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Magliano Sabina

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Magliano Sabina è un comune italiano di 3 486 abitanti della provincia di Rieti nel Lazio. Geograficamente nella Valle del Tevere, il comune di Magliano Sabina è dislocato tra Lazio ed Umbria. Il centro abitato sorge a 222 metri di altitudine su un terrazzo fluviale del Tevere. Il territorio è caratterizzato da un andamento collinare che precede il Subappennino (Monte Cosce e Monte Rosaro oggi chiamato Monte San Pancrazio). Il Torrente Campana o Aia di Campana, nel primo tratto scorre tra le colline di Cicignano e Collesala dove ne delimita il territorio comunale, l'omonima valle e l'antica strada Campana collegava il Tevere dove il torrente trova la foce. Il Torrente Aia, proveniente da Poggio Sommavilla, confluisce nel Tevere, circa frontalmente la foce del Treja nei pressi di Foglia. Classificazione climatica: zona D, 1769 GR/G Alle origini il territorio era ricoperto dal mare, successivamente da un lago, detto Tiberino. Nel Pliocene emersero le colline attuali, dove ossidiane e selci lavorate indicano la comparsa dell'uomo. Le necropoli del Giglio, di San Biagio, di Castellano e di Collicello restituiscono reperti di un villaggio arcaico collegato agli insediamenti arcaici di Foglia e Poggio Sommavilla nella Valle del Tevere i cui reperti sono visibili nel Museo civico archeologico di Magliano Sabina. Ville rustiche di età repubblicana e imperiale in tutto il territorio e un nucleo abitato nella valle del Tevere, denominato Catiliano (oggi stazione dell'Autostrada del Sole-A1), testimoniano la conquista romana. Dopo la guerra goto-bizantina i Longobardi occupano Catiliano, posto al confine con lo Stato della Chiesa, e si stanziano nel “luogo chiamato Malliano” (VIII secolo), dove si trovano la chiesa di Santa Eugenia e quella di San Giovenale (817). Qui nasce il primo nucleo urbano, che subisce dall'876 al 913 le incursioni dei Saraceni. A difesa si costruisce il castello di Santa Eugenia. Nel XII secolo Magliano è già una fortezza ben munita e importante, tanto che ospita nel 1155 Adriano IV e Federico Barbarossa ed è soggetto al papato. Nel 1278 gli abitanti sono circa 1.500. In questo periodo si scontra con il comune di Narni, con cui stabilisce un patto di amicizia. Nel 1311 il senatore capitolino, Ludovico di Savoia assoggetta Magliano al Comune di Roma, di cui diventa vassallo. Nel secolo XV, grazie al porto fluviale, Magliano gode di una sostanziale ricchezza. Alessandro VI (1495) elegge Magliano sede della Diocesi Sabina e lo fregia del titolo di città. Il 26 gennaio 1593 il cardinale Paleotti istituisce il Seminario Sabino; vi sono sette chiese parrocchiali, alcuni conventi ed un istituto di ospitalità. Conta circa 3500 anime. La costruzione di Ponte Felice (1598-1623), voluta da Sisto V, elimina il porto fluviale, fonte di ricchezza, ma la deviazione del Tevere per la costruzione del ponte genera acque stagnanti, che diffondono epidemie. Magliano si avvia verso una diffusa miseria. Nel 1600 «ha questa Città, oggidì per le miserie de' tempi, assai scaduta dal suo antico splendore, e che non gli rimasto poco più altro di onore, se non quello del Trono Vescovile, il territorio non è molto fertile, né meno, per la scarsezza del popolo, molto coltivato». Il capo priore manda gli elenchi dei miserabili e i debiti della Comunità al posto delle previsioni di bilancio. Nel 1700 « … questa Città videsi nella dura necessità, che questa Popolazione dovesse abbandonare le proprie Case, e fissare la rispettiva residenza chi negli Orti esistenti dentro la medesima, e chi nelle proprie Campagne... ». Inoltre «Nella Comunità di Magliano in Sabina per causa di terremoti, e tempi di piogge, molte famiglie oneste muoiono per la fame, per cui si deve provvedere... ». La popolazione si riduce a circa 1 800 abitanti. Nel periodo napoleonico Magliano è sede di cantone ed entra nel Dipartimento del Tevere. Agli inizi del 1800 la comunità conta 1 214 abitanti; negli anni Venti ha 1387 anime, che diventano 1634 al tempo del cardinale Carlo Odescalchi (1833-1836). Nel 1847 Pio IX toglie al comune di Roma i diritti di vassallaggio su Magliano dopo 536 anni. Passata la breve esperienza della Repubblica Romana, la città entra nella Delegazione di Rieti (1850) e ha una popolazione di circa 2 000 abitanti. Dal 1860 al 1870 è terra di confine fra lo Stato Pontificio e il Regno d'Italia ed appartiene alla Provincia dell'Umbria (in seguito di Perugia). La popolazione passa dai circa 2 000 abitanti del 1860 ai 3108 del 1870, nonostante una violenta epidemia di colera (1867) avesse mietuto circa cento vittime in tre mesi. Alla vigilia della presa di Roma, nel settembre 1870, il generale Raffaele Cadorna insedia a Magliano il suo stato maggiore per attaccare lo Stato Pontificio. L'apertura verso Roma, grazie alla linea ferroviaria Roma-Orte (1866), dà un forte impulso al commercio e all'agricoltura. Nel 1904 scoppiano moti contadini di risonanza nazionale. Nella prima guerra mondiale Magliano registra molti caduti al fronte. Nel quadro delle lotte proletarie rivoluzionarie del Biennio Rosso nel regno d'Italia, tra il 1919-1920 a Magliano i contadini rivendicano i diritti sociali, scioperano e occupano le terre da coltivare e si scontrano con le squadre fasciste organizzate e promosse da Valentino Orsolini Cencelli. Durante il fascismo i territori dei comuni e delle province vengono modificati: Magliano passa dalla provincia di Perugia a quella di Roma (1923) e, nel 1927, a quella di Rieti. Durante la lotta di liberazione dal nazifascismo nella valle del Tevere, nei pressi della Localita' Frangellini non lontano da Borghetto, frazione di Civita Castellana, avvenne un'azione legata alla resistenza, ricordata nelle memorie di Edmondo Marinelli, comandante partigiano del Btg. Giovanni Manni- Brigata garibaldina A.Gramsci: «Ai primi di novembre (1943) venuto a conoscenza che un caccia tedesco era stato abbattuto, da aerei alleati, con Mario Formaggi, Ultimo Bussoletti, Alverio Forti, ex carabiniere, Villemo Maggi, Luigi Commissari e Stefano Rossi ci recammo a Francellini (frazione del comune di Magliano Sabina nella valle del Tevere) vicino alla stazione di Civita Castellana. Smontammo alla meglio due mitragliere, prendemmo su alla meglio qualche nastro di munizioni, e riposto tutto in un fascio di scopigli, le trasportammo di notte a Otricoli e a Gualdo. Potremmo renderle funzionanti grazie a Egisto Rossi, al quale avevamo recuperato a San Gemini un tornio che i tedeschi stavano trafugando in Germania.» Dalle Memorie di Edmondo Marinelli: «Dopo la liberazione di Otricoli, Narni e Terni raggiunsi a piedi la mia famiglia a Gualdo. La tregua duro’ poco, perche’ il giorno dei funerali di Tersilio Poggetti partigiano del “Manni”, ucciso dai tedeschi durante il rastrellamento sopra a Calvi dell’Umbria, ne rinvenimmo il corpo che una volta dissepolto venne riconosciuto da suo cugino Antonio Rossi grazie alla fibia dei pantaloni. La giustificata emozione fece scatenare l’ira di tanti antifascisti di Magliano Sabina che avevano subito il saccheggio e l’incendio delle loro case coloniche di proprieta’ del conte Cencelli e di quelli di Otricoli per le angherie subite. Se la presero con l’agrario Gualtiero Birelli “Birellone” che fra l’altro aveva comandato gli squadristi durante gli incresciosi fatti di Magliano Sabina.» Negli anni fra le due guerre mondiali Magliano beneficia di un'economia florida, ma con la guerra va verso un'inesorabile decadenza. Nel dopoguerra si riprende, ma nel 1956 una stagione inclemente colpisce l'agricoltura e spopola le campagne. I lavori per la costruzione dell'Autostrada del Sole (fine anni Cinquanta) portano lavoro e benessere. Dopo l'inaugurazione del casello dell'A1 (1963), Magliano conta intorno a 4 000 abitanti, che negli anni settanta scendono notevolmente a circa 3.500, per attestarsi a poco più di 3.800, quanti risultano oggi. Cattedrale dei Sabini-Duomo di San Liberatore Santuario della Madonna delle Grazie Cripta protoromanica della Madonna delle Grazie Chiesa di San Michele Arcangelo Santuario della Madonna di Uliano (Loc. Colle Sala) Chiesa della Madonna degli Angeli (Loc. Angeli) Chiesa dei Santi Cesareo e Rosa (Loc. Berardelli) Chiesa di Santa Serena (Fraz. Foglia) Chiesa romanica di San Pietro Palazzo Vannicelli (oggi Municipio) (ex) Seminario Vescovile (ex) Edificio Scolastico Ospedale vecchio Porta Santa Croce Porta Romana Fontana Unità d'Italia Torre Civica Villa Solimani-Mariotti Palazzo Orsolini-Cencelli Palazzo Gori (oggi Museo) Belvedere Giuseppe Mazzini Monumento ai caduti della guerra 1915-18 Monumento de La Memoria (Loc. Frangellini) Per quanto riguarda i resti archeologici, si segnalano: I ruderi in località San Lorenzo del porto romano sul Tevere denominato Catiliano. Sepolcro romano di Foglia. Villa romana in località San Sebastiano, forse appartenuta alla famiglia dei Claudi per il rinvenimento di frammenti di doli che riportavano il nome di tale famiglia. Villa romana in località Porto Sant'Agata, situata su un costone a strapiombo sul Tevere, dove era presente anche il porto romano di Foglia. La villa sembrerebbe aver avuto la doppia funzione di abitazione e magazzino per le merci. L'opus reticolatum è databile alla fine del II- I secolo a.C. Necropoli arcaica del Giglio Centro arcaico e necropoli di Foglia. Abitanti censiti Biblioteca comunale Archivio storico comunale Istituto Omnicomprensivo Statale "Sandro Pertini" (Asilo nido, Scuole materna/elementare/media, Liceo scientifico "Mario Tagliacozzo", Istituto professionale per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera) Museo civico archeologico di Magliano Sabina Teatro Manlio (comunale) Teatro parrocchiale Il comune è servito dalle seguenti strade: A1 del Sole (casello di Magliano Sabina) SS3 Flaminia SP54 di Magliano e di Calvi SR 657 Via Lambruschina Magliano-Collevecchio-Tarano La principale squadra di calcio della città è la Polisportiva Maglianese, che milita nel girone B laziale di Promozione. La Maglianese Volley, fondata nel 1957 e affiliata alla Federazione Italiana Pallavolo dal 1960, con più di 100 tesserati partecipa a diversi campionati giovanili sia femminili che maschili. La squadra maschile milita nel campionato regionale di serie C. Importante per il movimento anche la squadra Over. Settore storico della Polisportiva Maglianese, con circa 30 tesserati e diversi atleti in ambito dilettantistico. Settore storico della Polisportiva Maglianese; negli anni gli atleti maglianesi hanno conquistato ben 7 campionati italiani. Foglia Valle del Tevere Poggio Sommavilla Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Magliano Sabina Museo Civico di Magliano Sabina, su culturalazio.it. URL consultato il 9 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 23 settembre 2015).

Estratto dall'articolo di Wikipedia Magliano Sabina (Licenza: CC BY-SA 3.0, Autori, Immagini).

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Museo civico archeologico di Magliano Sabina
Museo civico archeologico di Magliano Sabina

Il Museo Archeologico di Magliano Sabina è ospitato a Palazzo Gori; è distribuito su tre piani visitabili dai fruitori e uno riservato al magazzino e al laboratorio di restauro; i reperti sono esposti secondo provenienza e presentati in successione cronologica e ciò permette di tracciare le linee fondamentali della civiltà nella valle del Tevere. Il Museo civico archeologico di Magliano Sabina, precedentemente allestito presso l'ultimo piano del Palazzo Comunale, è stato costituito nell’ultimo decennio del secolo scorso, esattamente nel 1989, con i finanziamenti regionali dell’Ufficio Musei della Regione Lazio e il contributo del Comune ed è attualmente ospitato presso Palazzo Gori nel centro storico del pease. La sua istituzione è stata possibile grazie a una raccolta svolta nel corso di decenni in seguito ad ogni tipo di intervento eseguito sul territorio,sia agricolo sia di servizio, da alcuni appassionati locali riunitisi in un gruppo di ricerca. Attraverso lo studio costante e la revisione di una ingente quantità di frammenti si contano ad oggi 1683 beni inventariati e catalogati nel formato I.C.C.D. e 800 pezzi esposti, provenienti da raccolte di superficie condotte nell’ambito di una area geografica che dal Nera arriva fino al Farfa. A questo gruppo di ricerca e ricognizione hanno partecipato, in periodi diversi ma con lo stesso impegno, diversi archeologi tra cui Massimo Firmani insieme agli appassionati locali che permisero, con i loro studi personali, che il Museo divenisse una realtà concreta e visitabile. Si tratta di una mole di frammenti sottoposti ad una puntuale revisione e studio critico e collegati a nuove ricognizioni topografiche sul territorio che hanno permesso di individuare scientificamente componenti ed aspetti delle origini della cultura dei popoli nella valle del Tevere e del suo sviluppo dalla fase recente dell’età del ferro sino ad epoca arcaica. Uno dei risultati più rilevanti è stata l'individuazione e lo studio dell’insediamento arcaico che si estendeva sui colli dove adesso sorge il paese di Magliano. L’allestimento del Museo è articolato su tre piani suddiviso nelle sezioni dedicate alla preistoria, all’età del Bronzo, del Ferro, all'epoca orientalizzante, arcaica e romana fino alle testimonianze mediovali. I primi tre piani sono visitabili dal pubblico e ospitano reperti esposti secondo provenienza e presentati in successione cronologica e ciò permette di tracciare le linee fondamentali della civiltà della valle del Tevere. Il piano terra ospita, inoltre, gli uffici della reception che contengono una piccola biblioteca per consultazione a disposizione dei fruitori e una sala dedicata alle esposizioni temporanee o ai laboratori didattici; il terzo e ultimo piano invece ospita il magazzino con i reperti fuori teca o in via di restauro. I siti dai quali provengono i materiali esposti, risalenti soprattutto al Paleolitico medio, sono stati raccolti su un alto terrazzo alla confluenza del torrente L’Aia con il Tevere circa frontalmente alla foce del Treja (Paleotevere), costituito da depositi alluvionali ghiaiosi e sabbiosi noto con i toponimi di Grappignano, Colli Oti, Macchia Grande e Colle Rosetta. I materiali più interessanti provengono dal complesso Macchia Grande - Grappignano e possono essere suddivisi in due gruppi distinti: uno fortemente modificato dal trasporto e dagli agenti esterni con incrostazioni che ne hanno alterato la leggibilità; il secondo, più consistente, caratterizzato da una importante presenza di manufatti ottenuti con tecnica di scheggiatura predeterminata, ovvero in grado di produrre schegge di dimensioni controllate (nota come tecnica Levallois esplicata all'ingresso con simulazioni di scheggiatura di selci). Vi è una piccola serie appartenente ad industria su lama e sono esposti raschiatoi e punte di freccia, provenienti sia da raccolte di superficie sia da ricognizioni programmate. Suddiviso in 3 sale, raccoglie la documentazione archeologica ritrovata sul territorio che copre l'arco temporale che va dalla protostorica età del Bronzo fino alla storia con l'invenzione della scrittura. Sala 1 - Bronzo antico, medio, recente e finale La prima vetrina espone i tipi ceramici rappresentati da scodelle, ciotole, brocche, olle e dolii, realizzati in impasto grossolano con inclusi quarzosi. Nella seconda la cultura materiale di queste fasi è rappresentata dai reperti esposti di stile proto villanoviano presente in Italia dal XII al X secolo a.C.:sono presenti scodelle ad orlo rientrante, tazze ad orlo svasato, vasi biconici, olle e dolii. Il repertorio decorativo è costituito da motivi geometrici incisi a fasce di solcature o impressi a cordicella. Sono presenti frammenti di fornelli usati per la cottura dei cibi. Sala 2 - Ferro Le produzioni artigianali esposte sono ceramica da mensa di fattura più raffinata (quali tazze quadri ansate, in alcuni casi su piede traforato, tazze con ansa sopraelevata, anfore ed anforette con anse bifide o crestate, brocche e vasi biconici) e da cucina (di fattura più grossolana, per lo più privi di decorazione con un repertorio di forme rappresentate da bacini, grandi ciotole, tegami, olle, dolii, e fornelli) destinate alla cottura dei cibi ed alla loro conservazione. Si tratta di ceramica eseguita a mano, ma con le superfici lucidate a stecca, decorate da bugne, leggere solcature, costolature e cerchielli impressi. Sala 3 - Età Orientalizzante e Arcaica La scrittura segna il passaggio dalla protostoria alla storia. L'olletta della tomba della necropoli del Giglio a Magliano, come la fiaschetta miniaturistica della tomba III della necropoli di Poggio Sommavilla documentano la lingua e la cultura nella valle del Tevere: una lingua che aveva adottato la scrittura un alfabeto euboico-calcidese. Sono presenti inoltre numerosi nuclei di argilla concotta (intonaci di capanne, seconda metà del VII secolo a.C.) e corredi funebri che includono olle d’impasto bruno, decorate ad incisione ed excisione, altre grandi olle in impasto bruno, mentre la presenza di vasi in bucchero, nei tipi di calici e kantharoi, testimonia commerci con l’area etrusca. All'interno dell'abitato di Foglia, dopo i lavori dell'Autostrada del Sole, al di sopra di quanto rimasto di una necropoli rupestre ricavata nella parete tufacea sul quale sorge l'abitato stesso, prossimo ad un antichissimo guado del Tevere in comunicazione con il Treja e Falerii Veteres, è stata rinvenuta l'iscrizione in alfabeto falisco di Foglia a dictus sinistroso. Si trova su una lastra di arenaria locale. Tutte le lettere hanno altezza di 3,5 cm, tranne il sigma di 4 cm e il segno V di 3 cm. Questo piano espone ritrovamenti riguardanti l'insediamento di Magliano Sabina in epoca tardo classica e la successiva fase di romanizzazione. Sala 1 - Fase Ellenistica e Orientalizzante La provenienza del materiale sono le necropoli e sono esposti dei corredi composti in massima parte vasi a figure rosse di produzione falisca, vasi a vernice nera con decorazione suddipinta e accompagnate da ceramica d’impasto. Sala 2 Sono esposti i materiali, raccolti sul sito di Monte le Palme nell'area archeologica di Poggio Sommavilla. Si inquadrano tra la fine del VII e la prima metà del VI secolo e sono frammenti di rosso, frammenti di calici d’impasto lucidati a stecca e frammenti di piattelli con decorazione impressa. A seguire, i materiali raccolti dall’area delle necropoli, recuperati in seguito a lavori agricoli. La grande olla d’impasto bruno con decorazione a cordoni plastici e l'anforetta sabina in impasto grigio documentano l’attività di officine locali pp.275-285 nel corso della prima metà del VI secolo a.C..o. Sala 3 - Romanizzazione Le ricognizioni svolte a monte dell’allestimento del Museo hanno offerto un quadro abbastanza puntuale delle attività che si svolgevano nelle fattorie ma non della loro struttura mentre, per quanto riguarda le villae, queste hanno lasciato sul terreno segni più evidenti e ciò ha reso possibile una rappresentazione ipotetica su pannello in questa sala.. Da Colle Rosetta, fattoria di epoca repubblicana, provengono e sono esposti materiali connessi con attività agricole: frammenti di dolii(per la conservazione di derrate e granaglie), anfore per il trasporto del vino (anfore greco-italiche) e altri materiali di uso quotidiano oltre numerosi frammenti di olle da fuoco, bacini e brocche, e ceramica a vernice nera nelle forme delle brocche, coppe, piattelli Genucilia. La presenza dei pesi da telaio sono indizio di attività di filatura. Dalla Villa di San Sebastiano sono state recuperate due macine per cereali in pietra lavica, composte da una parte superiore detta catillus, che veniva fatta ruotare sulla parte inferiore detta meta per schiacciare le granaglie. Nelle vetrine sono esposti una selezione di strumenti agricoli in ferro; anfore per il vino, tipo Dressel 2/4 diffuse nell’Italia centrale nel I secolo d.C., ceramica d’uso comune (brocche ed olle e bacili), una notevole campionatura di ceramica da mensa in sigillata italica dal caratteristico colore rosso nella forma di coppe e piattelli, sui quali appaiono graffiti con nomi propri. Alla pars urbana della villa sono da riferire materiali architettonici e decorativi: frammenti di cornici in marmo, frammenti di intonaci con decorazione geometrica in colori vivaci, antefisse in forma di vittorie alati, frammenti di lastre di vetro di pertinenza delle finestra. Infine una vetrina con contenuti in metallo e ceramica risalenti al Medioevo. Qui vengono conservati materiali scartati nelle selezioni per l'esposizione o in attesa di restauro. È sempre qui che sono conservati anche i frammenti recuperati dall’area della villa di Ponti Novi. Nell’anno 2000,in occasione dei lavori sull’autostrada del Sole, dagli sbancamenti nei pressi del casello di Magliano Sabina è venuta alla luce una notevolissima quantità di materiale archeologico. Si tratta di frammenti di ceramica comune nei tipi di brocche, olle e bacini ai quali si affiancano ceramiche da fuoco. Numerosi frammenti di anfore Dressel 2/4 e anfore olearie Dressel 20 che attestano un’attività di produzione di vino ed olio in piena età imperiale. Quello che più colpisce è la quantità di frammenti di intonaco dipinto con fine decorazione a medaglioni con elementi fitomorfi; sono inoltre stati recuperati frammenti di marmi pregiati. Giovanna Alvino, I Sabini. La vita, la morte gli dei, Catalogo della mostra di Rieti, Sala dei Cordari, Roma, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell'Etruria meridionale, 1997. P. Santoro, Rilettura critica della necropoli di Poggio Sommavilla, in Civiltà arcaica dei Sabini nella Valle del Tevere, III, Roma, Roma CNR, 1977. M. Cristofani Martelli, Per una definizione archeologica della Sabina: la situazione storico- culturale di Poggio Sommavilla in età arcaica, in Civiltà arcaica dei Sabini nella Valle del Tevere - Rilettura critica della necropoli di Poggio Sommavilla, III, Roma, Roma CNR, 1977.pp.11-48 Paola Santoro, Etrusca et italica, Scritti in ricordo di Massimo Pallottino, volume II, a cura di Giuliana Nardi, Pisa, Ist. Editoriali e Poligrafici, 1997, ISBN 888147025X. pp. 551 –565 P. Santoro, Miscellanea etrusco-italica "Gli scavi a Poggio Sommavilla nell’Ottocento", in M. Cristofori (a cura di), Quaderni di archeologia etrusco-italica, Roma, Roma CNR, 1993.pp.47-64 Alessandro Guidi e Paola Santoro, Centri della Sabina Tiberina in epoca preromana in Bridging the Tiber. Approaches to regional Archaeology in the Middle Tiber Valley, London, H. Patterson, British school at Rome, 2004. Maria Cristina Bettini e Alessandro Nicosia, I Sabini popolo d’Italia dalla storia al mito, Catalogo della Mostra, Complesso del Vittoriano di Roma, Roma, Gangemi Editori, 2009, ISBN 978-8849216455. Enrico Benelli, I Sabini prospettiva archeologica, Entre archeologie et histoire: dialogues sur divers peuples de l’Italie préromaine. E pluribus unum? L’Italie de la diversité preromane a l’unité augusteenne, I, Etudes genevoises sur l’antiquité, Bern, Peter Lang AG, Internationaler Verlag der Wissenschaften; Multilingual edition, 2014, ISBN 978-3034313247. pp.137-148 Valle del Tevere Area archeologica di Poggio Sommavilla Grappignano Foglia Falerii Veteres Ocriculum Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Museo civico archeologico di Magliano Sabina Sito realizzato dall'Istituto di studi sulle civiltà italiche e del Mediterraneo antico del CNR Montelibretti, Roma Archiviato il 9 aprile 2016 in Internet Archive. "Popoli e culture dell'Italia preromana. I Sabini" di Alessandro Guidi

Duomo di Magliano Sabina
Duomo di Magliano Sabina

La chiesa di San Liberatore o cattedrale dei Sabini è il duomo di Magliano Sabina e concattedrale della diocesi di Sabina-Poggio Mirteto. La chiesa, dedicata a san Liberatore martire, è attestata già nel Trecento ma assunse maggiore importanza dapprima nel 1459 quando papa Pio II la dichiarò collegiata, e poi il 18 settembre 1495 quando papa Alessandro VI la elevò alla dignità di cattedrale della diocesi dei Sabini, trasferendone la sede da Vescovio (oggi frazione di Torri in Sabina) a Magliano. Ma dell'antica chiesa trecentesca resta oggi ben poco, a causa dei lavori di ristrutturazione del Settecento, voluti e finanziati dal cardinale Annibale Albani ed eseguiti in stile tardobarocco tra il 1730 ed il 1743 dagli architetti Filippo Barigioni e Pietro Paolo Alfieri. La facciata è opera settecentesca dell'Alfieri, edificata nel 1735. Si tramanda però che il disegno sia riferibile a Jacopo Barozzi da Vignola. L'interno dell'edificio è a tre navate con presbiterio coperto da volta a botte. Nella navata di sinistra si aprono tre cappelle laterali ed il battistero, mentre una quarta cappella si trova al termine della navata: le cappelle sono dedicate a san Gregorio Magno, a sant'Antonio di Padova, alla Pietà e al Santissimo Sacramento. Nella navata di destra invece in nicchie concave sono posti quattro altari, dedicati a san Rocco, ai santi Quattro Coronati, a san Domenico e al Presepe. Le cappelle e gli altari sono decorati con tele del XVI e XVII secolo. La zona del presbiterio, con l'abside posteriore, fu decorata nel 1737; nell'abside è dipinto l'affresco raffigurante l’Assunzione della Vergine con Santi di Giovanni Domenico Piestrini. La chiesa è ricca di tavole dipinte, tra le quali spicca quella del Santissimo Salvatore, detta "Pala Falconi", per lo stemma della famiglia che lo ordinò, essa viene attribuita ad un certo Maestro di Narni del 1409. Altra pala di interesse è quella di Rinaldo Jacovetti da Calvi dell'Umbria che rappresenta l'Incoronazione della Vergine con una predella che racconta il Miracolo della Madonna di Uliano. Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su duomo di Magliano Sabina Sito della parrocchia cattedrale, su difraia.name. URL consultato il 30 agosto 2010 (archiviato dall'url originale il 10 agosto 2009).

Ponte Felice
Ponte Felice

Il Ponte Felice è un'infrastruttura situata nel comune di Civita Castellana, nella provincia di Viterbo, nel Lazio. Il ponte permette l'attraversamento del fiume Tevere sulla Strada statale 3 Via Flaminia non lontano del casello autostradale dell'autostrada A1 di Magliano Sabina, si trova geograficamente nella Valle del Tevere nei pressi di Borghetto, frazione del comune di Civita Castellana. Fu commissionato da papa Sisto V per evitare l'erosione golenale del Tevere del terrazzo fluviale dove è stato edificato il centro storico di Magliano Sabina, fu spostato il tracciato della via Flaminia che attraversava il Tevere sul Ponte Minucio nei pressi di Gallese e Otricoli, tra Borghetto e Magliano Sabina sempre in direzione Otricoli in Umbria, con un'imponente opera idraulica per l'epoca, realizzata a mano, fu deviato il corso del Tevere, portò gravi conseguenze all'economia di Magliano Sabina, ci furono proteste e sabotaggi, nel completamento del cantiere persero la vita molti operai. Per evitare il disagio del viaggio e del pedaggio a coloro che dovevano oltrepassare il Tevere tra la sponda di Ponte Milvio fino all'alto Lazio, il papa Sisto V decise di far costruire un ponte ex novo, piuttosto che mettere nuovamente in funzione il Ponte Minuccio, che attraversava il Tevere lungo la via Flaminia poco più a nord tra il comune di Gallese e Otricoli di cui restavano soltanto i piloni visibili fino all'800. A questo proposito, scriveva Agostino Martinelli nel suo volume Stato del Ponte Felice del 1682: «Quando Sisto V di S.M. che fu creato il 24 aprile del 1585 rinnovando l'antico splendore intraprese l'anno della salute MDXXXIX, la fabbrica detto Ponte, per levare ai Passeggieri l'incomodo e il dispendio di tragittare con barca il Tevere nel luogo, dove scorrendo il detto fiume si portava a bagnare l'estremità inferiore del colle dove sorgeva la città di Magliano ripigliando in tal modo l'antica Via Flaminia per il libero passaggio dei viandanti». Il papa pubblicò la sua decisione sugli Avvisi di Roma il 29 aprile 1589, anno della redenzione. Inizialmente la realizzazione del ponte fu commissionata dall'architetto Matteo Bartolini da Città di Castello, al quale il papa aveva dato la cura e la realizzazione dell'opera. La scelta di Bartolini avvenne nonostante Sisto V fosse deluso dalla sua precedente realizzazione dell'acquedotto dell'Acqua Felice. Nel suo progetto, Bartolini aveva ideato una struttura a cinque arcate, di cui la centrale più ampia, sostenute da sei piloni inquadrati da ordini di paraste corinzie binate e da lunette con lo stemma araldico di Sisto V. Il luogo scelto da Bartolini per la realizzazione del Ponte Felice fu il territorio di Magliano Sabina, precisamente nei pressi del porto di Gallese, dove fino ad allora si attraversava il Tevere in barca per poter proseguire la via Flaminia verso Loreto. Un anno dopo l'inizio dell'opera, Bartolini fu sostituito da Domenico Fontana, il quale ebbe l'occasione di proporre un nuovo progetto completamente differente dal precedente: presentava una struttura a quattro arcate, di cui le centrali dotate di tre piloni con oculi circolari sui timpani e al centro una lapide incorniciata da tipiche fontane sormontate dallo stemma del papa. Oltre al progetto, Fontana modificò anche il sito prescelto, spostando i lavori presso il castello di Borghetto. L'idea di Fontana era quella di realizzare le murature a secco, e soltanto successivamente di scavare un nuovo alveo dove dirigere il corso del fiume, deviandolo dal suo antico letto per convogliarlo nel nuovo canale aperto sotto Ponte Felice. La morte improvvisa di Sisto V nel 27 agosto 1590 provocò la sospensione della costruzione del ponte, che fino ad allora aveva riguardato l'innalzamento di tre piloni e lo scavo delle fondamenta delle due spalle. Nei mesi successivi il cantiere fu abbandonato e furono depredati gli strumenti di lavoro, i materiali e i mezzi di trasporto. Il successore di Sisto V, papa Gregorio XIV, decise di non proseguire la costruzione del ponte e nel 1591 ordinò al tesoriere Bartolomeo Cesi di devolvere il denaro destinato ai lavori, per un valore di 17 000 scudi, all'estinzione dei crediti della Camera apostolica accumulati durante il papato precedente. La costruzione del ponte riprese soltanto all'inizio del 1592, poco dopo l'elezione di Clemente VIII, il quale ordinò i mandati di pagamento a Fontana per proseguire i lavori dell'incompiuto ponte. Tuttavia, dopo appena tre mesi, l'architetto affermò di non poter proseguire nell'opera a causa di personali impedimenti, facendo esplodere così il "caso Fontana" per l'inefficiente gestione del cantiere. Papa Clemente VIII affidò infine il completamento dell'infrastruttura all'architetto Taddeo Landini, dando inizio alla terza fase della costruzione del Ponte Felice. I lavori terminarono nel 1613 durante il papato di Paolo V Borghese. Nel maggio 1944 il ponte venne colpito dai bombardamenti anglo-americani per impedire la ritirata dei tedeschi lungo la via Flaminia. Successivamente ricostruito, al suo ingresso sono ancora visibili pochi frammenti delle sue vestigia, ossia i due esterni araldici del pontefice Sisto V. C'è una leggenda sul perché il papa costruì Ponte Felice: si narra di un episodio della sua vita quando, dovendo raggiungere d'urgenza Roma, si imbatté in un barcarolo che non lo volle traghettare dall'altra riva perché non aveva denaro. In seguito Sisto V gli promise che quando fosse diventato papa, avrebbe fatto costruire un ponte per farlo impiccare. Alessandra Costantini, Anna De Meo, Francesca Colosi e Roberto Gabrielli, Il Tevere e il suo antico corso (PDF), in Archeologia e calcolatori, n. 10, 1999, pp. 249-273. Guido Poeta, Ponte Felice e il Tevere, storia di un disastro , su incontriedizioni.it, Incontri Edizioni, 8 luglio 2020. Giacomo Pulcini, Civita Castellana. Città trimillenaria, III, Civita Castellana, Centro Ager Faliscus, 1993. Paola Carla Verde, Il cantiere di ponte Felice da Matteo Bartolani a Domenico Fontana (1589-1592), in Archistor, n. 9, V (2018), ISSN 2384-8898.

Foglia (Magliano Sabina)
Foglia (Magliano Sabina)

Foglia è una frazione del comune italiano di Magliano Sabina, nella provincia di Rieti, nel Lazio. Foglia si trova su un pianoro tufaceo nella valle del Tevere, tra la foce del torrente Campana a nord e del torrente Aia a sud, quasi frontalmente alla foce del Treja nel Tevere. All'interno dell'abitato di Foglia, dopo i lavori dell'Autostrada del Sole, al di sopra di quanto rimasto di una necropoli rupestre ricavata nella parete tufacea sulla quale sorge l'abitato stesso, prossimo ad un antichissimo guado del Tevere in comunicazione con il Treja e Falerii Veteres, è stata rinvenuta l'iscrizione in alfabeto falisco di Foglia a dictus sinistroso. Si trova su una lastra di arenaria locale. Tutte le lettere hanno altezza di 3,5 cm, tranne il sigma di 4 cm e il segno V di 3 cm. Il 15 giugno 1478, nel Palazzo Orsini di Foglia s’incontrarono Pierfrancesco Orsini e Andrea d’Alviano, procuratore del fratello Bartolomeo, per concludere gli “sponsalia et pacta et conventiones sponsalium”. Il primo promise di dare in sposa a Bartolomeo la nipote Orsina, dotandola, come precedentemente stabilito, di 4000 fiorini e di 1000 per l’acconcio. Tali somme provenivano dalle disposizioni testamentarie di Pierangelo Orsini, nonno paterno della sposa, che le aveva consentito di accedere all’eredità della nonna Margherita, a fronte della rinuncia ad ogni altro diritto ereditario a lei eventualmente spettante. Andrea promise che Bartolomeo avrebbe assunto l’onere di curare e tutelare la dote garantendola con un’obbligazione e un’ipoteca su beni stabili e di restituirla, nel caso previsto dalle leggi, secondo le modalità in vigore a Roma e tra i magnati. Le parti si obbligarono vicendevolmente, in caso di insuccesso degli accordi, al pagamento di una multa di 2000 ducati da versare per metà a chi avesse mantenuto fede al patto e per l’altra metà alla Camera Apostolica. A seguire, nel medesimo luogo e in presenza degli stessi testimoni, il notaio passò alla redazione degli atti conclusivi. I due contratti vennero rogati “in camera Palatii” di Pierfrancesco Orsini alla presenza del dottore in legge Pietro de Falconibus di Magliano in Sabina, di Alessandro figlio di Luigi di Foglia, del notaio di Fiorano ser Felice Francesco de Ranuccanis, del romano Rufino de Rufinis del rione Colonna e di Giacomello de Prennis anch’egli romano. Si giunse quindi alla “subarratio et desponsatio solemnis” con la datio anuli e con il consenso alle nozze espresso finalmente da parte di Orsina e dal procuratore di Bartolomeo secondo la formula: per verba obligatoria “vis volo” legitimum matrimonium de praesenti exprimentur. Com’è normale, gli atti riportano esclusivamente quanto la disciplina contrattuale prevedeva e il notaio evitò qualsiasi elemento descrittivo dell’ambiente e dei protagonisti, particolari che avrebbero potuto soddisfare la moderna curiosità circa l’immagine della sposa o lo svolgimento dei festeggiamenti. L’unica concessione fu l’aver segnalato che, oltre ai testimoni, le azioni avvennero nel primo tinello inferiore “aliis multis adstantibus”, forse il luogo più adatto per lo svolgimento dell’immancabile ricevimento nuziale. Nel 1817 Foglia era un comune autonomo; fu poi annesso dal 1827 al 1853 al comune di Collevecchio e poi, dal 1853, al comune di Magliano Sabina, di cui è tuttora una frazione. Chiesa di Santa Serena, o Santa Maria Assunta, ritenuta dalla tradizione locale il luogo di ritiro di santa Serena, moglie dell'imperatore romano Diocleziano; è stata ricostruita nel 1579. All'interno sono conservati una tela della Madonna del Rosario di Sebastiano Conca e il sepolcro di sant'Isterio, donato da Giacomo Gregorio De Rossi. Necropoli arcaica di Foglia Fa parte del circuito I borghi più belli d'Italia. Stefania Quilici Gigli, Scali e traghetti sul Tevere in epoca arcaica, in Il Tevere e le altre vie d'acqua del Lazio antico, in Quaderni del Centro di Studio per l'Archeologia Etrusco-italica, 1987, pp. 152–166. Valle del Tevere Grappignano Area archeologica di Poggio Sommavilla Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Foglia FAI Foglia. Foglia (archiviato dall'url originale il 6 novembre 2021)..

Poggio Sommavilla
Poggio Sommavilla

Poggio Sommavilla (poggetto, poggettu in dialetto locale) è una frazione del comune di Collevecchio, in provincia di Rieti nel Lazio. Situata nella Valle del Tevere, è nota per il rinvenimento di reperti archeologici dalla preistoria. Il toponimo Poggio Sommavilla viene citato dal Chronicon 33 del Soratte in epoca altomediovale come Castri Summa Villa, perché edificato sui resti di una villa di epoca romana imperiale, costruita successivamente alla distruzione da parte dell'esercito romano repubblicano del centro arcaico di cui non si conosce ancora il nome. A darne testimonianza archeologica sono le statue della villa trafugate nel 1600 per la collezione Khircheriana e il ritrovamento di una statua da un contadino tra il 1876-1891 nella località dei Frati nella parte nord dell'attuale centro storico, oggi sono conservate a Roma al Museo Nazionale Romano. Nel 1283 Pandolfo II Anguillara attaccò il castello di Poggio Sommavilla che venne difeso da Magliano che dovette pertanto subire la reazione papale e del comune romano. Nel 1311, per la sua importanza strategica tra Lazio e Umbria, Magliano attira l'interesse del Comune di Roma e ne diventa vassallo. Poggio Sommavilla è nota per il rinvenimento di reperti archeologici dalla preistoria all'età tardo antica. La Fiaschetta pendaglio amuleto di Poggio Sommavilla è un vasetto in impasto bruno con iscrizione del VII secolo a.C. appartenuto a una donna, e rinvenuto nel 1895 nel corredo funerario della Tomba III nella Necropoli del centro arcaico di Poggio Sommavilla. Si trova su un terrazzo fluviale della valle del Tevere nell'area archeologica di Poggio Sommavilla, sopra la zona di confluenza del torrente Aia e il fiume Treja nel Tevere. Quest'area fu abitata in maniera continuativa dal paleolitico sino al medioevo, e continuò ad essere frequentata anche successivamente come rifugio sino al secolo scorso da briganti e pastori. Museo civico archeologico di Magliano Sabina Stazione Collevecchio Poggio Sommavilla Valle del Tevere Grappignano Foglia Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Poggio Sommavilla