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Chiesa di San Giovanni Battista (San Giovanni Lupatoto)

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San Giovanni Battista (San Giovanni Lupatoto) 02
San Giovanni Battista (San Giovanni Lupatoto) 02

La chiesa di San Giovanni Battista, nota anche come chiesa di San Giovanni Battista in Nativitate, è la parrocchiale di San Giovanni Lupatoto, in provincia e diocesi di Verona; fa parte del vicariato di Verona Sud. La primitiva chiesa di San Giovanni Lupatoto fu costruita probabilmente nel XIII secolo ed era, originariamente, filiale della pieve di Zevio; successivamente passò sotto la giurisdizione della pieve di Villafranca, per poi venir eretta in parrocchia autonoma nel XV secolo, anche se l'influenza della suddetta pieve terminerà definitivamente nel 1533. L'attuale parrocchiale venne edificata tra il 1765 ed il 1773 in stile neoclassico e, contestualmente, fu sopraelevato il campanile. La consacrazione venne impartita dal vescovo di Verona Giovanni Morosini nel 1775. Nel 1832 l'abside fu ingrandita e, tra il 1910 ed il 1912, la chiesa subì un importante lavoro di ampliamento. Infine, nel 1954 fu eseguito da Agostino Pegrassi l'affresco raffigurante i Quattro Evangelisti. Parrocchie della diocesi di Verona Regione ecclesiastica Triveneto San Giovanni Lupatoto Diocesi di Verona Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su chiesa di San Giovanni Battista Parrocchia di San Giovanni Battista, su parrocchiasangiovannilupatoto.it.

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Chiesa di San Giovanni Battista (San Giovanni Lupatoto)
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San Giovanni Battista in Nativitate

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Veneto, Italia
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San Giovanni Battista (San Giovanni Lupatoto) 02
San Giovanni Battista (San Giovanni Lupatoto) 02
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Luoghi vicini

Chiesa di Sorio
Chiesa di Sorio

La chiesa di Sorio, chiamata anche oratorio di San Pietro Martire e San Giorgio, è un piccolo oratorio probabilmente basato su di una forma architetturale di stampo romanico ed ampliata successivamente in tempi diversi. Dedicata a San Pietro Martire è situata a Sorio, una frazione di San Giovanni Lupatoto e si trova ai piedi del terrazzo dell'Adige, in un luogo di solitudine e di preghiera. L'edificio viene eretto nel 1585 con lo scopo di essere utilizzato come chiesa padronale. La decadenza della chiesetta è iniziata nell'800 quando, con il potenziamento dei collegamenti stradali e la caduta della Repubblica Veneta, la navigazione fluviale perse la sua importanza e di conseguenza anche la chiesa non era più un punto di riferimento. Viene restaurata nel 1982 e parzialmente restaurata in epoca recente. La chiesa di Sorio fu fondata nel 1585 per iniziativa della nobil signora Isotta Borghetti, moglie del nobil signor Guglielmo Guarienti, come chiesa padronale. Inizialmente fu messa sotto la giurisdizione della Santa Congregazione del Clero Intrinseco che ne nominava il cappellano. Qui vi si celebravano due messe feriali settimanali e tutte le feste di precetto e di devozione secondo la volontà del coniugi Borghetti. La decadenza della chiesetta iniziò all'incirca nel 1800. Con il potenziamento dei collegamenti stradali e la caduta della Repubblica Veneta, infatti, la navigazione del fiume Adige perse la sua importanza e di conseguenza anche la corte di Sorio. Nel 1900 il papa Leone XIII concesse alla chiesetta l'indulgenza plenaria applicata per sette anni ai defunti e a tutti i fedeli che, dopo essersi confessati, visitavano l'oratorio nella festa di san Pietro Martire o in uno dei sette giorni seguenti, pregando per la concordia dei principi cristiani, per l'estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l'esaltazione della santa Madre Chiesa. In questa chiesa vennero anche sepolti i nobili signori Borghetti-Cartolari. Durante il periodo in cui mons. L. Boscani era parroco, i nobili Cartolari donarono alla parrocchia di San Giovanni Lupatoto l'oratorio, la casa annessa e i due orti che affiancano la chiesa. Nel 1982 la chiesa è stata restaurata completamente. La chiesa è illuminata da tre finestre romaniche che si trovano sulla parete destra e dal rosone della facciata. La parete sinistra è adorna di una grande tela che “Joannes Humanus Ligoccia Pictor faciebat” in cui vi è rappresentato il Redentore affiancato da san Giovanni Battista e san Pietro Apostolo. L'altare laterale è dedicato alla Beata Vergine e ai Santissimi Michele Arcangelo e Giorgio Martire come ricorda il quadro di “D. F. 1610”. Il quadro però desta il sospetto di copia (forse del 1800) perché appare in buone condizioni. L'altare maggiore è in marmo bianco e rosso. Nell'abside una pala, dipinta da un ignoto, raffigura la Vergine col Bambino che guarda amorevolmente al martirio di san Pietro da Verona. La pala risale al 1600 circa ed è di scuola veronese. Gli affreschi sulle pareti rappresentano i Dodici Apostoli con santa Caterina d'Alessandria, riconoscibile dalla ruota, simbolo del suo martirio. Tutti hanno lo sguardo fisso verso la Vergine che viene assunta al cielo. Nel pavimento ci sono le epigrafi sepolcrali della famiglia Borghetti-Cartolari. In epoca recente, abbinato al restauro parziale della chiesa, è stato fatto uno studio in cui si sono cercati i riferimenti storico geometrici che hanno permesso di riconsiderare e valorizzare l'architettura dell'antico edificio per collocarlo nel suo preciso contesto storico architettonico. L'ipotesi formulata è che non abbia nulla a che vedere con la forma romanica accennata da alcuni studiosi. Nelle fasi del rilievo metrico e dell'analisi iconometrica sono state riscontrate, infatti, numerose analogie che hanno permesso di condurre ad una lettura del modello matematico che ha ordinato le proporzioni dell'intero manufatto, o quanto meno di una parte dello stesso, tanto da considerare l'ipotesi che l'edificio sia stato costruito ed ampliato in tempi diversi. Lo studio si conclude con la dimostrazione che la chiesa ha probabilmente un impianto architettonico basato su di una forma romanica, tuttavia successivamente ha subito importanti cambiamenti tanto da riconoscere nella pianta dell'edificio caratteristiche di tipologia rinascimentale. Don Vittorio Montorio, Contributi ad una storia di San Giovanni Lupatoto, ed. Mediaprint, San Giovanni Lupatoto 1991. Giuseppe Lavorenti, Storia di San Giovanni Lupatoto, ed. Golden Time Communication, Villafontana 1998. Sergio Martin, La chiesa di San Pietro martire a Sorio nel Comune di San Giovanni Lupatoto. Note per una ricerca storica iconometrica., Edizioni Stimmgraf, San Giovanni Lupatoto 1998. San Giovanni Lupatoto Bocche di Sorio Giuseppe Lavorenti

Forte Cà Vecchia
Forte Cà Vecchia

Forte Cà Vecchia, conosciuto anche con il nome di forte Garofalo dall’omonima corte agricola presente nelle vicinanze, e chiamato originariamente Werk Cà Vecchia, è stata una fortificazione posta a sud di Verona, parte del complesso sistema difensivo cittadino e più in particolare del secondo campo trincerato di pianura, messo in opera tra 1859 e 1866. La struttura fortificata fu realizzata nel 1866 e i lavori furono diretti dall’Imperiale Regio Ufficio delle Fortificazioni di Verona. Il forte è stato completamente demolito e spianato, e il sito originario è stato occupato dalle sedi stradali dell'Autostrada A4 e della tangenziale sud. Si tratta di un forte semipermanente di grandi dimensioni, a tracciato composito, poligonale e bastionato; si trovava in aperta campagna, in prossimità della corte Ca' Vecchia, accanto alla riva dell'Adige. Il forte è del tutto simile, per impianto architettonico e caratteristiche tecnico-logistiche, al forte Cà Bellina, distinguendosi solamente per il tracciato e per le maggiori dimensioni; il lato di base del fronte di gola misura 220 metri, contro i 173 metri del forte di riva sinistra. Esso stabiliva il caposaldo terminale, a oriente, del campo trincerato di riva destra. Situato nella posizione già individuata nel 1860 per il quinto forte della linea avanzata, faceva sistema sull'ala destra con il forte Tomba, e sulla sinistra incrociava i tiri con il forte San Michele, situato sulla riva opposta del fiume. L'abitato di San Giovanni Lupatoto, a 2 300 metri dal forte, era soggetto al fronte principale di combattimento. Le sue artiglierie da fortezza battevano, di fronte e di fianco, le strade provenienti da Ostiglia, Legnago, Albaredo e il corso discendente dell'Adige, esercitando una potente azione di fuoco contro le operazioni nemiche di passaggio del fiume, o di investimento della piazzaforte da sud. Una strada militare si dirigeva verso il fronte di gola del forte ed entrava nella piazza d'armi trincerata; due rampe portavano al piano del fosso asciutto, nel quale si ergeva la palizzata a tracciato bastionato, ordinata per la difesa di fucileria. Nei fianchi erano inseriti i passaggi d'ingresso, entrati nel recinto bastionato d'ingresso si imboccava la lunga poterna, a struttura lignea blindata, che metteva in comunicazione con il piazzale interno e terminava nella caponiera maggiore. La poterna era protetta da un rilevato che divideva in due parti il piazzale, con funzione di defilamento dai tiri nemici provenienti da un fianco. I ricoveri per la guarnigione erano inseriti sotto il terrapieno mentre un terzo ricovero era collocato sotto il terrapieno del fronte di gola, sull'esterno della cortina, protetto dall'antistante palizzata difensiva. Il corpo di guardia, sempre a struttura lignea blindata, era invece situato al piede del terrapieno. L'opera principale da combattimento, formata dal terrapieno, si elevava sull'impianto. Sul lato di gola, il rilevato rettilineo del paradorso proteggeva l'interno del forte contro i tiri nemici di rovescio; la sommità del tratto centrale era munita di parapetto per fucilieri. Ogni postazione d'artiglieria, a cielo aperto, era protetta da traverse: quelle del fronte principale erano dotate di ricovero blindato per i serventi ai pezzi, e di riservette giornaliere per le polveri. Quattro traverse di maggiori dimensioni, edificate con struttura muraria, contenevano le polveriere. La scarpa esterna del terrapieno scendeva al livello del fosso, dove era infissa la palancata perimetrale per ostacolare l'assalto. Tre caponiere fiancheggiavano il fosso; due di esse, a struttura blindata, sporgevano dai fianchi ed erano ordinate per fucilieri. A queste si accedeva, dal piazzale interno, attraverso due poterne blindate. La caponiera maggiore era di muratura, con la sola copertura blindata: essa era probabilmente ordinata anche per la difesa d'artiglieria, e vi conduceva la lunga poterna mediana, che collegava l'ingresso del forte, il piazzale e i ricoveri. Sul fronte di gola il paradorso separava dal resto del forte i due bastioni collaterali. Dal ricovero blindato inserito sotto la cortina di gola, per mezzo delle rampe laterali, gli artiglieri accedevano alle postazioni. La funzione delle bocche da fuoco dei bastioni era duplice: di fiancheggiamento, incrociando i tiri verso il centro; di combattimento, con i pezzi puntati verso l'aperta campagna, anche in concorso con i fianchi del forte. Al livello del fossato, il terrapieno dei bastioni era presidiato dalla palizzata. Insieme al fronte di gola, i due bastioni e il ricovero, separati dal forte, costituivano il ridotto dell'opera. L'armamento della fortificazione consisteva in: 4 cannoni ad anima rigata da 15 cm a retrocarica 5 cannoni ad anima rigata da 9,5 cm ad avancarica 22 cannoni di diverso calibro ad anima liscia Riserve di munizioni: 28 000 kg di polveri. Il presidio in caso di guerra della fortificazione consisteva in: 150 fanti 30 artiglieri Era inoltre possibile disporre un presidio di emergenza di 200 uomini. Verona Monumenti di Verona Sistema difensivo di Verona Andreas Tunkler