbraio 1955 nacque il Consorzio Pro Città Giardino, che si proponeva di tutelare in sede istituzionale i diritti dei soci della Cooperativa. Grazie al suo intervento, il Comune concesse i permessi di costruzione e abitabilità e contribuì con un milione alle opere di urbanizzazione, ma quasi tutti i costi furono coperti dai soci. Verso il 1960-1961 tutta l'area risultava finalmente edificata ed abitabile. Giancarlo Libert, Città Giardino. Mezzo secolo di vita di un borgo di periferia, Torino, Associazione Amici degli Archivi Piemontesi, 2003. INA-Casa Mirafiori Nord Cascina Giajone Santa Rita (Torino) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Città Giardino

Torri Pitagora
Torri Pitagora

Le Torri Pitagora sono parte di un comprensorio residenziale di Torino. Sorte tra il 1964 e il 1965 in una zona periferica della città (Mirafiori Nord), sono frutto di un collaudato sodalizio tra l'architetto Elio Luzi e Sergio Jaretti Sodano che, dopo aver già progettato la Casa dell'Obelisco sulla prestigiosa collina torinese, realizzeranno anche la famosa Torre Mirafiori e il complesso edilizio circostante. Realizzate su progetto del duo Luzi-Jaretti per l'impresa edile Manolino, le Torri Pitagora fanno parte delle cosiddette "residenze alte" della Torino del dopoguerra. Ubicate sull'area compresa tra i corsi Siracusa, Orbassano e Cosenza, con affaccio sull'antistante piazza Pitagora, il complesso edilizio comprende le due torri che, con i loro dieci piani, si distinguono per l'elevata altezza rispetto al contesto edilizio circostante, privo di una particolare coerenza. Complice dell'altezza è lo slancio conferito dalla scelta di basare l'edificio su alti "pilotis", dove trovano posto anche degli spazi a doppia altezza per attività commerciali. La scelta di una planimetria variegata giustifica la caratteristica struttura a moduli sovrapposti che, con un equilibrato gioco di sporgenze, sottolinea la varietà dei prospetti con un ritmo di crescente trasformazione verso l'alto, culminando con il tetto pensile. Impossibile non notare, infine, i ricorrenti elementi decorativi tipici della progettualità di Luzi e degli edifici dell'impresa Manolino, ovvero il largo impiego del mattone a vista con posa "a coltello" (atta a mostrare l'incavo volutamente lasciato vuoto) e l'ampio uso di moderne ringhiere in vetro armato. Red., Le torri Pitagora a Torino, in «L'architettura. Cronache e storia», 131, settembre, 1966, pp. 286–291 Politecnico di Torino Dipartimento Casa-Città, Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino, Torino 1984, p. 482 Le Torri Pitagora, in Agostino Magnaghi, Mariolina Monge, Luciano Re, Guida all'architettura moderna di Torino, Lindau, Torino 1995, p. 235 Luca Barello, Andrea Luzi (a cura di), Le case Manolino: storia di una famiglia di costruttori e due architetti, Il Tipografo, Buttigliera d'Asti 1997 Sergio Pace, Torri Pitagora, in Vera Comoli, Carlo Olmo (a cura di), Guida di Torino. Architettura, Allemandi, Torino 1999, p. 219 Maria Luisa Barelli, Davide Rolfo, Il palazzo dell'Obelisco di Jaretti e Luzi. Progetto e costruzione, Gangemi, Roma 2018. Casa dell'Obelisco Torre Mirafiori (Torino) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Torri Pitagora

Chiesa del Gesù Redentore (Torino)
Chiesa del Gesù Redentore (Torino)

La chiesa del Gesù Redentore è un edificio di culto cattolico a Torino, nel Borgo Cina del quartiere Mirafiori Nord (Circoscrizione 2). La chiesa venne costruita per sostituire una piccola cappella bianca (situata verso l'imbocco di Via Giacomo Dina) in risposta all'aumento della popolazione circostante di fedeli. Il progetto si deve all'architetto biellese Nicola Mosso, ed è considerato la sua realizzazione più significativa nel campo dell'edilizia religiosa. Inaugurate la chiesa e la casa parrocchiale nel maggio 1957, il cantiere fu completato alla fine degli anni '60 con l'inaugurazione dell'oratorio, del cine-teatro, della cappella feriale e della casa per le associazioni cattoliche. Alla fine degli anni '50 era stata nel frattempo realizzata anche una sala polivalente, oggi intitolata a Mario Operti (poi dedicata anche a Giovanni Fornero) nei locali sotterranei. Nel 2002 viene restaurata la copertura della chiesa. Le facciate presentano un paramento di mattoni a vista. La navata è singola. La volta, sfaccettata, è in cemento armato, mentre i muri dell'aula principale sono sempre in mattoni (al rustico). La chiesa è considerata, tra i progetti realizzati a Torino negli Anni Cinquanta del Novecento, uno degli edifici che destano interessi architettonici "più ampi di quelli locali". La sua copertura a nervature incrociate, che permette di evitare il ricorso a pilastri all'interno dell'edificio, è considerata dalla critica posteriore una soluzione "di chiara matrice guariniana". La conformazione sfaccettata della volta, con le sue numerose aperture vetrate, crea un particolare effetto dovuto ai raggi luminosi che danno luce alla navata e richiama la cappella della Sindone. Edifici di culto a Torino Luoghi d'interesse a Torino Parrocchie dell'arcidiocesi di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa del Gesù Redentore Scheda sulla Parrocchia Gesù Redentore (Arcidiocesi di Torino) Chiesa di Gesù Redentore, su Le chiese delle diocesi italiane, Conferenza Episcopale Italiana. (Conferenza Episcopale Italiana)

Parco Rignon
Parco Rignon

Il parco Rignon è un piccolo parco urbano, di 46.200 m² di estensione, situato a Torino, a sud-ovest della città, nel quartiere di Santa Rita. Nel 1650, l'area risultava ancora una semplice cascina rurale, quando l'acquistò tal Don Giambattista Amoretti, un giovane sacerdote ligure originario di Oneglia, da poco divenuto elemosiniere e diplomatico presso la corte ducale. Entrato nelle grazie del marchese Filippo San Martino di Agliè, di Madama Cristina di Francia e di Carlo Emanuele II di Savoia, il giovane prete, dotato di spiccata diplomazia e senso degli affari, sia a Torino che in Francia, fu altresì nominato abate di corte.. Oltre la Casina Amoretti, fu nominato amministratore dell'Abbazia di Casanova di Carmagnola, nonché dell'Abbazia di Abondance in Alta Savoia, entrambe appartenenti all'Ordine Cistercense. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1686, l'abate finanziò i lavori di ristrutturazione della cascina, elevandola a "commenda", con pianta a "L". Come accadde per alcuni suoi nipoti, Lorenzo Giovanni Batta Amoretti Conte d’Envie e Benedetto Amoretti, anche questa proprietà finì in eredità, questa volta ad terzo nipote, tal Carlo Giacinto Amoretti, che finanziò un ulteriore ristrutturazione dell'area dopo l'Assedio di Torino del 1706. Carlo Giacinto, nel frattempo divenuto marchese di Osasio, ebbe un primogenito, Giuseppe Antonio Amoretti, che però morì prematuramente, e alla proprietà quindi subentrò il secondogenito, il marchese Giambattista Amoretti di Osasio. Nel 1760, su volere del marchese Giambattista Amoretti di Osasio, partirono i lavori di costruzione dell'attuale Villa, situata al centro del parco, su dei progetti dell'architetto torinese Plantery, che già si era occupato di interventi urbanistici in città. L'edificio fu progettato su di un piano rialzato, accessibile da due scalinate simmetriche centrali, quindi sormontato ancora da due ampi piani di residenza. Il marchese Giambattista Amoretti ebbe un figlio, Carlo, che fu anche ultimo marchese di Osasio, il quale ebbe a sua volta una sola figlia, la quale però morì presto nel 1807, lasciando quindi la villa in eredità ai famigliari di sua moglie, i Guasco di Castelletto d'Erro d'Alessandria, già decurioni di Torino. I Guasco, a loro volta, cedettero la villa nel 1828, comprensiva dei terreni circostanti, ai Signori Provana di Collegno, che a loro volta vendettero ai fratelli Conti Pietro Amedeo e Paolo Luigi Rignone, o Rignon. Nel 1899, l'eredità passò al figlio di Paolo Luigi Rignon, il Conte Vittorio Rignon. Fu quest'ultimo, il Conte Vittorio Rignon, che nel periodo 1900-1910 condusse degli importanti rimaneggiamenti a tutta la proprietà: la villa fu totalmente ristrutturata, mentre il parco circostante fu totalmente ridisegnato, con elegante giardino fiorito, in stile liberty, quindi dotato di cinta muraria con tre ingressi, uno principale sul Corso Orbassano, due laterali su Via Filadelfia e Via Piscina. La commenda originaria fu totalmente demolita, per dar spazio alle scuderie e all'edificio semicircolare, progettato dall'ingegner Giovanni Chevalley e destinato ad aranciera, ed ancor oggi visibile sul lato nord, ovvero vicino all'ingresso di via Filadelfia. Alla morte del Conte, suo figlio, Felice Rignon, già sindaco di Torino e senatore del Regno, donò la villa, senza i terreni circostanti, al Comune di Torino. Nel 1970 poi, il Comune di Torino riuscì ad acquistare anche i terreni circostanti, e ne prese quindi la gestione come parco pubblico cittadino, mentre la villa fu destinata a Biblioteca Civica e spazio espositivo, punto strategico del quartiere Santa Rita di Torino. La stessa villa fu poi ulteriormente ristrutturata nel 2001, dotandola di sala riunioni sotterranea, e fu costruito un nuovo padiglione bibliotecario sul retro, nel 2004. Il parco, frequentato soprattutto per la Biblioteca, in estate è sede di eventi musicali e di altre manifestazioni di quartiere; è stata sede di lavori del Teatro Stabile e di varie importanti attività artistiche. Nel parco vi sono anche dei giochi per bambini ed una bocciofila. Parchi di Torino (e luoghi d'interesse a Torino in generale) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su parco Rignon Scheda del parco dal sito del comune di Torino, su comune.torino.it. URL consultato il 14 luglio 2010 (archiviato dall'url originale il 17 settembre 2011).

Palasport Tazzoli

Il palasport Tazzoli è una struttura sportiva polivalente per gli sport del ghiaccio, che si trova a Torino, nel quartiere Mirafiori Nord (zona Sud-Ovest della città), vicino alle storiche officine della Fiat Mirafiori; è stato ricostruito - sul sito che ospitava una pista all'aperto - per i XX Giochi olimpici invernali. Le dimensioni del campo di gara principale sono di 30 x 60 metri, il che consente di disputare competizioni ufficiali di hockey su ghiaccio (vi giocano le squadre maschile e femminile del Real Torino HC e la squadra dell'HC Torino Bulls) e di Ice sledge hockey (con i Tori Seduti Torino). È presente anche una seconda pista raggiungibile attraverso un tunnel sotterraneo L'impianto stato utilizzato anche in occasione delle Universiadi invernali di Torino 2007 ed attualmente viene utilizzato dalle società iscritte alla Federazione Italiana Sport del Ghiaccio della Regione Piemonte e dalle loro squadre agonistiche che competono nelle discipline dell'hockey, del pattinaggio di figura, del pattinaggio di velocità e short track e del curling. Venne progettato nel 2002, in vista di Torino 2006, dall'architetto bolzanino Claudio Lucchin, Cesare Roluti, assieme allo studio De Ferrari e allo studio Lee (che hanno progettato anche il palaghiaccio olimpico di Torre Pellice). Fu poi realizzato tra il 2003 ed il 2005. Il 12 e 13 gennaio 2013 si è svolta la "final four" Coppa Italia di Hockey su ghiaccio vinta dal Hockey Club Valpellice. Tra gli atleti che hanno calcato la pista del Tazzoli, la medaglia d'argento olimpica di short track Fabio Carta. Palasport Olimpico HC Torino Real Torino Hockey Club Tori Seduti Torino Luoghi d'interesse a Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palasport Tazzoli