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Cicignano

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Cicignano Borgo
Cicignano Borgo

Cicignano (cicignanu in dialetto locale) è una frazione del comune di Collevecchio nella Valle del Tevere ai confini con l'Umbria.

Estratto dall'articolo di Wikipedia Cicignano (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

Coordinate geografiche (GPS)

Latitudine Longitudine
N 42.3491 ° E 12.54139 °
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Indirizzo


02042
Lazio, Italia
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Cicignano Borgo
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Luoghi vicini

Poggio Sommavilla
Poggio Sommavilla

Poggio Sommavilla (poggetto, poggettu in dialetto locale) è una frazione del comune di Collevecchio, in provincia di Rieti nel Lazio. Situata nella Valle del Tevere, è nota per il rinvenimento di reperti archeologici dalla preistoria. Il toponimo Poggio Sommavilla viene citato dal Chronicon 33 del Soratte in epoca altomediovale come Castri Summa Villa, perché edificato sui resti di una villa di epoca romana imperiale, costruita successivamente alla distruzione da parte dell'esercito romano repubblicano del centro arcaico di cui non si conosce ancora il nome. A darne testimonianza archeologica sono le statue della villa trafugate nel 1600 per la collezione Khircheriana e il ritrovamento di una statua da un contadino tra il 1876-1891 nella località dei Frati nella parte nord dell'attuale centro storico, oggi sono conservate a Roma al Museo Nazionale Romano. Nel 1283 Pandolfo II Anguillara attaccò il castello di Poggio Sommavilla che venne difeso da Magliano che dovette pertanto subire la reazione papale e del comune romano. Nel 1311, per la sua importanza strategica tra Lazio e Umbria, Magliano attira l'interesse del Comune di Roma e ne diventa vassallo. Poggio Sommavilla è nota per il rinvenimento di reperti archeologici dalla preistoria all'età tardo antica. La Fiaschetta pendaglio amuleto di Poggio Sommavilla è un vasetto in impasto bruno con iscrizione del VII secolo a.C. appartenuto a una donna, e rinvenuto nel 1895 nel corredo funerario della Tomba III nella Necropoli del centro arcaico di Poggio Sommavilla. Si trova su un terrazzo fluviale della valle del Tevere nell'area archeologica di Poggio Sommavilla, sopra la zona di confluenza del torrente Aia e il fiume Treja nel Tevere. Quest'area fu abitata in maniera continuativa dal paleolitico sino al medioevo, e continuò ad essere frequentata anche successivamente come rifugio sino al secolo scorso da briganti e pastori. Museo civico archeologico di Magliano Sabina Stazione Collevecchio Poggio Sommavilla Valle del Tevere Grappignano Foglia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Poggio Sommavilla

Museo civico archeologico di Magliano Sabina
Museo civico archeologico di Magliano Sabina

Il Museo Archeologico di Magliano Sabina è ospitato a Palazzo Gori; è distribuito su tre piani visitabili dai fruitori e uno riservato al magazzino e al laboratorio di restauro; i reperti sono esposti secondo provenienza e presentati in successione cronologica e ciò permette di tracciare le linee fondamentali della civiltà nella valle del Tevere. Il Museo civico archeologico di Magliano Sabina, precedentemente allestito presso l'ultimo piano del Palazzo Comunale, è stato costituito nell’ultimo decennio del secolo scorso, esattamente nel 1989, con i finanziamenti regionali dell’Ufficio Musei della Regione Lazio e il contributo del Comune ed è attualmente ospitato presso Palazzo Gori nel centro storico del pease. La sua istituzione è stata possibile grazie a una raccolta svolta nel corso di decenni in seguito ad ogni tipo di intervento eseguito sul territorio,sia agricolo sia di servizio, da alcuni appassionati locali riunitisi in un gruppo di ricerca. Attraverso lo studio costante e la revisione di una ingente quantità di frammenti si contano ad oggi 1683 beni inventariati e catalogati nel formato I.C.C.D. e 800 pezzi esposti, provenienti da raccolte di superficie condotte nell’ambito di una area geografica che dal Nera arriva fino al Farfa. A questo gruppo di ricerca e ricognizione hanno partecipato, in periodi diversi ma con lo stesso impegno, diversi archeologi tra cui Massimo Firmani insieme agli appassionati locali che permisero, con i loro studi personali, che il Museo divenisse una realtà concreta e visitabile. Si tratta di una mole di frammenti sottoposti ad una puntuale revisione e studio critico e collegati a nuove ricognizioni topografiche sul territorio che hanno permesso di individuare scientificamente componenti ed aspetti delle origini della cultura dei popoli nella valle del Tevere e del suo sviluppo dalla fase recente dell’età del ferro sino ad epoca arcaica. Uno dei risultati più rilevanti è stata l'individuazione e lo studio dell’insediamento arcaico che si estendeva sui colli dove adesso sorge il paese di Magliano. L’allestimento del Museo è articolato su tre piani suddiviso nelle sezioni dedicate alla preistoria, all’età del Bronzo, del Ferro, all'epoca orientalizzante, arcaica e romana fino alle testimonianze mediovali. I primi tre piani sono visitabili dal pubblico e ospitano reperti esposti secondo provenienza e presentati in successione cronologica e ciò permette di tracciare le linee fondamentali della civiltà della valle del Tevere. Il piano terra ospita, inoltre, gli uffici della reception che contengono una piccola biblioteca per consultazione a disposizione dei fruitori e una sala dedicata alle esposizioni temporanee o ai laboratori didattici; il terzo e ultimo piano invece ospita il magazzino con i reperti fuori teca o in via di restauro. I siti dai quali provengono i materiali esposti, risalenti soprattutto al Paleolitico medio, sono stati raccolti su un alto terrazzo alla confluenza del torrente L’Aia con il Tevere circa frontalmente alla foce del Treja (Paleotevere), costituito da depositi alluvionali ghiaiosi e sabbiosi noto con i toponimi di Grappignano, Colli Oti, Macchia Grande e Colle Rosetta. I materiali più interessanti provengono dal complesso Macchia Grande - Grappignano e possono essere suddivisi in due gruppi distinti: uno fortemente modificato dal trasporto e dagli agenti esterni con incrostazioni che ne hanno alterato la leggibilità; il secondo, più consistente, caratterizzato da una importante presenza di manufatti ottenuti con tecnica di scheggiatura predeterminata, ovvero in grado di produrre schegge di dimensioni controllate (nota come tecnica Levallois esplicata all'ingresso con simulazioni di scheggiatura di selci). Vi è una piccola serie appartenente ad industria su lama e sono esposti raschiatoi e punte di freccia, provenienti sia da raccolte di superficie sia da ricognizioni programmate. Suddiviso in 3 sale, raccoglie la documentazione archeologica ritrovata sul territorio che copre l'arco temporale che va dalla protostorica età del Bronzo fino alla storia con l'invenzione della scrittura. Sala 1 - Bronzo antico, medio, recente e finale La prima vetrina espone i tipi ceramici rappresentati da scodelle, ciotole, brocche, olle e dolii, realizzati in impasto grossolano con inclusi quarzosi. Nella seconda la cultura materiale di queste fasi è rappresentata dai reperti esposti di stile proto villanoviano presente in Italia dal XII al X secolo a.C.:sono presenti scodelle ad orlo rientrante, tazze ad orlo svasato, vasi biconici, olle e dolii. Il repertorio decorativo è costituito da motivi geometrici incisi a fasce di solcature o impressi a cordicella. Sono presenti frammenti di fornelli usati per la cottura dei cibi. Sala 2 - Ferro Le produzioni artigianali esposte sono ceramica da mensa di fattura più raffinata (quali tazze quadri ansate, in alcuni casi su piede traforato, tazze con ansa sopraelevata, anfore ed anforette con anse bifide o crestate, brocche e vasi biconici) e da cucina (di fattura più grossolana, per lo più privi di decorazione con un repertorio di forme rappresentate da bacini, grandi ciotole, tegami, olle, dolii, e fornelli) destinate alla cottura dei cibi ed alla loro conservazione. Si tratta di ceramica eseguita a mano, ma con le superfici lucidate a stecca, decorate da bugne, leggere solcature, costolature e cerchielli impressi. Sala 3 - Età Orientalizzante e Arcaica La scrittura segna il passaggio dalla protostoria alla storia. L'olletta della tomba della necropoli del Giglio a Magliano, come la fiaschetta miniaturistica della tomba III della necropoli di Poggio Sommavilla documentano la lingua e la cultura nella valle del Tevere: una lingua che aveva adottato la scrittura un alfabeto euboico-calcidese. Sono presenti inoltre numerosi nuclei di argilla concotta (intonaci di capanne, seconda metà del VII secolo a.C.) e corredi funebri che includono olle d’impasto bruno, decorate ad incisione ed excisione, altre grandi olle in impasto bruno, mentre la presenza di vasi in bucchero, nei tipi di calici e kantharoi, testimonia commerci con l’area etrusca. All'interno dell'abitato di Foglia, dopo i lavori dell'Autostrada del Sole, al di sopra di quanto rimasto di una necropoli rupestre ricavata nella parete tufacea sul quale sorge l'abitato stesso, prossimo ad un antichissimo guado del Tevere in comunicazione con il Treja e Falerii Veteres, è stata rinvenuta l'iscrizione in alfabeto falisco di Foglia a dictus sinistroso. Si trova su una lastra di arenaria locale. Tutte le lettere hanno altezza di 3,5 cm, tranne il sigma di 4 cm e il segno V di 3 cm. Questo piano espone ritrovamenti riguardanti l'insediamento di Magliano Sabina in epoca tardo classica e la successiva fase di romanizzazione. Sala 1 - Fase Ellenistica e Orientalizzante La provenienza del materiale sono le necropoli e sono esposti dei corredi composti in massima parte vasi a figure rosse di produzione falisca, vasi a vernice nera con decorazione suddipinta e accompagnate da ceramica d’impasto. Sala 2 Sono esposti i materiali, raccolti sul sito di Monte le Palme nell'area archeologica di Poggio Sommavilla. Si inquadrano tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo e sono frammenti di rosso, frammenti di calici d’impasto lucidati a stecca e frammenti di piattelli con decorazione impressa. A seguire, i materiali raccolti dall’area delle necropoli, recuperati in seguito a lavori agricoli. La grande olla d’impasto bruno con decorazione a cordoni plastici e l'anforetta sabina in impasto grigio documentano l’attività di officine locali pp.275-285 nel corso della prima metà del VI secolo a.C..o. Sala 3 - Romanizzazione Le ricognizioni svolte a monte dell’allestimento del Museo hanno offerto un quadro abbastanza puntuale delle attività che si svolgevano nelle fattorie ma non della loro struttura mentre, per quanto riguarda le villae, queste hanno lasciato sul terreno segni più evidenti e ciò ha reso possibile una rappresentazione ipotetica su pannello in questa sala.. Da Colle Rosetta, fattoria di epoca repubblicana, provengono e sono esposti materiali connessi con attività agricole: frammenti di dolii(per la conservazione di derrate e granaglie), anfore per il trasporto del vino (anfore greco-italiche) e altri materiali di uso quotidiano oltre numerosi frammenti di olle da fuoco, bacini e brocche, e ceramica a vernice nera nelle forme delle brocche, coppe, piattelli Genucilia. La presenza dei pesi da telaio sono indizio di attività di filatura. Dalla Villa di San Sebastiano sono state recuperate due macine per cereali in pietra lavica, composte da una parte superiore detta catillus, che veniva fatta ruotare sulla parte inferiore detta meta per schiacciare le granaglie. Nelle vetrine sono esposti una selezione di strumenti agricoli in ferro; anfore per il vino, tipo Dressel 2/4 diffuse nell’Italia centrale nel I secolo d.C., ceramica d’uso comune (brocche ed olle e bacili), una notevole campionatura di ceramica da mensa in sigillata italica dal caratteristico colore rosso nella forma di coppe e piattelli, sui quali appaiono graffiti con nomi propri. Alla pars urbana della villa sono da riferire materiali architettonici e decorativi: frammenti di cornici in marmo, frammenti di intonaci con decorazione geometrica in colori vivaci, antefisse in forma di vittorie alati, frammenti di lastre di vetro di pertinenza delle finestra. Infine una vetrina con contenuti in metallo e ceramica risalenti al Medioevo. Qui vengono conservati materiali scartati nelle selezioni per l'esposizione o in attesa di restauro. È sempre qui che sono conservati anche i frammenti recuperati dall’area della villa di Ponti Novi. Nell’anno 2000,in occasione dei lavori sull’autostrada del Sole, dagli sbancamenti nei pressi del casello di Magliano Sabina è venuta alla luce una notevolissima quantità di materiale archeologico. Si tratta di frammenti di ceramica comune nei tipi di brocche, olle e bacini ai quali si affiancano ceramiche da fuoco. Numerosi frammenti di anfore Dressel 2/4 e anfore olearie Dressel 20 che attestano un’attività di produzione di vino ed olio in piena età imperiale. Quello che più colpisce è la quantità di frammenti di intonaco dipinto con fine decorazione a medaglioni con elementi fitomorfi; sono inoltre stati recuperati frammenti di marmi pregiati. Giovanna Alvino, I Sabini. La vita, la morte gli dei, Catalogo della mostra di Rieti, Sala dei Cordari, Roma, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell'Etruria meridionale, 1997. P. Santoro, Rilettura critica della necropoli di Poggio Sommavilla, in Civiltà arcaica dei Sabini nella Valle del Tevere, III, Roma, Roma CNR, 1977. M. Cristofani Martelli, Per una definizione archeologica della Sabina: la situazione storico- culturale di Poggio Sommavilla in età arcaica, in Civiltà arcaica dei Sabini nella Valle del Tevere - Rilettura critica della necropoli di Poggio Sommavilla, III, Roma, Roma CNR, 1977.pp.11-48 Paola Santoro, Etrusca et italica, Scritti in ricordo di Massimo Pallottino, volume II, a cura di Giuliana Nardi, Pisa, Ist. Editoriali e Poligrafici, 1997, ISBN 888147025X. pp. 551 –565 P. Santoro, Miscellanea etrusco-italica "Gli scavi a Poggio Sommavilla nell’Ottocento", in M. Cristofori (a cura di), Quaderni di archeologia etrusco-italica, Roma, Roma CNR, 1993.pp.47-64 Alessandro Guidi e Paola Santoro, Centri della Sabina Tiberina in epoca preromana in Bridging the Tiber. Approaches to regional Archaeology in the Middle Tiber Valley, London, H. Patterson, British school at Rome, 2004. Maria Cristina Bettini e Alessandro Nicosia, I Sabini popolo d’Italia dalla storia al mito, Catalogo della Mostra, Complesso del Vittoriano di Roma, Roma, Gangemi Editori, 2009, ISBN 978-8849216455. Enrico Benelli, I Sabini prospettiva archeologica, Entre archeologie et histoire: dialogues sur divers peuples de l’Italie préromaine. E pluribus unum? L’Italie de la diversité preromane a l’unité augusteenne, I, Etudes genevoises sur l’antiquité, Bern, Peter Lang AG, Internationaler Verlag der Wissenschaften; Multilingual edition, 2014, ISBN 978-3034313247. pp.137-148 Valle del Tevere Area archeologica di Poggio Sommavilla Grappignano Foglia Falerii Veteres Ocriculum Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo civico archeologico di Magliano Sabina Sito realizzato dall'Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico del CNR Montelibretti, Roma Archiviato il 9 aprile 2016 in Internet Archive. "Popoli e culture dell'Italia preromana. I Sabini" di Alessandro Guidi

Magliano Sabina
Magliano Sabina

Magliano Sabina è un comune italiano di 3 486 abitanti della provincia di Rieti nel Lazio. Geograficamente nella Valle del Tevere, il comune di Magliano Sabina è dislocato tra Lazio ed Umbria. Il centro abitato sorge a 222 metri di altitudine su un terrazzo fluviale del Tevere. Il territorio è caratterizzato da un andamento collinare che precede il Subappennino (Monte Cosce e Monte Rosaro oggi chiamato Monte San Pancrazio). Il Torrente Campana o Aia di Campana, nel primo tratto scorre tra le colline di Cicignano e Collesala dove ne delimita il territorio comunale, l'omonima valle e l'antica strada Campana collegava il Tevere dove il torrente trova la foce. Il Torrente Aia, proveniente da Poggio Sommavilla, confluisce nel Tevere, circa frontalmente la foce del Treja nei pressi di Foglia. Classificazione climatica: zona D, 1769 GR/G Alle origini il territorio era ricoperto dal mare, successivamente da un lago, detto Tiberino. Nel Pliocene emersero le colline attuali, dove ossidiane e selci lavorate indicano la comparsa dell'uomo. Le necropoli del Giglio, di San Biagio, di Castellano e di Collicello restituiscono reperti di un villaggio arcaico collegato agli insediamenti arcaici di Foglia e Poggio Sommavilla nella Valle del Tevere i cui reperti sono visibili nel Museo civico archeologico di Magliano Sabina. Ville rustiche di età repubblicana e imperiale in tutto il territorio e un nucleo abitato nella valle del Tevere, denominato Catiliano (oggi stazione dell'Autostrada del Sole-A1), testimoniano la conquista romana. Dopo la guerra goto-bizantina i Longobardi occupano Catiliano, posto al confine con lo Stato della Chiesa, e si stanziano nel “luogo chiamato Malliano” (VIII secolo), dove si trovano la chiesa di Santa Eugenia e quella di San Giovenale (817). Qui nasce il primo nucleo urbano, che subisce dall'876 al 913 le incursioni dei Saraceni. A difesa si costruisce il castello di Santa Eugenia. Nel XII secolo Magliano è già una fortezza ben munita e importante, tanto che ospita nel 1155 Adriano IV e Federico Barbarossa ed è soggetto al papato. Nel 1278 gli abitanti sono circa 1.500. In questo periodo si scontra con il comune di Narni, con cui stabilisce un patto di amicizia. Nel 1311 il senatore capitolino, Ludovico di Savoia assoggetta Magliano al Comune di Roma, di cui diventa vassallo. Nel secolo XV, grazie al porto fluviale, Magliano gode di una sostanziale ricchezza. Alessandro VI (1495) elegge Magliano sede della Diocesi Sabina e lo fregia del titolo di città. Il 26 gennaio 1593 il cardinale Paleotti istituisce il Seminario Sabino; vi sono sette chiese parrocchiali, alcuni conventi ed un istituto di ospitalità. Conta circa 3500 anime. La costruzione di Ponte Felice (1598-1623), voluta da Sisto V, elimina il porto fluviale, fonte di ricchezza, ma la deviazione del Tevere per la costruzione del ponte genera acque stagnanti, che diffondono epidemie. Magliano si avvia verso una diffusa miseria. Nel 1600 «ha questa Città, oggidì per le miserie de' tempi, assai scaduta dal suo antico splendore, e che non gli rimasto poco più altro di onore, se non quello del Trono Vescovile, il territorio non è molto fertile, né meno, per la scarsezza del popolo, molto coltivato». Il capo priore manda gli elenchi dei miserabili e i debiti della Comunità al posto delle previsioni di bilancio. Nel 1700 « … questa Città videsi nella dura necessità, che questa Popolazione dovesse abbandonare le proprie Case, e fissare la rispettiva residenza chi negli Orti esistenti dentro la medesima, e chi nelle proprie Campagne... ». Inoltre «Nella Comunità di Magliano in Sabina per causa di terremoti, e tempi di piogge, molte famiglie oneste muoiono per la fame, per cui si deve provvedere... ». La popolazione si riduce a circa 1 800 abitanti. Nel periodo napoleonico Magliano è sede di cantone ed entra nel Dipartimento del Tevere. Agli inizi del 1800 la comunità conta 1 214 abitanti; negli anni Venti ha 1387 anime, che diventano 1634 al tempo del cardinale Carlo Odescalchi (1833-1836). Nel 1847 Pio IX toglie al comune di Roma i diritti di vassallaggio su Magliano dopo 536 anni. Passata la breve esperienza della Repubblica Romana, la città entra nella Delegazione di Rieti (1850) e ha una popolazione di circa 2 000 abitanti. Dal 1860 al 1870 è terra di confine fra lo Stato Pontificio e il Regno d'Italia ed appartiene alla Provincia dell'Umbria (in seguito di Perugia). La popolazione passa dai circa 2 000 abitanti del 1860 ai 3108 del 1870, nonostante una violenta epidemia di colera (1867) avesse mietuto circa cento vittime in tre mesi. Alla vigilia della presa di Roma, nel settembre 1870, il generale Raffaele Cadorna insedia a Magliano il suo stato maggiore per attaccare lo Stato Pontificio. L'apertura verso Roma, grazie alla linea ferroviaria Roma-Orte (1866), dà un forte impulso al commercio e all'agricoltura. Nel 1904 scoppiano moti contadini di risonanza nazionale. Nella prima guerra mondiale Magliano registra molti caduti al fronte. Nel quadro delle lotte proletarie rivoluzionarie del Biennio Rosso nel regno d'Italia, tra il 1919-1920 a Magliano i contadini rivendicano i diritti sociali, scioperano e occupano le terre da coltivare e si scontrano con le squadre fasciste organizzate e promosse da Valentino Orsolini Cencelli. Durante il fascismo i territori dei comuni e delle province vengono modificati: Magliano passa dalla provincia di Perugia a quella di Roma (1923) e, nel 1927, a quella di Rieti. Durante la lotta di liberazione dal nazifascismo nella valle del Tevere, nei pressi della Localita' Frangellini non lontano da Borghetto, frazione di Civita Castellana, avvenne un'azione legata alla resistenza, ricordata nelle memorie di Edmondo Marinelli, comandante partigiano del Btg. Giovanni Manni- Brigata garibaldina A.Gramsci: «Ai primi di novembre (1943) venuto a conoscenza che un caccia tedesco era stato abbattuto, da aerei alleati, con Mario Formaggi, Ultimo Bussoletti, Alverio Forti, ex carabiniere, Villemo Maggi, Luigi Commissari e Stefano Rossi ci recammo a Francellini (frazione del comune di Magliano Sabina nella valle del Tevere) vicino alla stazione di Civita Castellana. Smontammo alla meglio due mitragliere, prendemmo su alla meglio qualche nastro di munizioni, e riposto tutto in un fascio di scopigli, le trasportammo di notte a Otricoli e a Gualdo. Potremmo renderle funzionanti grazie a Egisto Rossi, al quale avevamo recuperato a San Gemini un tornio che i tedeschi stavano trafugando in Germania.» Dalle Memorie di Edmondo Marinelli: «Dopo la liberazione di Otricoli, Narni e Terni raggiunsi a piedi la mia famiglia a Gualdo. La tregua duro’ poco, perche’ il giorno dei funerali di Tersilio Poggetti partigiano del “Manni”, ucciso dai tedeschi durante il rastrellamento sopra a Calvi dell’Umbria, ne rinvenimmo il corpo che una volta dissepolto venne riconosciuto da suo cugino Antonio Rossi grazie alla fibia dei pantaloni. La giustificata emozione fece scatenare l’ira di tanti antifascisti di Magliano Sabina che avevano subito il saccheggio e l’incendio delle loro case coloniche di proprieta’ del conte Cencelli e di quelli di Otricoli per le angherie subite. Se la presero con l’agrario Gualtiero Birelli “Birellone” che fra l’altro aveva comandato gli squadristi durante gli incresciosi fatti di Magliano Sabina.» Negli anni fra le due guerre mondiali Magliano beneficia di un'economia florida, ma con la guerra va verso un'inesorabile decadenza. Nel dopoguerra si riprende, ma nel 1956 una stagione inclemente colpisce l'agricoltura e spopola le campagne. I lavori per la costruzione dell'Autostrada del Sole (fine anni Cinquanta) portano lavoro e benessere. Dopo l'inaugurazione del casello dell'A1 (1963), Magliano conta intorno a 4 000 abitanti, che negli anni settanta scendono notevolmente a circa 3.500, per attestarsi a poco più di 3.800, quanti risultano oggi. Cattedrale dei Sabini-Duomo di San Liberatore Santuario della Madonna delle Grazie Cripta protoromanica della Madonna delle Grazie Chiesa di San Michele Arcangelo Santuario della Madonna di Uliano (Loc. Colle Sala) Chiesa della Madonna degli Angeli (Loc. Angeli) Chiesa dei Santi Cesareo e Rosa (Loc. Berardelli) Chiesa di Santa Serena (Fraz. Foglia) Chiesa romanica di San Pietro Palazzo Vannicelli (oggi Municipio) (ex) Seminario Vescovile (ex) Edificio Scolastico Ospedale vecchio Porta Santa Croce Porta Romana Fontana Unità d'Italia Torre Civica Villa Solimani-Mariotti Palazzo Orsolini-Cencelli Palazzo Gori (oggi Museo) Belvedere Giuseppe Mazzini Monumento ai caduti della guerra 1915-18 Monumento de La Memoria (Loc. Frangellini) Per quanto riguarda i resti archeologici, si segnalano: I ruderi in località San Lorenzo del porto romano sul Tevere denominato Catiliano. Sepolcro romano di Foglia. Villa romana in località San Sebastiano, forse appartenuta alla famiglia dei Claudi per il rinvenimento di frammenti di doli che riportavano il nome di tale famiglia. Villa romana in località Porto Sant'Agata, situata su un costone a strapiombo sul Tevere, dove era presente anche il porto romano di Foglia. La villa sembrerebbe aver avuto la doppia funzione di abitazione e magazzino per le merci. L'opus reticolatum è databile alla fine del II- I secolo a.C. Necropoli arcaica del Giglio Centro arcaico e necropoli di Foglia. Abitanti censiti Biblioteca comunale Archivio storico comunale Istituto Omnicomprensivo Statale "Sandro Pertini" (Asilo nido, Scuole materna/elementare/media, Liceo scientifico "Mario Tagliacozzo", Istituto professionale per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera) Museo civico archeologico di Magliano Sabina Teatro Manlio (comunale) Teatro parrocchiale Il comune è servito dalle seguenti strade: A1 del Sole (casello di Magliano Sabina) SS3 Flaminia SP54 di Magliano e di Calvi SR 657 Via Lambruschina Magliano-Collevecchio-Tarano La principale squadra di calcio della città è la Polisportiva Maglianese, che milita nel girone B laziale di Promozione. La Maglianese Volley, fondata nel 1957 e affiliata alla Federazione Italiana Pallavolo dal 1960, con più di 100 tesserati partecipa a diversi campionati giovanili sia femminili che maschili. La squadra maschile milita nel campionato regionale di serie C. Importante per il movimento anche la squadra Over. Settore storico della Polisportiva Maglianese, con circa 30 tesserati e diversi atleti in ambito dilettantistico. Settore storico della Polisportiva Maglianese; negli anni gli atleti maglianesi hanno conquistato ben 7 campionati italiani. Foglia Valle del Tevere Poggio Sommavilla Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Magliano Sabina Museo Civico di Magliano Sabina, su culturalazio.it. URL consultato il 9 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).

Duomo di Magliano Sabina
Duomo di Magliano Sabina

La chiesa di San Liberatore o cattedrale dei Sabini è il duomo di Magliano Sabina e concattedrale della diocesi di Sabina-Poggio Mirteto. La chiesa, dedicata a san Liberatore martire, è attestata già nel Trecento ma assunse maggiore importanza dapprima nel 1459 quando papa Pio II la dichiarò collegiata, e poi il 18 settembre 1495 quando papa Alessandro VI la elevò alla dignità di cattedrale della diocesi dei Sabini, trasferendone la sede da Vescovio (oggi frazione di Torri in Sabina) a Magliano. Ma dell'antica chiesa trecentesca resta oggi ben poco, a causa dei lavori di ristrutturazione del Settecento, voluti e finanziati dal cardinale Annibale Albani ed eseguiti in stile tardobarocco tra il 1730 ed il 1743 dagli architetti Filippo Barigioni e Pietro Paolo Alfieri. La facciata è opera settecentesca dell'Alfieri, edificata nel 1735. Si tramanda però che il disegno sia riferibile a Jacopo Barozzi da Vignola. L'interno dell'edificio è a tre navate con presbiterio coperto da volta a botte. Nella navata di sinistra si aprono tre cappelle laterali ed il battistero, mentre una quarta cappella si trova al termine della navata: le cappelle sono dedicate a san Gregorio Magno, a sant'Antonio di Padova, alla Pietà e al Santissimo Sacramento. Nella navata di destra invece in nicchie concave sono posti quattro altari, dedicati a san Rocco, ai santi Quattro Coronati, a san Domenico e al Presepe. Le cappelle e gli altari sono decorati con tele del XVI e XVII secolo. La zona del presbiterio, con l'abside posteriore, fu decorata nel 1737; nell'abside è dipinto l'affresco raffigurante l’Assunzione della Vergine con Santi di Giovanni Domenico Piestrini. La chiesa è ricca di tavole dipinte, tra le quali spicca quella del Santissimo Salvatore, detta "Pala Falconi", per lo stemma della famiglia che lo ordinò, essa viene attribuita ad un certo Maestro di Narni del 1409. Altra pala di interesse è quella di Rinaldo Jacovetti da Calvi dell'Umbria che rappresenta l'Incoronazione della Vergine con una predella che racconta il Miracolo della Madonna di Uliano. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su duomo di Magliano Sabina Sito della parrocchia cattedrale, su difraia.name. URL consultato il 30 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2009).