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Porta Garibaldi (Milano)

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Arco di Porta Garibaldi a Milano (1826 1828), architetto Giacomo Moraglia (1791 1860)
Arco di Porta Garibaldi a Milano (1826 1828), architetto Giacomo Moraglia (1791 1860)

Porta Garibaldi (già Porta Comasina fino al 1860) è una delle sei porte principali di Milano, ricavata lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti. Posta a nord della città, si apre lungo l'antica strada per Como. Caratterizzata dalla presenza dell'arco neoclassico del Moraglia (1826-1827) e degli annessi caselli daziari (1834-1836), sorge al centro di piazza XXV Aprile, allo sbocco di corso Garibaldi. In passato Porta Comasina identificava inoltre uno dei sei sestieri storici in cui era divisa la città, il Sestiere di Porta Comasina. La Porta Garibaldi attuale, che si apre nei Bastioni di Milano, sorse sullo stesso asse viario (oggi corso Garibaldi) su cui erano sorte in precedenza le porte di epoca romana (sul tracciato delle Mura romane) e di epoca medievale (sul tracciato delle mura medievali di Milano). In epoca napoleonica, il governo di Francesco Melzi d'Eril pianificò un generale rifacimento delle porte di ingresso a Milano, previa alberazione dei bastioni e demolizione delle porte spagnole, la cui funzione militare era ormai superata. Il progetto intendeva convertirle in caselli daziari, ma di foggia adeguata al prestigio della capitale del Regno d'Italia. La cinta daziaria di Milano avrebbe corrisposto dunque con il tracciato spagnolo. Inizialmente affidato a Luigi Cagnola, il progetto fu sospeso dal nuovo governo austriaco a causa della spesa eccessiva e della compromissione di Cagnola con il periodo napoleonico. Il Cagnola era infatti stato l'architetto dell'Arco della Pace e l'arco di Porta Ticinese, eretti durante il periodo francese. La scelta del governo austriaco fu di affidare un nuovo incarico al giovane architetto Giacomo Moraglia, obbligando i negozianti milanesi a finanziare la costruzione della porta. L'architetto riprese la tipologia cagnoliana dell'arco trionfale fiancheggiato dai due caselli, affacciato verso l'asse stradale di penetrazione principale in Milano. Egli disegnò un arco trionfale, a un fornice con due passaggi pedonali aperti ai fianchi, fiancheggiato da due caselli daziari, porticati ed affacciati sull'asse stradale. L'arco è di ordine dorico e si erge spra una zoccolatura in granito bianco. Ai fianchi dell'arco si aprono due passaggi. La muratura è ingentilita da festoni riportanti le insegne del commercio incassati nel rivestimento in bugnato. Sull'attico dell'arco vennero collocati quattro statue colossali, opera del milanese Giovanni Battista Perabò (scultore della Fabbrica del Duomo), a simboleggiare i principali fiumi della Lombardia: Po, Adda, Ticino e Olona: i fregi sono dello scultore Giovanni Battista Buzzi, di Viggiù. Le colonne, le statue rappresentant i quattro fiumi, le modanature e gli ornati sono in pietra grigia di Viggiù; il bugnato di rivestimento è in ceppo proveniente da Trezzo sull'Adda. La spesa per l'erezione dell'arco fu poco superiore alle 70 000 lire austriache. L'arco venne completato tra il 1826 e il 1827 e per un brevissimo periodo coesistette con la precedente porta del XVI secolo, un modesto edificio facilmente confondibile con una qualsiasi abitazione della zona. La vecchia porta venne in seguito demolita, liberando lo spazio antistante la nuova costruzione, a cui verranno poi affiancati i caselli daziari eretti fra il dicembre 1834 e l'agosto 1836. La primaria funzione viabilistica della porta fu interrotta dopo qualche decennio dalla ricostruzione monumentale del 1826-27. A distanza di circa 300 metri dall’uscita dalla porta, in direzione Como, la antica via Comasina venne sbarrata perpendicolarmente dalla costruzione della vecchia Stazione Centrale di Porta Nuova (1865) e dei relativi fasci di binari. A nord della ferrovia la strada ebbe la nuova denominazione di via Borsieri e più a nord di via Thaon de Revel. Per molti decenni le parti a sud delle costruzioni ferroviarie e quella nord persero il collegamento stradale, sostituito solo da una scomoda passerella che, passando sopra i binari della ferrovia, permetteva il solo traffico pedonale da corso Como alla (ridenominata) via Borsieri e viceversa. Anche oggi la stazione ferroviaria Porta Garibaldi, (attivata nel 1961), così denominata in ricordo di quella stradale posta più a sud, separa la porta monumentale dalla parte Nord della città. Analogo sbarramento ha avuto la vicina Porta Nuova, sempre a causa della costruzione delle ferrovie, iniziata nel 1840. L'arco, non ancora completato, venne inizialmente dedicato all'imperatore Francesco I d'Austria, sovrano del Lombardo-Veneto, a ricordo della sua seconda visita in città nel 1825, proveniente da Como, dove era giunto attraverso la nuova strada dello Stelvio. La dedica sul lato verso la città recitava: a francesco i / pio massimo augusto / i negozianti di milano / eressero / l'anno mdcccxxvi Pare che l'epigrafe venisse commentata aggiungendo un ultimo verso: “sebbene poca volontà ne avessero”, che venne attribuito ad Alessandro Manzoni, forse perché sembrava ben riuscita. Il 22 marzo 1848, durante le Cinque giornate di Milano, Porta Comasina fu la seconda porta ad essere espugnata dagli insorti dopo Porta Tosa. Nel 1859 vi fece il suo ingresso Giuseppe Garibaldi, proveniente da Como dove aveva conseguito le brillanti vittorie di Varese e di San Fermo. Nel 1860 la porta gli venne intitolata in commemorazione dell'evento. Venne rimossa l'iscrizione dedicata a Francesco I d'Austria e sostituita da un'altra epigrafe, ancora esistente: su qveste porte / fatte insigni dai nomi delle vittorie / onde i giovani accorsi volontarii a combattere / dvce garibaldi / inavgvrarono nel mdccclix la seconda riscossa / il popolo milanese / risalvtava dopo xxi anni / l'eroe incanvtito non domo / ahi qvel salvto fv l'vltimo / ma lo eterna nei cvori piv che nel bronzo / la riconoscenza della patria Sulla faccia opposta, verso la periferia, fu aggiunta la seguente iscrizione: qvi sull orme del nome nemico / il ferro della italica gioventv / incise le vittorie comensi / mdccclix Ai lati dell'attico, sui piedestalli delle due statue colossali, le iscrizioni varese e s. fermo, in riferimento alle battaglie di Varese e San Fermo, combattute da Giuseppe Garibaldi prima di entrare in città nel 1859. Ferdinando Cassina (a cura di), Porta Comasina, in Le fabbriche più cospicue di Milano, Milano, Fernando Cassina e Domenica Pedrinelli, 1840, pp. non segnalate. Stazione di Milano Porta Garibaldi Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Porta Garibaldi

Estratto dall'articolo di Wikipedia Porta Garibaldi (Milano) (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Porta Garibaldi (Milano)
Piazza Venticinque Aprile, Milano Brera

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Arco di Porta Garibaldi a Milano (1826 1828), architetto Giacomo Moraglia (1791 1860)
Arco di Porta Garibaldi a Milano (1826 1828), architetto Giacomo Moraglia (1791 1860)
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Luoghi vicini

Piazza XXV Aprile
Piazza XXV Aprile

Piazza XXV Aprile è una piazza di Milano, pedonale e pavimentata, fornita di parcheggio sotterraneo multilivello, che congiunge corso Como con corso Garibaldi, viale Pasubio con viale Monte Grappa, al termine ovest dei Bastioni di Porta Nuova. Al centro della piazza si trova l'arco di Porta Garibaldi, eretto nel 1826 da Giacomo Moraglia ma solo successivamente (1860) dedicato a Giuseppe Garibaldi, così come il vicino corso Garibaldi. Porta Garibaldi, denominata Porta Comasina fino al 1860, era posta lungo i bastioni spagnoli, oggi demoliti. La piazza è direttamente congiunta al tratto pedonale di corso Como, uno dei centri della vita notturna milanese. Nelle immediate vicinanze si trova l'Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico ed il cinema Anteo. Dal 2012 il Fuorisalone si tiene anche in piazza XXV Aprile. Nella piazza si trova anche l'edificio in cui originariamente era ospitato il teatro Smeraldo, attualmente sede di Eataly Smeraldo. La piazza dispone di un parcheggio di 668 posti: 346 pubblici e 322 per i residenti. Si struttura su sei piani, e al primo piano interrato contiene una sala conferenza da 80 posti. La piazza è stata oggetto di riqualificazione concernente la pavimentazione, con la riapertura ufficiale della piazza che è stata il 10 luglio 2012. Garibaldi FS Moscova Stazione di Milano Porta Garibaldi Corso Como Porta Garibaldi (Milano) Corso Giuseppe Garibaldi (Milano) Viale Pasubio Via Melchiorre Gioia Teatro Smeraldo Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su piazza XXV Aprile Scheda su UrbanFile, su urbanfile.it (archiviato dall'url originale il 18 agosto 2011).

Chiesa di Santa Maria Incoronata (Milano)
Chiesa di Santa Maria Incoronata (Milano)

La chiesa di Santa Maria Incoronata è un luogo di culto cattolico di Milano, situato all'incrocio fra corso Garibaldi e via Marsala. Questa chiesa è un caso particolare di "chiesa doppia", simile a quella di San Cristoforo al Naviglio, anch'essa a Milano, guardando dal sagrato, la chiesa di sinistra è la più antica, perché esisteva già in età comunale, era retta dai padri eremitani di San Marco ed era intitolata a Santa Maria di Garegnano.Accanto alla chiesa, agli inizi del Quattrocento, fu costruito un convento per i padri agostiniani, che restaurarono l'antica chiesa nello stile tardo gotico, tipico di quel secolo. Poiché i lavori Furono terminati in occasione dell'incoronazione di Francesco Sforza a Duca di Milano (1451), la intitolarono a Santa Maria Incoronata, dedicandola al nuovo signore della città.Nel 1460 sua moglie Bianca Maria Visconti, signora di Cremona, volle che, a lato della chiesa del consorte, ne fosse costruita una seconda, del tutto identica e collegata a essa in modo da formare un'unica nuova chiesa: con questa opera Bianca Maria desiderava suggellare pubblicamente la sua fedeltà al marito. Riuscì così a renderla una delle costruzioni più originali dell'epoca.Nei turbolenti secoli successivi, l'Incoronata divenne magazzino, poi lazzaretto, quindi caserma e anche carcere, scuola di agraria, tornando infine ad essere luogo di culto e chiesa parrocchiale. La chiesa fu costruita in stile gotico, ma il suo aspetto fu notevolmente modificato nel 1654 e nel 1827. Nel 1900, sotto la direzione di F. Pellegrini, furono compiuti i restauri che l'hanno riportata alle caratteristiche originarie. L'attuale edificio è frutto dell'unione di due chiese, delle quali quella di sinistra è la più antica. L'esterno è caratterizzato dalla particolare facciata doppia, con un prospetto a capanna per ciascuna delle due chiese; per ambedue esso presenta in basso un unico portale ogivale sormontato da una lunetta, decorata con un bassorilievo. Al di sopra del portale vi sono due monofore ogivali e, al centro, più in alto, un piccolo rosone circolare. Ognuna delle due facciate termina in alto con un profilo triangolare sormontato da una croce su un basamento marmoreo. Sul fianco destro della chiesa, si aprono varie cappelle laterali a pianta poligonale, illuminate da monofore. Fra le due absidi, si eleva la torre campanaria. Questa è pianta quadrata e la sua cella campanaria si apre sull'esterno con una monofora su ciascun lato. La copertura del campanile è costituita da un cono in laterizio, affiancato da quattro piccole guglie poste sugli angoli della struttura. All'interno, la chiesa presenta una particolare pianta a due navate, frutto dell'unione delle due chiese, divise da archi a sesto acuto poggianti su pilastri. Coperte con volta a crociera, ciascuna di esse termina con un'abside poligonale; nell'abside di sinistra, vi è un altare neoclassico in marmi policromi, sormontato da un ciborio circolare con cupoletta semisferica sorretta da colonne corinzie. L'altare dell'abside di destra, invece, è barocco ed è stato pesantemente modificato dopo il Concilio Vaticano II. Su ciascuna delle due navate si aprono tre cappelle laterali. Fra le opere custodite all'interno della chiesa, vi è la presenza di manufatti di grandi pittori. Nella prima cappella di sinistra, ad esempio, vi è un affresco attribuito al Bergognone, in parte perduto, raffigurante Cristo sotto il torchio, richiamo al vino trasformatosi in sangue di Cristo nell'Eucaristia. Nella cappella sul lato opposto, invece, si trova la Lastra tombale di Giovanni Bossi, attribuita ad Agostino Busti detto il Bambaia. Nella seconda cappella di sinistra vi sono degli affreschi, probabilmente opera di Ciro Ferri, con Scene della vita di San Nicola da Tolentino. Nell'ultima cappella di destra, si trova l'organo a canne della chiesa, costruito dalla ditta Pedrini di Cremona nel 2013. Lo strumento, a pavimento, è a trasmissione integralmente meccanica ed è racchiuso all'interno di una cassa lignea di fattura geometrica. La mostra è composta da 29 canne in stagno con bocche a mitria disposte ad ala in tre campi affiancati. La consolle è a finestra e dispone di un'unica tastiera di 56 note e di pedaliera concavo-parallela di 27 note. I registri, in totale 6 (5 al manuale e 1 al pedale) sono azionati da pomelli posti in unica fila orizzontale sopra il manuale. Sopra la pedaliera, si trova un pedaletto per l'unione tasto-pedale. Agostino Caravati, Per il restauro di S. Maria Incoronata, estratto da Il monitore tecnico, n° 1, Milano, Società editrice tecnico scientifica, 1915. Antonio Bollani, S. Maria Incoronata a Milano, Milano, 1952, BNI 1953 1565. Mario De Biasi, Chiese di Milano, Milano, Edizioni Celip, 1991, ISBN 88-87152-06-3. Maria Teresa Fiorio (a cura di), Le chiese di Milano, Milano, Electa, 2006, ISBN 88-370-3763-5. Arcidiocesi di Milano Chiese di Milano Gotico italiano Torchio mistico Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla chiesa di Santa Maria Incoronata a Milano Diocesi di Milano, S. Maria Incoronata, su to.chiesadimilano.it. URL consultato il 13 maggio 2021 (archiviato dall'url originale il 2 gennaio 2020). Milanodabere.it, Chiesa Santa Maria Incoronata, su milanodabere.it. URL consultato il 14 giugno 2013 (archiviato dall'url originale il 1º settembre 2013). Arte.it, Chiesa Santa Maria Incoronata, su arte.it. URL consultato il 14 giugno 2013.

Teatro Smeraldo
Teatro Smeraldo

Il Teatro Ventaglio Smeraldo (o semplicemente Teatro Smeraldo) è stato uno storico teatro di Milano, aperto nel 1942 e chiuso il 1º luglio 2012. Il teatro fu progettato tra il 1939 e il 1940 da Alessandro Rimini che, essendo di origini ebraiche, non poté firmare il progetto a causa delle leggi razziali fasciste all'epoca vigenti. Il teatro aprì nel 1942 e, fino alla chiusura, venne gestito dalla famiglia Longoni, tramandato di generazione in generazione. Inizialmente concepito come sala cinematografica, tale rimase fino agli anni ottanta, quando fu deciso (sotto la direzione artistica di Gianmario Longoni, che ne è stato l'ultimo proprietario) di usarlo esclusivamente per rappresentazioni teatrali, soprattutto musical e recital di singoli artisti. Dopo innumerevoli voci di chiusura, paventate da Gianmario Longoni fin dal 2009, lo Smeraldo ha terminato ufficialmente la sua ultima stagione di attività in data 11 giugno 2012 con uno spettacolo dei Fichi d'India. L'ultima serata, commemorativa, è stata il 30 giugno 2012, con un Dj set di Alex Cicognini, dj resident dello storico locale Shocking Club di proprietà dello stesso Gianmario Longoni. Dal 1º luglio 2012 l'edificio è passato ufficialmente alla catena Eataly di Oscar Farinetti che lo ha trasformato in un negozio Eataly e che è stato inaugurato il 18 marzo 2014. Secondo lo stesso Longoni, la causa della chiusura sarebbe in parte motivata dagli interminabili lavori di piazza XXV Aprile, proprio di fronte all'ingresso del teatro, e in parte dalla «concorrenza sleale degli Arcimboldi», il quale riceve due milioni e mezzo di euro l'anno e «può permettersi di affittare a prezzi più bassi». Il 4 ottobre 2009 al Teatro Smeraldo Beppe Grillo fondò il Movimento 5 Stelle. Piazza XXV Aprile Porta Garibaldi (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Teatro Ventaglio Smeraldo Teatro Ventaglio Smeraldo di Milano, su teatri.agendaonline.it. URL consultato il 13 aprile 2018 (archiviato dall'url originale il 15 agosto 2009). Teatro Smeraldo, su giusepperausa.it.

Corso Como
Corso Como

Corso Como è una strada pedonale e commerciale facente parte del Municipio 9 di Milano; oggi appartiene al (quartiere) N.I.L. n. 9, detto ufficialmente "Porta Garibaldi Porta Nuova", come recentemente definito dal Comune di Milano e costituisce il prolungamento verso nord di corso Garibaldi, uno degli assi principali del (quartiere) N.I.L. n. 2, "Brera" situato immediatamente più a sud. Lunga circa 280 metri, congiunge piazza XXV Aprile con la stazione di Porta Garibaldi. Mediante la piazza è collegata, a sud, con corso Garibaldi, con cui forma una lunga passeggiata pedonale. L'attuale corso Como (delibera comunale del 1878) costituiva l’inizio dell'antica strada Comasina che si irradiava fuori dalle mura, uscendo dall'attuale Porta Garibaldi (fino al 1860 chiamata Porta Comasina) , in direzione della città di Como. Chi usciva da porta Comasina lasciava il principale comune di Milano per entrare nel secondo comune urbano, detto Comune dei Corpi Santi di Milano. Le mura spagnole per secoli hanno segnato i confini del comune di Milano. e ne costituivano anche la cinta daziaria. Tutte le merci che entravano in Milano pagavano il dazio nei caselli che facevano parte delle porte cittadine, salvo quelle che già lo avessero pagato in precedenti stazioni di pagamento, dove erano state munite degli appositi contrassegni, detti "bolli". Come risulta da una mappa del 1720 del Catasto Teresiano, di cui qui viene riprodotto un particolare, dall'inizio della strada Comasina in uscita dalla porta, sul lato sinistro, si estendeva verso nord un recinto rettangolare, circondato da robuste mura, lungo circa 70 metri e largo 10-15, indicato come Insola de Porta Comasina. Molto probabilmente si trattava di un magazzino, almeno in parte coperto e comprendente gli alloggi dei sorveglianti, destinato alle preziose merci ivi depositate, in attesa di essere introdotte in Milano, di cui molte soggette al pagamento del dazio. Analogo ai magazzini doganali tuttora esistenti a Milano, ad esempio nella vicina zona Farini. All’angolo della Comasina, dove oggi c’è il numero civico 1, faceva parte dell'Insola anche un “Bollino della Città”, cioè un deposito di vino/osteria dove si pagava (l’odiatissimo) dazio sul vino. Le botti e gli altri contenitori di vino potevano entrare in città solo se muniti del "bollo" (Nel 1720 a Milano, nel solo quadrante nord-ovest della città c’erano almeno altre due osterie/stazioni daziarie simili, a Porta Tenaglia e alla cascina Portello, situata nel luogo dell'attuale piazzale Türr). In seguito, nell’Ottocento questo ""Bollino" prese il nome di “Osteria della mezza lingua” (cioè “del balbuziente”, dal soprannome/cognome di un titolare); poi divenne albergo, durato fino agli inizi del Novecento. L'Isola fu il primo nucleo dell’omonimo borgo lineare che da metà Ottocento si sviluppò lungo la strada Comasina, in direzione nord. Prima, intorno al magazzino, solo prati ed ortaglie; la zona non era ancora stata costruita. Di qui, verosimilmente, il nome di “Isola”, termine tradizionale che risale addirittura ai Romani (insulae) per indicare edifici isolati, in città e anche in campagana. In seguito, la strada Comasina venne interrotta, dopo circa trecento metri dall’uscita dalla Porta omonima, dalla costruzione della prima stazione Centrale di Milano (1864) e dagli impianti ferroviari collegati. In parallelo, in direzione di Como venne allora costruita più a ovest la “nuova strada Comasina”, (l’attuale via Carlo Farini), che esce da Porta Volta, aperta nelle mura spagnole nel 1880. Da allora la ferrovia divise corso Como dal quartiere che nella seconda metà dell’Ottocento venne edificato a nord degli impianti ferroviari. Il quartiere intorno all'antica strada Comasina fu urbanizzato fra il 1860 e il 1880, con l'apertura di nuove vie e la costruzione di case operaie miste ad attività industriali e artigianali, di carattere molto modesto, a causa della difficile viabilità della zona per l'ingombrante presenza degli impianti ferroviari. Per collegare la parte sud del quartiere (Corso Como) con quella a nord (via Pietro Borsieri, come fu chiamata dal 1878 la parte della vecchia Comasina situata a nord della ferrovia), gli abitanti ebbero a disposizione solo una scomoda passerella pedonale sopraelevata, accessibile da ripide scale ad entrambe le estremità. Il borgo lineare sviluppatosi ai lati dell'antica strada Comasina, sia a sud che a nord degli impianti ferroviari, da sempre era informalmente conosciuto dai milanesi come Isola. Ma questo nome è stato recentemente rinnovato e ufficializzato attribuendolo alla stazione della MM 5 aperta nel 2014 all’angolo tra via Volturno e via Sebenico, che è situata a circa 750 metri a nord dall’ Isola" del 1720. Inoltre, a causa della recente decisione del Comune di Milano di introdurre i NIL, la parte sud della tradizionale "Isola", quella posta a sud della stazione ferroviaria, secondo il Comune, non ha più diritto a tale nome, perché compresa nel nuovo (quartiere) NIL detto "Porta Garibaldi Porta Nuova". Anche i toponimi, col tempo, si spostano. Nel secondo dopoguerra l'area fu interessata dall'ambizioso progetto del Centro direzionale, che prevedeva la totale demolizione dei vecchi edifici fatiscenti, da sostituirsi con moderni palazzi per uffici e residenze di qualità. Tuttavia il progetto fu realizzato solo in parte, con la costruzione della nuova stazione Garibaldi, in servizio dal 1961, (che sostituì la vecchia Stazione di Milano Porta Nuova (1931), (conosciuta anche come: Stazione delle Varesine), a sua volta residuo della prima Stazione Centrale del 1864) e di alcuni edifici lungo via Melchiorre Gioia, fra cui il grattacielo del Comune, del 1966. A causa della parziale realizzazione del progetto, Corso Como rimase in stato di degrado, particolarmente nell'estremità nord, sventrata e mai ricostruita, ed adibita per molti anni a parcheggio. Ma a partire dagli anni novanta, Corso Como ha subito importanti trasformazioni, con la ristrutturazione di molti edifici e l'apertura di numerosi locali che vanno a comporre parte della cosiddetta Milano da bere. Negli anni duemila l'area è stata pedonalizzata. La strada è stata coinvolta nelle edificazioni del Progetto Porta Nuova, con il complesso residenziale Munoz&Albin e la Corte Verde di Corso Como. La qualità della zona è migliorata anche a seguito della ristrutturazione del Palazzo Alleanza Toro all'imboccatura nord e della nuova pavimentazione di piazza XXV Aprile all'imboccatura sud. Da corso Como è ormai possibile accedere al nuovo complesso di Porta Nuova mediante una strada (via Vincenzo Capelli) che lo collega al podio, piazza Gae Aulenti, circolare e rialzata di 6 metri rispetto al livello della strada, circondata dalle torri Pelli; poi da qui alla parte nord del quartiere Isola ed attraverso un ponte pedonale sovrastante via Melchiorre Gioia, al nuovo quartiere sorto sull'area delle ex Varesine. Attualmente, corso Como è un'isola pedonale e costituisce una delle aree principali della vita notturna milanese. Al numero civico 10 si colloca la famosa Galleria Carla Sozzani, mentre all'estremità sud, in piazza XXV Aprile, si trovava il Teatro Smeraldo, storico e importante teatro milanese ormai chiuso: in questo edificio ha trovato posto nel 2014 una nuova sede di Eataly. Sempre in zona, su viale Pasubio e a poche decine di metri dall'inizio del Corso si trova la nuova sede della Fondazione Feltrinelli progettata dallo studio Herzog. Dal 2012 anche Corso Como ospita il Fuori Salone: tra le diverse iniziative, l'installazione Plus e la mostra iEye. Corso Como è molto vicino al complesso ospedaliero Fatebenefratelli, in corso di Porta Nuova, di fronte a piazzale Principessa Clotilde. Garibaldi FS Stazione di Milano Porta Garibaldi Stazione di Milano Porta Garibaldi sotterranea Tram urbani (linee 10 e 33) Isola Progetto Porta Nuova Piazza XXV Aprile Porta Garibaldi (Milano) Corso Garibaldi (Milano) Stazione di Milano Porta Garibaldi Via Paolo Sarpi Via Melchiorre Gioia Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico Geoportale Comune Milano https://geoportale.comune.milano.it/portal/apps/webappviewer/index.html?id=e52d990fec5f4fe38b2a4f7d2385962a Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su corso Como

Viale Pasubio
Viale Pasubio

Viale Pasubio è una strada di Milano. Congiunge piazza XXV Aprile (e quindi Porta Garibaldi) con piazzale Baiamonti (e quindi Porta Volta). È una strada commerciale, lunga circa 350 metri, pesantemente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Viale Pasubio è parte della circonvallazione interna, un anello di strade costruito immediatamente all'esterno delle mura spagnole. Come tale, costituiva da sempre un importante asse viabilistico. All'estremo orientale di viale Pasubio si trova l'arco di Porta Garibaldi, all'estremo occidentale Porta Volta, aperta nel 1880 come accesso al nuovo cimitero e alla nuova strada Comasina (l'attuale via Carlo Farini). Nel 1878 il viale risultava già percorso dalla tranvia di circonvallazione ed era già attorniato da una fitta edificazione. Alla fine del XIX secolo, la strada portava il nome di Viale di Porta Garibaldi, successivamente mutato nell'attuale in ricordo del monte Pasubio, teatro di importanti vicende belliche durante la prima guerra mondiale.Durante la seconda guerra mondiale la strada venne pesantemente danneggiata dai bombardamenti del 24 ottobre 1942 e delle notti dell'8 e 13 agosto 1943. Gli edifici posti sul lato sud non vennero mai ricostruiti e restarono per decenni allo stato di rovina. In questa zona si era insediato un grande vivaio e una serie di accampamenti abusivi, i più centrali di Milano, sgomberati il 15 marzo 2012. Il progetto del centro direzionale, inserito nel PRG del 1953, prevedeva la demolizione dei vecchi edifici sul lato nord, e la loro sostituzione con moderni edifici a destinazione residenziale e terziaria; l'area di piazzale Baiamonti sarebbe stata occupata da uno svincolo simil-autostradale. Tali opere però non vennero mai realizzate. Negli ultimi anni, la pedonalizzazione di piazza XXV Aprile ha privato il viale della sua funzione viabilistica, se non come accesso all'area e al parcheggio sotterraneo. Nel viale Pasubio si trova l'Antica Trattoria della Pesa, uno dei ristoranti storici di Milano, che fa parte dei Locali storici d'Italia. È così chiamata perché si colloca esattamente dove, nel XIX secolo, le merci che giungevano da fuori città, venivano pesate per il dazio che andava pagato nei vicini caselli di Porta Volta. Il ristorante è stato fondato nel 1880 e mantiene la stessa insegna e la stessa posizione di allora. Negli anni trenta vi lavorò, come cameriere, il futuro presidente del Vietnam del Nord, Ho Chi Minh. Una targa di marmo sull'edificio ricorda quel lontano evento.Nelle immediate vicinanze (in via privata Nino Bonnet, 10) sorge il cosiddetto "Grattacielo di Viale Pasubio", o "Torre Unilever", costruito negli anni settanta, un tempo affittato dalla multinazionale Unilever. Il grattacielo è rimasto abbandonato per alcuni anni, ma è attualmente interessato da lavori di recupero quasi ultimati. Il Viale Pasubio appare in due sequenze del film Happy Family (Gabriele Salvatores, 2010): in una scena si vede l'Antica Trattoria della Pesa, mentre nell'altra si vede il celebre graffito di Bros sulle rovine dei bombardamenti.Un'inquadratura del film Lui è peggio di me (Enrico Oldoini, 1984) riprende l'estremo est del viale, con piazzale Baiamonti sullo sfondo. Il 17 dicembre 2010 la Giunta comunale ha approvato un progetto di riqualificazione dell'area: la superficie interessata è di oltre 17 000 m² e comprende viale Pasubio e l'area con viale Crispi, Porta Volta, viale Montello. Il progetto, finanziato dalla società "Finaval", è dello studio Herzog & de Meuron e "SD Partners" e risale al 2008. Il terreno è da sempre proprietà della famiglia Feltrinelli, ancora nell'Ottocento vi si collocava la falegnameria di famiglia. Il progetto prevede anche un ampio parco lineare sviluppato parallelamente all'edificio, sul lato di viale Francesco Crispi. L'intervento prevede inoltre la ristrutturazione dei marciapiedi e la realizzazione di nuovi corsi pedonali e ciclabili fino a piazza Lega Lombarda e piazzale Biancamano. Nel 2010 è stato realizzato un campione dell'edificio. L'avvio del lavoro di bonifica, previsto per il 15 marzo 2012, ha avuto avvio effettivo il 9 maggio 2012 ad opera di Manfreda Scavi Snc. Nell'autunno 2012 si è proceduto con le operazioni preliminari: otto mesi di attività preparatorie, quindi due anni di costruzione. Nel dicembre 2016 è stato inaugurato il complesso della Fondazione Feltrinelli, noto come Piramidi in vetro di Herzog, due edifici identici di forma piramidale con ampie vetrate; nel primo ha trovato posto una libreria, una sala lettura, il grande archivio della Fondazione ed alcune sale congressi; la sede della Fondazione, in totale, si sviluppa su 5 piani, per un totale di circa 2.700 metri quadrati. Nel 2017, nell'edificio gemello, ha aperto una nuova sede di Microsoft. Si attende ora la realizzazione di un'area verde pubblica, con grandi viali, un parco giochi, percorsi pedonali e piste ciclabili. Garibaldi FS Stazione di Milano Porta Garibaldi Stazione di Milano Porta Garibaldi sotterranea Maria Antonietta Crippa, Daniela Mericio, Ferdinando Zanzottera, Milano 1943-1955: bombardata e ricostruita, Milano, Istituto [Ortopedico] Gaetano Pini, 2001. Piazza XXV Aprile Circonvallazioni di Milano Mura di Milano Corso Como Porta Volta Porta Garibaldi (Milano) Via Paolo Sarpi Ho Chi Minh Pasubio Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su viale Pasubio Il Progetto di Caputo Partnership , su caputopartnership.it. P.I.I. viali Pasubio, Montello, Crispi, Bastioni di Porta Volta, piazza Baiamonti, su comune.milano.it. Progetto Feltrinelli per Porta Volta , su fondazionefeltrinelli.it. Riqualificazione Porta Volta, su partecipami.it. Scheda su UrbanFile, su urbanfile.it (archiviato dall'url originale il 22 agosto 2011). Scheda su ArchiLovers, su archilovers.com. URL consultato il 23 aprile 2012 (archiviato dall'url originale il 26 giugno 2012). Foto di Viale Pasubio , su milanofoto.it. L'archistar Herzog firma la nuova Feltrinelli a Porta Volta, la Repubblica, su milano.repubblica.it. Nuova sede della Feltrinelli, Herzog firma per Porta Volta, IlGiorno, su ilgiorno.it.

Garibaldi FS (metropolitana di Milano)
Garibaldi FS (metropolitana di Milano)

Garibaldi FS è una stazione delle linee M2 ed M5 della metropolitana di Milano. La stazione della linea M2 fu inaugurata il 12 luglio 1971 come capolinea della tratta proveniente da Centrale FS; ciò rese la stazione di Porta Garibaldi la quarta stazione ferroviaria milanese collegata con la metropolitana, dopo Cadorna, Lambrate e Centrale. Funse da capolinea ovest fino al 3 marzo 1978, quando i primi treni poterono percorrere la nuova tratta fino a Cadorna FN. Il 16 luglio 2007, dopo l'approvazione nel 2006 del progetto per la realizzazione della linea M5, iniziarono i lavori per la realizzazione della prima tratta che comprendeva anche la stazione Garibaldi FS. Nel 2008 la stazione della linea M2 fu interessata da un'operazione di rinnovo che ha portato ad un restyling completo degli ambienti. Questo rinnovo rientrava in un progetto più ampio di ATM per il rinnovo di alcune stazioni della metropolitana, poi abbandonato con l'esclusione della stazione di Loreto, in cui sono stati completati i lavori seppur con più ritardo. La stazione della linea M5 doveva essere originariamente inaugurata a dicembre 2013, ma l'apertura è dapprima slittata a gennaio 2014 ed infine al 1º marzo dello stesso anno, quando sostituì Zara come capolinea meridionale della lilla. Rimase capolinea fino al 2015, quando la linea venne prolungata definitivamente fino a San Siro Stadio. Con l'apertura della stazione della M5, Porta Garibaldi diventò, dopo Cadorna e Centrale, la terza stazione ferroviaria milanese servita da due linee di metropolitana. La stazione M2 è situata in viale Don Luigi Sturzo, presso piazza Sigmund Freud. È una stazione sotterranea, passante, con quattro binari in tre gallerie e due banchine. La stazione della linea M5 sorge anch'essa in viale Luigi Sturzo ed è una stazione sotterranea, passante, con due binari e una banchina mediana e, come tutte le altre stazioni della linea M5, è accessibile ai disabili. La stazione è direttamente collegata con l'omonima stazione e con quella passante. Possiede anche uscite in viale Don Luigi Sturzo e piazza Sigmund Freud. La stazione di Garibaldi FS della linea verde è stata una delle tre stazioni della metropolitana milanese (le altre sono Cascina Gobba e Gorgonzola della M2) a possedere quattro binari, attualmente ridotti a tre: i due centrali sono utilizzati per la normale fermata dei treni, mentre per quanto riguarda gli altri due, posizionati all'esterno della banchina d'attesa, uno è stato rimosso e l'altro viene a volte utilizzato per il parcheggio di vario materiale rotabile ATM (mentre a Gorgonzola i due binari laterali sono stati entrambi rimossi ed a Cascina Gobba i quattro binari sono tutti in uso per il servizio passeggeri). Questa particolarità è dovuta al fatto che la stazione era interessata dal progetto, mai realizzato, delle linee celeri della Brianza, un gruppo di linee metrotranviarie che avrebbero dovuto sostituire le tranvie interurbane della Brianza, attestandosi su due dei quattro binari della stazione di Garibaldi FS, consentendo un interscambio diretto con la metropolitana. La fermata costituisce un importante interscambio con le due stazioni ferroviarie (quella in superficie e quella sotterranea posta sul passante ferroviario) di Milano Porta Garibaldi. Nelle vicinanze della stazione inoltre effettuano fermata alcune linee urbane tranviarie ed automobilistiche, gestite da ATM. Stazione ferroviaria (Milano Porta Garibaldi, linee suburbane e regionali) Stazione ferroviaria (Milano Porta Garibaldi passante, linee suburbane) Fermata tram (Garibaldi M2 M5, linee 10 e 33) Stazione taxi La stazione dispone di: Accessibilità per portatori di handicap Ascensori Scale mobili Emettitrice automatica biglietti Servizi igienici Stazione video sorvegliata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Garibaldi FS (EN) Garibaldi FS / Garibaldi FS (altra versione), su Structurae.

Naviglio della Martesana
Naviglio della Martesana

Il Naviglio della Martesana, anche noto come Naviglio Piccolo (in lombardo Navili de la Martesana o Naviliett), è uno dei navigli milanesi che collega Milano con il fiume Adda dal quale riceve le acque a Concesa poco a valle di Trezzo sull'Adda. Ebbe il nome Martesana, per il contado che avrebbe attraversato, da Francesco Sforza nel 1457, ancor prima che incominciassero nel 1460 i lavori per costruirlo. Giunto a Milano, dalla Cassina de' Pomm prosegue sotto l'attuale Via Melchiorre Gioia dove riceve il torrente Seveso e poi raggiunge i bastioni di Porta Nuova, dove presso il Partitore della Martesana, un tempo a cielo aperto, genera il Cavo Redefossi che, prima dell'interramento della Cerchia dei Navigli, rappresentava solamente un canale scolmatore del Naviglio della Martesana. Infatti, in origine, il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato, cambiando nome in Naviglio di San Marco e dando poi origine al laghetto di San Marco, che scaricava le sue acque nella Cerchia dei Navigli. Situato a sud del Canale Villoresi, il Naviglio della Martesana è un canale ora non più navigabile largo dai 9 ai 18 metri, profondo da 0,5 a 1 metro e lungo 38,7 km (di cui alcuni coperti). Il dislivello tra l'incile e il Naviglio di San Marco, superata la Conca dell'Incoronata, era di 19 metri. L'assetto della Martesana variò periodicamente alla ricerca dell'equilibrio tra la funzione irrigatoria e di navigazione; la descrizione che segue si riferisce ai dati riportati da Carlo Cattaneo nel 1844, che rispecchiano la situazione di stabilità raggiunta dopo i lavori ordinati dal duca di Albuquerque, governatore di Milano (1574), fino alla chiusura della fossa interna nel 1929. La presa d'acqua a Concesa avveniva a fianco di uno sfioratore a sperone lungo 268 metri, con cinque scaricatori e 29 porte per evitare, in caso di piene dell'Adda, una portata eccessiva; altri scaricatori (che potevano però funzionare anche come "affluenti") erano sistemati agli incroci coi fiumi, Molgora, Lambro e Seveso in particolare; l'eventuale ulteriore surplus d'acqua veniva sversato nel Redefossi con uno scaricatore a dodici porte. Tutto il sistema era concepito per raccogliere le piene smaltendole a valle. Le acque per l'irrigazione erano estratte da 75 bocche a sinistra e dieci in sponda destra. Nel suo percorso attraversa i territori dei comuni di Trezzo sull'Adda, Vaprio d'Adda, Cassano d'Adda, Inzago, Bellinzago Lombardo, Gessate, Gorgonzola, Cassina de' Pecchi, Bussero, Cernusco sul Naviglio, Vimodrone e Cologno Monzese; entra nel territorio di Milano in via Idro, alla periferia nordorientale della città, e scorre a cielo aperto fino alla Cassina de' Pomm, all'angolo con via Melchiorre Gioia a Greco sotto il cui manto stradale si infossa, dal 1968, con una brusca curva a sinistra. Seguendo la via, riceve il torrente Seveso all'altezza di via Giacomo Carissimi e raggiunge i bastioni di Porta Nuova dove cambia bruscamente direzione verso sud-est cambiando nome in Cavo Redefossi. Prima dell'interramento della Cerchia dei Navigli, il Cavo Redefossi rappresentava solamente un canale scolmatore del Naviglio della Martesana. Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva infatti il suo percorso cittadino, ora interrato, verso sud-ovest superando Porta Nuova, sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la conca di San Marco. La storia documentale del Naviglio della Martesana ebbe inizio il 3 giugno 1443 quando Filippo Maria Visconti (1412-1447) approvò, con una disposizione intitolata Ordo rugie extrahendi ex flumine Abdua, il progetto, che gli era stato presentato da un gruppo di illustri cittadini milanesi guidati da Catellano Cotta, amministratore ducale del Monopolio del sale e fratello del feudatario di Melzo. Essi chiedevano di derivare le acque dell'Adda per realizzare un canale utilizzabile sia per l'irrigazione, sia per azionare sedici mulini (il duca ne autorizzò dieci). Il corso individuato prevedeva che il canale venisse alimentato da una presa d'acqua (incile) situata poco a valle del castello di Trezzo sull'Adda, in un punto in cui il fiume ha una strettoia e la corrente sarebbe stata sufficiente per garantire un flusso costante. Il canale avrebbe poi costeggiato l'Adda per dirigersi a occidente dopo Cassano d'Adda, raggiungere Inzago, seguirne per un tratto il fossato di cerchia e puntare verso Trecella e Melzo per confluire nel torrente Molgora. Filippo Maria Visconti morì nel 1447 e, dopo la parentesi della Repubblica Ambrosiana, gli successe Francesco Sforza che nel 1457 promanò un editto, sottoscritto da Cicco Simonetta, che diede il via alla progettazione del Navilio nostro de Martexana, dove l'utilizzo dell'aggettivo nostro non è casuale, ma è atto a sancire l'aspetto di pubblica utilità dell'opera. In seguito agli eventi che videro Milano in guerra con Venezia e che portarono alla pace di Lodi, lo Sforza aveva compreso il valore militare ed economico di un canale utilizzabile per la navigazione, in quella che era considerata un'area di frontiera strategica per il ducato, e ne modificò il percorso, portandolo a raggiungere Milano, per inserirlo in un più vasto disegno di collegamento della città con l'Adda e il Ticino. Un decreto del 1º luglio dello stesso anno segnò l'inizio dei lavori guidati da un folto gruppo di ingegneri ducali, cui spettava il compito di reclutare le maestranze, procurare i materiali e dirigere i lavori. Fra questi il più noto era Bertola da Novate, che già ai tempi dei Visconti si era occupato del canale, e a lui il duca affidò la direzione dei lavori; citato in un appunto leonardesco fu erroneamente ritenuto per lungo tempo l'unico progettista ed esecutore dei lavori. Il primo tratto della Martesana fino al Seveso (Cassina de' Pomm) fu completato in otto anni e reso navigabile nel 1471, quand'era duca Galeazzo Maria; la fossa interna fu raggiunta nel 1496, durante il ducato di Lodovico il Moro. Il cambiamento del percorso rispetto al progetto del 1443 pose un problema: signori e notabili della zona, consci dei vantaggi che ne sarebbero derivati, esercitarono pressioni perché il canale lambisse le loro terre e i borghi in modo da offrire comodi approdi. Questa è la ragione per cui la Martesana ha un tracciato così tortuoso: fu una scelta politica e non tecnica, come invece era avvenuto sul primo tratto del Naviglio Grande, dove c'era l'esigenza di addolcire le pendenze. L'attraversamento dei borghi di Inzago, Gorgonzola e Cernusco, il collegamento con i loro fossati di cerchia, la costruzione di ponti in corrispondenza delle strade furono le sfide che si trovarono ad affrontare Cristoforo da Inzago e Filippo Guascone, gli ingegneri ducali incaricati di seguire questo aspetto dei lavori. La costruzione del naviglio ebbe un forte impatto sull'economia locale: furono ingaggiati centinaia di scavatori e di carpentieri per la realizzazione dell'alveo e delle sponde; nelle zone di Vaprio e di Trezzo furono attivate cave di ceppo dell'Adda, la pietra utilizzata per gli argini; fra Gessate e Bellinzago Lombardo furono aperte cave di argilla e costruite almeno tre fornaci per la cottura dei mattoni. I circostanti boschi di querce e carpini fornirono sia la legna per le fornaci, sia i pali per il rinforzo delle sponde. Queste attività talvolta entravano in conflitto con gli interessi dei proprietari terrieri, che spesso erano enti ecclesiastici come la Veneranda Fabbrica del Duomo o l'Ospedale Maggiore (Ca' Granda) o monasteri cittadini. Fu perciò necessario creare un organismo apposito che si occupasse di queste e delle molte altre questioni e diatribe che sorgevano a causa del canale: il Generalis Commissarius super ordinariis Navigi Martexane. Per gran parte del suo percorso il Naviglio della Martesana scorre, contrariamente agli altri navigli, perpendicolarmente alla linea di displuvio incrociando quindi le acque in discesa dalle colline della Brianza e in particolare i torrenti Trobbia e Molgora e il fiume Lambro. Le campagne della Bassa milanese erano caratterizzate da una mescolanza di terra e acqua non sempre proficua da un punto di vista agronomico; i grandi volumi d'acqua scendevano dall'Alta pianura andandosi a mescolare nelle risorgive, rendendo spesso i terreni paludosi e sortumosi. Uno degli effetti della costruzione del Naviglio fu quella di raccogliere e incanalare le acque pluviali e permetterne una distribuzione più razionale, regolata tramite un sistema di rogge alimentate da bocche di portata controllata. Si calcola che l'area valorizzata in questo modo fu di circa 25.560 ettari, mentre 460 erano quelli a prato permanente. Dal punto di vista della navigazione, Molgora e Lambro erano superati da ponti-canali. Originariamente, il ponte sul Molgora era più stretto rispetto a quello attuale: l'allargamento fu eseguito solamente nel momento in cui si decise di rendere il canale navigabile. Inizialmente, come abbiamo visto, il Naviglio non confluiva nella fossa interna dei navigli, ma scaricava le acque nel Lambro e nel Seveso arrestandosi alla Cassina de' Pomm; fu con la reformazione del naviglio nostro de Martexana, voluta da Lodovico il Moro, che il canale nel 1496 venne prolungato fino in città e congiunto ai navigli interni, la cui fossa, contemporaneamente, fu resa interamente navigabile realizzando così il collegamento del Ticino all'Adda. Il superamento del dislivello esistente fra il canale e la fossa interna, assieme al fatto che questa avrebbe dovuto ricevere un maggiore carico idrico, aveva presentato notevoli difficoltà tecniche e impegnato a lungo i progettisti nella ricerca di una soluzione ottimale. È certo e documentato che progettista e sovrintendente delle opere necessarie al congiungimento del naviglio con la fossa interna fosse Bartolomeo della Valle, allora ingegnere ducale. L'opera fu completata con un sistema di conche di navigazione successive: la prima a Gorla, a monte della cassina de' Pomm, per regolarizzare il flusso delle acque, le altre due, quelle dell'Incoronata e quella di San Marco, per superare il restante dislivello. Tre altre conche, a Groppello, Inzago e Bellinzago, completavano il sistema. Le conche non erano una novità: la prima, quella di Viarenna che univa il Naviglio Grande con la fossa interna, è del 1437. Là si trattava di portare i natanti a un livello più alto, qui di farli scendere a uno più basso, ma ora il sistema era completo e agibile. Tra il 1484 e il 1500, Leonardo da Vinci era ospite della corte sforzesca e sono stati molti, specialmente nell'Ottocento, ad accreditargli addirittura l'invenzione delle conche e una sua diretta partecipazione al compimento della Martesana, quasi a nobilitare ulteriormente, con la presenza del genio, un'opera già di per sé straordinaria; anche oggi non è raro leggere di tale partecipazione. Di certo vi è soltanto che nello schizzo Immagine schematica di Milano in pianta e in profilo orizzontale, il (o la) Martesana viene riportato da Leonardo come opera già compiuta, mentre in un successivo foglio si vedono dettagliati disegni e appunti relativi alla conca di San Marco, che determineranno le modalità costruttive del dispositivo idraulico per il futuro. È invece sicuro che nel 1516 Francesco I commissionò a Leonardo, in occasione del suo secondo soggiorno ambrosiano, un progetto per un collegamento diretto di Milano con l'Adda a monte del suo tratto non navigabile, tra Paderno e Trezzo. Leonardo fornì due possibili soluzioni: l'apertura di un nuovo canale che da Paderno si dirigesse a ovest attraversando la pianura prima di rivolgersi a sud all'altezza di Milano o, in alternativa, un ardito progetto con canali, pozzi e chiuse a contrappeso in gallerie scavate nella viva roccia che sovrasta la destra del fiume, dove poi fu costruito il naviglio di Paderno. Idee troppo ardite per essere realizzate, soprattutto da altri, con i mezzi allora a disposizione. Entrambi i progetti sono riportati in dettaglio, con addirittura il calcolo dei costi, nel citato Codice Atlantico. Il sogno sforzesco di collegare Milano direttamente con il lago di Como dovette attendere quasi altri tre secoli per realizzarsi: il dislivello dell'Adda fra Brivio e Trezzo dopo molti tentativi fu superato dal Naviglio di Paderno solo nell'ottobre 1777, regnante Maria Teresa d'Austria. Il Naviglio della Martesana ricalca in parte la moderna strada statale 11 Padana Superiore. Quest'ultima, a sua volta, ha circa lo stesso percorso della via Gallica, strada romana che collegava Gradum (Grado) ad Augusta Taurinorum (Torino) passando da Patavium (Padova), Vicetia (Vicenza), Verona (Verona), Brixia (Brescia), Bergomum (Bergamo) e Mediolanum (Milano) . Nel 1497 alcuni proprietari di diritti d'acqua del Milanese, fra i quali la potente Abbazia di Chiaravalle, intentarono una causa contro il ducato per dare precedenza all'uso irriguo delle acque. Nella sentenza finale Ludovico il Moro (figlio di Francesco Sforza) ribadì che lo scopo prioritario del Naviglio della Martesana era la navigazione. Non resterà un episodio isolato, ma solo il primo atto di una contesa infinita tra la città interessata ai traffici e quindi alla navigabilità e la campagna, che vedeva il canale come una fonte d'acqua per l'irrigazione. Fin dalla conclusione dei lavori, infatti, l'aspetto più problematico della gestione del naviglio fu quello di conciliare il suo doppio ruolo di canale navigabile e di dispensatore d'acqua. La costruzione di numerosi canali secondari alimentati da bocche che attingevano dal naviglio era stata incoraggiata e trovava fondamento nel diritto consuetudinario, in seguito recepito dagli statuti cittadini, cioè il cosiddetto "diritto di acquedotto", che conferiva la facoltà a chiunque ne facesse richiesta di condurre acqua dal naviglio nei canali secondari, con il solo obbligo di provvedere alla manutenzione degli stessi e degli eventuali ponti necessari. Fu solo dall'ultimo decennio del Quattrocento che le concessioni incominciano a essere rilasciate dietro pagamento di una somma di denaro alla Camera ducale. Il titolare della concessione poteva poi rivenderla o affittarla ad altri (la "ragione d'acqua"). Dopo la caduta di Lodovico il Moro nel 1499, il ducato cambierà più volte il sovrano e a francesi e spagnoli si alterneranno eredi degli Sforza, prima del lungo dominio spagnolo (1535-1706). Ogni nuovo signore, re, imperatore o duca che fosse, trovava nell'imposizione di nuove tasse e gabelle sui traffici e nella vendita dei diritti d'acqua un facile mezzo per finanziare le casse dell'erario, dissanguate dalla guerra. Nel 1515, Ercole Massimiliano Sforza cede ai milanesi i diritti d'acqua dei navigli per "soli" 50.000 ducati, diritti che in realtà aveva già in gran parte venduto ai proprietari di terre che ne approfittavano abbondantemente. Tornano i francesi e Francesco I decide che i canali erano e restavano patrimonio dello Stato! Nel 1522 Francesco II Sforza è duca di Milano, ma nel 1524 la città, stremata dalla peste, si riconsegna ai francesi; cinque anni dopo Carlo V gli riconcede il ducato, che terrà fino alla sua morte nel 1535. La situazione è drammatica: nel 1529 la gente moriva di fame per le strade e l'anno successivo le campagne abbandonate attorno alla città erano invase da branchi di lupi e molte furono le vittime; la Martesana non è praticamente più navigabile per le troppe sottrazioni d'acqua. Francesco II Sforza fa demolire la conca di Gorla, rimpiazzandola con una nuova alla Cassina de' Pomm, e abbattere il ponte-canale sul Lambro per riportare acqua nel naviglio. Navigabilità e disponibilità idrica per l'irrigazione migliorarono, ma la distruzione del ponte-canale Martesana sul Lambro (attuale Cologno), che era un ponte in pietra a tre capate, portò a molti disagi anche di natura molto grave: il confluimento delle acque del Lambro direttamente sul Naviglio crearono disastrose inondazioni durante i periodi di forte pioggia. Non potendo ricostruire un nuovo ponte-canale causa carenza di fondi (poiché il Lambro si era allargato così tanto che il ponte avrebbe richiesto ben cinque campate) la situazione rimase praticamente non gestita fino alla morte di Francesco II. Il successore dello Sforza, tentò di risolvere le piene del Lambro costruendo 19 bocche nell'area dove si incrociavano i due corsi d'acqua ma la situazione non migliorò in modo soddisfacente: le inondazioni ora interessavano un'area inferiore rispetto a prima ma ad ogni piena le zone comprese fra Crescenzago, Cascina Olgetta e Cascina Gobba finivano sott'acqua. In periodi di scarsa pioggia, invece, la navigazione era migliorata nel tratto terminale, ma non a monte, tanto che le autorità spagnole intervennero proibendo, per due giorni alla settimana, l'estrazione dell'acqua perché le barche potessero galleggiare e successivamente (1571) facendo derivare un nuovo corpo d'acqua dall'Adda a Groppello, costruendo un nuovo piccolo ponte-canale sul Molgora e aumentando l'ampiezza del canale. Finalmente, nel 1574, la Martesana tornava a essere navigabile per merito del governatore, il duca di Albuquerque che aveva disposto i lavori, ma non con poche difficoltà: la corrente rendeva impegnativa la navigazione in risalita e la quantità di fango, tronchi e detriti che il Lambro riversava nel Naviglio, creava quasi delle dighe che compromettevano la navigazione in entrambi i sensi. Bisognò attendere fino al 1900 prima che il ponte-canale venne ricostruito, rifatto il letto e consolidate le sponde: fino ad allora, per più di due secoli, si cercò di limitare i danni con sistemi empirici, con risultati solo modesti, e di fatto la Martesana non ricevette alcuna opera di manutenzione dal 1471 al 1931. Dalla fine del 1500, comunque, incominciò per il Naviglio della Martesana un periodo di grande attività che durò fino a tutta la seconda metà dell'Ottocento e che ebbe il suo culmine dopo l'apertura del Naviglio di Paderno nel 1777. A Milano giungevano derrate alimentari fresche (frutta, verdure, bestiame da macello, formaggi), foraggi e paglia, vino, granaglie (frumento, orzo, miglio e mais, la cui coltivazione era stata introdotta nel ducato nel 1519), materiali da costruzione e laterizi, calce, sabbia, manufatti, utensili vari, sedie e mobili. Dalla città partivano filati e stoffe e i manufatti delle numerosissime botteghe artigiane di ogni genere. C'è sempre però il problema delle piene del Lambro a creare difficoltà: essendo giudicata troppo costosa la ricostruzione del ponte-canale, si rimedia con un ponte di legno su cui possono passare barcaioli e cavalli quando il fiume ingrossa troppo per essere guadato. Le tasse, i pedaggi e le gabelle sono pesanti e non si distingue tra barche piene o semicariche. Tra Trezzo e Brivio prosperano i mulattieri addetti ai trasbordi. Dopo il 1777, il traffico è più pesante: ferro, marmo, sempre più legname, carbone. Nell'occasione, il governo austriaco sospende i "dazi di catena" e garantisce alle barche il carico di ritorno con il trasporto del sale a Lecco. Nel 1782 si apre una regolare linea per i passeggeri dal tombon de San Marc alla città lariana e nel 1800 incomincia il servizio el barchett de Vaver (Vaprio), la barca corriera resa celebre dal film di Ermanno Olmi, L'albero degli zoccoli. Il bacino della Cassina de' Pomm, grazie anche alla conca che tratteneva le acque, era diventato il porto per sabbia e ghiaie, merci che raramente arrivavano a San Marco. La strada alzaia risaliva con la Martesana a sinistra e un canale sulla destra. Derivato dal naviglio poco a monte, azionava tre grossi mulini ("bianco" per il frumento, "giallo" per il grano turco e "terzo mulino" perché costruito per ultimo) e si ricongiungeva al Martesana, con una rumorosa cascata, subito dopo la conca. Oggi la stessa roggia è quella che alimenta il ruscello e i giochi d'acqua del piccolo Parco della Cassina de' Pomm. Le "navi" impiegate (così le chiamavano i cronisti del tempo) erano uguali a quelle usate sul Naviglio Grande. Cagnone, mezzane e borcelli erano però costruiti in cantieri sul Lario invece che sul Ticino o sul Lago Maggiore. Erano governate con lunghi timoni mobili a barra e con l'ausilio di pertiche; l'equipaggio era costituito da tre uomini, un parone e due aiutanti. Per formare i nuovi equipaggi divenuti indispensabili dopo il congiungimento con il lago di Como, furono fatti venire da Sesto Calende e dal Ticino paroni esperti col compito di istruttori. La risalita da Milano, controcorrente, avveniva necessariamente al traino di cavalli che rimontavano la strada alzaia in cobbia (convoglio) di cinque barche con cinque cavalli; nel percorso da Trezzo a Brivio, i cavalli diventavano 12. La discesa avveniva di norma sul filo della corrente, ma spesso si impiegavano anche i cavalli, sia per velocizzare il viaggio, sia per la necessità di riportarli a valle. Considerando l'intero percorso, da Lecco a Milano erano necessarie quindici ore, mentre per risalire potevano volercene fino a settanta. Partenza rigorosamente all'alba, perché, come su tutti i navigli, era tassativamente vietato viaggiare di notte (disposizione che resterà sempre in vigore) ed era indispensabile sfruttare al massimo le ore di luce; ma come si può facilmente calcolare il viaggio poteva durare parecchi giorni. Più "rapidi" i collegamenti passeggeri: si poteva scendere da Trezzo a Milano in sette ore e ritornarvi in dodici. In città, per trasferirsi dal laghetto di San Marco alla Darsena, una barca carica impiegava quattro ore. Pur mancando documentazione diretta sul fatto, dagli appunti leonardeschi si deduce che Leonardo navigò sul naviglio diretto alla Villa Melzi d'Eril di Vaprio d'Adda, nella quale soggiornò e probabilmente incominciò un grande affresco terminato in seguito da un suo allievo. A partire da Carlo Borromeo praticamente tutti gli arcivescovi milanesi navigarono sulle acque del Naviglio per recarsi a Groppello presso la Villa Arcivescovile. Gabrio Serbelloni dopo la sua lunga movimentata vita militare si ritirò nella sua villa di Gorgonzola, dalla quale nel 1579 dettò dettagliate disposizioni sulla navigazione dei barconi ospedale durante la peste, basate su una profonda e personale conoscenza del Naviglio. Nel 1649 vi navigò la giovane Maria Anna d'Asburgo, proveniente da Vienna e diretta a Finale Ligure, dove l'attendevano le navi dello sposo, Filippo IV di Spagna. Evento analogo si ebbe il 30 maggio 1708 quando un corteo accompagnò a Milano Elisabetta Cristina, duchessa di Braunschweig-Wolfenbüttel, futura moglie dell'imperatore Carlo VI e madre di Maria Teresa d'Austria. Il corteo si imbarcò a Trezzo alle 10 del mattino e giunse a Milano alle 8 di sera sotto un acquazzone torrenziale. Nei quindici giorni precedenti vi fu un tale traffico di merci pregiate e vettovaglie che il naviglio dovette essere chiuso alla navigazione ordinaria. Anche l'arciduca Ferdinando, fratello dell'imperatore Giuseppe II, navigò sul Naviglio da Trezzo a Vaprio di ritorno dall'inaugurazione del Naviglio di Paderno mentre compì il resto del rientro a Milano a cavallo accompagnato da cani e battitori: la stagione di caccia era appena incominciata e i boschi dell'Adda erano una meta allettante. In epoca più recente fra i "navigatori" del Naviglio vi sono stati Alessandro Manzoni, Cesare Beccaria, Cesare Cantù, il Parini e Luigi Marchesi, il celebre sopranista, ritiratosi a fine carriera, dopo avere calcato tutte le scene d'Europa, nella sua villa di Inzago. Il Naviglio della Martesana, essendo un canale artificiale, ha caratteristiche idrobiologiche diverse da quelle del fiume di origine. La consistenza del fondale è influenzata sia dalla corrente, che non è regolare lungo tutto il corso ma è pari a 25 m³/s a Trezzo e 1 m³/s a Milano, sia dalle periodiche operazioni di messa in asciutta e pulizia del fondale che avvengono due volte all'anno, in marzo e in settembre. Il fondale è di tipo ciottoloso all'inizio del corso, ma la granulometria diminuisce con il decrescere della corrente e il conseguente maggior deposito di detrito. Il naviglio condivide naturalmente tutte le peculiarità florofaunistiche del territorio che attraversa; qui segnaliamo solo alcune specie che ne caratterizzano direttamente le acque e le sponde. La vegetazione è rappresentata da piante sommerse che ricoprono il fondale durante i mesi estivi formando densi tappeti dove la corrente è più moderata: le piante sono la peste d'acqua, l'erba coltellina e il ceratophyllum demersum; talvolta sugli argini si trovano anche delle cannucce palustri. Per quanto riguarda la fauna, il tratto dall'incile a Groppello è assimilabile a quello parallelo dell'Adda, mentre a valle sono scarsissimi i mammiferi, rappresentati quasi esclusivamente da ratti e arvicole; nel territorio di Milano, sono presenti famiglie di nutrie (Myocastor coypus). Più ricca l'avifauna, non sempre "naturale": gallinelle d'acqua e folaghe, germani reali, martin pescatore, gabbiani all'incrocio con il Lambro (segnale di non buone condizioni di pulizia ambientale), gazze; anitre e oche comuni introdotte dall'uomo. Tra gli anfibi è ben presente la rana verde. La popolazione ittica del Naviglio è abbondante, naturalmente simile a quella dell'Adda e tenuta sotto stretto controllo; durante le operazioni di messa in asciutta la pesca è proibita e il pesce, che si affolla nelle concavità, viene recuperato dal personale dell'Ufficio Pesca della Provincia di Milano che provvede a liberarlo nel corso d'acqua più vicino e idoneo alla sua sopravvivenza. Vengono compilati verbali sulle specie e il peso del pesce recuperato e nei due mesi successivi alla messa in asciutta il personale procede a ripopolare il naviglio con lo stesso quantitativo di pesce. Abbondanti sono anche gli esemplari di tartaruga d'acqua dolce del genere Trachemys non originaria dell'habitat, a causa continuo rilascio di esemplari allevati domesticamente. Nel 1958 il Naviglio della Martesana fu declassato da via di trasporto a canale irriguo; scomparvero così anche gli ultimi barconi che portavano sabbia da Vimodrone a Milano e il naviglio fu abbandonato a se stesso, fatta eccezione per la pulizia delle prese d'acqua. Fu negli anni ottanta che si affermò il concetto del bene ambientale da salvaguardare e da rivalutare. Incominciò il comune di Milano, con la radicale ripulitura delle sponde e l'apertura di una pista ciclo-pedonale da Cassina de' Pomm fino a Crescenzago, passando per Parco della Martesana a Gorla, mentre da parte di privati incominciò il restauro-recupero di edifici ormai fatiscenti e gli abitanti ricavavano minuscoli orti e giardini tra i nuovi condomini. Da allora si è visto un continuo fiorire di iniziative: i comuni rivieraschi hanno provveduto a sistemare le sponde e ad asfaltare il loro tratto di alzaia chiudendolo al traffico motorizzato e hanno creato spazi per il tempo libero e l'incontro. Dal 2009 si va in bicicletta da Milano a Groppello sull'asfalto e, con sottopassi, sono stati eliminati gli incroci più pericolosi con la viabilità ordinaria (Gorgonzola e Vaprio d'Adda). Si può proseguire fino a Trezzo e lungo il naviglio di Paderno su pista sterrata e proseguire sino a Lecco. A Cassano ha inizio l'area protetta del parco Adda Nord, istituito nel 1981 e che ha svolto azioni di grande efficacia. Dal 2009 si può navigare in battello elettrico da Canonica a Concesa: è un tratto di soli quattro chilometri ma di grande impatto paesaggistico e storico; tra l'altro alla navigazione sono collegate visite, in carrozza a cavalli, ai luoghi più significativi e soste enogastronomiche all'insegna della tradizione locale. Il Comitato per il restauro delle chiuse dell'Adda con la Provincia di Milano con il sostegno della Regione Lombardia, hanno chiesto e ottenuto (2010) l'inclusione dei navigli milanesi nel progetto Canaux Historiques: Voies d'Eau Vivantes, un programma di recupero e riqualifica dei canali navigabili storici della Commissione europea, finanziato con 3,5 milioni di euro. A beneficiare della quota italiana saranno probabilmente le conche da Trezzo a Paderno. Spera invece di trovare sponsor e finanziamenti per essere ultimato prima dell'Expo 2015 il "Progetto per la valorizzazione della conca delle Gabelle e realizzazione di una fontana canale": ciò che resta della conca (è la conca dell'Incoronata dopo l'ex ponte delle Gabelle) è il più antico manufatto esistente della Milano dei navigli ed è di ideazione leonardesca; è situato in un piccolo soffocante giardino in fondo a via San Marco, sotto il livello stradale e il progetto vuole ricrearle attorno l'ambiente acqueo originario. L'incile del Naviglio si trova in località Concesa in corrispondenza di una conca idraulica alimentata con la tecnica del sifone, mentre l'incile originario era situato poco più a monte: la sua posizione è attualmente contrassegnata da un grosso masso affiorante. Per il primo tratto, tra Concesa e Vaprio, il Naviglio corre in posizione parallela ma soprelevata rispetto al fiume, dal quale è separato con arginature. Lo costeggia l'alzaia, un tempo usata per il traino dei barconi e ora comoda pista ciclopedonale sterrata. Seguendo la sua corrente, alla destra i primi edifici storici che si scorgono sono, ancora in località Concesa, Villa Gina, costruzione neorinascimentale e attuale sede del Parco Adda Nord, e il Santuario della Divina Maternità, appartenente all'ordine dei Carmelitani Scalzi. Proseguendo sull'alzaia, dall'altra parte del fiume Adda si scorge il villaggio operaio di Crespi d'Adda, entrato nel 1995 a far parte del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO. Poco più avanti, sulla sponda destra del Naviglio si trova un ruotone di ferro a 8 pale dal diametro di 7 m che era utilizzato per irrigare il pregevole parco della Villa Castelbarco Albani, sita sull'altura detta Monasterolo. Poco prima del ponte sull'Adda percorso dalla strada statale n. 11 si incontra la cartiera Binda ex "ditta Maglia e Pigna" con le bocche di alimentazione delle turbine (ora smantellate) per la produzione di energia elettrica. Nello stesso luogo operava fino a tutto il XVII secolo un maglio per la frantumazione delle pietre del Brembo usate poi nelle fornaci di Villa Fornaci; nel 1868 la cartiera entrò a far parte del gruppo "Cartiere Ambrogio Binda", già proprietario delle cartiere della Conca Fallata e di quella di Crusinallo (Omegna). Oltrepassando il ponte della statale sulla destra si scorge, in cima a dei giardini a terrazze, Villa Melzi d'Eril, costruita nel 1482 sui resti di un precedente castello e rimaneggiata nei secoli successivi fino all'attuale aspetto neoclassico. Vi soggiornò diverse volte Leonardo da Vinci, su invito di Francesco Melzi. È controversa fra gli storici l'ipotesi sulla collaborazione di Leonardo alla creazione dell'affresco raffigurante la Madonna col Bambino (detta "Il Madonnone") che si trova nella villa; recenti studi ritengono più verosimile che l'autore fosse un suo allievo. Prima di arrivare a Groppello, un altro bell'esempio di archeologia industriale, il cotonificio Archinto, poi Velvis (Velluti Visconti), edificato in stile neogotico. Presso il ponte di Groppello si trova un altro grande ruotone, il rudun, con un diametro di 11 metri, costituito da 12 pale e voluto da Carlo Borromeo nel 1618 per portare l'acqua a livello della strada e permettere così l'irrigazione degli orti e dei giardini della villa arcivescovile. L'acqua vi giungeva attraverso un canaletto posto a valle del ponte. Il ruotone attuale fu ricostruito fedelmente all'originale nel 1989, e successivamente nel 2009 (dopo che anni di incuria lo avevano ridotto a un rudere). Il ponte ha la particolarità di essere neogotico con bugnati in ceppo nella parte a monte e a tutto sesto sul lato a valle. Vicino al ponte sono ancora visibili gli antichi lavatoi e, poche decine di metri più a valle, l'antica conca di navigazione. La villa arcivescovile, separata dal naviglio da un ampio giardino, è situata in posizione sopraelevata tra Adda e naviglio; la costruzione attuale risale al XVI secolo anche se già dall'XI secolo vi si trovava la residenza permanente del procuratore dell'arcivescovo di Milano. L'edificio è a tre piani con pianta a U, le ali esterne sono rivolte all'entrata, alla quale si accede con una scala esterna a due rampe unite in un balcone centrale. Avvicinandosi a Cassano d'Adda, poco dopo l'abitato di Fara Gera d'Adda situato dall'altra parte del fiume, si incontra il cosiddetto "Salto del Gatto": è il punto in cui il canale Villoresi sfocia nell'Adda. La Martesana non entra nel centro cittadino, lasciandolo sulla sinistra, e descrive un'ampia curva ("la volta") a destra puntando a occidente. Una piccola deviazione consente di ammirare la splendida Villa Borromeo, neoclassica con spunti baroccheggianti, e i suoi giardini e arrivando all'Adda il Castello Borromeo, fortificato nelle attuali forme da Bartolomeo Gadio tra il 1451 e il 1474, che ospitò Carlo Magno. Pochi chilometri e si giunge a quello che Cesare Cantù descrive come "uno dei più ameni luoghi di villeggiatura attorno a Milano". Costruite tra il 1500 e il 1800, nel borgo esistono ancora diciotto tra ville nobiliari e dimore patrizie, quasi tutte residenze estive di famiglie milanesi. La più caratteristica, sulla sponda destra del Martesana, è villa Aitelli: vista da lontano, col suo grande corpo di fabbrica rettangolare e l'alta torre ottagonale, sembra una chiesa col suo campanile. In realtà lo era e apparteneva alla congregazione degli Umiliati. Dopo lo scioglimento dell'ordine (7 febbraio 1571), san Carlo Borromeo la donò, assieme a una copia della Sindone, al suo segretario Ludovico Moneta. Sempre nel territorio di Inzago, prima di lambire Bellinzago Lombardo e la sua frazione Villa Fornaci, si incontra una conca dalle strutture metalliche molto ben conservate; risale all'ultimo periodo di utilizzo della Martesana come canale navigabile (prima metà del Novecento), quando ancora scendevano a Milano i manufatti delle industrie e le pietre delle cave situate a monte. Entrando a Gorgonzola la Martesana descrive un semicerchio a sud assecondando il tracciato dell'antica fossa difensiva che abbraccia l'antico borgo dov'erano numerosi gli approdi e, ancora oggi, i lavatoi; la scavalca un curioso ponte coperto, da Ca' Busca alla stretta alzaia in pietra, che ha l'aspetto di una piccola casa in legno, sospesa a mezz'aria. Lasciata la città natale del caratteristico stracchino erborinato, la Martesana incrocia il Molgora la cui sifonatura è stata recentemente rifatta, sfiora il territorio di Cassina de' Pecchi e varca il limite di Cernusco sul Naviglio; lambisce la città a sud, ma è accompagnata su tutto il territorio comunale dai tre chilometri di lunghezza del Parco azzurro dei germani, che comprende sulla sponda destra anche gli storici giardini pubblici e sulla sinistra vaste aree già destinate a parchi privati.. Nei pressi del centro cittadino, sulla sponda destra è possibile vedere una ruota idraulica (ricostruzione del 2007). Passa per Vimodrone, qui il naviglio fu deviato, poco più a nord negli anni 60 per permettere il passaggio delle metropolitana, prima linea celere dell'Adda e poi M2; anche qui come a Cernusco tra la metropolitana e il naviglio si sono creati dei piccoli parchi in successione. Più due terreni agricoli. Inoltre è possibile ancora vedere una villa signorile del 1700 con affaccio sul Naviglio. Superato il Lambro col ponte canale a Cologno Monzese, il Martesana entra a Milano. Lungo il suo percorso attraverso le vie della metropoli, spiccano alcune dimore signorili del XVIII-XIX secolo lungo via Padova. Decretum super flumine Abduae reddendo navigabili - Carlo Pagnano, 1520, conservato presso la Biblioteca Trivulziana, Milano Istoria dei progetti e delle opere per la navigazione interna del Milanese, Giuseppe Bruschetti, 1824 Scritti di Carlo Cattaneo, Sansoni Editore, Firenze, 1957 Da Milano lungo i navigli, Enzo Pifferi, Editrice E.P.I., Como, 1984 Enzo Pifferi, Laura Tettamanzi e Emilio Magni, da milano lungo i navigli, Como, Editrice E.P.I., 1987. Il patrimonio dell'Adda di Leonardo, per una civiltà delle acque, Edo Bricchetti (edito dal Comitato per il restauro delle chiuse dell'Adda), Milano, 1996 Cinquecento anni di Naviglio Martesana (1497 - 1997), a cura di Chiara Tangari (edito dalla Provincia di Milano), 1997 Il Navilio della Martesana. Dall'Adda a Milano, di C. Cassinotti, F. Gilli, E. Proni, a cura del Parco Adda Nord, 1997 Enciclopedia di Milano, Franco Maria Ricci Editore, Milano 1998 Guida al Naviglio Piccolo della Martesana, di Edo Bricchetti a cura dell'Associazione Gorla Domani, Milano, 1998 I Navigli, da Milano lungo i canali, a cura di Roberta Cordani, Edizioni Celip, Milano, 2002 Le vie di Milano, di Vittore e Claudio Buzzi, Ulrico Hoepli editore, Milano, 2005 Martesana Navigli (Milano) Parco della Martesana Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Naviglio della Martesana Eventi Culturali Navigli - P.A.N l'Associazione dei Navigli Belli da Vivere, su naviglilive.it. URL consultato il 18 maggio 2010 (archiviato dall'url originale il 12 settembre 2007). Consorzio navigli lombardi, su consorzionavigli.it. L'Associazione Amici dei Navigli/Istituto per i Navigli, su amicideinavigli.org. Navigli lombardi, su naviglilombardi.it. URL consultato il 27 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 18 dicembre 2010). Storia del Naviglio della Martesana (PDF), su vivicassano.it. Fotografie del Naviglio della Martesana e della sua flora e fauna da Milano a Crescenzago, su glcglc.net. Davide Casaroli, I Nuovi Navigli. Cammino tra storia, presente, ed un ipotetico futuro di Milano città d'acqua (PDF), su politesi.polimi.it, Politecnico di Milano. http://metromilano.biblio.arc.usi.ch/projects/lotto-2-viale-monza-2/ Archiviato il 28 ottobre 2021 in Internet Archive. Lavori del 1960 per Metropolitana di Milano

Conca dell'Incoronata
Conca dell'Incoronata

La Conca dell'Incoronata, o Conca delle Gabelle, è un'antica conca di navigazione situata a Milano che serviva per superare agevolmente il dislivello tra il Naviglio della Martesana e la Cerchia dei Navigli. Rappresenta l'unico resto del Naviglio della Martesana all'interno della cerchia delle mura spagnole di Milano; questo tratto di canale è stato interrato tra il 1929 e il 1930 contestualmente ai lavori di chiusura della Cerchia dei Navigli. La conca prende il nome dalla vicina chiesa di Santa Maria Incoronata e dal ponte delle Gabelle ivi situato, chiamato così poiché rappresentava il primo varco di ingresso fluviale verso Milano; in quanto tale le chiatte che lo oltrepassavano dovevano pagare un dazio (chiamato anche gabella) sulle merci trasportate. Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato, verso sud-ovest superando Porta Nuova (oggi, giunto a Porta Nuova, cambia bruscamente direzione verso sud-est mutando nome in Cavo Redefossi e proseguendo il proprio percorso oltre Milano), sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la Conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo, quest'ultimo, dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la conca di San Marco. Dopo la costruzione del Naviglio Martesana, avvenuta nel 1463, si avvertì l'esigenza di unire questo canale alla Cerchia dei Navigli; la differenza di quota tra i due corsi acquatici comportò la necessità di costruire una conca che potesse ovviare a tale problematica. Primi studi in merito furono compiuti già nel 1482 da Leonardo Da Vinci durante un suo primo soggiorno a Milano, come testimoniano alcuni schemi progettuali riportati nel Codice Atlantico, ma la conca venne costruita solo nel 1496 sotto il ducato di Ludovico il Moro; la direzione dei lavori venne affidata agli ingegneri Giuliano Guasconi e Bartolomeo della Valle supportati, naturalmente, dalla consulenza dello stesso Leonardo. Con l'interramento dell'intera cerchia avvenuto tra il 1929 e il 1930, la conca perse la sua funzione di collegamento tra i canali acquatici; sono tuttavia ancora oggi visibili l'edicola di epoca risorgimentale e il sistema di chiuse formato dalle porte originali, oltre al canale. Sono invece scomparse le tracce relative agli ormeggi per lo scarico merci. Nel 1967 la struttura venne riconosciuta come opera monumentale con vincolo n. 553, ai sensi della Legge 1089/39, poiché "unico resto del Naviglio Martesana nel suo tratto urbano, caratterizzato dalla sopravvivenza dell'ultimo ponte antico sul Naviglio, dell'ultima chiusa e della garitta, resti di originali attrezzature addette alla navigazione". Cerchia dei Navigli Naviglio della Martesana Ponte delle Gabelle Laghetto di San Marco Navigli (Milano) Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla Conca dell'Incoronata

Stazione di Milano Porta Nuova (1840)
Stazione di Milano Porta Nuova (1840)

La stazione di Milano Porta Nuova, capolinea della linea Milano-Monza, fu la prima stazione ferroviaria milanese, entrata in servizio nel 1840. La stazione fu edificata lungo il viale di circonvallazione (attuale viale Monte Grappa, parte della circonvallazione interna a quel tempo confine comunale di Milano), all'angolo con il Naviglio della Martesana (oggi coperto e sostituito dalla via Melchiorre Gioia). Progettista dell'edificio, realizzato in stile neoclassico, fu l'ingegnere Giulio Sarti (1798-1866). Nel novembre del 1839 l'imperatore Ferdinando I d'Austria concesse a Giovanni Putzer, rappresentante della ditta "Holzhammer" di Bolzano, il privilegio di realizzare la strada ferrata da Milano a Monza. Il 17 agosto 1840 la stazione fu inaugurata. La locomotiva "Lombardia" e il suo convoglio di tre vagoni su cui viaggiavano le autorità percorse i 12,8 km in soli 19 minuti. La costruzione della linea ferroviaria fu un vero avvenimento e nei primi mesi i passeggeri giornalieri furono in media 1750, diventando meta per le gite domenicali. Il 20 dicembre 1840 entrava in attività il primo omnibus a cavalli che collegava piazza Duomo con la stazione. La stazione milanese e quella monzese erano molto simili. Entrambe realizzate in stile neoclassico, differenziavano essenzialmente nella dimensione. La stazione milanese, ancora esistente, fu realizzata su tre piani con un pronao a capitelli ionici, sormontato da un frontone triangolare, mentre quella monzese era a un solo piano. In seguito al prolungamento della linea ferroviaria fino a Camerlata, presso Como, la stazione divenne insufficiente a smistare l'aumentato traffico. Pertanto fu sostituita da una nuova stazione, posta poche centinaia di metri più a nord. L'edificio fu adibito a sede di uffici della società ferroviaria. Dal 2010 la stazione è stata sottoposta a un restauro conservativo ed è diventata un albergo. Giovanna D'Amia, Il collegamento ferroviario tra Milano e Como nell'età della restaurazione e le prime stazioni milanesi, in Enzo Godoli e Mauro Cozzi (a cura di), Architettura ferroviaria in Italia. Ottocento, Dario Flaccovio, 2004, pp. 83-102, ISBN 88-7758-599-4. Mario Moretti, Da Milano a Monza nel 1840, in I Treni Oggi, n. 109, Salò, Editrice Trasporti su Rotaie, novembre 1990, pp. 26-29, ISSN 0392-4602. Ferrovia Milano-Monza Stazione di Monza Wikisource contiene il testo completo di Inaugurazione della strada ferrata da Milano a Monza Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Milano Porta Nuova di Anonimo

Ponte delle Gabelle
Ponte delle Gabelle

Il ponte delle Gabelle era la prima opera muraria che incontrava il Naviglio della Martesana all'entrata di Milano, dopo la costruzione delle mura spagnole (1546-1560) e prima dell'interramento della parte finale del percorso cittadino del Naviglio, che è avvenuta tra il 1929 e il 1930 contestualmente all'interramento della Cerchia dei Navigli. Nel passato il Naviglio della Martesana proseguiva il suo percorso cittadino, ora interrato, verso sud-ovest superando Porta Nuova (oggi, giunto a Porta Nuova, cambia bruscamente direzione verso sud-est mutando nome in Cavo Redefossi), sottopassando prima le mura spagnole, poi il ponte delle Gabelle e infine incontrando la Conca dell'Incoronata, dopo la quale cambiava nome in Naviglio di San Marco. Poco dopo dava origine al laghetto di San Marco, che si immetteva nella Cerchia dei Navigli attraverso la conca di San Marco. Posto sulla strada di circonvallazione che costeggiava i Bastioni di Milano, era il punto dove veniva esatto il dazio, su barche e merci trasportate (gabelle), per proseguire lungo il naviglio. Subito dopo, il Naviglio della Martesana sottopassava le mura (tombon de San Marc), tristemente noto come ponte dei suicidi, e uscendone incontrava la leonardesca Conca dell'Incoronata (ora in secca per il mancato arrivo dell'acqua del Naviglio). Proseguendo per via San Marco, giunto all'altezza dell'odierna via Montebello, il naviglio (non più della Martesana, ma di San Marco) era attraversato dal ponte dei Medici, dal nome del palazzo contiguo, dove si trova ancor oggi il Corriere della Sera, e si apriva nel laghetto di San Marco, dove si scaricavano le merci che non dovevano percorrere la Cerchia dei Navigli con destinazione la Darsena di Porta Ticinese Nel laghetto di San Marco arrivavano anche, provenienti da Corsico, i barconi con i rotoli di carta per il Corriere della Sera e da qui partivano le barche-corriera (el barchett de Vaver) che raggiungevano Vaprio d'Adda. Uscendo dal laghetto e dopo altre due conche, quella di San Marco e quella del Marcellino, il naviglio si immetteva nella fossa all'inizio di via Fatebenefratelli. Il passaggio in corrispondenza del ponte del Marcellino era il più stretto dell'intera fossa navigabile. Esisteva un secondo tombone (el tombon de Viarenna) dove dalla Darsena si passava sotto i bastioni (l'odierno viale Gabriele D'Annunzio) per raggiungere il Naviglio del Vallone attraverso la Conca di Viarenna. Giuseppe Banfi, Vocabolario Milanese-Italiano: ad uso della gioventù, presso la Libreria di educazione di Andrea Ubicini, Milano, 1857 (da Google Libri) Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Stamperia Reale, Milano, 1814 Toti Celona e Gianni Beltrame, I navigli milanesi, Provincia di Milano, Milano, 1982 Naviglio della Martesana Porta Nuova (Milano) Idrografia di Milano Conca dell'Incoronata Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Ponte delle Gabelle Il ponte del XVI secolo rivede la luce, su blog.urbanfile.org.