place

Palazzo Ghini

Architetture barocche della provincia di Forlì-CesenaPagine con mappePalazzi di Cesena
Cesena Palazzo Ghini
Cesena Palazzo Ghini

Il Palazzo Ghini si trova nel centro storico di Cesena in corso Sozzi, su un'area nella quale i ritrovamenti effettuati accertano la presenza di edifici romani del I secolo a.C. Fu per oltre un secolo la residenza dei marchesi Ghini. Esiste un secondo palazzo omonimo nella vicina via Chiaramonti. La famiglia Ghini nel 1654 acquistò dei terreni per trasferirsi in città. Il palazzo venne commissionato nel 1680 dai fratelli Giacomo Francesco e Alessandro Bruno Ghini all'architetto cesenate Pier Mattia Angeloni; venne costruito all'incrocio dell'antica strada Cervese e la contrada S. Zenone. Inizialmente il progetto prevedeva una pianta ad "U" ma poi furono realizzati solo i corpi di fabbrica su corso Sozzi e, parzialmente, su via Uberti; la facciata su corso Sozzi rimase incompiuta nelle finiture lapidee. All'interno, nel salone d’onore, vennero eseguite intorno al 1720 delle pitture con soggetti storico-mitologici tipiche del tardo barocco. In seguito ad una divisione tra eredi, Monsignor Ghino Ghini riuscì ad acquistare l'intera proprietà del palazzo dando poi al palazzo la connotazione di residenza ecclesiastica per poi donarlo all'Ordine dei Gesuiti cesenati, che, secondo la sua volontà, vi stabilì la propria sede dal 1942 al 1962 e vi aprì una scuola apostolica. Divenne poi proprietà della curia. Sugli spigoli in pietra d'Istria si trovano le insegne pontificie di Papa Pio VI. La facciata interna del cortile presenta uno degli squarci più suggestivi di tutta la Romagna: si tratta di uno splendido loggiato a tre ordini, con colonne in pietra bianca ai due inferiori, dal quale è possibile godere di una delle visioni frontali della Biblioteca Malatestiana. Dallo scalone si accede a una loggia ornata da quattro statue di Francesco Calligari (Minerva, Cerere, Gloria e Marte); da qui si accede al grande salone d'onore, caratterizzato dal ciclo pittorico di Giacomo Bolognini, realizzato tra il 1719 e il 1721. Sono presenti tuttora, dono ufficiale e personale dei Papi Pio VI e Pio VII parenti stretti della famiglia, i busti marmorei raffiguranti gli stessi Papi e per cui i due Sommi Pontefici avevano posato. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Curzio Maria Ghini, I Ghini di Roccabernarda. Baldoni, Daniela (a cura di), Scavi archeologici a Cesena: storia di un quartiere urbano, Ravenna, Essegi, 1998, ISBN 978-88-7189-260-3. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Curzio Maria Ghini, I dipinti di palazzo Ghini a Cesena, Forlì, 1977. Archeologia dell'Emilia-Romagna 1/2, 1997. Palazzi di Cesena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Ghini

Estratto dall'articolo di Wikipedia Palazzo Ghini (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Palazzo Ghini
Corso Gastone Sozzi, Unione dei comuni Valle del Savio

Coordinate geografiche (GPS) Indirizzo Luoghi vicini
placeMostra sulla mappa

Wikipedia: Palazzo GhiniContinua a leggere su Wikipedia

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 44.138818 ° E 12.24582 °
placeMostra sulla mappa

Indirizzo

Corso Gastone Sozzi 39
47521 Unione dei comuni Valle del Savio, Quartiere Centro Urbano
Emilia-Romagna, Italia
mapAprire su Google Maps

Cesena Palazzo Ghini
Cesena Palazzo Ghini
Condividere l'esperienza

Luoghi vicini

Barriera Cavour
Barriera Cavour

La Barriera Cavour è una porta cittadina di Cesena costituita ai lati da due padiglioni e chiusa, fino agli inizi del XX secolo, da un cancello in ferro. Venne costruita in sostituzione della precedente Porta Cervese di origine malatestiana della quale rimangono visibili i resti di un barbacane. L'abbattimento dell'antica Porta Cervese, risalente al XIV secolo, e l'edificazione di questa costruzione, nel 1864, su progetto di Davide Angeli, costituiscono uno degli interventi di maggior rilievo tra i tanti che, dopo l'Unità d'Italia e in nome della modernità, intesero dare alla città un indiscutibile aspetto "borghese". In questo caso la porta, che segnava da secoli il punto in cui la romana Via del Sale, oggi Corso Cavour, usciva dalla città in direzione di Cervia, venne sostituita da due neoclassici padiglioni a lesene doriche, chiusi da una robusta cancellata. Negli intendimenti il risultato era quello di offrire, a chi entrasse in città provenendo dalla stazione ferroviaria, la miglior immagine di Cesena. I due padiglioni ottocenteschi speculari ai lati fungevano da barriera daziaria. Sono entrambi porticati su di un lato e ornati da lesene doriche e da un fregio con triglifi. Nel 2002 un'opera di restauro ha restituito alla città l'originale cancello che oggi si trova all'ingresso dei Giardini Pubblici. Gianfranco Lauretano, Cesena, nello sguardo, nella mente, nel cuore, a cura di Marisa Zattini, Cesena, Il Vicolo, 2010, ISBN 978-88-96431-15-3. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Mura di Cesena Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Barriera Cavour Le Mura di Cesena, su homolaicus.com.

Duomo di Cesena
Duomo di Cesena

Il Duomo di Cesena è la cattedrale di San Giovanni Battista; i lavori iniziarono nel 1385; è il principale luogo di culto cattolico di Cesena, in Romagna, sede vescovile della diocesi di Cesena-Sarsina. Il Duomo non è sempre stato ubicato nella sua attuale posizione. Infatti, prima della signoria Malatestiana esso era collocato all'interno della cittadella rialzata (detta Murata), nell'area oggi occupata dallo Sferisterio di Cesena. Nel 1385 iniziò, per volere di Andrea Malatesta, la ricostruzione in stile romanico-gotico del duomo, che subì col passare dei secoli diverse trasformazioni, ritornando quindi alle sue forme originarie con l'ultimo restauro della seconda metà del XX secolo. Nel luglio del 1960 papa Giovanni XXIII elevò la cattedrale alla dignità di basilica minore. Nel 1378 Galeotto I Malatesta, appena divenuto signore, aveva stabilito che la cattedrale fosse ricostruita nella contrada Croce di Marmo (dove un tempo sorgeva la chiesa di Sant'Antonio Abate), all'incrocio tra la Via Emilia e l'antica Via del Sale per Cervia (oggi corso Gastone Sozzi). I lavori, iniziati nel 1385, si protrassero per circa un ventennio seguendo il progetto iniziale di un architetto originario di Untervaldo (Svizzera) - per questo conosciuto genericamente con il nome di Maestro Underwalden - che lo ideò secondo lo schema ad Hallenkirche (chiesa a sala), tipico del gotico di area germanica. La chiesa tra il 1443 e il 1456 fu dotata di un campanile su progetto del maestro Maso di Pietro di Lugano e per volontà del vescovo Antonio Malatesta da Fossombrone; quest'ultimo fu una figura centrale nello sviluppo della cattedrale e il suo aspetto generale odierno si deve alle sue sistemazioni. Alla sua morte, lo scultore fiorentino Ottaviano di Antonio di Duccio scolpì la sua arcata sepolcrale e diede inizio a un periodo prospero per l'arte della chiesa, che vide impegnati scultori celebri come i fratelli Giovanni Battista e Lorenzo Bregno da Osteno. A cavallo tra '400 e '500 fu poi completata la parte superiore della facciata, su progetto di Mario Codussi. A fine ’500 il vescovo Gualandi rivide la struttura globale della cattedrale e dedicò il piccolo dipinto di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo alla Madonna del Popolo. Successivi rifacimenti barocchi caratterizzarono il XVII secolo, mentre a metà '700 la Madonna del Popolo fu definitivamente collocata nella nuova cappella dedicata appunto alla Madonna del Popolo, edificata tra il 1746 e il 1748 su progetto di Pietro Carlo Borboni e affrescata da Corrado Giaquinto tra il 1750 e il 1751. Dopo un ritorno alle origini con l'eliminazione delle aggiunte barocche, tra il 1886 e il 1892 l'architetto Gualandi conferì alla cattedrale un nuovo volto falso gotico. Infine, nel triennio 1957-1960 il restauro definitivo: l'eliminazione delle volte interne neogotiche, un nuovo soffitto, l'eliminazione degli altari ottocenteschi, una nuova cripta e la muratura delle finestre sulla facciata portarono la chiesa all'aspetto attuale, del tutto simile a quello originale. L'esterno dell'edificio colpisce per la sobrietà tipicamente romanica, in laterizio, con otto lesene a interrompere la piatta uniformità della facciata. La parte superiore, progettata da Mario Codussi e di ascendenza veneta, presenta un frontone triangolare, due timpani semicircolari e due pilastrini; al centro si trova una coppia di lesene ornate con un occhio ornato di fregio a serafini. La rimanente decorazione della facciata si limita ad un'iscrizione (a destra del portale) con indulgenza plenaria concessa alla città da papa Pio VI, del 9 luglio 1793, e una nicchia con Madonna col Bambino di Vincenzo Gottardi del 1510. A sinistra della cattedrale, infine, troviamo una statua in bronzo di San Giovanni Battista degli anni ottanta, dello scultore Leonardo Lucchi. Il portale in pietra strombato, a tutto sesto, conferisce maestosità e grazia alla facciata; la tradizione lo vorrebbe proveniente dall'antica chiesa di San Lorenzo e qui posto per volontà di Antonio Malatesta, ma vi sono possibilità che sia originale della fabbrica del Duomo. La porta in bronzo (2000) è opera dello scultore cesenate Ilario Fioravanti e illustra le virtù di San Giovanni Battista: nell'arco sono presenti la Madonna del Popolo con san Mauro e san Vicinio, sotto sono illustrati i Quattro Evangelisti e la glorificazione del Cristo, sui battenti Episodi della vita del santo con incontro col Cristo, nella parte interna delle maniglie troviamo i Santi Francesco d'Assisi, Chiara, Ambrogio e Carlo. Il campanile è situato sul fianco posteriore sinistro del Duomo. Esso fu eretto tra il 1443 e il 1456 su progetto di Maso di Pietro della Val Lugano, venne dotato di una cella campanaria nel 1741 e dell'originale cupoletta nel 1753, fino a raggiungere l'altezza di 72 metri. La struttura interna è a tre navate, con capriate lignee per la centrale e soffitto a crociera per le laterali. In controfacciata, sopra l'ingresso, si può ammirare La Beata Vergine col Bambino, gli angeli, i Santi Mauro e Severo, la città di Cesena e i martiri Eugario, Firmio, Genesio e Concordia di Girolamo Cialdieri (1625, proveniente dalla distrutta chiesa di San Severo), e sopra troviamo una lapide del 1650 con ovale contenente La Vergine e il Bambino e un'iscrizione a ricordo di Pier Giacomo Beccarini, benefattore della Compagnia della Madonna del Popolo; seguono un'Urna di san Mauro in rame del 1645 e, sopra, la Scultura di sant'Antonio Abate della bottega del Bregno (XVI secolo). Nella navata di destra è presente il Crocifisso, in legno, detto di "San Zenone" del XV secolo; poi un'arca sepolcrale, in pietra d'Istria, del vescovo Antonio Malatesta da Fossombrone del 1467 di Ottaviano di Antonio di Duccio; quindi il celebre Altare del Corpus Domini del 1494 di Giovanni Battista Bregno: è questa la massima scultura conservata nella Cattedrale e raffigura il Cristo, San Giovanni Battista, San Giovanni Evangelista, l'Arcangelo Gabriele, l'arcidiacono Carlo Verardi (il committente dell'opera) e il nipote Camillo (un cavaliere pontificio). Continuando, sopra la porta laterale, ammiriamo San Girolamo di Livio Modigliani, segue un paliotto commemorativo del vescovo Augusto Gianfranceschi e i resti della cappella di San Tobia, che oggi è sede del Museo della Cattedrale. Nell'abside sono presenti due grandi quadri di Giuseppe Milani dipinti nel 1782 in onore di papa Pio VI (Nascita e Martirio di san Giovanni Battista); le vetrate, di Nicola Sebastio (1981), effigiano il Magnificat, il Battesimo di Cristo e il Martirio di san Giovanni Battista. La nicchia che introduce nella navata sinistra presenta il frammento di affresco della Santissima Trinità adorata da San Francesco e dal canonico Cesare Isolani, di Antonio Aleotti del 1509, e il sarcofago di San Severo (1644-1645); seguono l'antichissima Meridiana di Marinace Vescovo, del 1022 proveniente dal vecchio Duomo, e la porta d'accesso alle sacrestie: nella prima sono presenti degli armadi di Fabio Urbino e soffitto a cassettoni del XV secolo, nella seconda si ammira un prezioso lavabo rinascimentale. Ancora sulla navata sinistra troviamo: San Severo venerato da Carlo e Camillo Verardi del Gottardi del 1490, un bassorilievo con Compatrono, i due committenti, due angeli e folla di fedeli, infine segue una porta laterale con un quadro raffigurante la Madonna e Bambino con Sant'Antonio da Padova. Proseguendo troviamo la Cappella della Madonna del Popolo e successivamente un trittico scultoreo con i Santi Cristoforo, Leonardo e Eustachio di Lorenzo Bregno (1514-1517); il battistero infine presenta degli affreschi risalenti al XVI secolo con San Vincenzo Ferreri e San Rocco, infine, il fonte battesimale è del 1541. Nella cripta sono custodite le spoglie di San Mauro, vescovo e patrono della città. A metà navata (in perfetta corrispondenza con l’Altare del Corpus Domini) scorgiamo la Cappella della Madonna del Popolo di Pietro Carlo Borboni (1746-1748): essa è a pianta quadrata con colonne, agli angoli, in stile corinzio e marmi policromi; sono presenti gli affreschi di Corrado Giaquinto del 1750, nella calotta semisferica c'è La genealogia della Vergine, raffigurante il Paradiso con la Vergine, il bambino Gesù e i personaggi dell'Antico Testamento; nei pennacchi I profeti Baruc, Ezechiele, Isaia e Geremia. L'altare presente del 1882 è stato fabbricato su progetto di Francesco Vespignani e Filippo Viti. Nell'ancona veneriamo La Madonna del Popolo (di Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, 1520), centro di culto popolare, così denominata dal 1599 per volere del vescovo Camillo Gualandi e del cappuccino Padre Girolamo da Forlì, dove qui fu collocata nel 1683. Gli stucchi della cappella sono di Pietro Martinetti, i preziosi marmi di Giovanni Fabbri (1753-1759), mentre gli angeli in stucco sulle porte laterali sono di Antonio Trentanove (1795-1796). Alcune iscrizioni completano il ricco apparato: due ricordano la visita di Papa Pio VI avvenuta nel 1782, una rammenta la visita di Papa Giovanni Paolo II dell'8 maggio 1986, un'altra la visita di Papa Francesco del 1º ottobre 2017, un'altra ancora un episodio miracoloso durante la seconda guerra mondiale con protagonista il vescovo Beniamino Socche. In fondo alla navata di destra su una pensilina, si trova l'organo costruito nel 1962 dalla Famiglia Artigiana Fratelli Ruffatti di Padova, che per quanto possibile, curò di utilizzare materiale derivante dal vecchio organo “Laudani e Giudici” del 1898, danneggiato da eventi bellici e posto originariamente in cantoria sopra il portale d'ingresso. La stessa nel 1985 revisionò lo strumento migliorandone il quadro fonico, in modo da aumentare le possibilità espressive dell’organo. Lo strumento possiede N° 2121 canne, 2 tastiere di 61 note ciascuna, pedaliera concavo radiale di 32 note e N° 34 registri (tra cui 26 reali e 8 trasmessi, derivati o prolungati). La trasmissione degli impulsi tra consolle e organo avviene col sistema elettronico multiplex, su un singolo cavo coassiale, che dà, tra l’altro, la possibilità all’organista di memorizzare ben 64 combinazioni diverse di registri. Il 1º giugno 2008, in base a un'antica norma di diritto canonico, l'ex-vescovo di Cesena Antonio Lanfranchi dispose la celebrazione di una messa "riparatrice", a seguito dello scandalo suscitato da una coppia sorpresa in un confessionale della cattedrale nell'atto di consumare un rapporto sessuale. Pierluigi Moressa, Guida storico-artistica di Cesena e del suo comprensorio. Il monte, il ponte, il fonte, Forlì, Foschi, 2008, ISBN 978-88-89325-43-8. Touring Club Italiano, La provincià di Forlì-Cesena: Terra del Sole, Bertinoro, Longiano, Cesenatico, Milano, Touring Editore, 2003, ISBN 88-365-2908-9. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Marino Mengozzi, Storia della Chiesa di Cesena, Cesena, Stilgraf, 1998. Diocesi di Cesena-Sarsina Museo diocesano e della cattedrale di Cesena Wikibooks contiene testi o manuali sulla disposizione fonica dell'organo a canne Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla cattedrale di San Giovanni Battista a Cesena Duomo di San Giovanni Battista sul sito del Comune di Cesena, su comune.cesena.fc.it. URL consultato il 18 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 9 marzo 2012). La cattedrale: storia e descrizione (PDF), su chieseinsieme.it (archiviato dall'url originale il 24 luglio 2019). Chiesa di San Giovanni Battista (Cesena) su BeWeB - Beni ecclesiastici in web

Biblioteca Malatestiana
Biblioteca Malatestiana

La Biblioteca Malatestiana di Cesena fu fondata a metà del XV secolo grazie agli sforzi congiunti del signore della città, Domenico Malatesta, e dei frati francescani del locale convento, che ospitarono nei propri edifici la raccolta di libri: questa biblioteca monastica si differenziò dalle altre per essere stata impostata come istituzione civica, affidata cioè alle cure degli organismi comunali. Prima del suo genere, crebbe per fama e importanza nel corso dell'età moderna e raccolse diverse opere manoscritte, incatenate a una serie di plutei collocati nell'Aula del Nuti. Il suo patrimonio sopravvisse all'occupazione francese e alla trasformazione della biblioteca in caserma (1797-98) grazie agli sforzi della cittadinanza che riebbe in possesso il complesso conventuale qualche anno dopo: nel 1807 la Malatestiana fu ristabilita nel suo stato originale, da allora lasciato invariato. Infatti si sviluppò una biblioteca comunale (detta Malatestiana nuova) che, nel corso del XIX secolo, fu via via ampliata negli spazi e nella raccolta, diventando un'istituzione aperta a tutti. Sopravvissuta indenne alla seconda guerra mondiale e oggetto di restauri e valorizzazioni, nel 2005 l'UNESCO riconobbe la grande importanza culturale e storica della Malatestiana antica, inserendola nel Registro della Memoria del mondo. Tra vecchia e nuova biblioteca, la Malatestiana conserva quasi 380 000 volumi, comprese migliaia di opere manoscritte di grande valore, quotidiani, riviste, fotografie, lettere e articoli di numismatica.

Palazzo Romagnoli
Palazzo Romagnoli

Il palazzo Romagnoli (ex palazzo Maraldi) è situato lungo l'antica contrada Uberti, a Cesena, a lungo proprietà della famiglia Romagnoli. Acquistato da Prospero Romagnoli che nel 1717 andò ad abitarvi, rimase sino alla estinzione della casata nel 1899 di proprietà dei marchesi Romagnoli. Il marchese Prospero Romagnoli acquistò un primordiale edificio dalla famiglia Maraldi nel 1711 ; venne poi ristrutturato dal figlio Michelangelo Romagnoli (1719-1780) fra il 1753 e il 1765 su un progetto da lui stesso elaborato. L'architetto Pietro Carlo Borboni curò la chiusura del cortile sul lato delle mura. L'ala sinistra venne eretta dal Melchiorre Romagnoli dopo il 1789. Successivamente il palazzo venne suddiviso fra diversi proprietari. Le volte del piano nobile e della galleria del secondo piano furono affrescate da Giuseppe Milani mentre le logge e gli angoli del salone vennero arredate con sculture di Francesco Callegari; le porte e le superfici lignee intagliate con stile rococò sono opera di Giovanni Urbini. La pianta dell'edificio è a "U" con corpo centrale a tre piani affiancato da due ali più basse. Attraverso un profondo androne si raggiungono le scale laterali simmetriche, conducenti ai piani superiori. L'esterno si caratterizza per il suo grande portale a tutto sesto, inquadrato da colonne in pietra d'Istria e, e sormontato da un balcone anch'esso di pietra d'Istria. All'interno, nel piano di riposo dello scalone di destra si trovano statue di Francesco Calligari, nel salone d'onore sono collocati i dipinti del Milani(tra cui la grande "Apoteosi di Giulio Cesare" dipinta dal 1755 al 1760) sempre di Giuseppe Milani, e della sua bottega sono le decorazioni pittoriche degli altri ambienti del palazzo; gli arredi lignei sono della bottega di Giovanni ed Antonio Urbini. Denis Capellini, Guida di Cesena, Città Malatestiana, Cesena, Il Ponte Vecchio, 2001, ISBN 88-8312-175-9. Lelio Burgini, "I Marchesi Romagnoli" in Corriere Romagna, ed.Cesena, 21 marzo 1999 Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Palazzo Romagnoli

Chiesa di Santa Maria del Suffragio (Cesena)
Chiesa di Santa Maria del Suffragio (Cesena)

La chiesa di Santa Maria del Suffragio è un edificio di culto cattolico situato in via Zefferino Re, nel centro storico di Cesena. La confraternita omonima venne fondata nel 1633 per suffragare le anime del Purgatorio, mentre la piccola chiesa venne edificata tra il 1685 e il 1689, su progetto dell'architetto cesenate Pier Mattia Angeloni. Agli originali tre altari furono apposti quadri di Giovan Battista Razzani. Nella seconda metà del Settecento, la facciata e l'interno della chiesa furono pesantemente ritoccati venendo ad assumere l'aspetto attuale. Sull'altare maggiore si trova la pregevole Natività della Vergine con San Manzio vescovo, che il molfettese di nascita e napoletano di formazione Corrado Giaquinto eseguì per questa chiesa nel 1752. L'esterno della chiesa oggi appare nudo e solo la porta è quella originaria del Seicento. Al contrario, l'interno è ricco e di gusto barocco: frutto per lo più della tarda decorazione (stucchi, cornici, cartigli, ghirlande, scheletri e allegorie) di Francesco Calligari. Nella controfacciata si trova un organo del 1761. Nella disposizione attuale, sulla destra c'è l'altare che era quello maggiore prima dei cambiamenti settecenteschi: vi è posto il dipinto con I santi Liborio, Giuseppe e Luigi Gonzaga (di Francesco Anderini, del 1751) con una statua della Madonna Addolorata; ai lati si trovano due statue del Calligari. La prestigiosa ancona marmorea che la racchiude fu realizzata nel 1753 dal marmista Giovanni Fabbri di Fossombrone su progetto dello stesso Giaquinto. Ai lati dell'altare si trovano statue della Carità e della Speranza del riminese Antonio Trentanove (1801), allievo di Antonio Canova. Sulla sinistra si trova l'altare con L'Immacolata, il Bambin Gesù benedicente, san Giuseppe sposo di Maria, san Francesco d'Assisi, san Marco Evangelista, sant'Antonio da Padova, san Nicola da Tolentino e le Anime purganti del Razzani, con ai lati altre due statue del Calligari. Prima delle razzie napoleoniche ospitava una Santa Margherita da Cortona del Guercino (1648), ora custodita nei Musei Vaticani. Denis Capellini, Guida di Cesena, città malatestiana, Cesena, Il ponte vecchio, 2001. ISBN 88-8312-175-9. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di Santa Maria del Suffragio