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Stadio comunale Paschetto

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Stadio comunale
Stadio comunale "Gianfranco Paschetto" (Torino, Italy)

Lo Stadio comunale Gianfranco Paschetto è lo stadio di baseball della città di Torino, nel quartiere Lingotto. Situato nel Parco del Lingotto e gestito dal Centro sportivo "Il Paschetto", è composto principalmente da un campo principale dotato di illuminazione e tribuna da 1.000 posti, da un campo da softball dotato di illuminazione e tribuna da 99 posti, da un campo per la categoria Under-12 e da una tensostruttura riscaldata. La costruzione dell'impianto avvenne durante gli anni '70. Nel 1983 lo stadio fu una delle sedi che ospitarono alcune partite degli Europei 1983, disputatisi in Italia. Nel giugno 1996, la Juventus '48 Torino vinse qui in casa la Coppa CEB di quell'anno, trofeo disputato tra club non qualificati per la Coppa dei Campioni. Nella notte del 20 marzo 2003, parte della copertura dello stadio subì un cedimento strutturale. A seguito di ciò, un anno dopo venne rimossa la copertura in cemento armato, mentre due anni dopo venne ultimata una nuova copertura in legno. Lo stadio tornò ad ospitare un evento maggiore di rilevanza internazionale nel settembre del 2009, quando vennero disputate tre partite dei Mondiali 2009, tra cui la sfida tra Italia e Stati Uniti terminata 3-12 in favore dei nordamericani. In occasione della competizione, l'impianto fu rinnovato con una serie di interventi. In occasione degli Europei 2021, organizzati in Piemonte nelle sedi di Torino, Avigliana e Settimo, lo stadio torinese ha ospitato tredici incontri, tra cui la finalissima e la finale per il terzo posto. Lingotto (quartiere) Parco Di Vittorio Luoghi d'interesse a Torino Stadio del baseball, su museotorino.it. A.S.D Grizzlies Torino 48 Baseball Club, su grizzliestorino.it.

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Stadio comunale Paschetto
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10127 Torino, Lingotto
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Luoghi vicini

El Paso Occupato
El Paso Occupato

El Paso Occupato (abbr. El Paso), già Scuola Materna "Di Robilant", è una casa occupata di ispirazione anarchica, situata a Torino. Nato nel 1987, è definito dai suoi occupanti "né centro, né sociale, né squat". Ospita e produce prevalentemente attività musicali e arti visive, ma anche editoriali. Sin dall'inizio ha avuto una grande importanza per lo sviluppo della scena hardcore punk a Torino, anche se negli anni ha perso la sua centralità. Sul palco di El Paso hanno suonato anche celebrità mondiali come i francesi Mano Negra e gli americani The Offspring e NOFX, oltre a numerosi gruppi storici della scena hardcore e post-punk internazionale, tra i quali Fugazi, Youth Of Today, MDC, No Means No, Ratos De Porao, SNFU e Jingo De Lunch. Il nome deriva dalla sua ubicazione, in via Passo Buole, nel quartiere del Lingotto. La storia di El Paso è direttamente correlabile con l'arrivo del movimento punk a Torino, tra la fine degli anni settanta e l'inizio anni ottanta. In quegli anni a Torino cominciarono a formarsi le prime band punk, tra cui 5° Braccio, Blue Vomit, Nerorgasmo, Kollettivo (da cui nacquero i CCC CNC NCN) e i D.D.T. Il loro primo vero punto di aggregazione e organizzazione di concerti, attivissimo anche con una sala prove, fu un centro d'incontro del Comune, in Lungo-Dora Pietro Colletta (zona Vanchiglietta). Nel 1986, dall'incontro del Collettivo Punx Anarchici con gli anarchici del Circolo “Eliseo Reclus” di via Ravenna 3 che si erano distaccati dalla F.A.I., nacque il Collettivo Avaria. Essi cercavano un posto da autogestire, stanchi di dover fare riferimento ai centri d'incontro delle Circoscrizioni. Dopo una serie di occupazioni di edifici pubblici abbandonati, tutte concluse con sgomberi nel giro di pochi giorni, prima tra tutte quella del cinema Diana (marzo 1984) che, aperto nel 1928 e chiuso dal 1975, crollerà poi solo cinque mesi più tardi, il 5 dicembre 1987 venne occupato El Paso. Dopo un primo sgombero (il 18 dicembre 1987) la struttura venne rioccupata, e fu stipulato un accordo temporaneo con il Comune che concesse lo stabile a titolo gratuito. La concessione non venne mai rinnovata, e tutt'oggi di fatto El Paso è in una situazione di illegalità; questo non ha mai costituito un problema per gli occupanti, che anzi rivendicano il rifiuto politico di stabilire canali di collaborazione con le istituzioni. Al suo interno, secondo le regole dell'autogestione, le decisioni vengono prese dall'assemblea e all'unanimità, e il suo funzionamento avviene grazie all'apporto spontaneo di ciascuno: non vi sono incarichi fissi o a rotazione prestabilita.. L'anno successivo il centro occupato ospitò il primo concerto italiano della band statunitense MDC, che tornò a suonare sullo stesso palco 30 anni dopo. Nel 1989 un gruppo di persone proveniente dalla struttura occupò illegalmente una palazzina di Via Rossini sempre di proprietà del Comune, inaugurando una lunga serie di occupazioni e sgomberi della stessa palazzina e di altre strutture abbandonate nella stessa città. Numerose risultano anche le azioni di vandalismo compiute dai residenti nell'ex asilo, soprattutto in occasione degli arresti di alcuni suoi componenti. Nel 1991 i francesi Mano Negra si rifiutarono di suonare allo stadio comunale di Torino e preferirono tenere un concerto al centro sociale occupato con altre band locali. Coinvolti nella manifestazione indetta nel corso del G8 a Genova nel 2001, organizzarono in seguito un'asta provocatoria del materiale scampato alla devastazione delle forze di polizia nella scuola Diaz. Nel 2006 la fotografa Monica Carocci proiettò sulla facciata della casetta di via Rossini all'angolo con corso San Maurizio (più volte occupata e sgomberata dal 1989) il murale, rappresentante un sottomarino incursore, che prese forma durante la performance di un collettivo proveniente dal centro sociale venti anni prima, e che era stato cancellato qualche settimana prima dal sindaco Sergio Chiamparino in occasione delle Olimpiadi invernali del 2006, facendolo rivivere in questo modo per qualche ora. All'interno del centro sociale si svolgono anche attività cinematografiche, teatrali, una editoriale e di etichetta discografica. La El Paso autoproduzioni ha pubblicato gruppi come Deity Guns, Plastination, Officine Schwartz, DsorDNE, Church Of Violence, Nerorgasmo, Belli Cosi, Tasaday, I Fichissimi, Brain Discipline, Molto Rumore Per Nulla, Broken Art, Youngang, Rotten Brain e molti altri. Alla fine del 2003 i dischi autoprodotti erano 34 e i concerti ospitati più di duemila. Nell'edificio hanno soggiornato diversi artisti di area alternativa e sono state pubblicate per alcuni anni Tutto Squat, una rivista di area anarchica che imitava nei titoli e nella grafica il quotidiano Tuttosport, e la rivista di fumetti InterZona. Il simbolo di El Paso Occupato è la figura di teschio (che mostra la lingua) e tibie su campo nero. L'edificio, su due piani fuori terra, ospitava originariamente la scuola materna di Robilant, fatta costruire nel 1883 dalle famiglie più ricche di Torino per i figli dei contadini, e data in gestione alle suore salesiane di Maria Mazzarello. Ampliato e restaurato nel 1953 (mantenendo nella decorazione esterna lo stile della vecchia costruzione), funzionò fino al 1982. Dopo la chiusura rimase abbandonato per intoppi burocratici. Dopo l'occupazione sono state ricavate al suo interno una sala per concerti e proiezioni, cucina, centro di documentazione, bar. Berzano L., Gallini R., Genova C. Liberi tutti. Centri sociali e case occupate a Torino. Ananke ed., Torino 2002 Paolo Ferrari. 10 anni corsari. «la Stampa», 28 novembre 1997, 43 Jacopo Iacoboni, Francesca Paci. Notti in bianco / 3. «la Stampa», 6 febbraio 1999, 34 Paolo Ferrari. Dal cinema alla realtà: El Paso, qui batte il cuore del punk. «la Stampa», 15 febbraio 2002, 45 Paolo Ferrari. Com'erano punk quegli anni. «la Stampa», 21 febbraio 2004, 45 Leonardo Gambino, Il Lingotto una volta: voci e immagini di Torino nei primi decenni del Novecento, Città di Torino, Circoscrizione 9 Nizza-Lingotto, 1987. Centro sociale autogestito Invasione di terreni o edifici Hardcore punk Anarchia Nautilus autoproduzioni Nerorgasmo Woptime Radio 2000 Blackout CCC CNC NCN Centro Sociale Askatasuna Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su El Paso Occupato Sito ufficiale, su ecn.org. Centro sociale El Paso, già Scuola materna di Robilant, su museotorino.it. Reuse - Casi di riuso a Torino, su urban-reuse.eu. Ricordo della scuola materna Robilant, su memoro.org. Intervista di Giorgio Sala a Mario Spesso, ex occupante di El Paso, su punkadeka.it. URL consultato il 29 ottobre 2015.

Stazione di Torino Lingotto
Stazione di Torino Lingotto

La stazione di Torino Lingotto è la terza stazione ferroviaria torinese per afflusso. È situata nella parte sud, lungo la linea ferroviaria comune alle tratte Torino-Savona, Torino-Torre Pellice, Torino-Genova e si trova nel quartiere Lingotto, nei pressi dello storico stabilimento FIAT del Lingotto; dispone di un ampio piazzale per deposito e varie operazioni. Il primo scalo ferroviario della zona Lingotto fu un piccolo edificio, posto più a sud rispetto all'attuale stazione, eretto lungo l'appena costruita linea Torino-Genova, all'inizio del XX secolo. Si trattava di un modesto fabbricato viaggiatori, in uno stile che ricorda quello delle stazioni alpine, in funzione di fermata ferroviaria per gli operai della nascente industria del Lingotto. Il fabbricato iniziale fu edificato nel 1910, fungeva anche da scalo merci e deposito per la successiva ex-dogana e mercati generali di via Giordano Bruno. Durante la seconda guerra mondiale l'edificio fu bombardato il 4 giugno 1944 e successivamente parzialmente ricostruito. Verso la fine degli anni cinquanta per la piccola stazione ferroviaria vi fu un primo ampliamento, mentre negli anni settanta un secondo ampliamento fu deciso in funzione dell'aumento del numero dei treni che vi transitavano quotidianamente (da 240 a 270 nel giro di pochi anni), quando fu anche quadruplicato il binario della linea fino alle stazioni di Moncalieri e Trofarello, sempre sulla direttrice Torino-Genova. Il vecchio edificio fu demolito nel 1980 e l'impianto fu ricostruito e ampliato e la nuova struttura fu inaugurata il 20 febbraio 1984. Per la realizzazione fu scelta l'architettura razionalista, quindi fu dipinto di colore ocra. A partire dalle Olimpiadi invernali di Torino, la stazione è stata inserita in un più vasto contesto di nuove opere della città non distanti da essa, come la passerella pedonale dell'Arco olimpico di Torino, l'Oval Lingotto, il grattacielo della Regione Piemonte e il centro commerciale Lingotto. La stazione dispone di 13 binari, dei quali 9 passanti e 4 tronchi. Inoltre, a fianco, possiede una quantità di binari ed ingloba il Deposito locomotive di Torino Smistamento, è usata come deposito di locomotive speciali, per assemblaggio convogli e per manutenzioni delle carrozze. La stazione è servita dai treni del Servizio ferroviario metropolitano di Torino, linee SFM 1, 2, 4, 6, 7 e dai treni regionali, regionali veloci ed InterCity per Genova, Savona, Milano, Ventimiglia e Cuneo. Inoltre è prevista la fermata di una coppia di Frecciabianca Torino-Roma, via Genova-Pisa-Civitavecchia. La stazione dispone di: Biglietteria a sportello Biglietteria automatica Sala d'attesa Servizi igienici Caffetteria La stazione è servita dalle linee di bus 14, 18, 41, 63, 63/, 74 ed è collegata alla linea 1 della metropolitana torinese tramite un passaggio ciclopedonale; è inoltre capolinea di diverse linee speciali per gli stabilimenti Fiat Mirafiori e di linee extraurbane per la città metropolitana. Fermata bus GTT Stazione taxi Stazione metropolitana (Italia 61) Stefano Garzaro, Completato il quadruplicamento fra Torino e Trofarello, in I treni oggi, 5 (1984), n. 39, maggio 1984, pp. 27-30. Luigi Ballatore, Fausto Masi, Torino Porta Nuova. Storia delle ferrovie piemontesi, Roma, Edizioni Abete, 1988, p. 188, ISBN non esistente. Passante ferroviario di Torino Stazione di Torino Porta Milano Stazione di Torino Porta Susa (1856) Stazioni ferroviarie di Torino Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla stazione di Torino Lingotto

Oval Lingotto
Oval Lingotto

L'Oval Lingotto, conosciuto anche come Oval Olympic Arena o - semplicemente - come Oval, è un palazzetto sportivo costruito per ospitare le gare di pattinaggio di velocità dei XX Giochi olimpici invernali di Torino 2006. Capace di contenere 8 500 spettatori, ospita una pista di 400 metri di lunghezza per 12,6 di larghezza. Costruito tra l'area del Lingotto e l'area ex-Avio, collegato durante il periodo olimpico con la stazione di Torino Lingotto, dopo i Giochi olimpici diventò un'area espositiva e fieristica integrata nella struttura del Lingotto Fiere. La progettazione fu realizzata dall'azienda inglese HOK SVE Ltd e dallo Studio Zoppini di Milano. Il completamento dell'impianto subì ritardi a causa del ritrovamento di amianto nell'area su cui sorge (che era di proprietà delle ferrovie). Era stata prevista l'inaugurazione a fine 2004 con delle gare di Coppa del Mondo di pattinaggio di velocità, che però furono spostate a Salt Lake City. La prima competizione (gare di Coppa del Mondo) si svolse a dicembre 2005. Tra maggio e giugno 2006 ospitò le Olimpiadi degli scacchi, mentre nel successivo mese di ottobre fu sede dei Campionati del Mondo di Scherma. Nel mese di marzo 2008 ospitò i XI Campionati Europei e del Mediterraneo di tiro con l'arco. Il 31 dicembre 2008 fu sede del Torino FuturFestival 2009, il capodanno musicale torinese: durante il veglione l'impianto vide alternarsi rispettivamente sul palco i concerti dei Subsonica e dei Motel Connection e, alla consolle, i DJ set di Boosta, di Mauro Picotto e del newyorkese Josh Wink. Dal 6 all'8 marzo 2009 ospitò i Campionati europei di atletica leggera indoor 2009. Nel 2011 ospitò (insieme al Lingotto Fiere) una parte del Salone internazionale del libro di Torino. Al suo interno fu allestita la mostra, promossa dal Salone, dal titolo 1861 - 2011. L'Italia dei libri sui 150 anni dell'unità d'Italia dal punto di vista della letteratura. Negli anni più recenti, il palazzetto fu utilizzato per ospitare manifestazioni, tra cui Automation & Testing, Artissima, Expocasa, Terra Madre. Alessandro Zoppini, L'oval Lingotto - Tendenze nella progettazione degli impianti sportivi per grandi eventi, Torino, Forum Internazionale "Gli impianti sportivi", 20-22 ottobre 2005 Lingotto (comprensorio) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Oval Lingotto Fotografie dell'impianto e delle gare, su fotogian.com. URL consultato il 1º febbraio 2007 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2007). Gli impianti olimpici di Torino2006, su digilander.libero.it. Il sito dei Campionati Europei e del Mediterraneo di Tiro con l'arco, su torino2008.eu. URL consultato il 13 febbraio 2008 (archiviato dall'url originale l'11 giugno 2008).

Area ex-Avio

La cosiddetta area ex-Avio indica una superficie di 317.000 metri quadrati situata nella periferia sud-est della città di Torino, nella Circoscrizione 8, compresa tra via Nizza, via privata Farigliano/via Canelli, via Passo Buole, il passante ferroviario di Torino e il sottopassaggio stradale del Lingotto; al confine est con lo stesso quartiere Lingotto e a nord col polo multifunzionale del Lingotto, essendo a oriente della stessa linea ferroviaria, l'area è comunque sotto Nizza Millefonti. Questa area, in passato, fu occupata da uno stabilimento della Fiat Avio, oggi demolito. Su una parte della superficie fu costruito, in occasione dei XX Giochi olimpici invernali di Torino 2006, a ridosso del polo multifunzionale del Lingotto, il padiglione dell'Oval Lingotto, all'epoca destinato alle gare olimpiche del pattinaggio di velocità e oggi prevalentemente utilizzato come padiglione fieristico. L'area è quasi interamente di proprietà della Regione Piemonte, che dimostrò la volontà di costruire in questo distretto la propria sede unica. La gara per la progettazione fu vinta dall'architetto Massimiliano Fuksas quando la costruzione era prevista nell'area della Spina 1, sempre nella città di Torino. A seguito della rilocalizzazione dell'edificio, l'architetto è stato incaricato di rielaborare il progetto iniziale, conformemente ai nuovi spazi disponibili. Il risultato fu presentato in Regione il 20 novembre 2007 con la previsione di: una nuova torre centrale, di 209 metri di altezza, destinata a riunificare le sedi sparse della Regione; due ulteriori torri da 80 metri di altezza; una quarta torre da 70 metri di altezza; una serie di insediamenti residenziali e di terziario a torre. Il sottopasso stradale del Lingotto, che passa attualmente sotto la linea ferroviaria di Torino sud, diventerà un crocevia, tramite una rotonda, di nuovi percorsi stradali sotterranei, al fine di sgravare la zona superficiale dalle auto e preservarla a parco pubblico. Anche i parcheggi saranno infatti realizzati nel sottosuolo. La torre centrale, in via di ultimazione nel 2019, è così diventata la più alta d'Italia, superando la torre Isozaki di Milano, alta 202 metri. Nel 2017, inoltre, è stato approvato il progetto per la costruzione del Parco della Salute di Torino, che dovrà sostituire l'attuale polo sanitario compreso nella Città della Salute, con la relativa graduale dismissione di alcuni ospedali della zona. Il progetto, in corso d'opera, prevede un polo universitario didattico, strutture sanitarie all'avanguardia, giardini interni e residenze per gli operatori medici, un passante aggiuntivo per la stazione ferroviaria di Torino Lingotto e una rotonda sotterranea (aperta al traffico il 18 settembre 2020).

Chiesa di San Giovanni Bosco (Torino)
Chiesa di San Giovanni Bosco (Torino)

La chiesa di San Giovanni Bosco è un edificio di culto cattolico nella città di Torino, progettato da Giulio Valotti. Parte dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli, si trova nel quartiere Mirafiori Nord a pochi metri da Corso Unione Sovietica. La posa della prima pietra ha avuto luogo il 3 luglio 1938 alla presenza, tra gli altri, del cardinale Maurilio Fossati. L'inaugurazione è avvenuta il 19 aprile 1941 alla presenza, oltre che di Fossati, del senatore Giovanni Agnelli e nipoti. Il giorno successivo, una prima Santa Messa è stata celebrata da Pietro Ricaldone; dopo questa, gli spazi sono stati benedetti dal cardinale Vincenzo Lapuma. Il 24 novembre 1943 l’edificio è stato coinvolto nei bombardamenti di Torino. Negli anni Settanta hanno avuto inizio i lavori di adeguamento liturgico. L’intero edificio è rivestito in mattoni. La facciata presenta una considerevole arcata cieca che incornicia il portale (scolpito ligneo dagli allievi dell’Istituto salesiano Rebaudengo) ed un mosaico raffigurante Gesù buon Pastore (firmato Piero Dalle Ceste), sovrastata da una scultorea Croce cristiana. Due monofore, una a sinistra e una a destra, affiancano il prospetto. La campana minore sul campanile è opera della Fonderia Barigozzi. L’interno è a navata unica longitudinale, suddivisa in quattro campate. Il battistero, ottagonale e marmoreo, è stato disegnato dallo stesso Valotti. Il presbiterio è a pianta quadrata e sormontato da una cupola. Fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, esso conteneva un altare in marmo rosa che a sua volta esponeva un grande quadro raffigurante san Giovanni Bosco dipinto da Paolo Giovanni Crida. L’opera venne poi sostituita con l’attuale, appositamente realizzata dallo scultore Edoardo Rubino, consistente in un grandioso altare con sculture marmoree (sempre su don Bosco, però più glorificante); l’inaugurazione avvenne il 24 ottobre del 1954 alla presenza di Renato Ziggiotti e della famiglia Agnelli. L’organo a canne è opera della Carlo II Vegezzi Bossi, che lo fabbricò nel 1962; precedentemente situato nella cappella dell’Istituto Arti e Mestieri (in Cenisia), è stato spostato nella chiesa tra il 2011 e il 2012. Chiesa parrocchiale Edifici di culto a Torino Luoghi d’interesse a Torino Parrocchie dell’arcidiocesi di Torino https://www.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/34131/Chiesa_di_San_Giovanni_Bosco__Torino Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana. https://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/AccessoEsterno.do?mode=guest&code=34131&Chiesa_di_San_Giovanni_Bosco___Torino https://www.museotorino.it/view/s/4d19c05baf7e4079951287cc05993f0b https://www.diocesi.torino.it/site/wd-annuario-enti/territorio-diocesano-1587637780/vicariato-territoriale-distretto-torino-citta-19214/unita-pastorale-n-19-mirafiori-nord-14033/s-giovanni-bosco-259/ https://www.oratorioagnelli.it/la-chiesa-di-san-giovanni-bosco/

Stabilimento FIAT Mirafiori
Stabilimento FIAT Mirafiori

Lo Stabilimento FIAT Mirafiori è un grande impianto industriale per la produzione di autoveicoli situato nella zona sud di Torino. Prende il nome dal gruppo metalmeccanico italiano FIAT, protagonista per oltre un secolo della storia industriale d'Italia, che oggi è frammentato in varie aziende quali Stellantis, FPT Industrial, CNH Industrial, Maserati, ecc. Il nome Mirafiori deriva dal quartiere omonimo in cui si trova (a sua volta derivato dal nome di un antico castello dei Savoia). Entrato in funzione nel 1939, divenne negli anni dello sviluppo economico italiano dopo la seconda guerra mondiale, il più importante stabilimento industriale italiano e una delle più grandi fabbriche di automobili d'Europa e del mondo, con un costante incremento delle sue capacità produttive e del numero dei lavoratori impiegati. Negli anni sessanta e settanta, con l'ulteriore crescita delle dimensioni della fabbrica, l'assunzione in massa dei nuovi operai emigrati prevalentemente dall'Italia meridionale, le nuove istanze radicali diffuse nella società, e le ricorrenti crisi industriali nel settore metalmeccanico, la FIAT Mirafiori divenne anche un centro di lotta politica estrema, anche violenta, da parte di frange operaie comuniste rivoluzionarie, aspramente in lotta per ostacolare i programmi di ristrutturazione e automazione promossi dalla dirigenza industriale della FIAT, desiderosa di ripristinare la sua autorità nella fabbrica. Dopo essere stato per decenni uno dei maggiori centri produttivi in Europa, oggi è solo parzialmente in funzione. Occupa una superficie di 2.000.000 m². Al suo interno si snodano 20 chilometri di linee ferroviarie e 11 chilometri di strade sotterranee che collegano i vari capannoni. La palazzina degli uffici, che si affaccia su corso Giovanni Agnelli, è un edificio di 5 piani lungo 220 metri, ricoperto di pietra bianca di Finale Ligure. Lo stabilimento FIAT Mirafiori nel suo periodo di massimo sviluppo diede occupazione, nel 1967 a 52.000 lavoratori, saliti a 57.700 nel 1980 con una produzione di 5.000 automobili al giorno, oltre un milione all'anno; attualmente, 2024, è stato quasi completamente disattivato, la produzione è scesa a 85.000 automobili all'anno e gli occupati sono 11.000 solo parzialmente impiegati effettivamente nella fabbrica. Lo stabilimento fu progettato dall'architetto Vittorio Bonadè Bottino nel 1936 essendosi ormai rivelato insufficiente il precedente stabilimento della Fiat, quello del Lingotto. Per la sua costruzione vennero demolite le scuderie fatte costruire (demolendo le precedenti scuderie Vercelloni) nel 1924 da Riccardo Gualino su progetto dell'architetto Vittorio Tornielli e che servivano all'ippodromo Mirafiori, attivo fino agli anni cinquanta e sito davanti alla fabbrica. Il progetto della nuova fabbrica FIAT prevedeva la costruzione di uno stabilimento industriale gigantesco per la produzione di automobili, motori d'aviazione e prodotti metallurgici di ghisa e metalli; l'impianto sarebbe stato edificato su un area di un milione di metri quadrati, con le officine estese su 500 metri di larghezza e settecento metri di lunghezza; nel sottosuolo si sarebbero sviluppate sette chilometri di gallerie e intorno alla fabbrica si sarebbero estese undici chilometri di linee ferroviarie. Una pista di prova di due chilometri e mezzo sarebbe stata costruita a fianco della fabbrica. Nello stabilimento di Mirafiori sarebbero stati impiegati secondo i programmi oltre 22.000 lavoratori distribuiti in due turni; in questo modo si sarebbe concentrata una massa senza precedenti di operai. Nei progetti della FIAT la fabbrica gigante avrebbe dovuto rappresentare un simbolo della potenza industriale dell'azienda e del suo netto primato a livello nazionale; la grande fabbrica, secondo i piani aziendali, avrebbe anche dovuto costituire un esperimento sociale, dove la disciplinata classe lavoratrice piemontese avrebbe potuto vivere e lavorare in un ambiente confortevole dotato di aree ricreative e di servizi moderni. Lo stabilimento FIAT a Mirafiori venne inaugurato il 15 maggio 1939 in presenza di Benito Mussolini in persona che, affiancato da Giovanni Agnelli e da Achille Starace, parlò dal palco predisposto davanti ai circa 50.000 lavoratori delle FIAT. Il Duce tuttavia fu accolto con freddezza, senza manifestazioni di grande entusiasmo; gli operai, segnati dal rincaro dei viveri dovuto alla politica dell'autarchia e dal timore dell'imminente guerra, dimostrarono in questa occasione il loro distacco dal regime fascista. Mussolini fu irritato dall'indifferenza dei lavoratori e sembrò anche intenzionato a interrompere il suo intervento e abbandonare il palco. Già in precedenza peraltro Mussolini aveva mostrato inquietudine e preoccupazione per le dimensioni enormi della fabbrica ed aveva espresso al presidente Agnelli i suoi dubbi sull'impianto di Mirafiori, mettendo in evidenza i rischi di un simile stabilimento industriale gigante, dove la classe operaia sarebbe stata concentrata in grande numero, divenendo potenzialmente pericolosa per la coesione sociale del regime. Il primo modello che avrebbe dovuto essere prodotto era la Fiat 700, un progetto rimasto incompiuto a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale. La produzione automobilistica partì realmente solo nel 1947 con la seconda serie della 500 A e la rilocalizzazione delle linee della Fiat 1100, precedentemente costruita al Lingotto. Il 5 marzo 1943 iniziò nell'officina 19 dello stabilimento lo sciopero degli operai. In pochi giorni 100.000 lavoratori incrociarono le braccia: fu la prima grande ribellione operaia che si estenderà presto in tutte le fabbriche del Nord Italia. Passati alla storia come gli "scioperi del marzo 1943", segnarono l'inizio del crollo del regime fascista e rappresentarono il primo corale episodio della Resistenza antifascista. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, la situazione della FIAT e del suo stabilimento principale inizialmente fu molto difficile; in parte coinvolta nel collaborazionismo con le forze di occupazione tedesche e con il governo della Repubblica di Salò, la dirigenza aziendale, a partire dal presidente Vittorio Valletta, venne estromessa dal potere e sottoposta alla commissione di epurazione, mentre la direzione passò ad una commissione guidata da Giovanni Antonio Cavinato. L'estromissione di Valletta e dei suoi uomini tuttavia fu di breve durata; già nel 1946 il presidente riprese le sue funzioni e potè iniziare a sviluppare autonomamente il programma di espansione industriale che egli aveva audacemente studiato e che era determinato a mettere in atto nonostante la difficile situazione dell'azienda e dell'Italia. Valletta riteneva possibile un grande programma di sviluppo della FIAT basato sulla produzione in massa secondo le tecniche più moderne, di automobili di piccola cilindrata, le cosiddette "utilitarie", che avrebbero potuto essere costruite a costi inferiori rispetto alle grandi potenze industriali, per il più basso costo del lavoro italiano. Egli riteneva essenziale ampliare in modo radicale la capacità produttiva e programmare la motorizzazione di massa in Italia; in questo ambizioso piano diveniva essenziale il ruolo del grande stabilimento FIAT Mirafiori dove sarebbero state costruite secondo le tecniche della catena di montaggio le "utilitarie"; l'impianto quindi avrebbe dovuto essere ulteriomente ampliato e i suo lavoratori sarebbero costantemente aumentati di numero: 16.000 nel 1953, 21.000 nel 1959, 32.000 nel 1962. Nel 1949 Valletta diede inizio alla seconda parte del suo programma di crescita industriale della FIAT incentrata sulla produzione in catena di montaggio, principalmente nello stabilimento di Mirafiori, delle nuove auto utilitarie per la motorizzazione di massa; il presidente attivò con grande determinazione la lotta contro la base operaia collegata al partito comunista e al sindacato metalmeccanico comunista, allo scopo di riprendere il pieno controllo dell'azienda e delle fabbriche, instaurando un regime lavorativo basato su un rigido sistema gerarchico e sul principio di autorità. Valletta riteneva assolutamente decisiva questa parte del suo programma per la riuscita del piano industriale. I cardini del suo piano di guerra aperta contro le sinistre furono i licenziamenti mirati contro i "distruttori" comunisti, la creazione di "reparti-confino" nella fabbrica dove relegare gli operai riottosi, il sostegno ai nuovi sindacati moderati anticomunisti, le schedature sistematiche dei dipendenti, la creazione di un sistema di capi e quadri intermedi estremamente rigidi nel controllo del lavoro e completamente fedeli alla dirigenza FIAT. In questo modo in pochi anni la FIAT Mirafiori divenne una fabbrica completamente disciplinata, popolata in prevalenza da nuovi dipendenti giovani, inesperti e poco qualificati, passivamente obbedienti alle direttive organizzative aziendali, costruita su un severo sistema gerarchico, priva di conflittualità sindacale. Contemporaneamente all'inflessibile attivazione delle procedure per assumere un assoluto controllo del lavoro di fabbrica, Valletta procedette al grande potenziamento degli impianti di Mirafiori; nel 1956 venne inaugurato l'ampliamento chiamato "Mirafiori-Sud", dove vennero collocate la Meccanica, dove venivano costruiti soprattutto motori e cambi, e le Presse, con l'attività di stampaggio delle lamiere. Nella vecchia struttura "Mirafiori-Nord" rimase l'edificio direzionale della fabbrica, la sezione Fonderia e fucine, con l'area metallurgica, e soprattutto la Carrozzeria, dove erano convogliate le parti provenienti dalle altre aree dello stabilimento, per la lastroferratura (saldatura della scocca e montaggio cofano, portiere e parti mobili), la verniciatura e l'assemblaggio finale degli autoveicoli. La FIAT Mirafiori raggiunse in questo modo un estensione enorme di quasi tre milioni di metri quadrati, di cui metà coperti, con 37 porte d'accesso, dieci chilometri di perimetro. Nello stabilimento gigante, considerato ormai la fabbrica più grande del mondo, erano in funzione 40 chilometri di catene di montaggio, 223 chilometri di convogliatori aerei, 13.000 macchine utensili; nell'impianto erano presenti 13 chilometri di di gallerie sotterranee, 22 chilometri di strade e 40 chilometri di ferrovia. Contemporaneamente al raddoppio delle dimensioni dello stabilimento, la FIAT continuò ad assumere migliaia di nuovi operai, prevalentemente giovani emigrati dal Meridione d'Italia; il numero dei lavoratori a Mirafiori continuò a crescere per tutti gli anni sessanta. Il picco delle assunzioni venne raggiunto nel periodo 1961-1963 quando arrivarono in FIAT a Torino 22.000 nuovi operai; nel 1966 lavoravano alla FIAT Mirafiori 49.000 dipendenti, in grande maggioranza giovani operai emigrati, saliti ancora fino a 52.000 (47.600 operai e 5.000 impiegati) nel 1969. I risultati produttivi e i successi commerciali della FIAT di Valletta negli anni cinquanta e sessanta furono straordinari e consentirono realmente la motorizzazione degli italiani; dalle moderne catene di montaggio della fabbrica gigante di Mirafiori uscirono i nuovi modelli FIAT 600, a partire dal 1955 che venne prodotta in 2,7 milioni esemplari, e FIAT 500 che dal 1958 venne prodotta nell'arco di oltre un decennio in 3,7 milioni di esemplari. Nel 1962 vennero prodotte in Italia, principalmente nello stabilimento di Mirafiori, più di un milone di automobili. Proprio nel 1962 tuttavia, nonostante i successi produttivi della FIAT e la normalizzazione gerarchica della fabbrica di Mirafiori, si ebbe un primo episodio di ribellione operaia dopo oltre un decennio del rigido regime disciplinare imposto da Valletta; nel luglio di quell'anno si verificarono i violenti moti di protesta di Piazza Statuto ad opera di numerosi gruppi di operai della FIAT che diedero l'assalto alla sede locale della UIL, responsabile di aver concluso autonomamente un accordo sindacale con la dirigenza dell'azienda. Gli scontri tra dimostranti e forze dell'ordine continuarono per giorni e, anche se all'epoca si parlò di "provocatori" o di agenti estranei alla città di Torino, sembra che in realtà i rivoltosi fossero in grande maggioranza proprio i nuovi giovani operai della FIAT Mirafiori recentemente emigrati dal sud Italia e inseriti in una realtà sociale ostile e disagiata. Il moto di protesta rimase per il momento un fenomeno isolato ma a posteriori si dimostrò un evento anticipatore di una stagione sociale e politica completamente diversa che sarebbe iniziata nel 1968-1969. La direzione di Valletta della FIAT, apparentemente vittoriosa sul piano dei rapporti con le rappresentanze sindacali e del controllo gerarchico della fabbrica, in realtà aveva creato una tensione permanente all'interno di Mirafiori accentuando le difficoltà sorte per il nuovo sistema produttivo basato sulla catena di montaggio, la produzione di massa e la dequalificazione dell'operaio generico sottoposto al controllo oppressivo del capi interamente devoti all'azienda e concentrati solo sull'efficenza produttiva del lavoro alla catena. Inoltre la situazione divenne ancor più esplosiva alla fine del decennio sessanta per le caratteristiche dei nuovi operai impiegati in massa a Mirafiori: in grande maggioranza erano giovani meridionali, il 75% dei lavoratori totali impegnati alla sezione "Carrozzerie", poco qualificati, completamente estranei alla realtà locale, costretti a vivere in situazioni ambientali degradate, sottoposti in fabbrica al rigido controllo della gerarchia dei capi FIAT quasi tutti di origine piemontese. Il profondo cambiamento qualitativo della base operaia di Mirafiori con l'inserimento dei giovani emigrati meridionali, le caratteristiche meno qualificate del lavoro ripetitivo e alienante nella catena di montaggio del nuovo "operaio-massa", l'incremento numerico dei lavoratori nella gigantesca fabbrica e le istanze di profondo e radicale rinnovamento presenti nella società italiana, caratterizzarono in modo assoluto la storia dello stabilimento FIAT negli anni settanta. Le tappe più importanti delle lotte operaie in FIAT furono il cosiddetto autunno caldo del 1969, la lotta sindacale del 1971, conclusa con la nascita della nuova rappresentanza operaia dei delegati di fabbrica eletti tra i lavoratori più combattivi e radicali, che avrebbero completamente soppiantato le inefficaci commissioni interne degli anni cinquanta e sessanta, l'occupazione dello stabilimento nel 1972 per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici con le bandiere rosse issate sulla fabbrica e l'apparente vittoria operaia. In realtà la lotta radicale all'interno della fabbrica di Mirafiori negli anni settanta non si limitò a queste fasi di particolare intensità ma fu un processo continuo, quasi quotidiano, che stravolse completamente i rapporti di potere in fabbrica e diede modo al cosiddetto "potere operaio" di manifestarsi concretamente nella vita quotidiana dello stabilimento. Le Brigate Rosse arrivarono a Torino nel 1972 e organizzarono una colonna dell'organizzazione nella grande città operaia dove il clima politico era dominato dalle grandi lotte sindacali e dall'estremismo dei delegati di fabbrica; per i brigatisti l'inserimento nelle lotte rivendicative e la penetrazione nella grande fabbrica di Mirafiori per potere fare opera di proselitismo e favorire una svolta estremista e rivoluzionaria dei lavoratori, divenne subito un obiettivo prioritario. La colonna brigatista agiva nella stretta clandestinità ma riuscì a reclutare numerosi operai che in parte entrarono attivamente nell'organizzazione e in parte si limitarono a diffondere materiale di propaganda all'interno dello stabilimento. La colonna torinese delle Brigate Rosse riuscì ad costituire nella seconda metà degli anni settanta un cosiddetto "fronte delle fabbriche", per gestire le azioni dirette contro la FIAT, e due brigate distinte per la sezione "Presse" e la sezione "Carrozzerie" di Mirafiori con propri regolari non clandestini contemporaneamente lavoratori e brigatisti. All'interno della fabbrica di Mirafiori lavoravano regolarmente alcuni operai ben conosciuti e apprezzati dai lavoratori, che erano anche importanti dirigenti dell'organizzazione, attivamente partecipi delle azioni violente, tra cui Angelo Basone, noto sindacalista alla sezione "Presse", Luca Nicolotti, operaio sempre alle "Presse", Nicola d'Amore, operaio alle "Carrozzerie", Cristoforo Piancone e Lorenzo Betassa, operaio e delegato sindacale alle "Carrozzerie". Nel corso degli anni di piombo non mancarono alcuni fenomeni di sostegno verso l'azione violenta dei brigatisti, interpretata dagli operai più ideologizzati come giusta rappresaglia verso i capi FIAT più detestati all'interno di Mirafiori e come azione di intimidazione verso le gerarchie che avrebbe portato vantaggi concreti ai lavoratori della fabbrica. In alcune occasioni ci furono anche manifestazionei esplicite di sostanziale disinteresse degli operai di Mirafiori verso per la sorte delle vittime dei terroristi. Il momento decisivo della lotta di classe nella fabbrica di Mirafiori e l'ultimo tentativo della classe operaia, già da anni in difficoltà a causa dell'esasperazione generale per la conflittualità, il disordine e la violenza diffusa, di fermare la ristrutturazione e l'automazione in corso negli stabilimenti FIAT, ebbe inizio nel settembre 1980 in risposta alla decisione della dirigenza FIAT, guidata soprattutto dal rigido e deciso amministratore delegato Cesare Romiti, di licenziare quasi 15.000 lavoratori apparentemente per motivi legati principalmente alla crisi economica e alle difficoltà finanziarie dell'azienda. I delegati di fabbrica reagirono all'annuncio della FIAT respingendo nettamente le decisioni della società e iniziando lo sciopero ad oltranza e il picchettaggio dei cancelli delle fabbriche per impedire l'accesso agli stabilimenti e il blocco della produzione. Ebbero quindi inizio i "35 giorni della FIAT", gli operai dello stabilimento Mirafiori aderirono in massa alla protesta e per oltre un mese la fabbrica venne bloccata da migliaia di operai raggruppati ai cancelli, mentre erano in corso le trattative. Le rappresentanze sindacali centrali cercarono senza molto successo di contrattare un accordo più favorevole ma in pratica non supportarono le istanze estremistiche dei lavoratori FIAT più politicizzati favorevoli ad occupare le fabbriche, mentre la dirigenza del PCI sembrò maggiormente decisa ad andare fino in fondo. In realtà il segretario del partito, Enrico Berlinguer, si recò ai cancelli di Mirafiori per solidarizzare con gli operai ma, parlando davanti ai lavoratori in sciopero, usò espressioni poco chiare, dicendo genericamente che il partito non avrebbe fatto mancare il suo aiuto agli operai nel caso in cui essi avessero deciso "con metodi democratici" di occupare la fabbrica. Di fatto la situazione generale stava evolvendo in senso sfavorevole per i lavoratori FIAT; la stanchezza per il lungo sciopero, la frustrazione per la mancanza di decisioni, l'esasperazioni di una parte dei dipendenti desiderosi di riprendere il lavoro e soprattutto, l'imprevista opposizione anti-operaia, numerose e attiva, da parte dei quadri intermedi e dei capi FIAT, manifestatasi clamorosamente con la "Marcia dei quarantamila" del 14 ottobre 1980, provocarono la svolta della lunga vertenza. Fin dall'inizio degli anni settanta la FIAT aveva iniziato un vasto programma di riorganizzazione del lavoro in fabbrica, in parte per venire incontro alle richieste sindacali dei lavoratori a favore di un alleggerimento dei carichi e di un organizzazione meno oppressiva e ripetitiva del lavoro, ma soprattutto per ottenere un aumento radicale della produttività e dell'efficenza dei suoi impianti e quindi ridurre i costi di lavorazione e in prospettiva diminuire in modo sostanziale il numero di operai impiegati. Nella fabbrica di Mirafiori prima vennero installati alcuni robot Unimate di saldatura nel 1972, quindi venne attivato dal 1975 il sistema Digitron e all'inizio degli anni ottanta entrò in funzione il moderno sistema Robogate della Comau, già sperimentato allo stabilimento di Rivalta fin dal 1978. Queste innovazioni teconologiche permettevano un decisivo incremento dei processi di automazione industriali; mentre il sistema Digitron dirigeva tramite robot trasportatori il delicato accoppiamento della scocca con i motori, il sistema Robogate controllava tutte le fasi delle saldature della scocca che venivano effettuate dalle stazioni di robot saldatori dove venivano automaticamente trasportare da robotcarriers le scocche di modelli diversi; a Mirafiori venne anche attivato il sistema LAM (lavorazione asincrona motori) per il montaggio non in catena dei motori. Queste innovazioni teconologiche, attivate dalla nuova dirigenza del settore auto della FIAT guidato da Vittorio Ghidella, trasformarono profondamente negli anni ottanta lo stabilimento di Mirafiori con l'automazione di alcuni reparti critici, tra cui la lastroferratura, la verniciatura e le presse; soprattutto ridussero in modo sostanziale il numero di operai impiegati. Nei reparti di lastroferratura e verniciatura in particolare, quasi completamente automatizzati dal Robogate, gli addetti divennero necessari solo per il controllo e la manutenzione degli impianti e di conseguenze molte officine della fabbrica cambiarono completamente aspetto, divenendo quasi vuote di operai e con macchine automatizzate in continua funzione; la catena di montaggio rimase attiva in pratica solo alla Carrozzeria per l'assemblaggio finale della componentistica sull'automobile. La sconfitta operaia dell'ottobre 1980 e il processo di ristrutturazione e automazione attivato dalla dirigenza FIAT cambiarono in modo irreversibile le caratteristiche degli stabilimenti dell'azienda e in particolare della fabbrica principale di Mirafiori. La messa in cassa integrazione a tempo indefinito, preliminare in gran parte dei casi all'allontanamento definitivo, di migliaia e migliaia di lavoratori designati dalla FIAT in genere tra i più combattivi, politicizzati e refrattari, il pessimismo, lo scoramento e la disillusione presente tra gli operai ancora attivi, profondamente delusi dall'esito delle lotte, e la rioganizzazione del lavoro con lo svuotamento delle officine più importanti e l'inserimento di robot automatizzati, consentirono alla dirigenza di riassumere il totale predominio nello stabilimento, ripristinando un rigido sistema gerarchico basato sullo stretto controllo dei lavoratori, sulla disciplina in fabbrica e su un sistema di punizioni e premi, correlati alla docilità e alla passività del lavoratore. I capi, dopo gli anni dell'intimidazione e della violenza operaia, riassunsero il ruolo di rigidi guardiani del potere aziendale in fabbrica. La FIAT Mirafiori perse quindi definitivamente il suo carattere di fabbrica "speciale", centro delle speranze operaie di un rinnovamento radicale dei rapporti di classe, e divenne un normale stabilimento industriale con un base operaia in netta e progressiva diminuzione numerica, caratterizzata da lavoratori ormai non più giovani, passivamente rassegnati e timorosi della possibile perdita di ulteriori posti di lavoro, vista la decisione aziendale di potenziare i nuovi stabilimenti periferici in via di costruzione al centro e al sud Italia. Nel 1988 i lavoratori dello stabilimento Mirafiori scesero a circa 36.000. Nel 2004 termina la produzione di motori nello stabilimento, l’ultimo fabbricato era il 1.6 Torque 16 valvole che equipaggiava numerosi modelli Fiat e Lancia (la produzione venne trasferita in Argentina mentre alcune vetture europee lo abbandonarono, sostituito dall'unità 1.6 Ecotec di origine Opel General Motors). Il 18 febbraio 2008 è stata inaugurata nell'officina 83 la nuova sede Abarth, durante l'inaugurazione della stessa è stata anche presentata la nuova 500 Abarth. Successivamente, sempre nell'officina 83 viene spostato il Centro Stile Fiat e il quartier generale di CNH Industrial. Nel 2008 parte la produzione dell'Alfa Romeo Mito che si concluderà nell'estate del 2018. Nel 2014 viene riqualificata e inaugurata l'area Officina 82, dove hanno attualmente sede gli uffici di amministrazione. Dal 2018 e per tutto il 2019 l'unico modello ad essere costruito nella fabbrica è stato il suv Maserati Levante, dal primo semestre del 2020 vi viene anche assemblata la Fiat 500 elettrica. Nel 2022 è iniziata la produzione della Maserati Quattroporte e della Maserati Ghibli dopoché è stata trasferita dallo stabilimento di Grugliasco. Sempre nel 2022 viene inaugurato l'Heritage Hub che è ubicato negli spazi dell'ex Officina 81 di Mirafiori, con accesso da Via Plava 80. Trattasi di uno spazio espositivo dedicato alla collezione aziendale di auto storiche, molte delle quali sono prototipi o pezzi unici. L'Heritage Hub non è soltanto uno spazio espositivo di veicoli storici prodotti da Fiat, Lancia ed Alfa Romeo, ma anche un centro di documentazione e ricerca storica, dedito al recupero e restauro di vetture ritenute degne di entrare a far parte del notevole patrimonio storico di Stellantis. Il centro è aperto al pubblico con visite guidate su prenotazione. Lo stabilimento FIAT Mirafiori, nato alla vigilia della seconda guerra mondiale, ha rappresentato la massima espressione in Italia del modello di industrializzazione classica fondato sulla grande fabbrica; nel corso degli anni cinquanta e sessanta fu anche il protagonista, con la sua enorme capacità produttiva, della motorizzazione di massa italiana. La fabbrica però fu anche e soprattutto un luogo centrale per la classe operaia, per il suo sviluppo, la sua presa di coscienza, le sue lotte per l'affermazione dei diritti e per l'organizzazione del lavoro. Il concetto di "centralità operaia" corrispose infatti soprattutto al modello della FIAT Mirafiori e in questa fabbrica la lotte di classe raggiunse negli anni settanta il suo massimo sviluppo di radicalità e violenza, terminando negli anni ottanta, dopo una storia fatta di illusioni, successi e speranze, con la sconfitta definitiva per il proletariato industriale italiano, la vittoria completa della dirigenza aziendale e il conseguente progressivo e inarrestabile declino della base produttiva di Torino. G. Berta, Mirafiori. La fabbrica delle fabbriche, Il Mulino, Bologna 1998 G. Bocca, Noi terroristi, Garzanti, Torino, 1985 V. Castronovo, FIAT. Una storia del capitalismo italiano, Rizzoli, Milano 2005 G. Lerner, Operai. Viaggio all'interno della Fiat, Feltrinelli, Milano, 2010 M. Revelli, Lavorare in Fiat, Garzanti, Torino 1989 G. Volpato, FIAT Auto. Crisi e riorganizzazioni strategiche di un'impresa simbolo, UTET, Torino 2004 Storia di Torino Lingotto (comprensorio) Stabilimento FIAT Rivalta Lista dei siti produttivi FCA Volkswagenwerk Wolfsburg Boulogne-Billancourt Lada-Vaz Ford River Rouge complex Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Stabilimento Stellantis di Mirafiori Luoghi della Memoria. Fiat Mirafiori, istoreto.it, su istoreto.it. Mirafiori compie 70 anni, il sole 24 ore, su ilsole24ore.com.

Regio Istituto di Riposo per la Vecchiaia
Regio Istituto di Riposo per la Vecchiaia

Il complesso dell'Ex Regio Istituto di Riposo per la Vecchiaia (IRV), conosciuto a Torino anche col nome di “Poveri Vecchi” fu progettato da Crescentino Caselli, allievo di Alessandro Antonelli, e costruito tra il 1883 e il 1887 per ospitare circa duemila anziani in stato di povertà. L’edificio, situato su Corso Unione Sovietica a ridosso dei quartieri Lingotto e Santa Rita, è costituito da un corpo centrale e quattro padiglioni, misura 351,5 metri e occupa un'area di 25000 mq. Ora collocato in piena città, nei pressi dello Stadio Olimpico “Grande Torino”, al tempo in cui fu progettato si trovava in una zona di campagna, sulla strada che dal centro conduce alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Nei pesanti bombardamenti che colpirono l'edificio durante la seconda guerra mondiale, il padiglione Sud venne in gran parte distrutto, per essere poi ricostruito nel dopoguerra. L'edificio negli anni ha subito diversi interventi di modernizzazione, fra i quali l'aggiunta di parti in vetro e acciaio su progetto dell'architetto Andrea Bruno e più recentemente l'aggiunta di un nuovo corpo di fabbrica seminterrato a tre livelli, situato nel cortile tra il padiglione centrale e il padiglione adiacente in direzione Nord. Di proprietà del Comune di Torino, l’edificio è stato utilizzato negli anni da vari enti. Attualmente, la parte sud dell'edificio ospita una residenza assistenziale per anziani e i Servizi Socio Assistenziali dell'ASL di Torino, mentre il padiglione centrale e le due ali a nord sono occupate dalla Scuola di Management ed Economia dell'Università degli Studi di Torino e dalla sede centrale del Consorzio CSI-Piemonte.