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Grotta Remeron

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Varese
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La grotta Remeron è una delle numerose cavità naturali del territorio di Varese.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Grotta Remeron (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Grotta Remeron
Coll. Sentiero 1 - Cima Merigetto,

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Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 45.8598088 ° E 8.7462772 °
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Indirizzo

Grotta Remeron (Bus del Remeron)

Coll. Sentiero 1 - Cima Merigetto
21025
Lombardia, Italia
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Luoghi vicini

Villa Tatti Tallacchini
Villa Tatti Tallacchini

La Villa Tatti Tallacchini è una villa di delizia situata a Comerio. Nota anche come Villa Berger. Fu costruita in stile tardobarocco all'inizio del Settecento quale residenza nobiliare, con annesso uno scenografico giardino all'italiana disposto su terrazze digradanti verso il lago di Varese. La villa fu edificata nei primi anni del Settecento (secondo un'antica fonte, nel 1702), dalla famiglia nobiliare varesina dei Tatti. Non è noto l'architetto che ne eseguì la costruzione, ispirata alle architetture dei maggiori architetti lombardi dell'epoca, Giovanni Ruggeri e Francesco Croce. Situata in posizione panoramica, negli anni venti del Settecento la villa doveva già essere sufficientemente sontuosa da ospitare, nel 1725, il governatore della Lombardia austriaca Girolamo Colloredo. A metà Ottocento fu costruita dai Tatti una filanda nel lato orientale della villa, che fu attiva dal 1848. Successivamente l'intero complesso fu venduto ai Tallacchini che mantennero la filanda in attività negli anni successivi, cedendo a terzi la villa, nel 1944. Seguirono alcuni passaggi di proprietà fino a quando la villa venne acquistata da Tommaso Berger, facoltoso imprenditore, produttore, tra l'altro, del famoso caffè Hag. Tommaso Berger, nel 1980 vendette la villa a privati. Previamente la stessa fu suddivisa, da un'impresa immobiliare di Saronno, in dieci prestigiosi appartamenti, ai cui intestatari appartiene anche la parte più alta del parco, ricca di monumenti e fontane, che consta di circa 6.000 mq.. La parte inferiore, ugualmente ampia, dopo un lungo periodo di degrado, fu donata al Comune di Comerio che ottenne fondi pubblici per il relativo restauro, aprendola al pubblico. La costruzione non presenta una conformazione tipica delle ville della sua epoca; probabilmente la pianta fu ideata per sfruttare al meglio la conformazione paesaggistica del colle su cui sorge, e specialmente la pregevole veduta sui laghi di cui gode, verso cui sono orientate sia le sale maggiori della villa, sia i terrazzamenti del giardino. Il corpo di fabbrica principale, impostato a tre piani su una pianta rettangolare, sporge infatti completamente rispetto alle due ali arretrate e non simmetriche, delle quali l'ala ovest ha esclusivamente una funzione estetica non essendo abitabile. La balconata della villa è di difficile datazione: qualora fosse coeva al resto della casa, sarebbe molto più antica rispetto ad analoghi elementi presenti nelle dimore varesine di Palazzo Estense e villa Seyssel d'Aix. I prospetti sono movimentati da lesene e decorazioni rococò. Lo spettacolare giardino barocco parte dall'ampia terrazza su cui prospetta la facciata della villa, e si diparte lungo il declivio ripartito da scalinate, fontane, statue e balaustre in pietra. Di particolare bellezza il ninfeo, situato al secondo livello delle terrazze, con al centro la fontana di Venere al bagno circondata da putti alati e finti scogli ai bordi di una vasca. Le pareti sono ricoperte da un mosaico di pietre a diversi colori, gialle, rosse, grigio chiaro e antracite che vivacizzano e alleggeriscono la struttura. La cura della vegetazione, costituita da grandi parterres di bosso e tassi geometricamente potati a tronco di cono, segue ancora i dettami del giardino all'italiana. Nelle terrazze inferiori si trovano un altro ninfeo a mosaico con al centro un putto con delfino, e infine la più spettacolare delle fontane, la fontana dei Fauni, dalla complessa struttura mistilinea costituita da più vasche e circondata da piramidi allungate. Nell'ultima parte del giardino, aperta al pubblico, sono state recuperate per quanto possibile dopo decenni di degrado la quinta grande fontana, adorna di rilievi a tema musicale, e la Coffee House, stupefacente padiglione barocco a forma di esedra, caratteristico dei giardini settecenteschi quale struttura dove i villeggianti si intrattenevano ascoltando concerti musicali. Santino Langè, Ville delle province di Como, Sondrio e Varese, a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, Vol. Lombardia 2, Milano, Edizioni SISAR, 1968. Langè S. e Vitali F., Ville della provincia di Varese, MIlano, Rusconi, 1984, pp. 162-177. Angela Baila, Settecento in restauro: il giardino di villa Tatti-Tallacchini Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Villa Tatti Tallacchini Parco di Villa Tatti Tallachini, su comune.comerio.va.it.

Barasso
Barasso

Barasso (Baràs in dialetto varesotto) è un comune italiano di 1 649 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. Nei secoli II e III a.C. Barasso, che era compreso nella Gallia Cisalpina o Insubria, entra a far parte della Provincia Romana. Durante la dominazione Longobarda il nome di Barasso comincia ad entrare nei documenti storici e viene citato nel celebre “Diploma” con cui il Re Longobardo Liutprando donava, nel 725 d.C., molte terre, specialmente del Varesotto, ai monaci agostiniani in memoria del fatto che S. Agostino era stato in questi luoghi e precisamente a Casciago (Cassiciacum), ospite del suo amico Verecondo (357). In base ai documenti dell'archivio della Curia Arcivescovile di Milano, si può affermare che a Barasso e nelle frazioni di Molina e Cassini esistevano tre Chiese già prima dell'anno Mille. Nel 1786, con la suddivisione della Lombardia austriaca in province, Barasso fu assegnata alla provincia di Gallarate, ribattezzata l'anno successivo provincia di Varese; nel 1791, in seguito a una modifica territoriale, passò alla provincia di Milano. In età napoleonica (1797) Barasso fu assegnata all'effimero dipartimento del Verbano, passando l'anno successivo al dipartimento d'Olona, e nel 1801 al dipartimento del Lario. Nel 1809 fu aggregato a Barasso il comune di Luvinate, ma nel 1812 fu Luvinate ad assumere lo status di comune, e Barasso ne divenne frazione. Con l'istituzione del Regno Lombardo-Veneto (1816) Barasso recuperò l'autonomia, e venne inserita nella provincia di Como; con l'emanazione del Decreto Rattazzi (1859) il comune di Barasso entrò nel circondario di Varese della provincia di Como. All'Unità d'Italia (1861) il comune contava 693 abitanti. Nel 1927 il comune di Barasso venne aggregato al comune di Comerio, recuperando l'autonomia nel 1957. Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con D.P.R. del 21 dicembre 1989. L'albero è caratterizzante la natura stessa del territorio comunale, coperto da boschi di piante di alto fusto; la ruota di mulino rappresenta gli antichi mulini esistenti nella frazione Molina; il compasso rende onore a due cittadini contraddistintisi in opere di architettura civile e cioè l'architetto Emilio Alemagna e l'architetto Cornelio Bregonzio.; le due stelle sono a ricordare due insigni personaggi storici: S. Nicone da Barasso e lo storico Giacomo da Barasso. Il gonfalone è un drappo di bianco. Chiesa parrocchiale di San Martino Chiesa di Sant'Ambrogio, via F. Rossi, località Molina, risalente all'XI secolo con la fondazione dell'Ospedale dei Poveri addossato alla chiesa Chiesa di Maria Immacolata, via Cassini, frazione Cassini 390 nel 1751 457 nel 1805 unione con Luvinate in età napoleonica 606 nel 1853 624 nel 1859 Abitanti censiti Secondo lo statuto comunale, il territorio comunale comprende, oltre al capoluogo, le frazioni di Cassini e Molina, quest'ultima oggetto per secoli di una disputa territoriale col confinante Comune di Casciago. Secondo l'ISTAT, il territorio comunale comprende il solo centro abitato di Barasso. Barasso è attraversata dalla strada statale 394 del Verbano Orientale, che collega Varese a Luino e alla frontiera svizzera. Il centro abitato è servito dalla stazione di Barasso-Comerio, posta sulla ferrovia Saronno-Varese-Laveno, gestita da Ferrovienord e servita da treni regionali svolti da Trenord nell'ambito del contratto di servizio stipulato con la Regione Lombardia. Fra il 1914 e il 1940 Barasso una fermata della tranvia Varese-Angera, gestita dalla Società Anonima Tramvie Orientali del Verbano (SATOV). Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Barasso Sito ufficiale, su comune.barasso.va.it. Barasso, su sapere.it, De Agostini.

Stazione di Barasso-Comerio
Stazione di Barasso-Comerio

La stazione di Barasso-Comerio è una stazione ferroviaria della linea Saronno-Laveno. Sorge piuttosto in basso rispetto ai paesi a cui è intestata, più o meno a mezza costa fra Comerio ed il Lago di Varese. L'impianto è gestito da Ferrovienord, società del gruppo FNM S.p.A, che la qualifica come stazione di tipo secondario La stazione ha vinto il concorso Stazioni Fiorite nel 1991. Il fabbricato viaggiatori è in ottimo stato. L'impianto si compone di due binari passanti più un tronchino corto a lato Saronno. Sono presenti marciapiedi lunghi 220 m, raggiungibili dall'utenza grazie ad un sottopassaggio, pensiline e una sala d'attesa. Siccome tutti gli incroci da orario avvengono in questa stazione, sono stati effettuati degli interventi di potenziamento: prolungamento lato Laveno per circa 300 metri del binario d'incrocio (distanza fra segnale e deviatoio maggiore di 100 metri) ed installazione di un deviatoio percorribile a 60 km/h sul ramo deviato in direzione Laveno. A ciò va aggiunto un tronchino di salvamento lato Varese, il quale permette l'ingresso contemporaneo dei treni in stazione. La circolazione è gestita in Dirigente Centrale Operativo (DCO) da Varese. La stazione è impresenziata. La stazione è servita dai tutti i treni regionali Trenord della direttrice Milano Cadorna-Saronno-Laveno Mombello. Grazie all'orario cadenzato e simmetrico delle corse, la stazione è un nodo secondario di interscambio: presso di essa al medesimo orario si incrociano i treni provenienti dalle due direzioni opposte. Nel caso specifico, gli incroci avvengono al minuto 00 di ogni ora ai quali si aggiunge il minuto 30 negli orari di punta. Inoltre la stazione è servita dai treni RegioExpress RE1 Laveno - Varese - Saronno - Milano. Trasporti in Lombardia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su stazione di Barasso-Comerio

Chiostro di Voltorre
Chiostro di Voltorre

Il chiostro di Voltorre è ciò che rimane di un complesso religioso situato in Lombardia, precisamente a Voltorre, frazione del comune di Gavirate. L'espressione si riferisce comunemente all'intera struttura, che comprende appunto un chiostro, una piccola chiesa absidata con il campanile, ed alcuni locali un tempo parte di un più ampio edificio monastico. Nel Medioevo, le aree paludose adiacenti al Lago di Varese furono bonificate dai seguaci di San Bernone di Cluny, per essere usate per l'agricoltura. I monaci costruirono il loro insediamento a Voltorre. L'inizio dei lavori di costruzione della chiesa di San Michele risalgono all'XI secolo (forse attorno al 1060) o al massimo alla prima metà di quello successivo, edificata dai monaci cluniacensi in stile romanico sul sedime di due chiese più antiche e sorte in epoca longobarda. La costruzione del monastero e soprattutto del chiostro risente della mano dello scultore locale Lanfranco da Ligurno, che probabilmente non ha solo lavorato alla decorazione ma avrebbe progettato l'intera struttura. Dei quattro lati del chiostro, tre sarebbero stati costruiti verso la fine del XII secolo, più precisamente nel 1196; il rimanente lato sarebbe invece tardivo di circa mezzo secolo. La comunità di religiosi vi rimase fino al XV secolo, quando il monastero passo sotto la proprietà di diverse famiglie nobili di Varese originanti dagli Orrigoni. All'estinzione del ramo dinastico, il complesso fu gestito dai canonici lateranensi fino al definitivo esproprio del 1798, avvenuto a seguito delle disposizioni emanate l'anno precedente delle autorità francesi di Napoleone occupanti la zona. Seguì circa un secolo di frazionamento della proprietà e di uso improprio, che determinò uno stato di abbandono del bene fino alla fine del XIX secolo, quando alcuni esponenti del mondo della cultura locale, quali Luca Beltrami, Luigi Conconi e Lodovico Pogliaghi, iniziarono a interessarsi al valore artistico del luogo, e tentarono di iniziare una campagna di restauri. Le trattative coi vari proprietari e con la soprintendenza si arrestarono però bruscamente nel 1913, quando un enorme incendio devastò i locali del monastero, distruggendone completamente una parte importante, compresi diversi capitelli e colonnine del chiostro. Solo nel primo dopoguerra una porzione del complesso fu acquistata dallo Stato, che iniziò finalmente il restauro e la ricostruzione del chiostro nel 1929. Nel 1954 la provincia di Varese comprò la parte ancora in mani private del bene, e nel 1978 riuscì a farsi affidare la parte rimanete dal demanio. Dopo aver completato il restauro, il luogo è stato adibito a centro culturale e spazio museale, con un occhio di riguardo verso l'arte contemporanea. G. Ghiringhelli, Il chiostro di Voltorre. La sua storia, la sua arte attraverso i secoli, collana Rivista archeologica dell'antica provincia e diocesi di Como, 1908, pp. 97-158. Enzo Fabiani, Enzo Pifferi e Maria Teresa Balboni, Abbazie di Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1980. Carlo Perogalli, Enzo Pifferi e Laura Tettamanzi, Romanico in Lombardia, Como, Editrice E.P.I., 1981. Lucioni A. e Viotto P., L'anima e le pietre. La storia secolare del chiostro di Voltorre, Gavirate, 1999. L. Borroni, Acme, San Michele a Voltorre. L'architettura di un chiostro medievale alla svolta del 1200, 2006, pp. 261-282. L.C. Schiavi, Lombardia Romanica. Paesaggi monumentali, San Michele a Voltorre, Milano, 2011, pp. 85-87. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Chiostro di Voltorre

Grotte del Campo dei Fiori

Grotte del Campo dei Fiori è il nome di un sito di interesse comunitario e zona speciale di conservazione della rete Natura 2000 situato in provincia di Varese. Occupa una superficie di 894 ha compresa all'interno della zona di protezione speciale denominata Parco regionale Campo dei Fiori e dell'omonimo parco regionale. Il sito si estende nelle porzioni settentrionali dei comuni di Barasso, Cocquio Trevisago, Comerio, Gavirate, Luvinate e Varese, in un territorio quasi interamente boscoso sul versante meridionale del Campo dei Fiori. Il sito è caratterizzato da particolari tipi di habitat connessi alla presenza di carsismo, sia a livello epigeo, con campi solcati e doline, che ipogeo, con numerose grotte. All'interno del sito è inoltre presente una sorgente collegata al fenomeno carsico attiva tutto l'anno: la Fontana del Ceppo. Nel sito sono presenti sette habitat di interesse comunitario che occupano una superficie complessiva di 161,71 ha, pari al 18% della superficie complessiva dell'area protetta: Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (* notevole fioritura di orchidee) Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica Grotte non ancora sfruttate a livello turistico (per un totale di 86 grotte) Faggeti dell'Asperulo-Fagetum Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (AlnoPadion, Alnion incanae, Salicion albae) Boschi pannonici di Quercus pubescens Non sono presenti specie vegetali considerate di interesse comunitario, né specie rare o minacciate. Nel sito sono segnalate complessivamente un centinaio specie di interesse comunitario. Tra queste si trovano i rapaci astore, sparviero eurasiatico, poiana comune, gheppio comune e allocco (è segnalato inoltre un esemplare di falco pellegrino), i passeriformi il codibugnolo, cardellino, verdone comune, rampichino comune, merlo acquaiolo, pettirosso, ballerina bianca, ballerina gialla, cincia mora, cinciarella, cincia dal ciuffo, cinciallegra, cincia bigia, cincia bigia alpestre, codirosso spazzacamino, luì piccolo, ciuffolotto, fiorrancino, regolo comune, verzellino, picchio muratore, capinera e scricciolo comune e i picidi picchio rosso maggiore, picchio nero e picchio verde. Altre specie di interesse comunitario che qui nidificano per la riproduzione sono i rapaci nibbio bruno e falco pecchiaiolo, gli apodiformi rondone e rondone maggiore, i passeriformi lucherino, balestruccio, canapino, rondine comune, pigliamosche comune, rigogolo, luì bianco, luì verde, beccafico e sterpazzola. Si trovano poi il torcicollo e la beccaccia. È infine segnalata una coppia di bianconi. Tra i mammiferi considerati di interesse comunitario si trovano tre specie di pipistrelli: vespertilio di Bechstein, vespertilio di Capaccini e vespertilio smarginato. La presenza di numero grotte consente la presenza di numerose altre specie di chirotteri: serotino comune, vespertilio di Daubenton, vespertilio di Natterer, nottola minore, pipistrello albolimbato, pipistrello nano, orecchione comune, orecchione alpino, molosso di Cestoni. Altri mammiferi presenti sono il capriolo e il cervo nobile tra gli ungulati, faina, martora, donnola e tasso tra i mustelidi, e infine crocidura minore, toporagno comune, riccio comune, moscardino, ghiro e scoiattolo comune. Sono presenti l'orbettino, il saettone, il biacco, l'aspide, il ramarro occidentale e la lucertola muraiola. Un'unica specie anfibia presente nel sito è considerata di interesse comunitario: il tritone crestato italiano. Le altre specie presenti sono il rospo comune, la rana agile, la rana alpina e la salamandra pezzata. È segnalata la presenza di un'unica specie ittica, lo scazzone, che è considerata di interesse comunitario. Tra gli invertebrati di interesse comunitario vi sono tre specie di insetti, cerambice della quercia, falena dell'edera e cervo volante, e un crostaceo, il gambero di fiume Tra gli altri insetti, sono da segnalare anche Duvalius ghidinii e Maculinea arion. (EN) Grotte del Campo dei Fiori, su Sistema informativo europeo della natura - Common Database on Designated Areas, EEA.