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Tinella (Lombardia)

Affluenti del BardelloFiumi della provincia di VareseLago di VaresePagine con mappeSenza fonti - dicembre 2012
Senza fonti - fiumi della Lombardia
Morosolo Ponte del diavolo 6070
Morosolo Ponte del diavolo 6070

Il Tinella è un torrente della provincia di Varese, che nasce nel parco regionale Campo dei Fiori e sfocia nel lago di Varese. Il torrente Tinella nasce da due distinti rami sorgentizi che si uniscono a valle delle cascine Zambella e Tinello, in territorio di Luvinate. Il ramo sorgentizio più orientale nasce in località Pozzolo, a monte dell'ex Grand Hotel Campo dei Fiori, in territorio di Luvinate e percorre la Val della Stretta, in cui si trovano alcune sorgenti perenni, come la Fonte Val Stretta, la Fonte Volpinazza, la Fonte Piano e la Fonte Zèpa. Recentemente il parco Campo dei Fiori ha realizzato un sentiero che permette di osservare queste sorgenti. Questo ramo sorgentizio è alimentato dal torrente Val Stella. Il ramo sorgentizio più occidentale nasce in territorio di Barasso e percorre la Valle della Barassina, ricevendo le acque di alcuni piccoli rivi. Dopo l'unione dei due rami sorgentizi, il Tinella attraversa Luvinate e lambisce Casciago e la sua frazione Morosolo. Prosegue toccando la zona sud di Barasso ed infine sfociando nel Lago di Varese a Oltrona al Lago di Gavirate, a 240 m s.l.m. Affluenti del Tinella sono il torrente di Luvinate ed il Rio Arianna, che nasce a Comerio ed è alimentato dal torrente Del Ceppone. Questo torrente si forma nel Massiccio del Campo dei Fiori e percorre l'omonima Valle del Ceppone, dove riceve da destra il torrente Tacca. Il torrente Del Ceppone è alimentato da altri piccoli ruscelli e contribuisce a rendere il Rio Arianna il maggior tributario del Tinella. Il Tinella misura 11 km e la sua pendenza è del 10 %. Conta sette affluenti ed è insieme al Canale Brabbia, il maggiore immissario del Lago di Varese. La qualità delle acque del Tinella è esaminata in tre stazioni di prelievo, una a Luvinate e due nel territorio di Gavirate, presso Cascina Benedetto e la Foce. In tutte le stazioni la qualità delle acque è risultata buona. La fauna ittica comprende la trota fario, l'anguilla, la gambusia, il ghiozzo padano. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Tinella

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Tinella (Lombardia)
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Foci del Tinella

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21025 Comunità Montana Valli del Verbano
Lombardia, Italia
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Morosolo Ponte del diavolo 6070
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Luoghi vicini

Lago di Varese
Lago di Varese

Il lago di Varese (in lombardo lagh de Vares) è situato ai piedi delle Prealpi Varesine a un'altitudine di 238 m s.l.m.; ha una profondità media di 11 m e massima di 26 m, mentre la superficie è di 14,95 km². Si tratta del 10º lago italiano per estensione, fra quelli interamente compresi nei confini nazionali, e del 12º in totale. Conosciuto per la sua inconfondibile forma a scarpa, bagna in tutto nove comuni: Varese, Azzate, Bardello con Malgesso e Bregano, Biandronno, Bodio Lomnago, Buguggiate, Galliate Lombardo, Cazzago Brabbia e Gavirate, quest'ultimo è stato a lungo il principale comune ad affacciarsi sul lago (il comune di Varese ne acquisì una buona parte di sponde solo negli anni venti, quando divenne capoluogo), il lago infatti era anticamente noto come Lago di Gavirate. Insieme con i laghi Maggiore, di Comabbio, di Lugano, di Ganna, di Ghirla e di Monate fa parte dei cosiddetti Sette Laghi della provincia di Varese. Sul lago di Varese, rinomato campo di gara per il canottaggio, hanno sede la Canottieri Varese, organizzatrice di eventi remieri nazionali ed internazionali, e, a partire dal 1960, anche la canottieri Gavirate, che ha riportato numerosi successi come la coppa Montù nel 2007 nel 2008 e 2009. È inoltre rinomato per la abbondante quantità di anatre, tanto che è chiamato il Lago delle anatre. La nascita del Lago di Varese risale a circa 15.000 anni fa, contemporaneamente a quella del vicino lago Maggiore, quando il ritiro del ghiacciaio del Verbano creò la grande conca in cui si trovano oggi la città e il suo lago, che all'epoca aveva una superficie molto più ampia e comprendeva gran parte dei laghi circostanti. La piccola isola del comune di Biandronno è probabilmente il sito di maggior interesse del Lago di Varese. L'isola ha cambiato nome diverse volte: chiamata originariamente Isola di San Biagio, divenne poi Isola di Donna Camilla Litta fino al 1878 quando il suo ultimo proprietario, l'industriale gallaratese Andrea Ponti le diede il nome di Isolino Virginia in onore della moglie Virginia Pigna, nome che conserva tuttora. Nel 1863 sono stati trovati resti di civiltà delle palafitte, ora conservati al Museo Ponti, sull'isola stessa. Grazie ai numerosi ritrovamenti il Lago di Varese è divenuto, insieme a quello di Monate, nel 2011 Sito UNESCO rientrante tra i "Siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino" più importanti del mondo. Dopo 60 anni di non balneabilità, il lago è tornato balneabile, in via sperimentale, nelle spiagge della Schiranna di Varese e di Bodio Lomnago a partire dal 2 luglio 2022. Questo è stato reso possibile grazie a interventi volti a risanare le acque, attuati dai comuni che affacciano sulle sue sponde, provincia di Varese e regione Lombardia. Adagiata tra i bacini del Lago di Varese e del Lago di Comabbio, la Palude Brabbia, estesa 459 ettari, è una riserva naturale che tutela uno degli esempi meglio conservati di torbiera di pianura. La palude è un alternarsi di zone coperte da una fittissima vegetazione acquatica, con ampi canneti, salici e ontani, a tratti di acqua scoperta, i cosiddetti chiari, piccoli specchi d'acqua di forma regolare. A partire dal 1994 la gestione della riserva è stata affidata alla Lipu. Sono circa 170 le specie di uccelli che frequentano la zona del Lago di Varese. Tra le più difficili da incontrare ci sono alcune specie di anatre come la moretta tabaccata e la canapiglia o aironi come il tarabuso e l'airone rosso. Nel lago sono presenti le seguenti specie: persico reale, black bass, luccio,lucioperca, anguilla, cavedano, carpa, tinca, siluro, pesce gatto, scardola, triotto, persico sole carassio e gambero rosso della Louisiana. Attorno al lago è presente la pista ciclopedonale del lago di Varese. La lunghezza totale della pista è di 28 km e 100 m. Il dislivello massimo è di 220 m. In alcuni tratti vengono utilizzate strade comunali secondarie e quindi aperte al traffico, ma per la maggior parte sono percorsi ciclabili riservati. In alcune zone (Biandronno, Bardello, Gavirate, Varese) la pista scorre proprio in riva al lago, mentre in altre ne è leggermente distante. A Biandronno esiste un percorso di collegamento con la pista ciclabile del Lago di Comabbio. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su lago di Varese Wikivoyage contiene informazioni turistiche su lago di Varese Isolino Virginia - Museo, su simarch.org. URL consultato l'8 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 18 agosto 2015). La pista Ciclopedonale del Lago di Varese su saltainsella.it

Chiostro di Voltorre
Chiostro di Voltorre

Il chiostro di Voltorre è ciò che rimane di un complesso religioso situato in Lombardia, precisamente a Voltorre, frazione del comune di Gavirate. L'espressione si riferisce comunemente all'intera struttura, che comprende appunto un chiostro, una piccola chiesa absidata con il campanile, ed alcuni locali un tempo parte di un più ampio edificio monastico. Nel Medioevo, le aree paludose adiacenti al Lago di Varese furono bonificate dai seguaci di San Bernone di Cluny, per essere usate per l'agricoltura. I monaci costruirono il loro insediamento a Voltorre. L'inizio dei lavori di costruzione della chiesa di San Michele risalgono all'XI secolo (forse attorno al 1060) o al massimo alla prima metà di quello successivo, edificata dai monaci cluniacensi in stile romanico sul sedime di due chiese più antiche e sorte in epoca longobarda. La costruzione del monastero e soprattutto del chiostro risente della mano dello scultore locale Lanfranco da Ligurno, che probabilmente non ha solo lavorato alla decorazione ma avrebbe progettato l'intera struttura. Dei quattro lati del chiostro, tre sarebbero stati costruiti verso la fine del XII secolo, più precisamente nel 1196; il rimanente lato sarebbe invece tardivo di circa mezzo secolo. La comunità di religiosi vi rimase fino al XV secolo, quando il monastero passo sotto la proprietà di diverse famiglie nobili di Varese originanti dagli Orrigoni. All'estinzione del ramo dinastico, il complesso fu gestito dai canonici lateranensi fino al definitivo esproprio del 1798, avvenuto a seguito delle disposizioni emanate l'anno precedente delle autorità francesi di Napoleone occupanti la zona. Seguì circa un secolo di frazionamento della proprietà e di uso improprio, che determinò uno stato di abbandono del bene fino alla fine del XIX secolo, quando alcuni esponenti del mondo della cultura locale, quali Luca Beltrami, Luigi Conconi e Lodovico Pogliaghi, iniziarono a interessarsi al valore artistico del luogo, e tentarono di iniziare una campagna di restauri. Le trattative coi vari proprietari e con la soprintendenza si arrestarono però bruscamente nel 1913, quando un enorme incendio devastò i locali del monastero, distruggendone completamente una parte importante, compresi diversi capitelli e colonnine del chiostro. Solo nel primo dopoguerra una porzione del complesso fu acquistata dallo Stato, che iniziò finalmente il restauro e la ricostruzione del chiostro nel 1929. Nel 1954 la provincia di Varese comprò la parte ancora in mani private del bene, e nel 1978 riuscì a farsi affidare la parte rimanete dal demanio. Dopo aver completato il restauro, il luogo è stato adibito a centro culturale e spazio museale, con un occhio di riguardo verso l'arte contemporanea. G. Ghiringhelli, Il chiostro di Voltorre. La sua storia, la sua arte attraverso i secoli, collana Rivista archeologica dell'antica provincia e diocesi di Como, 1908, pp. 97-158. Enzo Fabiani, Enzo Pifferi e Maria Teresa Balboni, Abbazie di Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1980. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981. Lucioni A. e Viotto P., L'anima e le pietre. La storia secolare del chiostro di Voltorre, Gavirate, 1999. L. Borroni, Acme, San Michele a Voltorre. L'architettura di un chiostro medievale alla svolta del 1200, 2006, pp. 261-282. L.C. Schiavi, Lombardia Romanica. Paesaggi monumentali, San Michele a Voltorre, Milano, 2011, pp. 85-87. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Chiostro di Voltorre

Villa Tatti Tallacchini
Villa Tatti Tallacchini

La Villa Tatti Tallacchini è una villa di delizia situata a Comerio. Nota anche come Villa Berger. Fu costruita in stile tardobarocco all'inizio del Settecento quale residenza nobiliare, con annesso uno scenografico giardino all'italiana disposto su terrazze digradanti verso il lago di Varese. La villa fu edificata nei primi anni del Settecento (secondo un'antica fonte, nel 1702), dalla famiglia nobiliare varesina dei Tatti. Non è noto l'architetto che ne eseguì la costruzione, ispirata alle architetture dei maggiori architetti lombardi dell'epoca, Giovanni Ruggeri e Francesco Croce. Situata in posizione panoramica, negli anni venti del Settecento la villa doveva già essere sufficientemente sontuosa da ospitare, nel 1725, il governatore della Lombardia austriaca Girolamo Colloredo. A metà Ottocento fu costruita dai Tatti una filanda nel lato orientale della villa, che fu attiva dal 1848. Successivamente l'intero complesso fu venduto ai Tallacchini che mantennero la filanda in attività negli anni successivi, cedendo a terzi la villa, nel 1944. Seguirono alcuni passaggi di proprietà fino a quando la villa venne acquistata da Tommaso Berger, facoltoso imprenditore, produttore, tra l'altro, del famoso caffè Hag. Tommaso Berger, nel 1980 vendette la villa a privati. Previamente la stessa fu suddivisa, da un'impresa immobiliare di Saronno, in dieci prestigiosi appartamenti, ai cui intestatari appartiene anche la parte più alta del parco, ricca di monumenti e fontane, che consta di circa 6.000 mq.. La parte inferiore, ugualmente ampia, dopo un lungo periodo di degrado, fu donata al Comune di Comerio che ottenne fondi pubblici per il relativo restauro, aprendola al pubblico. La costruzione non presenta una conformazione tipica delle ville della sua epoca; probabilmente la pianta fu ideata per sfruttare al meglio la conformazione paesaggistica del colle su cui sorge, e specialmente la pregevole veduta sui laghi di cui gode, verso cui sono orientate sia le sale maggiori della villa, sia i terrazzamenti del giardino. Il corpo di fabbrica principale, impostato a tre piani su una pianta rettangolare, sporge infatti completamente rispetto alle due ali arretrate e non simmetriche, delle quali l'ala ovest ha esclusivamente una funzione estetica non essendo abitabile. La balconata della villa è di difficile datazione: qualora fosse coeva al resto della casa, sarebbe molto più antica rispetto ad analoghi elementi presenti nelle dimore varesine di Palazzo Estense e villa Seyssel d'Aix. I prospetti sono movimentati da lesene e decorazioni rococò. Lo spettacolare giardino barocco parte dall'ampia terrazza su cui prospetta la facciata della villa, e si diparte lungo il declivio ripartito da scalinate, fontane, statue e balaustre in pietra. Di particolare bellezza il ninfeo, situato al secondo livello delle terrazze, con al centro la fontana di Venere al bagno circondata da putti alati e finti scogli ai bordi di una vasca. Le pareti sono ricoperte da un mosaico di pietre a diversi colori, gialle, rosse, grigio chiaro e antracite che vivacizzano e alleggeriscono la struttura. La cura della vegetazione, costituita da grandi parterres di bosso e tassi geometricamente potati a tronco di cono, segue ancora i dettami del giardino all'italiana. Nelle terrazze inferiori si trovano un altro ninfeo a mosaico con al centro un putto con delfino, e infine la più spettacolare delle fontane, la fontana dei Fauni, dalla complessa struttura mistilinea costituita da più vasche e circondata da piramidi allungate. Nell'ultima parte del giardino, aperta al pubblico, sono state recuperate per quanto possibile dopo decenni di degrado la quinta grande fontana, adorna di rilievi a tema musicale, e la Coffee House, stupefacente padiglione barocco a forma di esedra, caratteristico dei giardini settecenteschi quale struttura dove i villeggianti si intrattenevano ascoltando concerti musicali. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Langè S. e Vitali F., Ville della provincia di Varese, MIlano, Rusconi, 1984, pp. 162-177. Angela Baila, Settecento in restauro: il giardino di villa Tatti-Tallacchini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Tatti Tallacchini Parco di Villa Tatti Tallachini, su comune.comerio.va.it.

Stazione di Barasso-Comerio
Stazione di Barasso-Comerio

La stazione di Barasso-Comerio è una stazione ferroviaria della linea Saronno-Laveno. Sorge piuttosto in basso rispetto ai paesi a cui è intestata, più o meno a mezza costa fra Comerio ed il Lago di Varese. L'impianto è gestito da Ferrovienord, società del gruppo FNM S.p.A, che la qualifica come stazione di tipo secondario La stazione ha vinto il concorso Stazioni Fiorite nel 1991. Il fabbricato viaggiatori è in ottimo stato. L'impianto si compone di due binari passanti più un tronchino corto a lato Saronno. Sono presenti marciapiedi lunghi 220 m, raggiungibili dall'utenza grazie ad un sottopassaggio, pensiline e una sala d'attesa. Siccome tutti gli incroci da orario avvengono in questa stazione, sono stati effettuati degli interventi di potenziamento: prolungamento lato Laveno per circa 300 metri del binario d'incrocio (distanza fra segnale e deviatoio maggiore di 100 metri) ed installazione di un deviatoio percorribile a 60 km/h sul ramo deviato in direzione Laveno. A ciò va aggiunto un tronchino di salvamento lato Varese, il quale permette l'ingresso contemporaneo dei treni in stazione. La circolazione è gestita in Dirigente Centrale Operativo (DCO) da Varese. La stazione è impresenziata. La stazione è servita dai tutti i treni regionali Trenord della direttrice Milano Cadorna-Saronno-Laveno Mombello. Grazie all'orario cadenzato e simmetrico delle corse, la stazione è un nodo secondario di interscambio: presso di essa al medesimo orario si incrociano i treni provenienti dalle due direzioni opposte. Nel caso specifico, gli incroci avvengono al minuto 00 di ogni ora ai quali si aggiunge il minuto 30 negli orari di punta. Inoltre la stazione è servita dai treni RegioExpress RE1 Laveno - Varese - Saronno - Milano. Trasporti in Lombardia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Barasso-Comerio

Isolino Virginia
Isolino Virginia

L'Isolino Virginia è una piccola isola del lago di Varese. Quella che apparentemente sembrerebbe una formazione naturale emersa da un lago di origine glaciale, è in realtà il risultato della sedimentazione dei detriti accumulatisi nei millenni, a seguito di un insediamento umano che sceglie la palafitta sul lago per un duplice scopo: sfruttare un habitat favorevole alla pesca e sottrarsi alle insidie di animali predatori e di tribù rivali. All'Isolino, in base ai risultati ottenuti dallo studio della stratigrafia effettuato dall'archeologo Mario Bertolone, l'insediamento umano è già rilevabile intorno alla seconda metà del V millennio a.C., in pieno Neolitico, che peraltro inizia anche in diverse altre parti d'Italia almeno tre millenni prima. Le tracce più antiche testimonianti la frequentazione umana nel Varesotto risalgono al Paleolitico superiore. Con l'avvento del Neolitico la vita dell'uomo si concentra soprattutto lungo le sponde occidentali e sud-occidentali del Lago di Varese, attorno ai laghetti che riempiono la conca ai piedi delle Prealpi varesine e che un tempo avevano bacini più ampi, alimentati da fiumi dal corso irregolare, con vaste zone acquitrinose. La piccola isola presenta un habitat lacustre, con una vegetazione ricca di ninfee e frequentata da varia fauna avicola di passo, come l'airone e il germano reale. Chiamata originariamente Isola di San Biagio e successivamente Isola di Donna Camilla Litta, essa venne ribattezzata a fine Ottocento per volere del suo ultimo proprietario, l'industriale gallaratese Andrea Ponti, con il nome attuale di Isolino Virginia in onore della moglie, Virginia Pigna. Fra 1876 e 1884 vennero effettuati a più riprese indagini e scavi archeologici patrocinati dallo stesso Ponti. Vennero così trovati resti materiali di una civiltà palafitticola. I reperti riportati alla luce sono ora conservati in parte nel museo collocato sull'isola ed in parte presso il Museo civico archeologico di Villa Mirabello a Varese, dato che la collezione archeologica di proprietà di Andrea Ponti venne donata dai suoi eredi nel 1962 al comune di Varese. Dopo l'acquisizione da parte del comune di Varese nel 1962, il trasporto dei turisti all'Isolino è stato garantito da Biandronno, comune lacustre sulla sponda ovest del lago, prima da un servizio privato di barche e in seguito da una società di navigazione. Dal 2017 un analogo servizio viene espletato da e per la Schiranna di Varese. Dal 2011 rientra tra i "Siti palafitticoli preistorici dell'arco alpino" protetti dall'UNESCO. Museo civico archeologico di Villa Mirabello Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su isolino Virginia