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Villa Tatti Tallacchini

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Comerio Villa Tatti Tallacchini 0596
Comerio Villa Tatti Tallacchini 0596

La Villa Tatti Tallacchini è una villa di delizia situata a Comerio. Nota anche come Villa Berger. Fu costruita in stile tardobarocco all'inizio del Settecento quale residenza nobiliare, con annesso uno scenografico giardino all'italiana disposto su terrazze digradanti verso il lago di Varese. La villa fu edificata nei primi anni del Settecento (secondo un'antica fonte, nel 1702), dalla famiglia nobiliare varesina dei Tatti. Non è noto l'architetto che ne eseguì la costruzione, ispirata alle architetture dei maggiori architetti lombardi dell'epoca, Giovanni Ruggeri e Francesco Croce. Situata in posizione panoramica, negli anni venti del Settecento la villa doveva già essere sufficientemente sontuosa da ospitare, nel 1725, il governatore della Lombardia austriaca Girolamo Colloredo. A metà Ottocento fu costruita dai Tatti una filanda nel lato orientale della villa, che fu attiva dal 1848. Successivamente l'intero complesso fu venduto ai Tallacchini che mantennero la filanda in attività negli anni successivi, cedendo a terzi la villa, nel 1944. Seguirono alcuni passaggi di proprietà fino a quando la villa venne acquistata da Tommaso Berger, facoltoso imprenditore, produttore, tra l'altro, del famoso caffè Hag. Tommaso Berger, nel 1980 vendette la villa a privati. Previamente la stessa fu suddivisa, da un'impresa immobiliare di Saronno, in dieci prestigiosi appartamenti, ai cui intestatari appartiene anche la parte più alta del parco, ricca di monumenti e fontane, che consta di circa 6.000 mq.. La parte inferiore, ugualmente ampia, dopo un lungo periodo di degrado, fu donata al Comune di Comerio che ottenne fondi pubblici per il relativo restauro, aprendola al pubblico. La costruzione non presenta una conformazione tipica delle ville della sua epoca; probabilmente la pianta fu ideata per sfruttare al meglio la conformazione paesaggistica del colle su cui sorge, e specialmente la pregevole veduta sui laghi di cui gode, verso cui sono orientate sia le sale maggiori della villa, sia i terrazzamenti del giardino. Il corpo di fabbrica principale, impostato a tre piani su una pianta rettangolare, sporge infatti completamente rispetto alle due ali arretrate e non simmetriche, delle quali l'ala ovest ha esclusivamente una funzione estetica non essendo abitabile. La balconata della villa è di difficile datazione: qualora fosse coeva al resto della casa, sarebbe molto più antica rispetto ad analoghi elementi presenti nelle dimore varesine di Palazzo Estense e villa Seyssel d'Aix. I prospetti sono movimentati da lesene e decorazioni rococò. Lo spettacolare giardino barocco parte dall'ampia terrazza su cui prospetta la facciata della villa, e si diparte lungo il declivio ripartito da scalinate, fontane, statue e balaustre in pietra. Di particolare bellezza il ninfeo, situato al secondo livello delle terrazze, con al centro la fontana di Venere al bagno circondata da putti alati e finti scogli ai bordi di una vasca. Le pareti sono ricoperte da un mosaico di pietre a diversi colori, gialle, rosse, grigio chiaro e antracite che vivacizzano e alleggeriscono la struttura. La cura della vegetazione, costituita da grandi parterres di bosso e tassi geometricamente potati a tronco di cono, segue ancora i dettami del giardino all'italiana. Nelle terrazze inferiori si trovano un altro ninfeo a mosaico con al centro un putto con delfino, e infine la più spettacolare delle fontane, la fontana dei Fauni, dalla complessa struttura mistilinea costituita da più vasche e circondata da piramidi allungate. Nell'ultima parte del giardino, aperta al pubblico, sono state recuperate per quanto possibile dopo decenni di degrado la quinta grande fontana, adorna di rilievi a tema musicale, e la Coffee House, stupefacente padiglione barocco a forma di esedra, caratteristico dei giardini settecenteschi quale struttura dove i villeggianti si intrattenevano ascoltando concerti musicali. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Langè S. e Vitali F., Ville della provincia di Varese, MIlano, Rusconi, 1984, pp. 162-177. Angela Baila, Settecento in restauro: il giardino di villa Tatti-Tallacchini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Tatti Tallacchini Parco di Villa Tatti Tallachini, su comune.comerio.va.it.

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Villa Tatti Tallacchini
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Comerio Villa Tatti Tallacchini 0596
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Stazione di Barasso-Comerio
Stazione di Barasso-Comerio

La stazione di Barasso-Comerio è una stazione ferroviaria della linea Saronno-Laveno. Sorge piuttosto in basso rispetto ai paesi a cui è intestata, più o meno a mezza costa fra Comerio ed il Lago di Varese. L'impianto è gestito da Ferrovienord, società del gruppo FNM S.p.A, che la qualifica come stazione di tipo secondario La stazione ha vinto il concorso Stazioni Fiorite nel 1991. Il fabbricato viaggiatori è in ottimo stato. L'impianto si compone di due binari passanti più un tronchino corto a lato Saronno. Sono presenti marciapiedi lunghi 220 m, raggiungibili dall'utenza grazie ad un sottopassaggio, pensiline e una sala d'attesa. Siccome tutti gli incroci da orario avvengono in questa stazione, sono stati effettuati degli interventi di potenziamento: prolungamento lato Laveno per circa 300 metri del binario d'incrocio (distanza fra segnale e deviatoio maggiore di 100 metri) ed installazione di un deviatoio percorribile a 60 km/h sul ramo deviato in direzione Laveno. A ciò va aggiunto un tronchino di salvamento lato Varese, il quale permette l'ingresso contemporaneo dei treni in stazione. La circolazione è gestita in Dirigente Centrale Operativo (DCO) da Varese. La stazione è impresenziata. La stazione è servita dai tutti i treni regionali Trenord della direttrice Milano Cadorna-Saronno-Laveno Mombello. Grazie all'orario cadenzato e simmetrico delle corse, la stazione è un nodo secondario di interscambio: presso di essa al medesimo orario si incrociano i treni provenienti dalle due direzioni opposte. Nel caso specifico, gli incroci avvengono al minuto 00 di ogni ora ai quali si aggiunge il minuto 30 negli orari di punta. Inoltre la stazione è servita dai treni RegioExpress RE1 Laveno - Varese - Saronno - Milano. Trasporti in Lombardia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Barasso-Comerio

Barasso
Barasso

Barasso (Baràs in dialetto varesotto) è un comune italiano di 1 649 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Nei secoli II e III a.C. Barasso, che era compreso nella Gallia Cisalpina o Insubria, entra a far parte della Provincia Romana. Durante la dominazione Longobarda il nome di Barasso comincia ad entrare nei documenti storici e viene citato nel celebre “Diploma” con cui il Re Longobardo Liutprando donava, nel 725 d.C., molte terre, specialmente del Varesotto, ai monaci agostiniani in memoria del fatto che S. Agostino era stato in questi luoghi e precisamente a Casciago (Cassiciacum), ospite del suo amico Verecondo (357). In base ai documenti dell'archivio della Curia Arcivescovile di Milano, si può affermare che a Barasso e nelle frazioni di Molina e Cassini esistevano tre Chiese già prima dell'anno Mille. Nel 1786, con la suddivisione della Lombardia austriaca in province, Barasso fu assegnata alla provincia di Gallarate, ribattezzata l'anno successivo provincia di Varese; nel 1791, in seguito a una modifica territoriale, passò alla provincia di Milano. In età napoleonica (1797) Barasso fu assegnata all'effimero dipartimento del Verbano, passando l'anno successivo al dipartimento d'Olona, e nel 1801 al dipartimento del Lario. Nel 1809 fu aggregato a Barasso il comune di Luvinate, ma nel 1812 fu Luvinate ad assumere lo status di comune, e Barasso ne divenne frazione. Con l'istituzione del Regno Lombardo-Veneto (1816) Barasso recuperò l'autonomia, e venne inserita nella provincia di Como; con l'emanazione del Decreto Rattazzi (1859) il comune di Barasso entrò nel circondario di Varese della provincia di Como. All'Unità d'Italia (1861) il comune contava 693 abitanti. Nel 1927 il comune di Barasso venne aggregato al comune di Comerio, recuperando l'autonomia nel 1957. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con D.P.R. del 21 dicembre 1989. L'albero è caratterizzante la natura stessa del territorio comunale, coperto da boschi di piante di alto fusto; la ruota di mulino rappresenta gli antichi mulini esistenti nella frazione Molina; il compasso rende onore a due cittadini contraddistintisi in opere di architettura civile e cioè l'architetto Emilio Alemagna e l'architetto Cornelio Bregonzio.; le due stelle sono a ricordare due insigni personaggi storici: S. Nicone da Barasso e lo storico Giacomo da Barasso. Il gonfalone è un drappo di bianco. Chiesa parrocchiale di San Martino Chiesa di Sant'Ambrogio, via F. Rossi, località Molina, risalente all'XI secolo con la fondazione dell'Ospedale dei Poveri addossato alla chiesa Chiesa di Maria Immacolata, via Cassini, frazione Cassini 390 nel 1751 457 nel 1805 unione con Luvinate in età napoleonica 606 nel 1853 624 nel 1859 Abitanti censiti Secondo lo statuto comunale, il territorio comunale comprende, oltre al capoluogo, le frazioni di Cassini e Molina, quest'ultima oggetto per secoli di una disputa territoriale col confinante Comune di Casciago. Secondo l'ISTAT, il territorio comunale comprende il solo centro abitato di Barasso. Barasso è attraversata dalla strada statale 394 del Verbano Orientale, che collega Varese a Luino e alla frontiera svizzera. Il centro abitato è servito dalla stazione di Barasso-Comerio, posta sulla ferrovia Saronno-Varese-Laveno, gestita da Ferrovienord e servita da treni regionali svolti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. Fra il 1914 e il 1940 Barasso una fermata della tranvia Varese-Angera, gestita dalla Società Anonima Tramvie Orientali del Verbano (SATOV). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Barasso Sito ufficiale, su comune.barasso.va.it. Barasso, su sapere.it, De Agostini.

Chiostro di Voltorre
Chiostro di Voltorre

Il chiostro di Voltorre è ciò che rimane di un complesso religioso situato in Lombardia, precisamente a Voltorre, frazione del comune di Gavirate. L'espressione si riferisce comunemente all'intera struttura, che comprende appunto un chiostro, una piccola chiesa absidata con il campanile, ed alcuni locali un tempo parte di un più ampio edificio monastico. Nel Medioevo, le aree paludose adiacenti al Lago di Varese furono bonificate dai seguaci di San Bernone di Cluny, per essere usate per l'agricoltura. I monaci costruirono il loro insediamento a Voltorre. L'inizio dei lavori di costruzione della chiesa di San Michele risalgono all'XI secolo (forse attorno al 1060) o al massimo alla prima metà di quello successivo, edificata dai monaci cluniacensi in stile romanico sul sedime di due chiese più antiche e sorte in epoca longobarda. La costruzione del monastero e soprattutto del chiostro risente della mano dello scultore locale Lanfranco da Ligurno, che probabilmente non ha solo lavorato alla decorazione ma avrebbe progettato l'intera struttura. Dei quattro lati del chiostro, tre sarebbero stati costruiti verso la fine del XII secolo, più precisamente nel 1196; il rimanente lato sarebbe invece tardivo di circa mezzo secolo. La comunità di religiosi vi rimase fino al XV secolo, quando il monastero passo sotto la proprietà di diverse famiglie nobili di Varese originanti dagli Orrigoni. All'estinzione del ramo dinastico, il complesso fu gestito dai canonici lateranensi fino al definitivo esproprio del 1798, avvenuto a seguito delle disposizioni emanate l'anno precedente delle autorità francesi di Napoleone occupanti la zona. Seguì circa un secolo di frazionamento della proprietà e di uso improprio, che determinò uno stato di abbandono del bene fino alla fine del XIX secolo, quando alcuni esponenti del mondo della cultura locale, quali Luca Beltrami, Luigi Conconi e Lodovico Pogliaghi, iniziarono a interessarsi al valore artistico del luogo, e tentarono di iniziare una campagna di restauri. Le trattative coi vari proprietari e con la soprintendenza si arrestarono però bruscamente nel 1913, quando un enorme incendio devastò i locali del monastero, distruggendone completamente una parte importante, compresi diversi capitelli e colonnine del chiostro. Solo nel primo dopoguerra una porzione del complesso fu acquistata dallo Stato, che iniziò finalmente il restauro e la ricostruzione del chiostro nel 1929. Nel 1954 la provincia di Varese comprò la parte ancora in mani private del bene, e nel 1978 riuscì a farsi affidare la parte rimanete dal demanio. Dopo aver completato il restauro, il luogo è stato adibito a centro culturale e spazio museale, con un occhio di riguardo verso l'arte contemporanea. G. Ghiringhelli, Il chiostro di Voltorre. La sua storia, la sua arte attraverso i secoli, collana Rivista archeologica dell'antica provincia e diocesi di Como, 1908, pp. 97-158. Enzo Fabiani, Enzo Pifferi e Maria Teresa Balboni, Abbazie di Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1980. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981. Lucioni A. e Viotto P., L'anima e le pietre. La storia secolare del chiostro di Voltorre, Gavirate, 1999. L. Borroni, Acme, San Michele a Voltorre. L'architettura di un chiostro medievale alla svolta del 1200, 2006, pp. 261-282. L.C. Schiavi, Lombardia Romanica. Paesaggi monumentali, San Michele a Voltorre, Milano, 2011, pp. 85-87. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Chiostro di Voltorre

Tinella (Lombardia)
Tinella (Lombardia)

Il Tinella è un torrente della provincia di Varese, che nasce nel parco regionale Campo dei Fiori e sfocia nel lago di Varese. Il torrente Tinella nasce da due distinti rami sorgentizi che si uniscono a valle delle cascine Zambella e Tinello, in territorio di Luvinate. Il ramo sorgentizio più orientale nasce in località Pozzolo, a monte dell'ex Grand Hotel Campo dei Fiori, in territorio di Luvinate e percorre la Val della Stretta, in cui si trovano alcune sorgenti perenni, come la Fonte Val Stretta, la Fonte Volpinazza, la Fonte Piano e la Fonte Zèpa. Recentemente il parco Campo dei Fiori ha realizzato un sentiero che permette di osservare queste sorgenti. Questo ramo sorgentizio è alimentato dal torrente Val Stella. Il ramo sorgentizio più occidentale nasce in territorio di Barasso e percorre la Valle della Barassina, ricevendo le acque di alcuni piccoli rivi. Dopo l'unione dei due rami sorgentizi, il Tinella attraversa Luvinate e lambisce Casciago e la sua frazione Morosolo. Prosegue toccando la zona sud di Barasso ed infine sfociando nel Lago di Varese a Oltrona al Lago di Gavirate, a 240 m s.l.m. Affluenti del Tinella sono il torrente di Luvinate ed il Rio Arianna, che nasce a Comerio ed è alimentato dal torrente Del Ceppone. Questo torrente si forma nel Massiccio del Campo dei Fiori e percorre l'omonima Valle del Ceppone, dove riceve da destra il torrente Tacca. Il torrente Del Ceppone è alimentato da altri piccoli ruscelli e contribuisce a rendere il Rio Arianna il maggior tributario del Tinella. Il Tinella misura 11 km e la sua pendenza è del 10 %. Conta sette affluenti ed è insieme al Canale Brabbia, il maggiore immissario del Lago di Varese. La qualità delle acque del Tinella è esaminata in tre stazioni di prelievo, una a Luvinate e due nel territorio di Gavirate, presso Cascina Benedetto e la Foce. In tutte le stazioni la qualità delle acque è risultata buona. La fauna ittica comprende la trota fario, l'anguilla, la gambusia, il ghiozzo padano. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Tinella

Luvinate
Luvinate

Luvinate (Lunà in dialetto varesotto) è un comune italiano di 1 300 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Il comune è attraversato dal torrente Tinella. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 ottobre 1963. Nello stemma comunale è raffigurata una torre d'argento fondata sulla pianura di verde e affiancata da due girasoli. Il gonfalone è un drappo partito bianco e di azzurro. Chiesa di Sant'Antonio (ante 1150), edificio romanico che nel 1876 risultava essere dotato di absidi oggi non più visibili. Dell'ex-monastero benedettino di Sant'Antonio, attuale sede del Golf club Varese, sopravvive un chiostro databile al XV secolo. Inserita in un ampio giardino all'inglese, la villa fu costruita nel 1877 in stile eclettico, su commissione dei Mazzorin, famiglia veneta che nel 1930 passò la proprietà ai Rossi. Il complesso della villa comprende un rustico in stile neogotico. 225 nel 1751 284 nel 1805 Annessione di Barasso, Morosolo, Casciago e Oltrona nel 1812 505 nel 1853 557 nel 1859 annessione a Comerio nel 1927 810 nel 1961 Abitanti censiti Fra il 1914 e il 1940 Luvinate ospitava una fermata della tranvia Varese-Angera, gestita dalla Società Anonima Tramvie Orientali del Verbano (SATOV). Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Luvinate Sito ufficiale, su comune.luvinate.va.it. Luvinate, su sapere.it, De Agostini.

Morosolo
Morosolo

Morosolo (Morissoeu in dialetto varesotto, AFI: [muˌriˈsøː]) è una frazione del comune di Casciago, in provincia di Varese. A partire dall'ultima rilevazione censuale (2001) e a fini esclusivamente statistici, i suoi abitanti vengono conteggiati insieme a quelli di Casciago. Fino al 1929 costituiva un comune autonomo. Il vicino lago di Varese e il Varese Golf Club ne fanno una nota località turistica. Citato per la prima volta nel X secolo (sia sotto il nome di Mauresiolo che di Maurisiolo), assunse, dopo altre svariate trasformazioni, la denominazione attuale agli albori dell'età moderna (XVI secolo). Registrato agli atti del 1751 come un borgo di 176 abitanti, nel 1786 Morosolo con Mustonate entrò per un quinquennio a far parte dell'effimera Provincia di Varese, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1798 e nel 1799. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 496 abitanti. Nel 1809 il comune si allargò per l'annessione di Oltrona, ma nel 1812 fu a sua volta annesso da Luvinate su risultanza di un regio decreto di Napoleone. Il Comune di Morosolo fu poi ripristinato con il ritorno degli austriaci. L'abitato crebbe poi discretamente, tanto che nel 1853 risultò essere popolato da 750 anime, salite a 909 nel 1871. Una discreta crescita demografica nella seconda metà del XIX secolo portò poi ai 1007 residenti del 1921. A seguito del regio decreto N. 813 del 28 marzo 1929, il comune venne smembrato: parte del territorio fu annessa al comune di Varese e parte al comune di Casciago. A Varese toccò la porzione più consistente e quasi il 70% dei residenti totali (692 su 1007) con le frazioni di Calcinate, Gudo, Gaggio e Mustonate, mentre Morosolo propriamente detto, sede del comune, passò a Casciago. Costruita sulla base di un precedente complesso rurale fortificato di età bassomedievale, verso la fine del XVIII secolo fu trasformata in una dimora signorile della famiglia Stampa. Della struttura originaria sopravvivono i resti di alcune torri. Fra i proprietari della villa si ricorda Stefano Decio Stampa, primo marito della seconda moglie di Alessandro Manzoni. La villa presenta una pianta a "U" aperta verso due cortili, trasversalmente separati da una fila di tre archi Novecenteschi ispirati ad analoghe strutture presenti nelle ville Recalcati e Menafoglio Litta Panza di Varese Morosolo, insieme al comune di Casciago, è servita dalla linea ferroviaria FN Saronno-Varese-Laveno Mombello tramite la stazione di Morosolo-Casciago. Inoltre la frazione è servita dalla Linea autobus M (Varese-Morosolo) gestita da Autolinee Varesine, e che rientra nei servizi di area urbana di competenza del Comune di Varese. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Stazione di Morosolo-Casciago Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Morosolo

Casciago
Casciago

Casciago (Cas'ciàgh in dialetto varesotto) è un comune italiano di 3 588 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Il comune è situato a pochi chilometri dal lago di Varese ed è facilmente raggiungibile tramite l'Autostrada A8 (uscita Varese) oppure con le Ferrovie Nord Milano (stazione Morosolo/Casciago). Presenta edifici religiosi interessanti quali la chiesa di Sant'Eusebio, la chiesa di San Giovanni, la chiesa parrocchiale dei Santi Agostino, Monica e Giovanni Battista, la chiesa parrocchiale di Sant'Ambrogio nella frazione Morosolo. Altri edifici rilevanti sono la Villa Andreani Castelbarco-Albani del 1780 e la Villa Stampa Foscarini del 1700 dove ha soggiornato Alessandro Manzoni. Casciago è lambito dal torrente Tinella. Le prime tracce certe sul paese di Casciago risalgono ad un documento anteriore al 959, nel quale è riportato il debito in denaro, vino e grano che alcuni abitanti avevano nei confronti del santuario di Santa Maria del Monte. Questa è solo una tra le testimonianze che si susseguono negli anni posteriori alla fine del regno longobardo, durante il dominio dei re italici e degli imperatori germanici, quando la Chiesa ambrosiana riveste anche un importante ruolo politico ed economico. Conseguentemente a donazioni e ad acquisti di terreni e immobili il santuario di Santa Maria del Monte diventa proprietario delle terre intorno al Campo dei Fiori e a Casciago. In quegli anni la popolazione, fatta di poveri agricoltori e allevatori, conta anche alcuni schiavi e servi, proprietà di pochi signori. Impossibile scindere Casciago dalla Chiesa di sant'Eusebio e dall'importante festa che vi si svolge il primo agosto di ogni anno. La prima notizia precisa di questa chiesa si trova in un atto di vendita del 1170, dove si afferma che la chiesa ha due custodi e che è di proprietà comunale, amministrata dai quattro consoli di Casciago. Dall'anno mille in poi le vicende si succedono in modo altalenante. La pressione di nuove classi sociali: valvassori, commercianti e artigiani, porta ad una parziale disgregazione delle antiche famiglie, a ciò si sussegue un periodo di tranquillità che vede fiorire il commercio e aumentare la crescita demografica. Casciago non resta estraneo alle lotte tra il pontefice Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV che coinvolgono i territori di Milano e di Varese, infatti, molte persone si rifugiano nel suo territorio per programmare piani di rivincita. Il paese vive profonde trasformazioni sociali, politiche ed economiche; nell'epoca dei Comuni i consoli e il curato di Sant'Eusebio entrano in conflitto con l'arciprete di Santa Maria del Monte. Lentamente cresce un relativo benessere e le nuove professioni, come quelle di giudice e di notaio, si affiancano a quelle tradizionali. Nel Duecento Varese si stacca dal Seprio e entra nell'orbita di Milano. In questo periodo diversi sono gli atti di vendita che riguardano Casciago: nel 1206 un prete vende, per conto della chiesa di Sant'Eusebio, delle terre al santuario di Santa Maria del Monte e molte altre vendite seguiranno, contribuendo ad aumentare l'influenza del santuario. L'arcipretura di Santa Maria del Monte concedeva ai massari contratti di varia durata nei quali era previsto un fitto in contanti e natura in cambio dell'utilizzo delle vaste terre. Durante il Trecento Varese vive un declino politico, ma il secolo è positivo economicamente. In un atto del 1396 un residente di Velate attesta un lascito ai poveri di Casciago. Risale a quest'epoca l'importanza del ramo casciaghese della famiglia Castiglioni. A metà del Quattrocento alcune donne condividono le loro vite e le dedicano all'aiuto dei pellegrini presso il santuario, e con l'approvazione del papa, nel 1474, la nascita del monastero di clausura è ufficiale. Questo fatto fa crescere la competizione tra le famiglie nobili per rendere il luogo sempre più adorno. In questo periodo il santuario acquista sempre più terre a Casciago per arrivare addirittura a 276 pertiche nell'anno 1469. Arriva nel Cinquecento il dominio dell'imperatore Carlo V, il quale nel 1538 autorizza la vendita dei territori della "Frazione Superiore di Varese", che comprendevano anche Casciago, e dà a Varese il privilegio di non essere mai infeudata, separando così la storia dei due paesi. Varese resta libera, mentre la Frazione passa ai Visconti Borromeo e in seguito ai Litta Visconti Arese, fino all'abolizione del feudalesimo, nel 1796. Nella seconda metà del Cinquecento, Varese diventa ricca e meta di visitatori, mentre la Frazione Superiore non vive mutamenti di rilievo. Tra il 1558 e il 1590 si può notare come i possidenti di Casciago diminuiscano e come le famiglie di piccoli proprietari spariscano, probabilmente costrette a vendere per debiti, sostituite da una nascente borghesia fatta da medici, mercanti e notai. In occasione della visita pastorale a Varese di Carlo Borromeo, nel 1567, alcuni suoi delegati visitano Casciago. Qualche anno dopo san Carlo si reca personalmente al paese e la preparazione a questa visita ci dà l'opportunità di conoscere le modeste dimensioni dei luoghi di culto che esistevano allora. Attenzione particolare è data agli arredi e ai paramenti sacri, il cardinale sottolinea che a Sant'Eusebio l'altare era piccolo e la necessità di ristrutturazioni. Il santo pensa anche ad aspetti meno pratici, e più importanti: spingendo lo studio della Dottrina e riorganizzando le feste votive. Nel 1581 un collaboratore del cardinale visitò il paese e trovò Sant'Eusebio in buono stato. Il cardinale Federico Borromeo visita Casciago nel 1612 e dà il suo appoggio alla costruzione del Sacro Monte di Varese. Nei primi anni trenta del secolo la peste colpì anche Casciago lasciando tracce profonde sul territorio. È durante il Seicento che si ha la certezza della coltivazione del gelso sui terreni del paese; i mestieri più diffusi continuavano ad essere quelli del contadino e del muratore. Malgrado la morte nera, dal 1631 al 1657 i nati sono 283. Le vicende della Lombardia durante il Settecento sono di arretratezza rispetto alle isole Britanniche e alla Francia e il nostro piccolo paese viene fotografato nel 1722 da un catasto che fissa la popolazione in poco più di 300 anime, impiegate maggiormente nella coltivazione di frumento, segale, gelso e viti, viene riportata l'esistenza di quattro torchi e di nessuna osteria, né di mulini o di fornaci. Degno di nota è l'oggettivo valore superiore delle terre di Casciago rispetto a quelle di Morosolo. Nella seconda metà del secolo ville e palazzi iniziano a sorgere grazie alla notevole bellezza del territorio casciaghese. Il palazzo sede del municipio è stato costruito dal nobile Andreani, ha visto la proprietà di Ballabio e dei Principi Castelbarco. Le abitazioni più diffuse, in questo secolo, sono le case massaricie, a più piani, costruite da pietre e calce, con annesso un rustico adibito a stalla o fienile. Una scala esterna unisce il porticato ai piani superiori e i bachi da seta sono allevati in cucina o nelle camere. Ogni casa è autonoma, possedendo forno e pozzo. Con l'assolutismo illuminato della dominazione austriaca di Maria Teresa e in seguito di Giuseppe II lo stato moderno muove i primi passi. La gestione della cosa pubblica è affidata ai proprietari terrieri e ai commercianti. Le riforme della modernità cancellano la tradizione democratica di Casciago che era molto antica, infatti c'era un consiglio generale con due sindaci, un console e nella pubblica piazza si tenevano assemblee. Con l'età napoleonica i mutamenti sono profondi: l'abolizione del feudalesimo, l'arruolamento obbligatorio, l'abolizione di enti religiosi — tra i quali il santuario di Santa Maria del Monte —, la vendita a privati — nobili e borghesi — di beni ecclesiastici, nuovi ordini amministrativi e il Codice Civile non possono che coinvolgere anche Casciago. Pochi sono arruolati, ma il grande cambiamento interessa alcune famiglie sia borghesi sia nobili che entrano in possesso delle proprietà degli enti religiosi. In quegli anni Casciago perde la municipalità entrando a far parte del vicino paese di Masnago. Il ritorno dell'Austria segna la partenza per la leva obbligatoria che durava otto anni e che coinvolge molti giovani del paese. Di questi anni è l'obbligatorietà di aprire scuole per i bambini, finanziate dai comuni e supervisionate dai parroci, atto che Casciago riesce a compiere. Nel 1845 i fratelli Talacchini aprono la prima filanda serica che nel giro di alcuni anni vedrà nascere altri stabilimenti darà lavoro a tantissimi operai. Con la seta continua, in modo economicamente rilevante, la coltivazione del gelso che molte famiglie compiono. Ciò non esclude l'esigenza d'emigrazione che si presenta in modo ricorrente. Un'entrata era anche fornita dagli esposti: diverse famiglie accettavano l'affidamento di questi bambini illegittimi e abbandonati in cambio di un compenso. La famiglia Talacchini si distingue anche per aver dato i natali ad Antonio, che da muratore diventa appaltatore del Lombardo-Veneto e costruisce il ponte della ferrovia, ancora utilizzato, che unisce Venezia a Mestre e localmente provvede a canalizzare l'acqua per uso domestico. All'apice del suo successo, la famiglia Talacchini commissiona a Carlo Gerosa, ritenuto il ritrattista per eccellenza dell'alta borghesia milanese dell'epoca, un ritratto di famiglia sullo sfondo delle loro proprietà di Casciago. Durante la visita pastorale dell'arcivescovo Romilli nel 1855 si annota che gli edifici sacri sono tenuti bene, ma ormai piccoli per il numero crescente della popolazione. Mentre le gesta di Garibaldi risuonavano, l'autorità austriaca obbliga Casciago ad un mutuo di 2000 lire nel 1848, per coprire le spese militari. Anche Casciago ebbe il suo patriota, Giuseppe Riboni, che morì nel 1860 combattendo per la libertà d'Italia. Fin dal 1898 i sindaci dello stato italiano erano nominati dal re, scelti tra i consiglieri e in seguito eletti dal consiglio comunale. Il primo sindaco di Casciago fu Antonio Talacchini, non l'impresario edile. Dall'Unità allo scoppio della Grande Guerra i cimiteri sono ampliati, costruiti gli uffici comunali, aiutata la parrocchia. La rete stradale, che aveva avuto importanti attenzioni durante dominazione austriaca, è migliorata e viene stanziato molto denaro per la scuola e i bisognosi. Agli inizi del Novecento il comune e le Congregazioni di carità danno l'avvio all'asilo. Con grandi sforzi, ma mediocri risultati si investe nell'istruzione. Casciago ha una scuola elementare per i bambini e una per le bambine. Le scuole serali sono frequentate specialmente dagli adulti. In questo periodo si afferma un monopolio politico fatto da idee liberali, moderati, democratici e cattolici come il principe Castelbarco e il conte Stampa. Alcuni erano dichiaratamente massoni. Dai parroci parte l'iniziativa di un'Unione rurale con intento antisocialista. La vita economica continua ad essere agricola e i maggiori proprietari terrieri sono i Talacchini, l'ospedale di Varese, i nobili tra cui Castelbarco, Maffei e Stampa e la parrocchia. L'attività industriale è intorno alle filande. Nel 1884 la ferrovia attraversa il territorio del paese, ma solo più tardi viene edificata una stazione con traffico ridotto. Nel 1914 il tram passa anche da Casciago e negli stessi anni gli abitanti iniziano anche ad usare un efficiente servizio postale. Gli abitanti crescono lentamente ma costantemente, così com'è costante la presenza di casciaghesi, in cerca d'impiego, all'estero; talmente rilevante che prima della partenza dei lavoratori stagionali a sant'Eusebio si fa una festa. Il 1885 vede la fondazione della Società di Mutuo Soccorso, ad opera dell'ingegnere Lanfranconi, questa si distingue per l'impegno verso i lavoratori. Nella sede vengono organizzati corsi serali e le sale sono affittate a costi contenuti. I soci raggiungeranno la cifra di 450. Sulla scia della Società di mutuo soccorso nel 1905 il Circolo familiare viene aperto, con il divieto d'accesso alle donne, e nel giro di breve tempo dei socialisti lo trasformano in sede di conferenze e riunioni di partito. In quegli anni la convivenza tra vita politica e rilegiosa non fu facile. In seguito all'omicidio di re Umberto I i rappresentanti del comune non mettono alcun segno di lutto attirando le critiche del parroco. Tra il 1866 e il 1868 la parrocchia è ampliata e il nuovo parroco riesce a creare dei gruppi di Luigini e di Figlie di Maria; ristabilendo anche la festa del patrono, san Giovanni Battista, preparando i bambini alla Prima Comunione e inaugurando l'oratorio dedicato a San Carlo. In risposta a queste opere positive ci sono profanazioni, sacrilegi, e furti di elemosine. L'arrivo del XX secolo porta con sé venti di guerra e la popolazione di Casciago ne è duramente colpita. Vasto è il numero dei giovani partiti per il fronte che non faranno ritorno ma è anche la miseria della guerra a far soffrire chi è rimasto. L'oratorio è chiuso, alla Società di mutuo soccorso - che aveva donato dei soldi alle famiglie dei soldati - sono requisiti i locali e i corsi scolastici sospesi. Per dare impiego ai disoccupati si amplia il cimitero. L'aiuto del Governo alle famiglie è irrisorio. Durante l'amministrazione socialista di Casciago, negli anni venti, la situazione economica è preoccupante e il sindaco sollecita le famiglie agiate, Castelbarco, dell'Acqua e Valerio a contribuire alle spese obbligatorie del comune. Il Fascismo penetra lentamente e con difficoltà nel paese, ma nel 1924 la cittadinanza onoraria viene data a Mussolini. Il Circolo familiare è costretto a mutare orientamento politico, e il consiglio di amministrazione della Società di mutuo soccorso viene sciolto e affidato ai commissari prefettizi. L'opera di fascistizzare Casciago comprende la realizzazione di lavori pubblici, e la presenza di numerose ville signorili (Castelbarco, Pirelli, della Torre, dell'Acqua, Pozzi, Galimberti, Valerio…) garantiva una dignitosa entrata all'erario comunale. Il podestà decide di realizzare con quei soldi, una diversa sede municipale, scuole, assistenza medica gratuita per chi non poteva permettersela, approvvigionamento idrico, illuminazione pubblica, telefono, e una pompa di benzina. Ma le condizioni di vita peggiorano, molti emigrano, i dipendenti hanno stipendi più magri. Fortunatamente la Società di mutuo soccorso aiuta gli ammalati, le vedove, istruisce la popolazione. Nel 1931 il Regime fa chiudere l'oratorio e scioglie le associazioni cattoliche del paese. Tuttavia la vita religiosa non cambia molto. La visita del cardinale Schuster segna un momento importante nella vita della parrocchia. Egli sottolinea l'esigenza della costruzione di una nuova chiesa, più grande, che grazie allo sforzo e ai sacrifici di tutti è eretta in poco più di un anno. La guerra torna, fin dal 1940 i beni di prima necessità sono razionati, e il campo sportivo trasformato in agricolo, le campane fuse per scopi militari. Partono i soldati per la Grecia, l'Africa, la Russia. La notte del 1º aprile 1943 Casciago è quasi colpita dal bombardamento Americano, teso a colpire la vicina Macchi, a Varese. La nottata si risolve in un grande spavento per la popolazione, ma fortunatamente non ci sono né danni, né feriti. Le prime elezioni libere dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, alle quali le donne possono recarsi, si svolgono nell'aprile 1946. Negli anni seguenti, riflettendo il clima europeo, a Casciago si contrappongono le idee di una società liberal-occidentale e quelle del modello sovietico. Nel maggio del 1951 l'affermazione della Dc è schiacciante e l'allora conte Carlo Castelbarco Albani viene eletto sindaco, carica che mantiene fino al 1989. La sua amministrazione investe su strutture fondamentali come la rete elettrica, completa quella fognaria, asfalta le strade, e acquista la villa Castelbarco dal padre dello stesso Sindaco ove si trasferisce la sede comunale, l'ambulatorio, le scuole e gli uffici postali. Viene ampliato l'asilo e si collega, tramite i mezzi pubblici, Casciago inferiore con il capoluogo. La popolazione aumenta, fino a raddoppiare, a causa dello sviluppo edilizio non sempre ordinato. Secondo le ricerche fatte da Alessandro Manzoni, sollecitate da Jean Joseph Poujoulat, il rus Cassiciacum dove Agostino restò circa un anno e dove compose le sue prime opere, è proprio il paese di Casciago. In occasione del milleseicentesimo anniversario della conversione del santo, nel 1986 il Comune decise di promuovere un convegno di studi per raccogliere l'eredità agostiniana. Viene poi commissionato un monumento, una statua di marmo di Carrara realizzata dal professor Floriano Bodini, affinché anche l'arte non resti esclusa dai lavori culturali del convegno e come testimonianza fisica e tangibile del ricordo del santo. Nello stemma comunale è raffigurata una torre medievale posta sulla pianura di verde. Il gonfalone è un drappo di azzurro. La prima menzione della caratteristica chiesa è rintracciabile nel 1056, in seguito alla Riforma cattolica e in particolare al periodo della cattedra ambrosiana di Carlo Borromeo le testimonianze diventano più frequenti. Le pareti laterali e la facciata risalgono ad un'epoca non molto posteriore, anche se durante il Seicento sono state modificate. La monofora murata a doppio strombo sulla parete meridionale si fa risalire all'architettura romanica. I primi lavori importanti avvennero nel Seicento e si protrassero per diversi anni. Da notare è la statua lignea del santo, Eusebio di Vercelli, della quale si parla già nel 1683 e che era posta al di fuori dell'edificio, in una nicchia esterna sopra la porta. L'altare risale al Settecento e in una annotazione del 1855 l'arcivescovo indica che la statua è riposta al centro dell'altare in una nicchia protetta da vetri. Il decoro sobrio dell'interno risale al 1892. Negli anni 80 del XX secolo e successivamente a partire dal 2000 sono stati fatti dei lavori di mantenimento e ristrutturazione. Già nella seconda metà del Cinquecento si parla del sagrato come del cimitero dell'allora piccola comunità. Ai tempi di san Carlo il culto di sant'Eusebio diventa vistoso. Il primo di agosto numerosi devoti si riuniscono e celebrano il santo, al quale viene attribuita la virtù di risanare i malati dalla febbre. Agli inizi del XX secolo la festa diventa una sagra del Varesotto, con diversi aspetti profani, che ancora oggi si mantengono. La festa si apre alla vigilia, il 31 luglio con l'incendio del pallone, globo di materiale infiammabile che appeso all'esterno dell'edificio viene bruciato in memoria del martirio del santo. La mattina di buon'ora inizia la celebrazione della Messa che si ripete diverse volte fino a prima di pranzo. Durante il pomeriggio, intorno alla chiesa, si tiene una sorta di mercato con bancarelle di dolci, giochi, e oggetti vari. Culmine delle celebrazioni è l'arrivo della Processione dell'Offerta dove i fedeli portano delle "barelle" con ricchi doni che vengono messi all'incanto, tenuto rigorosamente in dialetto, e il ricavato è donato alla parrocchia. La sera attira migliaia di visitatori dai paesi limitrofi, anche grazie allo spettacolo pirotecnico. Chiesa di San Giovanni Battista Progettata da Leopold Pollack e inserita in un parco all'inglese curato da Emilio Alemagna, Villa Andreani-Castelbarco-Andreani (XVIII secolo) è un edificio in stile neoclassico. Iniziata a costruire nel 1780, la villa non fu mai completata. All'Alemagna si deve anche la costruzione dell'ala occidentale (1867), la più recente, che si presenta come un corpo di fabbrica a pianta quadrata, all'interno del quale fu realizzato lo scalone d'onore. La frazione di Morosolo ospita Villa Stampa Foscarini, edificio tardosettecentesco già appartenuto a Stefano Decio Stampa (marito della seconda moglie di Alessandro Manzoni). A Casciago, nella frazione di Morosolo, è attiva una stazione meteo gestita in collaborazione con il Centro Meteorologico Lombardo. 300 nel 1751 407 nel 1805 annessione a Masnago nel 1809 e a Luvinate nel 1812 613 nel 1853 Abitanti censiti Fra il 1914 e il 1940 Casciago ospitò una fermata della tranvia Varese-Angera, gestita dalla Società Anonima Tramvie Orientali del Verbano (SATOV). Ad oggi, il medesimo percorso è svolto dall'autolinea N20 Varese-Angera-Sesto Calende di Autolinee Varesine, la quale ha in carico anche la linea M che collega il capoluogo alla frazione di Morosolo. Il comune di Casciago, insieme alla frazione di Morosolo, è servito dalla linea ferroviaria FN Saronno-Varese-Laveno Mombello tramite la stazione di Morosolo-Casciago. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Stazione di Morosolo-Casciago Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Casciago Sito ufficiale, su comune.casciago.va.it.